N. 195 ORDINANZA (Atto di promovimento) 19 agosto 2015

Ordinanza  del  19  agosto  2015 del  Giudice   dell'esecuzione   del
Tribunale di Trieste nel procedimento civile promosso da  Genagricola
Spa contro Equitalia nord Spa Azienda Servizi Integrati. 
 
Riscossione delle imposte -  Riscossione  esattoriale  effettuata  da
  Equitalia   S.p.a.    -    Inammissibilita'    delle    opposizioni
  all'esecuzione regolate dall'art. 615 c.p.c., con l'unica eccezione
  di quelle concernenti la pignorabilita' dei beni. 
- Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973,  n.  602
  (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), art. 57
  [comma 1, lettera a), come  sostituito  dall'art.  16  del  decreto
  legislativo 26 febbraio 1999,  n.  46  (Riordino  della  disciplina
  della riscossione mediante ruolo, a  norma  dell'articolo  1  della
  legge 28 settembre 1998, n. 337)]; e, "ove occorra",  decreto-legge
  30 settembre 2005, n. 203 (Misure di contrasto all'evasione fiscale
  e  disposizioni  urgenti  in  materia  tributaria  e  finanziaria),
  convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248,
  art. 3, comma 4, lett. a). 
(GU n.41 del 12-10-2016 )
 
                   TRIBUNALE ORDINARIO DI TRIESTE 
 
 
                           SEZIONE CIVILE 
 
    Nella persona  del  Giudice  dell'Esecuzione  ha  pronunziato  la
seguente ordinanza nel procedimento iscritto sub R.g.e. n. 404/2015 e
promosso da: 
        Genagricola S.p.a., esecutato - opponente, 
        Contro Equitalia Nord S.p.a., esecutante - opposta 
        E  nei  confronti  di  Azienda   Servizi   Integrati,   terzo
pignorato, non costituito. 
    Premesso  ch'e'  affidato  a  questo  Giudicante  il  compito  di
decidere  sull'opposizione  promossa,  in  data  3  giugno  2015,  da
Genagricola S.p.a. (esecutato opponente), ex art. 615 c.p.c., avverso
il pignoramento presso terzi avviato, ex  art.  72-bis,  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 602/1973,  da  Equitalia  Nord  s.p.a.
(opposta), per il credito di € 35.536,00 per ICI per l'anno 2008  non
corrisposta, avente ad oggetto il credito  dalla  prima  vantato  nei
confronti dell'Azienda servizi integrati (terzo-pignorato); 
    1.  che   l'antefatto   da   cui   scaturiva   l'opposizione   e'
compendiabile nei seguenti punti: 
        a) in data 20 dicembre 2013 il Comune di Cassano  allo  Ionio
notificava  alla  Genagricola  l'avviso  di  accertamento  pari  a  €
247.148,85 per ICI non versata relativamente all'anno 2008; 
        b) cotale atto  era  impugnato  in  data  18  febbraio  2014,
innanzi alla Corte d'Appello di  Cosenza,  con  richiesta  di  misura
cautelare, dalla societa', cui nelle more  era  notificata  anche  la
cartella di pagamento, emessa da Equitalia  nord  S.p.a.,  incaricata
della riscossione, per l'importo complessivo dovuto sia in  relazione
all'Ici per l'anno 2007 sia a quella per l'anno 2008; 
        c) la societa' Genagricola S.p.a. impugnava anche tale ultimo
atto, avanti alla Corte d'Appello di Trieste, con richiesta di misura
cautelare; 
        d)  veniva  dapprima  sospesa  l'efficacia   dell'avviso   di
accertamento con  ordinanza  di  data  17  aprile  2015  della  Corte
d'Appello di Cosenza; 
        e) in data 7 maggio 2015,  Equiltalia  notiziava  Genagricola
del pignoramento presso terzi promosso contro la stessa, ed avente ad
oggetto un credito pari a € 35.536,00  vantato  dalla  seconda  verso
l'Azienda  servizi  integrati  di  S.  Dona'  di  Piave  (VE),  terzo
pignorato; 
        e) in data 11 maggio 2015 veniva sospesa giudizialmente anche
la cartella di pagamento di Equitalia nord S.p.a, ed  in  conseguenza
di cio' quest'ultima a sua volta sospendeva in autotutela -  «sino  a
nuova comunicazione» - il pignoramento; 
        f) lo stesso Comune di Cassano allo Ionio in data  12  maggio
2015 invitava Equitalia a non dar corso all'esecuzione intrapresa; 
        g)  Genagricola,  a   dispetto   dell'autotutela,   proponeva
opposizione  al  pignoramento  ex   art.   615   c.p.c.,   assumendo,
principalmente, l'avvenuta violazione dell'art.  7  decreto  sviluppo
2011, che ha introdotto in via generale la sospensione ex lege  degli
atti esecutivi esattoriali, in ragione del fatto che Equitalia  aveva
avviato l'esecuzione prima  che  fossero  decorsi  120  giorni  dalla
proposizione del ricorso, e pedissequa istanza cautelare,  contro  la
cartella  di  pagamento,  o  comunque,  prima  che  intervenisse   la
decisione su tale istanza  cautelare  in  evidente  violazione  della
disposizione teste' richiamata;  eccependo  in  conseguenza  di  cio'
l'improcedibilita'  do  l  pignoramento  avviato  da  Equitalia  nord
S.p.a., oltre che  la  contraddittorieta'  estrinseca/intrinseca  tra
volonta' dell'ente impositore e quella della societa' di  riscossione
in considerazione del fatto  che  l'ente  impositore  (il  Comune  di
Cassano allo Ionio) aveva espressamente chiesto ad  Equitalia  s.p.a.
di non proseguire con la riscossione; infine, rilevando il  contrasto
tra i limiti introdotti dall'art. 57, decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 602/1973 e il principio di effettivita' della tutela di
matrice comunitaria; 
        h)   nell'ambito   dell'opposizione   proposta,   Genagricola
sollevava, inoltre, questione di incostituzionalita' dell'art. 57 del
decreto del Presidente della Repubblica  n.  602/1973  rispetto  agli
artt. 3, 24, 54, 97, 111 e 113 della Costituzione  sotto  i  seguenti
profili:  1)  in  quanto  tale  ultima  disposizione  limiterebbe  la
proposizione di  opposizione  contro  l'esecuzione,  avviata  per  la
riscossione dei tributi, al solo fine di  opporre  l'impignorabilita'
dei  beni,  sostanzialmente  ledendo  il  diritto   di   difesa   del
contribuente  impedendo  ad  essa   di   potersi   difendere   contro
un'esecuzione illegittima e/o ingiusta; 2) perche' l'art.  57  dianzi
richiamato integrerebbe applicazione del principio  solve  et  repete
gia' dichiarato incostituzionale con  la  pronuncia  n.  21/1961;  3)
creerebbe disparita' di trattamento tra contribuenti, in  particolare
tra coloro  a  cui  l'ordinamento  consente  tutela  verso  gli  atti
dell'esecuzione in materia esattoriale e coloro che invece ne restano
privati per effetto della disposizione poc'anzi richiamata, con  cio'
violando il  principio  di  uguaglianza  sancito  dall'art.  3  della
Costituzione; 4) da ultimo ne risulterebbero violati sia il principio
del  giusto  processo  in  particolare  il   principio   di   parita'
processuale delle parti, sia l'obbligo per  il  funzionario,  sancito
dall'art. 54 della Costituzione, di adempiere alle  proprie  funzioni
con disciplina ed onore, ai cui rispetto  sarebbero  tenuti  anche  i
concessionari di un pubblico servizio; e dunque anche l'art. 97 della
Costituzione  giacche'  l'art.  57   summenzionato   rappresenterebbe
l'allontanamento del procedimento di recupero dei tributi dai  canoni
di buon andamento sanciti dalla  predetta  disposizione  della  Carta
costituzionale. Chiedendo  a  questo  giudice  remittente  di  volere
sollevare la summentovata questione di  legittimita'  costituzionale,
al fine di poter successivamente decidere  nel  merito  l'opposizione
proposta (decisione, allo  stato,  non  possibile  stante  il  limite
previsto dal predetto art. 57); 
    2. che, all'udienza fissata in data 6  luglio  2015  costituivasi
Equitalia eccependo: l'inapplicabilita' dell'art. 7 decreto  sviluppo
2011 ai casi di riscossione di tributi locali  affermando  che  «tale
disposizione non ha portata generale  e  di  immediata  applicazione,
riguardano invece un fattispecie ben precisa, quella degli avvisi  di
accertamento esecutivi emessi dall'agenzia delle entrate per  tributi
erariali»;  l'inammissibilita'  dell'opposizione  stante  il  divieto
dell'art. 57, decreto del Presidente della  Repubblica  n.  602/1973,
rilevando  che:  1)  al  momento  del  pignoramento  la  cartella  di
pagamento  ancorche'  impugnata  non  era  ancora  stata  sospesa   e
conseguentemente il pignoramento era stato «azionato sulla base di un
titolo valido ed efficace»; 2) a seguito  di  sospensione  giudiziale
della cartella di pagamento avvenuta  l'11  maggio  2015  (confermata
all'udienza del 19 maggio 2015) Equitalia sospendeva in autotutela il
pignoramento facendo venir meno, quantomeno, le  esigenze  cautelari;
3) solo con comunicazione via PEC del 12 maggio  2015  il  Comune  di
Cassano allo Ionio aveva comunicato ad Equitalia nord S.p.a. di  aver
sospeso l'avviso di accertamento ICI 2008, segnalando  che  Equitalia
non era parte del giudizio tributario  pendente  contro  l'avviso  di
accertamento; 4) rilevando l'inapplicabilita' dell'art. 7,  comma  1,
lett. m) del  d.l.  n.  70/2011,  convertito  in  legge  n.  106/2011
sull'assunto che quest'ultimo non  avrebbe  portata  generale  ma  si
applicherebbe solo agli avvisi esecutivi  emessi  dall'agenzia  delle
entrate;  5)  infine,  contestando  l'inesistenza   della   sollevata
incostituzionalita' sull'assunto della non applicabilita' al caso  di
specie della disposizione  contenuta  nell'art.  57  richiamato,  per
effetto di quanto previsto dall'art. 29, d.lgs. n.  49/1999.  A  tale
udienza, in cui parte opponente  insisteva  per  la  sospensione  del
giudizio e remisssione  alla  Corte  costituzionale  della  questione
d'incostituzionalita' sollevata, questo Giudice si riservava al  fine
di decidere sulle rispettive istanze delle parti. 
    A scioglimento della riserva assunta  all'udienza  del  6  luglio
2015 nel corso della causa sovra epigrafata; 
    Esaminati gli atti di causa e la documentazione dimessa; 
    Ritenuto da parte di questo Giudice remittente, per contrasto con
gli artt. 3, 24, 111 e 113 della Costituzione, di dover sollevare  la
questione di legittimita' costituzionale dell'art.  57,  decreto  del
Presidente  della  Repubblica  n.  602/1973  ed  anche,  ex  officio,
dell'art. 3, comma 4, lettera a), del D.I. n. 203/2005 laddOve  cosi'
dispone: «La Riscossione s.p.a, [poi trasformata in Equitalia s.p.a.]
effettua l'attivita' di riscossione mediante ruolo, con  i  poteri  e
secondo le disposizioni di cui al titolo I, capo II, e  a  titolo  II
del decreto del Presidente della Repubblica  29  settembre  1973,  n.
602.» e quindi ove assoggetta il procedimento di riscossione che pone
in essere (oggi) Equitalia S.p.a, anche all'applicazione dell'art. 57
ed ai limiti da  esso  introdotti.  La  necessita'  di  sollevare  ex
officio l'incostituzionalita' anche  della  disposizione  applicativa
teste' richiamata del d.l. del  2005  discende  dai  contenuti  della
Corte costituzionale n. 49/2015 al fine di scongiurare una  pronuncia
di inammissibilita'; 
    Precisato che la  questione  che  si  solleva  e',  all'evidenza,
rilevante  giacche'  dall'applicazione  della  disposizione,  che  si
reputa  contraria  ai  principi  della  Carta  Costituzionale   sovra
richiamati, deriva l'impossibilita' per questo Giudice remittente  di
decidere la controversia sub iudice nel merito; non solamente, ma  la
questione e' altresi' manifestamente fondata in ordine al  fatto  che
le disposizioni dianzi denunziate di essere incostituzionali  violano
sia principi costituzionali posti a presidio dei diritto  di  difesa,
limitandolo in maniera macroscopica rispetto ad una  larga  parte  di
attivita' della P.A. o delle societa'  di  riscossione  tributi,  sia
principi di uguaglianza e  del  giusto  processo  nei  termini  infra
descritti; 
    Richiamato l'art. 72-bis, decreto del Presidente della Repubblica
n. 602/1973 che cosi' dispone: «salvo che per i crediti pensionistici
e fermo restando quanto previsto dall'art. 545, commi quarto e sesto,
del codice di procedura  civile,  e  dall'art.  72-ter  del  presente
decreto l'atto di pignoramento dei crediti del debitore  verso  terzi
puo' contenere, in luogo della citazione di cui all'art. 543, secondo
comma, numero 4, dello stesso codice di procedura civile, l'ordine al
terzo di pagare il credito direttamente  al  concessionario,  fino  a
concorrenza del credito per cui si procede ...», in ragione del quale
in    data    7    maggio    2015     Equitalia     comunicava     al
contribuente-Genagricela  l'atto   di   pignoramento   presso   terzi
notificato  ad  Azienda  servizi  integrati  di  S.  Dona'  di  Piave
(creditore di Genagricola  s.p.a.)  per  l'importo  di  €  35.536,00,
quantunque appena ad aprile 2015 Genagricola s.p.a.  avesse  proposto
impugnazione, con domanda cautelare, avverso la  prodromica  cartella
di pagamento, violando la disposizione contenuta all'art. 7 del  d.l.
n. 70/2011 convertito in legge n.  106/2011  il  quale  al  comma  1,
lettera m), cosi'  prevede:  «attenuazione  del  principio  salve  et
repete. In caso di richiesta di  sospensione  giudiziale  degli  atti
esecutivi, non si procede  all'esecuzione  fino  alla  decisione  del
giudice e comunque fino al  centoventesimo  giorno»;  stante  che  la
cartella di pagamento e' atto esecutivo (come tutti  gli  atti  della
riscossione) che legittima all'esecuzione forzata,  tanto  che  sulla
base della stessa e' stata avviata l'esecuzione in via amministrativa
da pane di Equitalia nord s.p.a.; 
    Richiamato l'art. 57 summenzionato, il quale cosi'  recita:  «Non
sono ammesse: a) le opposizioni regolate dall'art. 615 del codice  di
procedura  civile,  fatta  accezione  per   quelle   concernenti   la
pignorabilita' dei beni; b) le opposizioni regolate dall'art. 617 del
codice di procedura civile relative alla regolarita' formale ed  alla
notificazione  dei  titolo  esecutivo.  Se  e'  preposta  opposizione
all'esecuzione o agli atti esecutivi, il giudice fissa  l'udienza  di
comparizione delle parti avanti a se' con decreto steso in  calce  al
ricorso, ordinando al concessionario di  depositare  in  cancelleria,
cinque giorni prima dell'udienza, l'estratto del  ruolo  e  copia  di
tutti gli atti dell'esecuzione»; 
    Ritenuto che cotale disposizione, invero, limiti profondamente le
possibilita'   di   tutela   del   contribuente   contro   gli   atti
dell'esecuzione  in  materia  esattoriale,  impedendogli  la   stessa
proposizione di gravame contro gli stessi; 
    Ritenuto che ogni provvedimento di questo Giudice  sarebbe,  allo
stato, irragionevolmente limitato dalla sopra richiamata disposizione
normativa, che gl'impedisce di pronunziarsi  sulla  fondatezza  della
pretesa azionata, pur nell'evidente presenza di elementi di  fatto  e
di diritto, inducenti a ravvisarne l'indubbia fondatezza  sostanziale
e processuale; 
    Considerato che, nel caso de quo, pur essendo  stato  sospeso  in
autotutela il pignoramento presso terzi, nondimeno tale provvedimento
di  sospensione  e'  stato  assunto  da  Equitalia  «sino   a   nuova
comunicazione», potendo riprendere reviviscenza in  ogni  momento  su
semplice comunicazione o impulso della societa' di riscossione;  che,
inoltre, stante il contenuto dell'art. 57 del decreto del  Presidente
della Repubblica n. 602/1973, che impedisce  la  stessa  proposizione
dell'opposizione, questo giudice,  sino  all'intervento  della  Corte
costituzionale sulla questione di  costituzionalita'  qui  sollevata,
non potrebbe nemmeno  pronunziarsi  sull'istanza  cautelare  avanzata
dalla debitrice opponente; che ne deriva l'assoluta  pregiudizialita'
della  questione  di  costituzionalita'  rispetto   ad   ogni   altra
questione,  tanto  che  la  stessa  Equitalia  nord  S.p.a.  eccepiva
l'inammissibilita'  dell'opposizione  in  forza  di  quanto  previsto
dall'art. 57 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973;
e  che  da  tale  scenario  deriva,  quale  automatica   conseguenza,
l'impossibilita' di assumere una decisione di merito sull'opposizione
ancorche' fondata; 
    Ritenuto  ch'e'  nella  facolta'  del  Giudice   dell'esecuzione,
ritenendone sussistenti i presupposti, sollevare a'  sensi  dell'art.
23, della  legge  11  marzo  1953,  n.  87  e  successive  modifiche,
questione di legittimita' costituzionale dell'art.  57,  del  decreto
del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 e l'art. 3,
quarto comma, lett. a) del d.l. n. 203/2005, in  quanto  disposizioni
applicabili alla presente fattispecie; 
    Osservato, che le norme assunte come violate da tale disposizione
appaiono gli artt. 3, 24, 111 e 113 della Costituzione, nella  misura
in  cui  l'art.  57  predetto  (applicabile  riscossioni  esattoriali
promosse de Equitalia S.p.a. in forza di quanto  stabilito  dall'art.
3, quarto comma, lett. a), d.l.  n.  203/2005),  incidendo  in  senso
limitativo sul diritto di difesa del contribuente e limitando i mezzi
di tutela di  quest'ultimo  contro  taluni  atti  dell'esecuzione  in
materia tributaria, non ammette possibilita' di proporre  opposizione
all'esecuzione avviata per la riscossione delle imposte e tributi  se
non limitatamente «a quelle concernenti la pignorabilita' dei beni» e
sotto altri svariati profili di cui infra si dira'; 
    Verificato che, i precedenti  giurisprudenziali  in  materia  non
pregiudicano    una    pronunzia    della    Corte     costituzionale
sull'illegittimita' della norma censurata nel  presente  giudizio,  e
che dalla decisione della stessa dipende la pronunzia sul  merito  da
parte di questo Giudice, tenuto conto della specifica  fattispecie  e
della documentazione di causa acquisita; 
    Rilevato che: 
        l'art. 7 del d.l. n. 70/2011, successivamente  convertito  in
legge, al primo comma enunzia  disposizioni  di  principio,  tra  cui
quella alla lettera m), in precedenza  riportata,  che,  al  fine  di
operare  l'attenuazione  del  principio  solve  et  repete,  sospende
l'esecuzione di atti esecutivi per 120 giorni, o fino alla decisione,
a fronte di richiesta  di  provvedimento  cautelare  nell'ambito  del
giudizio promosso contro tali  atti;  mentre  al  successivo  secondo
comma introduce prescrizioni  funzionali  a  consentire  l'attuazione
concreta   dei   principi   precedentemente   enunciati.   Tra   tali
prescrizioni funzionali, ai punti gg-quater («a decorrere dalla  data
di cui alla  lettera  gg-ter,  i  comuni  effettuano  la  riscossione
coattiva delle proprie entrate, anche tributarie: ...»)  e  seguenti,
vengono introdotti precetti sulla riscossione coattiva delle  entrate
tributarie comunali (quale e' quella oggetto del giudizio di merito),
in particolare il punto gg-novies introducente l'art. 5-bis al d.lgs.
n. 546/1992 (sul processo tributario), stabilendo che  «l'istanza  di
sospensione  e'  decisa  entro  centottanta  giorni  dalla  data   di
presentazione della stessa». Dall'interpretazione  sistematica  delle
due richiamate  disposizioni  del  2011  -  quella  introdotta  della
lettera m  del  primo  comma,  art.  7,  d.l.  n.  70/2011  e  quella
introdotta  dalla  lettera  gg-novie  del  secondo  comma,  dell'art.
poc'anzi richiamato - si deduce l'applicabilita' dell'art. 7 comma 1,
lett.  m)  in  via  generale  a  tutti  gli  atti   esecutivi   della
riscossione,  non  operando  tale  disposizione  alcun   richiamo   a
specifici atti, quindi anche alla fattispecie dedotta in giudizio; il
legislatore,  laddove  ha  voluto  limitare  l'efficacia  degli  atti
esecutivi relativi a specifici tributi, lo  ha  fatto  espressamente,
come previsto ad esempio alla lettera n, punto 3, del  comma  2,  del
medesimo art. 7,  d.l.  n.  70/2011  che  espressamente  riguarda  la
riscossione delle somme dovute in  base  ad  avvisi  di  accertamento
dell'agenzia delle entrate; 
        l'art. 29  del  d.lgs.  n.  46/1999,  richiamato  negli  atti
difensivi di Equitalia nord s.p.a., cosi' dispone:  «per  le  entrate
tributarie diverse da quelle elencate dall'art. 2 del d.lgs.  n.  546
del 31 dicembre  1992,  e  per  quelle  non  tributarie,  il  giudice
competente a conoscere le  controversie  concernenti  il  ruolo  puo'
sospendere la riscossione se ricorrono travi motivi. 
    Alle entrate indicate nel comma 1 non si applica la  disposizione
del comma 1 dell'art. 57 del decreto del Presidente della  Repubblica
29 settembre 1973, n. 602, come sostituito dall'art. 16 del  presente
decreto e le opposizioni all'esecuzione ed  agli  atti  esecutivi  si
propongono nelle forme ordinarie. 
    Ad esecuzione iniziata il giudice puo' sospendere la  riscossione
solo in presenza dei presupposti di cui all'art. 60 del  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 602/1973, come sostituito dall'art. 16
del presente decreto.»; 
    Ritenuto che la disposizione innanzi riportata non si applichi al
caso di specie, rientrando, il tributo oggetto di riscossione, tra le
entrate elencate all'art. 2 del d.lgs. n.  546/1992  (ICI  -  tributo
locale) espressamente escluse  dall'applicazione  della  disposizione
poc'anzi riportata; e che, conseguentemente, gli alti dell'esecuzione
posti  in  essere  per  la  riscossione  di  tale  tributo   ricadono
nell'ambito di applicazione della disposizione dell'art. 57,  decreto
del Presidente della Repubblica n. 602/1973; 
    Ritenuto che, quest'ultima disposizione  (art.  57,  decreto  del
Presidente  della  Repubblica  n.  602/1973)  impedisca  al  debitore
opponente   la   proponibilita'   dell'opposizione    all'esecuzione,
strumentazione quest'ultima ritenuta ammissibile solo per far  valere
l'impignorabilita'  dei  beni,  non  anche,  in  tesi,  per  rilevare
l'illegittimita'  dell'esecuzione,  o  la  carenza  dei   presupposti
dell'esecuzione, costringendo il contribuente a subire in  ogni  caso
l'esecuzione,  ancorche'  ingiusta;  con  la  sola  possibilita'   di
presentare ex post una richiesta di rimborso di quanto  ingiustamente
percetto dalla pubblica amministrazione, o suo concessionario per  la
riscossione, ovvero di agire per il risarcimento del danno; 
    Osservato, come noto, che l'interpretazione consolidata di questa
Corte  ebbe  a  stabilire  l'incostituzionalita'  delle   norme   che
favoriscono  irragionevolmente  sotto  il  profilo   processuale   un
soggetto rispetto ad un altro, come accade allorche'  nell'esecuzione
forzata sia favorita la posizione del creditore rispetto al  debitore
interponendo limiti di  accesso  alla  tutela  giurisdizionale  (come
accade per effetto della disposizione dianzi richiamata); 
    Ritenuto,  altresi',  che  nella  fattispecie  a   giudizio:   a)
l'esecuzione fu  posta  in  essere,  a  maggio  2015,  nonostante  la
sospensione ex lege introdotta con  l'art.  7  del  d.l.  n.  70/2011
(quand'era decorso soltanto un mese dalla  richiesta  di  sospensione
giudiziale  della  cartella  di  pagamento  dell'aprile   2015);   b)
l'esecuzione fu posta in essere, nonostante fosse gia' intervenuta la
sospensione dell'avviso di accertamento, con provvedimento di data 17
aprile 2015; c) si ritiene del  tutto  irrilevante  che  la  societa'
concessionaria  per  la  riscossione  fosse  stata  o   meno   edotta
dall'amministrazione    comunale     dell'intervenuta     sospensione
dell'avviso di  accertamento,  non  potendo  il  contribuente  subire
pregiudizio da eventuali  carenze  o  assenze  di  comunicazione  tra
l'ente  titolare  del  tributo  e  li  suo  concessionario   per   la
riscossione; 
    Osservata la stessa  giurisprudenza  della  Corte  costituzionale
dichiarava  incostituzionale  il  principio  solve  et   repete   (in
applicazione del quale si pone l'art.  57,  d.P.R.  n.  602/1973)  in
quanto incoerente con i valori costituzionali tutelati dagli artt. 3,
24 e 113 della Costituzione, (la sentenza della Corte  costituzionale
n. 21/1961 ha infatti stabilito che il principio solve et  repete  in
materia fiscale/tributaria,  impedisce  al  giudice  di  decidere  la
controversia).   Secondo   l'insegnamento   della   Consulta   dianzi
richiamato, il principio solve et repete di cui  fanno  applicazione,
in combinato disposto, gli artt. 72-bis e 57 decreto  del  Presidente
della Repubblica n. 602/1973 e' in contrasto: a) «con l'art. 3  della
Costituzione in relazione alla differenza di trattamento che crea tra
contribuenti che sono in  grado  di  pagare  immediatamente  l'intero
tributo e quelli che, invece, non hanno mezzi sufficienti per farlo»;
b) «con gli artt. 24 e 113 della Costituzione, in quanto impedisce di
chiedere ed ottenere tutela  giurisdizionale  sia  nei  confronti  di
privati che nei confronti  dello  Stato  e  di  altri  enti  minori»,
lasciando al contribuente la sola possibilita' di agire ex  post  per
il rimborso delle somme versate; 
    Ricordato,  inoltre,  che  la  Corte  costituzionale,   gia'   in
precedenza chiamata a valutare dell'incostituzionalita' dell'art.  57
del decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973,  seppure  in
fattispecie del tutto diverse da quella qui esaminata, non  ebbe  mai
ad entrare nel merito della  questione,  sempre  limitandosi  ad  una
pronunzia  di  inammissibilita'  o  per  omessa   descrizione   della
fattispecie oggetto dei giudizio a quo, o per carenza di  motivazione
da parte del giudice a quo, o ancora per genericita' di  enunciazione
della tesi e carenza di  motivazione  da  parte  del  giudice  a  quo
(sentenze della Corte costituzionale nn. 21/1972, 297/2007, 393/2008,
93/2009, 133/2011 e ord.  n.  242/2001),  sempre  in  ogni  caso  per
ragioni  legate  alla  formulazione  e  contenuti  dell'ordinanza  di
remissione; 
    Osservato, inoltre, che  la  stessa  Corte  costituzionale  ancor
prima della modificazione dell'art.  111  Cost.,  operata  con  legge
costituzionale  n.  2/1999,  aveva  preconizzato  la  necessita'   di
uniformare  l'ordinamento  processuale  al   principio   del   giusto
processo, stabilendo da un lato con sent. n. 137/1984, «l'esigenza di
garantire lo svolgimento di un giusto processo come esigenza che  non
si risolve in affari singoli, ma assurge a  compito  fondamentale  di
una giurisdizione che non intenda abdicare alla primaria funzione  di
dicere ius di cui i diritti di agire e resistere nel processo  (quale
che ne sia l'oggetto) rappresentano soltanto i veicoli  necessari  in
non diversa guisa delle norme  disciplinatrici  della  titolarita'  e
dell'esercizio della postesta' dei giudici», tracciando il  solco  su
cui  si  pone  l'attuale  richiesta  di   rimessione   che   risponde
all'esigenza che a  questo  giudice  a  quo  non  sia  preclusa  ogni
valutazione sul fumus boni  iuris  costringendolo  ad  abdicare  alla
propria funzione, come invece accade per effetto  della  disposizione
della cui incostituzionalita' si  chiede  pronuncia  da  parte  della
Corte; 
    Rilevato, che, sotto tale profilo, l'opponente altresi'  invocava
il principio di effettivita' della tutela di matrice comunitaria che,
nondimeno, presuppone  l'esistenza  della  tutela  nell'ambito  della
quale essa deve esser esercitata e resa in modo effettivo ed equo; 
    Reputato che, nel caso de  quo,  il  problema  afferente  l'esame
della disposizione contenuta nell'art. 57 attenga non al modo in  cui
debba essere  apprestata  la  tutela,  ma  l'esistenza  stessa  della
tutela, e che, in tal caso l'ordinamento, in violazione del  precetto
costituzionale  ricavabile  dagli  artt.  24  e  113,  non  riconosce
possibilita' al contribuente di tutelarsi contro un nutrito gruppo di
atti della P.A. (e concessionari), pur se lesivi della sua  posizione
giuridica; 
    Ritenuto, nella specie,  che  il  tributo  per  cui  la  societa'
concessionaria per la riscossione promoveva esecuzione rientri tra le
entrate  tributarie  contemplate  all'art.  2,  d.lgs.  n.  546/1992,
devolute alla cognizione delle commissioni  tributarie  (tent'e'  che
avanti queste ultime  si  svolsero  i  giudizi  di  impugnazione  sia
dell'avviso di accertamento ICI  sia  della  successiva  cartella  di
pagamento), che, tuttavia, per  espressa  previsione  della  medesima
disposizione «restano escluse dalla giurisdizione tributaria soltanto
le  controversie  riguardanti  gli   atti   dell'esecuzione   forzata
tributaria successivi  alla  notifica  della  cartella  di  pagamento
[quale e' il pignoramento  opposto  avanti  questo  giudice]  e,  ove
previsto, dell'avviso di cui all'art. 50 del decreto  del  Presidente
della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, per le  quali  continuano
ad applicarsi le disposizioni del  medesimo  decreto  del  Presidente
della Repubblica»; 
    Vi e' dunque, in linea  di  principio,  giurisdizione  di  questo
giudice in materia, ancorche' per espressa  previsione  dell'art.  57
del decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.  602/1973,  venga
escluso ogni diritto di  difesa  da  parte  del  contribuente  contro
l'esecuzione promossa, fatta salva la risicata possibilita' di difesa
assegnata al solo fine di far  valere  l'impignorabilita'  dei  beni.
Ove, quindi, tale disposizione fosse «espunta»  dall'ordinamento,  il
contribuente  esecutato  potrebbe  difendersi   contro   l'esecuzione
intrapresa facendo ricorso agli strumenti dell'art. 615 c.p.c. avanti
al G.O in funzione di giudice dell'esecuzione; 
    Reputato, inoltre, che, l'art.  57  del  decreto  del  Presidente
della Repubblica n. 602/1973, alla luce  della  previsione  dell'art.
29, del d.lgs. n. 46/1999,  precedentemente  riportato,  profili  una
situazione di disuguaglianza tra contribuenti per la  diversa  tutela
accordata in relazione alle entrate tributarie  comprese  nell'elenco
dell'art. 2, d.lgs. n. 546/1992, soggette  alla  giurisdizione  delle
commissioni tributarie (fatta eccezione per gli atti  dell'esecuzione
contro cui non e' ammessa alcuna tutela ex art. 57  del  decreto  del
Presidente della Repubblica richiamato)  ed  in  relazione  a  quelle
invece non comprese nell'elenco  dell'art.  2,  sopra  richiamato,  e
quelle non tributarie (soggette a giudizio ordinario e a cui  non  si
applica la limitazione introdotta dall'art. 57); 
    Ritenuto, in definitiva e sulla scorta  di  tali  considerazioni,
che  l'art.  57  del  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.
602/1973, ed anche, ove ritenuto, l'art. 3, comma 4, lettera a),  del
d.l. n. 203/2005 che assoggetta  la  specifica  funzione  esattoriale
svolta da Equitalia  S.p.a.  al  regime  agevolato  del  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 602/1973 (e dunque anche al  suo  art.
57),  presentino  aspetti  di  chiara  incostituzionalita'  sotto   i
seguente profili: 
        l'art. 3 della Costituzione, inquantoche' crea disparita'  di
trattamento tra contribuenti debitori di tributi compresi nell'elenco
dell'art. 2, d.lgs. 546/1992 e contribuenti di tributi  non  compresi
in tale  elenco;  la  disposizione  lede,  quindi,  il  principio  di
eguaglianza nella misura in cui impedisce ai primi la possibilita' di
tutelarsi contro le esecuzioni  poste  in  essere  dagli  enti  o  da
concessionari per la riscossione, ancorche' illegittime ed  ingiuste,
sacrificando il diritto di difesa di costoro,  ingiustificatamente  e
soltanto in considerazione della tipologia di tributo di  tributo  di
cui  essi  sono  debitori,  e  riconoscendo  piena  tutela  ad  altri
contribuenti (quelli  non  compresi  nell'elenco  d'anzi  citato)  in
quanto debitori di tributi diversi; 
        l'art. 24 della Costituzione, poiche' impedisce, al  debitore
opponente, in modo generalizzato ed irragionevole, ogni  possibilita'
di  difesa,  consentendo  al  medesimo  di  poter  fare   opposizione
all'esecuzione   solo    ed    esclusivamente    per    far    valere
l'impignorabilita' dei beni, non anche per  tutelarsi  da  esecuzioni
illegittime, e/o ingiuste che oggi egli e' costretto a subire,  senza
potersene difendere dinanzi ad un organo giurisdizionale; 
        l'art. 111 della Costituzione, giacche', anche  sulla  scorta
di quanto statuito da codesta Corte costituzionale con la sentenza n.
220/1986, il giusto processo civile non  deve  essere  celebrato  per
sfociare  in  pronunzie  in  rito  che  non  coinvolgano  i  rapporti
sostanziali delle parti che vi partecipano, bensi' per  decidere  nel
merito sulle questioni, stabilendo chi ha ragione e chi ha torto, non
sacrificando il  diritto  della  parte  che  agisce  in  giudizio  di
ottenere una pronuncia in ordine al diritto della vita ritenuto leso;
in questo caso, per  effetto  della  disposizione  normativa  che  si
ritiene contraria ai principi della nostra Costituzione, al Giudice a
quo preclusa ogni decisione sul merito a causa  di  una  disposizione
(l'art. 57) derogatoria rispetto all'art. 615 c.p.c.  (o  per  meglio
dire, che impedisce il ricorso allo strumento dell'art.  615  c.p.c.)
che riconosce a tutti i soggetti incisi da  atti  dell'esecuzione  di
potersene difendere tramite l'opposizione. Il che integra,  altresi',
violazione all'art. 3 sopra richiamato, giacche'  colloca  una  larga
parte degli atti della P.A. (e sue articolazioni) in una zona  franca
da ogni tipo di controllo giurisdizionale, creando  una  macroscopica
disuguaglianza tra cittadini-contribuenti  titolari  del  diritto  di
potersene difendere cittadini-contribuenti totalmente privi  di  tale
diritto. Il che determina, come gia' rilevato, violazione del diritto
di difesa; 
        l'art. 113 della Costituzione, poiche' limita e impedisce  la
tutela del contribuente contro  una  determinata  categoria  di  atti
della pubblica amministrazione  e/o  concessionari  di  quest'ultima,
impedendo in modo indiscriminato ed ingiustificato ogni difesa contro
tutti gli atti dell'esecuzione; 
    Ritenuto che, sussista, altresi', la rilevanza delle questioni di
incostituzionalita'   sollevate    nel    presente    giudizio,    in
considerazione delle circostanze in  fatto  e  le  argomentazioni  in
diritto suesposte, anche in considerazione del  fatto  che,  ove  non
fossero piu' operanti  le  limitazioni  previste  dalla  disposizione
dianzi richiamata, perche' dichiarate incostituzionali in conseguenza
dell'eventuale  decisione  di  accoglimento  da  parte  della   Corte
costituzionale,  sarebbe  possibile  pervenire  alla  decisione   del
giudizio con una pronuncia sul merito  da  parte  di  questo  giudice
remittente, avente giurisdizione in materia; 
    Ritenuto, pertanto, a parere di questo Giudice remittente, che la
decisione di merito  sull'opposizione  debba  esser  preceduta  dalla
soluzione della questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.
57, d.P.R. n. 602/1973, e ove occorra dell'art. 3, comma  4,  lettera
a), d.l. n. 203/2005, non solo per rendere  possibile  una  pronuncia
nel merito ma anche in considerazione dell'ingiusto  pregiudizio  che
patirebbe il debitore-opponente  a  seguito  della  dichiarazione  di
inammissibilita' dell'opposizigne diretta conseguenza del divieto  di
tutela ivi introdotto;  per  converso,  l'intervento  della  Corte  e
suscettibile  di  produrre  effetti  concreti  nel  giudizio  a  quo,
rafforzando il diritto insopprimibile di difesa del cittadino  ed  il
suo diritto al giusto processo  consentendogli  di  potersi  tutelare
contro atti dell'esecuzione illegittimi e/o ingiusti; 
    Ritenuto,   infine,    non    possibile    una    interpretazione
costituzionalmente orientata della disposizione contenuta all'art. 57
del decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973, non  essendo
il contenuto di quest'ultima polisenso,  e  dunque  soggetto  a  piu'
possibili interpretazioni, bensi' essendo, al contrario, univocamente
interpretabile nel senso sopra descritto; 
    Acclarata, quindi, la rilevanza e la non  manifesta  infondatezza
della questione di costituzionalita', ai fini della definizione della
presente causa, in considerazione delle circostanze di fatto e  delle
argomentazioni in diritto suesposte; 
    Veduti gli artt. 134 della Costituzione e 23 della legge 11 marzo
1953, n. 87; 
    Ritenuta la questione manifestamente fondata e rilevante; 
 
                              P. Q. M. 
 
    Il  Tribunale  Ordinario  di  Trieste,  nella   sovra   intestata
composizione monocratica, cosi' provvede: 
    Solleva la questione di legittimita' costituzionale dell'art.  57
del decreto del Presidente della Repubblica  29  settembre  1973,  n.
602, e, ove occorra, anche dell'art. 3, quarto comma, lettera a)  del
d.l. n. 203/2005, in riferimento agli artt. 3, 24, 111  e  113  della
Costituzione, per le argomentazioni e ragioni di cui alla motivazione
della presente ordinanza; 
    Sospende il giudizio; 
    Dispone  l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale; 
    Ordina che, a cura della Cancelleria, la presente  ordinanza  sia
notificata alle parti in  causa,  al  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, nonche' sia  comunicata  ai  Presidenti  della  Camera  dei
Deputati e del Senato della Repubblica. 
 
        Trieste, 19 agosto 2015 
 
           Il Giudice dell'Esecuzione: Di Paoli Paulovich