N. 26 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 novembre 2017

Ordinanza  del  28  novembre  2017  della  Corte  di  cassazione  nel
procedimento   civile   promosso   da   Kollertova   Giorgina   Jrina
contro Ministero dell'economia e delle finanze. 
 
Giustizia amministrativa - Domanda di equa riparazione per violazione
  della ragionevole durata del processo - Soggezione alla  condizione
  di  proponibilita'  della  previa  presentazione  dell'istanza   di
  prelievo. 
- Decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti  per  lo
  sviluppo  economico,  la  semplificazione,  la  competitivita',  la
  stabilizzazione  della   finanza   pubblica   e   la   perequazione
  tributaria), convertito, con modificazioni, dalla  legge  6  agosto
  2008, n. 133, art. 54, comma 2, come modificato dall'art. 3,  comma
  23, dell'Allegato 4 al decreto legislativo 2 luglio  2010,  n.  104
  (Attuazione dell'articolo 44 della legge 18  giugno  2009,  n.  69,
  recante  delega  al  governo   per   il   riordino   del   processo
  amministrativo) e dall'art. 1, comma 3, lett. a),  numero  6),  del
  decreto  legislativo  15  novembre  2011,  n.   195   (Disposizioni
  correttive ed integrative al decreto legislativo 2 luglio 2010,  n.
  104,  recante  codice   del   processo   amministrativo   a   norma
  dell'articolo 44, comma 4, della legge 18 giugno 2009, n. 69). 
(GU n.7 del 14-2-2018 )
 
                   LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 
                       Seconda Sezione Civile 
 
    composta dagli ill.mi sigg.ri magistrati: 
        dott. Stefano Petitti - Presidente; 
        dott. Felice Manna - consigliere; 
        dott. Vincenzo Correnti - consigliere; 
        dott. Ubaldo Bellini - consigliere; 
        dott. Antonello Cosentino - rel. consigliere; 
    ha pronunciato la seguente ordinanza interlocutoria  sul  ricorso
26395-2015 proposto da: 
        Kollertova Giorgina Jrina, elettivamente domiciliata in Roma,
V. Carlo Mirabello, 11, presso lo studio dell'avvocato  Giuseppe  Pio
Torcicollo, rappresentata e difesa  dall'avvocato  Vincenzo  Parato -
ricorrente; 
    Contro il Ministero dell'economia e  delle  finanze  80415740580,
elettivamente domiciliato in Roma,  via  dei  Portoghesi  12,  presso
l'Avvocatura generale dello Stato, che  lo  rappresenta  e  difende -
resistente; 
    Avverso il decreto n. 137/2015 della Corte d'appello di  Potenza,
deposito il 26 marzo 2015; 
    Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza  del
13 ottobre 2017 dal consigliere dott. Antonello Cosentino; 
    Udito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale dott.
Corrado Mistri che ha concluso disporre la sospensione  del  presente
procedimento ordinando l'immediata trasmissione degli atti alla Corte
costituzionale. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    La signora Giorgina Jrina Kortellova ricorre avverso  il  decreto
della Corte d'appello di Potenza che ha respinto la  domanda  da  lei
proposta nel 2014, ai  sensi  della  legge  n.  89/2001,  per  l'equa
riparazione della eccessiva durata di un giudizio da  lei  introdotto
davanti al Tribunale amministrativo regionale della Puglia negli anni
'90 del  secolo  scorso,  definito  dal  giudice  amministrativo  con
sentenza depositata il 10 dicembre 2013. 
    La  corte  territoriale  ha  disatteso  la  domanda  dell'odierna
ricorrente sul rilievo che nel  giudizio  amministrativo  presupposto
ella non aveva presentato l'istanza di prelievo di  cui  all'art.  71
del codice del processo amministrativo (decreto  legislativo  n.  104
del 2 luglio 2010), richiesta come condizione di proponibilita' della
domanda di equa riparazione dall'art. 54, comma 2, del  decreto-legge
n. 112/2008, nel testo, in vigore dal 16 settembre  2010,  modificato
dall'art. 3,  comma  23,  dell'allegato  n.  4  al  suddetto  decreto
legislativo n. 104/2010 e, successivamente,  dall'art.  1,  comma  3,
lettera «a», n. 6, decreto legislativo n. 195/2011. 
    Il ricorso si fonda su un solo motivo. 
    Il Ministero dell'economia e delle finanze si  e'  costituito  ai
soli fini della discussione. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.1. - L'unico, motivo di ricorso denuncia la violazione e  falsa
applicazione dell'art. 54, comma 2, del  decreto-legge  n.  112/2008,
come modificato dall'art. 3, comma 23, dell'allegato n. 4 al  decreto
legislativo n. 104/2010 e, successivamente,  dall'art.  1,  comma  3,
lettera «a», n.  6,  decreto  legislativo  n.  195/2011;  nonche'  la
violazione dell'art. 13 CEDU. La ricorrente argomenta  che  solo  col
decreto legislativo n. 195/2011 l'istanza di prelievo  sarebbe  stata
qualificata quale condizione di procedibilita' della domanda di  equa
riparazione e sottolinea,  da  un  lato,  come  il  primo  grado  del
giudizio presupposto si fosse concluso gia' nel 2006 e, d'altro lato,
come nel grado di appello  del  giudizio  presupposto,  iniziato  nel
2007, ella  avesse  presentato  regolare  istanza  di  fissazione  di
udienza all'atto  della  presentazione  del  ricorso  ed  avesse  poi
reiterato tale istanza  per  evitare  la  perenzione.  La  ricorrente
sostiene, quindi, che l'interesse della parte alla decisione  sarebbe
manifestato   dall'istanza   di   fissazione   dell'udienza   e   non
dall'istanza di prelievo. 
    2. - Il motivo del ricorso pone la questione della compatibilita'
del disposto dell'art. 54, secondo comma, decreto-legge n.  112/2008,
come modificato dal decreto legislativo n.  104/2010  e  dal  decreto
legislativo correttivo n. 195/2011, con i principi CEDU. 
    3. - Il Collegio ritiene rilevante e non manifestamente infondata
la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 54,  2°  comma,
decreto-legge n. 112/2008, convertito con modificazioni in  legge  n.
133/2008, come modificato dall'art. 3, comma 23, dell'Allegato  4  al
decreto legislativo n. 104/2010 e dall'art. 1, comma 3,  lettera  a),
numero  6),  del  decreto  legislativo  correttivo  n.  195/2011,  in
relazione all'art. 117, comma 1, della Costituzione  e  ai  parametri
interposti degli articoli 6, par. 1, 13 e 46, par. 1 CEDU. 
    3.1 - In base alla giurisprudenza ormai  del  tutto  costante  di
questa  Corte  suprema,  l'art.  54,  decreto-legge  n.  112/2008   e
successive modifiche, va interpretato nel senso che  per  i  processi
amministrativi  pendenti,  come  nella  specie,  alla  data  del   16
settembre 2010, la previa presentazione dell'istanza di  prelievo  e'
condizione di proponibilita' della domanda  di  equa  riparazione  in
rapporto all'intero svolgimento del giudizio  presupposto,  e  dunque
anche per la frazione di tempo anteriore al 25 giugno 2008,  data  di
entrata in vigore del decreto-legge n. 112/2008 che  tale  condizione
di proponibilita' ha per la prima volta previsto. 
    Infatti, «(l)'art. 54, comma 2, del decreto-legge 25 giugno 2008,
n. 112 - in vigore dal 25 giugno 2008  (art.  85)  -,  convertito  in
legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma I, della legge 6  agosto
2008, n. 133 - in vigore dal 22 agosto 2008  -,  nella  sua  versione
originaria,  disponeva:  «La  domanda  di  equa  riparazione  non  e'
proponibile se nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo in  cui
si assume essersi verificata la violazione dell'art. 2, comma I,  non
e' stata presentata un'istanza ai sensi del secondo  comma  dell'art.
51 del regio decreto 17 agosto 1907, n. 642, nei sei mesi antecedenti
alla scadenza dei termini di durata di cui all'art. 4,  comma  1-ter,
lettera b)»; b) in sede di conversione in legge, sono state apportate
all'art. 54 le seguenti modifiche: «al comma 2, dopo le parole  "art.
2, comma 1" sono inserite le seguenti: "della legge 24 marzo 2001, n.
89" e le parole "nei sei mesi antecedenti alla scadenza  dei  termini
di  durata  di  cui  all'art.  4,  comma  1-ter,  lettera  b)"   sono
soppresse»; c) conseguentemente, il testo  definitivo  dell'art.  54,
comma 2, del decreto-legge n. 112 del 2008, quale convertito in legge
dalla legge n. 133 del 2008, risulta il seguente: «La domanda di equa
riparazione non e' proponibile se nel  giudizio  dinanzi  al  giudice
amministrativo in cui si  assume  essersi  verificata  la  violazione
dell'art. 2, comma I, della legge 24 marzo 2001, n. 89, non e'  stata
presentata un'istanza ai sensi del secondo  comma  dell'art.  51  del
regio decreto 17 agosto 1907, n. 642»; d) successivamente, l'art.  3,
comma 23, dell'Allegato 4 al decreto legislativo 2  luglio  2010,  n.
104 - in vigore dal 16 settembre 2010 -, ha stabilito  che,  all'art.
54,  comma  2,  del  decreto-legge  n.  112  del  2008,  «le   parole
"un'istanza ai sensi del secondo comma dell'art. 51 del regio decreto
17 agosto 1907, n. 642" sono sostituite dalle seguenti: "l'istanza di
prelievo di cui  all'art.  81,  comma  1,  del  codice  del  processo
amministrativo, ne'  con  riguardo  al  periodo  anteriore  alla  sua
presentazione"»;  e)  ancora  successivamente,  l'art.  1,  comma  3,
lettera a), numero 6), del decreto legislativo 15 novembre  2011,  n.
195 (Disposizioni correttive ed integrative al decreto legislativo  2
luglio 2010, n. 104, recante codice del  processo  amministrativo,  a
norma dell'art. 44, comma 4, della legge 18 giugno 2009, n. 69) -  in
vigore dall'8 dicembre 2011 -, ha disposto  che:  «al  comma  23,  le
parole "81, comma I" sono sostituite dalle seguenti "71,  comma  2"»;
f) la disposizione dell'art. 54, comma 2, del  decreto-legge  n.  112
del 2008 - in vigore dal 16 settembre 2010  -  risulta  del  seguente
testuale tenore: «La domanda di equa riparazione non  e'  proponibile
se nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo in  cui  si  assume
essersi verificata la violazione dell'art. 2, comma 1, della legge 24
marzo 2001, n. 89, non e' stata presentata l'istanza di  prelievo  di
cui all'art. 71, comma 2, del codice del processo amministrativo, ne'
con riguardo al periodo anteriore alla sua  presentazione"»;  g)  per
effetto delle modificazioni introdotte dalla legge n.  208  del  2015
nel testo della legge n. 89 del 2001 (art. 6, comma 2-ter, introdotto
dalla legge del 2015, in vigore dal 10 gennaio  2016),  «il  comma  2
dell'art. 54 del decreto-legge 25 giugno 2008,  n.  112,  convertito,
con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, come modificato
dall'art. 3, comma 23,  dell'allegato  4  al  decreto  legislativo  2
luglio 2010, n. 104, si applica solo nei processi  amministrativi  la
cui durata al 31 ottobre 2016 ecceda i termini  di  cui  all'art.  2,
comma 2-bis»; che, questo essendo il quadro normativo di riferimento,
e' del tutto evidente che in base al principio tempus regit actum: 1)
ai procedimenti per equa riparazione, promossi  a  far  data  dal  25
giugno 2008, si applica l'art. 54, comma 2, del decreto-legge n.  112
del 2008 nel seguente testo: «La domanda di equa riparazione  non  e'
proponibile se nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo in  cui
si assume essersi verificata la  violazione  dell'art.  2,  comma  1,
della legge 24 marzo 2001, n. 89, non e' stata presentata  un'istanza
ai sensi dei secondo comma dell'art. 51 del regio decreto  17  agosto
1907, n. 642»; 2) ai procedimenti per equa  riparazione,  promossi  a
far data dal 16 settembre 2010, si applica  -  invece  -  l'art.  54,
comma 2, dello stesso decreto-legge n.  112  del  2008  nel  seguente
testo: «La domanda di equa riparazione  non  e'  proponibile  se  nel
giudizio dinanzi al giudice amministrativo in cui si  assume  essersi
verificata la violazione dell'art. 2, comma 1, della legge  24  marzo
2001, n. 89, non e' stata presentata l'istanza  di  prelievo  di  cui
all'art. 71, comma 2, del codice del processo amministrativo, ne' con
riguardo al periodo anteriore alla sua presentazione»; 3) non  rileva
(...) la previsione di cui all'art. 6, comma 2-ter, della legge n. 89
del 2001, applicandosi essa ai  soli  giudizi  amministrativi  per  i
quali il termine di ragionevole durata sia violato alla data  del  31
ottobre 2016» (cosi' si esprime  Cassazione  n.  16404/16;  conformi,
Cassazione nn. 5914-5915/12 e 3740/13). 
    3.1.1. - Nel  caso  di  specie  -  quanto  alla  rilevanza  della
questione di legittimita' costituzionale - essendo stata proposta  la
domanda di equa riparazione nel 2014, relativamente  ad  un  processo
amministrativo  pendente  al  16  settembre   2010,   la   disciplina
applicabile  e'  quella  dell'art.  54,  2°  comma  decreto-legge  n.
112/2008 nel testo in vigore alla data della domanda stessa  (ratione
temporis non trova applicazione il comma 2-ter dell'art. 6  legge  n.
89/2001, introdotto dalla  legge  n.  208/2015  a  decorrere  dal  1°
gennaio 2016, per essere stato definito il processo  presupposto  nel
2012). 
    Conseguentemente detta domanda e'  soggetta,  anche  in  rapporto
alla durata del giudizio presupposto anteriore alla data  di  entrata
in  vigore  del  decreto-legge  n.  112/2008,  alla   condizione   di
proponibilita' dell'istanza di prelievo, non surrogabile, secondo  la
giurisprudenza  di  questa  Corte,  con   l'istanza   di   fissazione
dell'udienza di discussione. 
    L'istanza di prelievo disciplinata dall'art. 51 del regio decreto
17 agosto 1907, n. 642 e l'istanza di fissazione d'udienza,  regolata
dall'art. 23  della  legge  6  dicembre  1971,  n.  1034,  assolvono,
infatti,  funzioni  distinte,  avendo  la  prima  la   finalita'   di
accelerare  il  processo  mediante  il  riscontro   del   persistente
interesse del ricorrente, e la seconda quella d'impedire, mediante il
perfezionamento della costituzione del  ricorrente  e  la  fissazione
dell'udienza,  la  perenzione   del   giudizio.   Ne   consegue   che
dall'entrata in vigore dell'art. 54 del decreto-legge 25 giugno 2008,
n. 112, convertito nella legge 6 giugno 2008, n. 133, per le  domande
di equa riparazione relative a procedimenti che si  svolgono  davanti
alle  giurisdizioni  amministrative,   la   preventiva   formulazione
dell'istanza   di   prelievo,   costituisce   una    condizione    di
proponibilita' non fungibile con l'istanza  di  fissazione  d'udienza
(cosi', Cassazione nn. 16404/16, 780/15, 25572/10,  nonche',  tra  le
non massimate, 18546/14 e 785/15). 
    Nel caso di specie, essendo mancata  l'istanza  di  prelievo,  la
domanda di equa riparazione sarebbe improponibile secondo il  diritto
vigente. 
    3.2. - Della cui legittimita' costituzionale, nei termini innanzi
prospettati, si deve dubitare alla stregua dei piu'  recenti  approdi
della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo. 
    Con la sentenza nel caso Daddi  c.  Italia  (n.  15476/09  del  2
giugno 2009) detta Corte, pur dichiarando  il  ricorso  inammissibile
per il mancato esperimento del rimedio giurisdizionale interno, aveva
preannunciato che una prassi interpretativa ed applicativa  dell'art.
54, secondo comma, decreto-legge n. 112/2008  che  avesse  avuto  per
effetto quello di opporsi  all'ammissibilita'  dei  ricorsi  ex  lege
Pinto relativi alla durata di un processo  amministrativo  conclusosi
prima del 25 giugno 2008, solo in quanto non fosse  stata  presentata
un'istanza di prelievo, avrebbe  potuto  essere  di  natura  tale  da
esonerare  i  ricorrenti  interessati  dall'obbligo  di  esperire  il
rimedio interno; e che lo stesso sarebbe valso per quanto  riguardava
i  procedimenti  ancora  pendenti  in  cui  la  fissazione  d'urgenza
dell'udienza fosse stata richiesta  solo  dopo  l'entrata  in  vigore
della disposizione in questione. In questi casi,  aveva  concluso  la
Corte di Strasburgo, non si sarebbe potuto escludere  che  la  norma,
interpretata dai giudici  nazionali  nel  senso  di  escludere  dalla
determinazione della durata soggetta a indennizzo i periodi anteriori
al 25 giugno 2008, avrebbe privato sistematicamente alcune  categorie
di ricorrenti della possibilita' di ottenere una riparazione adeguata
e sufficiente. 
    Piu' di recente, con la sentenza emessa nel caso Olivieri  contro
Italia del 22 febbraio 2016 (ricorsi nn. 17708/12, 17717/12, 17729/12
e 22994),  in  una  fattispecie  relativa  a  giudizi  amministrativi
iniziati nel 1990 e per i quali era stata presentata la nuova istanza
di fissazione dell'udienza ai sensi dell'art. 9, comma  2,  legge  n.
205/2000,  ma  non  anche  l'istanza  di  prelievo,  il   che   aveva
determinato l'inammissibilita' del ricorso per equa  riparazione,  la
Corte  EDU   ha   affrontato   in   maniera   diretta   il   problema
dell'effettivita' dell'istanza nazionale ex lege n. 89/2001  soggetta
alla  condizione   di   proponibilita'   dell'art.   54,   comma   2,
decreto-legge  n.  112/2008.  Ed  esaminando   diacronicamente   tale
disposizione, fino al suo  ultimo  testo  scaturito  dalle  modifiche
apportate dal decreto  legislativo  n.  104/2010,  ha  convertito  in
critica espressa e consapevole la riserva formulata con  la  sentenza
resa nel caso Daddi. 
    La Corte europea ha cosi' affermato: a)  che  ne'  dal  contenuto
della norma ne' dalla  relativa  prassi  giudiziaria  si  evince  che
l'istanza di prelievo possa efficacemente accelerare la decisione  in
merito alla causa sottoposta  all'esame  del  tribunale;  b)  che  la
condizione di ammissibilita' di un ricorso «Pinto» previsto dall'art.
54, comma 2 della legge n. 112/2008  risulta  essere  una  condizione
formale che produce l'effetto di ostacolare l'accesso alla  procedura
interna; c) che l'inammissibilita' automatica dei  ricorsi  per  equa
riparazione, basata unicamente sul fatto che i ricorrenti non abbiano
presentato  l'istanza  di  prelievo,  priva   questi   ultimi   della
possibilita' di ottenere una riparazione adeguata e sufficiente. 
    E,  richiamata  la  propria  giurisprudenza  sul   principio   di
effettivita' della tutela giurisdizionale, nel senso che e' effettivo
il rimedio interno se permette di  evitare  che  si  verifichi  o  si
protragga  la  violazione  dedotta   o   se   permette   di   fornire
all'interessato una riparazione adeguata per tutte le violazioni  che
si siano gia' verificate, ha concluso nel senso che «la procedura per
lamentare la durata eccessiva  di  un  giudizio  dinanzi  al  giudice
amministrativo, risultante dalla lettura dell'art. 54,  comma  2  del
decreto-legge n. 112 del 2008 in  combinato  disposto  con  la  legge
Pinto, non possa essere considerata un  ricorso  effettivo  ai  sensi
dell'art. 13 della Convenzione». 
    3.3. - Benche'  occasionato  da  fattispecie  aventi  ad  oggetto
l'equa  riparazione   per   l'irragionevole   durata   del   processo
verificatasi anteriormente al 25 giugno 2008 (iniziati  nel  1990,  i
giudizi amministrativi presupposti erano stati definiti tra  il  mese
di novembre 2008 ed il marzo 2009), e sulla base di domande  ex  lege
n. 89/2001  presentate  vigente  il  testo  dell'art.  54,  comma  2,
decreto-legge n. 112/2008 ante decreto legislativo n. 104/2010,  tale
precedente appare idoneo a  incidere  sulla  decisione  del  caso  in
oggetto (per non  dire  dell'ipoteca  che  esso  iscrive  sull'intero
sistema dei rimedi preventivi introdotto dagli articoli 1-bis e 1-ter
della legge n. 89/2001, ivi premessi dall'art. 1, comma 777,  lettera
a, della legge n. 208/2015 e basati sul medesimo principio). 
    Sebbene operatoad abundantiam nella  motivazione  della  sentenza
Olivieri c/ Italia (v. par. 65), il riferimento  al  ridetto  decreto
legislativo non puo' liquidarsi quale mero obiter dictum (peraltro di
dubbia configurabilita' in un contesto  motivazionale  esclusivamente
argomentativo e non deduttivo, tipico della tecnica di raffronto  tra
norme appartenenti a sistemi giuridici  autonomi).  Suo  tramite,  la
Corte di Strasburgo ha confermato e viepiu'  chiarito  il  senso  del
giudizio espresso  sul  pratico  operare  congiunto  della  legge  n.
89/2001 e della previsione dell'istanza  di  prelievo  quale  rimedio
preventivo. E dunque pare sovrabbondante pretendere ed attendere che,
adita in relazione ad un caso perfettamente sovrapponibile  a  quello
ora in esame, la Corte EDU reiteri le medesime considerazioni operate
su di una tutela nazionale giudicata in parte qua ineffettiva. 
    Avuto  riguardo  alle  indicazioni  di  metodo   ritraibili   dai
precedenti della Corte costituzionale (v. tra i piu' prossimi  quello
di cui alla sentenza n. 49/15), il Collegio rileva che pur non avendo
ricevuto l'avallo della Grand  Chambre,  l'indirizzo  espresso  dalla
Corte EDU con la decisione sul caso Olivieri e'  da  ritenersi  ormai
adeguatamente consolidato. Esso costituisce il logico e preannunciato
sviluppo del principio gia' espresso nella sentenza sul  caso  Daddi;
e' stato adottato  all'unanimita';  non  presenta  alcuna  attitudine
innovativa rispetto alla tecnica  dell'interpretazione  convenzionale
fin qui seguita; concerne una fattispecie tutt'altro  che  isolata  o
peculiare, ma anzi connotata  da  ovvi  elementi  di  serialita';  si
colloca, coerente, nel solco  della  giurisprudenza  di  detta  Corte
europea sul principio di effettivita' per come esso vive in  concreto
negli  ordinamenti  nazionali;  ed  e'  stato  espresso  nella  piena
consapevolezza del modus operandi dei giudici nazionali. 
    3.4. - Cosi' restituito a questa Corte di cassazione  il  compito
suo proprio d'interpretare  l'art.  54,  comma  2,  decreto-legge  n.
112/2008 e successive rnodificazioni, alla luce  della  Costituzione,
si rileva che la legittimita'  costituzionale  della  norma  e  stata
ritenuta in relazione specifica ai referenti degli  artt.  24  e  111
della Costituzione. Una volta  esclusane  l'applicazione  retroattiva
(id est, del testo attuale ai processi  amministrativi  non  pendenti
alla data del 16 settembre 2010 di entrata  in  vigore  del  c.p.a.),
essa non determina ne' irragionevoli disparita' di  trattamento,  ne'
lesione alcuna dei principi del giusto  processo  e  del  diritto  di
difesa, dal momento che l'istanza di prelievo  manifesta  l'interesse
della parte ad una rapida  definizione  della  domanda  di  giustizia
(cfr. Cassazione n. 26262/13). 
    Quest'ultima affermazione introduce a una sottile ma fondamentale
divaricazione funzionale dell'istanza di prelievo secondo la  visuale
prescelta, quella amministrativa o quella del binomio normativo della
legge n. 89/2001 e dell'art. 54 decreto-legge piu' volte citato. 
    Nell'ambito del processo amministrativo detta  istanza  e'  stata
prevista dall'art. 51, cpv. regio decreto n. 642/1907 quale strumento
per sollecitare la trattazione urgente del  ricorso.  Abrogato  detto
regio decreto dall'art. 4 dell'allegato 4 al decreto  legislativo  n.
104/2010, e sostituita la disposizione  sul  prelievo  con  l'affatto
omologa norma dell'art. 71, comma  2,  c.p.a.,  permane  la  medesima
funzione di mezzo per segnalare l'urgenza della decisione. 
    Non pare, invece, ne' rilevante  ne'  significativo  ai  fini  in
esame l'art. 71-bis, aggiunto  al  decreto  legislativo  n.  104/2010
dall'art. 1, comma 781, lettera b) della legge n. 208/2015,  in  base
al quale a seguito dell'istanza di cui al comma 2  dell'art.  71,  il
giudice,   accertata   la   completezza   del    contraddittorio    e
dell'istruttoria,  sentite  sul  punto  le  parti  costituite,   puo'
definire, in Camera di consiglio, il giudizio con sentenza  in  forma
semplificata. In disparte la sua applicabilita' a  decorrere  dal  1°
gennaio 2016, tale norma si limita a prevedere la possibilita' di una
tecnica decisoria piu'  agevole  e  veloce,  senza  tuttavia  imporla
nell'an o nel quando. Nulla ne scaturisce, pertanto, sul  complessivo
giudizio  di  (in)effettivita'  del  rimedio   interno   secondo   la
concezione dell'art. 13 della  Convenzione  europea,  come  elaborata
dalla Corte di Strasburgo. Il che ripropone intatta la  questione  in
esame. 
    Diversa e', invece, proprio  sul  terreno  dell'effettivita',  la
funzione dell'istanza di prelievo nell'ambito dell'equa  riparazione.
Come questa C.S. ha avuto modo di affermare, essa ha da tempo assunto
la funzione di segnalare al giudice  il  permanente  interesse  della
parte  alla  definizione  del  giudizio,  sovente  venuto  meno   per
circostanze  sopravvenute  alla  sua  proposizione  (quali  atti   di
autotutela  o  sanatorie),  con  la  conseguenza   che   la   mancata
presentazione dell'istanza, nonostante il lungo tempo trascorso dalla
proposizione della domanda, costituisce indice  di  scarso  interesse
alla lite (cosi' Cassazione n. 3271/11, che da  cio'  ha  desunto  la
legittimita' di una liquidazione dell'indennizzo in misura  inferiore
rispetto a quella normalmente ritenuta congrua). 
    Cio' non  vuol  dire,  ovviamente,  che  l'assenza  del  prelievo
impedisca la decisione del giudice  amministrativo,  una  volta  che,
come si e' detto, la  costituzione  della  parte  ricorrente  si  sia
perfezionata  con  la   proposizione   dell'istanza   di   fissazione
dell'udienza di  trattazione  del  ricorso.  Tant'e'  che  prima  del
decreto-legge n. 112/08 questa Corte aveva sempre affermato, anche  a
S.U., che la lesione del diritto alla definizione del processo in  un
termine ragionevole va riscontrata, anche per  le  cause  davanti  al
giudice  amministrativo,  con  riferimento  al   periodo   intercorso
dall'instaurazione del relativo  procedimento,  senza  che  una  tale
decorrenza del termine ragionevole di durata della causa possa subire
ostacoli o slittamenti in relazione  alla  mancanza  dell'istanza  di
prelievo od alla ritardata presentazione di essa; e che la previsione
di strumenti sollecitatori non sospende ne differisce il dovere dello
Stato di pronunciare sulla domanda, in caso di omesso esercizio degli
stessi,  ne   implica   il   trasferimento   sul   ricorrente   della
responsabilita' per il superamento del  termine  ragionevole  per  la
definizione  del  giudizio,  salva  restando   la   valutazione   del
comportamento della  parte  al  solo  fine  dell'apprezzamento  della
entita' del  lamentato  pregiudizio  (cosi'  e  per  tutte,  S.U.  n.
28507/05). 
    Il senso ultimo dell'operazione posta in essere  dal  legislatore
del 2008-2010, confermato del resto dal piu' generalizzato sistema di
rimedi preventivi introdotto nella  legge  n.  89/2001  dall'art.  1,
comma 777, lettera  a,  della  legge  n.  208/2015,  consiste  dunque
nell'imporre al ricorrente di prenotare gli effetti della riparazione
per l'irragionevole durata del processo. 
    Non mette conto, per  i  limiti  di  rilevanza  della  questione,
indagare se tale tecnica, una volta che le modifiche della  legge  n.
89/2001  operino  a  regime,  sia  o   non   idonea   ad   assicurare
l'effettivita' dell'istanza giurisdizionale interna, tenuto conto del
fatto che i rimedi ivi contemplati devono essere azionati  prima  che
la violazione  dell'art.  6,  par.  1,  Convenzione  europea  per  la
salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta'  fondamentali sia
consumata  (salvo  rilevare  sin  da  ora  che  nessuna  disposizione
imporrebbe di adottare corsie decisorie preferenziali).  Per  contro,
nel caso dei processi pendenti  alla  data  del  16  settembre  2010,
l'art.  54,  comma  2,  decreto-legge   n.   112/2008   impone   tale
prenotazione indipendentemente dalla circostanza che la violazione si
sia gia' realizzata o meno. Prova ne sia che la proponibilita'  della
domanda di equa riparazione non e' esclusa ove l'istanza di  prelievo
sia stata presentata una sola volta e  in  epoca  risalente  rispetto
alla conclusione del giudizio, atteso  che  nessuna  norma  e  nessun
principio processuale ne impongono la reiterazione ad intervalli piu'
o meno regolari (v. Cassazione  n.  14386/15);  e  che  l'istanza  di
prelievo, anche quando condiziona ratione temporis la  proponibilita'
della domanda di indennizzo, non incide sul computo della durata  del
processo, che va riferita all'intero svolgimento  processuale  e  non
alla sola fase seguente detta istanza (cfr. Cassazione nn. 13554/16 e
2172/17). 
    3.4.1. - Resta -  difficilmente  eludibile  -  una  significativa
diversita' di accenti. Mentre per la giurisprudenza della  Corte  EDU
il rimedio  interno  deve  garantire  o  la  durata  ragionevole  del
giudizio o  l'adeguata  riparazione  della  violazione  del  precetto
convenzionale, sicche' ogni ostacolo che vi si  frapponga  rende  non
effettivo il rimedio stesso, l'art. 54,  comma  2,  decreto-legge  n.
112/2008  interpone  proprio  questo  ostacolo.  La   sua   finalita'
selettiva, volta a impedire riparazioni indiscriminate nell'ambito di
un processo peculiare come quello amministrativo, in cui piu' che  in
altri rapporto sostanziale tra le parti e' soggetto alla temperie  di
fattori  esterni  e  mutevoli  destinati  ad   incidere   su   quello
processuale, se da un lato illumina la ratio della  norma  dall'altro
ne denuncia il contrasto irredimibile con la Convenzione. Secondo  la
Corte EDU, infatti, un processo finche' pende e' per  cio'  stesso  e
per cio' solo soggetto  al  termine  di  durata  ragionevole  e  alle
conseguenze della relativa violazione. 
    Non a caso la sentenza Olivieri contro Italia, nel  rilevare  che
ciascun ricorrente aveva presentato una seconda istanza di fissazione
dell'udienza allo scopo di evitare la perenzione della propria causa,
tra luglio e settembre 2008, con conseguente fissazione  dell'udienza
di discussione tra novembre 2008 e marzo 2009, ha concluso  che  «(i)
ricorrenti non avevano  dunque  alcun  interesse  a  sollecitare  una
seconda volta la cancelleria del Tribunale  amministrativo  regionale
per chiedere la fissazione d'urgenza della data dell'udienza». Il che
fa risaltare l'aporia intrinseca dell'art. 54, comma 2, decreto-legge
cit., il quale subordina l'equa riparazione ad un adempimento che non
solo non e' funzionale alla progressione del giudizio piu' di  quanto
non lo sia la semplice istanza di  fissazione  dell'udienza,  essendo
dovuta nell'un caso come nell'altro la risposta giurisdizionale  fino
al limite della perenzione; ma che altresi' si trasfigura rispetto al
proprio originale, divenendo, da strumento sollecitatorio per ragioni
d'urgenza, mezzo di pura prenotazione  dell'indennizzo,  tramite  una
surrettizia  e  sovrabbondante  dichiarazione   di   interesse   alla
decisione. 
    4. - Dunque, e riassumendo,  mentre  nella  giurisprudenza  della
Corte  EDU  il  rimedio   preventivo   e'   tale   se   efficacemente
sollecitatorio, l'interesse alla risposta  giurisdizionale  derivando
dalla stessa pendenza del processo, nel sistema integrato della legge
n. 89/2001 e del piu' volte citato  art.  54,  comma  2,  il  rimedio
preventivo non e' sollecitatorio, ma  puramente  dichiarativo  di  un
interesse altrimenti gia' incardinato nel processo. 
    Non e' possibile un'interpretazione  convenzionalmente  orientata
di tale norma che non si  traduca  nella  sua  sostanziale  e  intera
disapplicazione. E'  l'idea  stessa  del  prelievo  quale  condizione
d'accesso all'istanza indennitaria a soffrire la contraddizione. 
    Di  qui  la  non  manifesta  infondatezza  della   questione   di
legittimita' costituzionalita' dell'art. 54, comma  2,  decreto-legge
n. 112/2008, convertito con modificazioni dalla  legge  n.  133/2008,
come modificato dall'art. 3, comma 23,  dell'Allegato  4  al  decreto
legislativo n. 104/2010 e dall'art. 1, comma 3,  lettera  a),  numero
6), del decreto legislativo correttivo n. 195/2011, per contrasto con
l'art. 117,  primo  comma,  della  Costituzione,  in  relazione  agli
articoli 6, par. 1, 13 e 46, par. 1, della Convenzione europea per la
salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali,
nella parte in cui, relativamente ai giudizi pendenti alla  data  del
16  settembre  2010  e  per  la  loro  intera  durata,  subordina  la
proponibilita' della domanda di equa riparazione per  l'irragionevole
durata dei giudizi amministrativi alla presentazione dell'istanza  di
prelievo. 
 
                               P.Q.M. 
 
    La Corte, visti gli articoli 134 della Costituzione  e  23  della
legge n. 87/1953, dichiara rilevante e non manifestamente  infondata,
in riferimento all'art. 117, primo comma, della  Costituzione,  e  ai
parametri interposti degli articoli 6, par. 1, 13 e 46, par. 1  della
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
liberta' fondamentali (CEDU), firmata a  Roma  il  4  novembre  1950,
ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955,  n.  848,  la
questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  54,  comma  2,
decreto-legge n. 112/2008, convertito con modificazioni in  legge  n.
133/2008, come modificato dall'art. 3, comma 23, dell'Allegato  4  al
decreto legislativo n. 104/2010 e dall'art. 1, comma 3,  lettera  a),
numero 6), del decreto legislativo correttivo n. 195/2011; dispone la
sospensione  del  presente  giudizio  e  ordina  che,  a  cura  della
cancelleria, la presente ordinanza  sia  notificata  alle  parti  del
giudizio di cassazione, al pubblico ministero presso questa  Corte  e
al Presidente del  Consiglio  dei  ministri;  ordina,  altresi',  che
l'ordinanza venga comunicata dal cancelliere ai Presidenti delle  due
Camere del Parlamento; dispone l'immediata trasmissione  degli  atti,
comprensivi della documentazione attestante il perfezionamento  delle
prescritte notificazioni e comunicazioni, alla Corte costituzionale. 
        Cosi' deciso in Roma, nella Camera di consiglio della seconda
sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 13 ottobre 2017. 
 
                       Il Presidente: Petitti