N. 77 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 29 settembre 2017

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 29 settembre 2017 (del Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
Paesaggio - Norme  della  Regione  Basilicata  -  Variante  al  piano
  territoriale  di  coordinamento  del  Pollino  -   Norme   tecniche
  attuative del piano territoriale paesistico del Metapontino. 
Edilizia e urbanistica - Norme della Regione Basilicata -  Interventi
  edilizi in assenza  o  in  difformita'  del  titolo  abilitativo  -
  Ipotesi di esclusione dai divieti previsti - Deroghe ai  limiti  di
  distanze per gli interventi  di  ampliamento  di  pertinenze  della
  residenza - Mutamento delle destinazioni d'uso a residenza. 
Energia - Norme della Regione Basilicata - Tipologie di  impianti  da
  fonti  di  energia  rinnovabili   -   Criteri   e   modalita'   per
  l'inserimento nel paesaggio e sul territorio. 
Sanita' - Norme della Regione Basilicata - Disposizioni in materia di
  autorizzazione delle strutture  sanitarie  pubbliche  e  private  -
  Proroga dei termini per gli  adeguamenti  strutturali  -  Strutture
  sociosanitarie - Regime di autorizzazione  e  di  accreditamento  -
  Utilizzabilita' per le strutture sanitarie private accreditate  con
  il Servizio sanitario nazionale dell'opera di  medici  in  rapporto
  esclusivo con il Servizio sanitario nazionale  o  in  rapporto  con
  altre strutture  private  accreditate  con  il  Servizio  sanitario
  nazionale - Prestazioni erogate in mobilita' attiva  interregionale
  - Non computabilita' per il raggiungimento dei tetti  di  spesa  di
  determinate prestazioni di alta complessita'. 
Gioco e scommesse - Norme della Regione Basilicata  -  Autorizzazione
  all'esercizio delle sale da gioco e all'installazione di apparecchi
  da gioco - Distanze minime da luoghi sensibili. 
Demanio - Norme della Regione Basilicata -  Rilascio  di  concessioni
  demaniali marittime provvisorie  e  stagionali  ai  Comuni  o  alle
  Associazioni di volontariato che svolgono opere  e/o  attivita'  in
  favore di disabili intellettivi e motori e delle loro famiglie. 
- Legge della Regione Basilicata 24 luglio  2017,  n.  19  (Collegato
  alla legge di Stabilita' regionale 2017), artt. 3, 4, 5, 8, 12, 13,
  20, 23, 26, 30, 45 e 46. 
(GU n.46 del 15-11-2017 )
    Ricorso ex art. 127 della  Costituzione  per  il  Presidente  del
Consiglio  dei   ministri,   rappresentato   e   difeso   per   legge
dall'Avvocatura  generale  dello  Stato  presso  i  cui   uffici   e'
domiciliato in Roma alla via dei Portoghesi, 12; 
    Contro la Regione Basilicata, in  persona  del  presidente  della
giunta regionale pro tempore per la  declaratoria  di  illegittimita'
costituzionale degli articoli 3, 4, 5, 8, 12  (indicato  come  9  per
errore materiale), 13, 20, 23, 26,  30,  33,  45  e  46  della  legge
regionale 24 luglio 2017, n. 19, recante  «Collegato  alla  legge  di
stabilita' regionale  2017»,  come  da  delibera  del  Consiglio  dei
ministri in data 23 settembre 2017. 
    Sul B.U.R. della Regione Basilicata n. 28 del 25 luglio  2017  e'
stata pubblicata la legge regionale 24 luglio 2017,  n,  19,  recante
«Collegato alla legge di stabilita' regionale 2017», composta  di  n.
67 articoli. 
    Il Presidente del Consiglio ritiene che le disposizioni contenute
negli articoli 3, 4, 5, 8, 12 (indicato come 9 per errore materiale),
13, 20, 23, 26, 30, 33, 45 e 46 siano illegittime per  contrasto  con
diverse disposizioni costituzionali (indicate in relazione a  ciascun
articolo  impugnato);  pertanto  propone  questione  di  legittimita'
costituzionale ai sensi dell'art. 127, comma l Cost. per i seguenti 
 
                               Motivi 
 
    Art. 3 («Legge regionale 5 luglio 2002, n. 24» «Variante generale
al piano territoriale di coordinamento  del  Pollino.  Modifica  alla
Normativa Tecnica allegata al Piano Territoriale di Coordinamento del
Pollino»). 
    1. All'art. 10 - Zona C3 Paesaggi di rilevante interesse (PI)  e'
aggiunto il seguente comma: 
    «5) zona S2 Nel Comune di  Episcopia  in  localita'  Demanio  nei
pressi della Strada statale n. 653 «Sinnica» nel foglio di  mappa  n.
15 particelle 7, 470, 562/a e'  consentita  la  realizzazione  di  un
distributore carburanti con annesso fabbricato per  le  attivita'  di
servizio  all'impianto  da  realizzare  con  gli  indici  di  seguito
riportati: 
    Indice fondiario pari a 0,10 mc/mq. 
    Altezza massima H= 3,50 mt.». 
    La disposizione va a modificare (aggiungendo un comma) l'art.  10
della legge regionale n.  24/2002  (in  realta'  l'indicazione  della
legge regionale n. 24/2002, che non contiene un articolo  10,  appare
il frutto di  un  errore  materiale;  il  riferimento  corretto  deve
intendersi  alla  legge  regionale  n.  27/2006,  anch'essa   recante
«Variante  normativa  al  Piano  di  Coordinamento  Territoriale  del
Pollino»),  relativa  alla  variante   al   Piano   Territoriale   di
Coordinamento del Pollino. 
    La disposizione si pone in contrasto con  l'art.  117  Cost.,  in
quanto non rispetta le disposizioni contenute  nel  Codice  dei  beni
culturali  (decreto  legislativo  n.  42/2004)  laddove  si   prevede
espressamente una concertazione con lo Stato. 
    Occorre  inoltre  considerare  che  il  Piano   Territoriale   di
coordinamento del Pollino ha valenza di piano paesistico, per il  cui
aggiornamento l'art. 156 del decreto legislativo n.  42/2004  prevede
(comma 3) che «Le regioni e il Ministero,  in  conformita'  a  quanto
stabilito dall'art. 135, possono stipulare intese, ai sensi dell'art.
143,  comma  2,  per  disciplinare  lo  svolgimento  congiunto  della
verifica e dell'adeguamento dei piani paesaggistici». 
    Ed  infatti,  in  attuazione  di  tale  disposizione   e'   stato
sottoscritto il 14 settembre  2011  il  Protocollo  d'Intesa  tra  il
MI.BAC., il Ministero dell'ambiente e della tutela del  territorio  e
del mare con la Regione Basilicata per la definizione  congiunta  del
Piano Paesaggistico Regionale. 
    In attuazione dell'art. 5 del Protocollo e' stato  poi  istituito
un Comitato tecnico con determina regionale n. 7502 del 19  settembre
2012. 
    Con la disposizione  impugnata  la  Regione  ha  omesso  di  dare
applicazione agli accordi recepiti nei provvedimenti  suindicati  con
conseguente violazione dell'art. 117, comma 2, lettera s)  Cost.  che
attribuisce alla competenza esclusiva dello Stato  la  materia  della
«tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali». 
    E' opportuno ricordare al riguardo che la Corte ha precisato come
la normativa in materia «per  quanto  concerne  le  zone  soggette  a
vincolo  paesaggistico  sulla  base  di  previsione  di  legge  o  di
specifico provvedimento, non puo', in alcun modo e  in  nessun  caso,
discendere da una disposizione di legge  regionale,  dovendo  invece,
costituire oggetto di specifico accordo tra la Regione e il Ministero
dei beni e delle attivita' culturali,  secondo  quanto  previsto,  in
materia, dagli articoli 135, 143 e 156 del codice dei beni  culturali
e del paesaggio,  che  sanciscono  il  principio  inderogabile  della
pianificazione congiunta  e  che  risultano,  nel  caso,  palesemente
violati. Ne' la circostanza che in Liguria sia  in  vigore  il  Piano
territoriale di coordinamento paesistico, adottato con  delibera  del
Consiglio  regionale  25  febbraio  1990,  n.  6,  e  non  il   piano
paesaggistico previsto dal codice dei beni culturali e del paesaggio,
vale  a  giustificare  la  detta  violazione.  Cio',  in  quanto   la
disciplina regionale, anche se di dettaglio o meramente  transitoria,
non puo' derogare in  senso  peggiorativo  rispetto  alla  disciplina
statale in materia e deve  garantire,  attraverso  la  partecipazione
degli organi ministeriali ai · procedimenti in  materia,  l'effettiva
ed uniforme tutela dell'ambiente (cosi' le gia' citate sentenze n. 64
del 2015, n. 197 del 2014 e n. 211 del 2013)» (sentenza n. 210/2016). 
    Art. 4 (Modifiche all'art. 57 della legge  regionale  27  gennaio
2015, n. 4 «Collegato alla legge  di  stabilita'  regionale  2015»  e
s.m.i.). 
    1. L'art. 57 della legge regionale 27 gennaio 2015, n. 4 aggiunto
al primo capoverso della nota (l) all'art. 36  delle  norme  tecniche
attuative  del  Piano  territoriale   paesistico   del   Metapontino,
approvato con legge regionale  12  febbraio  1990,  n.  3,  e'  cosi'
sostituito: 
    «Ove le aree di cui  al  precedente  comma  non  appartengano  al
demanio marittimo ovvero siano interessate da contestazioni da  parte
di soggetti privati che ne reclamino la proprieta', ovvero  nei  casi
in cui dette aree non risultino disponibili perche' gia'  adibite  ad
uso pubblico di parcheggio o perche' interessate da fitta vegetazione
oggetto di specifica tutela ambientale regionale,  la  localizzazione
delle  strutture  per   la   balneazione   puo'   essere   consentita
sull'arenile, in deroga a quanto stabilito all'art. 14, a  condizione
che: 
    a) le strutture abbiano caratteristiche di  facile  amovibilita',
rispettino i parametri dimensionali e utilizzino i materiali previsti
nel Piano regionale di utilizzazione delle aree  demaniali  marittime
approvato con delib. C.R. n. 940/2005; 
    b) il progetto sia accompagnato da uno studio di valutazione  dei
rischi da mareggiate; 
    c)  il  richiedente  assuma  interamente  a   suo   carico   ogni
responsabilita' per eventuali danni provocati da eventi meteomarini. 
    Le deroghe di cui  al  precedente  capoverso  sono  consentite  a
condizione che i siti interessati abbiano  quota  idonea  a  fini  di
prevenzione da rischi da fenomeni meteomarini.». 
    La disposizione sostituisce  un  articolo  delle  Norme  Tecniche
attuative  del  Piano  territoriale   paesistico   del   Metapontino,
disciplinando l'uso dell'arenile vincolato (300 mt.  dalla  linea  di
battigia) per la realizzazione di strutture per la balneazione. 
    Come per l'art. 3 anche in questo caso non  vi  e'  stata  alcuna
concertazione con il MI.BAC., ne' e' stata seguita  la  procedura  di
cui al protocollo d'intesa 14 settembre 2011. 
    Da  cio'  la  incostituzionalita'  della  norma  per   violazione
dell'art. 117, comma 2, lettera s) Cost. 
    Art. 5 («Interventi edilizi  in  assenza  o  in  difformita'  del
titolo abitativo»). - 1. In caso di interventi edilizi realizzati  in
assenza di idoneo titolo abitativo, o in difformita' da esso, di  cui
al comma 2 dell'art. 34 del decreto del Presidente della Repubblica 6
giugno 2001, n. 380, i Comuni, con motivata decisione autorizzano  il
completamento funzionale ai fini  dell'agibilita'/abitabilita'  delle
opere realizzate, qualora sussistano le seguenti condizioni: 
    a) sia stato riconosciuto  che  il  ripristino  dello  stato  dei
luoghi non  sia  possibile  in  quanto  la  demolizione  delle  opere
realizzate  in  assenza  o  in  difformita'  dal  titolo  abilitativo
potrebbe pregiudicare strutturalmente la restante parte  delle  opere
esistenti e sia stata pagata la relativa sanzione; 
    b) il mancato completamento delle opere  costituisce  pregiudizio
al decoro e/o alla  qualita'  urbana  dell'area  e  il  completamento
funzionale costituisce oggetto di un apposito progetto sul  quale  si
esprime l'ufficio tecnico comunale; 
    c) le opere  abusive,  nel  caso  di  immobili  o  aree  tutelate
paesaggisticamente,  non  costituiscono  elemento   detrattore   alla
corretta fruizione del paesaggio e sia  stato  gia'  espresso  parere
favorevole alla  loro  esecuzione  o  conservazione  da  parte  delle
amministrazioni preposte alla tutela del vincolo. 
    2. Le disposizioni di cui alla presente norma entrano  in  vigore
dopo 120 giorni dalla pubblicazione sul  Bollettino  ufficiale  della
Regione. 
    La disposizione si pone in contrasto con gli articoli 31, 33,  34
e 36 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001 (recante
«Testo  unico  delle  disposizioni  legislative  e  regolamentari  in
materia edilizia»). 
    In particolare, in base agli articoli 31 e 33 del citato  decreto
del Presidente della Repubblica, e' sempre prevista la demolizione  o
il ripristino dello stato dei luoghi in caso di  interventi  eseguiti
in assenza o difformita' del permesso di costruire. 
    La sostituzione di tali sanzioni ripristinatorie con una sanzione
pecuniaria, e' prevista nei soli casi di cui all'art. 33 comma 2  (1)
. 
    La sanatoria e' invece consentita (art. 36) solo «se l'intervento
risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente  sia
al momento della realizzazione dello stesso,  sia  al  momento  della
presentazione della domanda» (art. 36, comma 1). 
    Orbene, la disposizione impugnata si pone  in  contrasto  con  le
citate disposizioni in quanto: 
    a) introduce nuove ipotesi in  cui  e'  possibile  sostituire  la
demolizione con una sanzione pecuniaria; 
    b) introduce nuove ipotesi  di  sanatoria  degli  abusi  edilizi,
diversi da quelli previsti dall'art. 36 decreto del Presidente  della
Repubblica n. 380/2001. 
    La norma  va  quindi  ad  incidere  sulla  materia  «governo  del
Territorio» ex art. 117, comma 3 Cost., nel cui  ambito  spetta  alle
regioni la sola adozione di una disciplina di dettaglio nel  rispetto
dei principi fondamentali  di  stabilita'  delle  leggi  dello  Stato
(sentenze n. 233/2015, 102 e 277/2013). 
    In particolare, nella sentenza n. 233/2015 (emessa in fattispecie
analoga), la Corte ha precisato che: 
        «In   tema   di   condono   edilizio   "straordinario",    la
giurisprudenza  di  questa  Corte  ha  chiarito  che  spettano   alla
legislazione statale, oltre  ai  profili  penalistici  (integralmente
sottratti al legislatore regionale: sentenze n. 49 del  2006,  n.  70
del 2005 e n. 196 del 2004), le  scelte  di  principio  sul  versante
della  sanatoria  amministrativa,  in  particolare  quelle   relative
all'an, al quando  e  al  quantum:  la  decisione  sul  se  disporre,
nell'intero territorio nazionale, un condono straordinario, e  quindi
la previsione di un titolo abilitativo edilizio straordinario; quella
relativa all'ambito temporale di efficacia  della  sanatoria;  infine
l'individuazione delle volumetrie massime condonabili  (nello  stesso
senso, sentenze n. 225 del 2012 e n. 70 del 2005). 
    Nel  rispetto  di  tali  scelte  di  principio,  competono   alla
legislazione regionale  l'articolazione  e  la  specificazione  delle
disposizioni dettate dal legislatore statale  (sentenze  n.  225  del
2012, n. 49 del 2006 e n. 196 del 2004). 
    Ne consegue che le norme impugnate si pongono in contrasto con  i
consolidati principi espressi dalla giurisprudenza costituzionale  in
materia. 
    Esula, infatti,  dalla  potesta'  legislativa  concorrente  delle
regioni il potere di «ampliare i limiti applicativi della  sanatoria»
(sentenza n. 290 del 2009) oppure, ancora, di «allargare  l'area  del
condono edilizio rispetto a quanto stabilito dalla legge dello Stato»
(sentenza n. 117 del 2015). A maggior ragione, esula  dalla  potesta'
legislativa  regionale  il  potere  di  disporre  autonomamente   una
sanatoria straordinaria per il solo territorio regionale». 
    La disposizione impugnata viola inoltre anche l'art.  117,  comma
2, lettera l) Cost. che riserva allo Stato la competenza esclusiva in
materia di ordinamento civile e penale, nonche'  l'art.  25  comma  2
Cost. contenente una riserva di legge (statale)  in  materia  penale;
inoltre  si  pone  anche  in  contrasto  con  l'art.  3   Cost.   per
irragionevolezza. 
    Cio' in  quanto  ai  sensi  dell'art.  45  comma  3  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 380/2001 «Il rilascio in sanatoria del
permesso di costruire estingue  i  reati  contravvenzionali  previsti
dalle norme urbanistiche vigenti», mentre per il successivo  art.  46
comma «Gli atti tra  vivi,  sia  in  forma  pubblica,  sia  in  forma
privata,  aventi  per  oggetto   trasferimento   o   costituzione   o
scioglimento della comunione di diritti reali, relativi ad edifici, o
loro parti, la cui costruzione e' iniziata dopo  il  17  marzo  1985,
sono nulli e non possono essere stipulati ove da essi non  risultino,
per  dichiarazione  dell'alienante,  gli  estremi  del  permesso   di
costruire o del permesso  in  sanatoria.  Tali  disposizioni  non  si
applicano agli atti costitutivi, modificativi o estintivi di  diritti
reali di garanzia o di servitu'». 
    Art. 8 («Integrazione all'art. 6 della legge regionale  7  agosto
2009, n.  25  "Misure  urgenti  e  straordinarie  volte  al  rilancio
dell'economia  e  alla  riqualificazione  del   patrimonio   edilizio
esistente" e s.m.i.»). 
    1. All'art. 6 della legge regionale 7 agosto 2009,  n.  25,  come
sostituito dall'art. 7 della legge regionale 3 dicembre 2012,  n.  25
e' aggiunto il seguente comma: 
    «4-bis. Sono esclusi dai divieti elencati nel precedente comma  4
i comuni che prima dell'entrata in  vigore  della  legge  erano  gia'
muniti di Piani paesistici e per tale casistica si applicano le norme
di attuazione dei predetti piani.». 
    La disposizione introducendo un ulteriore comma (4-bis)  all'art.
6 della legge regionale n. 25/2009 (2) , esclude dai divieti previsti
dal comma 4 dell'art. 6, consentendo, per tutti i  comuni  che  prima
della legge risultavano muniti di Piani Paesaggistici, gli interventi
di ampliamento, di rinnovamento nonche' gli  interventi  straordinari
di  riuso  del  patrimonio  edilizio  esistente  di  cui  alla  legge
regionale n. 25/2009,  precedentemente  non  consentiti  dalla  legge
medesima su edifici che risultassero: 
    a) realizzati in assenza di titolo abilitativo; 
    b)  ubicati  in  aree  a  vincolo  di  inedificabilita'  assoluta
previste  negli  strumenti   di   pianificazione   paesaggistica   ed
urbanistica vigenti alla data di entrata  in  vigore  della  presente
legge; 
    c) definiti beni culturali ai  sensi  dell'art.  10  del  decreto
legislativo n. 42/2004; 
    d)  ubicati  in  aree  dichiarate   intrasformabili   per   l'uso
insediativo (residenziale, produttive, commerciale e  del  terziario)
dei rispettivi piani paesistici; 
    e) ricadenti nelle aree indicate all'art. 142, comma  l,  lettera
I), del decreto legislativo n. 42/2004,  limitatamente  alla  zona  I
delle aree destinate a parco, di elevato  interesse  naturalistico  e
paesaggistico, e nelle aree a riserve naturali  nazionali  e  riserve
integrali regionali; 
    f) ubicati in ambiti a rischio idrogeologico  ed  idraulico  come
riportati nei  Piani  Stralcio  redatti  dalle  Autorita'  di  Bacino
competenti sul territorio regionale. 
    Anche in questo caso,  al  pari  dell'art.  3,  la  norma  appare
illegittima per violazione dell'art. 117, comma 2, lettera  s)  Cost.
stante l'intervento unilaterale della Regione. 
    Art.  12  per  mero  errore  materiale  indicato  come   art.   9
(«Integrazione all'art. 2 della legge regionale 7 agosto 2009, n.  25
"Misure urgenti e straordinarie volte  al  rilancio  dell'economia  e
alla riqualificazione del patrimonio edilizio esistente"» e s.m.i.). 
    1. All'art. 2 della legge regionale 7 agosto 2009, n. 25 e s.m.i.
dopo il comma 7-ter e' aggiunto il seguente comma: 
    «7-quater. Gli interventi di ampliamento  previsti  dal  presente
articolo nel caso di pertinenze della  residenza,  fermo  restando  i
limiti stabiliti dalla legge, possono essere realizzati separatamente
dall'edificio principale nell'ambito del lotto  fondiario.  Per  tale
pertinenza e' consentito derogare  ai  limiti  di  distanze  indicati
dagli strumenti urbanistici vigenti, in attuazione dell'art. 2bis del
decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001,  fermo  restando
quanto previsto dall'art. 873 del codice civile, primo  capoverso,  e
salvo quanto  stabilito  dall'art.  11,  commi  l  e  2  della  legge
regionale 28 dicembre 2007, n. 28 e' possibile altresi'  superare  di
m. 3,10 l'altezza  massima  consentita  dagli  strumenti  urbanistici
vigenti.». 
    Anche tale disposizione (indicata come  art.  9  -  anch'esso  di
modifica della legge regionale n.  25/2009  -  per  errore  materiale
chiaramente  evincibile  dalla  delibera  del  C.d.M.)  si  pone   in
contrasto  con  l'art.  117,  comma  2,  lett.   s)   Cost.   (stante
l'intervento  unilaterale  della  Regione)  in  quanto   prevede   la
possibilita'  di  realizzazione,  anche  separatamente  dall'edificio
nell'ambito del lotto fondiario,  in  deroga  ai  limiti  e  distanze
stabiliti dagli strumenti urbanistici, prevedendo la possibilita'  di
«altresi' superare di m.  3,10  l'altezza  massima  consentita  dagli
strumenti urbanistici vigenti.». 
    Art. 13 («Modifica all'art. 5  della  legge  regionale  7  agosto
2009, n.  25  "Misure  urgenti  e  straordinarie  volte  al  rilancio
dell'economia  e  alla  riqualificazione  del   patrimonio   edilizio
esistente" e s.m.i.»). - 1. Il comma 1-quinquies  dell'art.  5  della
legge regionale 7 agosto 2009, n. 25 e s.m.i. e' cosi sostituito: 
    «1-quinquies. Il mutamento di destinazione d'uso a  residenza  e'
consentito  per  gli  immobili  ricompresi  all'interno  delle   zone
omogenee E, di cui al decreto ministeriale n. 1444/68, sempreche'  la
destinazione d'uso  dell'edificio  sia  gia'  in  parte  residenziale
legittimamente assentita  in  relazione  alla  conduzione  del  fondo
agricolo nella misura massima del 30% della  superficie  residenziale
esistente.  Sono  consentite  all'interno  delle  zone  omogenee   E,
altresi', modifiche di destinazioni d'uso di  edifici  esistenti  per
piccole attivita' di rivendita e degustazione  di  prodotti  agricoli
nella misura massima di mq 200, nonche' per servizi alle  popolazioni
rurali. Il mutamento di destinazione d'uso e' consentito in tutte  le
zone il cui piano  dell'autorita'  di  bacino  ha  declassificato  la
pericolosita' geologica prevista nei piani paesistici.». 
    La disposizione prevede la possibilita'  di  un  mutamento  delle
destinazioni d'uso a residenza degli immobili ricompresi  all'interno
delle zone omogenee «E» di cui al decreto ministeriale 1444/1968. 
    In particolare e' previsto che il mutamento  sia  consentito  «in
tutte le zone il cui piano dell'autorita' di bacino ha declassificato
la pericolosita' geologica prevista nei piani paesistici». 
    La disposizione  appare  illegittima  nuovamente  per  violazione
dell'art. 117, comma 2, lettera s) come nel caso precedente, ma anche
per violazione dell'art. 3 Cost. (irragionevolezza) in quanto non  si
comprende il significato del richiamo alla «declassificazione» di cui
non vengono indicati i riferimenti normativi; ne' puo' ritenersi  che
si tratti di concetti giuridici gia' esistenti e quindi  utilizzabili
dal legislatore. 
    Art. 20 («Modifica all'art. 2 della legge regionale  30  dicembre
2015, n. 54 "Recepimento dei criteri per il corretto inserimento  nel
paesaggio e  sul  territorio  degli  impianti  da  fonti  di  energia
rinnovabili ai sensi del decreto ministeriale 10 settembre 2010"»). 
    1. L'art. 2 della legge regionale 30  dicembre  2015,  n.  54  e'
sostituito dal seguente: 
    «Art.  2.  -  1.  I  criteri  e  le  modalita'  per  il  corretto
inserimento  nel  paesaggio  e  sul  territorio  delle  tipologie  di
impianti da fonti di energia  rinnovabili  (F.E.R.),  sono  contenuti
nelle Linee guida di  cui  agli  allegati  A)  e  C),  nonche'  negli
elaborati di cui all'allegato B) della presente legge e  nelle  Linee
guida regionali per gli impianti con potenza non superiore a l MW. 
    2. Nel caso in cui l'impianto ricada in una zona  interessata  da
piu' livelli di distanze (buffer) si  considera  sempre  la  distanza
(buffer) piu' restrittiva. 
    3. Nei buffer relativi alle aree e siti non idonei  e'  possibile
autorizzare  l'installazione  di   impianti   alimentati   da   fonti
rinnovabili nel rispetto delle modalita' e prescrizioni indicate  nel
comma 1 del presente articolo.». 
    Anche per tale disposizione vale quanto  detto  in  relazione  al
precedente art. 3 in quanto si tratta di un intervento unilaterale in
contrasto con gli impegni assunti in tema di elaborazione  del  Piano
Paesaggistico Regionale. 
    La norma introduce elementi di contrasto e contraddittorieta' con
gli impegni assunti con la sottoscrizione del  Protocollo  di  Intesa
per la elaborazione del Piano  Paesaggistico  Regionale,  e  si  pone
pertanto in contrasto con l'art. 117, comma 2, lettera s)  Cost.  che
attribuisce alla competenza esclusiva dello Stato  la  materia  della
«tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali». 
    La disposizione viola inoltre anche l'art. 117, comma 3, Cost. in
quanto «Secondo  la  costante  giurisprudenza  di  questa  Corte,  la
disciplina degli impianti di energia da fonti rinnovabili deve essere
ricondotta alla materia di competenza legislativa  concorrente  della
"produzione, trasporto e distribuzione  nazionale  dell'energia",  di
cui all'art. 117, terzo comma, Cost. (ex plurimis,  sentenza  n.  275
del 2012)"» (sentenza n. 189/2014). 
    Art. 23 («Modifica all'art. l della legge  regionale  14  ottobre
2008,  n.  25  "Disposizioni  in  materia  di  autorizzazione   delle
strutture sanitarie pubbliche e private'' e s.m.i.). 
    1. All'art. l, comma l della legge regionale 14 ottobre 2008,  n.
25  e  s.m.i.  le   parole   «entro   due   anni»   sono   sostituite
dall'espressione: «entro cinque anni». 
    La disposizione introduce una proroga di tre anni (da 2 a 5)  dei
termini per gli adeguamenti strutturali connessi  alle  procedure  di
autorizzazione, di cui alla legge regionale n. 25/2008 (3) . 
    In particolare la norma si  riferisce  alle  strutture  sanitarie
dotate di posti letto, che  gia'  erogano  prestazioni  sanitarie  in
regime di ricovero ed a  quelle  dotate  di  posti  residenziali  per
assistenza riabilitativa ai  disabili  psichici  e  psiconeuromotori,
nonche' alle strutture riabilitative che erogano ai disabili psichici
e psiconeuromotori prestazioni in regime ambulatoriale. 
    Nel disporre detta proroga, peraltro, la  disposizione  regionale
non individua un preciso dies a quo, considerato che i termini di cui
trattasi decorrono  dalla  data  di  comunicazione,  da  parte  della
competente   Commissione   tecnica    di    valutazione    regionale,
dell'idoneita' del piano di adeguamento. 
    La proroga cosi' prevista, determinando una dilazione dei termini
per l'adeguamento a quelli che sono requisiti minimi  richiesti  alle
strutture sanitarie e sociosanitarie, a garanzia della sicurezza  dei
cittadini, non risulta conforme alle disposizioni  dettate  dall'art.
8-ter, comma 4, decreto legislativo n. 502/92  in  forza  del  quale:
«L'esercizio delle attivita' sanitarie e sociosanitarie da  parte  di
strutture pubbliche e private presuppone il  possesso  dei  requisiti
minimi, strutturali, tecnologici e organizzativi stabiliti  con  atto
di indirizzo e coordinamento ai sensi  dell'art.  8  della  legge  15
marzo 1997, n. 59,  sulla  base  dei  principi  e  criteri  direttivi
previsti dall'art. 8, comma 4, del presente decreto»; la norma dunque
richiede  che  la  verifica  del  possesso   dei   requisiti   minimi
autorizzativi venga effettuata prima del rilascio dell'autorizzazione
e dell'avvio di qualsivoglia attivita'. 
    Considerato che in  base  alla  giurisprudenza  della  Corte,  la
competenza regionale in materia di autorizzazione e' ricompresa nella
piu' generale potesta' legislativa concorrente in materia di  «tutela
della salute», che  vincola  le  regioni  al  rispetto  dei  principi
fondamentali fissati dalle norme statali,  nel  caso  di  specie,  si
ravvisa una violazione dell'art. 117, comma terzo, Cost.; ed  invero,
gli articoli 8, comma 4, e 8-ter, del decreto legislativo n. 502/1992
stabiliscono livelli essenziali di sicurezza e qualita'  che  debbono
essere soddisfatti da tutte le  strutture  che  intendono  effettuare
prestazioni sanitarie e la Corte costituzionale ha  riconosciuto  che
tali disposizioni rappresentano principi fondamentali che le  regioni
devono garantire anche indipendentemente dal fatto che una  struttura
intenda o meno chiedere l'accreditamento. 
    Art. 26 («strutture sociosanitarie»). - 1. A decorrere dalla data
di approvazione del  provvedimento  definitivo  di  Giunta  regionale
previsto dall'art. 21, comma l  della  legge  regionale  14  febbraio
2007, n. 4, a tutte le strutture sociosanitarie a ciclo  residenziale
e semiresidenziale si applicano le disposizioni  normative  contenute
nella legge regionale 5 aprile 2000, n. 28 e s.m.i. 
    2. Le strutture sociosanitarie di cui  alla  legge  regionale  14
febbraio 2007, n. 4 e s.m.i. che per effetto del  comma  1  rientrano
nel campo di applicazione della legge regionale 5 aprile 2000, n.  28
e s.m.i. e che hanno in corso, da  almeno  tre  anni,  convenzioni  o
contratti con Aziende sanitarie locali,  stipulati  previa  selezione
con procedure di  evidenza  pubblica  si  intendono  provvisoriamente
accreditate  per  i  servizi  resi  in   regime   non   residenziale,
residenziale, semiresidenziale,  nelle  more  della  regolamentazione
dell'accreditamento istituzionale. 
    3. Le strutture sociosanitarie di cui  alla  legge  regionale  14
febbraio 2007, n. 4 e s.m.i. che per effetto del  comma  1  rientrano
nel campo di applicazione della legge regionale 5 aprile 2000, n.  28
e s.m.i. attive alla data di entrata in vigore della presente  legge,
per continuare a svolgere l'attivita', devono  presentare,  entro  12
mesi  dall'entrata  in  vigore  della  presente  legge,  domanda   di
autorizzazione ai sensi dell'art. 15 della legge regionale  5  aprile
2000, n.  28  e  s.m.i.  e  delle  disposizioni  attuative  regionali
corredata del piano di adeguamento. 
    4. Le Aziende sanitarie locali sono autorizzate a stipulare,  con
le strutture di cui al comma 2, convenzioni  o  contratti,  anche  in
prosecuzione di quelli in corso, di durata non superiore a  18  mesi.
Fino alla scadenza dei predetti 18  mesi  le  tariffe  stabilite  dai
contratti  in   essere   restano   confermate.   Nelle   more   della
regolamentazione dell'accreditamento istituzionale, sono  sospese  le
eventuali procedure in corso per l'affidamento dei servizi di cui  al
comma 2. 
    5. La regione entro 12 mesi dall'entrata in vigore della presente
legge  emana  i  provvedimenti  attuativi  per  la   regolamentazione
dell'accreditamento istituzionale dei servizi e  delle  strutture  di
cui al presente articolo. 
    La   disposizione   prevede   l'applicazione   della   disciplina
sull'autorizzazione di cui alla legge regionale n. 28/2000 a tutte le
strutture sociosanitarie gia' attive ed operanti,  convenzionate  con
il Servizio sanitario regionale,  per  le  quali,  tuttavia,  non  e'
ancora conclusa la  verifica  preventiva  dei  requisiti  minimi.  In
particolare, laddove consente a tali strutture gia' «attive alla data
di entrata  in  vigore  della  presente  legge...»  di  continuare  a
svolgere  l'attivita'   previa   presentazione   della   domanda   di
autorizzazione,  il  comma  3  dell'articolo  in  esame  si  pone  in
contrasto con quanto previsto in materia di  autorizzazione  dall'art
8-ter del decreto legislativo n.  502/1992,  a  norma  del  quale  il
rilascio dell'autorizzazione e la verifica del possesso dei requisiti
minimi precede l'esercizio di attivita' sanitarie e sociosanitarie. 
    L'art.  26,  comma  2,  prevede,  inoltre,   nelle   more   della
regolamentazione dell'accreditamento istituzionale, l'applicazione di
un  regime   di   accreditamento   provvisorio   per   le   strutture
sociosanitarie gia' convenzionate a seguito di procedura di  evidenza
pubblica, consentendo alle aziende sanitarie locali di stipulare  con
le stesse il relativo accordo contrattuale di durata  massima  di  18
mesi. In ogni caso,  tali  strutture  devono  presentare  domanda  di
autorizzazione corredata dal piano di adeguamento ai requisiti minimi
autorizzativi. 
    A tale riguardo si precisa che per  l'«accreditamento»  occorrono
«requisiti    ulteriori»     (rispetto     a     quelli     necessari
all'autorizzazione) e  l'accettazione  del  sistema  di  pagamento  a
prestazione (art. 8-quater del decreto legislativo n. 502/1992); come
piu' volte ribadito dalla Corte (sentenza n. 361/2008), i  «requisiti
ulteriori»  di  cui   all'art.   8-quater   citato,   necessari   per
l'accreditamento,  hanno  natura  di  principi  fondamentali  che  le
regioni sono tenute a rispettare. 
    Ne consegue che, laddove la disposizione regionale consente  alle
strutture di cui trattasi, per le quali non e' ancora intervenuta  la
verifica dei requisiti ulteriori, di stipulare convenzioni con il SSR
configura un'ipotesi di accreditamento ope legis per strutture di cui
viene  presunta  la  regolarita',  indipendentemente   dal   possesso
effettivo dei requisiti predetti. 
    Si ravvisa, pertanto, una violazione dell'art. 117, terzo  comma,
Cost. per lesione dei principi fondamentali  in  materia  di  «tutela
della salute», stabiliti dal citato art. 8-quater. 
    Ulteriore analoga violazione e' ravvisabile laddove  il  comma  2
dell'art.   26   prevede   il   riconoscimento    dell'accreditamento
provvisorio  alle  strutture  socio-sanitarie  di  cui   alla   legge
regionale n. 4/2007 in violazione dell'art. l, comma 796, lettera t),
della legge n. 296/2006 (come da ultimo modificato  dal  comma  l-bis
dell'art. 7, decreto-legge n. 150/2013) secondo cui  l'accreditamento
provvisorio delle strutture sanitarie e socio-sanitarie,  diverse  da
quelle ospedaliere e ambulatoriali, che consente  l'erogazione  delle
prestazioni, deve cessare entro il 31 ottobre 2014. 
    Anche a tale riguardo la Corte si e' gia' espressa nel  senso  di
ritenere che il termine finale previsto dalla  legislazione  statale,
all'art. l, comma 796, lettera t), della legge n.  296/2006,  per  il
passaggio  dall'accreditamento  provvisorio  a   quello   definitivo,
costituisce principio fondamentale della materia che le regioni  sono
tenute a rispettare. 
    Art. 30 («Norme di coordinamento e razionalizzazione»).  -  1.  A
fine di ottimizzare la gestione delle liste di attesa  per  l'accesso
dei cittadini alle prestazioni di specialistica  ambulatoriale  e  ai
percorsi assistenziali della medicina territoriale,  le  prescrizioni
su ricettario del Servizio sanitario regionale e le  prescrizioni  su
modulistica del Servizio sanitario regionale di piani terapeutici, di
ausili e di presidi sanitari, comprese quelle connesse a  particolari
aree cliniche e patologie, sono operate da: 
    a) medici di Medicina generale e Pediatri di libera scelta; 
    b) medici di continuita' assistenziale; 
    c) medici delle strutture pubbliche; 
    d)  medici  operanti  presso  le  strutture  accreditate  con  il
Servizio sanitario regionale pubbliche e private. 
    Alle  Aziende  sanitarie  regionali   e'   affidata   l'immediata
attuazione di quanto disposto al  presente  comma,  anche  attraverso
l'adozione di apposite linee guida. 
    2.  Al  fine  di  migliorare  l'integrazione  tra  le   strutture
accreditate del  Servizio  sanitario  regionale,  ferme  restanti  le
disposizioni di cui all'art. 4, comma 7 della legge 30 dicembre 1991,
n. 412 in materia di incompatibilita', le strutture sanitarie private
accreditate con il  Servizio  sanitario  nazionale  possono  altresi'
avvalersi: 
    a) dell'opera di medici in rapporto  esclusivo  con  il  Servizio
sanitario nazionale, sempre che questa rientri nell'ambito di accordi
e/o protocolli di  intesa  stipulati  con  le  Aziende  del  Servizio
sanitario regionale di dipendenza; 
    b) dell'opera di medici in rapporto con altre  strutture  private
accreditate con  il  Servizio  sanitario  nazionale.  Dalla  data  di
entrata in vigore della presente legge  sono  abrogate  le  norme  in
contrasto con quanto disposto al presente comma. 
    3. L'art. 4 della legge regionale 5 aprile 2000, n. 28 s.m.i.  e'
cosi' sostituito: 
    «Art.  4  (Strutture  soggette  ad  autorizzazione).  -   1.   La
realizzazione di  strutture  sanitarie  e  l'esercizio  di  attivita'
sanitarie, sono subordinate al rilascio delle autorizzazioni  di  cui
all'art. 8-ter del decreto legislativo 19 giugno  1999,  n.  229.  La
presente disposizione vale anche per  le  strutture  e  le  attivita'
sociosanitarie. 
    Sono soggette ad autorizzazione tutte le  strutture  pubbliche  e
private  che  esercitano  attivita'  sanitaria,  compresi  i  servizi
sanitari ed i presidi diagnostici curativi  e  riabilitativi  annessi
agli stabilimenti termali, nonche' i servizi ambulatoriali decentrati
delle case di cura private. 
    2. L'autorizzazione  all'esercizio  di  attivita'  sanitarie  e',
altresi', richiesta per gli  studi  medici  e  di  altre  professioni
sanitarie,  ove  attrezzati  per  erogare  prestazioni  di  chirurgia
ambulatoriale,  ovvero  procedure  diagnostiche  e  terapeutiche   di
particolare complessita' o che comportino un rischio per la sicurezza
del paziente, nonche' per le  strutture  esclusivamente  dedicate  ad
attivita' diagnostiche, svolte anche a favore di soggetti terzi. 
    3. Non sono soggette ad autorizzazione ai  sensi  della  presente
legge: 
    a) gli studi medici, singoli o associati, o di altre  professioni
sanitarie individuate dai regolamenti del Ministro della sanita',  in
attuazione dell'art. 6, comma 3, del decreto legislativo 30  dicembre
1992, n. 502 e successive modifiche  ed  integrazioni  ovvero  quelle
strutture in cui il medico o le  o  le  altre  professioni  sanitarie
esercitano  la  propria  attivita'  attraverso  procedure   che   non
comportino rischio per la sicurezza dei pazienti; 
    b)  le  strutture  sanitarie  destinate  in  via  sperimentale  o
definitiva a sede delle Unita' Territoriali  di  Assistenza  Primaria
(UTAP). 
    4. La giunta regionale emana direttive per la specificazione  dei
casi di cui al comma precedente.». 
    La disposizione disattende il principio generale di unicita'  del
rapporto di lavoro del personale medico con il SSN, sancito dall'art.
4, comma 7, della legge n. 412/1991, a norma del quale: 
        «Con il Servizio sanitario  nazionale  puo'  intercorrere  un
unico rapporto di lavoro. Tale rapporto  e'  incompatibile  con  ogni
altro rapporto di lavoro dipendente, pubblico o privato, e con  altri
rapporti anche di natura  convenzionale  con  il  Servizio  sanitario
nazionale. Il rapporto di lavoro con il Servizio sanitario  nazionale
e' altresi' incompatibile con l'esercizio di altre attivita' o con la
titolarita' o con la compartecipazione delle  quote  di  imprese  che
possono configurare conflitto di interessi  con  lo  stesso.  [  ...]
L'esercizio dell'attivita' libero-professionale dei medici dipendenti
del Servizio sanitario nazionale e' compatibile  col  rapporto  unico
d'impiego, purche' espletato fuori dall'orario di lavoro  all'interno
delle strutture sanitarie o all'esterno delle stesse, con  esclusione
di  strutture  private  convenzionate  con  il   Servizio   sanitario
nazionale. Le disposizioni del presente comma si applicano  anche  al
personale di cui all'articolo 102 del decreto  del  Presidente  della
Repubblica 11 luglio 1980, n. 382 [...]». 
    La portata del principio generale dell'unicita' del  rapporto  di
lavoro con il SSN e'  stata  in  plurime  occasioni  esaminata  dalla
giurisprudenza amministrativa (Cons. Stato, sentenze nn. 2430/2003  e
4463/2004), che ha chiarito come  il  principio  in  questione  debba
essere inteso estensivamente, essendo proprio «sia  dei  rapporti  di
lavoro alle dipendenze di strutture pubbliche o private in  qualsiasi
maniera  convenzionate,  sia  dei  rapporti  libero-professionali  in
regime di convenzione, sia dell'esercizio di attivita' professionale,
ancorche' autonoma, presso una struttura  privata  convenzionata.  Si
tratta di un principio che ha carattere oggettivo  ed  assoluto,  per
cui il divieto  di  svolgere  attivita'  professionale  in  strutture
convenzionate opera ancorche' l'attivita' sia  svolta  stabilendo  un
rapporto diretto  con  il  paziente  o  in  un'unita'  operativa  non
convenzionata  della   stessa   struttura,   nonche'   in   strutture
convenzionate in discipline diversa da quella nella quale  il  medico
presta servizio» (Cfr. Cons. Stato, sentenza n. 2430/2003). 
    Nel senso che l'incompatibilita' derivante  dal  divieto  di  cui
sopra  e'  assoluta  ed  opera  nei  confronti  di  qualsiasi   altra
attivita', depone anche la finalita' della norma diretta a «garantire
la massima efficienza e funzionalita' operativa al servizio sanitario
pubblico» (in tal senso, Corte costituzionale sentenza n. 457/1993). 
    Al riguardo, si osserva, altresi', come la  ratio  giustificativa
del divieto recato  dall'art  4,  comma  7,  della  citata  legge  n.
412/1991, possa rinvenirsi anche nel comma l dell'art 98  Cost.,  che
giustifica, appunto, un divieto - poi  diversamente  specificato  dal
legislatore quanto alle fattispecie concrete e alle  conseguenze  sul
rapporto di pubblico impiego - allo svolgimento di rapporti idonei ad
inficiare il principio dell'«esclusivo servizio  della  Nazione»  che
appare caratterizzare, con connotati  di  rilievo  ordinamentale,  la
natura stessa del rapporto di lavoro di  cui  trattasi.  Ed  infatti,
l'art. 4, comma 7, della citata legge n. 412/91 svolge  una  funzione
di valorizzazione del perseguimento dei fini di pubblico interesse  -
cui l'Amministrazione pubblica e' istituzionalmente preposta  -,  che
potrebbe, essere  inficiato  dalla  compresenza  di  altri  rapporti,
suscettibili di determinare una concorrente tensione,  nella  persona
del dipendente, verso interessi quanto meno «diversi»  dall'interesse
collettivo, che viene postulato di  esclusiva  riferibilita'  per  il
soggetto incardinato nella pubblica amministrazione. 
    Occorre infine rilevare come l'art. l, comma 5,  della  legge  n.
662/1996 dispone che le incompatibilita' previste dall'art. 4,  comma
7, della legge  n.  412/1991  si  riferiscono  anche  alle  strutture
sanitarie private accreditate. 
    Alla luce di quanto sopra esposto,  l'art.  30,  comma  2,  della
legge regionale in esame, laddove sembra consentire una duplicita' di
rapporti che, invece, l'art 4, comma 7, della legge n. 412  del  1991
intende chiaramente scongiurare, viola il principio di  unicita'  del
rapporto del personale medico del SSN, che  si  pone,  nella  materia
concorrente della tutela della salute  di  cui  all'art.  117,  terzo
comma, Cost., quale principio fondamentale, in quanto costituisce  un
elemento tra i piu' caratterizzanti nella disciplina del rapporto  di
lavoro   con   il   personale   sanitario,   nonche'   della   stessa
organizzazione sanitaria, posto, peraltro, a presidio dell'efficienza
e della funzionalita' operativa del servizio sanitario pubblico. 
    Ai medesimi rilievi di incostituzionalita', a maggior ragione, si
giunge a voler individuare il pertinente titolo di  competenza  nella
materia di competenza esclusiva  statale  «della  determinazione  dei
livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti  civili  e
sociali» di cui all'art. 117, comma secondo, lettera m) Cost., tenuto
conto che il contemporaneo esercizio da parte  di  un  medico  presso
piu' strutture private accreditate potrebbe spiegare effetti negativi
sulla qualita' dell'attivita' assistenziale erogata e,  al  contempo,
impedire l'effettivo espletamento della funzione ausiliaria  rispetto
alle strutture pubbliche che i soggetti accreditati sono  chiamati  a
svolgere (cfr., in tal senso, Corte costituzionale  sentenza  n.  457
del 23 dicembre 1993). 
    Art. 33 («Mobilita' interregionale attiva»). - 1. In  riferimento
alle prestazioni erogate in  mobilita'  attiva  interregionale  dalle
strutture sanitarie accreditate e contrattualizzate con  il  Servizio
sanitario regionale, coerentemente con quanto  definito  in  sede  di
Conferenza delle regioni, anche ai fini  della  sottoscrizione  degli
accordi  interregionali  per   la   compensazione   della   mobilita'
sanitaria, non sono computabili per il raggiungimento  dei  tetti  di
spesa le seguenti prestazioni: 
    a) relativamente alle  attivita'  di  ricovero,  i  DRG  di  alta
complessita'; 
    b) relativamente alle attivita'  di  specialistica  ambulatoriale
(ex art. 25 della legge n. 833/1978), le  prestazioni  trasferite  da
regime ospedaliero a  regime  ambulatoriale  e  quelle  considerabili
salva-vita definite critiche dal Piano  nazionale  di  Governo  delle
liste di attesa per il  triennio  2010-2012  (punto  3.1  del  Piano,
intesa Stato-regioni del 28 ottobre 2010). 
    La disposizione (relativa alla mobilita' regionale interattiva in
materia sanitaria), con riferimento all'esclusione dai tetti di spesa
delle prestazioni di alta complessita', si pone in contrasto  con  la
legislazione nazionale, in quanto ai  sensi  dell'articolo  l,  comma
574,  della  legge  n.  208/2015,  le  regioni  possono   programmare
l'acquisto  di  prestazioni  di  assistenza  ospedali  era  di   alta
specialita', nonche' di prestazioni erogate da parte  degli  istituti
di ricovero e cura  a  carattere  scientifico  (IRCCS)  a  favore  di
cittadini residenti in regioni  diverse  da  quelle  di  appartenenza
ricomprese  negli  accordi  per  la  compensazione  della   mobilita'
interregionale le prestazioni in deroga ai  limiti  previsti,  ma  al
fine di garantire, in ogni caso, invarianza del  effetto  finanziario
connesso alla deroga di cui al periodo precedente, le  stesse  devono
provvedere ad adottare misure alternative, volte, in  particolare,  a
ridurre le prestazioni inappropriate di bassa complessita' erogate in
regime ambulatoriale, di pronto soccorso, in ricovero ordinario e  in
riabilitazione e lungodegenza,  acquistate  dagli  erogatori  privati
accreditati, in misura tale da assicurare il rispetto degli obiettivi
di riduzione di cui al decreto-legge n. 95/2012. 
    Il predetto obiettivo finanziario puo'  essere  anche  assicurato
attraverso misure alternative a valere  su  altre  aree  della  spesa
sanitaria. Nella legge in esame non si  rinvengono  le  modalita'  di
compensazione. 
    Inoltre, con l'articolo in esame, si dispone, prima di  qualsiasi
accordo di  confine  sottoscritto,  una  deroga  alla  produzione  di
prestazioni rese in mobilita'. Si rileva al riguardo  che,  ai  sensi
del decreto ministeriale n. 70/2015, i  posti  letto  riservati  alla
mobilita' attiva sono gia' compresi  nella  programmazione  regionale
che peraltro deve essere approvata ai sensi  dell'articolo  l,  comma
541, lettera e), della legge n.  208/2015,  dal  Tavolo  di  verifica
degli adempimenti e dal Comitato LEA,  e  qualsiasi  modifica  potra'
avvenire solo a seguito di accordi di confine gia' stipulati, al fine
di garantire la compatibilita' a livello nazionale. 
    Con  riferimento  all'esclusione   delle   altre   tipologie   di
prestazioni dal tetto di spesa, la norma si pone in contrasto con  la
legislazione vigente, in quanto non sono  previste  tali  esclusioni,
passibili di determinare oneri aggiuntivi e non coperti. 
    Per quanto esposto l'art. 33  e'  in  contrasto  con  i  principi
fondamentali di cui all'art. 117, terzo  comma,  della  Costituzione,
poiche' viola il  principio  di  contenimento  della  spesa  pubblica
sanitaria quale principio di coordinamento  della  finanza  pubblica,
nonche' con l'art.  81,  terzo  comma  della  Costituzione  sotto  il
profilo della mancata copertura finanziaria. 
    Art. 45 («Modifica all'art. 6 della legge  regionale  27  ottobre
2014, n. 30 "Misure per  il  contrasto  della  diffusione  del  gioco
d'azzardo patologico (G.A.P.)" e s.m.i.»). 
    1. All'art. 6, comma 2 della legge regionale 27 ottobre 2014,  n.
30 e s.m.i., dopo le parole «nel caso di ubicazioni  in  un  raggio»,
sopprimere la parola «non». 
    2. Il precedente comma non comporta  nuovi  o  maggiori  oneri  a
carico del bilancio regionale. 
    La disposizione modifica l'art. 6, comma 2, della legge regionale
n. 30/2014 in materia di autorizzazione all'esercizio delle  sale  da
gioco e all'istallazione di apparecchi da gioco entro la distanza  di
500 metri dai luoghi sensibili.  Tale  disposizione  risulta  non  in
linea con quanto stabilito dall'articolo l, comma 936, della legge 28
dicembre 2015, n. 201, in base  alla  quale  in  sede  di  conferenza
unificata sono definite le caratteristiche dei punti di  vendita  ove
si  raccoglie  gioco  pubblico,  nonche'  i  criteri  per   la   loro
distribuzione e concentrazione territoriale, al fine di  garantire  i
migliori livelli di sicurezza per la tutela della salute, dell'ordine
pubblico e della pubblica  fede  dei  giocatori  e  di  prevenire  il
rischio di accesso  dei  minori  di  eta'.  Le  intese  raggiunte  in
conferenza  unificata  sono  recepite  con   decreto   del   Ministro
dell'economia e delle finanze, sentite  le  Commissioni  parlamentari
competenti. 
    La norma in esame  e'  pertanto  illegittima  per  contrasto  con
l'art. 117, secondo comma, lettera h) della Costituzione  in  materia
di ordine e sicurezza. 
    Art. 46 («Modifica all'art. 76 della legge regionale  27  gennaio
2015, n. 5 "Legge di stabilita' regionale 2015"»). 
    1. All'art. 76 della legge regionale 27 gennaio 2015, n.  5  dopo
il comma 1 e' aggiunto il seguente: 
    «1-bis. In deroga a quanto stabilito  dall'art.  34  della  legge
regionale 2 febbraio 2006, n. l, possono altresi'  essere  rilasciate
concessioni demaniali marittime provvisorie e stagionali ai comuni  o
alle Associazioni di volontariato che svolgono opere e/o attivita' in
favore di disabili intellettivi e motori e  delle  loro  famiglie  al
fine di realizzare strutture stagionali attrezzate per  l'accoglienza
e il godimento del mare.». 
    2. All'art. 76 della legge regionale 27 gennaio  2015,  n.  5  il
comma 2 e' cosi' sostituito: 
    «2. Alla autorizzazione e/o concessione demaniale di cui al comma
l e 1-bis provvede il dirigente  del  competente  ufficio  demanio  a
richiesta  degli  interessati  e  previa  verifica  delle  condizioni
necessarie per potersi impiantare le strutture di  che  trattasi  nel
numero  massimo  di  una  per  ogni  comune  qualora  non  vi   siano
stabilimenti balneari gia' adeguati all'accoglienza dei disabili.». 
    La disposizione modifica  l'art.  76  della  legge  regionale  n.
5/2015, aggiungendo il comma 1-bis secondo cui: «In deroga  a  quanto
stabilito dall'art. 34  della  legge  regionale  n.  1/2006,  possono
altresi'   essere   rilasciate   concessioni   demaniali    marittime
provvisorie  e  stagionali  ai  comuni   o   alle   Associazioni   di
volontariato che svolgono opere e/o attivita' in favore  di  disabili
intellettivi e motori e delle loro famiglie  al  fine  di  realizzare
strutture stagionali attrezzate per l'accoglienza e il godimento  del
mare». 
    La norma, non contemplando espressamente procedure selettive  per
l'individuazione del soggetto titolare  delle  concessioni  demaniali
marittime   in    argomento    -    verosimilmente    di    carattere
turistico-ricreativo, come desumibile in base al precedente  comma  l
del medesimo art. 76 e all'art. 34 della richiamata  legge  regionale
n. 11/2006 - non appare in linea con l'art. 12  della  direttiva  del
Parlamento europeo e del Consiglio, 12 dicembre 2006, n. 2006/123/CE,
relativa ai servizi nel mercato interno, essendo il demanio marittimo
considerato «risorsa scarsa». 
    Pertanto, la norma in rassegna si pone in  contrasto  con  l'art.
117, primo comma e secondo comma, lettera e),  Cost.,  in  relazione,
rispettivamente,  agli   obblighi   posti   dai   vincoli   derivanti
dall'ordinamento  comunitario  e  alla  materia  della  tutela  della
concorrenza. 

(1) Art. 32 comma 2: «Qualora, sulla base  di  motivato  accertamento
    dell'ufficio tecnico comunale,  il  ripristino  dello  stato  dei
    luoghi  non  sia  possibile,  il  dirigente  o  il   responsabile
    dell'ufficio  irroga  una  sanzione  pecuniaria  pari  al  doppio
    dell'aumento   di   valore   dell'immobile,   conseguente    alla
    realizzazione delle opere, determinato, con riferimento alla data
    di ultimazione dei lavori, in  base  ai  criteri  previsti  dalla
    legge 27 luglio 1978, n. 392, e con riferimento all'ultimo  costo
    di produzione determinato con  decreto  ministeriale,  aggiornato
    alla data di esecuzione dell'abuso, sulla base dell'indice  ISTAT
    del costo di costruzione, con la esclusione,  per  i  comuni  non
    tenuti  all'applicazione  della  legge  medesima,  del  parametro
    relativo all'ubicazione e con l'equiparazione alla categoria  A/1
    delle categorie non comprese nell'art. 16 della  medesima  legge.
    Per gli edifici adibiti ad uso diverso da quello di abitazione la
    sanzione  e'  pari  al  doppio  dell'aumento  del  valore  venale
    dell'immobile, determinato a cura dell'agenzia del territorio». 

(2) L'art. 6,  comma  4,  della  legge  regionale  n.  25/2009  cosi'
    dispone: « 4. Gli interventi di cui agli articoli 2, 3  e  5  non
    sono,  altresi',  consentiti  su  edifici   che   risultino:   a)
    realizzati in assenza di titolo abilitativo; b) ubicati in aree a
    vincolo di inedificabilita' assoluta previste negli strumenti  di
    pianificazione paesaggistica ed urbanistica vigenti alla data  di
    entrata  in  vigore  della  presente  legge;  c)  definiti   beni
    culturali ai  sensi  dell'art.  10  del  decreto  legislativo  n.
    42/2004; d) ubicati in aree dichiarate intrasformabili per  l'uso
    insediativo  (residenziale,   produttive,   commerciale   e   del
    terziario) dei rispettivi piani paesistici;  e)  ricadenti  nelle
    aree indicate all'art. 142  comma  l,  lettera  f),  del  decreto
    legislativo n. 42/2004, limitatamente  alla  zona  l  delle  aree
    destinate  a  parco,  di  elevato   interesse   naturalistico   e
    paesaggistico, e  nelle  aree  a  riserve  naturali  nazionali  e
    riserve integrali regionali;  f)  ubicati  in  ambiti  a  rischio
    idrogeologico ed idraulico  come  riportati  nei  Piani  Stralcio
    redatti dalle  Autorita'  di  Bacino  competenti  sul  territorio
    regionale». 

(3) L'art. l, comma l, della legge regionale  n.  25/2008  ora  cosi'
    dispone: «Allo scopo di consentire il completamento dei  processi
    di adeguamento connessi alle procedure di autorizzazione  di  cui
    alla legge regionale 5 aprile 2000, n. 28 e s.m.i.  le  strutture
    sanitarie  dotate  di  posti  letto,  che   erogano   prestazioni
    sanitarie  in  regime  di  ricovero  e  quelle  dotate  di  posti
    residenziali per assistenza riabilitativa ai disabili psichici  e
    psiconeuromotori,  e  per  quelle  strutture  riabilitative   che
    erogano ai disabili psichici e  psiconeuromotori  prestazioni  in
    regime ambulatoriale,  fatto  salvo  il  possesso  dei  requisiti
    minimi generali di cui al decreto del Presidente della Repubblica
    14 gennaio 1997, devono eseguire gli adeguamenti di cui  all'art.
    15, comma 6, lettera a) della legge regionale 5 aprile  2000,  n.
    28 e s.m.i., entro cinque anni dalla  data  di  comunicazione  da
    parte della Commissione Tecnica Aziendale della  adeguatezza  del
    progetto esecutivo con  relativo  cronoprogramma  vincolante  per
    l'ultimazione dei lavori di  adeguamento  ai  requisiti  previsti
    dalla normativa vigente». 
 
                               P.Q.M. 
 
    Si  chiede  che  codesta  ecc.ma  Corte   costituzionale   voglia
dichiarare   costituzionalmente   illegittimi   e    conseguentemente
annullare gli articoli 3, 4, 5, 8, 12, 13, 20, 23, 26, 30, 33,  45  e
46 della legge regionale Basilicata 24  luglio  2017,  n.  19  per  i
motivi illustrati nel presente ricorso. 
    Con l'originale notificato del ricorso si depositeranno: 
        1. estratto della delibera  del  Consiglio  dei  ministri  23
settembre 2017. 
          Roma, 25 settembre 2017 
 
                  L'Avvocato dello Stato: De Bellis