N. 94 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 febbraio 2017
Ordinanza del 28 febbraio 2017 del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio sul ricorso proposto da Casini Donatella in proprio e n.q. di l.r.p.t. di Farmacie di Ferentino S.r.l. contro Comune di Ferentino. Partecipazioni pubbliche - Alienazione, con procedura di evidenza pubblica, di partecipazioni detenute da pubbliche amministrazioni locali in societa' controllate. - Legge 27 dicembre 2013, n. 147 ("Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilita' 2014)"), art. 1, comma 568-bis, inserito dall'art. 2, comma 1, lett. a-bis), del decreto-legge 6 marzo 2014, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 maggio 2014, n. 68.(GU n.27 del 5-7-2017 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO Sezione Seconda Bis Ha pronunciato la presente sentenza non definitiva sul ricorso numero di registro generale 2127 del 2015, integrato da motivi aggiunti, proposto da: Donatella Casini, in proprio e nella qualita' di l.r.p.t. di Farmacie di Ferentino S.r.l. rappresentata e difesa dagli avvocati Paolo Tesauro, Stefano Vinti, Giovanna De Santis e Filippo D'Angelo, con domicilio eletto presso lo studio dell'avv. Stefano Vinti in Roma, via Emilia n. 88; Contro Comune di Ferentino, in persona del sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Stefano Ciulli, con domicilio eletto presso lo studio legale Grez & Associati S.r.l. in Roma, corso Vittorio Emanuele II n. 18; Per l'annullamento della delibera del Consiglio comunale n. 44 del 19 dicembre 2014 avente ad oggetto: societa' partecipata «Farmacie di Ferentino S.r.l.» ripiano perdita di esercizio 2013 con ricostruzione del capitale minimo legale ed alienazione della quota del 51% di capitale di proprieta' comunale; Nonche', in seguito alla proposizione di motivi aggiunti: della delibera della Giunta comunale n. 119 del 3 novembre 2016; Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Ferentino; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 febbraio 2017 il dott. Antonio Andolfi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Visto l'art. 36, comma 2, Cod. proc. amm.; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. Fatto Con ricorso notificato al Comune di Ferentino il 3 febbraio 2015, la ricorrente impugna la deliberazione del consiglio comunale numero 44 del 19 dicembre 2014, affissa all'albo pretorio comunale il 20 dicembre 2014, avente ad oggetto la societa' partecipata «Farmacie di Ferentino» societa' a responsabilita' limitata. Con il provvedimento impugnato, il comune resistente ha individuato, quale modello di gestione ottimale delle farmacie comunali, l'affidamento in concessione, ai sensi dell'art. 30 del decreto legislativo numero 163 del 2006. Di conseguenza ha stabilito la cessione della partecipazione detenuta dall'amministrazione comunale nell'ambito della societa' «Farmacie di Ferentino», mediante una procedura ad evidenza pubblica a doppio oggetto, per l'individuazione del soggetto privato cui trasferire la titolarita' della quota di partecipazione, pari al 51%, attualmente detenuta nella societa' mista, con il contestuale affidamento in concessione della farmacia comunale per la durata di 5 anni, tacitamente rinnovabili per altri 5. Espone la ricorrente che il Comune di Ferentino, con delibera consiliare del 5 agosto 2004, aveva approvato la costituzione di una societa' partecipata per la gestione del servizio farmaceutico, stabilendo la cessione di una quota di essa a un farmacista gia' impiegato presso la farmacia comunale. La delibera era stata adottata in applicazione dell'art. 9 della legge numero 475 del 1968, come modificato dall'art. 10 della legge numero 362 del 1991, che consente la gestione delle farmacie comunali a mezzo di societa' di capitali costituite tra il Comune e i farmacisti che, al momento della costituzione della societa', prestino servizio presso tali farmacie. All'atto della costituzione della societa', cessa il rapporto di lavoro dipendente tra il Comune e gli anzidetti farmacisti. Quindi, in attuazione della suddetta delibera, il comune aveva costituito una societa' a responsabilita' limitata, conferendo a capitale attivita' e beni e aveva ceduto, il 4 marzo 2005, il 49% del capitale sociale alla dottoressa Donatella Casini, attuale ricorrente, nella qualita' di farmacista dipendente. La societa' risultava, di conseguenza, partecipata per il 51% dal Comune di Ferentino e per il 49% dalla dottoressa Casini che, conformemente alle previsioni di legge, rinunciava al rapporto di lavoro dipendente con l'amministrazione comunale versando una somma pari a circa EUR 700.000 per l'acquisizione della partecipazione sociale. Le gravi difficolta' economiche in cui era incorsa la gestione della farmacia, prossima allo stato di insolvenza, inducevano la dottoressa Casini a rinunciare a una parte del proprio credito, dell'importo di € 306.425, al fine di azzerare la perdita finanziaria, senza modificare le quote di partecipazione sociale. L'amministrazione comunale, ignorando la proposta dell'interessata, con la deliberazione consiliare impugnata decideva, invece, di dismettere la propria partecipazione societaria, ai sensi dell'art. 1, comma 568-bis, B, della legge numero 147 del 2013. Con il primo motivo di impugnazione, la ricorrente deduce violazione dell'art. 9, comma 1, della legge numero 475 del 1968 e dell'art. 1, commi 568-bis e 568-ter della legge numero 147 del 2013, oltre che violazione del principio di tutela del legittimo affidamento per eccesso di potere per illogicita', errore sui presupposti, difetto di istruttoria e di motivazione, sviamento dal fine. Ad avviso della ricorrente, l'art. 9, comma 1, della legge numero 475 del 1968 consentirebbe la gestione delle farmacie comunali esclusivamente nelle seguenti modalita', da intendersi tassative: in economia; a mezzo di azienda speciale; a mezzo di consorzi tra comuni; a mezzo di societa' di capitali costituite tra il Comune e i farmacisti che, al momento della costituzione della societa', prestino servizio presso farmacie di cui il Comune abbia la titolarita'. Il modello della concessione a terzi, previo espletamento di una gara pubblica, non sarebbe riconducibile a nessuna di tali legittime modalita' di esercizio. La giurisprudenza confermerebbe la tesi della illegittimita' della separazione tra titolarita' della gestione delle farmacie comunali e esercizio delle stesse in concessione; al riguardo la ricorrente richiama la sentenza del TAR Piemonte numero 767 del 2013. Inoltre, il Comune non avrebbe motivato le ragioni dell'abbandono del modello gestionale legittimamente seguito, neppure motivando la mancata considerazione della proposta formulata dalla interessata di finanziare la perdita in cui versa la gestione della farmacia comunale mediante il conferimento di una somma di denaro pari a € 306.425. Con il 2° motivo, la ricorrente deduce violazione, sotto diverso profilo, dell'art. 9, comma 1, della legge numero 475 del 1968 e dell'art. 1, commi 568-bis e 568-ter della legge numero 147 del 2013; violazione degli articoli 35 e 41 della Costituzione e violazione del principio di tutela del legittimo affidamento oltre che eccesso di potere sotto svariati profili. L'indizione di una gara a doppio oggetto per l'alienazione della quota societaria e la contestuale concessione del servizio farmaceutico comunale alla societa' Farmacie di Ferentino per la durata di 5 anni sarebbe illegittima, per sottrazione al socio privato del diritto di gestire il servizio farmaceutico comunale in conformita' allo statuto della societa'. L'autorizzazione all'apertura di una farmacia non dovrebbe prevedere alcun limite temporale all'esercizio della relativa attivita' ed infatti lo statuto della societa' a responsabilita' limitata «Farmacie di Ferentino», regolato dalle norme del Codice civile, prevede che la durata della societa' sia fissata fino al 31 dicembre 2104. Di conseguenza, l'art. 1, comma 568-bis della legge numero 147 del 2013, che prevede l'assegnazione del servizio in concessione per la durata di 5 anni, sarebbe inapplicabile alle societa' miste costituite per la gestione del servizio farmaceutico. La norma sarebbe stata dettata per fattispecie del tutto diverse, in relazione a servizi destinati ad essere svolti in un arco temporale limitato. Ad avviso della ricorrente, il Comune, qualora avesse voluto dismettere la partecipazione detenuta nella societa', avrebbe dovuto indire una gara al solo fine dell'alienazione definitiva della propria quota, consentendo al socio di minoranza di esercitare il diritto di prelazione e continuare, a tempo indeterminato, la gestione della farmacia. Il fatto che la ricorrente sia divenuta socia dell'impresa che gestisce la farmacia comunale rinunciando al proprio rapporto di lavoro dipendente e mediante il conferimento di una somma di circa EUR 700.000 dimostrerebbe che la delibera comunale impugnata e' in contrasto con i principi costituzionali di tutela del lavoro, del risparmio, degli investimenti e della libera iniziativa economica oltre che della proprieta' privata. Risulterebbe evidente, infatti, la gravissima perdita economica derivante alla interessata dalla deliberata concessione della gestione del servizio farmaceutico per un periodo limitato a soli 5 anni, sproporzionato rispetto al valore della partecipazione a carico del socio privato. Il Comune di Ferentino si costituisce in giudizio per resistere al ricorso ed eccepisce la grave situazione di crisi finanziaria, con continue perdite di esercizio, registrata nei bilanci societari dal 2009 al 2013; pertanto, con la delibera impugnata numero 44 del 19 dicembre 2014, si decideva di dare applicazione all'art. 1, comma 568-bis, della legge 27 dicembre 2013 numero 147; in particolare, veniva disposta l'alienazione della quota di partecipazione detenuta dall'ente territoriale nella societa' previa approvazione della copertura della perdita relativa al bilancio d'esercizio 2013 della societa' a responsabilita' limitata «Farmacie di Ferentino», pari ad € 306.425, mediante azzeramento del capitale sociale e attraverso il versamento di € 306.425 da suddividere in quota parte tra i soci; veniva approvata, altresi', la ricostituzione del capitale sociale minimo dell'importo di € 10.000, veniva riconosciuta la legittimita' del debito fuori bilancio connesso all'azione di copertura della perdita della societa' e veniva individuato, quale modello di gestione ottimale delle farmacie comunali, l'affidamento in concessione del servizio, ai sensi dell'art. 30 del decreto legislativo numero 163 del 2006, a favore della societa' a responsabilita' limitata «Farmacie di Ferentino», con la cessione della partecipazione detenuta dal Comune a soggetti privati; la durata della concessione, conformemente a quanto stabilito dalla legge, e' prevista per 5 anni, tacitamente rinnovabili per ulteriori 5, salvo l'accertamento da parte dell'ente di contrarie ragioni di pubblica utilita'; al socio privato, in riferimento alla dismissione da parte del Comune della propria quota di partecipazione, e' riconosciuto il diritto di prelazione, come stabilito dalla legge nonche' dall'art. 9 dello statuto societario, diritto che consiste nella facolta' di acquisire la partecipazione dell'ente alle medesime condizioni offerte da colui che sara' risultato il miglior offerente nell'ambito della procedura ad evidenza pubblica a doppio oggetto. Le differenti previsioni sull'esercizio del diritto di prelazione da parte del socio privato, contenute nell'art. 9 dello statuto societario, venivano dichiarate inapplicabili in quanto incompatibili con i principi dell'evidenza pubblica. Successivamente, il Comune curava la redazione di una perizia di stima asseverata per determinare il valore della quota di partecipazione da esso detenuta al fine dell'indizione della gara a doppio oggetto. Emergeva un valore negativo di patrimonio societario netto rettificato pari ad € -936.514, per cui il Comune valutava in euro 10.000 il valore della quota di partecipazione societaria da dismettere, determinando in € 75.500 il canone annuo di concessione. Il Comune acquisiva anche il parere favorevole alla procedura di alienazione espresso dalla Sezione regionale di controllo della Corte dei conti. Pertanto, con deliberazione della giunta comunale numero 119 del 3 novembre 2016, veniva deliberato di procedere alla alienazione della quota di partecipazione detenuta dal Comune nella societa' «Farmacie di Ferentino», pari al 51% del capitale con contestuale concessione del servizio delle farmacie comunali alla medesima societa' per la durata di 5 anni, tacitamente rinnovabile per ulteriori 5 anni, incaricando il dirigente dell'area comunale economico finanziaria del compimento di tutti gli adempimenti necessari. Il Comune, quindi, eccepisce l'infondatezza di tutte le censure mosse al provvedimento impugnato che sarebbe conforme alle previsioni di legge e adottato in esito a una approfondita istruttoria, nel legittimo esercizio della discrezionalita' amministrativa. Anche il Comune richiama giurisprudenza amministrativa a conforto della tesi difensiva (Consiglio di Stato, sentenza numero 5587 del 2014). La deliberazione numero 119 del 2016 e' impugnata con ricorso per motivi aggiunti dalla ricorrente, per illegittimita' derivata dagli stessi vizi che invaliderebbero la precedente deliberazione numero 44 del 2014, impugnata con il ricorso introduttivo. Il Comune di Ferentino si costituisce anche in relazione ai motivi aggiunti, richiamando l'orientamento giurisprudenziale, gia' espresso dal Consiglio di Stato con sentenza numero 5587 del 2014 e condiviso dall'Autorita' di vigilanza sui contratti pubblici con la deliberazione numero 15 del 23 aprile 2014 per il quale l'affidamento in concessione a terzi della gestione delle farmacie comunali attraverso procedure di evidenza pubblica costituirebbe la modalita' ordinaria per la scelta di un soggetto diverso dalla stessa amministrazione che intenda svolgere il servizio pubblico. La legittimita' della procedura sarebbe confermata anche alla luce della recente entrata in vigore del testo unico in materia di societa' a partecipazione pubblica, di cui al decreto legislativo 19 agosto 2016, numero 175 che, all'art. 20, comma 6, conferma la disposizione sulla dismissione delle partecipazioni societarie. All'udienza pubblica del 15 febbraio 2017 il ricorso e' trattato e posto in decisione. Diritto Con il provvedimento impugnato, il Comune resistente ha individuato, quale modello di gestione ottimale delle farmacie comunali, l'affidamento in concessione, ai sensi dell'art. 30 del decreto legislativo numero 163 del 2006, stabilendo, di conseguenza, la cessione della partecipazione detenuta dall'amministrazione comunale nell'ambito della societa' «Farmacie di Ferentino», attuale gestore della farmacia comunale. Detta societa' era stata costituita ai sensi dell'art. 9 della legge numero 475 del 1968, come modificato dall'art. 10 della legge numero 362 del 1991, che consente la gestione delle farmacie comunali a mezzo di societa' di capitali costituite tra il Comune e i farmacisti che, al momento della costituzione della societa', prestino servizio presso tali farmacie, i quali, all'atto della costituzione della societa', cessano dal rapporto di lavoro dipendente con il Comune. In applicazione di tale norma era stata, quindi, costituita una societa' a responsabilita' limitata, conferendo al capitale della stessa attivita' e beni, con cessione del 49% del capitale sociale alla dottoressa Donatella Casini, attuale ricorrente, nella qualita' di farmacista dipendente, con contestuale cessazione dal rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato quale farmacista. La societa' risultava, di conseguenza, partecipata per il 51% dal Comune di Ferentino e per il 49% dalla dottoressa Casini la quale, oltre a rinunciare, conformemente alle previsioni di legge, al rapporto di lavoro, versava una somma pari a circa € 700.000 per l'acquisizione della partecipazione sociale. In ragione delle difficolta' economiche caratterizzanti la gestione della farmacia, il Comune di Ferentino ha, dunque, con la gravata delibera, deciso di avviare una procedura ad evidenza pubblica a doppio oggetto, per l'individuazione del soggetto privato cui trasferire la titolarita' della quota di partecipazione, pari al 51%, attualmente detenuta nella societa' mista, con il contestuale affidamento in concessione della farmacia comunale per la durata di 5 anni, tacitamente rinnovabili per altri 5. L'art. 30 del codice dei contratti pubblici, oramai abrogato, disciplinava la concessione di servizi pubblici, oggi regolata dal decreto legislativo n. 50 del 2016. La particolare modalita' di passaggio dalla gestione diretta della farmacia, mediante societa' mista pubblico-privata, alla concessione di servizio pubblico con contestuale privatizzazione della societa' mista, e' prevista dalla legge n. 147 del 2013, all'art. 1, comma 568-bis, comma inserito dall'art. 2, comma 1, lett. a-bis), del decreto-legge 6 marzo 2014, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 maggio 2014, n. 68 e in vigore dal 20 giugno 2015. La legge cosi' dispone, al comma 568-bis: «Le pubbliche amministrazioni locali indicate nell'elenco di cui all'art. 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e successive modificazioni, e le societa' da esse controllate direttamente o indirettamente possono procedere: a) allo scioglimento della societa', consorzio o azienda speciale controllata direttamente o indirettamente; b) all'alienazione, a condizione che questa avvenga con procedura a evidenza pubblica deliberata non oltre dodici mesi ovvero sia in corso alla data di entrata in vigore della presente disposizione, delle partecipazioni detenute alla data di entrata in vigore della presente disposizione e alla contestuale assegnazione del servizio per cinque anni a decorrere dal 1° gennaio 2014. In caso di societa' mista, al socio privato detentore di una quota di almeno il 30 per cento alla data di entrata in vigore della presente disposizione deve essere riconosciuto il diritto di prelazione. Ai fini delle imposte sui redditi e dell'imposta regionale sulle attivita' produttive, le plusvalenze non concorrono alla formazione del reddito e del valore della produzione netta e le minusvalenze sono deducibili nell'esercizio in cui sono realizzate e nei quattro successivi.» Con il primo motivo, la ricorrente deduce la inapplicabilita' del modello della concessione a terzi, ai sensi dell'art. 30 del decreto legislativo n. 163 del 2006, per la gestione del servizio farmaceutico comunale. Ad avviso della ricorrente, la legge numero 475 del 1968, all'art. 9, comma 1, consentirebbe la gestione delle farmacie comunali esclusivamente nelle modalita', da intendersi tassative, ivi indicate, e cioe' in economia, a mezzo di azienda speciale, mediante consorzi tra Comuni oppure con la costituzione di societa' di capitali miste tra il Comune e i farmacisti gia' in servizio presso le farmacie di cui il Comune abbia la titolarita', non potendo, asseritamente, procedersi alla separazione tra la titolarita' e la gestione del servizio farmaceutico comunale, obiettivo invece espressamente perseguito con la gravata delibera. Il motivo e' infondato. L'indirizzo giurisprudenziale richiamato dalla ricorrente a sostegno della sua tesi, espresso dal TAR Piemonte con sentenza numero 767 del 2013, e' stato superato dal prevalente orientamento della giurisprudenza che ha ritenuto non tassative le modalita' di gestione delle farmacie comunali indicate dall'art. 9 della legge numero 475 del 1968. Il Consiglio di Stato, in particolare, con la sentenza numero 5587 del 2014, ha ritenuto che non possa oramai piu' essere escluso l'affidamento in concessione a terzi della gestione delle farmacie comunali, attraverso procedure di evidenza pubblica. A tale conclusione si e' giunti in esito all'esame della generale estensione del modello delle societa' partecipate nel settore dei servizi pubblici locali e in base alla considerazione che i comuni possono non solo decidere di non svolgere la funzione di farmacista, ma anche optare per lo svolgimento di una modalita' di gestione diversa rispetto a quelle originariamente previste dall'art. 9 della legge 475 del 1968. Tali modalita' diverse si caratterizzano, appunto, per la scissione tra la titolarita' della farmacia e la sua gestione per cui, qualora un Comune ritenga di non dover utilizzare per la gestione di una farmacia comunale i sistemi di gestione diretta disciplinati all'art. 9 della legge numero 475 del 1968, puo' utilizzare certamente modalita' diverse di gestione anche non dirette, purche' l'esercizio della farmacia avvenga nel rispetto delle regole e dei vincoli imposti a tutela dell'interesse pubblico. Condivisibilmente, dunque, la giurisprudenza prevalente ritiene che l'affidamento in concessione a terzi, attraverso gare ad evidenza pubblica, costituisca la modalita' ordinaria per la scelta di un soggetto diverso dalla stessa amministrazione che intenda svolgere un servizio pubblico. L'affidamento in concessione a terzi del servizio farmaceutico e' stato ritenuto, inoltre, coerente con i principi comunitari per cui, quando un soggetto pubblico non provvede in proprio alla gestione di un servizio pubblico, e' tenuto comunque a rispettare le disposizioni e i principi contenuti nel Trattato dell'Unione europea e in particolare i principi di non discriminazione, di parita' di trattamento e di trasparenza, con il conseguente obbligo di attuare procedure concorsuali che assicurino, nel caso di ricorso al mercato, affidamenti nel rispetto del canone di imparzialita'. Tale orientamento risulta oramai consolidato, essendo stato confermato dalla piu' recente giurisprudenza anche di primo grado (TAR Veneto, sezione I, 20 marzo 2014, n. 358; Tar Piemonte, sezione II, 29 gennaio 2016, numero 134; TAR Brescia, sezione II, 1° marzo 2016, numero 309) e a esso il Collegio ritiene giusto allinearsi. Nella fattispecie, inoltre, la scelta del Comune di procedere alla dismissione della propria partecipazione nella societa' farmaceutica e alla contestuale concessione del servizio risulta ampiamente motivata, con riferimento alla gestione in perdita della farmacia comunale, oltre che adottata in esito a un'ampia e approfondita istruttoria condotta mediante l'acquisizione di pareri redatti da esperti e societa' specializzate nel settore. Con il 2° motivo, la ricorrente deduce la illegittimita' del provvedimento impugnato per violazione del principio di tutela del legittimo affidamento e dei principi costituzionali applicabili alla fattispecie. Ad avviso della ricorrente, la gara a doppio oggetto per l'alienazione della quota societaria e la contestuale concessione del servizio farmaceutico, con diritto di prelazione a favore del socio privato, sarebbe in contrasto con i principi costituzionali di tutela del lavoro, del risparmio, degli investimenti e della libera iniziativa economica, cagionando un gravissimo danno patrimoniale alla ricorrente che, avendo costituito la societa' mediante il conferimento di un capitale pari a circa € 700.000 nella prospettiva di poter gestire il servizio a tempo indeterminato, e comunque per la durata della societa' fissata fino al 2104, vedrebbe il suo investimento pregiudicato dalla durata estremamente limitata della concessione, fissata in soli 5 anni, eventualmente prorogabili per altri 5. A giudizio del Collegio, la questione di legittimita' costituzionale della norma applicabile alla fattispecie e' rilevante e non manifestamente infondata. La rilevanza della questione discende dalla necessita', per risolvere la controversia, di interpretare l'art. 1, comma 568-bis, della legge numero 147 del 2013 che consente all'amministrazione comunale la dismissione della quota societaria mediante procedura ad evidenza pubblica con la contestuale concessione del servizio, per un tempo limitato, alla societa' destinata ad essere completamente privatizzata. Il provvedimento impugnato e' strettamente conforme alla disposizione legislativa richiamata, che consente il ricorso a tale modello di affidamento del servizio, per cui il giudizio su di esso dipende necessariamente dalla valutazione di legittimita' costituzionale della norma recata dalla legge. Al riguardo, il Collegio dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 568-bis, della legge numero 147 del 2013, per contrasto con l'art. 41 della Costituzione che riconosce la liberta' dell'iniziativa economica privata e con l'art. 47 della Costituzione per cui la Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme. I dubbi di legittimita' costituzionale derivano dalle seguenti considerazioni. La norma applicata dall'Amministrazione e' indubbiamente ispirata alla condivisibile finalita' del perseguimento dell'interesse pubblico, con la massima intensita' possibile. Essa consente alle pubbliche amministrazioni di uscire dalle societa' controllate, ossia di liberarsi dalle partecipazioni non strategiche, cedendo le quote possedute mediante procedure ad evidenza pubblica negli intervalli temporali previsti dai commi 568-bis e 569 dell'art. 1 legge n. 147 del 2013. Sulla materia e' successivamente intervenuto l'art. 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge stabilita' 2015), che ha ribadito la perdurante operativita' delle norme che consentono l'eliminazione delle societa' e delle partecipazioni societarie non indispensabili al perseguimento delle finalita' istituzionali, anche mediante messa in liquidazione o cessione, al fine di assicurare il coordinamento della finanza pubblica, il contenimento della spesa, il buon andamento dell'azione amministrativa e la tutela della concorrenza e del mercato. Il problema che si pone all'interprete della norma e' se il Legislatore, nel prefigurare le suddette modalita' di perseguimento dell'interesse pubblico, non abbia irragionevolmente compromesso l'affidamento e l'interesse del privato che, prima dell'entrata in vigore della norma, abbia aderito al progetto di partenariato pubblico-privato per la gestione del servizio pubblico. Nella fattispecie, si tratta di una farmacista, gia' dipendente comunale, che ha rinunciato al rapporto di lavoro con la pubblica amministrazione e ha sostenuto un considerevole sacrificio economico per costituire la societa' mista con l'amministrazione comunale per la gestione del servizio farmaceutico. Piu' in generale, puo' trattarsi di qualsiasi socio privato che abbia aderito alla proposta di gestione mista pubblico-privata, avanzata dalla pubblica amministrazione in una prospettiva di ampio respiro e lungo periodo, tale da giustificare un importante investimento finanziario. La posizione del socio privato, che ha operato importanti scelte - quale quella, nel caso in esame, di rinunciare ad un rapporto di pubblico impiego e di versare una ingente somma di denaro, maturando un affidamento su un assetto di interessi destinato a valere per un lungo periodo - appare invero ingiustamente sacrificata dalla previsione legislativa che consente di porre nel nulla l'affidamento riposto dal socio privato nella durata del rapporto sociale. Una norma, quale il citato comma 568-bis, che pur riconoscendo al socio privato il diritto di prelazione sulla quota di partecipazione societaria dismessa dall'amministrazione pubblica e pur trasferendo alla societa' risultante dalla procedura di privatizzazione la gestione del servizio in modalita' concessoria, limita la durata della concessione a soli 5 anni, eventualmente prorogabili per altri 5 ricorrendone i presupposti di pubblico interesse, sembra incidere in modo irragionevole sul legittimo affidamento nella certezza dei rapporti e nella sicurezza giuridica che costituisce l'elemento fondamentale dello Stato di diritto e la cornice indispensabile entro la quale puo' essere esercitata l'iniziativa economica privata. Inoltre, non tenendo conto della consistenza del sacrificio economico sostenuto dal socio privato, la legge sembra venir meno anche alla finalita' di tutela del risparmio, in tutte le sue forme, imposta dalla Carta costituzionale, intervenendo d'autorita', in senso riduttivo, sul valore dell'investimento sostenuto dal privato confidando sulla affidabilita' del patto sociale sottoscritto con l'amministrazione comunale. Il principio di diritto costituzionale della cui lesione dubita il Collegio appare, d'altra parte, recepito dal recente Testo Unico in materia di societa' a partecipazione pubblica, decreto legislativo 19 agosto 2016, numero 175 che, all'art. 17, comma 3, nel disciplinare le societa' a partecipazione mista pubblico-privata, stabilisce che la durata della partecipazione privata nella societa' non possa essere superiore alla durata della concessione, cosi' riconoscendo, implicitamente, che al privato non puo' essere imposto un impegno nella societa' partecipata per un periodo piu' lungo di quello per il quale a tale societa' viene concesso l'esercizio di un servizio pubblico. La legge della cui costituzionalita' si dubita, invece, sembra ignorare tale fondamentale correlazione, intervenendo in senso restrittivo e riduttivo sul periodo di svolgimento del servizio, limitato a 5 anni, eventualmente prorogabile, senza tener conto del fatto che, in casi come quello oggetto della controversia, era stata stabilita una durata della societa' mista quasi secolare, inducendo, di conseguenza, il socio privato a commisurare il proprio impegno economico e lavorativo ad una prospettiva di lungo periodo inopinatamente venuta meno. Lo scrutinio di illegittimita' costituzionale della norma, secondo questo giudice remittente, deve essere dunque effettuato con riferimento ai richiamati articoli della Costituzione, sotto il profilo della possibilita' per il legislatore di introdurre - a fronte di una posizione del privato consolidatasi per effetto di una precisa norma primaria, che ha comportato anche a carico di tale soggetto un esborso non irrilevante di somme di denaro e la cessazione di un rapporto di impiego pubblico (ai sensi dell'art. 9 della legge n. 475 del 1968) - la possibilita' per l'Amministrazione di recedere dal rapporto di affidamento della gestione della farmacia comunale previamente attuato attraverso la costituzione di una societa' con un socio privato, pregiudicando la posizione di quest'ultimo attraverso la previsione di una concessione per la durata di soli cinque anni, prorogabili per una volta, riconoscendo al privato unicamente la possibilita' di esercitare il diritto di prelazione al prezzo del migliore offerente nella procedura ad evidenza pubblica a doppio oggetto, con conseguente necessita' di un ulteriore esborso economico a fronte di una ridotta durata della concessione. Il profilo di irragionevolezza della norma, laddove va ad incidere anche su societa' costituite ai sensi dell'art. 9 della legge n. 475 del 1968, va valutato anche in relazione alla possibilita' alternativa, non prevista dal Legislatore, di consentire - al fine di assicurare comunque il coordinamento della finanza pubblica, il contenimento della spesa, il buon andamento dell'azione amministrativa e la tutela della concorrenza e del mercato - la sola dismissione delle quote societarie comunali, senza incidere sul rapporto gia' in essere, operando una mera successione nella titolarita' di tali quote secondo procedure ad evidenza pubblica mantenendo inalterato il precedente assetto, in luogo della gara a doppio oggetto con previsione di una durata della concessione di soli cinque anni e il riconoscimento al socio privato unicamente della possibilita' di esercitare il diritto di prelazione, cosi da pregiudicarne la posizione di socio in una societa', precedentemente costituita ai sensi del citato art. 9 della legge n. 475 del 1968, svuotando di contenuto l'oggetto della societa' stessa, costituito dalla gestione della farmacia comunale, destinata in origine ad una durata maggiore tale da giustificare l'investimento economico del socio privato e la rinuncia dello stesso alla titolarita' di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Al riguardo, non ignora il Collegio che il principio di irretroattivita' della legge, sancito dall'art. 11 delle disposizioni preliminari al codice civile, ha ricevuto «copertura» dalla Costituzione solo con riferimento alle leggi penali. Tuttavia, la stessa giurisprudenza della Corte Costituzionale ha insegnato come la (pur possibile) retroattivita' (ovvero applicazione ex novo di una normativa sopravvenuta a situazioni preesistenti e diversamente regolate) incontri un limite nei principi di eguaglianza e di ragionevolezza, stigmatizzandosi norme di legge che incidono in modo irragionevole sul legittimo affidamento nella certezza dei rapporti giuridici, che costituisce elemento fondamentale dello Stato di diritto (Corte Cost., 11 giugno 2010 n. 209). Al riguardo, occorre ricordare come la Consulta (sentenza n. 124 del 2010) abbia statuito che un intervento legislativo diretto a regolare situazioni pregresse e' legittimo a condizione che vengano rispettati i canoni costituzionali di ragionevolezza e i principi generali di tutela del legittimo affidamento e di certezza delle situazioni giuridiche laddove vi sia una situazione giuridica consolidata in capo al richiedente, come avviene nella fattispecie in esame. A cio' occorre aggiungere, nel caso di specie, che l'incidenza sulla posizione del socio privato interviene sacrificando una posizione per il conseguimento della quale lo stesso ha esercitato una facolta' a titolo oneroso, senza che la nuova disciplina preveda una qualche norma transitoria o derogatoria per situazioni specifiche, quale quella in esame, o un qualche indennizzo per il sacrificio successivamente imposto attraverso il ricorso al modello della concessione ai sensi dell'art. 30 del decreto legislativo n. 163 del 2006 mediante gara a doppio oggetto. Deve, inoltre, considerarsi che la norma sospettata di illegittimita' costituzionale consente la modifica unilaterale - attraverso la dismissione delle quote societarie detenute dall'Amministrazione Comunale e l'affidamento in concessione del servizio farmaceutico alla societa' derivante dalla conseguente modifica soggettiva nella titolarita' delle quote - dell'oggetto sociale della societa' precedentemente costituita ai sensi dell'art. 9 della legge n. 475 del 1968 ponendo il socio privato in una posatone di mera soggezione rispetto a tale scelta, laddove sarebbe piu' rispondente ai principi di correttezza e di tutela dell'affidamento nell'assetto di interessi attuato in applicazione di una norma primaria consentire alle Amministrazioni comunali unicamente lo scioglimento della societa' controllata - facolta' prevista dalla lettera a) del comma 568-bis della legge n. 147 del 2013 - con ogni conseguenza ai fini della liquidazione delle quote a ciascuno spettanti, ovvero la mera alienazione delle quote con procedura ad evidenza pubblica lasciando inalterato il precedente assetto di interessi, cosi' attuando una mera successione nella titolarita' delle quote societarie in quanto compatibile con i principi eurocomunitari. Per tutte le ragioni esposte, questo Tribunale amministrativo regionale, accertata l'infondatezza del primo motivo di impugnazione, ritiene rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 568-bis, della legge numero 147 del 2013, per violazione degli articoli 41 e 47 della Costituzione. La rimessione degli atti alla Corte Costituzionale comporta la sospensione del processo in corso.
P. Q. M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Bis), non definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto: Rigetta il primo motivo del ricorso introduttivo. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 568-bis, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilita' 2014), comma inserito dall'art. 2, comma 1, lett. a-bis), del decreto-legge 6 marzo 2014, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 maggio 2014, n. 68 e in vigore dal 20 giugno 2015, per contrasto con gli articoli 41 e 47 della Costituzione. Dispone la sospensione del presente giudizio e ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Ordina che, a cura della segreteria della Sezione, la presente sentenza sia comunicata alle parti costituite, al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorita' amministrativa. Cosi' deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 febbraio 2017 con l'intervento dei magistrati: Elena Stanizzi, Presidente Antonella Mangia, Consigliere Antonio Andolfi, Primo Referendario, Estensore Il Presidente: Stanizzi L'estensore: Andolfi