N. 35 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 31 marzo 2017
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 31 marzo 2017 (del Presidente del Consiglio dei ministri) . Bilancio e contabilita' pubblica - Norme della Regione Campania - Bilancio di previsione finanziario per il triennio 2017-2019 - Ripiano del maggiore disavanzo - Disciplina. - Legge della Regione Campania 20 gennaio 2017, n. 4 (Bilancio di previsione finanziario per il triennio 2017-2019 della Regione Campania).(GU n.21 del 24-5-2017 )
Ricorso ex art. 127 della Costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici e' legalmente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n. 12. Contro la Regione Campania, in persona del presidente pro-tempore, per la declatoria della illegittimita' costituzionale della legge della Regione Campania n. 4 del 20 gennaio 2017, pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione Campania del 20 gennaio 2017, n. 7, recante «Bilancio di previsione finanziario per il triennio 2017-2019 della Regione Campania come da delibera del Consiglio dei ministri in data 21 marzo 2017. Fatto In data 20 gennaio 2017, e' stata pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione Campania n. 7/2017 la legge regionale n. 4 del 20 gennaio 2017, recante «Bilancio di previsione finanziario per il triennio 2017-2019 della Regione Campania». Il provvedimento in esame recepisce contabilmente le disposizioni del rendiconto 2013, approvato con legge regionale n. 31/2016, e dell'assestamento 2016, approvato con legge regionale n. 36/2016. Quest'ultima ha formato oggetto di ricorso ex art. 127 della Costituzione, attualmente pendente e contraddistinto al n. 12/2017, ed e' stata in tal sede censurata nella parte (art. 3) in cui la regione, a seguito di successive deliberazioni di riaccertamento straordinario dei residui, non consentite dal punto 9.3 dell'allegato 4/2 del decreto legislativo n. 118 del 2011, aveva determinato un maggiore disavanzo di € 485.547.401,64 e ne aveva disposto il ripiano con le modalita' previste dall'art. 3, comma 16, del decreto legislativo n. 118/2011 (in trenta quote annuali costanti) anziche' con le regole ordinarie in applicazione del disavanzo al bilancio, dettate dalla disciplina di cui all'art. 42, comma 12, del decreto legislativo n. 118/2011 (nel triennio del bilancio di previsione e in ogni caso entro la conclusione della legislatura). Ora, la legge di bilancio n. 4/2017 recepisce contabilmente quanto gia' illegittimamente disposto dal rendiconto 2013 e dall'assestamento 2016, prevedendo un disavanzo di amministrazione pari ad € 136.452.242,42 per l'anno 2017, € 138.036.312,39 per l'anno 2018 ed € 139.661.146,13 per l'anno 2019, che inficia anche gli allegati contabili di cui all'art. 3, quali il «Quadro generale riassuntivo della gestione finanziaria» e il «Prospetto degli equilibri di bilancio». Conseguentemente, la legge di bilancio nel suo complesso si pone in contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera e) della Costituzione, che riserva in via esclusiva alla potesta' legislativa dello Stato la materia dell'armonizzazione dei bilanci pubblici, per le stesse ragioni che inficiano - sotto il medesimo profilo - la gia' impugnata legge regionale della Regione Campania n. 36/2016. Pertanto, con il presente atto, si impugna la legge regionale della Regione Campania n. 4/2017, affinche' ne sia dichiarata la illegittimita' costituzionale, con conseguente annullamento, sulla base delle seguenti considerazioni in punto di Diritto 1. Come accennato in narrativa, la legge di assestamento al bilancio di previsione 2016-2018 della Regione Campania (legge regionale n. 36 del 7 dicembre 2016) ha tra l'altro introdotto, per quanto qui interessa, all'art. 3, delle variazioni alle previsioni di spese per l'esercizio finanziario 2016-2017-2018, con variazioni di competenza e di cassa al precedente stato di previsione, meglio illustrate nella tabella 4 annessa in allegato alla legge. In particolare, la richiamata norma prevede testualmente che: «1. Nello stato di previsione delle spese per l'esercizio finanziario 2016 sono introdotte le variazioni di competenza e cassa di cui alla annessa tabella n. 4, comprensive della quota annua del maggior disavanzo tecnico da riaccertamento straordinario dei residui accertato in sede di approvazione del rendiconto 2013, pari a € 32.369.826,78 e della quota ripiano disavanzo per la contabilizzazione del decreto-legge n. 35/2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 64/2013, come stabilito dall'art. 1, commi da 692 a 700, della legge n. 208/2015 pari ad € 64.654.869,92 e del relativo Fondo anticipazione di liquidita' per € 2.558.633.529,68; 2. Nello stato di previsione delle spese per l'esercizio finanziario 2017 sono introdotte le variazioni di competenza di cui alla annessa tabella n. 4, comprensive della quota annua del maggior disavanzo tecnico da riaccertamento straordinario dei residui accertato in sede di approvazione del rendiconto 2013, pari a € 16.184.913,39 e della quota ripiano disavanzo per la contabilizzazione del decreto-legge n. 35/2013 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 64/2013 come stabilito dall'art. 1, commi da 692 a 700, della legge n. 208/2015 pari ad € 66.199.255,28 e del relativo Fondo anticipazione di liquidita' per € 2.492.434.274,40; 3. Nello stato di previsione delle spese per l'esercizio finanziario 2018 sono introdotte le variazioni di competenza di cui alla annessa tabella n. 4, comprensive della quota annua del maggior disavanzo tecnico da riaccertamento straordinario dei residui accertato in sede di approvazione del rendiconto 2013, pari a € 16.184.913,39 e della quota ripiano disavanzo per la contabilizzazione del decreto-legge n. 35/2013 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 64/2013 come stabilito dall'art. 1, commi da 692 a 700, della legge n. 208/2015 pari ad € 67.783.325,25 e del relativo Fondo anticipazione di liquidita' per € 2.424.650.949,15». Cosi' disponendo, il legislatore regionale ha illegittimamente inciso nelle competenze statali, come si e' illustrato nel citato ricorso n. 12/2017 con argomentazioni che vengono con il presente atto riferite anche alla legge n. 4/2017. 2. Come accennato in premessa, la Regione Campania ha approvato, in data 14 novembre 2016, la legge regionale n. 31 (pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione Campania 14 novembre 2016, n. 75), rendiconto generale della Regione Campania per l'esercizio finanziario 2013. La legge contiene l'approvazione del rendiconto generale e del conto del bilancio della Regione Campania per l'esercizio finanziario 2013. 3. Alla luce degli elementi scaturenti da tali documenti e della conseguente rideterminazione ed aggiornamento delle risultanze di bilancio, con la legge n. 36/2016 il legislatore regionale ha poi proceduto al recepimento contabile delle risultanze stesse, con variazione in aumento della quota annua del disavanzo derivante dal riaccertamento straordinario dei residui da ripianare in trenta esercizi. La tabella 4 allegata alla legge n.36/2016 mostra appunto, alla penultima riga, la «Copertura disavanzo tecnico da riaccertamento straordinario dei residui», con variazioni, per gli anni 2016, 2017 e 2018, pari rispettivamente ad € 32.369.826,78; € 16.184.913,39; € 16.184.913,39. Successivamente, la legge regionale n. 4/2017, qui impugnata, ha previsto a sua volta un disavanzo di amministrazione pari ad € 136.452.242,42 per l'anno 2017, € 138.036.312,39 per l'anno 2018 ed € 139.661.146,13 per l'anno 2019 (si vedano, in particolare, gli allegati 6 e 7 - «Quadro generale riassuntivo della gestione finanziaria» e «Prospetto degli equilibri di bilancio», rispettivamente alle voci «Disavanzo di amministrazione» «Ripiano disavanzo presunto di amministrazione precedente») - scontando i medesimi vizi della legge regionale Campania n. 36/2016, vizi che si estendono agli allegati contabili di cui all'art. 3, quali - appunto - il «Quadro generale riassuntivo della gestione finanziaria» e il «Prospetto degli equilibri di bilancio». L'art. 2, comma 6, della legge regionale n. 4/2017 esplicita inoltre che «Per tutte le annualita' ricomprese nel bilancio di previsione 2017-2019 il totale generale della spesa e' comprensivo della quota di ripiano del maggior disavanzo generato per effetto del riaccertamento straordinario dei residui effettuato al fine di adeguarli al principio generale della competenza finanziaria previsto dal decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 ...». Trattasi, tuttavia, di artificio contabile che si pone in evidente contrasto con la normativa statale regolante la materia. 3. Va, invero, rammentato che, con il decreto legislativo n. 118/2011 (Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42), il legislatore statale ha posto principi contabili generali da applicarsi da parte delle regioni, delle province autonome e degli enti locali, ai fini dell'uniformita' dei documenti contabili, disciplinando, espressamente «ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione», «l'armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle regioni». Tale normativa e' stata appunto posta a soddisfare l'esigenza primaria contemplata dalla norma costituzionale richiamata (e qui violata), che rimette alla competenza statale esclusiva la materia della «armonizzazione dei bilanci pubblici». 4. Per quanto qui interessa, l'art. 42, del citato decreto legislativo n. 118/2011 (da qualificarsi quale norma interposta), nel disciplinare il risultato di amministrazione, prevede al comma 12 un preciso procedimento per l'imputazione in bilancio dell'eventuale maggior disavanzo che dovesse risultare rispetto alle previsioni dei precedenti documenti contabili, disponendo che «l'eventuale disavanzo di amministrazione accertato ai sensi del comma 1, a seguito dell'approvazione del rendiconto, al netto del debito autorizzato e non contratto di cui all'art. 40, comma 1, e' applicato al primo esercizio del bilancio di previsione dell'esercizio in corso di gestione. La mancata variazione di bilancio che, in corso di gestione, applica il disavanzo al bilancio e' equiparata a tutti gli effetti alla mancata approvazione del rendiconto di gestione. Il disavanzo di amministrazione puo' anche essere ripianato negli esercizi considerati nel bilancio di previsione, in ogni caso non oltre la durata della legislatura regionale, contestualmente all'adozione di una delibera consiliare avente ad oggetto il piano di rientro dal disavanzo nel quale siano individuati i provvedimenti necessari a ripristinare il pareggio. Il piano di rientro e' sottoposto al parere del collegio dei revisori. Ai fini del rientro, possono essere utilizzate le economie di spesa e tutte le entrate, ad eccezione di quelle provenienti dall'assunzione di prestiti e di quelle con specifico vincolo di destinazione, nonche' i proventi derivanti da alienazione di beni patrimoniali disponibili e da altre entrate in conto capitale con riferimento a squilibri di parte capitale». I successivi commi 13 e 14 prevedono, rispettivamente, che «la deliberazione di cui al comma 12 contiene l'impegno formale di evitare la formazione di ogni ulteriore potenziale disavanzo, ed e' allegata al bilancio di previsione e al rendiconto, costituendone parte integrante. Con periodicita' almeno semestrale, il presidente della giunta regionale trasmette al consiglio una relazione riguardante lo stato di attuazione del piano di rientro. A decorrere dal 2016, e' fatto salvo quanto previsto dall'art. 40, comma 2», e che «l'eventuale disavanzo di amministrazione presunto, accertato ai sensi del comma 2, e' applicato al bilancio di previsione dell'esercizio successivo secondo le modalita' previste al comma 12. A seguito dell'approvazione del rendiconto e dell'accertamento dell'importo definitivo del disavanzo di amministrazione dell'esercizio precedente, si provvede alle eventuali ulteriori iniziative necessarie ai sensi del comma 12». 5. Appare dunque evidente che il legislatore regionale campano - che gia' con la legge di assestamento di bilancio 2016-2018, aveva totalmente disatteso il procedimento previsto dalla norma statale di principio che regola il procedimento per l'imputazione in bilancio dell'eventuale maggior disavanzo - reitera adesso, nella legge n. 4/2017, il medesimo vizio. Invero, come risulta dalla lettura della complessa normativa statale, e' pur vero che il disavanzo di amministrazione puo' essere ripianato negli esercizi considerati nel bilancio di previsione (in ogni caso nei limiti costituiti dalla durata della legislazione regionale), in una con l'adozione di una delibera consiliare avente ad oggetto il piano di rientro del disavanzo nel quale siano individuati i provvedimenti necessari a conseguire il fondamentale obiettivo del pareggio di bilancio; tuttavia la Regione Campania non ha seguito il corretto procedimento sopra sommariamente richiamato, ed anzi si e' scontrata con il disposto di cui al decreto legislativo n. 118/2011 che, all'allegato 4/2, punto 9.3, vieta espressamente, «al fine di evitare comportamenti opportunistici», di «effettuare il riaccertamento straordinario dei residui attraverso successive deliberazioni», sicche' il riaccertamento straordinario di cui all'art. 3, comma 16, del decreto legislativo n. 118/2011, come gia' osservato, puo' essere eseguito solo una volta, dovendosi - a regime - seguire la procedura di cui all'art. 42, comma 12, decreto legislativo n. 118/2011 citato. Tale comportamento del legislatore regionale non solo incide sul canone, anche costituzionalmente previsto, dell'uniformita'/armonizzazione dei bilanci pubblici, ma - sotto un ben piu' rilevante profilo sostanziale - conduce ad una non corretta formazione del documento contabile, aggirando anche l'altro principio costituzionale costituito dal tendenziale pareggio tra entrate e spese (art. 81 della Costituzione). In tal senso si e' espressa la Corte dei conti - Sezione regionale di controllo per la Campania, proprio nella relazione allegata al giudizio di parificazione del rendiconto 2013 (cfr. n. 2, che precede): il legislatore regionale, osserva il giudice contabile, ricorrendo ad artifici contabili, finisce con l'utilizzare illegittimamente il riaccertamento straordinario quale «mezzo per eludere il principio costituzionale dell'equilibrio di bilancio» (1) 6. Da tutto quanto sin qui esposto, appare evidente il mancato rispetto dei principi di cui al decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, cio' che comporta la violazione della competenza esclusiva dello Stato in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici, in patente violazione dell'art. 117, comma 2, lettera e), della Costituzione. Per tali ragioni la legge regionale della Campania n. 4/2017 deve essere dichiarata incostituzionale. (1) Corte dei conti - Sezione regionale di controllo per la Campania - delibera n. 285/2016 dell'8 luglio 2016: «in conformita' alla ormai consolidata giurisprudenza di questa sezione, si rammenta che il riaccertamento straordinario non puo' costituire mezzo per eludere il principio costituzionale dell'equilibrio di bilancio, utilizzato per accedere al ripiano trentennale di disavanzi che non hanno causa nel mutamento delle regole di costruzione del bilancio (cfr. da ultimo SRC n. 53/2016/PRSP la precedente SRC Campania n. 250/2015/PRSP, oltre a 228/2015/PRSP, n. 217/2015/PRSP, n. 196/2015/PRSP, n. 162/2015/PRSP). La nuova contabilita' armonizzata, infatti, imponendo la "traduzione" del risultato di amministrazione al 31 dicembre 2013 in una nuova grandezza, ricomputata in base al principio della competenza finanziaria «potenziata» ed al principio prudenziale della svalutazione standard dei crediti (generante il FCDE), puo' generare un risultato di amministrazione nettamente peggiorativo. Cio' per due ragioni: la prima e' che la ridistribuzione temporale di debiti e crediti e la conseguente imputazione alle varie annualita' di bilancio puo' generare un "disavanzo tecnico" (che pure non equivale a violazione del principio del pareggio di bilancio in quanto, in ottica pluriennale, ciascun debito continua ad avere la sua copertura); la seconda riguarda il principio prudenziale della svalutazione standard dei crediti, in base al criterio della riscossione storica. Mentre nel previgente ordinamento il Fondo svalutazione crediti era affidato al prudente apprezzamento dell'ente, mediante una valutazione in concreto e partita per partita del bilancio, il nuovo istituto obbliga, pressoche' senza eccezioni, a costruire un fondo di svalutazione che assume a riferimento unico il criterio della riscossione storica (diversamente calcolata per la sede previsionale e la "competenza" annuale e per la sede consuntiva). Giova evidenziare che e' proprio il passaggio da un criterio di svalutazione concreto ad uno standard che rende costituzionalmente ragionevole il largo lasso temporale (trent'anni) per ripianare i disavanzi da armonizzazione (diversamente che per le situazioni di conclamato squilibrio attuale e latente a date precedenti il 1° gennaio 2015): infatti, il riequilibrio secondo le regole ordinarie avrebbe potuto portare ad un trattamento eccessivamente rigoroso rispetto allo scopo costituzionale del Legislatore che e' quello di garantire l'effettivo rispetto del pareggio di bilancio (art. 81 della Costituzione), laddove la svalutazione standard porta a ritenere come non riscuotibili crediti che in concreto potrebbero invece avere un "nomen bonum" (si pensi a crediti per cui sono stati effettuati regolari atti interruttivi concernenti aziende debitrici in bonis e con cui e' stato raggiunto un accordo transattivo regolarmente evaso alle scadenze stabilite o ad un consistente credito tributario verso una multinazionale altamente solvibile che si e' insediata improvvisamente in un territorio storicamente depresso e con una bassa riscossione volontaria e coattiva). Per tale ragione, e quindi in un'ottica costituzionalmente orientata, e' ammesso il ripiano trentennale conseguente all'attuazione dei nuovi principi contabili (art. 3, comma 16, decreto legislativo n. 118/2011). Diversamente la legge e i principi generali dell'ordinamento contabile, in primo luogo il principio costituzionale di equilibrio, non consentono che disavanzi effettivi e concreti che si basano su fatti giuridico-contabili antecedenti al 31 dicembre 2013, (data di conversione contabile del risultato di amministrazione per la Regione Campania), ed indipendenti dalla tecnica di contabilizzazione, siano ripianati con metodi diversi da quelli ordinariamente previsti a seconda della gravita' dello squilibrio entro tempi nettamente piu' ridotti, nel rispetto del principio della solidarieta' finanziaria tra generazioni (art. 2, della Costituzione), nonche' del principio di ragionevolezza e proporzionalita' (art. 3 della Costituzione). Per tale ragione, la giurisprudenza di questa Corte ha puntualmente sottratto alla regola del ripiano trentennale i disavanzi che hanno ragione in fatti indipendenti dal mutamento di regime contabile».
P.Q.M. Si chiede che codesta Ecc.ma Corte costituzionale voglia dichiarare costituzionalmente illegittima, e conseguentemente annullare, per i motivi sopra specificati, la legge della Regione Campania n. 4 del 20 gennaio 2017, pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione Campania del 20 gennaio 2017, n. 7, come da delibera del Consiglio dei Ministri in data 21 marzo 2017. Roma, 21 marzo 2017 L'Avvocato dello Stato: Russo