N. 86 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 3 novembre 2017

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 3 novembre 2017  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
Impiego  pubblico  -  Norme  della  Regione  Siciliana  -  Legge   di
  stabilita'  regionale  -  Ufficio  stampa  e  documentazione  della
  Regione - Predeterminazione criteri per la selezione del personale,
  profili  professionali  e   trattamenti   economici   con   decreto
  dell'assessore  regionale,  previa  deliberazione   di   Giunta   e
  contrattazione collettiva con la Federazione nazionale della Stampa
  italiana, firmataria del CCNL dei giornalisti. 
Sanita'  pubblica  -  Norme  della  Regione  Siciliana  -  Legge   di
  stabilita'  regionale  -  Esenzione  ticket  per  minori   affidati
  dall'autorita' giudiziaria. 
Bilancio e contabilita' pubblica - Norme della  Regione  Siciliana  -
  Legge di  stabilita'  regionale  -  Contributi  ai  Comuni  per  la
  redazione del piano amianto. 
Impresa e imprenditore - Norme della Regione  Siciliana  -  Legge  di
  stabilita' regionale - Istituzione di un  fondo  di  sostegno  alle
  imprese. 
Imposte e tasse - Norme della Regione Siciliana - Legge di stabilita'
  regionale - Tassa automobilistica regionale - Omesso, insufficiente
  o tardivo versamento -  Riscossione  mediante  iscrizione  a  ruolo
  delle somme dovute - Riferimento al triennio 2017-2019. 
Amministrazione pubblica - Norme della Regione Siciliana -  Legge  di
  stabilita' regionale - Istituzione  del  comitato  promotore  delle
  «Vie del Vento». 
Paesaggio - Norme della  Regione  Siciliana  -  Legge  di  stabilita'
  regionale - Piani paesaggistici territoriali. 
Demanio -  Norme  della  Regione  Siciliana  -  Legge  di  stabilita'
  regionale - Canoni per l'utilizzo del demanio marittimo. 
Sanita'  pubblica  -  Norme  della  Regione  Siciliana  -  Legge   di
  stabilita' regionale - Qualificazione dell'Agenzia regionale per la
  protezione dell'ambiente come ente del settore sanitario. 
Impiego  pubblico  -  Norme  della  Regione  Siciliana  -  Legge   di
  stabilita' regionale - Personale dipendente dell'Agenzia  regionale
  per la protezione ambientale. 
Professioni - Norme della Regione Siciliana  -  Legge  di  stabilita'
  regionale - Valorizzazione delle  competenze  degli  operatori  del
  settore motorio e sportivo. 
- Legge della Regione Siciliana 11 agosto 2017, n.  16  (Disposizioni
  programmatiche e correttive per l'anno 2017.  Legge  di  stabilita'
  regionale. Stralcio I, artt. 12 [, comma 3], 17, 23,  26,  34,  43,
  48, 50, 54, 55 e 56. 
(GU n.50 del 13-12-2017 )
    Ricorso ex art. 127 costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso  ex  lege  dall'Avvocatura  generale
dello Stato codice fiscale n.  80224030587,  fax  06/96514000  e  Pec
roma@mailcert.avvocaturastato.it  presso  i  cui   uffici   ex   lege
domicilia in Roma, via dei Portoghesi  n.  12,  nei  confronti  della
Regione siciliana, in persona del Presidente della  Giunta  regionale
pro-tempore per la  dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale
degli articoli 12; 17; 23; 26; 34; 43; 48; 50;  54;  55  e  56  della
legge  regionale  Sicilia  n.  16  dell'11   agosto   2017,   recante
«Disposizioni programmatiche e correttive per l'anno 2017.  legge  di
stabilita'  regionale.  Stralcio  I»,   pubblicata   nella   Gazzetta
Ufficiale della Regione Sicilia n. 35 S.O. n. 29 del 25 ottobre 2017,
giusta delibera del Consiglio dei ministri in data 24 ottobre 2017. 
    E' avviso del Governo che, con le norme denunciate  in  epigrafe,
la  Regione  siciliana  abbia  ecceduto  dalla   propria   competenza
statutaria, legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, «Conversione
in legge costituzionale dello Statuto  della  Regione  siciliana»,  e
successive  integrazioni  e  modificazioni,   in   violazione   della
normativa costituzionale, come si confida di dimostrare  in  appresso
con l'illustrazione dei seguenti 
 
                               Motivi 
 
1. L'art. 12  della  legge  Regione  Sicilia  n.  16/2017  viola  gli
articoli 117, comma 2, lett. l); 3 e 97 della Costituzione. 
    L'art. 12 prevede che l'Ufficio  stampa  e  documentazione  della
Regione presso la  Presidenza  della  Regione  sia  un  ufficio  alle
dirette dipendenze del Presidente della Regione ed il comma 3  indica
che  «i  criteri  per  la  selezione   del   personale,   i   profili
professionali e relativi trattamenti  economici  sono  predeterminati
con, decreto dell'Assessore regionale per le autonomie  locali  e  la
funzione  pubblica,  previa  deliberazione  della  Giunta   regionale
adottata su proposta dell'Assessore medesimo e previa  contrattazione
collettiva  con  la  Federazione  nazionale  della  Stampa   italiana
firmataria del CCNL dei giornalisti». 
    Al riguardo, il recente atto di indirizzo per la  riapertura  dei
tavoli di contrattazione a firma del Ministro per la  semplificazione
e la pubblica amministrazione trasmesso all'Aran  e  ai  comitati  di
settore in data 6 luglio 2017 prevede espressamente che il  tema  del
personale addetto alle  attivita'  di  informazione  e  comunicazione
delle pubbliche amministrazioni potra' essere affrontato in  sede  di
rivisitazione dei sistemi di classificazione professionale. 
    Cio' posto, la disposizione regionale in  esame,  prevedendo  una
procedura al di fuori di quella prevista per  il  restante  personale
del comparto regionale, si pone  in  contrasto  con  le  disposizioni
contenute   nel   titolo    III    (Contrattazione    collettiva    e
rappresentativita' sindacale) del decreto legislativo n. 165/2001  e,
conseguentemente con l'art. 117, lett. l),  della  Costituzione,  che
riserva alla competenza esclusiva dello Stato l'ordinamento civile e,
quindi, i rapporti di diritto privato regolabili  dal  codice  civile
(contratti collettivi). Inoltre, la disposizione regionale  contrasta
con il principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della  Costituzione
sia rispetto  al  restante  personale  della  Regione  siciliana  sia
rispetto al personale delle altre regioni  italiane,  nonche'  con  i
principi  di  buon   andamento   e   imparzialita'   della   Pubblica
amministrazione di cui all'art. 97 della Costituzione. 
    La norma contrasta, peraltro,  con  il  consolidato  orientamento
della giurisprudenza costituzionale, la quale ha ribadito piu'  volte
che la disciplina del trattamento economico dei  pubblici  dipendenti
e' riservata alla competenza legislativa  esclusiva  dello  Stato  in
materia di ordinamento civile. 
    Al riguardo si evidenzia che con la sentenza n. 189 del  2007  e'
stata  dichiarata  costituzionalmente  illegittima  una  disposizione
analoga (art. 58, comma 1,  della  legge  della  Regione  Sicilia  18
maggio 1996, n. 33) nella parte in cui  prevedeva  che  il  contratto
nazionale di lavoro giornalistico si applicasse anche ai  giornalisti
appartenenti agli uffici stampa degli enti locali. Secondo la  citata
sentenza, la norma confliggeva con il generale principio  secondo  il
quale il  trattamento  economico  dei  dipendenti  pubblici,  il  cui
rapporto di lavoro e' stato «privatizzato», deve essere  disciplinato
dalla contrattazione collettiva. Tale principio di diritto privato  -
fondato  sull'esigenza,  connessa  al  precetto   costituzionale   di
eguaglianza, di  garantire  l'uniformita'  nel  territorio  nazionale
delle regole fondamentali di diritto che disciplinano i rapporti  fra
privati - si pone  quale  limite  anche  della  potesta'  legislativa
esclusiva che lo  statuto  di  autonomia  speciale  attribuisce  alla
Regione siciliana all'art. 14, lettera  o),  in  materia  di  «regime
degli enti locali» e lettera q) in materia  di  «stato  giuridico  ed
economico degli impiegati e funzionari della  Regione»  (sentenze  n.
95/2007, n. 106/2005, n. 282/2004, sull'esigenza di  uniformita'  dei
rapporti di lavoro tra privati; sentenze n. 308/2006 e  n.  314/2003,
sul principio della regolazione  mediante  contratti  collettivi  del
trattamento economico dei dipendenti  pubblici  privatizzati  che  si
impone anche alle Regioni a statuto speciale). 
2. L'art. 17 della legge Regione Sicilia n. 16/2017 viola l'art. 117,
comma 3, della Costituzione. 
    L'art.  17,  rubricato  «Esenzione  ticket  per  minori  affidati
all'autorita' giudiziaria» introduce  una  serie  di  modifiche  alla
legge regionale 14 aprile 2009, n. 5, ampliando  la  categoria  degli
aventi diritto  all'esenzione  dal  ticket  per  motivi  di  reddito,
mediante l'inclusione anche  dei  minori  affidati  per  disposizione
dell'autorita'  giudiziaria  a  famiglie  ospitanti  dei  minori   in
adozione, per un periodo iniziale di presa in  carico  pari  ad  anni
due. 
    La normativa nazionale attualmente in vigore  non  prevede  alcun
tipo di esenzione specifica in tal senso. 
    Il riferimento va, nel dettaglio, all'art.  8,  comma  16,  della
legge n. 537 del 1993 e s.m.i., a  norma  del  quale  «sono  esentati
dalla partecipazione alla spesa sanitaria di cui ai commi 14 e  15  i
cittadini di eta' inferiore  ai  sei  anni  e  di  eta'  superiore  a
sessantacinque anni, appartenenti  ad  un  nucleo  familiare  con  un
reddito complessivo riferito all'anno precedente non superiore a lire
70 milioni». Ne deriva  che,  tra  gli  altri,  sono  esentati  dalla
partecipazione alla spesa sanitaria i cittadini di eta' inferiore  ai
sei anni, in quanto appartenenti a un nucleo familiare con un reddito
complessivo, riferito all'anno precedente, non superiore alla  soglia
ivi indicata. Pertanto,  pur  nella  consapevolezza  della  oggettiva
difficolta' di individuare un nucleo fiscale di  appartenenza  per  i
minori  affidati  a  comunita'  alloggio,  sottratti  di  fatto  alla
potesta' genitoriale e affidati a strutture ospitanti,  si  riconosce
l'esenzione dal ticket ove di eta' inferiore a sei anni. 
    Proprio sulla scorta di tale interpretazione sono stati  superati
i rilievi mossi, in sede di Comitato LEA in ordine a quanto  previsto
dall'art. 30, comma  2,  legge  regionale  n.  5/2009  che  la  legge
regionale n. 16/2017 citata, come gia' detto, modifica. 
    In sostanza la legge regionale n.  16/2017,  introducendo  l'art.
17,  supera  la  richiamata  interpretazione,  finendo  per  ampliare
ulteriormente il novero degli aventi diritto all'esenzione attraverso
l'inclusione anche di quei minori per i quali il  nucleo  fiscale  di
appartenenza e' facilmente individuabile. 
    Inoltre, va  considerato  che  i  minori  di  anni  sei  dati  in
affidamento o in adozione entrano a fare parte del nucleo fiscale dei
genitori  affidatari/adottivi  e,  pertanto,  godono   delle   stesse
detrazioni fiscali previste  per  i  figli  legittimi/naturali,  alle
medesime condizioni reddituali. 
    Ne consegue  che  il  diritto  all'esenzione  riconosciuto  dalla
normativa  in  esame  si  configura  come  un  ulteriore  livello  di
assistenza sanitaria  e  come  tale  non  previsto  dal  decreto  del
Presidente del  Consiglio  dei  ministri  12  gennaio  2017,  recante
«definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di
cui all'art. 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n.
502» che, peraltro, la Regione siciliana, essendo impegnata nel piano
di rientro del disavanzo sanitario non puo'  garantire,  neppure  con
risorse di natura sociale, come riconosciuto dalla  sentenza  n.  104
del 2013. 
    Le regioni impegnate nei Piani di rientro dal disavanzo sanitario
sono sottoposte al divieto di effettuare spese  non  obbligatorie  ai
sensi dell'art. 1, comma 174, della  legge  n.  311  del  2004,  come
rimarcato, appunto, nella sentenza n. 104 del 2013 citata. 
    Per le precedenti considerazioni l'art. 17 della legge  regionale
n. 16/2017, nel disporre l'assunzione a carico del bilancio regionale
di oneri aggiuntivi per garantire  ulteriori  livelli  di  assistenza
supplementare eccede dalle competenze statutarie di cui agli articoli
14 e 17, viola il principio  di  contenimento  della  spesa  pubblica
sanitaria, quale principio di coordinamento della finanza pubblica  e
conseguentemente e in contrasto con l'art. 117,  terzo  comma,  della
Costituzione. 
    Come e'  stato  di  recente  ribadito  dalla  Corte  proprio  con
riguardo alla Regione siciliana (sentenza n. 46 del 2015), di regola,
«i principi di coordinamento  della  finanza  pubblica  recati  dalla
legislazione statale si applicano  anche  ai  soggetti  ad  autonomia
speciale (sentenza n. 36 del 2004; sentenze n. 54 del  2014,  n.  229
del 2011, n. 169 e n. 82 del 2007, n, 417  del  2005  e  n.  353  del
2004)» (sentenza n. 77/2015). 
3. L'art. 23 della legge Regione Sicilia n. 16/2017 viola l'art.  81,
comma 3 della Costituzione. 
    L'art.  23  autorizza  l'Assessore  regionale  per  l'energia  ad
emanare un bando per la concessione dei contributi ai comuni  per  la
redazione del Piano comunale amianto e per gli interventi finalizzati
alla rimozione e smaltimento  dei  manufatti  in  amianto.  Per  tali
finalita' per l'esercizio 2017 e' autorizzata la spesa di  2  milioni
di euro a valere sul Fondo di sviluppo e coesione 2014-2020. 
    Si osserva  che,  con  delibera  Comitato  interministeriale  per
la programmazione economica n. 26/2016, a valere sul  predetto  Fondo
2014-2020,  sono  state  assegnate  alla  Regione  siciliana  2.320,4
milioni di euro per l'attuazione degli interventi inseriti nel  Patto
per il sud. Tuttavia, tra gli  interventi  ivi  previsti  non  sembra
ricompreso quello di  cui  all'articolo  in  oggetto.  Pertanto,  non
sussistendo la copertura ivi indicata, la  disposizione  comporta  la
violazione dell'art. 81, terzo comma, della  Costituzione  ed  eccede
dalle competenze statutarie di cui agli articoli 14 e 17. 
    L'art. 81, comma 3,  della  Costituzione  dispone,  infatti,  che
«Ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi  per
farvi fronte». 
    In applicazione di tale principio generale  di  contabilita'  che
vincola anche le regioni a statuto speciale e le  province  autonome,
ciascuna legge che comporti oneri  nuovi  o  maggiori  deve  indicare
espressamente per ciascun anno e  per  ogni  intervento  previsto  la
spesa autorizzata, intesa quale tetto massimo, e che  le  leggi  e  i
provvedimenti con effetti  onerosi  a  carico  dei  bilanci  pubblici
devono contenere la  previsione  e  la  copertura  dell'onere  stesso
riferita ai bilanci annuali e pluriennali. 
    La Corte, richiamando i propri precedenti in tema di chiarezza  e
solidita'  del  bilancio  ai  quali  si  ispira   l'art.   81   della
Costituzione (sentenze n. 131/2012; n. 272 e n. 106 del  2011)  e  di
copertura di nuove spese (sentenze n. 131/2012 citata e n. 100/2010),
ha sottolineato lo stretto collegamento tra  la  legge,  la  nuova  e
maggior spesa che essa comporta e la relativa copertura  finanziaria,
che non puo' essere ricercata in altre disposizioni, ma  deve  essere
indicata nella legge stessa, al  fine  di  evitare  che  gli  effetti
possano  dare  luogo  a  stanziamenti  privi   della   corrispondente
copertura. 
4. L'art. 26 della legge Regione Sicilia n. 16/2017 viola l'art. 117,
comma 1 della Costituzione. 
    L'art. 26 istituisce un fondo a sostegno delle  imprese  e/o  per
favorire la loro defiscalizzazione, introducendo, cosi',  una  misura
rilevante ai fini della normativa europea  e  nazionale  in  tema  di
aiuti  di  stato;  infatti,  l'efficacia  della  norma  non   risulta
subordinata all'autorizzazione della Commissione  europea,  ai  sensi
degli artt. 107 e 108 del TFUE. Inoltre, con riferimento alle risorse
del   FSC   2014-2020,   indicate    come    copertura    finanziaria
dell'autorizzazione di spesa di  cui  al  comma  2  dell'articolo  in
esame, si osserva che  con  delibera Comitato  interministeriale  per
la programmazione economica a 26/2016 a valere sul FSC 2014-2020 sono
state assegnate alla Regione siciliana 2.320,4 milioni  di  euro  per
l'attuazione degli interventi inseriti nel Patto per il sud. 
    Tra gli interventi ivi previsti, tuttavia, non sembra  ricompreso
quello di cui all'articolo in  oggetto.  Pertanto,  non  sussiste  la
copertura ivi indicata. Pertanto, la disposizione regionale viola sia
l'art. 81, comma 3, della Costituzione,  sia  l'art.  117,  comma  1,
laddove stabilisce che la potesta' legislativa  e'  esercitata  dalle
regioni  nel  rispetto   dei   vincoli   derivanti   dall'ordinamento
comunitario  e  dagli  obblighi  internazionali   ed   eccede   dalle
competenze di cui agli articoli 14 e 17 dello Statuto  della  Regione
siciliana. 
    Anche in questo caso va ricordato che l'art. 81, comma  3,  della
Costituzione dispone, infatti, che «Ogni legge che  importi  nuovi  o
maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte». 
    In applicazione di tale principio generale  di  contabilita'  che
vincola anche le regioni a statuto speciale e le  province  autonome,
ciascuna legge che comporti oneri  nuovi  o  maggiori  deve  indicare
espressamente per ciascun anno e  per  ogni  intervento  previsto  la
spesa autorizzata, intesa quale tetto massimo e  che  le  leggi  e  i
provvedimenti con effetti  onerosi  a  carico  dei  bilanci  pubblici
devono contenere la  previsione  e  la  copertura  dell'onere  stesso
riferita ai bilanci annuali e pluriennali. 
    Come gia' evidenziato, la Corte, richiamando i propri  precedenti
in tema di chiarezza e solidita' del  bilancio  ai  quali  si  ispira
l'art. 81 della Costituzione (sentenze n. 131/2012; n. 272 e  n.  106
del 2011) e di copertura di nuove spese (sentenze n. 131/2012  citata
e n. 100/2010), ha sottolineato lo stretto collegamento tra la legge,
la nuova e maggior spesa che essa comporta e  la  relativa  copertura
finanziaria, che non puo' essere ricercata in altre disposizioni,  ma
deve essere indicata nella legge stessa, al fine di evitare  che  gli
effetti possano dare luogo a stanziamenti privi della  corrispondente
copertura. 
5. L'art. 34  della  legge  Regione  Sicilia  n.  16/2017  viola  gli
articoli 117, comma 2, lett. e), 3, 53 e 97 della Costituzione. 
    L'art. 34, nel modificare l'art. 19, comma  1,  della  precedente
legge regionale n. 24 del 2016,  aggiunge  dopo  le  parole  «mancato
ravvedimento», l'inciso «per  il  triennio  2017-  2019».  Attraverso
l'introduzione del predetto riferimento temporale, viene circoscritta
al  triennio  2017-2019  l'efficacia   della   previsione   contenuta
nell'art. 19, comma 1, della legge n. 24 del 2016, fatta  oggetto  di
una precedente impugnativa costituzionale  per  violazione  dell'art.
117, secondo comma,  lettera  e),  3,  53  e  97  della  Costituzione
(delibera del Consiglio dei ministri del 2 febbraio 2017). 
    Tale norma, infatti,  ha  introdotto,  in  relazione  alla  tassa
automobilistica regionale,  una  procedura  atipica  di  riscossione,
consistente nella diretta iscrizione a ruolo delle  somme  dovute  in
caso di mancato ravvedimento  da  parte  del  contribuente.  Risulta,
cosi', omessa la fase  dell'accertamento  e  ridotte  le  garanzie  a
favore del contribuente previste  in  questa  fase  del  procedimento
impositivo, prodromica alla riscossione coattiva. 
    L'intervento del legislatore regionale, in pendenza del  giudizio
dinanzi alla Corte costituzionale,  sebbene  apprezzabile  nella  sua
finalita' di limitare la durata  di  tale  previsione,  mantiene  gli
stessi vizi gia' riscontrati nella  precedente  analoga  impugnazione
dell'art. 19, comma 1, citato. 
    Con tale  disposizione  e'  stato  introdotto  all'art.  2  della
precedente legge regionale n. 16 del 2015 (Norme in materia di  tasse
automobilistiche), un comma 2-bis che prevedeva che  «...in  caso  di
mancata ravvedimento, la Regione provvede, ai sensi dell'art. 12  del
decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre  1973,  n.  602,
sulla base delle notizie occorrenti per l'applicazione del tributo  e
per l'individuazione del proprietario del veicolo ...  all'iscrizione
a ruolo delle somme dovute che costituisce accertamento per l'omesso,
insufficiente o tardivo  versamento  della  tassa  automobilistica  e
l'irrogazione delle sanzioni e dei relativi accessori». 
    La procedura delineata dalla norma regionale n. 24/2016 - che  fa
coincidere  l'accertamento  per  l'omesso,  insufficiente  o  tardivo
versamento della tassa automobilistica e l'irrogazione delle sanzioni
con la diretta iscrizione  a  ruolo  delle  somme  dovute,  ai  sensi
dell'art. 12 del decreto del Presidente della Repubblica n.  602  del
1973  (norma,  questa,  espressamente  richiamata   dal   legislatore
regionale e che, appunto, disciplina la formazione e il contenuto del
ruolo) - recava aspetti di illegittimita' costituzionale,  in  quanto
non e' consentita ne'  dalla  legislazione  statale,  che  disciplina
specificamente  la  tassa  automobilistica   regionale,   ne'   dalle
disposizioni generali dell'ordinamento tributario. 
    Come indicato nella precedente impugnativa, il  quadro  normativo
della materia risulta, infatti, cosi' composto: 
        1) ai sensi dell'art. 5 comma 52 del decreto-legge n. 953 del
1982, l'azione dell'amministrazione finanziaria per il recupero della
tassa auto si prescrive con il decorso del terzo  anno  successivo  a
quello in cui doveva essere effettuato il pagamento; 
    2)  l'art.  23  del  decreto  legislativo  n.   504   del   1992,
nell'attribuire alle regioni a statuto  ordinario  il  gettito  della
tassa, attraverso il rinvio al successivo art. 27, opera a sua  volta
un rinvio alle  norme  statali  che  regolano  gli  analoghi  tributi
erariali nelle  regioni  a  statuto  speciale  (tra  cui  appunto  la
Sicilia) 
    3) l'art. 17, comma 10, della legge n. 449 del 1997 demanda  alle
regioni  la  riscossione,  accertamento,  il  recupero,  i  rimborsi,
l'applicazione  delle  sanzioni  e  il  contenzioso   amministrativo,
rinviando alle modalita' stabilite con apposito decreto ministeriale; 
        4) l'art.  3  del  decreto  ministeriale  n.  418  del  1998,
attuativo  della  predetta  norma,  e  significativamente   rubricato
«Accertamento,  recupero,  rimborsi»,  al  comma 1   stabilisce   che
l'accertamento del regolare assolvimento delle tasse automobilistiche
con il conseguente recupero o rimborso sono svolti  dalle  regioni  a
mezzo dei propri uffici individuati secondo gli ordinamenti regionali
e, il successivo comma 2, poi, precisa che «la  riscossione  coattiva
delle tasse automobilistiche  e'  svolta  a  norma  del  decreto  del
Presidente della Repubblica 28 gennaio 1988, n. 43». 
    Da tale quadro  normativo  risulta,  pertanto,  evidente  che  la
volonta' del legislatore statale e' quella di mantenere ferma,  anche
per la tassa automobilistica regionale, come per gli  altri  tributi,
la distinzione tra le varie fasi del procedimento  impositivo  e,  in
particolare, quella  tra  accertamento  e  riscossione  coattiva.  In
sostanza, anche per la tassa auto, solo in caso di mancato  pagamento
spontaneo da parte del contribuente  a  seguito  delle  procedure  di
accertamento e  alla  scadenza  dei  termini  previsti,  puo'  essere
attivata la fase della riscossione coattiva,  mediante  iscrizione  a
ruolo del debito d'imposta, quale fase patologica di applicazione del
tributo dovuto. 
    Come precisato della giurisprudenza  di  legittimita'  (Corte  di
Cassazione,  sentenza  n.  1658  del  24  gennaio  2013),  in  ambito
tributario la tipizzazione degli atti  del  procedimento  impositivo,
peraltro secondo una scansione cronologica precisa, assume un rilievo
essenziale,  in  quanto  funzionale  all'esigenza  dello   Stato   di
riscuotere i  crediti  tributari.  Peraltro,  quando  il  legislatore
tributario  ha   ritenuto   praticabile   un   percorso   diverso   e
semplificato, in  ragione  di  esigenze  di  razionalizzazione  e  di
contrasto all'evasione, lo ha fatto adottando specifiche norme, quali
quelle contenute nell'art. 29  del  decreto-legge  n.  78  del  2010,
rubricato  «Concentrazione  della   riscossione   nell'accertamento»,
limitandolo comunque solo  a  determinati  tributi  e  a  determinate
annualita' d'imposta. 
    Al di fuori, dunque, delle ipotesi  espressamente  delineate  dal
legislatore statale, non e' legittimo  l'intervento  del  legislatore
regionale di prevedere procedure atipiche di riscossione della  tassa
automobilistica, omettendo la fase dell'accertamento, quale fase  del
procedimento  impositivo  prodromica  alla  riscossione  coattiva,  e
riducendo cosi' le garanzie partecipatine in favore del contribuente. 
    La norma regionale si pone, pertanto, in contrasto anche  con  le
disposizioni a tutela del contribuente contenute nella legge  n.  212
del 2000 (Statuto dei diritti del contribuente), che, com'e' noto, in
attuazione  degli  articoli  3,  23,  53  e  97  della  Costituzione,
costituiscono principi generali dell'ordinamento tributario. 
    Si evidenzia, inoltre, che, come piu' volte chiarito dalla  Corte
(da ultimo, con le  sentenze  n.  199  e  242  del  2016),  la  tassa
automobilistica regionale ha natura di tributo proprio derivato, «con
tutte le conseguenze che si  devono  trarre  riguardo  alla  potesta'
legislativa regionale». Pertanto e' inibito al legislatore  regionale
un qualsiasi intervento che incida su  un  aspetto  della  disciplina
sostanziale  del  tributo,  riservato  alla  competenza   legislativa
esclusiva dello Stato, ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera
e) della Costituzione. 
6. L'art. 43 della legge Regione Sicilia n. 16/2017 viola l'art. 117,
comma 3, della Costituzione. 
    L'art. 43 prevede la costituzione di un Comitato promotore  delle
«Vie del Vento»  composto  da  delegati  del  Presidente  del  libero
Consorzio, dai Sindaci  dei  comuni  interessati,  da  rappresentanti
della locale Camera di commercio e delle aziende le cui attivita'  si
svolgono nel  territorio  attraversato  dalle  «Vie  del  Vento».  Il
regolamento di attuazione ,e' approvato dal Presidente della  Regione
entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della legge. 
    Al riguardo, la disposizione e illegittima nella parte in cui non
prevede che il presupposto della partecipazione al Comitato avvenga a
titolo gratuito, nel rispetto delle disposizioni contenute  nell'art.
6, comma 2, del decreto-legge n. 78/2010 titolato «Misure urgenti  in
materia  di   stabilizzazione   finanziaria   e   di   competitivita'
economica», violando cosi' anche il principio di coordinamento  della
finanza  pubblica  sancito   all'art.   117,   comma   terzo,   della
Costituzione e le competenze di cui  agli  articoli  14  e  17  dello
Statuto della Regione Sicilia. 
7. L'art. 48 della legge Regione Sicilia n. 16/2017 viola l'art. 117,
comma 3, della Costituzione. 
    L'art.  48  dispone  che  i  Piani  paesaggistici   territoriali,
nell'individuare  le  specifiche  aree  di  tutela  e  predispone  le
conciate  prescrizioni  d'uso,  nel  rispetto  dei  principi  di  cui
all'art. 143 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n.  42,  devono
prevedere  la  possibilita'  che  le  opere  di   pubblica   utilita'
realizzate da enti pubblici  o  societa'  concessionarie  di  servizi
pubblici e  con  esclusione  dell'impiantistica  di  trattamento  dei
rifiuti comprese le discariche, siano realizzabili, previa  specifica
valutazione   da   effettuarsi   caso   per   caso   della   concreta
compatibilita' con i  valori  paesaggistici  oggetto  di  protezione,
considerando nel complesso del progetto anche le possibili  soluzioni
in  grado  di  ridurre,   compensare   o   eliminare   le   eventuali
incompatibilita'. 
    La previsione del comma 1 esclude,  per  legge,  la  possibilita'
della  cosiddetta  «opzione  zero»  in  sede  di  valutazione   della
compatibilita' paesaggistica della realizzazione, in aree  vincolate,
di  una  eterogenea  pluralita'  di  «opere  di  pubblica  utilita'»,
riducendo il potere autorizzativo alla sola prescrizione di modalita'
di mitigazione dell'impatto dell'opera sul  paesaggio.  In  sostanza,
opere di potenziale  forte  impatto  paesaggistico,  quali  i  parchi
eolici, gli impianti per  produzione  di  energia  idroelettrica,  ma
anche  opere  di  ricettivita'  turistico-alberghiera   che   fossero
qualificate  di  pubblica  utilita'  dalla  legislazione   regionale,
risulterebbero, in base alla norma in esame, gia' autorizzate ex lege
nel  «se»  possano  essere  realizzate,  con  svuotamento  della  pur
necessaria  autorizzazione   paesaggistica   (a   valle   del   piano
paesaggistico), in tal modo vincolata ad  assentire  l'intervento  e,
come detto, ridotta alla esclusiva possibilita' di dettare misure  di
mitigazione. 
    Tale previsione svuota di contenuto reale il controllo di  tutela
paesaggistica riservato in tutta la sua pienezza, con norma di grande
riforma economico-sociale contenuta nell'art. 146 del codice dei beni
culturali e del paesaggio, alla competenza tecnico-scientifica  degli
uffici amministrativi preposti alla tutela paesaggistica. 
    La disposizione regionale in esame viola, altresi', la  norma  di
grande riforma economico sociale contenuta nell'art. 143 del  codice,
che, nel dettare i contenuti possibili del piano  paesaggistico,  non
prevede affatto una tale  limitazione  al  potere  di  autorizzazione
paesaggistica. 
    Il comma 2 stabilisce che la procedura di valutazione e'  avviata
con istanza avanzata dal proponente l'opera all'Assessorato regionale
dei beni culturali e  dell'identita'  siciliana.  La  valutazione  si
conclude entro trenta giorni dalla presentazione  dell'istanza  ed  e
espressa  con  delibera   della   Giunta   regionale,   su   proposta
dell'assessore  regionale  per  i  beni   culturali   e   l'identita'
siciliana. 
    Merita censura, altresi', la  norma  in  esame,  che  attribuisce
all'organo politico - la Giunta regionale su proposta  dell'Assessore
regionale  -  la  decisione  sull'istanza  avanzata  dal  proponente,
sottraendo tale potere alla competenza naturale degli organi  tecnici
di  valutazione  di  compatibilita'   ambientale   degli   interventi
progettati. 
    E' noto che le disposizioni di cui agli articoli 143  e  146  del
codice dei beni culturali e del paesaggio sono state qualificate come
norme di grande riforma economico-sociale (sentenze n. 164 del  2009,
n. 238 del 2013 e  n.  210  del  2014).  Esse,  in  quanto  tali,  si
impongono anche alla potesta' legislativa primaria delle  regioni  ad
autonomia speciale. 
    Con il successivo comma 3 «Le opere di cui al comma 1 nonche'  le
attivita' estrattive che, prima della data di  adozione  dei  singoli
Piani paesaggistici territoriali,  abbiano  gia'  ricevuto  il  nulla
osta, pareri favorevoli o autorizzazioni comunque denominate da parte
di una Amministrazione regionale o locale competente  in  materia  di
tutela paesaggistico territoriale ai sensi del decreto legislativo n.
42/2004, ovvero per i quali la Regione abbia gia' rilasciato atti  di
intesa allo Stato, possono essere realizzate nel rispetto dei  tempi,
delle  forme  e  delle  modalita'  ivi  previste,   senza   ulteriori
valutazioni.» 
    Se le disposizioni ivi contenute al comma 3 dell'art. 48, fossero
riferibili esclusivamente ad opere  pubbliche  dello  Stato,  per  le
quali lo Stato abbia chiesto l'intesa  ai  sensi  della  legislazione
vigente, allora il comma non  presenterebbe  profili  di  criticita'.
Diversamente, ove, invece, esse fossero riferibili a tutte  le  opere
del comma 1 e alle attivita' estrattive, anche proposte da privati  o
da  altri  soggetti  diversi  dallo  Stato;   non   essendo   agevole
comprendere  se  il  testo  si  risolva  in  una  mera  salvezza  dei
procedimenti  autorizzatori  gia'  conclusi  (nel  qual  caso   nulla
quaestio), la norma e' censurata come incostituzionale per violazione
dell'art. 146 del codice laddove intenda derogare al regime ordinario
e disporre per legge la conclusione favorevole anche di  procedimenti
ancora in itinere. 
    Conclusivamente, per le  esposte  ragioni,  l'art.  48  viola  il
Codice dei beni culturali e del  paesaggio,  decreto  legislativo  n.
42/2004, l'art. 9 e l'art. 117, lett. s), della Costituzione e l'art.
14 dello Statuto della Regione,  che,  sebbene  affidi  alla  Regione
legislazione esclusiva in materia di tutela del paesaggio (lett.  n),
stabilisce che la stessa debba esercitarla  nei  limiti  delle  leggi
costituzionali dello Stato e nel rispetto  delle  norme  fondamentali
delle riforme economico sociali della Repubblica. 
8. L'art. 50 della legge Regione Sicilia n. 16/2017 viola l'art. 117,
comma 3, della Costituzione. 
    L'art. 50, prevedendo che «I canoni per  l'utilizzo  del  demanio
marittimo, ivi compresi i canoni ricognitori, non sono dovuti per  lo
svolgimento di feste religiose o civili riconosciute dalla  Regione»,
viola  l'art.  11,  comma  3,  della  Costituzione  in   materia   di
coordinamento della finanza pubblica; alla luce sia del codice  della
navigazione, che non  contempla  ipotesi  di  utilizzo  gratuito  del
demanio marittimo da parte di privati - prevedendo, tutt'al piu',  un
canone ricognitorio nelle concessioni per fini di beneficenza  e  per
altri fini di pubblico interesse,  ai  sensi  dell'art.  39,  secondo
comma,  del  Codice  della   Navigazione,   sia   il   principio   di
ragionevolezza, atteso che la prevista non debenza dei canoni,  anche
ricognitori, appare misura generalizzata e  non  limitata  alle  sole
concessioni che, laddove interessate dallo svolgimento delle feste in
discorso,  potrebbero   subire   un   pregiudizio   per   l'ordinario
svolgimento dell'attivita' di impresa. 
    Per le precedenti considerazioni l'art. 50 della legge  regionale
n. 16/2017 eccede dalle competenze statutarie di cui agli articoli 14
e 17 e viola il principio di contenimento della spesa pubblica, quale
principio di coordinamento della finanza pubblica e  conseguentemente
e in contrasto con l'art. 117, terzo comma, della Costituzione. 
    Come la Corte ha di recente ribadito proprio  con  riguardo  alla
Regione siciliana, che «(sentenza n. 46 del 2015), [..] di regola,  i
principi  di  coordinamento  della  finanza  pubblica  recati   dalla
legislazione statale si applicano  anche  ai  soggetti  ad  autonomia
speciale (sentenza n. 36 del 2004; in seguito,  sentenze  n.  54  del
2014, n. 229 del 2011, n. 169 e n. 82 del 2007, n. 417 del 2005 e  n.
353 del 2004)» (sentenza n. 77/2015). 
9. L'art. 54  della  legge  Regione  Sicilia  n.  16/2017  viola  gli
articoli 81, comma 3, e 117, comma 3, della Costituzione. 
    L'art. 54, che aggiunge il comma 2-ter  e  2-quater  all'art.  90
della legge regionale 3 maggio 2001,  n.  6,  definisce  e  qualifica
l'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente (ARPA) quale ente
del settore sanitario di cui al  comma  3  dell'art.  4  della  legge
regionale 14 maggio 2009, n. 6 e successive modifiche ed integrazioni
e di cui alla legge regionale 29 dicembre 2008, n. 25. 
    In disparte la  questione  che  l'Agenzia  non  svolge  attivita'
prettamente  o  prevalentemente  sanitaria,  tale  previsione  e'  in
contrasto con gli articoli 1,  3  e  4  del  decreto  legislativo  n.
502/1992, che non prevede tale  tipologia  di  ente  quale  ente  del
Servizio sanitario nazionale. 
    Pertanto, l'articolo si pone in contrasto con l'art.  117,  terzo
comma, in materia di tutela della salute  e  di  coordinamento  della
finanza pubblica  e  con  l'art.  81  della  Costituzione  in  quanto
suscettibile di  generare  oneri  a  carico  del  Servizio  sanitario
nazionale non quantificati e non coperti ed eccede  dalle  competenze
statutarie di cui all'art. 17, lett. b) e c). 
    Per le precedenti considerazioni l'art. 54 della legge  regionale
n. 16/2017 citato eccede dalle  competenze  statutarie  di  cui  agli
articoli 14 e 17 e viola il principio  di  contenimento  della  spesa
pubblica sanitaria, quale principio di  coordinamento  della  finanza
pubblica e conseguentemente e in  contrasto  con  l'art.  117,  terzo
comma, della Costituzione. 
    Si richiamano al riguardo i principi affermati dalla Corte  nella
gia' citata sentenza n. 77/2015. 
10. L'art. 55 della legge Regione Sicilia  n.  16/2017  viola  l'art.
117, comma 2, lett. l), della Costituzione. 
    L'art. 55 dispone, ai fini della  riqualificazione  professionale
del personale dipendente,  l'applicazione  del  Contratto  collettivo
nazionale di lavoro  Sanita'  al  personale  dipendente  dell'Agenzia
regionale per la protezione dell'ambiente, ivi compreso il  personale
in comando, e la  conseguente  applicazione  di  tutti  gli  istituti
contrattuali. 
    Al riguardo, si evidenzia  preliminarmente  che  gia'  l'art.  90
della legge  regionale  n.  6/2001,  nel  disciplinare  l'istituzione
dell'Agenzia regionale per la protezione  dell'ambiente,  dispone  al
comma 2-bis che «al personale dell'Agenzia, ivi  comprese  le  figure
dirigenziali,  si  applica  il  Contratto  collettivo  nazionale  del
servizio sanitario». 
    Premesso cio', si rileva che  la  previsione  in  esame,  laddove
include anche  il  personale  in  posizione  di  comando  nell'ambito
applicativo del CCNL Sanita', non appare coerente  con  la  normativa
vigente in materia di comando  ed  in  particolare  con  il  disposto
normativo di cui all'art. 70, comma 12, del  decreto  legislativo  n.
165/2001, secondo  cui  «In  tutti  i  casi,  anche  se  previsti  da
normative  speciali,  nei  quali  enti  pubblici  territoriali,  enti
pubblici non economici o altre amministrazioni pubbliche,  dotate  di
autonomia finanziaria sono tenute ad autorizzare la utilizzazione  da
parte di altre pubbliche amministrazioni  di  proprio  personale,  in
posizione di comando, di fuori ruolo, o in altra  analoga  posizione,
l'amministrazione    che    utilizza    il     personale     rimborsa
all'amministrazione di appartenenza l'onere relativo  al  trattamento
fondamentale». 
    L'art. 55, nella sua formulazione letterale, si pone in contrasto
con l'art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione,  nella
parte in cui individua il comparto di riferimento  del  personale  de
quo  in  violazione  delle  disposizioni  contenute  nel  titolo  III
(Contrattazione  collettiva  e  rappresentativita'   sindacale)   del
decreto legislativo 165/2001. Infatti, come  costantemente  affermato
dalla Corte costituzionale, sono lesive  della  competenza  esclusiva
dello Stato nella materia dell'ordinamento civile le norme  regionali
contenenti l'individuazione della disciplina giuridica  ed  economica
dei dipendenti regionali, anche laddove siano meramente ripetitive di
clausole contrattuali collettive. Secondo il consolidato orientamento
della  Corte  (ex  multis  sentenze  n.  151/2010,  7/2011,  77/2011,
286/2013 e 61/2014), infatti, la disciplina del trattamento giuridico
ed economico dei pubblici  dipendenti  e  riservata  alla  competenza
legislativa esclusiva dello Stato in materia  di  ordinamento  civile
(art. 117, secondo comma, lettera l),  della  Costituzione).  Eccede,
peraltro anche dalla competenza di cui agli articoli 14  e  17  dello
Statuto della Regione. 
11. L'art. 56 della legge Regione Sicilia  n.  16/2017  viola  l'art.
117, comma 3, della Costituzione. 
    L'art. 56, nel sostituire  l'art.  1  della  legge  regionale  n.
29/2014,  dispone  che  "1.  Al  fine  di  valorizzare   la   pratica
dell'attivita' fisica e di garantire il  corretto  svolgimento  delle
attivita' fisicomotorie nonche'  di  salvaguardare  la  tutela  della
salute,  la  Regione  riconosce  e  valorizza  le  competenze   degli
operatori del settore motori o e sportivo, con  particolare  riguardo
ai soggetti in possesso della laurea in Scienze  motorie  di  cui  al
decreto legislativo 8 maggio 1998, n. 178 o del diploma universitario
dell'Istituto superiore di educazione fisica (ISEF) di cui alla legge
7 febbraio 1958, n. 88. Nelle strutture  sanitarie  e  sociosanitarie
pubbliche e private sia  ai  fini  del  mantenimento  della  migliore
efficienza fisica nelle differenti fasce d'eta' e nei confronti delle
diverse abilita' sia ai fini di socializzazione e di prevenzione,  la
Regione   riconosce    l'esercizio    dell'attivita'    professionale
esclusivamente svolta da soggetti in possesso di  laurea  in  Scienze
motori e o del diploma ISEF.» 
    2. La Regione,  nell'ambito  della  diffusione  della  pratica  e
dell'esercizio delle attivita' fisico-motorie, promuove la tutela dei
praticanti allo scopo di migliorarne la  qualita'  della  vita  e  il
benessere." 
    Al riguardo si evidenzia che i professori di educazione fisica, i
cosiddetti diplomati ISEF  o  i  piu'  recenti  laureati  in  scienze
motorie, in quanto operatori formati per il settore dell'istruzione e
dello sport, non sono  da  equiparare  ai  fisioterapisti,  che  sono
professionisti  sanitari  il  cui  profilo  e  previsto  dal  decreto
ministeriale 14 settembre 1994, n. 741 ed il cui percorso formativo e
la  laurea  triennale   abilitante   all'esercizio   della   relativa
professione sanitaria. 
    Sul punto  si  evidenzia  che  l'art.  2,  comma  7  del  decreto
legislativo n. 178/1998 prevede che: «Il diploma di laurea in scienze
motorie  non  abilita  all'esercizio  delle  attivita'  professionali
sanitarie di competenza dei laureati in medicina  e  chirurgia  e  di
quelle  di  cui  ai  profili  professionali  disciplinati  ai   sensi
dell'art. 6, comma 3, del decreto legislativo 30  dicembre  1992,  n.
502, e successive modificazioni e integrazioni». 
    Relativamente  alla  materia  delle   professioni,   oggetto   di
competenza  concorrente,  la  giurisprudenza   costituzionale   ormai
consolidata ha evidenziato che il legislatore regionale e'  tenuto  a
rispettare  il  principio  per  cui  l'individuazione  delle   figure
professionali, con i relativi titoli  abilitanti,  e  riservata  allo
Stato (sentenze n. 153/2006 e n. 300/2007), ai sensi  dell'art.  117,
terzo comma, della Costituzione. La Regione, pertanto,  eccede  anche
dalle competenze statutarie sancite negli articoli 14 e 17. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Per i suesposti motivi si conclude perche' gli articoli  12;  17;
23; 26; 34; 43; 48; 50; 54; 55; e 56 della legge regionale Sicilia n.
16  dell'11  agosto  2017,  recante  «Disposizioni  programmatiche  e
correttive per l'anno 2017. Legge di stabilita' regionale. Stralcio I
indicata   in   epigrafe,   siano    dichiarati    costituzionalmente
illegittimi. 
    Si produce  l'estratto  della  deliberazione  del  Consiglio  dei
ministri del 24 ottobre 2017. 
      Roma, 24 ottobre 2017 
 
         p. Il Vice avvocato generale dello Stato: Palmieri 
 
 
                  Vice avvocato generale: De Bellis