N. 6 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 11 luglio 2017

Ricorso  per  conflitto  di  attribuzione  tra  enti  depositato   in
cancelleria l'11 luglio 2017 (della Regione autonoma Valle d'Aosta). 
 
Finanza pubblica - Decreto del Ministro dell'economia e delle finanze
  recante il riparto del contributo alla  finanza  pubblica  previsto
  dall'art. 16, comma 3, del decreto-legge n.  95  del  2012  tra  le
  Regioni a statuto speciale e  le  Province  autonome  di  Trento  e
  Bolzano - Determinazione dell'accantonamento, per  l'anno  2017,  a
  valere sulle quote di compartecipazione ai tributi  erariali  delle
  autonomie speciali. 
- Decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 9  maggio  2017,
  recante "Riparto del  contributo  alla  finanza  pubblica  previsto
  dall'articolo 16, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2012, n.  95,
  convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012,  n.  135,
  tra le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di  Trento
  e Bolzano. Determinazione dell'accantonamento per l'anno 2017". 
(GU n.33 del 16-8-2017 )
    Ricorso  per  conflitto  di  attribuzioni  nell'interesse   della
Regione autonoma Valle d'Aosta, con sede in Aosta, P.zza Deffeyes, n.
1, c.f. 80002270074, in persona del presidente pro tempore  Pierluigi
Marquis, rappresentato e difeso, in forza  di  procura  in  calce  al
presente atto ed in virtu' della deliberazione della giunta regionale
n. 914 del 3 luglio 2017, dal Prof.  Avv.  Francesco  Saverio  Marini
(CF.                      MRNFNC73D28H501U;                      pec:
francescosaveriomarini@ordineavvocatiroma.org; fax. 06.36001570),  ed
elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma, via di  Villa
Sacchetti, 9; ricorrente; 
    Contro il Governo della Repubblica, in persona del Presidente del
Consiglio dei ministri pro tempore con sede in Roma,  Palazzo  Chigi,
Piazza Colonna, 370, nonche'  contro  il  Ministero  dell'economia  e
delle finanze, in persona del Ministro pro tempore, con sede in Roma,
Via XX settembre, 97 (00187), rappresentati e difesi  dall'Avvocatura
generale dello Stato, con domicilio in Roma, Via dei Portoghesi,  12;
resistente. 
    Per   l'accertamento   dell'avvenuta    violazione    di    norme
costituzionali e statutarie attributive di competenze e garanzie alla
Regione ricorrente e per il conseguente annullamento del decreto  del
Ministero dell'economia e  delle  finanze  9  maggio  2017,  recante:
«Riparto del contributo alla finanza pubblica previsto dall'art.  16,
comma 3, del decreto-legge 6 luglio  2012,  n.  95,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, tra  le  regioni  a
statuto  speciale  e  le  Province  autonome  di  Trento  e  Bolzano.
Determinazione dell'accantonamento per l'anno 2017», pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 115 del 19 maggio 2017. 
 
                                Fatto 
 
    1. Con il decreto-legge  n.  95  del  2012  («Spending  review»),
convertito, con modificazioni,  nella  legge  n.  135  del  2012,  il
legislatore  ha  introdotto  disposizioni   urgenti   finalizzate   a
«razionalizzare la spesa pubblica attraverso la riduzione delle spese
per beni e servizi, garantendo al contempo l'invarianza  dei  servizi
ai  cittadini»,  con  l'obiettivo  di  stimolare  la  crescita  e  la
competitivita' del nostro Paese. 
    2. L'art. 16, comma 3, del citato decreto-legge dispone: «con  le
procedure previste dall'art. 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42,  le
Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e Bolzano
assicurano  un  concorso  alla   finanza   pubblica   per   l'importo
complessivo di 600 milioni di euro per l'anno 2012, 1.200 milioni  di
euro per l'anno 2013 e 1.500 milioni di euro per l'anno 2014 e  1.575
milioni di euro a decorrere dall'anno 2015. Fino all'emanazione delle
norme di attuazione  di  cui  al  predetto  art.  27,  l'importo  del
concorso complessivo di cui al primo periodo del  presente  comma  e'
annualmente accantonato, a valere sulle quote di compartecipazione ai
tributi erariali o, previo accordo tra  la  Regione  richiedente,  il
Ministero  per  la  coesione  territoriale  e  il   Ministero   delle
infrastrutture e dei trasporti, a valere sulle risorse destinate alla
programmazione regionale del Fondo per lo  sviluppo  e  la  coesione,
sulla base di apposito accordo  sancito  tra  le  medesime  autonomie
speciali in sede di Conferenza  permanente  per  i  rapporti  tra  lo
Stato, le regioni e le province autonome di Trento  e  di  Bolzano  e
recepito con decreto del  Ministero  dell'economia  e  delle  finanze
entro il 31 gennaio di ciascun anno. In caso di  mancato  accordo  in
sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni
e le province autonome di Trento e di  Bolzano,  l'accantonamento  e'
effettuato, con decreto del Ministero dell'economia e  delle  finanze
da emanare entro il 15 febbraio di ciascun anno, in proporzione  alle
spese sostenute per consumi intermedi desunte, per l'anno  2011,  dal
SIOPE. Fino all'emanazione delle norme di attuazione di cui al citato
articolo 27, gli obiettivi del  patto  di  stabilita'  interno  delle
predette autonomie speciali sono rideterminati  tenendo  conto  degli
importi incrementati di 500 milioni di  euro  annui  derivanti  dalle
predette procedure. In caso di utilizzo delle risorse del  Fondo  per
lo sviluppo e la coesione per le finalita' di cui al presente  comma,
la Regione interessata propone conseguentemente al CIPE per la  presa
d'atto, la  nuova  programmazione  nel  limite  delle  disponibilita'
residue, con priorita' al  finanziamento  di  interventi  finalizzati
alla  promozione  dello  sviluppo  in  materia   di   trasporti,   di
infrastrutture e di investimenti locali». 
    3. Avverso l'art. 16, comma 3, del decreto-legge n. 95 del  2012,
la Regione Valle d'Aosta ha a  suo  tempo  proposto  ricorso  in  via
principale, definito dalla Corte costituzionale con  sentenza  n.  77
del 2015. La pronuncia, da ascriversi alla categoria  delle  sentenze
interpretative di rigetto,  ha  ritenuto  non  fondate  le  questioni
prospettate, valorizzando,  quali  condizioni  essenziali  per  poter
ritenere non illegittima la norma, tre profili: i) la circostanza che
le somme accantonate, pur gravate da un vincolo di  indisponibilita',
permangono  comunque  nella  titolarita'  della   Regione;   ii)   la
temporaneita'   dell'accantonamento   e    del    connesso    vincolo
d'indisponibilita'; iii) il venir meno  dell'obbligo  di  contribuire
alla finanza pubblica ex art. 16, comma 3, del  decreto-legge  n.  95
del 2012, a far data dall'anno 2017, disposto dall'art. 1, comma 454,
della legge n. 228 del 2012. 
    Piu' in dettaglio, nella sentenza n. 77 del 2015 si  legge:  «per
mezzo dell'accantonamento previsto dalla norma impugnata [...]  poste
attive che permangono nella titolarita' della  regione,  cui  infatti
spettano in forza degli  statuti  e  della  normativa  di  attuazione
(sentenza  n.  23  del   2014),   sono   sottratte   a   un'immediata
disponibilita' per obbligare l'autonomia speciale  a  ridurre  di  un
importo corrispondente livello delle spese. Una volta chiarito che il
contributo imposto a tal fine alle ricorrenti e' legittimo,  si  deve
concludere  che   l'accantonamento   transitorio   delle   quote   di
compartecipazione,  in  attesa  che  sopraggiungano   le   norme   di
attuazione cui rinvia l'art. 27 della legge n.  42/2009,  costituisce
il mezzo procedurale con il quale  le  autonomie  speciali,  anziche'
essere private definitivamente di quanto loro compete, partecipano al
risanamento delle finanze pubbliche, impiegando a tal fine le risorse
che lo Stato trattiene. Le quote accantonate rimangono, in tal  modo,
nella titolarita' della Regione e sono  strumentali  all'assolvimento
di  un  compito  legittimamente  gravante  sul   sistema   regionale.
Naturalmente non e' questa una  situazione  che  si  possa  protrarre
senza limite, perche' altrimenti l'accantonamento si tramuterebbe  di
fatto in appropriazione. Ma, nell'attuale contesto emergenziale,  ove
e'  particolarmente  forte  l'esigenza  di  obbligare  le  Regioni  a
contenere la spesa, una simile tecnica non viola i parametri  dedotti
dalle ricorrenti, giacche' si risolve nell'omessa erogazione, in  via
transitoria, di somme che queste ultime non avrebbero potuto comunque
impiegare  per  incrementare  il  livello  della  spesa.  Va  inoltre
ribadito che, per effetto dell'art. 1, comma 454, della legge n.  228
del 2012, il contributo prescritto dall'art. 16, comma 3,  impugnato,
e con esso l'accantonamento, cessera' di essere dovuto, in ogni caso,
nel 2017». 
    4. Successivamente l'art. 1, comma 484, della legge  n.  232  del
2016 ha stabilito che alla Regione autonoma  Valle  d'Aosta  «non  si
applicano le disposizioni in materia di patto di  stabilita'  interno
di cui all'art. 1, commi 454 e  seguenti,  della  legge  24  dicembre
2012, n. 228», al quale viene sostituito, a decorrere dal 1°  gennaio
2017, il regime del pareggio  di  bilancio,  fondato  sull'equilibrio
complessivo tra entrate e spese. 
    Dal canto suo, la legge regionale valdostana n. 24  del  2016  ha
disposto che «in attuazione della sentenza della corte costituzionale
n. 77 del  13  maggio  2015,  l'importo  dell'accantonamento  per  il
concorso della Regione agli obiettivi complessivi di finanza pubblica
e'  determinato  in  euro  72.974.369  per  l'anno  2017  e  in  euro
94.200.130     a     decorrere     dall'anno     2018».     L'entita'
dell'accantonamento,  in  buona  sostanza,  viene   ora   determinata
detraendo dall'importo complessivo del  contributo  per  il  concorso
agli obiettivi complessivi di finanza pubblica le  somme  di  cui  al
citato art. 16, comma 3, del decreto-legge n. 95 del 2012,  non  piu'
applicabile all'odierna ricorrente. 
    5. Che le disposizioni in materia di patto di stabilita'  interno
non si applichino piu' alla  Regione  ricorrente  -  con  conseguente
venir meno dell'obbligo, per la Valle, di  contribuire  alla  finanza
pubblica ex art. 16, comma 3, del decreto-legge n. 95 del 2012, a far
data dall'anno 2017 - e', del resto, circostanza ben nota allo stesso
Ministero dell'economia e delle finanze. Nel decreto impugnato si da'
atto di cio' in piu' passaggi: tanto nelle premesse dell'atto, ove si
legge che alla Valle «non si applicano le disposizioni in materia  di
patto di stabilita' interno di cui all'art. 1, commi 454 e  seguenti,
della legge 24 dicembre 2012, n. 228»; quanto in nota  alla  «Tabella
1», recante l'individuazione  puntuale  degli  importi  del  concorso
finanziario, in cui viene precisato che per la Valle «non trova  piu'
applicazione la disciplina del patto di stabilita' interno»,  ragione
per cui «il contributo in termini di indebitamento netto e' riportato
al solo fine di rendere esaustivo il  quadro  del  concorso  previsto
dall'art. 16, comma 3, del decreto-legge n. 95 del 2012 tra tutte  le
Autonomie speciali». 
    6. Nonostante il quadro normativo  appena  descritto,  del  tutto
mutato rispetto al passato, con il decreto ministeriale  oggetto  del
presente giudizio, adottato in dichiarata  attuazione  dell'art.  16,
comma 3, del decreto-legge n. 95 del 2012, il Ministero dell'economia
e delle finanze - dopo aver dato conto della mancata emanazione delle
norme di attuazione di cui all'art. 27, della legge n. 42  del  2009,
nonche' del mancato raggiungimento dell'accordo in sede di Conferenza
permanente  in  ordine  all'importo  del  concorso  complessivo  alla
finanza pubblica da parte delle Regioni autonome  e  delle  Autonomie
speciali  -  ha  stabilito  di  procedere  alla  «determinazione  del
concorso  alla  finanza  pubblica  in  termini  di  saldo  netto   da
finanziare ed in termini di indebitamento netto per l'anno 2017 delle
Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento  e  di
Bolzano in attuazione dell'art. 16,  comma  3,  del  decreto-legge  6
luglio 2012, n. 95». 
    In particolare, ai sensi dell'art. 1  del  decreto,  «per  l'anno
2017, il concorso alla finanza pubblica in termini di saldo netto  da
finanziare  da  ciascuna  Regione  a  statuto  speciale  e  Provincia
autonoma, previsto dall'art. 16, comma 3, del decreto-legge 6  luglio
2012, n. 95, e' fissato negli importi di cui alla tabella 1,  facente
parte integrante del presente decreto. Tali importi sono  determinati
in proporzione alle spese sostenute per  consumi  intermedi  desunte,
per l'anno 2011, dal SIOPE». 
    Per l'odierna ricorrente, la tabella 1 quantifica  il  contributo
in termini di saldo netto finanziario in euro 144.326.970,22. 
    7. Tutto cio' premesso, con il presente ricorso la Valle d'Aosta,
come in  epigrafe  rappresentata  e  difesa,  promuove  conflitto  di
attribuzioni avverso il decreto ministeriale 9 maggio 2017, chiedendo
a codesta ecc.ma Corte di voler dichiarare che non spetta allo Stato,
e per esso al Ministero dell'economia e delle finanze, determinare il
riparto  del  contributo  finanziario  alla  manovra  e  il  relativo
accantonamento in violazione di  norme  costituzionali  e  statutarie
attributive di competenze e garanzie alla Regione  ricorrente,  e  di
voler  annullare,  per  l'effetto,  l'atto  gravato,  alla  luce  dei
seguenti motivi di 
 
                               Diritto 
 
I. Violazione degli articoli 2, comma primo,  lettera  a);  3,  comma
primo, lettera f); 4; 12; 48-bis e 50 della legge  costituzionale  26
febbraio 1948, n. 4, oltre che degli articoli 117, comma  terzo,  119
Cost. e 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, e  dalla
relativa normativa di attuazione statutaria  e,  segnatamente,  degli
articoli da 2 a 7 della legge 26 novembre 1981, n. 690, oltre che dei
principi di ragionevolezza  di  cui  all'art.  3  Cost.  e  di  leale
collaborazione di cui agli articoli 5 e 120 Cost. 
    1. Con il presente ricorso la Valle d'Aosta  impugna  il  decreto
del Ministero dell'economia e delle finanze 9  maggio  2017.  L'atto,
infatti, e' dotato di rilevanza esterna e immediatamente lesivo della
sfera  di  competenze  costituzionali  e  statutarie  della   Regione
ricorrente e, come tale, e' idoneo a produrre un conflitto attuale di
attribuzione fra Enti (cfr.,  tra  le  altre,  Corte  costituzionale,
sentenze nn. 211/1994; 341/1996; 137/1998). 
    2.  Al  fine  di  apprezzare  la   lesione   delle   attribuzioni
costituzionali  della  ricorrente,  va  osservato  come  il   decreto
impugnato si ponga in contrasto: con lo stesso art. 16, comma 3,  del
decreto-legge n. 95 del 2012 di  cui  si  proclama  attuativo,  nella
lettura costituzionalmente orientata offerta dalla sentenza n. 77 del
2015 della Corte costituzionale; con l'art. 1, comma 454, della legge
n. 228 del 2012; con l'art. l, comma 484,  della  legge  n.  232  del
2016; con l'art. 1, della legge regionale valdostana n. 24  del  2016
(«Legge finanziaria regionale per il triennio 2017/2019»).  Da  tutto
questo  complesso  normativo,  l'atto  oggi  gravato  incredibilmente
prescinde, tamquam non esset. 
    3. Come gia' illustrato in  narrativa,  il  meccanismo  delineato
dall'art. 16, comma 3, del decreto-legge n.  95  del  2012  e'  stato
ritenuto legittimo dalla Corte solo a condizione  di  considerare  il
contributo della Regione  Valle  d'Aosta  alla  finanza  pubblica  un
accantonamento temporaneo (che non mette in questione la  titolarita'
delle relative somme in capo  alla  stessa),  in  adempimento  di  un
obbligo comunque non esigibile sine die e  destinato  a  cessare  far
data dal 2017, in forza di quanto stabilito dall'art.  1,  comma  454
della legge n. 228 del 2012. 
    Inoltre, giusto quanto stabilito di recente  dall'art.  1,  comma
484, della legge n. 232 del 2016, alla Regione Valle d'Aosta  non  si
applicano piu' le disposizioni in  materia  di  patto  di  stabilita'
interno di cui all'art. 1, commi  454  e  seguenti,  della  legge  24
dicembre 2012, n. 228, al quale viene sostituito, a decorrere dal  1°
gennaio  2017,  il  regime  del   pareggio   di   bilancio,   fondato
sull'equilibrio complessivo tra entrate e spese. 
    4. Quanto al richiamato art. 1, comma 454, della legge n. 228 del
2012,  recante  la  disciplina  -  ormai  superata  -  del  patto  di
stabilita' interno, tale disposizione chiariva  che  la  Valle,  come
pure le altre  Autonomie  speciali,  avrebbe  concorso  alla  manovra
concordando  con  il  MEF  l'obiettivo  «in  termini  di   competenza
finanziaria» e di «competenza eurocompatibile», determinato riducendo
il  complesso  delle  spese  finali   «in   termini   di   competenza
eurocompatibile», risultante dalla spesa storica del 2011. 
    Piu' chiaramente, il concorso finanziario della ricorrente veniva
attuato, sotto la vigenza del patto di stabilita'  interno,  mediante
la   decurtazione   dalle   spese   valdostane,    come    risultanti
complessivamente  dal  consuntivo  2011,  di  una  serie  di  importi
puntualmente individuati alle lettere a), b), c) e d) del citato art.
1, comma 454. 
    La lettera c) di tale ultima disposizione  sottraeva  alle  casse
della Valle proprio gli importi determinati dal MEF in attuazione del
piu' volte richiamato art. 16, comma 3, del decreto-legge n.  95  del
2012. 
    Tale  sottrazione,  tuttavia,  e'  stata  ritenuta  dalla   Corte
costituzionale valida, preme ribadirlo, solo se attuata  dallo  Stato
in termini di accantonamento temporaneo delle  somme  -  da  ritenere
comunque di esclusiva titolarita' della Valle -  nonche'  nell'ambito
dell'allora vigente patto di stabilita'. 
    Venuto meno, dunque, il patto, al quale e'  stato  sostituito,  a
decorrere dal 1° gennaio 2017, il regime del pareggio di bilancio, e'
venuta correlativamente meno la possibilita' per lo Stato di disporre
unilateralmente, ai sensi dell'art. 16, comma 3, del decreto-legge n.
95  del  2012,  gli  accantonamenti   «in   termini   di   competenza
finanziaria» e di «competenza eurocompatibile»  previsti  dal  citato
comma 454 dell'art. 1 della legge n. 228 del 2012. 
    5.  Fermo  restando  quanto  sopra,  in  ragione  dei   mutamenti
intervenuti, le leggi regionali nn. 24 e 25 del 2016 hanno rimodulato
il contributo alla  finanza  pubblica  alla  luce  del  nuovo  quadro
normativo, decurtandolo degli importi di cui all'art.  16,  comma  3,
del decreto-legge n. 95 del 2012, non piu' dovuto. 
    Ebbene: una volta venuto meno il vincolo di spesa  derivante  dal
patto di stabilita' di cui al citato art. 1, comma 454,  della  legge
n.  228  del  2012,  ed  essendo  «scaduto»  (dall'annualita'   2017)
l'obbligo di contribuire nelle forme di cui all'art. 16, comma 3, del
decreto-legge n. 95 del  2012,  risulta  evidente  che  entrambi  gli
articoli non possono piu' trovare  applicazione  alla  Regione  Valle
d'Aosta, ora transitata  all'obbligo  del  pareggio  di  bilancio,  e
dunque   non   piu'   soggetta   ne'   al   rispetto   dell'obiettivo
eurocompatibile,  ne'  al  contributo  costituito  dalla   trattenuta
unilaterale sulle quote di compartecipazione dei tributi erariali. 
    In altri termini, poiche' il contributo di cui all'art. 16, comma
3, non e' piu' dovuto a far data dal 2017, e poiche' questo, in  ogni
caso,  puo'  operare  solo  all'interno  del  regime  del  patto   di
stabilita', cui tuttavia la Regione non  e'  piu'  soggetta,  la  sua
imposizione da parte del decreto  oggi  impugnato  e'  manifestamente
illegittima, configurando «una illegittima appropriazione,  da  parte
dello Stato, di quote di entrate spettanti  alla  Regione»  (sentenze
Corte costituzionale n. 239 e n. 77 del 2015). 
    Infatti, nella parte in cui il decreto ministeriale richiede alla
Valle di concorrere alla manovra finanziaria mediante un  «contributo
in termini di saldo netto da finanziare» pari ad euro 144.326.970,22,
esso impone, di fatto, la perdurante applicazione alla ricorrente del
vincolo  di  accantonamento  di  cui  all'art.  16,  comma   3,   del
decreto-legge  n.  95  del  2012,  ossia  di  un   vincolo   che   si
giustificava, come  precisato  in  maniera  chiarissima  dalla  Corte
costituzionale, solo in regime di patto di stabilita', regime cui  la
Valle non e' piu' soggetta per effetto del gia'  richiamato  art.  1,
comma 484, della legge n. 232 del 2016. 
    Pertanto,   cosi'   come   il   Ministero    ha    puntualizzato,
correttamente, che il «contributo in termini di indebitamento netto»,
pari ad euro 190.145.056,00,  non  e'  piu'  dovuto  dalla  Valle  in
conseguenza della non applicabilita' alla stessa della disciplina del
patto di stabilita' interno, la medesima conclusione  avrebbe  dovuto
valere con riferimento al «contributo in termini di  saldo  netto  da
finanziare» - pari, lo si ripete, ad euro 144.326.970,22. 
    Anche tale  ultimo  accantonamento,  infatti,  trova  il  proprio
fondamento nel combinato disposto di cui agli articoli 1, comma  454,
della legge n. 228 del 2012 e 16, comma 3, del  decreto-legge  n.  95
del 2012, disposizioni che non possono  piu'  essere  applicate  alla
ricorrente. 
    La  Valle,  infatti,  concorre  oggi  alla  manovra   finanziaria
mediante il  conseguimento  del  pareggio  di  bilancio  e  non  piu'
attraverso le forme di accantonamento dei contributi disciplinate  ed
imposte dal decreto-legge n. 95 del 2012. 
    Da cio' consegue, dunque, che nessun contributo  economico  della
Valle - ritenuta pacificamente  dalla  Corte  costituzionale  l'unica
titolare esclusiva delle  indicate  somme  -  avrebbe  potuto  essere
unilateralmente accantonato dal MEF ai fini del concorso  finanziario
2017. 
    6. La correttezza di tali argomentazioni e' confermata, come gia'
detto,  dalla  giurisprudenza  costituzionale  che,   rispetto   alle
Autonomie speciali, ha da sempre  ritenuto  valide  le  modalita'  di
accantonamento unilaterali di cui al ridetto art. 16,  comma  3,  del
decreto-legge n.  95  del  2012  solo  a  condizione  che  le  stesse
operassero all'interno del patto di stabilita' interno. 
    Venuto meno il patto, sono venute meno le predette modalita', con
conseguente   impossibilita'   per   lo    Stato    di    accantonare
unilateralmente importi di cui la Valle e' la titolare esclusiva. 
    7. Tutto cio' determina  una  patente  violazione  dell'autonomia
organizzativa e finanziaria della Regione sancita dagli  articoli  2,
comma primo, lettera a), 3, comma primo, lettera f), 4, 12, 48-bis  e
50 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4, oltre che dagli
articoli 117, comma terzo, 119 Cost. e 10 della legge  costituzionale
18 ottobre 2001, n. 3,  e  dalla  relativa  normativa  di  attuazione
statutaria e, segnatamente, dagli articoli da 2 a 7  della  legge  26
novembre 1981, n. 690, oltre che dei principi  di  ragionevolezza  di
cui all'art. 3 Cost. e di leale collaborazione di cui agli articoli 5
e 120 Cost. 
    8.  Il  numero,  l'entita'  e  il   tono   costituzionale   delle
attribuzioni  regionali  illegittimamente  lese   dal   decreto   del
Ministero  dell'economia  e  delle  finanze  9   maggio   2017   sono
indiscutibili. 
    L'atto incide unilateralmente e jure imperii sulle entita'  delle
compartecipazioni  valdostane  ai  tributi  erariali,  ossia  su  una
materia riservata alla normativa di attuazione contenuta nella  legge
n. 690 del 1981 e, segnatamente, negli articoli da 2 a 7 di tale atto
normativo, i quali fissano le quote di tributi erariali da attribuire
alla Valle. 
    Cio' determina, anzitutto, la violazione dell'art. 48-bis,  dello
Statuto speciale. 
    Per effetto di tale previsione, infatti,  eventuali  modifiche  o
deroghe alle norme di attuazione statutarie possono avvenire  solo  a
seguito dei lavori della commissione paritetica e previo  parere  del
Consiglio della Valle, proprio al fine di garantire  le  «particolari
condizioni di autonomia attribuite alla Regione». 
    Nel  caso  di  specie,  tuttavia,  il  decreto  ministeriale   ha
stabilito in via unilaterale gli importi del concorso valdostano alla
manovra,   vanificando    completamente    le    speciali    garanzie
procedimentali previste a tutela dell'autonomia regionale dal  citato
art. 48-bis. 
    La  fondatezza  di  siffatta  censura  trova  evidente  conferma,
peraltro, nell'art. 1 del decreto legislativo n.  320  del  1994,  di
attuazione  dello  Statuto,  il  quale  dispone  che:  «l'ordinamento
finanziario della Regione, stabilito a norma dell'art. 50,  comma  3,
dello statuto speciale, con la legge 26 novembre del  1981,  n.  690»
puo' essere «modificato solo con  il  procedimento  di  cui  all'art.
48-bis del medesimo statuto speciale». 
    Da  cio'  consegue,  pertanto,  che  la  materia  relativa   alla
compartecipazione regionale ai tributi  erariali  -  riservata,  come
detto, alla normativa di attuazione statutaria - non avrebbe  potuto,
diversamente da quanto accaduto nel caso di specie,  formare  oggetto
di modifica unilaterale da parte dello Stato. 
    In  tali  esatti  termini  si  e'   espressa,   del   resto,   la
giurisprudenza costituzionale, che non ha mancato di evidenziare  che
le norme di attuazione, per la loro «particolare competenza  separata
e riservata, risultano caratterizzate da particolare forza  e  valore
e,  di  conseguenza,  sottratte,  anche  in  assenza  di  un'espressa
clausola di salvaguardia,  alla  possibilita'  di  abrogazione  o  di
deroga da parte di norme di legge ordinaria» (Corte  cost.,  sentenza
n. 191 del 1991; cosi' anche Corte costituzionale,  sentenza  n.  206
del 1975). 
    Ora, le menzionate violazioni si riflettono in maniera diretta  e
immediata sulla particolare  autonomia  organizzativa  e  finanziaria
valdostana, tutelata da una pluralita' di previsioni costituzionali e
statutarie. 
    Il riferimento e', nello specifico: 
        i) all'art. 2, comma 1, lettera a)  dello  Statuto  speciale,
che attribuisce alla Regione ricorrente, tra l'altro, «il  potere  di
regolare [...] la gestione del bilancio e l'erogazione delle spese in
esso stanziate» (cfr.  Corte  costituzionale,  sentenza  n.  107  del
1970); 
        ii) all'art. 3, comma 1, lettera f),  del  medesimo  Statuto,
che riconosce alla Valle la potesta' di introdurre norme  legislative
di integrazione ed attuazione, nell'ambito dei  principi  individuati
con legge dello Stato, in materia di «finanze regionali e  comunali»,
e che qualifica la competenza  normativa  valdostana  nelle  suddette
materie, alla luce dei novellati articoli 117, comma 3 e  119,  Cost.
(i quali risultano parimenti lesi dalla disposizione censurata),  non
piu' come meramente suppletiva rispetto a quella statale; 
    iii) all'art. 4, dello Statuto  speciale,  che  attribuisce  alla
Valle il potere  di  esercitare  nei  predetti  ambiti  materiali  le
corrispondenti funzioni amministrative; 
    iv) all'art. 12, dello stesso Statuto, che riconosce alla Regione
ricorrente quote tributarie erariali. 
    9.  Complessivamente,  dunque,   l'atto   oggi   impugnato,   nel
determinare   unilateralmente   l'entita'   delle   compartecipazioni
valdostane  ai  tributi  erariali,   incide   in   maniera   indebita
sull'ordinamento  finanziario  regionale,  vanificando  le   speciali
garanzie procedurali previste dal citato art. 48-bis dello Statuto  e
violando le richiamate norme statutarie  e  costituzionali  a  tutela
della speciale autonomia organizzativa e  finanziaria  della  Regione
ricorrente. 
    10. Ma non e' tutto.  Il  decreto  ministeriale  in  questa  sede
gravato si mostra incostituzionale anche per violazione dei  principi
di leale collaborazione e ragionevolezza. 
    In sede di elaborazione del decreto non e' stato assicurato alcun
coinvolgimento diretto della Valle. Cio' viola  il  metodo  pattizio,
che rappresenta, come ripetutamente  affermato  dalla  giurisprudenza
costituzionale, il cardine della regolamentazione, mediante procedure
rinforzate, dei rapporti finanziari  tra  lo  Stato  e  le  Autonomie
speciali (cfr., tra le molte, Corte costituzionale, sentenza  n.  193
del 2012). 
    Codesta ecc.ma Corte, infatti, ha piu' volte  ribadito  che:  «il
principio di leale collaborazione in materia di  rapporti  finanziari
tra lo Stato e le Regioni speciali impone  la  tecnica  dell'accordo»
(cfr., Corte costituzionale, sentenza n. 74 del  2009).  Quest'ultima
e' «espressione» della particolare autonomia in  materia  finanziaria
di  cui  godono  le  Regioni  a   Statuto   speciale   (cfr.,   Corte
costituzionale, sentt. nn. 193 del 2012; 82 del 2007; 353 del  2004),
specificando,  con  riferimento  alla  Valle,  che:   «le   modifiche
dell'ordinamento  finanziario  della  Regione  Valle  d'Aosta  devono
avvenire  con  il  procedimento  previsto  dall'art.   48-bis   dello
Statuto», idoneo ad assicurare un coinvolgimento diretto ed effettivo
dell'Ente (Corte cost., sentenza n. 133 del 2010). 
    La violazione del principio consensualistico - il  cui  rispetto,
come  visto,  si  rende  tanto  piu'   necessario   nell'ambito   del
coordinamento della finanza pubblica - si riflette, conseguentemente,
sulla lesione della particolare autonomia finanziaria e organizzativa
di cui la Valle d'Aosta  gode,  come  gia'  detto,  alla  luce  degli
articoli 2, comma 1, lettera a), 3, comma 1, lettera f), 12, 48-bis e
50 dello Statuto speciale e della relativa normativa di attuazione in
materia di ordinamento finanziario (articoli da 2 a 7 della legge  n.
690 del 1981). In base  a  tali  norme  non  puo'  prescindersi,  nei
rapporti finanziari tra lo Stato e la Regione medesima, dal  rispetto
del metodo dell'accordo. 
    Non e' inutile ribadire, anche in questa sede,  come  la  Regione
Valle d'Aosta, nel corso degli anni, abbia positivamente  contribuito
al risanamento delle finanze pubbliche, assicurando in modo  puntuale
il proprio apporto. Sul punto, sia consentito allegare (sub  doc.  3)
una tabella che riepiloga tutti  i  dati  necessari,  e  dalla  quale
peraltro si desume in modo chiaro che pure al netto del contributo di
cui all'art. 16, comma 3 del decreto legislativo n. 95 del  2012,  la
Regione contribuirebbe con oltre 98 milioni di euro annui a decorrere
dal 2017. 
    Cio' che qui si richiede, dunque, non e' certo  una  patente  per
far cessare gli obblighi di concorso  della  Regione  agli  equilibri
della finanza pubblica;  ma  solo  la  riaffermazione  del  principio
consensualistico  ed  autonomistico  nella  determinazione  di   tali
apporti, che oggi lo Stato ha disatteso. 
    11. Occorre evidenziare, inoltre, che  la  reiterazione  su  base
annuale  degli  accantonamenti  -  peraltro,  in  spregio  al  quadro
normativo e giurisprudenziale sopravvenuto - determina la progressiva
crescita del debito dello Stato verso le Regioni: di debito, infatti,
si tratta, poiche' come chiarito dalla giurisprudenza costituzionale,
le somme accantonate sono ritenute dallo Stato e assoggettate  ad  un
vincolo di indisponibilita' solo in via temporanea,  non  venendo  in
alcun modo posta in  discussione  la  titolarita',  che  spetta  alla
Regione, alla quale vanno poi restituite.  Ebbene:  e'  evidente  che
piu'  sono  le   annualita'   per   le   quali   lo   Stato   reitera
l'accantonamento, maggiore e' il  debito  che  esso  contrae  con  le
Regioni, e maggiore e' il rischio che queste  non  ottengano  mai  la
restituzione delle somme di propria spettanza. 
    La condotta statale, culminata  nell'atto  gravato,  anche  sotto
tale  profilo   evidenzia   una   palese   violazione   della   leale
collaborazione. 
    12. Ugualmente leso per effetto del decreto ministeriale risulta,
infine, il principio di  ragionevolezza  di  cui  all'art.  3  Cost.,
lesione che ridonda in  una  menomazione  della  sfera  di  autonomia
organizzativa e finanziaria della Regione ricorrente. 
    Il legislatore, infatti,  ha  stabilito  che  l'accantonamento  a
valere sulle quote di compartecipazione  ai  tributi  erariali  opera
«fino all'emanazione delle norme di attuazione  di  cui  allo  stesso
art. 27» della legge delega. Tuttavia, non essendo previsto a livello
statale alcun termine di legge  per  l'adozione  della  normativa  di
attuazione, il predetto accantonamento, anziche' essere  circoscritto
nel tempo, finisce per operare, in maniera del  tutto  irragionevole,
immediatamente e illimitatamente nel tempo. 
    Ora, il rilievo di tale vizio  sarebbe  dequotato,  la'  dove  il
Ministero si fosse avveduto delle sopravvenienze normative, che hanno
determinato, a decorrere dal 2017,  il  venir  meno  dell'obbligo  di
contribuzione  nelle  forme  di  cui  all'art.  16,  comma   3,   del
decreto-legge n. 95 del 2012,  nonche'  la  fuoriuscita  della  Valle
d'Aosta dal regime del patto di stabilita'. Tuttavia,  il  Ministero,
continuando illegittimamente ad applicare una normativa ormai mutata,
fa  «risorgere»  il  problematico  difetto  di  ragionevolezza  sopra
indicato. 
II.  Violazione  del  giudicato  costituzionale  -  violazione  degli
articoli 136 e 137 Cost. 
    Il decreto ministeriale, per i profili gia' illustrati,  si  pone
altresi' in violazione del giudicato costituzionale, e  dunque  degli
articoli 136 e 137 Cost. 
    Come esposto, infatti, con la sentenza interpretativa di  rigetto
n. 77 del 2015, la Corte costituzionale ha ritenuto legittimo  l'art.
16, comma 3, del decreto-legge  n.  95  del  2012  -  di  cui  l'atto
impugnato si proclama attuativo  -  facendo  leva,  quali  condizioni
necessarie  di  validita',  da  un  lato  sulla  temporaneita'  degli
accantonamenti, tale da non tradurre  la  trattenuta  in  un'indebita
appropriazione delle risorse di titolarita' della Regione; dall'altro
lato, sulla circostanza che, comunque,  il  meccanismo,  a  carattere
emergenziale, non sarebbe stato piu' operativo a far data dal 2017. 
    Sennonche', nel reiterare l'imposizione del contributo (peraltro,
in un quadro normativo che non lo consente piu'), lo  Stato  ha  dato
corpo proprio a quelle illegittime lesioni dell'autonomia  regionale,
che  il  giudice  costituzionale  aveva  inteso  scongiurare  in  via
ermeneutica. 
    Piu'  in  dettaglio,  continuando  ad  applicare  la   previsione
dell'art. 16, comma 3, il decreto ministeriale trasforma il  congegno
in questione in uno strumento non piu' emergenziale, ma a  regime,  e
dilata sine die il vincolo d'indisponibilita' gravante sulle somme di
titolarita' regionale, con la conseguenza che lo Stato viene di fatto
ad appropriarsene. 
    Si tratta di una  chiara  ipotesi  di  violazione  del  giudicato
costituzionale,  dal  momento  che  vengono  apertamente  ignorate  e
contraddette le precise  indicazioni,  cui  la  Corte  costituzionale
aveva subordinato la validita' dell'art. 16, comma 3. 
    Ora, posto che quest'ultimo non puo' che essere assunto e operare
nell'ordinamento  nel  significato  ad  esso  conferito  dal  giudice
costituzionale  con  la  sentenza  n.  77  del  2015,   il   decreto,
nell'imporne in sede attuativa una lettura  polarmente  contrapposta,
incorre  nella  violazione  del  giudicato  costituzionale,  e  degli
articoli 136 e 137 Cost. 
III. Con riferimento agli ulteriori  profili  di  illegittimita'  del
decreto ministeriale gravato. 
    Da ultimo, occorre sottolineare un ulteriore  vizio  del  decreto
gravato, che incide sul quantum asseritamente dovuto: ci si riferisce
all'illegittimita' derivata dell'atto, dal  momento  che  l'art.  16,
comma 3,  del  decreto-legge  n.  95  del  2012,  nel  prevedere  che
l'accantonamento  sia  quantificato  «in   proporzione   alle   spese
sostenute per consumi intermedi desunte, per l'anno 2011, dal SIOPE»,
viola i principi di  ragionevolezza  e  non  discriminazione  di  cui
all'art.  3  Cost.,  cosi'  ledendo  l'autonomia  finanziaria   della
Regione. 
    Piu' in dettaglio, la tecnica di riparto stabilita dalla norma in
parola - come gia' da tempo ammesso dallo stesso  Dipartimento  della
Ragioneria generale dello Stato con nota prot. 20695 del  2013  (doc.
3) - implica «una marcata differenza» tra i contributi richiesti alle
singole Autonomie  speciali,  a  seconda  della  diversa  allocazione
contabile delle tipologie di spesa considerate, a  prescindere  dalla
dimensione della finanza delle singole Regioni  e  Province  autonome
rispetto alla finanza pubblica complessiva. 
    L'iniquita'  e  irragionevolezza  degli  effetti   prodotti   dal
meccanismo di riparto di  cui  si  discute  non  sono  sfuggiti,  tra
l'altro, nemmeno al Ministero che, con la nota prot. n. 84854 del  17
ottobre 2013, ha dato atto delle «criticita'» derivanti  dall'attuale
tecnica di accantonamento, richiedendo, contestualmente, «l'avvio  di
un tavolo  tecnico  volto  ad  individuare  ipotesi  alternative  del
concorso  delle  Autonomie  speciali  alla   finanza   pubblica,   da
sottoporre alla Conferenza Stato-Regioni,  affinche'  sia  scelto  un
nuovo criterio». 
    Con la stessa nota il MEF ha evidenziato - con  cio'  confermando
la fondatezza delle  censure  di  incostituzionalita'  qui  sollevate
dalla  Valle  -  l'esigenza  che  le  modalita'  di  riparto  vengano
modificate attraverso la previsione  di  «una  specifica  tabella  da
inserire  in  norma  di  modifica  dell'art.   16,   comma   3,   del
decreto-legge n. 95 del 2012» (doc. 4). 
    Alla luce delle  considerazioni  che  precedono,  avallate  dalla
stessa  Amministrazione  dello  Stato,  risulta  di  tutta  evidenza,
pertanto,  come  l'atto  ministeriale  impugnato,  ripetendo  in  via
derivata i profili d'illegittimita' che inficiano l'art. 16, comma 3,
del decreto-legge n. 95 del 2012, determini un ulteriore  profilo  di
irragionevolezza  e  di  iniquita'  della  ripartizione,   gravemente
pregiudizievole, a fronte dei reiterati contributi  al  perseguimento
degli obiettivi di finanza pubblica imposti dal  legislatore  statale
alla  Valle  d'Aosta,  della  capacita'  di  spesa  regionale,   come
garantita da tutte le previsioni statutarie piu' sopra evocate. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Voglia l'ecc.ma Corte costituzionale, ogni  contraria  istanza  e
deduzione disattesa, in accoglimento del presente ricorso, dichiarare
che non spettava allo Stato e, per esso, al Ministero dell'economia e
delle finanze, adottare, in violazione degli articoli 2, comma primo,
lettera a), 3, comma primo, lettera f), 4,  12,  48-bis  e  50  della
legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4, oltre che degli articoli
117, comma terzo, 119  Cost.  e  10  della  legge  costituzionale  18
ottobre  2001,  n.  3,  e  dalla  relativa  normativa  di  attuazione
statutaria e, segnatamente, degli articoli da 2 a 7  della  legge  26
novembre 1981, n. 690, oltre che dei principi  di  ragionevolezza  di
cui all'art. 3 Cost., di leale collaborazione di cui agli articoli  5
e 120 Cost., di intangibilita' del giudicato  costituzionale  di  cui
agli articoli 136 e 137 Cost., il decreto  9  maggio  2017,  recante:
«Riparto del contributo alla finanza pubblica previsto dall'art.  16,
comma 3, del decreto-legge 6 luglio  2012,  n.  95,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, tra  le  regioni  a
statuto  speciale  e  le  Province  autonome  di  Trento  e  Bolzano.
Determinazione dell'accantonamento per l'anno 2017», pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 115 del  19  maggio  2017,  e,  per  l'effetto,
annullare il gravato decreto  con  ogni  conseguenza  di  legge,  ivi
compresa la restituzione in favore  della  Regione  ricorrente  delle
somme accantonate dal predetto atto. 
    Si depositano: 
    1) delibera di Giunta n. 914 del 2017; 
    2) decreto ministeriale impugnato; 
    3) tabella dei dati riepilogativi del contributo della  Valle  al
concorso finanziario; 
    4) nota del Dipartimento della Ragioneria  generale  dello  Stato
prot. n. 20695 del 2013; 
    5) nota del Ministero dell'economia  e  delle  finanze  prot.  n.
84854 del 17 ottobre 2013. 
 
          Roma, 7 luglio 2017 
 
                          Prof. avv. Marini