N. 120 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 marzo 2018

Ordinanza  del  16  marzo  2018  della  Corte  dei  conti  -  Sezione
giurisdizionale per la Regione Abruzzo sul ricorso proposto da  Soget
Spa contro Comune di Teramo. 
 
Imposte e tasse - Riscossione delle imposte - Procedura di  discarico
  per inesigibilita' delle quote  iscritte  a  ruolo  -  Termine  per
  l'integrazione delle  comunicazioni  di  inesigibilita'  presentate
  anteriormente all'entrata in vigore della legge n. 190 del  2014  -
  Decorrenza del termine per l'avvio del  procedimento  di  controllo
  dell'ente  creditore  -  Esclusione  dal  controllo   delle   quote
  inesigibili di valore inferiore o pari a 300 euro. 
- Legge 23 dicembre 2014, n. 190 ("Disposizioni per la formazione del
  bilancio annuale e pluriennale dello  Stato  (legge  di  stabilita'
  2015)"), art.  1,  commi  687,  secondo  periodo,  e  688,  secondo
  periodo. 
(GU n.37 del 19-9-2018 )
 
                         LA CORTE DEI CONTI 
           Sezione giurisdizionale per la Regione Abruzzo 
 
    Composta dai signori magistrati: 
      Tommaso Miele - Presidente; 
      Federico Pepe - Giudice; 
      Gerardo de Marco - Giudice relatore; 
    Ha pronunciato la seguente ordinanza nel giudizio iscritto al  n.
19594 del registro di segreteria, sul ricorso proposto da  Soget  spa
(c.f. 01807790686), difesa dagli avv.ti Sergio Della Rocca  (DLL  SRG
61B12 G878X) e D. M. (MNC DNL 71L04 C632W) del Foro di Pescara; 
    Contro Comune di  Teramo  (c.f.  00174750679),  difeso  dall'avv.
Cosima Cafforio (CFF CSM 59P44 E205F) del Foro di Teramo; 
    avverso il provvedimento di diniego di discarico prot.  8951  del
13 febbraio 2017, concernente quote  inesigibili  nei  confronti  del
debitore Elicart s.c.a.r.l. (p. iva 00901660670); 
    Uditi all'udienza pubblica del 3 ottobre 2017  gli  avv.ti  Della
Rocca e Cafforio, nonche' il pubblico ministero in persona  del  vice
procuratore regionale Roberto Leoni. 
 
                                Fatto 
 
    1. Con il ricorso in epigrafe la Soget,  nella  sua  qualita'  di
agente  della  riscossione  del  Comune  di   Teramo,   contesta   il
provvedimento di diniego di discarico  prot.  8951  del  13  febbraio
2017, concernente una  cospicua  serie  di  quote  non  riscosse  nei
confronti del debitore Elicart s.c.a.r.l. (p.  iva  00901660670);  si
tratta, nella specie, di circa 20 partite di somme iscritte a  ruolo,
a  vario  titolo,  nei  confronti  del  contribuente  in  parola,  in
annualita' che vanno dal 2000 al 2008. 
    Giova subito osservare che il presente giudizio si inquadra in un
ben piu' ampio contenzioso tra l'ente locale  ed  il  proprio  agente
della riscossione. Il Comune di Teramo, in particolare, a cavallo tra
il 2015 e il 2016 ha avviato un'attivita' di  controllo  sullo  stato
delle riscossioni affidate a Soget nei confronti di 142 contribuenti;
in esito all'esame degli elementi raccolti, il comune ha  emesso  una
serie di provvedimenti di diniego di discarico, distinti per  ciascun
debitore, tra cui quello che forma oggetto del presente  giudizio;  i
provvedimenti  in   parola   sono   stati   singolarmente   impugnati
dall'agente della riscossione dinanzi a questa Corte dei  conti,  con
144 separati ricorsi aventi tutti analogo contenuto  in  diritto.  Le
relative udienze di discussione si sono svolte  il  9  maggio,  il  3
ottobre e il 7 novembre 2017. 
    2. Piu' in dettaglio, con specifico riguardo alla fattispecie  in
giudizio e' documentato che: 
        con nota prot. 71146 del 16 dicembre 2015 il Comune di Teramo
chiedeva alla  Soget  di  fornire  «dettagli  con  annessi  documenti
giustificativi,  atti  a  dimostrare  il   puntuale   e   tempestivo»
adempimento dell'attivita' di riscossione svolta nei confronti di 142
posizioni, in relazione alle  quali  erano  insorti  dubbi  circa  la
attuale sussistenza del credito comunale  (essendosi  anche  eccepita
dai debitori, con istanze di sgravio o ricorsi, la nullita' ovvero la
tardivita' degli atti adottati  dall'agente  della  riscossione);  il
contribuente D. M. si trova indicato  al  n. 18  dell'elenco  accluso
alla predetta nota; 
        la Soget con nota  prot.  1258/2016  eccepiva  l'irritualita'
della  richiesta  in  parola,  ritenendo   che   il   comune   stesse
impropriamente esercitando  un'attivita'  di  controllo  sulle  quote
inesigibili  in  pendenza  dei  termini  per   la   presentazione   o
l'integrazione delle comunicazioni di inesigibilita' e, per di  piu',
senza svolgere contestazioni analitiche sulle  presunte  omissioni  o
irregolarita' commesse dall'agente; 
        con nota prot. 11702 del 1° marzo 2016  il  comune  insisteva
nella propria richiesta di conoscere lo stato della  riscossione  dei
propri   crediti   iscritti   a   ruolo,   indipendentemente    dalla
comunicazione  di  inesigibilita'  e   dal   relativo   procedimento,
trattandosi  complessivamente  di  «crediti  insoluti,  per   diversi
milioni di euro, molti dei quali risalenti a piu' lustri»; 
        acquisita  ed  esaminata  la  documentazione   giustificativa
dell'attivita' espletata, con nota prot. 61698  in  data  12  ottobre
2016 il Comune di Teramo contestava all'agente della riscossione,  ex
art. 20, comma 1, del citato decreto legislativo n. 112 del 1999,  la
perdita del diritto al discarico (cio' in quanto  era  manifestamente
decorso il termine prescrizionale);  
        con  nota  prot.  2016/26889  del  20  dicembre  2016,  Soget
respingeva  la  contestazione,  richiamandosi  ai  commi  684  e  687
dell'art. 1 della citata legge n. 190 del 2014 (come novellati  dalla
legge 1° dicembre 2016,  n.  225),  nella  parte  in  cui  precludono
all'ente creditore l'avvio di controlli e il conseguente  svolgimento
di  contestazioni  in  pendenza  dei  termini  di   presentazione   o
integrazione  delle  comunicazioni   di   inesigibilita'   da   parte
dell'agente della riscossione; 
        il Comune di Teramo, con nota  prot.  8951  del  13  febbraio
2017, confermava il diniego  di  discarico,  ex  art.  19,  comma  2,
lettera e) del citato decreto legislativo n. 112 del 1999,  motivando
(in replica alle osservazioni formulate dalla Soget) nel  senso  che,
in mancanza di comunicazioni di inesigibilita' anteriori  all'entrata
in vigore della legge n. 190 del 2014, l'agente della riscossione non
poteva beneficiare del differimento dei termini di integrazione delle
comunicazioni e di conseguente controllo delle  stesse;  per  effetto
del diniego di discarico, il comune  ha  pertanto  invitato  l'agente
della riscossione a versare entro novanta giorni, in  via  agevolata,
l'importo pari a un ottavo delle somme iscritte a ruolo, oltre  spese
ed interessi; oppure, decorso  inutilmente  il  predetto  termine,  a
versare un  terzo  delle  somme  iscritte  a  ruolo,  oltre  spese  e
interessi. 
    3. Di qui il ricorso per cui e' causa. 
    La Soget contesta, segnatamente, per  quanto  qui,  precipuamente
rileva, la violazione degli articoli 19 e 20 del decreto  legislativo
13 aprile 1999, n. 112 (come modificati dalla legge 23 dicembre 2014,
n. 190), nonche' la violazione dell'art. 1,  commi  684,  687  e  688
della stessa legge n. 190 del 2014. 
    In estrema sintesi, la Soget sostiene che il Comune di Teramo non
avesse il potere di effettuare controlli  sulle  partite  iscritte  a
ruolo, ne' quello  di  pronunciarsi  sul  discarico  delle  quote  in
discorso, prima del maturarsi del termine di legge (compreso, per  le
annualita' in esame, tra il 2025 e il 2033; recte, tra il 2029  e  il
2037, dopo l'ulteriore novella entrata in vigore il 6 dicembre  2017,
nelle more del presente giudizio). 
    In ogni caso, le quote di importo inferiore o pari a 300 euro non
sarebbero soggette a controllo. 
    La Soget precisa anche,  a  confutazione  di  quanto  ex  adverso
affermato, di avere presentato ben prima dell'entrata in vigore della
legge n. 190 del 2014 le comunicazioni di inesigibilita' relative  ai
ruoli consegnati negli anni 2000, 2001, 2003 e 2004. 
    Ancora,  eccepisce  l'illegittimita'  della  procedura,  mancando
l'avviso di avvio del procedimento di cui alla legge 7  agosto  1990,
n. 241. 
    Quanto al merito, Soget ritiene di poter  comprovare,  attraverso
le   proprie   produzioni   documentali,   la    propria    diligenza
nell'attivita'  di  riscossione   deducendo,   in   particolare,   la
ritualita' e tempestivita'  degli  adempimenti  di  legge,  per  ogni
singola cartella esattoriale. 
    La  Soget  ha  quindi  concluso  per  l'annullamento  degli  atti
impugnati  e  l'accertamento  della  non  debenza,  da  parte   della
societa', degli importi che la stessa sarebbe tenuta a  versare  come
conseguenza del diniego di discarico. 
    4. Il Comune di Teramo si e' costituito in giudizio  con  memoria
del 28 agosto 2017. 
    Deve darsi atto che il  Comune,  nella  redazione  delle  proprie
difese, si e' attenuto alle indicazioni fornite da questa  Corte  con
ordinanze n. 26, 27 e 28  del  26  giugno  2017  (relative  ad  altri
giudizi  aventi  contenuto  analogo  a  quello  qui  in  esame).   In
particolare, dopo aver preso atto dell'esistenza di oltre 140 ricorsi
aventi  contenuto  sovrapponibile,  la   Sezione   aveva   ravvisato,
l'opportunita' che tutti i giudizi della specie fossero  discussi  e,
possibilmente,  trattenuti  in   decisione   contestualmente,   cosi'
favorendo la piu' completa cognizione di  causa  ed  assicurando  che
tutti  i  profili  in   fatto   e   in   diritto   fossero   trattati
esaustivamente, secondo una visione per  quanto  possibile  unitaria,
anziche' parcellizzata, della fattispecie e dei rapporti tra Soget  e
Comune di Teramo, evitando altresi'  che  nuovi  argomenti  difensivi
fossero proposti e presi in considerazione solo successivamente  alla
decisione dei primi ricorsi e che, quindi, non fossero  adeguatamente
valorizzati; cio' anche con  specifico  riguardo  alle  questioni  di
costituzionalita' solo accennate, e non adeguatamente sviluppate,  in
sede di discussione dei  primi  giudizi  della  specie.  Il  collegio
giudicante, quindi, per ragioni di ordinata trattazione  dell'insieme
dei giudizi in discorso, visto anche il principio di  sinteticita'  e
chiarezza degli atti di cui all'art. 5  del  codice  della  giustizia
contabile, aveva ritenuto necessario che le  parti  articolassero  le
proprie difese in un unico  documento  di  inquadramento  in  diritto
della vicenda, valido  per  tutti  i  ricorsi,  specificando  poi  in
apposite schede analitiche i principali dati e  le  peculiarita'  nel
merito di ciascuna quota oggetto di contestazione. 
    Cio' posto, il comune ha quindi depositato  un'unica  memoria  di
costituzione (per i ricorsi da n. 19527/Q.I. a n. 19551/Q.I.;  da  n.
19553/Q.I. a n. 19580/Q.I.; da n. 19582/Q.I. a n. 19594/Q.I.;  da  n.
19596/Q.I. a n. 19600/Q.I); in essa sono affrontate le  questioni  di
carattere generale, comuni a tutti i giudizi; ad essa  sono  allegate
singole schede di dettaglio,  concentrate  sulle  specificita'  della
singola quota non ammessa a discarico. 
    In estrema sintesi, per quanto qui rileva, l'ente  locale  deduce
che: 
        i  provvedimenti   impugnati   rappresentano   l'epilogo   di
un'azione di controllo e verifica dell'attivita' della Soget, avviata
dal Comune di Teramo da oltre un quinquennio  e  resa  indispensabile
dalla quantita' di residui attivi  e  dalla  loro  «stagnazione»  nel
tempo; 
        l'esistenza di crediti insoluti, per diversi milioni di euro,
molti dei quali risalenti a piu' lustri, determinava  per  il  comune
non solo una consistente limitazione della liquidita' finanziaria, ma
pure incertezza circa la possibilita' di  qualificare  detti  crediti
come residui attivi, negli atti di programmazione  e  rendicontazione
finanziaria; 
        in  disparte  le  rilevanti   esigenze   contabili   connesse
all'iscrizione  dei  crediti  di  incerta  esigibilita'   nel   fondo
svalutazione crediti e agli effetti di cui ai decreti legislativi  n.
267/2000 e n. 118/2011, neppure  possono  ignorarsi  le  disposizioni
contenute nell'art. 1, comma 654-bis, della legge 27  dicembre  2013,
n. 147 (introdotto dall'art. 7, comma 9, del decreto-legge 19  giugno
2015, n. 78, convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  6  agosto
2015, n. 125), secondo cui tra le componenti del costo  del  servizio
di raccolta e smaltimento dei rifiuti «vanno  considerati  anche  gli
eventuali mancati ricavi relativi a crediti risultati inesigibili con
riferimento alla tariffa di igiene ambientale, alla tariffa integrata
ambientale, nonche' al tributo comunale sui  rifiuti  e  sui  servizi
(TARES)»; 
        il differimento del termine ultimo per la presentazione della
domanda di discarico, previsto dal citato comma 684  della  legge  n.
190 del 2014, non  impedisce  all'Ente  creditore  di  esercitare  il
controllo sull'attivita' del concessionario e, quindi, di  accertare,
in contraddittorio, l'intervenuta estinzione del  credito  per  causa
diversa  dal  pagamento,  oppure  l'impossibilita'  di  ottenerlo,  e
l'eventuale sussistenza della perdita del diritto al  discarico,  con
l'adozione dei provvedimenti consequenziali di cui  all'art.  20  del
decreto   legislativo   n.   112/1999;   in    tal    senso    depone
l'interpretazione letterale delle disposizioni in  commento,  nonche'
quella logico-sistematica; 
        con riguardo alle annualita' che avevano gia' formato oggetto
di comunicazione di inesigibilita', le nuove disposizioni  introdotte
o riformulate dalla legge n. 190 del 2014 sono  applicabili  soltanto
nel  caso  in  cui  il  concessionario  provveda  ad   integrare   le
comunicazioni d'inesigibilita' gia' presentate; 
        a voler condividere l'assunto della Soget circa  l'estensione
della ravvisata preclusione del controllo di cui  all'art.  1,  comma
687, a tutte le quote  affidate  ai  concessionari,  si  giunge  alla
conclusione  che  detto  differimento  varrebbe  solo   laddove   una
comunicazione di  inesigibilita'  fosse  stata  emessa  entro  il  31
dicembre 2014, con impossibilita' di integrare le  comunicazioni  mai
presentate e con perdita del diritto al discarico ex art.  19,  comma
2, lettera c), del citato decreto legislativo n. 112 del 1999, almeno
per i ruoli affidati fino al 2011; 
        peraltro, la  previsione  della  facolta'  di  «integrazione»
della comunicazione d'inesigibilita', entro i termini previsti  dalla
novella  legislativa,  sottende  necessariamente  l'efficacia  e   la
vigenza del credito, poiche' per un credito estinto o  per  il  quale
non e' piu' possibile ottenere, lecitamente,  il  pagamento,  non  vi
puo' essere alcun fatto o atto nuovo  che  possa  costituire  oggetto
d'integrazione della comunicazione d'inesigibilita' gia' presentata; 
        il  controllo  (di  cui  allo  schema  procedimentale   degli
articoli 19 e 20 del citato decreto legislativo n. 112 del 1999) puo'
quindi essere attivato d'ufficio, a prescindere  dalla  presentazione
di una richiesta al discarico da parte del concessionario  o  di  una
comunicazione  d'inesigibilita',  pur  nella  pendenza  dei   termini
previsti dal citato comma 684, laddove sia ragionevole  ritenere  che
non  e'  piu'  possibile  alcuna  integrazione  della   comunicazione
d'inesigibilita'  a  suo  tempo  presentata,  o  che   sono   decorsi
inutilmente i termini di legge per la sua presentazione; in tal caso,
infatti,  l'agente  della  riscossione  non  ha  alcun  interesse   a
presentare tempestivamente una comunicazione d'inesigibilita', da cui
possano emergere sue responsabilita'; 
        quanto alla non assoggettabilita' al  «controllo  di  cui  al
citato art. 19» delle  quote  pari  o  inferiori  a  300  euro,  deve
privilegiarsi un'interpretazione costituzionalmente  orientata  dalla
disposizione, da intendersi non come divieto per l'ente creditore  di
attivare   la   procedura   di   controllo,   quanto   invece    come
giustificazione,         esenzione         da         responsabilita'
amministrativa-contabile, laddove non la attivi (come confermato  dal
fatto che la disposizione non fa  riferimento  all'art.  20,  che  si
occupa del procedimento del controllo, bensi' all'art. 19,  comma  3,
del decreto legislativo n. 112 del 1999, che si occupa del  discarico
automatico, previsto proprio per le ipotesi  di  mancata  attivazione
del controllo); 
        ulteriore  conferma  di   cio'   si   rinviene   pure   nella
disposizione contenuta nel novellato art. 20, comma 2,  dello  stesso
decreto n. 112 del 1999 che prevede per l'ente creditore la facolta',
e non l'obbligo, di ridurre i controlli  al  5%  delle  comunicazioni
d'inesigibilita' pervenute annualmente, nell'ottica  di  non  gravare
l'ente  stesso  di  adempimenti  complessi  che  la   sua   struttura
organizzativa potrebbe non essere in grado di sostenere o,  comunque,
che potrebbero rilevarsi del tutto inutili a fronte  di  un  contegno
assolutamente  corretto   e   puntuale   del   concessionario   della
riscossione; 
        l'indubbia gravosita' dell'attivita' di  controllo  e'  stata
infatti al centro dell'attenzione del legislatore,  atteso  che  gia'
con l'art. 1, commi 531 seguenti, della legge 24  dicembre  2012,  n.
228 (legge di stabilita' 2013)  e  succ.  modif., e'  stata  prevista
l'istituzione di un Comitato di indirizzo e  verifica  dell'attivita'
di riscossione mediante ruolo, cui e' stato  demandato  di  elaborare
annualmente i criteri per il suo esercizio e nel contempo di vigilare
sulla loro osservanza; 
        va ricordato che la stessa legge di  stabilita'  n.  228  del
2012, all'art. 1, commi 527, 528 e 529, aveva disposto  espressamente
l'azzeramento dei ruoli ante 1999, relativamente  a  crediti  fino  a
euro 2.000 con discarico automatico del concessionario, salvo i  casi
di dolo; dunque laddove la legge ha inteso escludere il controllo  su
alcune partite, lo ha  fatto  con  chiare  disposizioni;  inoltre,  i
successivi commi 537 e 538 del medesimo articolo hanno  previsto  una
specifica procedura volta ad acclarare in contraddittorio con  l'ente
creditore la sussistenza del credito alla data  di  esecutivita'  del
ruolo, sicche' sarebbe illogico ritenere che l'ente creditore  perda,
successivamente,   la   possibilita'   di   verificare    l'andamento
dell'attivita' di riscossione e la permanenza della  possibilita'  di
far valere il proprio credito, costringendo il debitore ad introdurre
inutili  contenziosi  per  far  valere   l'irritualita'   dell'azione
esecutiva; 
        le disposizioni invocate alla Soget,  per  come  interpretate
dalla societa'  stessa,  presentano  profili  di  contrasto  con  gli
articoli 53, 81 e 97 della Costituzione, risolvendosi di fatto in una
esenzione tributaria, per il debitore, a prescindere dalla  capacita'
contributiva, nell'impossibilita' per l'amministrazione creditrice di
avere il pieno controllo delle proprie entrate e  di  assicurare  gli
equilibri di bilancio e  il  proprio  buon  andamento;  violerebbero,
inoltre, l'art. 119 della  Costituzione,  essendo  impedito  all'ente
creditore, per lungo tempo, di avere conoscenza delle  reali  risorse
finanziarie di cui puo' disporre per  l'espletamento  delle  funzioni
pubbliche   e,   nel   contempo,   di   conseguire   dette   risorse;
l'impossibilita' dell'esercizio del controllo sulle quote  di  valore
pari o inferiore a € 300,00 e, piu' in generale, la limitazione ad un
massimo  del  5%  delle  comunicazioni  d'inesigibilita'   presentate
annualmente  dal  concessionario,  risolvendosi  in  sostanza   nella
mancata definitiva riscossione di propri crediti, si traducono in una
grave limitazione dell'autonomia finanziaria  dell'Ente,  comportando
la  perdita   di   tributi   ed   entrate   propri,   a   prescindere
dall'accertamento del verificarsi dei casi di estinzione del credito,
diversi dal pagamento, o della definitiva insolvenza del debitore; 
        la violazione delle norme sul procedimento amministrativo non
rileverebbe dinanzi a questa giurisdizione contabile, trattandosi  di
giudizio sulla fondatezza del diritto  (cioe'  sul  rapporto)  e  non
sulla mera legittimita' degli atti, peraltro a contenuto vincolato; 
        la perdita del diritto  di  credito  del  comune,  imputabile
all'agente  della  riscossione   per   decorso   della   prescrizione
quinquennale o per decorso  dei  termini  (di  undici  e  nove  mesi)
previsti dall'art. 19,  comma  2,  lettera  a),  del  citato  decreto
legislativo n. 112 del 1999, sarebbe resa palese dalla  insussistenza
o  dalla  irritualita'  degli  asseriti   atti   interruttivi,   come
rappresentato  nella  scheda  analitica  allegata  alla  comparsa  di
costituzione. 
    In  definitiva,  il  Comune  conclude  per  la   condanna   della
controparte al pagamento «dell'importo di € 18.970,00 pari a un terzo
degli importi iscritti a ruolo, maggiorati di interessi e spese, o di
altra somma maggiore o minore ritenuta di giustizia». 
    5. Il pubblico ministero ha rassegnato le proprie conclusioni con
memoria depositata il 29 agosto 2017,  ai  sensi  dell'art.  175  del
codice della giustizia contabile. 
    In  estrema   sintesi,   il   pubblico   ministero   ha   aderito
all'impostazione della societa'  Soget,  richiamandosi  alla  recente
pronuncia della Sezione terza giurisdizionale centrale  d'appello  n.
662 del 20 dicembre 2016 (confermativa di Sez. Emilia-Romagna,  sent.
108 del 9 giugno 2014). 
    Risolutivo, ad avviso della Procura, il fatto «che il  Comune  di
Teramo, ai sensi  della  citata  disciplina,  non  poteva  esercitare
un'attivita'  di  controllo  con  gli  specifici   effetti   previsti
esclusivamente nell'ambito del procedimento iniziato a seguito  della
presentazione della comunicazione di inesigibilita'»; i  procedimenti
in  esame,  invece,  «sono  iniziati  prima  della  comunicazione  di
inesigibilita' o se questa e' esistente e' intervenuta prima  del  1°
gennaio 2015, data di entrata in vigore del comma 687,  dell'art.  1,
della legge 23 dicembre 2014, n. 190». Ne discende che, alla luce del
vigente  quadro  normativa,  gli  atti  di  diniego  in  esame   sono
palesemente illegittimi. 
    Il pubblico ministero ha altresi' osservato  che  «la  conoscenza
sulla situazione dei crediti in riscossione doveva essere  assicurata
e  rivendicata  dal  Comune  di  Teramo,  in  quanto   l'informazione
sull'effettiva esigibilita' dei residui  attivi  vetusti  ha  effetti
diretti sulla costruzione  di  una  veridica  contabilita'  dell'ente
locale (v. C.d.C., Sezione  regionale  di  controllo  per  il  Lazio,
delib. n. 30 del 2015), poiche'  le  poste  di  incerta  esigibilita'
devono essere stralciate dal conto del bilancio per l'iscrizione  nel
conto del patrimonio, sino alla richiesta  di  formale  discarico  da
parte dell'agente  contabile  (v.,  tra  le  tante,  C.d.c.,  Sezione
regionale di controllo per la Campania, delib. n. 282 del 2016)». 
    Di qui «l'esigenza dell'ente  locale  di  acquisire  i  necessari
elementi di valutazione sulla  situazione  dei  crediti  affidati  in
riscossione, e l'eventuale violazione  di  tale  diritto  (...)  puo'
comportare  l'irrogazione  di  sanzioni  (capo  IV  della  legge   n.
112/1999), mentre non  puo'  sostenere  la  perdita  del  diritto  al
discarico» dopo l'abrogazione (dal 1° gennaio 2015) della lettera  b)
del citato art. 19 del decreto legislativo n. 112 del 1999. 
    In  definitiva,  la   pretesa   del   comune   di   ottenere   la
documentazione  giustificativa  dell'attivita'  di  riscossione,   in
assenza  della  comunicazione  di  inesigibilita',   non   troverebbe
giustificazione  normativa;  in  presenza   di   comunicazioni   gia'
prodotte, invece, il controllo non  avrebbe  potuto  essere  avviato,
ostandovi la previsione del citato comma 687. 
    La procura regionale si e' peraltro riservata di  attivare  («per
le situazioni di cui ha avuto conoscenza con i ricorsi in discussione
e  in  dipendenza  di  ulteriori  eventuali  denunce   del   comune»)
procedimenti  di  responsabilita'  amministrativa,  indipendentemente
dalla procedura amministrativa di discarico. 
    6. La presente causa e stata discussa all'udienza pubblica del  3
ottobre 2017, unitamente a molte altre, tra cui  quelle  iscritte  ai
nn. 19482,  19483  e  19484  del  ruolo  generale.  All'udienza  sono
intervenuti l'avv.  Sergio  Della  Rocca  per  Soget,  l'avv.  Cosima
Cafforio per il Comune di  Teramo  e  il  vice  procuratore  generale
Roberto Leoni in qualita' di pubblico ministero, come da verbale. 
    6.1. L'avv. Della Rocca si e' riportato, anche per il giudizio in
esame, ai contenuti delle memorie autorizzate gia' depositate  per  i
citati giudizi nn. 19482 19483 e 19484,  discussi  congiuntamente  al
presente; in particolare, ne ha illustrato e confermato i contenuti. 
    Per quanto qui rileva, il legale ha preliminarmente ribadito  che
«il  legislatore  ha  recentemente  disciplinato  i  rapporti  tra  i
soggetti  concessionari  incaricati  della  riscossione  e  gli  Enti
creditori,  relativamente  al  discarico  dei  crediti   inesigibili,
stabilendo ai commi 684 e 687 dell'art. 1 della legge n. 190 del 2014
e succ. mod. che:  1)  le  comunicazioni  di  inesigibilita'  possono
essere presentate in un arco temporale compreso tra  il  2019  ed  il
2033, in relazione all'anno  di  presentazione  dei  ruoli  da  parte
dell'ente creditore al soggetto tenuto alla riscossione;  2)  sino  a
quel momento, per espressa  disposizione  del  comma  687,  non  puo'
essere esercitata alcuna attivita' di controllo, ai  sensi  dell'art.
20 decreto legislativo n. 112/1999». Invero, «il legislatore  ha,  da
un  lato,  fissato  nuovi  termini   per   la   presentazione   delle
comunicazioni  di  inesigibilita',   dall'altro,   ha   previsto   la
possibilita' per l'agente di  riscossione  di  integrare,  nel  corso
degli anni,  le  comunicazioni  di  inesigibilita'  gia'  presentate,
escludendo  qualsiasi  possibilita'  di  controllo   finalizzata   al
discarico  da  parte  dell'ente   creditore».   Alla   Soget   «preme
sottolineare (...) che, in entrambe le fattispecie, il legislatore ha
escluso che l'Ente possa operare controlli finalizzati al  discarico,
in un caso perche' le comunicazioni non sono state ancora  presentate
(e pendono i termini per procedere in  tal  senso),  nell'altro  caso
perche' le comunicazioni possono essere integrate nel tempo stabilito
dalla legge». 
    In punto di compatibilita' del delineato quadro normativo con  il
dettato costituzionale (articoli 53, 81 e 97), si e' osservato che: 
        il sistema delineato apporta un sicuro vantaggio economico in
favore dell'ente il quale puo' continuare a  beneficiare,  grazie  al
cronoprogramma di cui al comma 687 della legge n. 190 del  2014,  dei
proventi derivanti dalla prosecuzione delle attivita' di  riscossione
tributaria posta in essere dalla Soget Spa, cosi' come in concreto e'
avvenuto (ad esempio, dai conti di gestione presentati annualmente si
evince, per l'anno 2013, un maggior  introito  per  il  comune  di  €
369.564,41, per l'anno 2014 di € 413.181,48, per  l'anno  2015  di  €
418.277,12 e per l'anno 2016 di € 321.066,16); 
        conferma della legittimita'  costituzionale  del  sistema  di
riscossione  in  esame  si  rinviene  nell'estensione   dell'indicato
sistema,  ad  opera  del  decreto-legge  22  ottobre  2016,  n.   193
(convertito dalla legge 1° dicembre 2016, n. 225), anche ai  soggetti
creditori che hanno cessato o cessano di avvalersi delle societa' del
gruppo Equitalia; 
        la prosecuzione  delle  attivita'  di  riscossione,  fino  al
termine ultimo stabilito per le comunicazioni di inesigibilita',  da'
sicura attuazione e tutela  ai  principi  di  capacita'  contributiva
(art. 53 Cost.) e di equilibrio  di  bilancio  (art.  81  Cost.),  in
quanto consente di coltivare le attivita' di riscossione dei  crediti
pubblici ben oltre  i  termini  inizialmente  previsti,  a  beneficio
dell'ente creditore piuttosto che dell'agente; 
        l'autentica chiave di lettura delle  disposizioni  in  parola
sarebbe confermata dallo  stesso  ufficio  legislativo  dell'A.N.C.I.
nella «Nota di lettura sulle norme di interessi dei comuni, legge  n.
190 del 2014» (pag. 24), laddove si evidenzia che  il  cronoprogramma
legislativo  e'  finalizzato  ad  anticipare  la  lavorazione   delle
cartelle piu' recenti, che possono ancora produrre gettito, rinviando
ad un momento successivo quelle risalenti nel tempo il cui rischio di
inesigibilita' e' piu' elevato; 
        in  aggiunta  alla  citata  sentenza  della   Sezione   terza
d'appello, n. 662 del 2016, va richiamata  anche  la  sentenza  della
Sezione prima d'appello, n. 79  del  17  marzo  2017,  che  ha  fatto
applicazione della normativa de qua anche nell'ambito dei giudizi  di
conto, affermando l'impossibilita' di considerare  indebitamente  non
riscosse partite  per  le  quali  fossero  ancora  aperti  i  termini
previsti per la riscossione e  per  la  comunicazione  dell'eventuale
inesigibilita'; 
        quanto all'impossibilita' di controllare le quote di  importo
fino a 300 euro, la costituzionalita' della normativa si  ricaverebbe
dal fatto che non  si  tratta  di  un  azzeramento  del  credito  nei
confronti dei contribuenti, ma di  una  rinuncia  ai  soli  controlli
sulla inesigibilita' del credito stesso; il conseguente risparmio  di
risorse  e',  anzi,  destinato   proprio   all'intensificazione   dei
controlli, sulle quote di importo superiore (si cita,  in  proposito:
legislatura 17, atto di sindacato ispettivo n. 1-00413, pubblicato il
5 maggio 2015, seduta n. 442). 
    Infine, riguardo alla violazione  delle  norme  sul  procedimento
amministrativo, il  legale  di  Soget  ha  richiamato  giurisprudenza
amministrativa che afferma l'obbligo di comunicazione  di  avvio  del
procedimento anche in  relazione  ad  attivita'  vincolata  (tra  gli
altri, si citano Consiglio di Stato sez. VI, 20 aprile 2000, n. 2443;
Consiglio di Stato n. 2953/2004; Consiglio di Stato n. 2307/2004 e n.
396/2004; Consiglio di Stato, sez. VI, n. 686 del 7 febbraio 2002). 
    In via istruttoria, la Soget ha chiesto eventualmente un  termine
a difesa per poter controdedurre rispetto alle contestazioni puntuali
svolte dal comune nelle  singole  schede  allegate  alla  memoria  di
costituzione. 
    6.2. L'avv. Cafforio per il Comune di Teramo, nel riportarsi agli
atti e documenti  depositati,  ha  replicato  alle  difese  di  Soget
osservando che le recenti  sentenze  delle  Sezioni  d'appello  della
Corte  dei  conti,  citate  da  controparte,  riguardano  fattispecie
particolari e diverse da quella in discussione; non si tratta,  nella
fattispecie  all'esame,  di  impedire  alla   Soget   di   proseguire
nell'attivita' di riscossione, bensi'  di  consentire  al  comune  di
conoscere se vi siano crediti  non  piu'  riscuotibili  (in  ipotesi,
perche' tali li ha gia' ritenuti  il  giudice  civile  o  tributario,
anche per somme inferiori alla soglia  di  trecento  euro)  e  se  la
perdita del credito,  o  dell'azione,  sia  riconducibile  a  inerzia
dell'agente della riscossione. 
    Il comune ha poi ribadito che nella determinazione della  tariffa
rifiuti vanno considerate, per legge, le relative quote  inesigibili,
sicche' non e' ragionevole pensare che la definizione di  esse  possa
essere rinviata in concreto sine die. Inoltre, il legislatore statale
non potrebbe imporre all'ente locale di rinunciare,  sostanzialmente,
a somme  inferiori  a  trecento  euro,  rimettendone  la  riscossione
all'esclusivo  operato  dell'agente,  senza  alcuna  possibilita'  di
riscontro da parte dell'ente creditore. 
    6.3. Il pubblico  ministero  si  e'  riportato  alle  conclusioni
rassegnate in memoria, rimettendosi alle decisioni del collegio. 
    6.4. La causa e' stata quindi trattenuta in camera  di  consiglio
per la decisione. 
 
                               Diritto 
 
    1. Prima facie, non appaiono fondate le doglianze della Soget  in
punto di omessa comunicazione di avvio del procedimento (di cui  alla
legge 7  agosto  1990,  n.  241)  da  parte  del  Comune  di  Teramo,
ricadendosi nell'ambito di un procedimento tipizzato di  contabilita'
pubblica, disciplinato anche  in  punto  di  specifiche  modalita'  e
termini  di  instaurazione  e  svolgimento  del  contraddittorio  tra
l'amministrazione  creditrice  e  l'agente  della  riscossione  (cfr.
articoli 19 e 20 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112), con
disposizioni evidentemente derogatorie rispetto alle regole  generali
stabilite dalla legge sul procedimento amministrativo. 
    Il procedimento, sotto questa angolazione,  appare  correttamente
instaurato e svolto nella pienezza del contraddittorio tra il  comune
e la Soget la quale,  a  ben  vedere,  ha  svolto  tutte  le  proprie
osservazioni e deduzioni difensive in sede amministrativa, secondo la
scansione procedimentale prevista dai citati articoli 19 e 20. 
    2.  Cio'  posto,  il  presente   giudizio   si   incentra   sulla
possibilita', o meno,  per  il  Comune  di  Teramo  di  sottoporre  a
controllo e, conseguentemente, di adottare provvedimenti  di  diniego
di  discarico  relativamente  a  «quote»  affidate  all'agente  della
riscossione,  in  pendenza  dei  termini  per  la   presentazione   o
l'integrazione  delle  relative  comunicazioni   di   inesigibilita';
ulteriore  questione  risiede  nella  possibilita'  di   svolgere   i
controlli in parola,  e  di  adottare  i  conseguenti  provvedimenti,
relativamente alle quote di valore inferiore o pari a 300 euro. 
    Entrambe le questioni: 
        sono rilevanti  nel  presente  giudizio,  che  riguarda,  tra
l'altro, sia quote di importo fino a 300 euro, sia  quote  ricomprese
in ruoli risalenti, tra gli altri,  all'anno  2000,  per  i  quali  i
termini  di  presentazione  o  integrazione  delle  comunicazioni  di
inesigibilita' verranno a scadenza, a normativa vigente, nel 2037; 
        rivestono, all'evidenza, carattere di pregiudizialita' logica
e   giuridica   rispetto   all'esame   di    merito    sull'effettiva
inesigibilita' delle singole quote e sulle relative cause. 
    3. La  normativa  di  riferimento  e'  pacificamente  rinvenibile
nell'art. 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190  («Disposizioni  per
la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato» - legge
di stabilita' 2015), in particolare ai commi 684 e seguenti,  nonche'
negli articoli 19 e 20 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112
(come modificati dalla stessa legge n. 190 del 2014,  art.  1,  commi
682 e 683). 
    3.1. Il citato comma 684 stabilisce,  in  particolare,  che:  «Le
comunicazioni di inesigibilita' relative  alle  quote  affidate  agli
agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000  al  31  dicembre  2017,
anche da soggetti creditori che hanno cessato o cessano di  avvalersi
delle  societa'  del  Gruppo  Equitalia  ovvero  dell'Agenzia   delle
entrate-riscossione, sono presentate, per i  ruoli  consegnati  negli
anni 2016 e 2017, entro il 31 dicembre 2021 e, per quelli  consegnati
fino al 31 dicembre 2015, per singole annualita' di consegna partendo
dalla piu' recente, entro il 31 dicembre di ciascun  anno  successivo
al 2021». 
    Giova rilevare che il testo della disposizione, vigente alla data
di pubblicazione  della  presente  ordinanza,  e'  quello  modificato
dapprima con legge 1° dicembre 2016, n. 225 (recante  conversione  in
legge, con modificazioni, del decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193),
in vigore dal 3 dicembre 2016, e poi con legge 4  dicembre  2017,  n.
172  (recante  conversione   in   legge,   con   modificazioni,   del
decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148),  in  vigore  dal  6  dicembre
2017. Si noti  che  la  seconda  modifica,  esaminata  in  camera  di
consiglio siccome intervenuta dopo l'udienza di discussione  e  prima
del deposito della presente ordinanza, non muta il quadro  normativo,
se  non  allungando  ulteriormente  i  termini  gia'  precedentemente
previsti   e   quindi   accentuando   i   profili   di   legittimita'
costituzionale qui in esame. 
    L'effetto della disposizione (a normativa vigente) e'  quello  di
rinviare fino al 2037 la definizione delle quote  relative  ai  ruoli
affidati nell'anno 2000, fino al 2036 la definizione dei ruoli  2001,
fino al  2035  la  definizione  dei  ruoli  2002,  fino  al  2034  la
definizione dei ruoli 2003, fino al 2033  la  definizione  dei  ruoli
2004, e cosi' proseguendo fino ai ruoli 2015, da  definire  entro  il
2022. 
    3.2. Il successivo comma 687,  a  sua  volta,  prevede  al  primo
periodo che «le comunicazioni di inesigibilita' relative  alle  quote
di cui al comma 684, presentate anteriormente alla data di entrata in
vigore della presente legge, possono essere integrate entra i termini
previsti dallo stesso comma 684»;  si  riaprono,  quindi,  i  termini
anche per le  quote  ricomprese  in  comunicazioni  gia'  presentate,
prevedendone  la  possibile  integrazione  fino  alle  date   dinanzi
indicate (2037 per i ruoli del 2000; 2036 per i ruoli del 2001;  2035
per i ruoli del 2002; ecc.). 
    La regola, dunque, e' quella  della  definizione  per  specifiche
annualita', scaglionate tra il 2021 e il 2037, delle quote ricomprese
in tutti i ruoli affidati tra il 2000 e  il  2017,  indipendentemente
dalla circostanza che, per alcune delle quote stesse, sia gia'  stata
presentata una comunicazione di inesigibilita'. 
    Al  fine  di  rendere  coerente   l'impianto   normativo,   cosi'
strutturato, il secondo periodo del comma 687 prevede  che  «in  tale
caso» (vale a dire a fronte di  comunicazioni  gia'  presentate)  «il
controllo di cui all'art. 20 del decreto legislativo 13 aprile  1999,
n. 112,  come  da  ultimo  sostituito  dal  comma  683  del  presente
articolo, puo' essere avviato solo decorsi  i  termini  previsti  dal
citato comma 684». 
    Si intende, cosi', impedire  all'ente  creditore  di  svolgere  i
controlli sull'operato dell'agente della riscossione (o,  meglio,  di
pronunciarsi sul conseguente diniego di discarico) fino allo  spirare
del termine finale per la eventuale integrazione delle  comunicazioni
di inesigibilita' gia' presentate (ad esempio, fino  al  31  dicembre
2037 per i ruoli risalenti al 2000). 
    La disposizione rende palese che, nella  logica  legislativa,  il
controllo sulle quote inesigibili (cioe' a dire il controllo  di  cui
agli articoli 19, comma 6, e 20 del decreto legislativo  n.  112  del
1999,  come  riscritti  dalla  stessa  legge  n.  190  del  2014   ed
applicabili nel nuovo testo anche alle quote degli anni dal  2000  in
poi, ai sensi del successivo comma  688)  presuppone  necessariamente
una previa comunicazione di inesigibilita' da parte dell'agente della
riscossione; ma poiche' le comunicazioni possono essere presentate  o
comunque integrate, per i ruoli affidati negli anni dal 2000 al 2015,
in annualita' comprese tra il 2022 e il 2037, e' giocoforza  ritenere
che i  conseguenti  controlli,  da  parte  dell'ente  creditore,  non
possano essere svolti se non prima dell'anno: 
      2038 (per i ruoli 2000, le cui  comunicazioni  potranno  essere
presentate o comunque integrate entro il 31 dicembre 2037); 
      2037 (per i ruoli 2001, le cui  comunicazioni  potranno  essere
presentate o comunque integrate entro il 31 dicembre 2036); 
      2036 (per i ruoli 2002, le cui  comunicazioni  potranno  essere
presentate o comunque integrate entro il 31 dicembre 2035); 
      e cosi' proseguendo. 
    Ad avviso di questa Sezione appare,  quindi,  corretta  l'esegesi
propugnata dalla societa' ricorrente, condivisa  anche  dal  pubblico
ministero, alla luce della piu' recente giurisprudenza delle  Sezioni
d'appello di questa Corte dei conti (Sez.  prima,  sent.  79  del  17
marzo 2017; Sez. terza, sent. 662 del 20 dicembre 2016).  La  lettura
costituzionalmente orientata prospettata  dal  Comune  di  Teramo  si
scontra, invece, con la chiara lettera del comma 687, secondo cui,  a
chiusura del sistema, «il controllo (....) puo' essere  avviato  solo
decorsi i termini previsti dal citato comma 684». 
    Non  v'e'  spazio,  insomma,  per   una   interpretazione   delle
disposizioni che  consenta  di  superare  il  vincolo  temporale  ivi
stabilito. 
    3.3. Il successivo comma 688, al secondo periodo,  prevede  sotto
altro profilo che «le quote inesigibili, di valore inferiore o pari a
300 euro (...) non sono assoggettate al controllo di  cui  al  citato
art. 19». Fanno eccezione le quote «afferenti  alle  risorse  proprie
tradizionali di  cui  all'art. 2,  paragrafo  1,  lettera  a),  delle
decisioni 2007/436/CE, Euratom del Consiglio, del 7  giugno  2007,  e
2014/335/UE, Euratom del Consiglio, del 26 maggio 2014». 
    Anche quest'ultima disposizione e' chiara nel senso di  sottrarre
a qualsiasi forma di controllo, da parte dell'ente creditore, in sede
amministrativa, le quote di valore unitario fino  a  300  euro  delle
quali e' (recte, sara', nel corso degli anni a venire)  richiesto  il
discarico  per  inesigibilita';  cio'  indipendentemente  dal  valore
complessivo delle stesse. 
    La ratio legislativa si evince agevolmente anche  dal  comma  683
(nella parte in cui esso  ha  modificato  l'art.  20,  comma  2,  del
decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112) con cui  si  e'  previsto
che «il controllo (...) e'  effettuato  dall'ente  creditore,  tenuto
conto del principio  di  economicita'  dell'azione  amministrativa  e
della capacita' operativa della struttura di controllo e,  di  norma,
in misura non superiore al 5 per cento  delle  quote  comprese  nelle
comunicazioni di  inesigibilita'  presentate  in  ciascun  anno».  Si
fissa, cosi',  la  misura  «massima»  dei  controlli  da  effettuare,
anziche'  la  misura  «minima»  dei   controlli   stessi,   lasciando
trasparire una visione nella quale sarebbe l'eccesso di  controlli  a
togliere efficienza ed economicita' alla macchina della riscossione. 
    4. Cosi' delineato, per quanto qui interessa, il quadro normativo
di  riferimento,  merita   anzi   tutto   richiamare   alcune   delle
considerazioni gia' a suo tempo svolte da questa Corte dei conti,  in
funzione di controllo, con deliberazione n. 11/2016/G del 20  ottobre
2016  della  Sezione  centrale  di  controllo  sulla  gestione  delle
amministrazioni dello Stato (in tema di sistema della riscossione dei
tributi erariali al 2015). In particolare: 
        «l'esistenza di una consistente mole di arretrati ha  indotto
a disporre ripetutamente il differimento dei termini di presentazione
delle  comunicazioni,  rimodulando,  in  parallelo,  quelli  per   il
controllo da parte degli enti creditori»; 
        «la soluzione e' stata cosi' rinviata di anno in anno, con il
risultato di aggravare il problema»; 
        «si e', pertanto, determinata  una  lievitazione  negli  anni
delle   quote   inesigibili,   con    una    conseguente    imponente
stratificazione delle partite creditorie da trattare (per gli  agenti
della riscossione) e da controllare (per  gli  enti  impositori).  In
particolare, gli enti impositori dovrebbero sottoporre a controllo le
procedure eseguite dall'agente della riscossione tutte le  volte  che
viene presentata la comunicazione di inesigibilita' e, nel frattempo,
procedere ogni anno alla determinazione  dei  residui  attivi  (somme
accertate e non ancora riscosse), ai fini  della  corretta  redazione
dei rispettivi bilanci. E' accaduto, invece, che il  legislatore  sia
intervenuto piu' volte con provvedimenti di definizione delle domande
di rimborso e di  discarico  (ora  comunicazioni  di  inesigibilita')
delle somme iscritte a ruolo,  prescindendo  da  forme  di  controllo
analitico delle attivita' poste in essere»; 
        «per gli  arretrati,  con  una  soluzione  che  da'  adito  a
indubbie perplessita', e' stato introdotto un particolare calendario,
prevedendo  che  le  comunicazioni  di  inesigibilita'  per  i  ruoli
consegnati nel  2013  debbano  essere  presentate  nel  2018,  quelle
relative ai ruoli del 2012 nel 2019 e cosi' via,  risalendo  fino  ai
ruoli del 2000 per i quali  le  comunicazioni  avverranno  nel  2031»
(termine poi ulteriormente prorogato al 2033 e infine al  2037,  come
dinanzi ricordato); 
        «l'obiettivo  e  quello  di  permettere  agli  agenti   della
riscossione di concentrarsi  sulla  lavorazione  delle  partite  piu'
recenti,  trascurando  quelle  piu'  risalenti  per   le   quali   le
possibilita' di incassare il credito  sono  diventate  oggettivamente
modeste (...)»; «e' evidente, peraltro, che, considerata la  massa  e
la vetusta' delle quote inesigibili accumulatesi nel tempo, non  solo
la possibilita'  di  riscossione  delle  partite  piu'  risalenti  e'
assolutamente modesta, ma e' anche improbabile un controllo effettivo
delle procedure poste in  essere  dall'agente  della  riscossione  da
parte degli uffici degli enti impositori»; 
        andrebbe, piuttosto, valutata  l'opportunita'  di  concordare
«la possibilita' di presentare  le  comunicazioni  di  inesigibilita'
delle quote di importo rilevante - per le quali l'inesigibilita'  sia
gia'  stata  definitivamente  accertata -  secondo  una  progressione
diversa   da   quella   attualmente   prevista»   e,    segnatamente,
raggruppandole possibilmente «per codice fiscale, a prescindere dalla
annualita' di riferimento» ad «evitare  che,  per  lo  stesso  codice
fiscale, il controllo debba essere ripetuto tante volte  quante  sono
le singole partite di debito ad esso riferite nei diversi anni»; 
        «debole e', comunque, l'efficacia deterrente  dell'azione  di
recupero: restano alti i livelli dell'evasione, comunque  influenzati
anche dalla scarsa intensita' ed efficacia dei controlli»; 
        «e' singolare che,  per  il  controllo,  venga,  disposto  un
limite massimo, "non superiore",  anziche'  un  piu'  congruo  limite
minimo "almeno del  5  per  cento".  Un  generale  rafforzamento  del
processo di  verifica  della  correttezza,  efficacia  ed  efficienza
dell'attivita' di riscossione appare, infatti, esigenza ineludibile». 
    La stessa Corte costituzionale, recentemente, con  riguardo  alla
dilazione trentennale dei piani di rientro dai  disavanzi,  ha  avuto
modo  di  osservare  che,  ferma  restando  la  discrezionalita'  del
legislatore nello scegliere i criteri e le modalita' per porre riparo
a situazioni  di  emergenza  finanziaria  (...),  non  puo'  tuttavia
disconoscersi la problematicita' di soluzioni normative continuamente
mutevoli (...), le quali prescrivono il riassorbimento dei  disavanzi
in archi temporali molto  vasti,  ben  oltre  il  ciclo  di  bilancio
ordinario, con  possibili  ricadute  negative  anche  in  termini  di
equita'  intergenerazionale;  probabilmente   una   piu'   tempestiva
vigilanza nei  confronti  delle  consolidate  prassi  patologiche  di
alcuni enti territoriali avrebbe evitato le situazioni  di  obiettiva
emergenza  che  il  legislatore  nazionale  e'  stato   costretto   a
fronteggiare con mezzi eccezionali (sent. 107/2016). 
    Queste ultime  considerazioni  paiono  ben  attagliarsi,  mutatis
mutandis, anche alla fattispecie qui in esame, laddove il legislatore
sembra aver abdicato, per i prossimi anni, alla tempestiva  vigilanza
sull'andamento delle riscossioni di crediti risalenti nel tempo. 
    5. Nel descritto contesto, pare a questa Sezione  giurisdizionale
«non  manifestamente  infondata»   la   questione   di   legittimita'
costituzionale delle disposizioni in parola, tra  loro  in  combinato
disposto, nella parte in cui non si  limitano  soltanto  a  prorogare
fino al 2037 il termine per la presentazione o  l'integrazione  delle
comunicazioni di inesigibilita' dei crediti affidati alla riscossione
nel 2000 (compresi, tra di essi, alcuni di quelli all'odierno  vaglio
giurisdizionale) ma prevedono anche: 
        a) l'impossibilita', per l'ente creditore, di  esercitare  il
controllo sulle quote iscritte a ruolo fino alla scadenza dei termini
in parola (rinviando, cosi, l'azione di  controllo  fino  al  biennio
2038/2039 per i ruoli del 2000); 
        b) in ogni caso, il divieto  di  sottoporre  a  controllo  le
quote di valore inferiore o pari a 300 euro. 
    Al riguardo, valgano le seguenti considerazioni. 
    5.1. E' ravvisabile, in primo luogo, la violazione del  principio
di ragionevolezza, di cui e' espressione l'art. 3 della Costituzione,
in quanto la definizione dei rapporti tra  ente  creditore  e  agente
della riscossione  resta  legislativamente  sospesa  per  un  termine
oggettivamente abnorme, che (avuto  riguardo  ai  ruoli  che  formano
oggetto del presente giudizio) giunge a sfiorare i quaranta anni (per
i ruoli 2000) e i venti anni (per i ruoli 2008). 
    L'irragionevolezza     risiede,     inoltre,      nell'immotivato
sbilanciamento di posizioni tra l'ente creditore e l'agente,  essendo
rimessa esclusivamente all'agente la scelta del «se» e  del  «quando»
presentare le comunicazioni di inesigibilita',  durante  il  suddetto
amplissimo arco temporale,  mentre  l'ente  creditore  resta  in  una
posizione di mera soggezione,  non  potendo  nel  frattempo  svolgere
controlli finalizzati al diniego  di  discarico  e  alla  tutela  del
proprio diritto. 
    Il profilo di irragionevolezza  si  manifesta  in  tutta  la  sua
evidenza laddove si consideri che l'agente della riscossione non  ha,
ovviamente,  alcun  interesse  a  presentare  la   comunicazione   di
inesigibilita' per le cartelle di pagamento che,  ad  esempio,  abbia
omesso di notificare nel termine  decadenziale  prescritto  dall'art.
19, comma 2, lettera a), del decreto  legislativo  n.  112  del  1999
(termine oggi fissato in nove mesi dalla consegna del ruolo);  l'ente
creditore, dunque, e'  di  fatto  costretto  ad  aspettare  anni  (e,
segnatamente, lo scadere del  termine  ultimo  per  la  presentazione
delle dichiarazioni di inesigibilita')  prima  di  poter  formalmente
avviare l'iter di controllo su quest'ultima circostanza (cioe'  sulla
omessa tempestiva  notifica)  e  di  poter  adottare  il  conseguente
diniego  di  discarico.  Cio'  significa  che  una  omessa   notifica
risalente ai ruoli del 2000 non potra' essere contestata  e  regolata
prima del 2038. 
    L'assetto normativo che ne risulta pare,  quindi,  caratterizzato
da una  intrinseca  incoerenza,  contraddittorieta'  ed  illogicita',
esorbitando  dall'esigenza  di  disciplinare   discrezionalmente   lo
svolgimento del procedimento amministrativo (prima) e del conseguente
processo  (poi),  attraverso  scansioni   temporali   finalizzate   a
salvaguardarne  le  esigenze  di  certezza  (cfr.  C.   cost.,   ord.
174/2013); si configura, anzi,  una  indeterminatezza  oggettiva  dei
tempi dell'iter procedimentale, posto che i differimenti di volta  in
volta  operati  hanno   indicato   termini   finali   successivamente
prorogati, l'ultima volta addirittura nel corso del presente giudizio
(cfr. C. cost. sent. 102/2013). 
    Merita   ricordare   che,   in   altra   fattispecie,   afferente
l'effettuazione dei conguagli di legge tra amministrazione e soggetto
gestore  di  servizi  pubblici,   pure   nell'ottica   generale   del
perseguimento dell'efficienza dei servizi pubblici stessi,  e'  stato
ritenuto irragionevole e  costituzionalmente  illegittimo  il  rinvio
della comunicazione e della conseguente elaborazione dei  dati  utili
allo scopo in maniera affastellata e distanziata anche di una  decina
d'anni dal periodo cui i dati stessi si riferivano,  laddove  i  dati
stessi avrebbero dovuto evidentemente essere acquisiti ed  utilizzati
nell'immediatezza (cfr. C. cost., sent. 156/2007); cio' appare  tanto
piu' vero, e  a  maggior  ragione,  per  la  riscossione  di  crediti
pubblici e a fronte di una dilazione  temporale  che  eccede  non  il
decennio, bensi' il trentennio. 
    Quanto alle quote di valore unitario inferiore o pari a 300 euro,
appare contrario a logica  sottrarle  a  controllo  in  quanto  tali,
indipendentemente dal valore cumulativo di esse, avuto  riguardo  non
solo alla posizione del singolo debitore, ma  anche  al  coacervo  di
crediti dell'ente creditore (sicche', laddove un ente creditore debba
riscuotere un portafoglio formato da  un  fascio  di  crediti,  tutti
singolarmente di importo minimo, ma assai elevati nel numero e quindi
nell'importo complessivo, non  potrebbe  effettuare  alcun  sindacato
sull'operato del proprio agente). 
    5.2. Sotto un secondo profilo, la  disciplina  in  parola  sembra
contrastare con gli articoli 24 e 103 Cost., impedendo  di  fatto  ad
una sola ovvero ad entrambe le  parti  del  rapporto,  per  un  tempo
palesemente  incongruo  (ed  incompatibile  anche   con   l'esercizio
effettivo delle eventuali conseguenti azioni di responsabilita'),  di
accedere alla tutela giurisdizionale dinanzi al giudice contabile per
vedere definita la propria posizione  patrimoniale;  cio'  tanto  nel
giudizio di conto, quanto nel giudizio ad istanza  di  parte  per  il
discarico di quote inesigibili. 
    La violazione  delle  stesse  norme  di  rango  costituzionale e'
ravvisabile,  a  maggior  ragione,  nella  impossibilita'  non   solo
temporanea, ma addirittura definitiva, con  riguardo  alle  quote  di
valore unitario fino a 300 euro, di avviare le procedure di controllo
propedeutiche all'eventuale provvedimento di discarico, giustiziabile
dinanzi alla Corte dei conti, comportando l'impossibilita' per l'ente
creditore di ottenere tutela in  tal  senso  anche  in  un  ipotetico
giudizio di conto (non essendo pensabile che possa o debba provvedere
la magistratura contabile, in sede giurisdizionale, a svolgere  sulla
riscossione  dei  crediti  quei   controlli   che   l'amministrazione
creditrice stessa non potrebbe compiere in sede amministrativa). 
    In argomento, e' noto che l'esigenza di agevolare  operativamente
l'attivita' di una  parte,  fissando  termini  di  favore,  non  puo'
spingersi fino a ledere l'effettivita' del diritto  di  difesa  della
controparte (arg. C. Cost. sent. 360 del 2003; Id., sent.  346/1988);
si e'  anche  affermato  che  il   differimento   dell'accesso   alla
giurisdizione non vulnera irragionevolmente il diritto  di  difesa  a
condizione che la tutela non sia rinviata sine die, ma per un termine
«breve» (C. cost., sent. 162/2016), e che sia  comunque  giustificata
da esigenze di ordine generale o da superiori finalita' di  giustizia
(C. cost., sent.  62/1988;  sent.  81/1988;  sent.  132/1988),  fermo
restando che, pur nel concorso di tali  circostanze,  il  legislatore
deve contenere l'onere nella misura meno gravosa possibile, in quanto
l'ampiezza  della  copertura   offerta   dai   richiamati   parametri
costituzionali e' tale da colpire non solo l'esclusione della  tutela
giurisdizionale,  soggettiva  e   oggettiva,   ma   anche   qualsiasi
limitazione che ne renda impossibile o  anche  difficile  l'esercizio
(C. cost., sent. 233/1996; sent. 56/1995). 
    Sotto  quest'ultimo  profilo,  puo'  rilevarsi  che  anche  nella
materia processuale il  riscontro  di  ragionevolezza  va  senz'altro
operato attraverso la verifica «che il bilanciamento degli  interessi
costituzionalmente rilevanti non sia stato realizzato  con  modalita'
tali da determinare il sacrificio o la compressione di uno di essi in
misura  eccessiva   e   pertanto   incompatibile   con   il   dettato
costituzionale. Tale giudizio deve svolgersi attraverso  ponderazioni
relative alla proporzionalita' dei mezzi  prescelti  dal  legislatore
nella  sua  insindacabile  discrezionalita'  rispetto  alle  esigenze
obiettive da soddisfare o  alle  finalita'  che  intende  perseguire,
tenuto conto delle  circostanze  e  delle  limitazioni  concretamente
sussistenti» (v. C. cost., sent. 1130 del 1988; n. 71  del  2015;  n.
241 del 20 novembre 2017). 
    5.3. Inoltre,  il  rinvio  della  tutela  giurisdizionale  ad  un
momento  eccessivamente  distante  nel  tempo  e'   suscettibile   di
configurare una lesione del principio del giusto processo, perche' un
processo obbligatoriamente posticipato  da  venti  a  quaranta  anni,
rispetto ai fatti storici cui si riferisce la controversia, non  puo'
essere considerato  ne'  «giusto»  ne'  «ragionevole»  meno  che  mai
garantire l'effettivita' della tutela (v. art. 111 Cost. nonche' art.
6 CEDU come ripreso dall'art. 47 Carta UE). 
    Si eluderebbero infatti, vanificandoli del tutto, gli  stringenti
parametri di ragionevolezza  delineati  dalla  stessa  giurisprudenza
europea (cfr. C. cost., sent.  36/2016),  dovendosi  accedere  a  una
nozione ampia e sostanziale di durata ragionevole del  processo  (v.,
ad esempio, C. cost., sent.  184/2015),  coerente  con  la  finalita'
della normativa de qua. 
    Per di piu', nel caso di specie e' rilevabile l'asimmetria  nella
posizione delle parti,  essendo  l'ente  pubblico  creditore  in  una
situazione di prolungata e mera soggezione rispetto  alle  iniziative
dell'agente della riscossione (non potendosi avviare i controlli e  i
conguagli prima delle comunicazioni di  inesigibilita'  ovvero  delle
relative integrazioni). 
    D'altronde, allorche' nel 2037 scadranno i termini  per  i  ruoli
del  2000,  e  dunque  nel  biennio  2038/2039  potranno  iniziare  a
definirsi i conseguenti rapporti di debito/credito tra il  Comune  di
Teramo  e  la  societa'  Soget,  una  eventuale  (tardiva)  pronuncia
giurisdizionale potrebbe risultare inutiliter data, non solo  perche'
la soddisfazione del credito avverrebbe a distanza di circa  quaranta
anni dall'insorgere dei presupposti  del  credito  stesso,  ma  anche
perche' e' lecito dubitare  che  l'agente  della  riscossione  e,  le
garanzie  rilasciate  saranno,  a  quella  data,   ancora   utilmente
escutibili. 
    5.4. Non manifestamente  infondata  appare  anche  la  violazione
dell'art.  81  Cost.,  sotto  il  profilo  della  certa  e  sollecita
definizione delle entrate  e  della  cognizione  del  loro  effettivo
stato, ai fini del perseguimento degli equilibri di finanza pubblica,
non sembrando compatibile con la suddetta finalita' costituzionale il
rinvio del definitivo accertamento sulla effettiva riscuotibilita' di
un credito ad un momento futuro eccessivamente lontano, collocato  al
di la' di qualsivoglia  orizzonte  temporale  accettabile  sul  piano
della disciplina contabile e finanziaria. 
    Ne'  puo'  ignorarsi  che  nell'ordinamento   finanziario   delle
amministrazioni pubbliche i principi del pareggio  e  dell'equilibrio
tendenziale fissati nell'art. 81, quarto comma, Cost. si  realizzano,
tra l'altro, nella parificazione delle previsioni di entrata e  spesa
(...)  a  condizione  che  le  pertinenti  risorse  correlate   siano
effettive e congruenti (C.  cost.,  sent.  70  del  2012);  ma  detta
effettivita' e congruita' non potranno  essere  acclarate  se  non  a
distanza  di  decenni,  ben  oltre  qualsiasi  accettabile  orizzonte
temporale. 
    5.5. Con riferimento all'art. 97 Cost., le disposizioni in parola
rappresentano un ostacolo a che l'amministrazione pubblica possa bene
organizzarsi per assicurare una sana gestione finanziaria e  per  dar
corso   ai   dovuti   controlli,   conservando   il   pieno   dominio
sull'effettiva correttezza  della  gestione,  da  parte  dell'agente,
della  riscossione  delle   proprie   entrate;   al   contrario,   la
normativa e' giunta a prevedere, per i crediti oggetto  di  giudizio,
la sospensione del controllo sullo stato  della  riscossione  per  un
periodo compreso tra i venti e i quaranta anni circa, vietando per di
piu'  l'esame  delle  posizioni  di  importo  fino  a  300  euro   ed
introducendo perfino un limite massimo (anziche' minimo)  sul  totale
delle posizioni suscettibili di verifica. 
    Il divieto (e non la  mera  facolta')  di  effettuare  controlli,
lungi  dal   contribuire   al   perseguimento   dell'economicita'   e
dell'efficienza dell'azione amministrativa,  sembra  a  questa  Corte
insanabilmente in contrasto con il principio di buon andamento  e  di
corretta organizzazione amministrativo-contabile, sol  che  si  pensi
all'importanza del  sistema  dei  controlli  per  il  corretto  agire
amministrativo. 
    5.6. Sullo sfondo, un  ulteriore  profilo  di  lesione  e'  stato
prospettato anche con riguardo all'art. 53 Cost.,  sotto  il  profilo
della  mancanza  di   effettivita'   del   principio   di   capacita'
contributiva, che dalla previsione  legislativa  di  una  sospensione
sine die dei controlli (e dall'abdicazione  completa  per  quelli  su
partite fino a 300 euro) risulta fortemente indebolito,  laddove  non
si possa in concreto assicurare, mediante le opportune  verifiche  da
parte  dell'amministrazione  creditrice,  viepiu'   nelle   comunita'
locali, che l'attivita' di riscossione sia condotta in condizioni  di
effettiva parita' nei confronti di tutti i  contribuenti  e  che  non
siano tollerate situazioni di sottrazione all'obbligo tributario;  in
definitiva,  si  impedisce  all'amministrazione  di  controllare   il
regolare  funzionamento  di  uno   dei   servizi   che   condizionano
l'esistenza stessa della vita della comunita'. 
    Al  riguardo,  ravvisata  la  non  manifesta  infondatezza  della
questione,   e'   doveroso   rimetterne   il   vaglio   alla    Corte
costituzionale, in uno con tutte le altre, nella  considerazione  che
l'art.  53  della  Costituzione e'  posto  a  tutela   dell'interesse
generale alla riscossione dei tributi,  considerato  quale  interesse
particolarmente   differenziato   che,    attenendo    al    regolare
funzionamento dei servizi necessari alla  vita  della  comunita',  ne
condiziona l'esistenza (v. C. cost., sent. 32 del 1976; Id., sent. 45
del 1963). 
    5.7. In ultimo, non puo'  ignorarsi  la  lesione  dell'art.  119,
commi 1, 2 e 4, lamentata dal Comune di Teramo (ed a parere di questa
Corte   anch'essa   non   manifestamente   infondata),   laddove   la
legislazione in analisi  impedisce  attualmente  all'ente  locale  di
avere conoscenza delle risorse finanziarie effettivamente disponibili
e ritarda oltremodo il loro conseguimento, seppur parziale,  in  caso
di inadempienza dell'agente, escludendo in via di  fatto,  con  norma
statale, il coinvolgimento dell'ente  locale  medesimo  nell'iter  di
soddisfacimento del proprio credito. 
    Si  incide  anche,  per  tal  via,  su  un   aspetto   essenziale
dell'autonomia  finanziaria  degli  enti  locali,  vale  a  dire   la
possibilita' di elaborare correttamente il  bilancio  di  previsione,
attivita' che  richiede  la  previa  e  tempestiva  conoscenza  delle
entrate effettivamente a disposizione (cfr. C. cost., sent.  129  del
2016). 
    6. Per l'insieme delle ragioni fin qui  esposte,  avuto  riguardo
alle sole disposizioni  che,  effettivamente,  assumono  concreta  ed
attuale rilevanza nell'ambito del presente giudizio,  ritiene  questa
Sezione giurisdizionale della Corte dei conti che siano  rilevanti  e
non   manifestamente   infondate   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale, con riferimento agli articoli 3, 24, 53, 97, 81, 103,
111, 119 della Costituzione: 
        dell'art. 1, comma  687,  secondo  periodo,  della  legge  23
dicembre 2014, n. 190, nella parte in cui prevede che  «il  controllo
di cui all'art. 20 del decreto legislativo 13 aprile  1999,  n.  112,
come da ultimo sostituito dal comma 683 del presente  articolo,  puo'
essere avviato solo decorsi i termini previsti dal citato comma 684»; 
        dell'art. 1, comma  688,  secondo  periodo,  della  legge  23
dicembre 2014, n. 190, secondo cui «le quote  inesigibili  di  valore
inferiore o pari a 300 euro (...) non sono assoggettate al  controllo
di cui al citato art. 19». 
    7. Il presente giudizio deve essere quindi doverosamente  sospeso
con  trasmissione  degli  atti  alla  Corte  costituzionale  per   le
conseguenti valutazioni, ai sensi della legge 11 marzo 1953, n. 87. 
    8.  La  statuizione  sulle  spese  va  riservata  all'esito   del
giudizio. 
 
                              P. Q. M. 
 
    La Corte  dei  conti,  Sezione  giurisdizionale  per  la  Regione
Abruzzo, con pronuncia non definitiva; 
    Ravvisata la non manifesta  infondatezza,  con  riferimento  agli
articoli 3, 24, 53, 97, 81, 103, 111 e 119 della Costituzione,  delle
questioni di legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  commi  687,
secondo periodo, e 688, secondo  periodo,  della  legge  23  dicembre
2014, n. 190; 
    Ordina  l'immediata  trasmissione  degli  atti,  a   cura   della
Segreteria, alla Corte costituzionale; 
    Sospende il giudizio fino alle conseguenti decisioni della  Corte
costituzionale, con onere di riassunzione a carico  delle  parti  nei
termini di legge; 
    Dispone che, a cura della Segreteria, la presente  ordinanza  sia
notificata al Presidente del Consiglio dei ministri,  alle  parti  in
causa ed al pubblico ministero, e sia comunicata ai Presidenti  della
Camera dei deputati e del Senato della Repubblica ai sensi  dell'art.
23, ultimo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87. 
    Riserva all'esito del giudizio la statuizione sulle spese. 
    Manda alla Segreteria per gli adempimenti di competenza. 
        Cosi' deciso in L'Aquila nelle  Camere  di  consiglio  del  3
ottobre, del 7 novembre 2017 e del 6 marzo 2018. 
 
                        Il Presidente: Miele 
 
 
                                       Il giudice estensore: de Marco 
    Depositata in Segreteria il 16 marzo 2018 
 
                                 Il direttore della Segreteria: Lanzi 
    Il Collegio, ravvisati gli estremi per  l'applicazione  dell'art.
52 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, recante il «Codice
in  materia  di  protezione  dei  dati  personali»,  a  tutela  della
riservatezza del terzo indicato nella presente ordinanza; 
    Ha  disposto  che  a  cura   della   Segreteria   venga   apposta
l'annotazione di cui al comma 3 di detto art.  52  nei  riguardi  del
contribuente indicato nella presente ordinanza. 
        L'Aquila, 16 marzo 2018 
 
                        Il Presidente: Miele 
 
    In esecuzione del  suesteso  provvedimento  collegiale  ai  sensi
dell'art. 52 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in  caso
di diffusione omettere le generalita' e gli altri dati identificativi
del contribuente indicato nella presente ordinanza. 
        L'Aquila, 16 marzo 2018 
 
                                 Il direttore della Segreteria: Lanzi 
     Il decreto presidenziale n. 8/2018 dell'11 giugno  2018  dispone
la correzione  dell'errore  materiale  sulla  suestesa  ordinanza  n.
15/2018 del 16 marzo 2018, a pagina 3, rigo 4, nella parte in cui  e'
erroneamente riportata la frase  «il  contribuente  D.  M.  si  trova
indicato al n. 18 dell'elenco accluso alla predetta  nota»,  anziche'
quella  corretta,  «il  contribuente Elicart  s.c.a.r.l.   si   trova
indicato al n. 60 dell'elenco accluso alla predetta nota». 
        L'Aquila, 11 giugno 2018 
 
                                 Il direttore della Segreteria: Lanzi