N. 17 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 21 febbraio 2017
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 21 febbraio 2017 (della Regione Toscana). Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di bilancio 2017 - Proroga all'anno 2017 della sospensione dell'efficacia delle leggi regionali e delle deliberazioni degli enti locali, nella parte in cui prevedono aumenti dei tributi e delle addizionali attribuiti alle Regioni e agli enti locali con legge dello Stato rispetto ai livelli di aliquote o tariffe applicabili per l'anno 2015. - Legge 11 dicembre 2016, n. 232 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019), art. 1, comma 42, lett. a).(GU n.13 del 29-3-2017 )
Ricorso della Regione Toscana (P. IVA 01386030488), in persona
del presidente pro tempore della giunta regionale, dott. Enrico
Rossi, autorizzato con deliberazione della giunta regionale n. 75 del
6 febbraio 2017, rappresentato e difeso, come da mandato in calce al
presente atto, dall'Avv. Lucia Bora (C.F. n. BROLCU57M59B157V pec:
lucia.bora@postacert.toscana.it) dell'Avvocatura regionale, ed
elettivamente domiciliato presso lo studio dell'Avv. Marcello
Cecchetti, (C.F. CCCMCL65E02H501Q) in Roma, Piazza Barberini n. 12
(fax 06.4871847; PEC: marcello.cecchetti@firenze.pecavvocati.it);
Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore per
la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma
42, lettera a) della legge 11 dicembre 2016, n. 232, per violazione
degli articoli 117 e 119 Cost.
In data 21 dicembre 2016 e' stata pubblicata, nella Gazzetta
Ufficiale n. 297, S.O. n. 57, la legge n. 232 dell'11 dicembre 2016
recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario
2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019».
In particolare, l'art. 1, comma 42, lettera a) prevede:
«All'articolo 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 sono
apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 26, le parole: "per l'anno 2016" sono sostituite
dalle seguenti: "per gli anni 2016 e 2017"».
Il comma 26 dell'art. 1 della legge 208/2015, a sua volta,
disponeva:
«Al fine di contenere il livello complessivo della pressione
tributaria, in coerenza con gli equilibri generali di finanza
pubblica, per l' anno 2016 e' sospesa l'efficacia delle leggi
regionali e delle deliberazioni degli enti locali nella parte in cui
prevedono aumenti dei tributi e delle addizionali attribuiti alle
regioni e agli enti locali con legge dello Stato rispetto ai livelli
di aliquote o tariffe applicabili per l'anno 2015. Sono fatte salve,
per il settore sanitario, le disposizioni di cui all'art. 1, comma
174 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e all'art. 2, commi 79, 80,
83 e 86 della legge 23 dicembre 2009 n. 191, nonche' la possibilita'
di effettuare manovre fiscali incrementative ai fini dell'accesso
alle anticipazioni di liquidita' di cui agli articoli 2 e 3 del
decreto-legge 8 aprile 2013 n. 35, convertito, con modificazioni,
dalla legge 6 giugno 2013, n. 64, e successivi rifinanziamenti. La
sospensione di cui al primo periodo non si applica alla tassa sui
rifiuti (TARI) di cui all'art. 1, comma 639, della legge 27 dicembre
2013, n. 147, ne' per gli enti locali che deliberano il predissesto,
ai sensi dell'art. 243-bis del testo unico di cui al decreto
legislativo 18 agosto 2000, n. 267, o il dissesto, ai sensi degli
articoli 246 e seguenti del medesimo testo unico di cui al decreto
legislativo n. 267 del 2000.
In sostanza, dunque, la norma contenuta nell'art. 1, comma 42,
lettera a) determina per l'anno 2017 una ulteriore sospensione degli
aumenti dei tributi e delle addizionali attribuiti alle regioni e
agli enti locali con legge dello Stato, rispetto ai livelli di
aliquote o tariffe applicabili per l'anno 2015.
Gia' nel 2016 la suddetta misura era stata introdotta, ma la
Regione Toscana non l'aveva contestata, nello spirito di
collaborazione istituzionale e confidando nell'eccezionalita'
circoscritta della misura stessa. Ora la medesima viene riproposta,
in un contesto di finanziamento del fabbisogno regionale decisamente
peggiorato, anche rispetto al 2016.
L'impugnata disposizione e' lesiva delle competenze regionali per
i seguenti motivi di
Diritto
1. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 42, lettera a)
per violazione degli articoli 117, terzo e quarto comma, e 119 Cost.
Non si ignora che il blocco provvisorio dell'aumento delle
addizionali e dei tributi propri delle regioni, in precedenti
occasioni, e' stato ritenuto ammissibile dalla Corte costituzionale
(sentenze n. 381/2004, n. 284/2009, n. 298/2009). Tuttavia tali
precedenti sono stati motivati con particolari valutazioni che non
sono piu' riproponibili nell'attuale mutato quadro fattuale e
giuridico.
La sentenza n. 381/2004 ha ritenuto ammissibile detta sospensione
perche' temporanea e provvisoria «in attesa di un complessivo
ridisegno dell'autonomia tributaria delle regioni, nel quadro
dell'attuazione del nuovo art. 119 Cost.»; similmente la sentenza n.
284/2009, a fondamento della pronuncia di legittimita' costituzionale
della sospensione degli aumenti tributari regionali, richiama la fase
transitoria «fino all'attuazione del federalismo fiscale»; infine
nella sentenza n. 298/2009 la legittimita' della misura e' motivata
con il fatto che non era stata dedotta ne' dimostrata una
insufficienza dei mezzi finanziari di cui la regione potesse disporre
per l'adempimento dei propri compiti.
La situazione attuale e' diversa da quella a base delle
richiamate pronunce per diversi motivi.
1.a) Prima di tutto e' noto che per l'attuazione dell'art. 119
Cost. e' stata emanata la legge 5 maggio 2009 n. 42 (legge delega sul
c.d. federalismo fiscale).
L'art. 7, della citata legge n. 42 del 2009, definisce i vari
tipi di «tributi delle regioni», ricomprendendo:
1) i «tributi propri derivati», cioe' istituiti e regolati da
leggi statali, il cui gettito e' attribuito alle regioni;
2) le addizionali sulle basi imponibili dei tributi erariali;
3) i «tributi propri» istituiti dalle regioni con proprie leggi,
in relazione ai presupposti non gia' assoggettati ad imposizione
erariale.
Per le prime due categorie, le leggi regionali possono modificare
le aliquote e disporre esenzioni, detrazioni e deduzioni nei limiti e
secondo criteri fissati dalla legislazione statale e nel rispetto
della normativa comunitaria; analogamente per le addizionali possono
essere introdotte variazioni percentuali delle aliquote e detrazioni
nei limiti posti dalla legge statale; sui tributi propri vi e'
autonomia regionale.
I principi e criteri direttivi di cui alla legge delega n.
42/2009 sono stati attuati, per quanto qui interessa, dal decreto
legislativo n. 68 del 2011, che, all'art. 8, in materia di «Ulteriori
tributi regionali», prevede che:
«Ferma restando la facolta' per le regioni di sopprimerli, a
decorrere dal 1° gennaio 2013, sono trasformati in tributi propri
regionali la tassa per l'abilitazione all'esercizio professionale,
l'imposta regionale sulle concessioni statali dei beni del demanio
marittimo, l'imposta regionale sulle concessioni statali per
l'occupazione e l'uso dei beni del patrimonio indisponibile, la tassa
per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche regionali, le tasse
sulle concessioni regionali, l'imposta sulle emissioni sonore degli
aeromobili» (1)
Al successivo comma 2 del medesimo articolo, si prevede che:
«Fermi restando i limiti massimi di manovrabilita' previsti dalla
legislazione statale, le regioni disciplinano la tassa
automobilistica regionale».
Il comma 3 stabilisce poi che sono riservati alle regioni a
statuto ordinario gli altri tributi ad esse riconosciuti dalla
legislazione vigente, che costituiscono tributi propri derivati
(comma 3).
Inoltre, spettano alle regioni a statuto ordinario le altre
compartecipazioni al gettito di tributi erariali, secondo quanto
previsto dalla legislazione vigente (comma 5).
Il richiamato art. 8 presuppone, pertanto, una duplice
trasformazione di alcuni tributi statali: taluni di questi diventano
tributi propri regionali, di talche' ciascuna regione potrebbe
sopprimerli; altri, invece, quelli riconosciuti alle regioni dalla
legislazione vigente, vengono trasformati in tributi propri derivati,
senza includere la clausola che consente alle regioni di sopprimere i
tributi stessi.
In merito codesta ecc.ma Corte costituzionale nella sentenza n.
288 del 2012 ha rilevato: «L'art. 8 del decreto legislativo 6 maggio
2011, n. 68 (disposizioni in materia di entrata delle regioni a
statuto ordinario e delle province, nonche' di determinazione dei
costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario), che
costituisce attuazione della legge delega n. 42 del 2009, dopo aver
disposto, al comma 1, la trasformazione di un'ampia serie di tributi
statali in tributi propri regionali (a decorrere dal 1° gennaio
2013), al comma 2 precisa «fermi restando i limiti di massima
manovrabilita', previsti dalla legislazione statale, le regioni
disciplinano la tassa automobilistica regionale»; per poi aggiungere,
al comma 3, che alle regioni a statuto ordinario spettano gli altri
tributi ad esse riconosciuti dalla legislazione vigente alla data di
entrata in vigore del decreto stesso, aggiungendo che i predetti
tributi costituiscono tributi propri derivati».
La ricorrente non ignora che la disciplina della maggior parte
dei tributi regionali, in particolare i tributi propri derivati e le
addizionali, in quanto istituiti e regolati dalla legge statale, sono
stati ritenuti da numerose pronunce di codesta Corte costituzionale
rientranti nella materia «ordinamento tributario dello Stato» di
competenza legislativa esclusiva statale (art. 117, secondo comma,
Cost.), a nulla rilevando che il gettito sia attribuito alle regioni.
Cio', tuttavia, non elimina la denunciata illegittimita'.
In primo luogo, infatti, la norma impugnata si applica anche ai
tributi regionali di cui all'art. 8 del decreto legislativo n.
68/2011 ed e' certo che, oggi, spetti ai legislatori regionali la
competenza legislativa in relazione ai tributi propri c.d autonomi (o
in senso stretto) cioe' a quelle forme di prelievo istituite dalla
legge regionale o in relazione alle quali sono state, alla stessa,
ceduti tutti gli ambiti di disciplina da parte dello Stato,
originario titolare.
Tali tributi possono essere interamente disciplinati, e anche
soppressi, dalle regioni e sono assoggettati unicamente al rispetto
dei principi di coordinamento. Del resto, la Corte costituzionale,
gia' prima del c.d. federalismo fiscale, con la sentenza n. 102/2008
ha riconosciuto alle regioni una «potesta' legislativa esclusiva
nella materia tributaria non espressamente riservata alla
legislazione dello Stato e sempre che l'esercizio di tale facolta'
non si traduca in un dazio o in un ostacolo alla libera circolazione
delle persone e delle cose tra le Regioni (art. 117, quarto comma e
120, primo comma, Cost.».
Pertanto, con riferimento ai tributi propri in senso stretto,
come sopra identificati, la normativa nazionale impugnata nello
stabilire la sospensione del possibile aumento tributario, contrasta
con l'autonomia finanziaria riconosciuta dall'art. 119 Cost., come
attuato dal decreto legislativo n. 68/2011, volta a garantire il
reperimento delle risorse necessarie per il corretto svolgimento
delle funzioni costituzionalmente garantire dall'art. 117, terzo e
quarto comma Cost.
In secondo luogo, poi, la denunciata illegittimita' sussiste
anche con riferimento agli altri tributi regionali (tributi propri
derivati e addizionali) in quanto, in base all'art. 119, secondo
comma Cost., la compartecipazione al gettito dei tributi erariali e'
una forma essenziale per garantire per l'integrale finanziamento
delle funzioni stabilito dal medesimo art. 119 quarto comma Cost. ed
eliminando la (gia' marginale) possibilita' di aumento di detti
tributi si priva l'Amministrazione regionale di una fonte di entrata,
senza al contempo prevedere alcuna compensazione per le regioni
stesse.
Quindi l'attuazione del federalismo fiscale e' un elemento che
differenzia la situazione attuale rispetto a quella esistente quando
sono state pronunciate le richiamate sentenze costituzionali.
1.b) Un altro elemento di diversita' e' che all'epoca (2008/2009)
vigevano le regole del patto di stabilita' interno, per cui le
regioni avevano un tetto di spesa da dover rispettare; ora invece la
legge n. 243/2012 ha introdotto il pareggio contabile di bilancio,
cioe' l'equilibrio di bilancio che ricorre quando nella fase sia di
previsione che di rendiconto si registra: a) un saldo non negativo in
termini di competenza e di cassa, tra le entrate finali e le spese
finali; b) un saldo non negativo, in termini di competenza e di
cassa, tra le entrate correnti e le spese correnti, incluse le quote
di capitale delle rate di ammortamento dei prestiti.
La violazione del pareggio di bilancio comporta gravi
conseguenze, come il divieto di indebitamento per la spesa di
investimento, nonche' sanzioni per gli amministratori e funzionari;
con la norma impugnata, per effetto della sospensione della
possibilita' di aumentare i tributi e le addizionali attribuiti alle
regioni rispetto ai livelli di aliquote o tariffe applicabili per
l'anno 2015, la Regione ben puo' trovarsi esposta all'impossibilita'
di pareggiare il proprio bilancio. Ne' a questo puo' rispondersi che
il rischio potra' essere evitato con la riduzione delle spese,
perche' le misure di razionalizzazione e riduzione delle spese gia'
adottate dalla Toscana impediscono di poter incidere ulteriormente
sulle spese, salvo andare ad intaccare i servizi essenziali per i
cittadini.
1.c) A conferma di quanto esposto al precedente punto, si rileva
che, in aggiunta alla riduzione del fondo sanitario, la manovra
finanziaria approvata dallo Stato con la legge n. 232/2016 per il
2017 ha disposto un taglio alle risorse finanziarie spettanti alle
regioni a statuto ordinario per l'importo 2.691,8 milioni di euro,
sia in termini di saldo netto da finanziare che di indebitamento
netto. A livello di bilancio regionale della Toscana, tale misura
determina una riduzione delle risorse finanziarie e della conciata
capacita' di spesa di 210 milioni di curo, che riguarda la componente
extra sanitaria del bilancio.
Se si considera che - al netto del fondo sanitario (le cui
risorse sono vincolate per destinazione e sono commisurate alla
definizione dei livelli essenziali di assistenza) e delle risorse
relative al fondo nazionale trasporti (anch'esse vincolate al
co-finanziamento del trasporto pubblico locale su gomma e su ferro) -
i trasferimenti erariali spettanti alle regioni per il 2017 ammontano
a circa 1.755 milioni di euro, ne deriva che il taglio disposto dalla
legge di bilancio 2017 a carico delle regioni supera di oltre 900 mln
euro (2691-1755= 936) l'importo dei trasferimenti che lo Stato
assegna alle stesse regioni.
In sostanza si delinea un modello di finanza derivata invertito
in cui le regioni si trovano nella condizione di dover trasferire
quote di proprie risorse a favore del bilancio dello Stato.
Si tratta, oltre tutto, di misure non una tantum, ma di riduzioni
«a decorrere» e, quindi, aventi il carattere di tagli strutturali.
Le risorse regionali libere sono ormai appena sufficienti a
garantire la copertura finanziaria delle spese di funzionamento
(personale ed oneri finanziari a servizio del debito) e delle spese
rigide di carattere obbligatorio (trasporto pubblico locale su gomma
e su ferro, quote di cofinanziamento regionale alla programmazione
comunitaria, manutenzione ordinaria agli immobili di proprieta'
regionale, contributi di funzionamento agli enti e agenzie
regionali).
Viceversa le risorse di natura corrente destinabili al
finanziamento delle politiche attive si sono ridotte drasticamente
negli ultimi anni.
Il prospetto che segue da' evidenza della riduzione delle risorse
che ha caratterizzato le politiche di carattere discrezionale di
natura corrente nell'ultimo triennio 2015-2017 e cio' in ragione
delle manovre finanziarie dello Stato che, di anno in anno, si sono
stratificate riducendo progressivamente le risorse erariali a favore
delle regioni.
Parte di provvedimento in formato grafico
Le entrate proprie di natura corrente sono appena sufficienti ad
assicurare il finanziamento della spesa di funzionamento e della
spesa «rigida» non comprimibile derivante per lo piu' dal trasporto
pubblico locale. La quota delle risorse proprie destinabili al
finanziamento delle politiche discrezionali nell'ambito del sociale,
dell'istruzione, della formazione e del lavoro non consente di
garantire uno standard adeguato di servizi nei suddetti ambiti di
attivita'.
In tale contesto il riconoscimento della pur limitata autonomia
tributaria e, specificatamente, la possibilita' di aumentare i
tributi e le addizionali attribuiti alle regioni diventa una
condizione essenziale per consentire, almeno in parte, lo svolgimento
delle funzioni di competenza regionale.
1.d) Ulteriore elemento che diversifica profondamente la
situazione attuale da quella che ha portato a suo tempo
all'emanazione delle sentenze citate al punto 1.a), e' che la Regione
Toscana ha proceduto al riordino istituzionale delle funzioni
conseguente all'applicazione della legge Del Rio n. 56/2014,
subentrando nella titolarita' delle funzioni in precedenza assegnate
alle province (L.R. n. 22/2015 recante il riordino delle funzioni
provinciali e l'attuazione della legge 7 aprile 2014 n. 56). Lo
svolgimento di tali attivita' richiede risorse finanziarie aggiuntive
che non ha accompagnato la ridefinizione delle competenze tra i
livelli di Governo assegnatari delle suddette funzioni.
Sul punto la Corte costituzionale, con sentenza n. 205 del 2016,
ha stabilito che il comma 418 della legge n. 190/2014, che individua
il «taglio» delle risorse delle province e delle Citta' metropolitane
per gli anni 2015, 2016 e 2017 (rispettivamente uno, due e tre
miliardi di euro), deve essere interpretato nel senso che dette
risorse vanno riversate alle regioni e ai comuni destinatari delle
funzioni trasferite dalle province- citta' metropolitane per effetto
del riordino previsto dalla legge Delrio; nella sentenza e' affermato
(punto 6.2 del Considerato in diritto):
«Piu' precisamente, dunque, disponendo il comma 418 che le
risorse affluiscano «ad apposito capitolo di entrata del bilancio
dello Stato», si deve ritenere - e in questi termini la disposizione
va correttamente interpretata - che tale allocazione sia destinata,
per quel che riguarda le risorse degli enti di area vasta connesse al
riordino delle funzioni non fondamentali a una successiva
riassegnazione agli enti subentranti nell'esercizio delle stesse
funzioni non fondamentali (art. 1, comma 97, lettera b), della legge
n. 56 del 2014).
La previsione del versamento al bilancio statale di risorse
frutto della riduzione della spesa da parte degli enti di area vasta
va dunque inquadrata nel percorso della complessiva riforma in
itinere. E, cosi' intesa, essa si risolve in uno specifico passaggio
della vicenda straordinaria di trasferimento delle risorse da detti
enti ai nuovi soggetti ad essi subentranti nelle funzioni riallocate,
vicenda la cui gestione deve necessariamente essere affidata allo
Stato (sentenze n. 159 del 2016 e n. 50 del 2015).
I commi 418, 419 e 451, dunque, non violano l'art. 119, primo,
secondo e terzo comma, Cost. nei termini lamentati dalla ricorrente
perche' le disposizioni in essi contenute vanno intese nel senso che
il versamento delle risorse ad apposito capitolo del bilancio statale
(cosi' come l'eventuale recupero delle somme a valere sui tributi di
cui al comma 419) e' specificamente destinato al finanziamento delle
funzioni provinciali non fondamentali e che tale misura si inserisce
sistematicamente nel contesto del processo di riordino di tali
funzioni e del passaggio delle relative risorse agli enti
subentranti.».
Vi e' dunque un vincolo di destinazione delle risorse dallo Stato
tagliate alle province, nei confronti degli enti subentranti nella
titolarita' delle funzioni stesse (nel caso, della Regione Toscana).
Sebbene il problema sia stato posto a livello nazionale, la legge
di bilancio (ne' altri atti statali) non prevede alcun trasferimento
alla Regione Toscana delle risorse tagliate alle province che, in
Toscana, non esercitano piu' funzioni divenute di competenza
regionale. Tale cifra ammonta per la Regione ricorrente ad euro
75.870.908,52 per il 2015 e ad euro 98.988.043,96 per il 2016 (il
2017 non e' ancora quantificato), come si ricava dal seguente
prospetto, i cui dati ufficiali sono tratti dal sito del Ministero
dell'interno - Dipartimento della finanza locale
=====================================================================
| | | |Anno |
| Ente | Anno 2015 | Anno 2016 |2017 |
+====================+====================+===================+=====+
|Arezzo | 6.457.649,76| 6.385.856,39| |
+--------------------+--------------------+-------------------+-----+
|Firenze | 21.830.174,05| 9.039.740,42| |
+--------------------+--------------------+-------------------+-----+
|Grosseto | 7.211.853,23| 12.925.129,90| |
+--------------------+--------------------+-------------------+-----+
|Livorno | 7.043.883,31| 9.385.058,80| |
+--------------------+--------------------+-------------------+-----+
|Lucca | 7.790.412,91| 11.523.636,70| |
+--------------------+--------------------+-------------------+-----+
|Massa-Carrara | 2.691.725,95| 6.221.521,38| |
+--------------------+--------------------+-------------------+-----+
|Pisa | 3.623.447,62| 15.221.230,74| |
+--------------------+--------------------+-------------------+-----+
|Pistoia | 8.756.973,01| 11.123.433,34| |
+--------------------+--------------------+-------------------+-----+
|Prato | 6.939.390,52| 7.151.547,56| |
+--------------------+--------------------+-------------------+-----+
|Siena | 3.525.398,20| 10.010.888,73| |
+--------------------+--------------------+-------------------+-----+
|Totali | 75.870.908,56| 98.988.043,96| |
+--------------------+--------------------+-------------------+-----+
Tutti i motivi esposti rendono evidente che la Regione
Toscana si trova oggi in una grave insufficienza di mezzi finanziari
che mette a rischio reale il corretto esercizio delle funzioni di cui
all'art. 117, terzo e quarto comma Cost.
1.e) Ne' puo' obiettarsi che la misura in oggetto sarebbe
transitoria. Con la tecnica utilizzata dal legislatore, si proroga di
anno in anno il blocco imposto alla possibilita' di disporre aumenti
fiscali, in assenza di un quadro di riferimento certo e
programmabile. Il termine inizialmente posto puo' rendere la norma
accettabile anche se lesiva (infatti lo scorso anno la Regione
Toscana non ha impugnato l'analoga disposizione contenuta nella legge
n. 208/2015), ma tale limitazione temporale viene vanificata con la
tecnica delle proroghe. E' noto che la giurisprudenza della Corte
costituzionale, fin dalla sentenza n. 193/2012, ha chiarito che sono
illegittime, per violazione dell'art. 119 Cost. misure restrittive
dell'autonomia finanziaria ove non sia indicato un termine finale di
operativita' delle misure stesse: e' evidente che risulta del tutto
elusiva di questa giurisprudenza la tecnica normativa adottata dal
legislatore statale e consistente nel fissare un termine al blocco
dell'aumento fiscale estendendolo poi di anno in anno con successive
leggi; in tal modo si rende tamquam non esset quel limite temporale
che costituisce la condizione di legittimita' dell'intervento statale
di coordinamento della finanza pubblica.
Per i rilevati motivi, la disposizione impugnata, andando ad
eliminare una possibile fonte di entrata per la regione, lede
l'autonomia finanziaria stabilita dall'art. 119 Cost. e,
correlativamente, il corretto esercizio delle funzioni affidate ai
sensi dell'art. 117 terzo e quarto comma Cost.
(1) Rispettivamente disciplinate dall'art. 190 del regio decreto 31
agosto 1933, n. 1592, dall'art. 121 del decreto del Presidente
della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, dagli articoli 1, 5 e 6
del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con
modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, dall'art. 2
della legge 16 maggio 1970, n. 281, dagli articoli 5 e 3 della
legge 16 maggio 1970, n. 281, dagli articoli da 90 a 95 della
legge 21 novembre 2000, n. 342.
P.Q.M. Si conclude affinche' piaccia all'ecc.ma Corte costituzionale dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 42, lettera a) della legge 11 dicembre 2016, n. 232, per violazione degli articoli 117, terzo e quarto comma e 119 Cost. Si deposita la deliberazione della giunta regionale n. 75 del 6 febbraio 2017 di autorizzazione a stare in giudizio. Firenze - Roma, 17 febbraio 2017 Avv. Bora