N. 23 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 6 marzo 2018

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 6 marzo 2018 (della Regione autonoma Valle d'Aosta). 
 
Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di bilancio 2018 - Riduzione
  degli accantonamenti a carico della Regione autonoma Valle  d'Aosta
  a titolo di concorso alla finanza pubblica. 
- Legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Bilancio di previsione dello  Stato
  per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il  triennio
  2018-2020), art. 1, comma 841. 
(GU n.17 del 26-4-2018 )
    Ricorso   nell'interesse    della    Regione    Autonoma    Valle
d'Aosta/Vallee d'Aoste, con sede in Aosta, P.zza Deffeyes, n. 1, C.F.
80002270074,  in  persona  del  Presidente  p.t.,   Laurent   Vierin,
rappresentata e difesa, in forza di procura a  margine  del  presente
atto e in virtu' della Deliberazione della Giunta  regionale  n.  223
del  26.2.2018,  dal  Prof.  Avv.  Francesco  Saverio   Marini   (CF.
MRNFNC73D28H501U; 
    pec:     francescosaveriomarini@ordineavvocatiroma.org;      fax.
06.36001570), ed elettivamente domiciliata presso il  suo  studio  in
Roma; via di Villa Sacchetti, 9; -ricorrente- 
    Contro Governo della Repubblica, in persona  del  Presidente  del
Consiglio dei Ministri p.t., con sede in Roma, Palazzo Chigi,  Piazza
Colonna, 370, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  Generale  dello
Stato; -resistente- 
    Per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale della legge
27 dicembre 2017, n. 205, pubblicata in S.O. alla Gazzetta  Ufficiale
della Repubblica Italiana n. 302 del 29 dicembre 2017,  limitatamente
all'articolo 1, comma 841. 
    La  legge  27  dicembre  2017,  n.  205,  recante  «Bilancio   di
previsione  dello  Stato  per  l'anno  finanziario  2018  e  bilancio
pluriennale per il triennio 2018/ 2020»  ,  all'art.  1,  comma  841,
dispone quanto segue: «nelle more della definizione  dei  complessivi
rapporti finanziari tra lo Stato e la regione Valle d'Aosta che tenga
conto, tra l'altro, delle sentenze della Corte costituzionale  n.  77
del 2015 e n. 154 del 2017, gli accantonamenti a carico della Regione
Valle d'Aosta a titolo di concorso alla finanza pubblica sono ridotti
di 45 milioni di euro per l'anno 2018,100 milioni di euro per  l'anno
2019 e 120 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2020». Ora, la
predetta disposizione, nella denegata ipotesi in cui fosse  intesa  -
sulla base dall'impiego  della  locuzione  «gli  accantonamenti  sono
ridotti», la quale lascia desumere una  prospettiva  del  legislatore
statale secondo cui l'importo  complessivo  dovuto  dalla  Regione  a
titolo di concorso agli obiettivi di finanza pubblica sia superiore a
quello indicato in riduzione - nel senso di includere  nell'ammontare
del contributo anche l'accantonamento disposto dallo Stato  a  valere
sulle quote di compartecipazione ai  tributi  erariali  di  spettanza
regionale di cui all'articolo 16, comma 3, del decreto-legge 6 luglio
2012, n. 95, convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  7  agosto
2012, n. 135, stabilendone la doverosita', sia pure  con  importi  in
riduzione, non solo  nell'anno  2018,  ma  anche  nell'anno  2019  e,
successivamente, a decorrere dal  2020,  si  mostrerebbe  illegittima
alla luce dei seguenti motivi di 
 
                               Diritto 
 
    Sull'ammissibilita' In via preliminare, e al solo fine di evitare
sterili  eccezioni  sul  punto,  si   ricorda   che   «per   costante
giurisprudenza costituzionale (da ultimo, sentenze n. 189, n. 159, n.
156 e n. 3 del 2016) - possono trovare ingresso, nel giudizio in  via
principale, questioni promosse in via cautelativa ed ipotetica, sulla
base  di  interpretazioni  prospettate   soltanto   come   possibili;
purche' non implausibili e comunque ragionevolmente collegabili  alle
disposizioni impugnate» (cfr. Corte cost., sent. n.  154  del  2017).
L'ipotesi interpretativa qui profilata dalla  Regione  e'  senz'altro
plausibile - come subito si illustrera' - alla luce  delle  complesse
vicende  e  dei   (purtroppo)   numerosi   precedenti   di   indebita
interferenza  del  legislatore  statale  nella  sfera  di   autonomia
finanziaria della ricorrente. 
INQUADRAMENTO DELLA QUESTIONE ALLA  LUCE  DELL'EVOLUZIONE  NORMATIVA,
NONCHE' DEL CONTENZIOSO GIA' DEFINITO E  ANCORA  PENDENTE  INNANZI  A
CODESTA ECC.MA CORTE 
    1. Al fine di meglio inquadrare la questione oggetto del presente
giudizio e far risaltare gli evidenti  profili  d'incostituzionalita'
della   disposizione   gravata,   appare    necessario    ricostruire
l'evoluzione normativa e le vicende  giurisdizionali  -  ben  note  a
codesta Ecc.ma Corte - che hanno  caratterizzato  il  concorso  della
Regione agli obiettivi della finanza pubblica, mediante  il  congegno
dell'accantonamento disposto dallo Stato  a  valere  sulle  quote  di
compartecipazione ai tributi erariali di spettanza regionale ex  art.
16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012. Si tratta di  un  excursus  non
breve, ma. imposto dalla complessita' del  «retroterra»  dell'odierna
questione. 
    2. Con il d. l. n. 95 del 2012 («Spending  review»),  convertito,
con modificazioni, nella legge n. 135 del  2012,  il  legislatore  ha
introdotto disposizioni  urgenti  finalizzate  a  «razionalizzare  la
spesa pubblica  attraverso  la  riduzione  delle  spese  per  beni  e
servizi,  garantendo  al  contempo  l'invarianza   dei   servizi   ai
cittadini»,  con  l'obiettivo  di  stimolare   la   crescita   e   la
competitivita' del nostro Paese. 
    L'art. 16, comma 3, del citato  decreto-legge  dispone:  «con  le
procedure previste dall'articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42,
le Regioni a statuto speciale e le  Province  autonome  di  Trento  e
Bolzano assicurano un concorso alla finanza  pubblica  per  l'importo
complessivo di 600 milioni di euro per l'anno 2012, 1.200 milioni  di
euro per l'anno 2013 e 1.500 milioni di euro per l'anno 2014 e  1.575
milioni di euro a decorrere dall'anno 2015. Fino all'emanazione delle
norme di attuazione di cui al predetto  articolo  27,  l'importo  del
concorso complessivo di cui al primo periodo del  presente  comma  e'
annualmente accantonato, a valere sulle quote di compartecipazione ai
tributi erariali o, previo accordo tra  la  Regione  richiedente,  il
Ministero  per  la  coesione  territoriale  e  il   Ministero   delle
infrastrutture e dei trasporti, a valere sulle risorse destinate alla
programmazione regionale del Fondo per lo  sviluppo  e  la  coesione,
sulla base di apposito accordo  sancito  tra  le  medesime  autonomie
speciali in sede di Conferenza  permanente  per  i  rapporti  tra  lo
Stato, le regioni e le province autonome di Trento  e  di  Bolzano  e
recepito con decreto del  Ministero  dell'economia  e  delle  finanze
entro il 31 gennaio di ciascun anno. In caso di  mancato  accordo  in
sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni
e le province autonome di Trento e di  Bolzano,  l'accantonamento  e'
effettuato, con decreto del Ministero dell'economia e  delle  finanze
da emanare entro il 15 febbraio di ciascun anno, in proporzione  alle
spese sostenute per consumi intermedi desunte, per l'anno  2011,  dal
SIOPE. Fino all'emanazione delle norme di attuazione di cui al citato
articolo 27, gli obiettivi del  patto  di  stabilita'  interno  delle
predette autonomie speciali sono rideterminati  tenendo  conto  degli
importi incrementati di 500 milioni di  euro  annui  derivanti  dalle
predette procedure. In caso di utilizzo delle risorse del  Fondo  per
lo sviluppo e la coesione per le finalita' di cui al presente  comma,
la Regione interessata propone conseguentemente al CIPE per la  presa
d'atto, la  nuova  programmazione  nel  limite  delle  disponibilita'
residue, con priorita' al  finanziamento  di  interventi  finalizzati
alla  promozione  dello  sviluppo  in  materia   di   trasporti,   di
infrastrutture e di investimenti locali». 
    3. Avverso l'art. 16, comma 3,  del  d.l.  n.  95  del  2012,  la
Regione Valle  d'Aosta  ha  a  suo  tempo  proposto  ricorso  in  via
principale, definito dalla Corte costituzionale con  sentenza  n.  77
del 2015. La pronuncia, da ascriversi alla categoria  delle  sentenze
interpretative di rigetto,  ha  ritenuto  non  fondate  le  questioni
prospettate, valorizzando,  quali  condizioni  essenziali  per  poter
ritenere non illegittima la norma, tre profili: i) la circostanza che
le somme accantonate, pur gravate da un vincolo di  indisponibilita',
permangano  comunque  nella  titolarita'  della   Regione;   ii)   la
temporaneita'   dell'accantonamento   e    del    connesso    vincolo
d'indisponibilita'; iii) il venir meno  dell'obbligo  di  contribuire
alla finanza pubblica ex art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012, a
far data dall'anno 2017, disposto dall'art. 1, comma 454, della legge
n. 228 del 2012. 
    Piu' in dettaglio, nella sentenza n. 77 del 2015 si  legge:  «per
mezzo dell'accantonamento previsto dalla norma impugnata [...]  poste
attive che permangono nella titolarita' della  regione,  cui  infatti
spettano in forza degli  statuti  e  della  normativa  di  attuazione
(sentenza  n.  23  del   2014),   sono   sottratte   a   un'immediata
disponibilita' per obbligare l'autonomia speciale  a  ridurre  di  un
importo corrispondente il livello delle spese. Una volta chiarito che
il contributo imposto a tal fine alle  ricorrenti  e'  legittimo,  si
deve concludere  che  l'accantonamento  transitorio  delle  quote  di
compartecipazione,  in  attesa  che  sopraggiungano   le   norme   di
attuazione cui rinvia l'art. 27 della legge n.  42/2009,  costituisce
il mezzo procedurale con il quale  le  autonomie  speciali,  anziche'
essere private definitivamente di quanto loro compete, partecipano al
risanamento delle finanze pubbliche, impiegando a tal fine le risorse
che lo Stato trattiene. Le quote accantonate rimangono, in tal  modo,
nella titolarita' della Regione e sono  strumentali  all'assolvimento
di  un  compito  legittimamente  gravante  sul   sistema   regionale.
Naturalmente non e' questa una  situazione  che  si  possa  protrarre
senza limite, perche' altrimenti l'accantonamento si tramuterebbe  di
fatto in appropriazione. Ma, nell'attuale contesto emergenziale,  ove
e'  particolarmente  forte  l'esigenza  di  obbligare  le  Regioni  a
contenere la spesa, una simile tecnica non viola i parametri  dedotti
dalle ricorrenti, giacche' si risolve nell'omessa erogazione, in  via
transitoria, di somme che queste ultime non avrebbero potuto comunque
impiegare  per  incrementare  il  livello  della  spesa.  Va  inoltre
ribadito che, per effetto dell'art. 1, comma 454, della legge n.  228
del 2012, il contributo prescritto dall'art. 16, comma 3,  impugnato,
e con esso l'accantonamento, cessera' di essere dovuto, in ogni caso,
nel 2017». 
    4. Successivamente, anche in attuazione di  quanto  disposto  dal
giudice costituzionale, l'art. 1, comma 484 della legge  n.  232  del
2016 ha stabilito che alla Regione autonoma  Valle  d'Aosta  «non  si
applicano le disposizioni in materia di patto di  stabilita'  interno
di cui all'articolo 1, commi 454 e seguenti, della legge 24  dicembre
2012, n. 228», al quale viene sostituito, a decorrere dal 1°  gennaio
2017, il regime del pareggio  di  bilancio,  fondato  sull'equilibrio
complessivo tra entrate e spese. 
    Dal canto suo, la legge regionale valdostana n. 24  del  2016  ha
disposto che «in attuazione della sentenza della Corte costituzionale
n. 77 del  13  maggio  2015,  l'importo  dell'accantonamento  per  il
concorso della Regione agli obiettivi complessivi di finanza pubblica
e' determinato in euro 72.974.369 per l'anno 2017 e euro 94.200.130 a
decorrere dall'anno 2018». L'entita'  dell'accantonamento,  in  buona
sostanza, viene ora determinata  detraendo  dall'importo  complessivo
del contributo per il concorso agli obiettivi complessivi di  finanza
pubblica le somme di cui al citato articolo 16, comma 3, del d.l.  n.
95 del 2012, non piu' applicabile all'odierna ricorrente. 
    5. In totale  spregio  di  tale  contesto  -  nonostante  la  non
applicabilita', a decorrere dal 1°  gennaio  2017,  dell'articolo  1,
comma 454, della l. 228/2012 e nonostante la riduzione del contributo
per il concorso  regionale  agli  obiettivi  complessivi  di  finanza
pubblica di cui  al  citato  articolo  1  della  1.r.  24/2016  -  il
Ministero dell'economia e delle  finanze,  ha  comunque  adottato  il
decreto 9 maggio 2017, ponendo a carico della Regione autonoma  Valle
d'Aosta. un contributo in termini di saldo netto da finanziario  pari
a euro 144.326.970,22, in pretesa applicazione  del  citato  articolo
16, comma 3, del decreto-legge 95/2012; 
    Avverso   il   predetto   decreto   ministeriale   e   gli   atti
consequenziali (da ultimo la nota prot. 1902478 del 20  ottobre  2017
del Ministero dell'economia e  delle  finanze  -  Dipartimento  della
Ragioneria generale dello Stato) la Regione ha proposto  ricorso  per
conflitto di attribuzione dinanzi alla Corte  costituzionale,  giusta
deliberazione della Giunta regionale n. 914 del 3 luglio 2017, e  per
l'annullamento al TAR  del  Lazio-Roma,  giuste  deliberazioni  della
Giunta regionale n. 913 del 3 luglio 2017 e n. 1556 del  13  novembre
2017. I giudizi cosi' incardinati sono tuttora pendenti. 
    7. Le argomentazioni poste alla  base  dei  predetti  ricorsi  si
sostanziano nella circostanza che il decreto ministeriale e gli  atti
consequenziali, nel  porre  a  carico  della  Regione  un  contributo
aggiuntivo in termini di saldo  netto  da  finanziario  pari  a  euro
144.326.970,22, risultano illegittimi  e  lesivi  delle  attribuzioni
costituzionalmente spettanti alla Regione atteso che, sulla scorta di
quanto  espressamente  affermato  dalla  Corte  costituzionale  nella
citata sentenza  interpretativa  di  rigetto,  n.  77/2015,  la  sola
ragione a fondamento della legittimita' del  predetto  contributo  in
termini di saldo netto da finanziare, mediante trattenuta unilaterale
a valere  sulle  quote  di  compartecipazione  ai  tributi  erariali,
risiede nella necessaria correlazione tra la  trattenuta,  quale  e',
per l'appunto, quella  imposta  alla  Valle  d'Aosta  dal  contestato
decreto del MEF in applicazione del richiamato articolo 16, comma  3,
del decreto-legge 95/2012,  e  il  regime  del  patto  di  stabilita'
interno in termini di obiettivo eurocompatibile, determinato  secondo
le modalita' indicate dall'articolo 1, comma 454, della l. 228/2012 e
che, essendo per la Regione autonoma Valle  d'Aosta  venuto  meno  il
regime del patto di stabilita', con la non applicazione, a  decorrere
dal 1° gennaio 2017, ai sensi dell'articolo 1,  comma  484,  della l.
232/2016, dell'articolo 1, comma 454,  della  1.  228/2012,  nel  cui
ambito soltanto puo' essere legittimamente inquadrato il concorso  al
risanamento della finanza pubblica mediante l'accantonamento  di  cui
trattasi, a decorrere dalla medesima annualita', 2017, il  contributo
ai sensi dell'articolo 16, comma 3, del  decreto-legge  95/2012  deve
ritenersi non piu' dovuto. Per  gli  stessi  motivi,  il  decreto  in
questione si pone  in  contrasto  con  il  giudicato  costituzionale,
poiche' reitera i medesimi vizi gia' censurati dalla Corte. 
    8.  Ebbene:  la  disposizione  oggi   gravata   costituisce   una
ulteriore, e a questo punto incredibile, applicazione di un  congegno
ormai dichiarato illegittimo dalla  Corte  costituzionale,  oltreche'
del tutto decontestualizzato rispetto al quadro normativo  nel  quale
era stato concepito, oggi completamente mutato e distonico. 
    L'art. 1, comma 841, della legge n. 205 del  2017  ripete  quindi
tutti i vizi gia' censurati nelle altre occasioni dalla ricorrente, e
ravvisati da codesta Ecc.ma Corte, che qui di seguito si espongono in
dettaglio. 
I. VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 2, COMMA PRIMO, LETTERA A), 3, COMMA PRIMO,
LETTERA F), 4, 12, 48Bis E 50 DELLA LEGGE COSTITUZIONALE 26  FEBBRAIO
1948, N. 4; DEGLI ARTT. 117, COMMA TERZO, 119 COST. E 10 DELLA  LEGGE
COSTITUZIONALE 18 OTTOBRE 2001, N. 3; DEGLI ARTT.  DA  2  A  7  DELLA
LEGGE 26 NOVEMBRE 1981, N. 690. 
    1. Innanzitutto, l'adozione dell'art. 1, comma 841,  della  legge
n.  205  del  2017   all'interno   di   un   contesto   normativo   e
giurisprudenziale che non lo consente piu' lede l'autonomia speciale,
costituzionalmente garantita, di cui gode l'odierna ricorrente. 
    Esso,  infatti,  produce  la  patente  violazione  dell'autonomia
organizzativa e finanziaria della Regione sancita dagli  articoli  2,
comma primo, lettera a), 3, comma primo, lettera f), 4, 12,  48bis  e
50 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4, oltre che dagli
articoli 117, comma terzo, 119 Cost. e 10 della legge  costituzionale
18 ottobre 2001, n. 3,  e  dalla  relativa  normativa  di  attuazione
statutaria e, segnatamente, dagli articoli da 2 a 7  della  legge  26
novembre 1981, n. 690. 
    2. Piu'  in  dettaglio,  l'atto  incide  unilateralmente  e  jure
imperii sull'entita' delle compartecipazioni  valdostane  ai  tributi
erariali, ossia su una materia riservata alla normativa di attuazione
contenuta nella l. n. 690 del 1981 e, segnatamente, negli articoli da
2 a 7 di tale atto normativo, i quali fissano  le  quote  di  tributi
erariali da attribuire alla Valle. 
    Cio' determina, anzitutto, la violazione dell'art. 48-bis,  dello
Statuto speciale. Per effetto di tale previsione, infatti,  eventuali
modifiche o deroghe  alle  norme  di  attuazione  statutarie  possono
avvenire solo a seguito dei lavori  della  commissione  paritetica  e
previo parere del Consiglio della Valle, proprio al fine di garantire
le «particolari condizioni di autonomia attribuite alla Regione». 
    Nel caso di specie, tuttavia, il legislatore statale ha stabilito
in via unilaterale gli importi del concorso valdostano alla  manovra,
vanificando  completamente  le   speciali   garanzie   procedimentali
previste a tutela dell'autonomia regionale dal citato art. 48-bis. 
    La  fondatezza  di  siffatta  censura  trova  evidente  conferma,
peraltro, nell'art. 1 del d. lgs. n.  320  del  1994,  di  attuazione
dello Statuto, il quale dispone che: «l'ordinamento finanziario della
Regione, stabilito a norma  dell'art.  50,  comma  3,  dello  statuto
speciale, con la legge 26 novembre del  1981,  n.  690»  puo'  essere
«modificato solo con il procedimento di  cui  all'art.  48-  bis  del
medesimo statuto speciale». 
    Da  cio'  consegue,  pertanto,  che  la  materia  relativa   alla
compartecipazione regionale ai tributi  erariali  -  riservata,  come
detto, alla normativa di attuazione statutaria - non avrebbe  potuto,
diversamente da quanto accaduto nel caso di specie,  formare  oggetto
di modifica unilaterale da parte dello Stato. 
    In  tali  esatti  termini  si  e'   espressa,   del   resto,   la
giurisprudenza costituzionale, che non ha mancato di evidenziare  che
le norme di attuazione, per la loro «particolare competenza  separata
e riservata, risultano caratterizzate da particolare forza  e  valore
e, di  conseguenza,  sottratte,  anche  in  assenza  di  un  espressa
clausola di salvaguardia,  alla  possibilita'  di  abrogazione  o  di
deroga da parte di norme di legge ordinaria» (Corte cost.,  sent.  n.
191 del 1991; cosi' anche Corte cost., sent. n. 206 del 1975). 
    3. Ora, le menzionate violazioni si riflettono in maniera diretta
e immediata sulla particolare autonomia organizzativa  e  finanziaria
valdostana, tutelata da una pluralita' di previsioni costituzionali e
statutarie. 
    Il riferimento e', nello specifico: 
        i) all'art. 2, comma 1, lettera a)  dello  Statuto  speciale,
che attribuisce alla Regione ricorrente, tra l'altro, «il  potere  di
regolare [...] la gestione del bilancio e l'erogazione delle spese in
esso stanziate» (cfr. Corte cost., sent. n. 107 del 1970); 
        ii) all'art. 3, comma 1, lett. f), del medesimo Statuto,  che
riconosce alla Valle la potesta' di introdurre norrne legislative  di
integrazione ed attuazione, nell'ambito dei principi individuati  con
legge dello Stato, in materia di «finanze regionali  e  comunali»,  e
che qualifica  la  competenza  normativa  valdostana  nelle  suddette
materie, alla luce dei novellati articoli 117, comma 3 e  119,  Cost.
(i quali risultano parimenti lesi dalla disposizione censurata),  non
piu' come meramente suppletiva rispetto a quella statale; 
        iii) all'art. 4, dello Statuto speciale, che attribuisce alla
Valle il potere  di  esercitare  nei  predetti  ambiti  materiali  le
corrispondenti funzioni amministrative; 
        iv) all'art. 12, dello stesso  Statuto,  che  riconosce  alla
Regione ricorrente quote tributarie erariali. 
    Complessivamente, dunque, la  disposizione  oggi  impugnata,  nel
determinare   unilateralmente   l'entita'   delle   compartecipazioni
valdostane  ai  tributi  erariali,  incide   in   maniera   indebita.
sull'ordinamento  finanziario  regionale,  vanificando  le   speciali
garanzie procedurali previste dal citato art. 48-bis dello Statuto  e
violando le richiamate norme statutarie  e  costituzionali  a  tutela
della speciale autonomia organizzativa e  finanziaria  della  Regione
ricorrente. 
    4. E' appena il caso di precisare che a salvare  in  extremis  la
disposizione oggi gravata non varrebbe far leva su asseriti  contesti
emergenziali o su una presunta temporaneita' della misura. Si  tratta
di giustificazioni che, su questo specifico argomento, lo Stato -  si
consenta l'espressione - ha  ormai  da  tempo  esaurito:  ben  lo  si
illustra nella citata sentenza n. 77  del  2015,  che,  nello  stesso
momento   in   cui    ha    ritenuto    legittimo    il    meccanismo
dell'accantonamento proprio in  ragione  della  situazione  di  crisi
economica, ne ha posto come necessaria  condizione  di  validita'  il
carattere temporaneo e la sua cessazione a decorrere dal 2017. 
    Dunque,  in  questa  prospettiva  manifestamente  illegittimo  il
tentativo, realizzato con la norma qui gravata, di  reiterare  ancora
una volta il meccanismo. Aspetto che risulta poi tanto piu' evidente,
e  quasi  sfacciato,   se   si   considera   che   questa   ulteriore
reiterazione e' sine die,  cioe'  sprovvista  di  ogni  delimitazione
temporale, come si evince dalla locuzione  «a  decorrere  dal  2020».
Profilo che gia' da solo  vale  a  determinare  l'incostituzionalita'
della norma per contrasto con la giurisprudenza costituzionale  (cfr.
sentenze nn. 77/2015, 141/2016 e 154/2017), a mente della quale:  «il
costante ricorso alla tecnica normativa  dell'estensione  dell'ambito
temporale di precedenti manovre, mediante  aggiunta  di  un'ultetiore
annualita' a quelle originariamente previste per porsi  in  contrasto
con il canone della  transitorieta',  se  indefinitamente  ripetuto»,
incidendo, di tal guisa, il legislatore statale «a ripetizione»  «con
una forma di transitorieta'  permanente»  sulla  capacita'  di  spesa
della Regione,  oltre  che  unilateralmente,  in  violazione  con  il
principio  dell'accordo   che   dovrebbe   sempre   presiedere   alla
definizione dei rapporti finanziari tra lo  Stato  e  le  Regioni  ad
autonomia speciale (cfr. sentenze nn. 88/2014, 193 e 118/2012). 
II. VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI LEALE COLLABORAZIONE (ARTT. 5  E  120
Cost.) 
    1. L'art. 1, comma 841, della legge n.  205  del  201  si  mostra
incostituzionale  anche  per  violazione  del  principio   di   leale
collaborazione. 
    La disposizione - considerando anche la sua adozione a  monte  di
una vicenda normativa e contenziosa cosi' articolata - e'  il  frutto
di  un  patente  dispregio  dello  Stato  per  qualunque   forma   di
coinvolgimento diretto della Regione. Cio' viola il metodo  pattizio,
che rappresenta, come ripetutamente  affermato  dalla  giurisprudenza
costituzionale, il cardine della regolamentazione, mediante procedure
rinforzate, dei rapporti finanziaria tra  Io  Stato  e  le  Autonomie
speciali (cfr., tra le molte, Corte cost., sent. n. 193 del 2012). 
    Codesta Ecc.ma Corte, infatti, ha piu' volte  ribadito  che:  «il
principio di leale collaborazione in 'materia di rapporti  finanziari
tra lo Stato e le Regioni speciali impone  la  tecnica  dell'accordo»
(cfr.,  Corte  cost.,  sent.  n.  74   del   2009).   Quest'ultima e'
«espressione» della particolare autonomia in materia  finanziaria  di
cui godono le Regioni a Statuto speciale (cfr.,  Corte  cost.,  sent.
nn. 193 del 2012; 82 del  2007;  353  del  2004),  specificando,  con
riferimento  alla  Valle,   che:   «le   modifiche   dell'ordinamento
finanziario della  Regione  Valle  d'Aosta  devono  avvenire  con  il
procedimento previsto dall'art.  48-bis  dello  Statuto»,  idoneo  ad
assicurare un coinvolgimento diretto ed  effettivo  dell'Ente  (Corte
cost., sent. n. 133 del 2010). 
    Anche  nella  recente  sentenza  n.  154  del  2017  -  resa  con
riferimento all'art. 1, comma 680 della  legge  208  del  2015  -  si
leggono  passaggi  fondamentali  in  argomento,  che  vale  la   pena
richiamare: «per costante giurisprudenza costituzionale - i  rapporti
finanziari tra lo Stato e le autonomie  speciali  sono  regolati  dal
principio dell'accordo, inteso, tuttavia, come vincolo di  metodo  (e
non  gia'  di  risultato)  e  declinato  nella  forma   della   leale
collaborazione (sentenze n. 88 del 2014, n. 193 e n. 118  del  2012).
Tale meccanismo puo' essere derogato dal legislatore ordinario,  fino
a che gli statuti o le norme di attuazione lo consentono (sentenza n.
23 del 2014; seguita dalle sentenze n. 19, n. 46, n. 77,  n.  82,  n.
238, n. 239 e n. 263 del 2015, n. 40 e n. 155 del  2016).  Lo  Stato,
dunque, puo' imporre contributi al risanamento della finanza pubblica
a carico delle Regioni a statuto speciale, quantificando, come  nella
specie, l'importo complessivo del concorso, e rimettendo alla stipula
di accordi bilaterali con ciascuna autonomia, non solo la definizione
dell'importo gravante su ciascuna  di  esse,  ma,  eventualmente,  la
stessa riallocazione delle risorse  disponibili,  anche  a  esercizio
inoltrato (sentenza n. 1.9 del 2015). Ne deriva che la determinazione
unilaterale del concorso finanziario contenuta nella prima parte  del
primo periodo del comma 680 deve essere  letta  in  connessione  alla
disposizione  prevista  nel  terzo  periodo,  secondo  cui   «[f]ermo
restando  il  concorso  complessivo  di  cui  al  primo  periodo,  il
contributo di  ciascuna  autonomia  speciale  e'  determinato  previa
intesa con ciascuna delle  stesse».  In  tal  modo,  la  disposizione
risulta conforme ai principi appena illustrati». 
    Ebbene: nel caso oggi in esame lo Stato, in diametrale  contrasto
con la giurisprudenza costituzionale, ha determinato in modo  diretto
e unilaterale il contributo asseritamente dovuto dalla  Regione,  con
una   previsione   non   suscettibile   di   alcuna   interpretazione
costituzionalmente orientata. 
    2.  La  violazione  del  principio  consensualistico  -  il   cui
rispetto, come visto, si rende tanto piu' necessario nell'ambito  del
coordinamento della finanza pubblica - si riflette, conseguentemente,
sulla lesione della particolare autonomia finanziaria e organizzativa
di cui la Valle d'Aosta  gode,  come  gia'  detto,  alla  luce  degli
articoli 2, comma 1, lett. a), 3, comma 1, lett. f), 12, 48-bis e  50
dello Statuto speciale e della relativa normativa  di  attuazione  in
materia di ordinamento finanziario (artt. da 2 a 7 della  1.  n.  690
del 1981). In base a tali norme non puo' prescindersi,  nei  rapporti
finanziari tra lo Stato e  la  Regione  medesima,  dal  rispetto  del
metodo dell'accordo. 
    3. Non e' inutile ribadire anche in  questa  sede  -  sia  pur  a
margine - come la Regione Valle d'Aosta, nel corso degli anni,  abbia
positivamente contribuito al  risanamento  delle  finanze  pubbliche,
assicurando in modo puntuale il proprio  apporto.  Cio'  che  qui  si
richiede, dunque, non e' certo una patente per sottrarre  la  Regione
agli obblighi di concorso agli equilibri della finanza  pubblica;  ma
solo   la   riaffermazione   del   principio   consensualistico    ed
autonomistico nella determinazione di tali apporti, che oggi Io Stato
ha disatteso. 
III. VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI RAGIONEVOLEZZA (ART. 3 COST.). 
    Ugualmente leso per effetto  della  disposizione  oggi  impugnata
risulta il principio di  ragionevolezza  di  cui  all'art.  3  Cost.;
lesione che ridonda in  una  menomazione  della  sfera  di  autonomia
organizzativa e finanziaria della Regione ricorrente. 
    Il legislatore, infatti, nel far oggi «resuscitare» tale e  quale
il meccanismo dell'accantonamento previsto dall'art. 16, comma 3, del
d.l. n. 95 del 2012, ha trasposto nella  nuove  trattenute,  peraltro
imposte sine die per il 2018, il 2019 e dal 2020 in poi, il vizio che
gia' affliggeva  la  previsione  originaria.  Ci  si  riferisce  alla
circostanza. che, a tenore di essa, l'accantonamento a  valere  sulle
quote  di  compartecipazione  ai   tributi   erariali   opera   «fino
all'emanazione delle norme di attuazione di cui allo stesso  articolo
27» della legge delega. Tuttavia,  non  essendo  previsto  a  livello
statale alcun termine di legge  per  l'adozione  della  normativa  di
attuazione, il predetto accantonamento, anziche' essere  circoscritto
nel tempo, finisce per operare, in maniera del  tutto  irragionevole,
immediatamente e illimitatamente nel tempo. 
IV. VIOLAZIONE/ELUSIONE DEL GIUDICATO COSTITUZIONALE (ARTT. 136 E 137
COST.). 
    1. Infine, ma certo non meno  importante,  la  disposizione  oggi
gravata si pone in contrasto con il  giudicato  costituzionale  ormai
formatosi  sul  congegno  dell'accantonamento,   in   occasione   dei
precedenti giudizi instaurati  in  argomento  in  questi  anni  dalla
ricorrente. 
    2. Come si e' precisato sopra, il meccanismo delineato  dall'art.
16, comma 3, del d.l. n. 95 del  2012  e'  stato  ritenuto  legittimo
dalla Corte costituzionale nella sentenza interpretativa  di  rigetto
n. 77 del 2015 solo a condizione di considerare il  contributo  della
Regione  Valle  d'Aosta  alla  finanza  pubblica  un   accantonamento
temporaneo (che non mette in questione la titolarita' delle  relative
somme in capo alla stessa), in adempimento di un obbligo comunque non
esigibile sine die e destinato a cessare far data dal 2017, in  forza
di quanto stabilito dall'art. 1, comma 454 della  legge  n.  228  del
2012. 
    Inoltre, giusto quanto stabilito di recente  dall'art.  1,  comma
484, della legge n. 232 del 2016, alla Regione Valle d'Aosta  non  si
applicano piu' le disposizioni in  materia  di  patto  di  stabilita'
interno di cui all'art. 1, commi  454  e  seguenti,  della  legge  24
dicembre 2012, n. 228, al quale viene sostituito, a decorrere dal  1°
gennaio  2017,  il  regime  del   pareggio   di   bilancio,   fondato
sull'equilibrio complessivo tra entrate e spese. 
    In ragione dei mutamenti intervenuti, le leggi regionali nn. 24 e
25 del 2016 hanno rimodulato il contributo alla finanza pubblica alla
luce del nuovo quadro normativo, decurtandolo degli  importi  di  cui
all'art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012, non piu' dovuti. 
    3. Ebbene: una volta spirato il termine ultimo individuato  dalla
Corte   costituzionale   (come    condizione    essenziale    perche'
l'accantonamento potesse  davvero  considerarsi  temporaneo),  venuto
meno il vincolo di spesa derivante dal patto di stabilita' di cui  al
citato art. 1, comma 454, della legge n. 228  del  2012,  ed  essendo
«scaduto» (dall'annualita' 2017) l'obbligo di contribuire nelle forme
di cui all'art. 16, comma  3,  del  d.l.  n.  95  del  2012,  risulta
evidente  che  entrambi  gli  articoli  non  possono   piu'   trovare
applicazione alla Regione Valle d'Aosta, ora  transitata  all'obbligo
dei pareggio di bilancio, e dunque non piu' soggetta ne' al  rispetto
dell'obiettivo eurocompatibile, ne' al  contributo  costituito  dalla
trattenuta unilaterale sulle quote di compartecipazione  dei  tributi
erariali. 
    In altri termini, poiche' il contributo di cui all'art. 16, comma
3, non e' piu' dovuto a far data dal 2017, e poiche' questo, in  ogni
caso,  puo'  operare  solo  all'interno  del  regime  del  patto   di
stabilita', cui tuttavia la Regione non  e'  piu'  soggetta,  la  sua
(neppure troppo) surrettizia  riproposizione  da  parte  della  norma
gravata  risulta  manifestamente   illegittima,   configurando   «una
illegittima appropriazione, da parte dello Stato, di quote di entrate
spettanti alla Regione» (sentenze Corte costituzionale n. 239 e n. 77
del 2015). 
    4. Peraltro, la circostanza che il concorso al risanamento  della
finanza pubblica sia valido solo a condizione di avvenire nelle forme
dell'accantonamento temporaneo, e di operare all'interno del patto di
stabilita interno, e'  stata  espressamente  confermata  dal  giudice
costituzionale nella sentenza n. 127 del 2016, resa con  riguardo  ad
un'analoga questione sollevata dalla Regione  Sicilia.  Nel  ritenere
legittimo il concorso stabilito dal legislatore statale, la Corte  ha
evidenziato come «per mezzo dell'accantonamento [previsto dalla norma
impugnata] le poste attive che spettano alla Regione in  forza  degli
statuti e della normativa di attuazione permangono nella  titolarita'
della Regione (sentenze n. 239 del 2015 e n. 23 del  2014),  ma  sono
temporaneamente  sottratte  alla  sua  disponibilita',  per   indurre
l'autonomia speciale a contenere  di  un  importo  corrispondente  il
livello delle spese. Una  volta  verificato  che  il  concorso  della
Regione al  risanamento  della  finanza  pubblica  e'  legittimamente
imposto,    l'accantonamento    transitorio    delle     quote     di
compartecipazione,  in  attesa  che  sopraggiungano   le   norme   di
attuazione di cui all'art. 27 della legge n. 42 del 2009, costituisce
il mezzo procedurale con il quale l'autonomia speciale, senza  essere
privata definitivamente  di  quanta  le  compete,  partecipa  a  quel
risanamento, restando congelate a tal fine le risorse  che  lo  Stato
trattiene.  Le  quote  accantonate  rimangono,  in  tal  modo,  nella
titolarita'  della  Regione  e  sono  strumentali  al  tempestivo  ed
effettivo assolvimento di un  obbligo  legittimamente  imposto  dallo
Stato alla Regione. [...] Tuttavia, affinche' l'accantonamento non si
tramuti  in  una  definitiva  sottrazione  e  appropriazione  risorse
regionali da parte dello Stato, occorre che  esso  non  si  protragga
senza limite; diversamente, al di la' della  qualificazione  formale,
l'accantonamento si tramuterebbe di fatto in riserva,  e  percio'  in
illegittima appropriazione, da parte dello Stato, di quote di entrate
spettanti Regione (sentenze n. 239 e n. 77 del  2015).  Nella  specie
sono rispettati i principi di cui alla giurisprudenza ora  ricordata.
Il concorso  al  risanamento  della  finanza  pubblica,  infatti,  e'
legittimamente imposto, in quanto inquadrato nel patto di  stabilita'
interno per il rispetto  degli  obblighi  in  termini  di  competenze
eurocompatibili, come risulta dall'impugnato art. 1, compia 401,  che
richiama l'art. 1, comma 454, della legge n. 228 del  2012.  Inoltre,
l'accantonamento rispetta anche il requisito della transitorieta', in
quanto  temporalmente  limitato  al  2018.  Tale   termine   riflette
l'orizzonte temporale gia' previsto dal legislatore  (art.  1,  comma
454, della legge n. 228 del 2012) per il raggiungimento di  obiettivi
in termini di competenza eurocompatibile, ai  quali  le  disposizioni
impugnate si ricollegano (art. 1, comma 401, della legge n.  190  del
2014)». 
    5.  Riassuntivamente,  reiterare  l'imposizione  del   contributo
(peraltro, in un quadro normativo che non lo consente piu'), lo Stato
ha dato corpo proprio a  quelle  illegittime  lesioni  dell'autonomia
regionale, che il giudice costituzionale aveva inteso scongiurare  in
via ermeneutica. 
    Piu' in dettaglio, continuando ad applicare  surrettiziamente  la
previsione dell'art. 16, comma 3, l'art. 1, comma 841, della legge n.
205 del 2017 trasforma il congegno in questione in uno strumento  non
piu' emergenziale,  ma  a  regime,  e  dilata  sine  die  il  vincolo
d'indisponibilita' gravante sulle somme di titolarita' regionale, con
la conseguenza che lo Stato viene di fatto ad appropriarsene. 
    Si tratta di una  chiara  ipotesi  di  violazione  del  giudicato
costituzionale,  dal  momento  che  vengono  apertamente  ignorate  e
contraddette le precise  indicazioni,  cui  la  Corte  costituzionale
aveva subordinato pro tempore la validita' dell'art. 16, comma 3. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Voglia  l'Ecc.ma  Corte  costituzionale  adita,  ogni   contraria
istanza eccezione  e  deduzione  disattesa,  accogliere  il  presente
ricorso e per l'effetto, dichiarare  l'illegittimita'  costituzionale
dell'art. 1, comma 841, della legge n. 205 del 2017,  per  violazione
degli artt. 2, comma primo, lettera a), 3, comma primo,  lettera  f),
4, 12, 48bis e 50 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n.  4;
degli artt. 3, 5, 117, comma terzo, 119 Cost., 120, 136, 137 Cost; 10
della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3; degli artt. da 2  a
7 della legge 26 novembre 1981, n. 690. 
    Si deposita, unitamente al presente ricorso notificato: 
        copia conforme della Delibera di Giunta Regionale n. 223  del
26.2.2018 
 
          Roma, 26 febbraio 2018 
 
                          Prof. Avv. Marini