N. 4 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 14 giugno 2016
Ricorso per conflitto tra enti depositato in cancelleria il 14 giugno 2016 (della Regione Emilia-Romagna). Ambiente - Nota del Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, trasmessa alla Regione Emilia-Romagna e al Comune di San Giovanni in Persiceto, avente ad oggetto "Procedura di infrazione P.I. 2003/2077. Esecuzione della sentenza della Corte di Giustizia UE del 2 dicembre 2014, resa nella causa C-196/13 relativa alla condanna della Repubblica Italiana per inadempimento e mancata esecuzione delle direttive in materia [di gestione dei rifiuti]. Sanzioni pecuniarie ai sensi dell'art. 260 TFUE. Azione di rivalsa nei confronti degli enti responsabili" - Invito rivolto alla Regione, quale responsabile in solido con il Comune, a volere concordare con l'Ente locale le modalita' attraverso le quali procedere al reintegro degli importi anticipati dallo Stato. - Nota del Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato, Ispettorato Generale per i rapporti finanziari con l'UE, del 1 aprile 2016, n. R.G. 31511.(GU n.30 del 27-7-2016 )
Ricorso per conflitto di attribuzione della Regione Emilia Romagna, in persona del Presidente della giunta regionale, legale rappresentante pro tempore, sig. Stefano Bonaccini, autorizzato con deliberazione della giunta regionale progr. n. 697 del 16 maggio 2016, rappresentata e difesa per mandato speciale a margine dal prof. avv. Franco Mastragostino (C.F. MST FNC 47E07 A059Q; pec: francomastragostino@ordineavvocatibopec.it) e dal prof. avv. Adriano Giuffre' (pec: adrianogiuffre@ordineavvocatiroma.org, C.F. GFF DRN 38R28 F912D), ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest'ultimo in Roma, via dei Gracchi n. 39, contro la Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del Presidente in carica; per l'annullamento - della nota del Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, Ispettorato generale per i rapporti finanziari con l'Unione europea, a firma del ragioniere generale, trasmessa tramite PEC in data 1° aprile 2016 al Presidente della Regione Emilia Romagna e al sindaco del Comune di San Giovanni in Persiceto e, per conoscenza, alla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento affari giuridici e legislativi, al Ministero ambiente, all'Avvocatura generale dello Stato e all'Ufficio coordinamento legislativo del Ministero dell'economia e delle finanze, avente ad oggetto: «Procedura di infrazione P.I. 2003/2077. Esecuzione della sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 2 dicembre 2014, resa nella causa C-196/13 relativa alla condanna della Repubblica italiana per inadempimento e mancata esecuzione delle direttive in materia-sanzioni pecuniarie ai sensi dell'art. 260 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea - Azione di rivalsa nei confronti degli enti responsabili», nota con la quale, dopo aver ricordato che per dare esecuzione alla predetta sentenza il Ministero dell'economia e delle finanze ha gia' provveduto a pagare la sanzione iniziale e la prima penalita' semestrale, in via di anticipazione, ai sensi dell'art. 43, comma 9-bis della legge n. 242/2012, la Ragioneria dello Stato comunica di dare avvio alla procedura di rivalsa «a carico delle amministrazioni responsabili delle violazioni censurate dalla Corte di giustizia europea» imputando a carico della Regione Emilia Romagna l'importo complessivo di Euro 776.017,00, (come analiticamente riportato nell'elenco in Allegato 2), relativo alla non ancora completata bonifica del sito Razzaboni (discarica ubicata in Comune di San Giovanni in Persiceto), e con cui si invita la Regione medesima, «quale responsabile in solido con i (il) Comuni (e) in indirizzo, ai sensi dell'art. 250 del decreto legislativo n. 152/2006», «ai fini del raggiungimento dell'intesa sulle procedure di ricupero degli importi anticipati dallo Stato» a voler «concordare con gli (l') Enti (e) locali (e) le modalita' attraverso le quali procedere al suddetto reintegro», con l'avvertimento che, decorsi novanta giorni senza alcuna indicazione in merito alle predette modalita' di reintegro, «si procedera' al recupero delle risorse a carico dei singoli soggetti interessati ai sensi della normativa vigente»; Premesso in fatto Il presente conflitto e' volto a contrastare la prosecuzione di una azione del tutto ingiustificata ed illegittima dello Stato che - resosi inadempiente, proprio a causa di una piu' volte rilevata carenza ed inadeguatezza del sistema legislativo e normativo dallo stesso apprestato nell'esercizio della propria competenza legislativa esclusiva, in ordine ai rimedi richiesti e sollecitati dalla Commissione europea, per rendere effettiva e definitiva la bonifica dei siti inquinati rilevati nell'intero nostro Paese - intende ora riversare e scaricare sulla (singola) Regione, e segnatamente sulla Regione Emilia Romagna, per l'unica discarica risultata in contrasto con le richieste della Commissione, ogni responsabilita' per tale contestato inadempimento, che e' apparso, in verita', «di carattere generale e strutturale», come rilevato dalla Commissione dell'Unione europea nel ricorso che ha dato luogo alla prima sentenza della Corte di giustizia del 26 aprile 2007 (causa C - 135/05). Responsabilita' dell'inadempimento che non e' in alcun modo imputabile alla Regione Emilia Romagna, sia perche' soggetto non responsabile dell'inquinamento di cui si discute, che riguarda un sito di proprieta' privata, della quale ha illecitamente abusato il privato proprietario, sia perche' non posta in grado, mediante dotazione di mezzi finanziari adeguati, al fine di mettere l'ente locale territorialmente interessato nelle condizioni di porre in campo le azioni programmatiche che risultano necessarie per completare la bonifica (mezzi che pure sono stati piu' volte chiesti e sollecitati dalla stessa Regione), di far fronte al ruolo di ente sostituivo dello Stato nell'adempimento richiesto dagli organi europei. La mancanza di un titolo di responsabilita' addossabile alla Regione, dovuta ad una erronea, infondata e strumentale lettura dell'art. 250 del decreto legislativo n. 152/2006, sostenuta dagli apparati amministrativi del Ministero ambiente, la sua netta contestazione in relazione al riparto di competenze fra Stato e regioni in materia ambientale, cosi' come la palese violazione del procedimento di leale collaborazione, che avrebbe dovuto e deve, secondo la legge e la giurisprudenza ineccepibile di codesta Corte costituzionale, improntare i rapporti fra enti dotati di garanzie costituzionali - e che qui necessariamente vengono in rilievo, essendo stato attivato un ruolo sostitutivo ed un procedimento sanzionatorio per la pretesa carenza di esercizio di funzioni sostitutive - sono gia' state evidenziate nei due precedenti conflitti di attribuzione, che la Regione ha dovuto intraprendere in relazione a questa vicenda. Trattasi del conflitto reg. ric. n. 1/2016, con il quale e' stato impugnato l'atto di diffida del Presidente del Consiglio dei ministri 26 novembre 2015, emanato ai sensi dell'art. 8, comma 1, della legge n. 131 del 2003, e dell'art. 41 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, rivolto sia al Comune di San Giovanni in Persiceto, che alla Regione Emilia Romagna, «di rilasciare il provvedimento di conclusione del procedimento, ai sensi dell'art. 242 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152» (provvedimento che non spetta certamente alla Regione emanare, non essendo soggetto responsabile, ne' soggetto attuatore della bonifica); atto conclusivo che sarebbe richiesto dalla Commissione per ritenere superata l'infrazione e venuto meno l'inadempimento; e del conflitto reg. ric. n. 3/2016, con il quale e' stata impugnata la risposta negativa - peraltro rilasciata dalla Direzione generale rifiuti del Ministero ambiente e non dalla Presidenza del Consiglio dei ministri - alla richiesta inoltrata a firma del Presidente della Regione Emilia Romagna, di ritiro della diffida per insussistenza di responsabilita' della Regione e contenente l'invito ad avviare un procedimento effettivo di leale collaborazione, secondo le corrette modalita' e le procedure, anche formali, delineate dall'art. 8 della legge n. 131/2003, e dall'art. 41 della legge n. 234/2012 (potere sostitutivo dello Stato nel caso di obblighi di adeguamento ai vincoli derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea), per risolvere congiuntamente la situazione dell'inadempimento dello Stato italiano nei confronti delle richieste della Comunita' europea. Mezzi di impugnazione con cui la Regione Emilia Romagna ha reagito avverso le inaccettabili modalita' di relazione con le quali, scaricando del tutto illogicamente e ingiustificatamente sulla Regione una responsabilita' che non le e' propria, lo Stato ha deciso di uscire da una situazione dallo stesso originata e di cui esso stesso e non la Regione e' l'unico responsabile. Non tenendo in considerazione alcuna i conflitti di attribuzione gia' proposti, e' quindi sopraggiunta, mediante PEC trasmessa al Presidente della Regione Emilia Romagna in data 1° aprile 2016, la nota del Ministero dell'economia e delle finanze - Ragioneria generale dello Stato, meglio specificata in epigrafe. Nel configurare l'avvio della procedura di rivalsa, prevista dall'art. 43 della legge n. 234/2012, con tale nota risulta attivato il relativo procedimento, di cui ai commi 6 e 7, contemplandosi anche l'invito nei confronti della Regione a cercare «il raggiungimento dell'intesa con l'ente locale interessato sulle procedure di ricupero degli importi anticipati dallo Stato» e a voler «concordare con gli (l') Enti (e) locali (e) le modalita' attraverso le quali procedere al suddetto reintegro», il quale potra' avvenire «anche con compensazione con i trasferimenti da effettuare da parte dello Stato in favore delle amministrazioni stesse», ai sensi di quanto consentito dall'art. 43, comma 9-bis, con l'avvertimento che, decorsi novanta giorni senza alcuna indicazione in merito alle predette modalita' di reintegro, «si procedera' al recupero delle risorse a carico dei singoli soggetti interessati ai sensi della normativa vigente». E' evidente, pertanto, l'interesse della Regione a contrastare anche questa azione, pur se ancora nella sua fase iniziale, per gli innegabili effetti lesivi che comunque essa prefigura, a mente dell'ultimo disposto sopra citato, che sembra porre le basi di un recupero mediante compensazione, una volta decorsi i novanta giorni dalla avvenuta comunicazione, senza riscontro sull'intesa da ricercarsi con l'ente locale coinvolto. Tutto quanto sopra premesso, la Regione Emilia Romagna impugna, pertanto, per conflitto di attribuzione, la nota sopra citata, per i seguenti motivi in Diritto 1) Violazione dell'art. 250 del decreto legislativo n. 152/2006 che, in attuazione dell'art. 117, secondo comma Costituzione, ripartisce le funzioni amministrative in materia di adempimenti concernenti la bonifica dei siti inquinati, per erronea qualificazione del presupposto di fatto e di diritto nel ravvisare la responsabilita' della Regione. Illegittimita' derivata. La sopra citata nota del Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento Ragioneria generale dello Stato con la quale si comunica di avviare il procedimento di rivalsa nei confronti della Regione (e dell'ente locale interessato), per il titolo di cui in premessa, costituisce la prosecuzione dell'illegittimo comportamento e dell'illegittimo procedimento avviato con la diffida gia' impugnata ed e' espressione di un orientamento governativo che continua a dare per scontata la responsabilita' della Regione per l'inadempimento alle richieste della Commissione dell'Unione europea e per la conseguente maturazione delle sanzioni comminate, invero, allo Stato italiano, da ultimo con la sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 2 dicembre 2014. In tale prospettiva, siffatta determinazione appare, pertanto, illegittima per illegittimita' derivata, poiche' insiste sulla erronea interpretazione del riparto delle competenze ed attribuzioni fra Stato e Regioni in materia di bonifica dei siti inquinati, invocando l'art. 250 del decreto legislativo n. 152/2006, che tuttavia, come e' gia' stato contestato con i due precedenti conflitti, non e' norma fondativa del titolo di responsabilita' pretesamente ravvisato in materia e nella specifica situazione. Al contrario - come si e' gia' rilevato - la Regione ha fatto tutto quanto era in suo potere, sorreggendo le operazioni di bonifica messe in campo dal Comune di San Giovanni in Persiceto (a fronte della impossibilita' di costringere il privato proprietario dell'area, ad eseguirli), finanziando, dapprima, con l'erogazione di Euro 216.200,00 a totale copertura delle spese occorrenti, gli interventi di messa in sicurezza del sito (MISE), che ha dato luogo al collaudo positivo, nel 2008, degli interventi relativi ai rinvenimenti di rifiuti del 2001 (quelli per i quali era sorta la procedura di infrazione, poi conclusa con la sentenza della Corte di giustizia del 2007) e, di seguito, finanziando, con fondi provenienti da risorse proprie, con ben Euro 3.604.902,00 la realizzazione delle opere di messa in sicurezza e di bonifica degli ulteriori rinvenimenti di rifiuti, avvenuti nel 2010 e nel 2012, in area limitrofa e diversa da quella interessata dalla procedura di infrazione. Per il definitivo completamento della bonifica dell'intera area in cui sono emersi rifiuti - che la Commissione dell'Unione europea richiede sia integralmente svolta, pena il protrarsi dell'inadempimento - la Regione, ha, altresi', chiesto ripetutamente al Ministero dell'ambiente di essere ammessa ai relativi finanziamenti statali, ma senza esito alcuno. Ora, il Ministero dell'economia e delle finanze mostra di non avere contezza alcuna di tutti i precedenti rapporti intercorsi fra il Governo e, in particolare, fra il Ministero ambiente e la Regione Emilia Romagna, sia per quanto riguarda le ripetute richieste dalla stessa avanzate, affinche' fosse previsto ed ammesso ad urgente finanziamento un intervento finanziario dello Stato per realizzare la definitiva bonifica del sito in questione (si veda l'allegato n. 7 al primo conflitto reg. ric. n. 1/2015), da ultimo nuovamente richiesto con nota dell'assessore regionale all'ambiente, Paola Gazzolo, in data 18 marzo 2016 (che si allega alla presente impugnazione), sia con riferimento alla richiesta di procedere in base alle procedure di leale collaborazione a definire la vertenza, sia, infine, con riferimento ai conflitti di attribuzione sollevati di fronte all'inerzia dello Stato. Il che rende ancora piu' grave e lesiva la posizione nel complesso assunta ed oggi proseguita. 2) Violazione dei principi di leale collaborazione, di cui agli articoli 8 legge n. 131/2003 e 41 della legge n. 234/2012, attuativi dell'art. 120, secondo comma Costituzione, nell'applicazione dell'art. 43 della medesima legge n. 234/2012 sulla rivalsa. Incompetenza dell'Organo Dipartimento Ragioneria generale dello Stato presso il Ministero dell'economia e delle finanze in luogo della Presidenza del Consiglio dei ministri. Violazione dell'autonomia politica della Regione. La nota impugnata, emessa dalla Ragioneria, fa parte di un procedimento di ricupero amministrativo. Se dovesse essere qualificata gia' come titolo esecutivo, essa sarebbe illegittima, per violazione del procedimento stesso di rivalsa, in quanto assunta da un Organo tecnico-burocratico, e in assenza di una intesa, laddove la legge prevede, invece, che il titolo esecutivo sia formato con un decreto ministeriale, previa intesa con gli enti territoriali interessati (art. 43, comma 7, legge n. 234/2012). In disparte tale profilo, su cui si tornera' in prosieguo, essa e' sicuramente illegittima per gli enunciati motivi di cui in epigrafe, con riferimento alla sottostante questione dei rapporti fra enti costituzionali, sollevata dalla Regione nella complessiva azione di conflitto sulla vicenda, in quanto non spetta allo Stato, e per esso alla Presidenza del Consiglio dei ministri, consentire ad una struttura tecnico-burocratica, quale la Ragioneria generale - Ispettorato per i rapporti finanziari con l'Unione europea - di emanare un atto prescrittivo nei confronti della Regione Emilia Romagna, al di fuori dallo schema normativo definito dall'art. 8 della legge n. 131/2003 e, con specifico riferimento alle questioni che sorgono con gli organi comunitari, dall'art. 41 della legge n. 234/2012. La Regione Emilia Romagna ha avviato da subito le procedure di leale collaborazione per venire a capo del problema posto dalla sentenza di condanna del 2 dicembre 2014, ma lo Stato non vi ha dato seguito, ed ha invece proseguito attraverso un procedimento burocratico-amministrativo, spostando la questione su di un altro piano, utilizzando un circuito che si e' posto al di fuori delle invocate corrette modalita' di leale collaborazione, lasciando senza risposta la richiesta avanzata dal Presidente della Regione di affrontare la questione con le procedure di leale collaborazione in ordine al riscontro da fornire alla Commissione dell'Unione europea e al sollecitato completamento delle operazioni di risanamento del sito. E' evidente, quindi, l'illegittimita' di un atto che da' avvio ad un procedimento amministrativo privo del presupposto della previa decisione politica che ne costituisce la condizione di legalita'. Oltre che giuridica, la questione pone una priorita' logica, nel senso che prima del quantum e del quomodo, va valutato l'an della pretesa debitoria. L'an avrebbe dovuto essere oggetto di una valutazione congiunta degli Organi politici statali e regionali o, in alternativa, di una decisione di questa Ecc.ma Corte quale giudice del conflitto. Inoltre, anche il quantum deve essere determinato solo a seguito della ricognizione del ruolo e della responsabilita' di ciascuna delle amministrazioni coinvolte, sicche' la comunicazione/atto della Ragioneria, resa in un'ottica squisitamente burocratica, degrada ogni valutazione ad un'attivita' di mero rapporto amministrativo-contabile, come se fosse gia' accertato ogni presupposto della rivalsa e come se l'Ufficio Ragioneria fosse collocato in una posizione di supremazia diretta con l'Ente Regione. Il che apertamente viola l'autonomia politica della Regione e il suo ruolo istituzionale, e configura una grave violazione dei principi costituzionali posti a garanzia dei rapporti fra Stato e Regioni. 3. Violazione dell'art. 43, comma 7 della legge n. 234/2012 e del principio di leale collaborazione, nonche' delle prerogative costituzionali della Regione. Comunque illegittimita' del procedimento posto in essere per il raggiungimento dell'intesa sul quantum. Prova di questo appiattimento della questione ad un livello non consono e' data dalla stessa prospettiva in cui l'amministrazione colloca l'intesa di cui all'art. 43, comma 7 (sull'entita' del credito e sulle modalita' e termini del pagamento), quasi come se fosse una questione lasciata alla trattativa fra la Regione e l'ente locale interessato. Nella nota della Ragioneria e' contenuto, infatti, l'invito alla Regione a cercare «il raggiungimento dell'intesa con l'ente locale sulle procedure di ricupero degli importi anticipati dallo Stato» e a voler «concordare con gli (l') Enti (e) locali (e) le modalita' attraverso le quali procedere al suddetto reintegro». Completamente ignorando ogni questione sull'an debeatur, si procede, quindi, unicamente per la riscossione del quantum, e dovrebbe essere la Regione a provvedere, in ogni caso, al raggiungimento di un accordo (intesa) con l'Ente locale, che riguarderebbe le sole modalita' attraverso le quali provvedere alla restituzione della somma gia' pagata dallo Stato, recupero che potra' avvenire, in base al richiamo fatto dalla Ragioneria a quanto disposto dal comma 9-bis del medesimo art. 43, «anche mediante compensazione con altri trasferimenti dovuti dallo Stato». Non vi e' chi non veda la gravita' del meccanismo a cui si sta prefigurando di dare corso, poiche', a prescindere dal fatto che lo Stato, per cautelarsi, abbia previsto, con legge, la possibilita' di conseguire il recupero dei suoi crediti mediante il trattenimento (compensazione), per pari importo, di somme che altrimenti sarebbe tenuto a trasferire alla Regione, qui vi e' da evidenziare che tale procedura amministrativo/contabile e' messa in atto senza che sia stata prima affrontata - con il dovuto confronto politico, nel rispetto delle forme, delle modalita' e dei livelli in cui deve esprimersi la leale collaborazione, di cui piu' volte si e' detto - la questione della sussistenza della responsabilita' che ha dato luogo alla sanzione comunitaria e, quindi, del presupposto stesso dell'azione di rivalsa. Tale responsabilita', lo si ribadisce, del tutto inopinatamente e' stata posta a carico alla Regione, quando invece e' da ascrivere unicamente allo Stato, essendo peraltro essa addebitata dalla stessa Corte di giustizia allo Stato italiano, rispetto ad una disciplina sulla bonifica dei siti inquinati giudicata in linea generale affetta da «grave e strutturale carenza normativa» e rispetto ad un comportamento dello Stato rimasto inadempiente rispetto al dovere di assumere «i provvedimenti» attuativi degli obblighi comunitari; responsabilita', quindi, prima di tutto per carenza legislativa e per non aver saputo adottare le misure adeguate, che non involge il ruolo, le competenze, ne' alcuna inerzia della Regione Emilia Romagna, che anzi, ha fatto tutto quanto era possibile mettere in campo per risolvere la questione (come si e' dato motivatamente conto e comprovato nei due precedenti conflitti). E' evidente che non puo' esservi alcuna intesa sul quantum. Si deve, percio', concludere che lo Stato, attraverso una procedura burocratica sta consolidando la sua pretesa creditoria sulla base di un'inaccettabile interpretazione del riparto di competenze e che la nota del Ministero dell'economia e delle finanze - Ragioneria dello Stato, da ultimo emessa, costituisce un intollerabile tentativo di ridurre i rapporti istituzionali fra Regione e Governo al piano dei rapporti gerarchico-amministrativi fra strutture amministrative ministeriali, Regione e Comune, con evidente lesione delle prerogative costituzionali della Regione, suscettibile di riversarsi anche in lesione dell'autonomia e capacita' finanziaria del Comune. In tal senso e per questi motivi, la Regione ha peraltro provveduto ad inviare una risposta formale al Ministero dell'economia e delle finanze - Ragioneria dello Stato, sulla impossibilita' di addivenire alla richiesta intesa con l'ente locale (cfr. doc. n. 3). Non da ultimo, si noti che l'atto della Ragioneria, nel definire gia' il quantum, che dovrebbe essere oggetto dell'intesa, nel ritenere gia' determinata «la misura degli importi dovuti allo Stato a titolo di rivalsa» (comma 6, art. 43), la quale e', invece, «stabilita con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze», che «costituisce - esso solo - titolo esecutivo nei confronti dell'obbligato» (sempre comma 6) e che nel caso in cui l'obbligato sia un ente territoriale deve seguire peculiare il procedimento di cui al comma 7, ha osservato un percorso procedimentale del tutto diverso da quello delineato dalla legge, determinando un ribaltamento della sequenza procedimentale stabilita dal suddetto comma 7. Infatti, li' e' previsto che l'intesa sia acquisita prima del decreto del Ministero dell'economia e delle finanze con cui si stabiliscono, ovviamente in sede di intesa, l'importo e le modalita' del recupero, mentre nella nota della Ragioneria e' gia' determinato - a prescindere dall'intesa, che diventa «successiva» - sia l'importo (la nota gia' reca nella tabella Allegato 2, il quantum di Euro 776.017,10 da chiedere in rivalsa), sia l'intimazione che, se non si perviene a nessuna intesa, si provvedera' al recupero, ai sensi dell'art. 43, comma 9-bis e, quindi, in compensazione rispetto ai trasferimenti dovuti dallo Stato. Quindi, mediante una semplice nota della Ragioneria dello Stato parrebbero essere gia' attivati i presupposti per far scattare, dopo novanta giorni dalla comunicazione e a prescindere dai diversi termini e dalla diversa sequenza indicati dal comma 7, il diritto dello Stato ad esercitare la rivalsa mediante compensazione. Non si vede dove stiano i margini di una intesa, a questo punto. E' evidente che un siffatto modo di procedere e' del tutto illegittimo e che la Ragioneria dello Stato ha compiuto una grave violazione della norma di legge a cui intende dare applicazione, sicche' l'atto impugnato e' illegittimo anche per tale autonomo vizio di erronea applicazione di legge. 4. In via subordinata: insussistenza dei presupposti per l'esercizio dell'azione di rivalsa nei confronti di Regione e Comune per mancato previo esercizio del potere sostitutivo dello Stato ai sensi dell'art. 43, comma 4 della legge n. 234/2012. Come si e' sin qui argomentato, non e' in alcun modo possibile affermare che la sentenza di condanna al pagamento della sanzione, da cui deriva il pregiudizio economico per lo Stato, sia stata causata da un asserito iniziale inadempimento della Regione o del Comune territorialmente interessato. L'art. 250 del decreto legislativo n. 152/2006, invocato dallo Stato come fondamento normativo della ritenuta responsabilita' di Regione e Comune non fissa, infatti, alcun trasferimento di funzioni in tal senso. Lo Stato avrebbe, peraltro, invece potuto in ogni momento ovviare alla situazione di mancato rispetto della normativa comunitaria, utilizzando gli strumenti sostitutivi previsti dall'ordinamento. Durante il procedimento di infrazione lo Stato e' stato messo in condizione di prendere provvedimenti per evitare la sentenza di condanna. C'e' stata una fase pre-contenziosa, nella quale la lettera di messa in mora della Commissione ha definito l'oggetto del contendere e offerto dati affinche' lo Stato organizzasse la propria difesa ed inviasse osservazioni. C'e' stato il parere motivato, che ha fissato allo Stato il termine ultimo per provvedere e per conformarsi. Disatteso quest'ultimo, la Commissione ha adito la Corte di giustizia; la Corte ha riconosciuto l'inadempimento ed ha emesso la prima sentenza del 2007, che ha accertato la sussistenza della violazione e l'obbligo dello Stato di adottare le misure necessarie a porre fine alla situazione di inadempimento. La sentenza di condanna di cui oggi si pagano le conseguenze e', poi, intervenuta solo a seguito di un nuovo procedimento instaurato dinanzi alla Corte di giustizia, per mancata ottemperanza dello Stato italiano alla prima sentenza della Corte del 2007 e solo dopo che, anche in questo caso, si era esaurita la fase pre-contenziosa con la Commissione. Nel corso del procedimento vi sono state numerose lacune e omissioni da parte del Ministero (si vedano i paragrafi 34 e 35 della sentenza della Corte di giustizia del 2014, che ne da' chiaramente conto). Nonostante le sue evidenti lacune, il Ministero ambiente continua a ritenere che i comuni e le regioni risponderebbero in solido, in quanto queste ultime, essendo dotate dall'art. 250 del decreto legislativo n. 152/2006, di poteri sostitutivi, sarebbero da ritenere corresponsabili in relazione agli oneri finanziari derivanti dalla sentenza comunitaria, per non averli esercitati. E' evidente, per tutto quanto esposto, che tale argomentazione va respinta in toto; ma comunque, qualora codesta Ecc.ma Corte costituzionale dovesse, invece, ritenerla accoglibile, configurando cioe' la sussistenza di una piena competenza regionale in materia di bonifica, a maggior ragione si dovra' ritenere lo Stato in primo luogo responsabile della violazione, per non avere esso stesso esercitato il potere sostitutivo di cui e' dotato in materia, ai sensi del medesimo art. 43, comma 4, della legge n. 234/2012.
P.Q.M. Per tutto quanto sopra esposto, si chiede che l'Ecc.ma Corte costituzionale voglia annullare l'atto del Ministero dell'economia e delle finanze - Ragioneria generale dello Stato, meglio indicato in epigrafe, previa declaratoria che: 1) non spetta allo Stato, e per esso ad un atto del Ministero dell'economia e delle finanze- Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato - Ispettorato generale per i rapporti finanziari con l'Unione europea - a firma del Ragioniere generale dello Stato, avviare il procedimento di rivalsa nei confronti della Regione Emilia Romagna per l'inadempimento alle richieste della Commissione europea, come rilevato e sanzionato dalla sentenza della Corte di giustizia del 2 dicembre 2014, per insussistenza dei presupposti della rivalsa e in particolare della responsabilita' della Regione, quest'ultima ritenuta sulla base di una erronea ed illegittima interpretazione dell'art. 250 del decreto legislativo n. 152/2006 e di una erronea lettura del riparto di competenze fra Stato e regioni in materia di ambiente, come gia' contestato nei due precedenti conflitti di attribuzione; 2) non spetta allo Stato, e per esso ad un atto del Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, Ispettorato generale per i rapporti finanziari con l'Unione europea - intimare al Presidente della Regione Emilia Romagna il raggiungimento dell'intesa sulle procedure di recupero degli importi anticipati dallo Stato, come previsto dall'art. 43, comma 7, della citata legge n. 234/2012 e a voler concordare con l'ente locale le modalita' attraverso le quali provvedere al suddetto reintegro, in assenza di certezza sull'an debeatur ed anzi in presenza di una decisa contestazione su tale presupposto dell'azione di rivalsa, in violazione delle procedure di leale collaborazione che la Regione ha ripetutamente chiesto fossero attivate fin dal momento della trasmissione della diffida del Presidente del Consiglio dei ministri, a fronte, altresi', della incompetenza del Dipartimento Ragioneria generale dello Stato a surrogare l'autorita' politica, Presidente Consiglio dei ministri, con la quale deve intercorrere il rapporto con il Presidente della Regione, al fine della soluzione condivisa degli adempimenti richiesti dagli organi comunitari; 3) che non spetta allo Stato, e per esso ad un atto del Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, Ispettorato generale per i rapporti finanziari con l'Unione europea, in palese inversione del procedimento di rivalsa, come delineato al comma 7 dell' art. 43 e, quindi, in sua evidente violazione, nonche' in violazione del procedimento di leale collaborazione, prefigurare conseguenze ed effetti esecutivi, invero ascritti unicamente al «provvedimento del Ministero dell'economia e delle finanze che costituisce titolo esecutivo nei confronti dell'obbligato» come previsto dal comma 6; 4) in via subordinata, non spetta al Ministero dell'economia e delle finanze agire per rivalsa nei confronti di Regione e Comune in relazione al preteso mancato esercizio del potere sostitutivo, che doveva essere attivato dallo Stato medesimo. Unitamente al ricorso si depositano: 1) nota del Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, Ispettorato generale per i rapporti finanziari con l'Unione europea, a firma del ragioniere generale, trasmessa tramite PEC in data 1° aprile 2016 al Presidente della Regione Emilia Romagna e al sindaco del Comune di San Giovanni in Persiceto - provvedimento impugnato; 2) sentenza Corte di giustizia del 2 dicembre 2014; 3) nota del 16 maggio 2016 di risposta del Presidente della Regione Emilia Romagna al Ministero dell'economia e delle finanze sulla impossibilita' di addivenire all'intesa di cui all'art. 43, comma 7 della legge n. 234/2012, con l'ente locale; 4) Richiesta di finanziamento per ultimare la bonifica del sito Razzaboni a forma dell'assessore ambiente della Regione Emilia Romagna in data 18 marzo 2016; 5) deliberazione della giunta regionale progr. n. 697 del 16 maggio 2016, di autorizzazione alla promozione del conflitto e di conferimento del mandato; 6) Verbale del Cons. ordine avvocati BO del 30 maggio 2009, di autorizzazione alla notifica tramite registro cronologico. Bologna - Roma, 27 maggio 2016 prof. avv. Mastragostino - prof. avv. Giuffre'