N. 11 ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 gennaio 2018
Ordinanza del 5 gennaio 2018 del Tribunale di Venezia sul ricorso proposto da Cellini Pier Michele contro Presidenza del Consiglio dei ministri, Ministero dell'interno e Ministero affari esteri. Elezioni - Elettorato attivo - Cittadini italiani residenti all'estero - Esercizio del voto per corrispondenza - Disciplina delle modalita' di voto. - Legge 27 dicembre 2001, n. 459 (Norme per l'esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all'estero), artt. 1, comma 2; 2; 4-bis; 12 e 14.(GU n.3 del 17-1-2018 )
TRIBUNALE DI VENEZIA Sezione Terza Civile Il Giudice, sciogliendo la riserva assunta all'udienza del 13 ottobre 2017, premessa l'infondatezza dell'eccezione pregiudiziale di incompetenza del Giudice monocratico sollevata dai resistenti, atteso che la disciplina delle modalita' di voto degli italiani residenti all'estero, non puo' essere ritenuta afferente allo status proprio di elettore e considerato che di tale status i ricorrenti si affermano pienamente titolari, ne' ritengono che esso sia di per se' (in quanto status, appunto) violato dalle disposizioni contenute nella normativa in questione, la quale, invece, viene ritenuta pregiudizievole del suo effettivo esercizio del diritto conforme a Costituzione. Non trattandosi, quindi, di azione avente ad oggetto l'accertamento della esistenza o inesistenza delle prerogative discendenti dallo status di elettore, essa rimane sottratta al raggio applicativo dell'art. 50-bis, n. 1, c.p.c.; Ritenuta peraltro la carenza di legittimazione attiva del ricorrente Antonio Guadagnini, cittadino italiano residente in Italia, al quale non si puo' pertanto riferire la disciplina sub iudice - quantomeno nell'unica prospettiva de iure condito cui sia chiamato a misurarsi ogni procedimento giurisdizionale; Ritenuta la legittimazione attiva dell'altro ricorrente, Pier Michele Cellini, in quanto cittadino iscritto nei collegi elettorale degli italiani residenti all'estero ed iscritti all'A.I.R.E.; Preso atto che egli chiede, «nel merito: - dichiarare che tramite il c.d. «voto per corrispondenza» il diritto di voto dell'odierno ricorrente Dott. Pier Michele Cellini non puo' essere stato esercitato (nel passato) e non potra' nemmeno essere esercitato (anche nell'immediato futuro) in modo libero e diretto, con pieno e completo rispetto delle garanzie di segretezza e personalita' del voto, e comunque secondo i caratteri previsti e garantiti dalla Costituzione e dal Protocollo 1 C.E.D.U.; - conseguentemente, ripristinare il diritto di voto dell'odierno ricorrente dott. Cellini secondo modalita' conformi alla legalita' costituzionale. A tal fine, in via cautelare: nel contraddittorio delle parti, previa rimessione alla Corte costituzionale delle sottoindicate questioni di costituzionalita' della vigente disciplina di voto degli italiani all'estero, voglia disporre sino alla pronuncia della Corte Costituzionale la temporanea sospensione in parte qua degli atti viziati dalla denunciata illegittimita', cioe' dei suddetti provvedimenti ministeriali con i quali e' stato dato l'avvio al complesso procedimento delle operazioni referendarie [indette per il 4 dicembre 2016, scil.]; ovvero voglia riservare l'adozione dei richiesti provvedimenti cautelari successivamente all'esito del giudizio di Costituzionalita' previamente promosso». In ogni caso, in via incidentale il ricorrente eccepisce «in relazione agli articoli 1, comma II, 3, 48, comma II, III e IV, della Costituzione della Repubblica italiana, la illegittimita' costituzionale degli articoli 127 della legge 27 dicembre 2001, n. 459 («Norme per l'esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all'estero») pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 4 del 5 gennaio 2002 e dei seguenti provvedimenti normativi e amministrativi a partire dal Regolamento attuativo della stessa legge normato dal decreto del Presidente della Repubblica del 2 aprile 2003, n. 104 («Regolamento di attuazione della legge 27 dicembre 2001, n. 459, recante disciplina per l'esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all'estero») per le parti in cui prevedono quale strumento per l'espressione della volonta' del cittadino italiano residente all'estero quello del c.d. «voto per corrispondenza»; Ritenuta, sotto il profilo dell'interesse ad agire, l'ammissibilita' di un giudizio funzionale alla declaratoria di incostituzionalita' delle norme che regolano l'esercizio del personale diritto inviolabile, condividendosi l'orientamento espresso dalla giurisprudenza - anche costituzionale - in merito alla sussistenza di un permanente interesse ad agire in materia elettorale in capo ad ogni cittadino elettore, che deduca anche solo sotto il profilo di dubbio o incertezza oggettiva circa l'esatta portata di diritti ed obblighi scaturenti da un rapporto giuridico di fonte legale, una situazione di potenziale ingiusto pregiudizio non evitabile se non attraverso il richiesto accertamento giudiziale (a ben vedere, in via principale) della concreta volonta' della legge (cfr. Corte costituzionale n. 1/2014 e da ultimo Cassazione n. 8878/2014 e n. 12060/2013). In particolare, come rileva la recente giurisprudenza di legittimita' «in tal modo ci si allontana dall'archetipo delle azioni di mero accertamento per avvicinarsi a quello delle azioni costitutive o di accertamentocostitutive. Se cosi' e', senza affermare la natura in re ipsa dell'interesse ad agire in siffatte tipologie di azioni (pure predicata da parte della dottrina), sarebbe ben difficile sostenere che l'accertamento richiesto abbia ad oggetto una questione astratta o meramente ipotetica o che si risolva nella mera richiesta di un parere legale al giudice» (C. Cassazione Sez. I Civ., ordinanza 12060/2013). Nella stessa occasione la Corte di Cassazione ha ritenuto, in un'ipotesi del tutto analoga alla presente, che sia «nell'interesse dei cittadini proporre un'azione di accertamento della pienezza del proprio diritto di voto, quale 'diritto politico di rilevanza primaria' » e che tale iniziativa giurisdizionale non possa «che essere promossa dinanzi al giudice ordinario, giudice naturale dei diritti fondamentali, non interferendo in nessun modo con la giurisdizione riservata alle Camere, tramite le rispettive Giunte parlamentari (art. 66 Cost.), in tema di operazioni elettorali» (C. Cassazione Sez. I Civ., ordinanza n. 12060/2013). Cio' posto, deve ritenersi che l'espressione del voto - attraverso la quale si esercita la sovranita' popolare (art. 1, comma 2, Cost.) costituisca il presupposto di un diritto inviolabile (articoli 2, 48, 56 e 58 Cost., art. 3 prot. 1 CEDU) e «permanente» dei cittadini e quindi anche del ricorrente, il quale puo' essere chiamato ad esercitarlo in qualunque momento e deve poterlo fare in modo conforme a Costituzione. Lo stato di incertezza al riguardo e' sufficiente per ritenere la sussistenza di un concreto interesse ad agire in capo al Sig. Cellini, rispetto al presente giudizio. Tanto premesso, ritiene questo Giudice che i dubbi di legittimita' costituzionale delle norme che introducono il voto per corrispondenza da parte degli italiani residenti all'estero siano meritevoli di approfondimento, in quanto non manifestamente infondati. Nello specifico, l'atto sindacabile per violazione della Costituzione e' rappresentato dalle norme che disciplinano le modalita' di voto da parte dei cittadini italiani residenti all'estero, articoli 1, 2° comma, 2, 4-bis, 12 e 14, legge n. 459 del 27 dicembre 2001 («Norme per l'esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all'estero»), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 4 del 5 gennaio 2002 e dei seguenti provvedimenti normativi e amministrativi a partire dal Regolamento attuativo della stessa legge normato dal decreto del Presidente della Repubblica del 2 aprile 2003, n. 104 («Regolamento di attuazione della legge 27 dicembre 2001, n. 459, recante disciplina per l'esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all'estero»). Il parametro di costituzionalita' e' iscritto tra le coordinate tracciate, per un verso, dall'art. 48, I e II comma Cost. e segnatamente dai principi di personalita', segretezza e liberta', in cui (insieme all'uguaglianza - non immediatamente incisa dal voto per corrispondenza) si sostanzia il diritto al suffragio universale consacrato ibidem, e - per altro verso - dalla Grundnorm in tema di sovranita' popolare posta dall'art. 1 Cost. In ragione di quanto precede, nel caso specifico sono ravvisabili sia la rilevanza, ovvero la concreta influenza della norma impugnata nel giudizio principale, che la non manifesta infondatezza, ovvero il ragionevole dubbio sull'incostituzionalita' dagli articoli 1, 2° comma, 2, 4-bis, 12 e 14, legge 459 del 27 dicembre 200 legge 459/, cit. In particolare, il voto per corrispondenza solleva robuste perplessita' in ordine alla sua legittimita' costituzionale, soprattutto avendo riguardo al principio di segretezza: l'art. 12 legge 459/2001 (e decreto del Presidente della Repubblica 104/2003 di attuazione), prevede infatti che i cittadini italiani residenti all'estero, dopo avere votato ubiquiter, utilizzando la scheda elettorale inviata loro dall'ufficio consolare a mezzo posta raccomandata «o con altro mezzo di analoga affidabilita'», la spediscano - parimenti per posta, ma senza necessario ricorso alla «raccomandata o altro mezzo di analoga affidabilita'» - agli uffici consolari competenti per l'invio con valigia diplomatica all'Ufficio centrale per la circoscrizione Estero. Tali modalita' non assicurano la segretezza, la personalita' e la liberta' del voto, sia nella fase della sua manifestazione, la quale non avviene in luogo presidiato, di talche' non vi puo' essere una garanzia assoluta che l'elettore sia da solo e che dunque il voto sia realmente «personale» e «libero»; sia - successivamente - con la sua «comunicazione» alle sedi consolari, specie ove la segretezza della corrispondenza non sia adeguatamente garantita dal servizio postale locale. Risulta in tal modo evidente, alla stregua dell'attuale disciplina recata dagli articoli 1, 2° comma, 2, 4-bis, 12 e 14, legge 459/2001, il vulnus ai principi di cui agli articoli 1 e 48 I, II e III comma Cost. In particolare, nel regolamentare l'esercizio della sovranita' popolare di cui al proprio art. 1, la Carta Fondamentale prevede, all'art. 48 comma 1, come unici requisiti per il diritto di voto la cittadinanza italiana e la maggiore eta'. Il terzo comma di tale disposizione riserva alla legge ordinaria l'individuazione di requisiti e modalita' per l'esercizio del diritto di voto dei cittadini residenti all'estero onde assicurarne l'effettivita' (1) . La portata innovativa di tale norma e' indissolubilmente avvinta alle modalita' del voto. Per quanto riguarda queste ultime, le possibili scelte per il Legislatore si riducono nella pratica a: a) voto sul territorio dello Stato (magari aumentando agevolazioni di cui gia' godevano gli elettori); b) voto espresso presso le sedi diplomatiche; c) voto telematico; d) voto per corrispondenza. Le prime due opzioni, anche se in misura diversa, non garantiscono un'alta partecipazione. Al contrario, il voto via internet e, ancor piu', quello per corrispondenza rendono piu' agevole la partecipazione ma presentano una serie di profili, in parte comuni e in parte distinti, che impongono una seria e profonda riflessione. In particolare, il voto per corrispondenza, verso cui si e' orientato il Legislatore, presenta tali e tante ombre da far persino dubitare che possa definirsi «voto», almeno nell'accezione in cui tale termine e' usato dalla Costituzione: l'art. 48, comma 2, Cost. infatti individua quattro caratteri indefettibili del voto: personalita', uguaglianza, liberta' e segretezza. Personalita', liberta' e segretezza che non appaiono sufficientemente garantite dal voto per corrispondenza, sia perche' il soggetto puo' mostrare volontariamente a terzi la scheda votata, sia perche' puo' esservi costretto; sia - con riferimento all'ipotesi della Slovenia dove risiede il ricorrente Cellini Pier Michele, con riferimento alla successiva fase di invio del plico con la scheda - in mancanza di uno specifico accordo ex art. 19 legge 459, cit. Ne risulterebbe inevitabilmente lesa anche la liberta' del voto, poiche' solo la segretezza puo' preservare il voto stesso dai condizionamenti legati all'ambito sociale e familiare in cui l'elettore vive. Su questa stretta correlazione tra liberta' e segretezza e sulla loro indefettibilita' si basa la prima argomentazione dei ricorrenti. Il voto per corrispondenza da parte degli italiani residenti all'estero e' gia' stato scrutinato dal Giudice delle Leggi, il quale nella sua ordinanza n. 195 del 2003 per la prima volta si e' pronunciato - sia pure nell'ambito di un conflitto tra poteri - sulla legge 459/01, contenente «Norme per l'esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all'estero». In tale occasione, la Corte costituzionale si e' dovuta limitare (2) a rilevare che l'ipotizzata incostituzionalita' avrebbe «la conseguenza di rendere assai piu' difficile l'espressione del voto degli italiani residenti stabilmente all'estero» omettendo qualsiasi considerazione sulla segretezza e sulla liberta' del voto e valorizzando in quella sede il valore della «maggiore partecipazione». Essa peraltro ha ritenuto «che la denunzia, in tutti gli altri rilievi sollevati nel ricorso, concerne presunte lacune o inadeguatezze della disciplina contenuta nella legge e nei regolamenti impugnati e che tali omissioni non possono costituire oggetto sindacabile nella presente sede, trattandosi di scelte lasciate alla discrezionalita' del legislatore, specie ove si consideri la necessaria attuazione di nuove norme costituzionali relative allo svolgimento di procedimenti elettorali nel territorio di Stati esteri». Il dictum della Corte costituzionale e' evidentemente rilevante ai nostri fini, ma - proprio per le caratteristiche strutturali e funzionali del giudizio che lo ha originato - non porta a considerare definitivamente risolto il difficile bilanciamento tra l'obiettivo della massima estensione del suffragio e la realizzazione delle modalita' che ne garantiscano esse stesse l'effettivita'. A ben vedere, infatti, tali modalita' non costituiscono mero «accidente», ma «sostanza», che informa di se' l'universalita' del suffragio, ed assicura la sovranita' popolare, irrimediabilmente destituite di significato in presenza di un voto dotato delle predette, coessenziali caratteristiche. In altri termini, se e' vero che le strumentazioni offerte dalle nuove tecnologie risultano meglio atte ad attuare quel «principio di massima agevolazione del voto», di cui sembra recare traccia pure la Costituzione italiana, vuoi nel conformare l'esercizio del voto alla stregua di un «dovere civico» (ex art. 48, 2° comma, Cost.), vuoi, soprattutto, col riconoscere il suffragio universale (ex art. 48, 1° comma, Cost.), si' da portare gli stessi costituenti ad auspicare che, nel futuro, fossero messi in campo «Tutti i mezzi di facilitazione [...], perche' la universalita' del suffragio [fosse] non soltanto dichiarata formalmente ma [...] concretamente attuata nei limiti estremi delle possibilita'» (3) ; non e' tuttavia men vero che quegli strumenti costituiscono anche il limite fisico entro il quale si puo' realizzare - e rimane confinato - il principio ultimo dell'universalita'. Dunque se l'universalita' del voto si affida (anche) alla sua liberta', personalita' e segretezza, non si puo' che concludere che anche il voto degli italiani residenti all'estero debba corrispondere a tali requisiti, in quanto dotato del medesimo «peso» in forza dell'ulteriore principio dell'uguaglianza ex art. 48, II comma Cost. La maggior severita' della nostra Carta costituzionale, rispetto ad altre, pure coeve, Costituzioni (4) , nell'esigere il rispetto della segretezza e della personalita' del voto, potrebbe rendere piu' difficile l'applicazione di «nuove forme» di suffragio, al punto da condurre a mettere in dubbio la stessa portata generalizzata del predetto principio. In altri termini, nell'ambito dello stesso art. 48 Cost., il pendolo assiologico oscilla tra (uguaglianza), segretezza, personalita' e liberta' - apparentemente sacrificati nel caso del voto a distanza (per corrispondenza, ma anche elettronico) rispetto al voto in loco - da una parte e, dall'altra, universalita': il Legislatore ha optato per la massima estensione del suffragio, arrivando a riconoscerlo in concreto anche ai cittadini che risiedono all'estero, ma non pare possa farlo sacrificando - inevitabilmente, ove non si eserciti il voto in luoghi presidiati e pubblici - liberta', personalita' e segretezza, pena la vanificazione dello stesso principio perseguito. Se dunque, nell'attuale panorama delle possibili modalita' di voto a distanza, i profili procedurali e la stessa strumentazione materiale posti a presidio della personalita' e segretezza del voto, nonche', in ultima analisi, della liberta' stessa di suffragio, si rivelano ancora baluardi irrinunciabili a salvaguardia della nostra democrazia elettorale, deve ritenersi che la verifica di legittimita' costituzionale degli articoli 1, 2° comma, 2, 4-bis, 12 e 14, legge 459 del 27 dicembre 2001 che disciplinano il voto per corrispondenza dei cittadini italiani residenti all'estero per contrasto con l'art. 1 e l'art. 48 I, II e III comma Cost. ed in particolare laddove tale ultima disposizione qualifica il voto come «personale ... libero e segreto», sia non solo ammissibile, per la funzione del presente giudizio sopra ricostruita, ma anche rilevante, fondando il suo accoglimento la tutela richiesta dal ricorrente Cellini Pier Michele. Sussiste inoltre nella specie il necessario nesso di pregiudizialita' delle questioni di legittimita' costituzionale proposte rispetto al giudizio principale, posto che quest'ultimo deve essere definito con una sentenza che accerti la portata del diritto azionato e lo ripristini nella pienezza della sua espansione, anche se per il tramite della sentenza della Corte costituzionale. Quindi, nel presente ricorso il petitum del giudizio principale e' separato e distinto rispetto a quello oggetto del giudizio di legittimita' costituzionale. Nell'ipotesi di normativa che crea in maniera immediata restrizioni dei poteri o doveri in capo a determinati soggetti, i quali, pertanto, si trovano per cio' stesso gia' pregiudicati da esse, come nel caso in esame della disciplina del voto degli italiani all'estero, l'azione di accertamento rappresenterebbe l'unica strada percorribile per la tutela giurisdizionale di diritti fondamentali di cui, altrimenti, non sarebbe possibile una tutela efficace e diretta. Ritenuto dunque che sul ricorso proposto da Pier Michele Cellini il presente giudizio vada sospeso, rimettendosi alla Corte costituzionale la valutazione della legittimita' costituzionale - sub articoli 1 e 48, I, II e III comma Cost. - degli articoli 1, 2° comma, 2, 4-bis, 12 e 14, legge 459 del 27 dicembre 2001 che disciplinano il voto per corrispondenza dei cittadini italiani residenti all'estero; (1) Il tema della partecipazione politica dei cittadini residenti all'estero e' reso quantitativamente molto rilevante, oltre che dal massiccio flusso emigratorio che ha caratterizzato il nostro Paese, anche dalle leggi sulla cittadinanza (cfr. in part. legge 91/1992), le quali hanno adottato come criterio predominante quello dello jus sanguinis per cui e' cittadino il figlio di un genitore italiano e che consentono di conservare la cittadinanza italiana anche a coloro che sono cittadini di un altro Stato. (2) Chiarendo che «l'asserito contrasto con il primo comma dell'art. 48 Cost. della scelta del legislatore di introdurre il voto per corrispondenza non appare censurabile nel presente tipo di conflitto, a causa della relativamente limitata serie di interessi che sono tutelabili da parte dei comitati per i referendum di cui all'art. 75 Cost., in-teressi che, come questa Corte ha piu' volte affermato, sono rivolti all'esclusione di tecniche elusive della richiesta referendaria da parte del legislatore (a cominciare dalle sentenze n. 68 e n. 69 del 1978 e n. 30 e n. 31 del 1980), nonche' alla garanzia di corrette ed adeguate modalita' di svolgimento della campagna referendaria (fra le molte, da ultimo si vedano le sentenze n. 502 del 2000, n. 49 del 1998, n. 15 del 1997, n. 161 del 1995)». (3) Cfr. la Relazione della Commissione ministeriale per l'elaborazione della legge elettorale politica per l'Assemblea costituente, del 27 ottobre 1945, 61 e 62, si afferma che «le norme che regolano l'esercizio del voto sono dirette alla maggiore semplificazione, anche per favorire le manifestazioni di volonta' degli analfabeti», ritenendo a tal fine «sufficiente un segno che indichi il voto di lista o di preferenza, su scheda di Stato, appositamente predisposta». (4) Si pensi, ad es., all'ordinamento francese, dove la mancata costituzionalizzazione del principio di personalita' del voto ha consentito di introdurre, senza peraltro mancare di una qualche forzatura del principio di segretezza del suffragio (ex art. 3, 3° comma Cost.), il voto per procura. Cosi', l'art. L 71 del Code electoral autorizza gli «electeurs qui etablissent que des obligations dûment constatees les placent dans l'impossibilite' d'être presents dans leur commune d'inscription le jour du scrutin» e, dal 1993, «les electeurs qui ont quitte' leur residence habituelle pour prendre des vacances» a designare per la tornata di voto, un «mandatario elettorale», che, appunto, fa le loro veci, il giorno del voto. Il nostro Legislatore ha invece attuato il principio «di agevolazione del voto con la legge n. 22 del 2006, che ha previsto la possibilita' per gli «elettori affetti da gravi infermita', tali da impedirne l'allontanamento dall'abitazione in cui dimorano, che si trovino in condizioni di dipendenza continuativa e vitale da apparecchiature elettromedicali» (c.d. «disabili intrasportabili dipendenti»), di «votare dal proprio domicilio» (ex art. 1, comma 1). Disciplina che, peraltro, ha trovato un successivo «completamento» con la legge 7 maggio 2009, n. 46, che ha esteso (ex art. 1, comma 1) l'ammissione al voto domiciliare anche nei casi in cui, pur non dipendendo in modo continuativo da apparecchiature elettromedicali, gli elettori risultino comunque «affetti da gravissime infermita', tali che l'allontanamento dall'abitazione in cui dimorano risulti impossibile» (c.d. «disabili intrasportabili indipendenti»). Tali ipotesi sono andate ad aggiungersi alla possibilita' riconosciuta da tempo ai soggetti portatori di handicap fisici di esprimere il voto con l'ausilio (c.d. «voto assistito», dell'»accompagnatore elettorale» (ex articoli 51-55, del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957). Da ultimo, l'art. 21 della stessa legge 459/2001 stabilisce che «Il primo comma dell'art. 55 del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e' sostituito dal seguente: «Gli elettori non possono farsi rappresentare ne', qualora votino in Italia, inviare il voto per iscritto». La norma volendo sigillare il sistema, rivela invece definitivamente la contraddizione con esso posta dalle norme sul voto per corrispondenza.
P.Q.M. Dispone la separazione della domanda proposta da Antonio Guadagnini, con formazione - a cura della Cancelleria - di autonomo fascicolo, con inserimento di copia del presente provvedimento; Dichiara inammissibile la domanda proposta da Antonio Guadagnini; Condanna quest'ultimo alla refusione, in favore dei convenuti - in solido tra loro - delle spese di lite che liquida in € 4.617,25, di cui € 1.215,00 per la fase di studio della controversia, € 775,00 per la fase introduttiva del giudizio, € 2.025,00 per la fase decisionale, € 602,25 per spese generali ex art. 2 decreto ministeriale 55/14, oltre I.V.A. e C.P.A. come per legge; Dichiara sospeso il giudizio nel procedimento tra Cellini Pier Michele e i convenuti e per l'effetto rimette gli atti alla Corte costituzionale per la valutazione della legittimita' degli articoli 1, 2° comma, 2, 4-bis, 12 e 14, legge 459 del 27 dicembre 2001 che disciplinano il voto per corrispondenza dei cittadini italiani residenti all'estero; Manda alla Cancelleria gli adempimenti di competenza. Venezia, 23 dicembre 2017 Il Giudice: Barison