N. 121 ORDINANZA (Atto di promovimento) 2 maggio 2018

Ordinanza del 2 maggio  2018  del  Consiglio  di  Stato  sul  ricorso
proposto da Presidenza del Consiglio  dei  ministri,  Presidenza  del
Consiglio dei  ministri -  Dipartimento  della  funzione  pubblica  e
Scuola nazionale dell'amministrazione contro Stajano Ernesto.. 
 
Amministrazione pubblica - Unificazione delle scuole di formazione  -
  Stato giuridico e trattamento economico dei docenti ordinari e  dei
  ricercatori  dei  ruoli  a  esaurimento  della   Scuola   Superiore
  dell'economia e delle  finanze  trasferiti  alla  Scuola  nazionale
  dell'amministrazione. 
- Decreto-legge  24  giugno  2014,  n.  90  (Misure  urgenti  per  la
  semplificazione e la trasparenza amministrativa e per  l'efficienza
  degli uffici  giudiziari),  convertito,  con  modificazioni,  nella
  legge 11 agosto 2014, n. 114, art. 21, comma 4. 
(GU n.38 del 26-9-2018 )
    Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale  (Sezione  quarta),
ha pronunciato la presente Ordinanza sul ricorso numero  di  registro
generale 1271 del 2017, proposto da: 
Presidenza   del   Consiglio   dei   ministri,    Scuola    nazionale
dell'amministrazione, 
Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento  della  Funzione
pubblica, in persona dei legali rappresentanti p.t., rappresentati  e
difesi per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in
Roma, via dei Portoghesi n. 12; 
    Contro Ernesto  Stajano,  rappresentato  e  difeso  dall'avvocato
Luisa Torchia, con domicilio eletto presso il  suo  studio  in  Roma,
viale Bruno Buozzi n. 47; 
    Per la riforma della sentenza del TAR Lazio - Roma: sezione I  n.
09758/2016, resa tra le parti, concernente determinazione trattamento
economico docenti della SNA; 
    Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; 
    Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ernesto Stajano; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Relatore nell'udienza pubblica del giorno  16  novembre  2017  il
cons. Oberdan Forlenza e uditi per le parti  gli  avvocati  Ventrella
(avv. Stato) e L. Torchia; 
    1.1. Con l'appello in esame,  la  Presidenza  del  Consiglio  dei
ministri impugna la sentenza 15 settembre 2016, n. 9758, con la quale
il TAR per il Lazio, sez. I, in accoglimento del ricorso e dei motivi
aggiunti proposti dal prof. Ernesto Stajano, ha annullato il  decreto
del Presidente del Consiglio dei ministri 25 novembre  2015,  n.  202
«nella parte impugnata di cui all'art. 2, comma 1 e 4, e all'art.  5,
comma 2 e 4», nonche' i provvedimenti consequenziali adottati. 
    Il decreto del Presidente del Consiglio  dei  ministri  citato  -
adottato in  attuazione  dell'art.  21,  comma  4,  decreto-legge  n.
90/2014, conv. in legge n. 114/2014 -  era  oggetto  di  impugnazione
nella parte in cui interveniva sulla rideterminazione del trattamento
economico e dello stato giuridico dei docenti della Scuola  superiore
dell'economia e delle finanze (SSEF)  -  poi  confluita,  insieme  ad
altre Scuole di formazione, nella Scuola nazionale di amministrazione
(SNA) - stabilendo l'incompatibilita' per i professori di tale Scuola
allo svolgimento della  libera  professione,  analogamente  a  quanto
previsto per i docenti universitari a tempo pieno. 
    Con  ulteriori  due  ricorsi  per  motivi  aggiunti  sono   stati
impugnati gli atti  consequenziali,  recanti  diffide  a  cessare  la
situazione di incompatibilita'  e  rideterminazione  del  trattamento
economico, con recupero delle differenze indebitamente corrisposte. 
    1.2. La sentenza impugnata afferma, in particolare: 
        l'art. 21, comma 4, decreto-legge n. 90/2014  non  fa  «alcun
riferimento alla modifica dello  stato  giuridico  e  in  particolare
all'introduzione ...  di  un  regime  di  incompatibilita',  compreso
quello di cui all'art. 61. n.  240/2010»  ma  tale  articolo  «si  e'
limitato a richiamare che  lo  stato  giuridico  doveva  considerarsi
quello dei professori universitari a da cio' non puo' dedursi che era
stato implicitamente introdotto ex lege il regime di incompatibilita'
proprio dei professori ordinari a tempo pieno»; 
        il riferimento effettuato in norma al regime del tempo pieno,
era da intendersi considerato «come parametro di riferimento  a  fini
economici, cui era delegato l'esecutivo, ma non al fine di modificare
lo status giuridico del ruolo dei professori ad esaurimento della  ex
SSEF»; 
        «l'introduzione della  modifica  sostanziale  comportante  il
regime di incompatibilita' ... ha dato quindi luogo  ...  anche  alla
violazione dei principi generali di legalita', legittimo  affidamento
e proporzionalita'»; 
        quanto al trattamento economico, il decreto «ha dato luogo ad
una sostanziale omologazione del trattamento in questione, nel  senso
di renderlo del tutto coincidente a quello  dei  professori  a  tempo
pieno,  senza  considerare  la  peculiarita'  della   posizione   dei
professori ex SSEF, inseriti a suo tempo in un ruolo  ad  esaurimento
in virtu' del processo di riorganizzazione delle scuole di formazione
della P.A. ... con procedimento sostanzialmente coincidente a  quello
di mobilita'  obbligatoria  ex  lege  dei  pubblici  dipendenti,  che
prevede  pero'  il  godimento  del  medesimo  trattamento   economico
garantito al dipendente e su cui non opera(va)  l'abrogato  art.  202
T.U. n. 3/1957»; 
        ne' il decreto del Presidente del Consiglio dei  ministri  ha
consentito agli interessati un tempo di valutazione, poiche'  questi,
in meno di quindici giorni,  «si  sono  visti  obbligati  a  prendere
decisioni vitali  e  irreversibili  legate  ad  un'unica  alternativa
prospettata, quale la permanenza nella SNA o la  continuazione  della
(sola) attivita' libero - professionale, laddove la  stessa  non  era
rinvenibile in capo agli altri docenti della Scuola  e  quindi  senza
che potesse  configurarsi  quella  omogeneizzazione  del  trattamento
economico richiesta dalla norma primaria -  intesa  come  tendenziale
conformazione di assimilabilita' ma non di perfetta  equiparazione  e
sovrapponibilita' indipendentemente dallo status di provenienza  -  e
senza neanche una approfondita valutazione di tale trattamento idonea
a sostenere che lo stesso potesse  considerarsi  assunto  sulla  mera
base di quello dei professori universitari a tempo pieno»; 
        il trattamento economico come rideterminato, che  corrisponde
al 55% del precedente  netto  stipendiale,  non  opera  soltanto  per
l'avvenire, ma «influisce anche  su  interessi  consolidati  e  sulla
posizione  economica  relativa  al  trattamento  pensionistico,  dato
l'utilizzo in materia del metodo «misto contributivo-retributivo», ai
sensi dell'art. 13, lett. a) decreto  legislativo  n.  503/1992»,  di
modo che «si palesano dunque effetti retroattivi»; 
        in tale contesto, «appare ben saggia la revisione  successiva
del  legislatore  che   ha   ritenuto   di   rideterminare   l'intera
riorganizzazione della SNA e il trattamento economico dei docenti con
fonte primaria», ai sensi degli  articoli  1,  comma  657,  legge  n.
216/2015 e 11, comma 1, lett. d) legge n. 124/2015». 
    1.3. Avverso tale decisione vengono proposti i seguenti motivi di
appello: 
        a) violazione artt. 21, comma 4, decreto-legge n. 90/2014 e 6
legge n.  240/2010;  erroneita'  quanto  all'asserita  illegittimita'
dell'art. 2,  comma  4  decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri n. 202/2015 per eccesso di delega; cio' in quanto l'art.  21
cit. «espressamente dispone l'applicazione dello stato  giuridico  di
professori e ricercatori universitari ai docenti  e  ricercatori  del
ruolo ad esaurimento della ex SSEF» ed esso «non  fa  che  confermare
quanto gia' previsto  per  i  professori  inquadrati  della  ex  SSEF
dall'art. 5, comma 4, decreto  ministeriale  28  settembre  2000,  n.
301». Inoltre, «il collegamento tra  stato  giuridico  e  trattamento
economico  dei  professori  universitari  e'  confermato  anche   dal
combinato disposto di cui  all'art.  3  del  decreto  legislativo  n.
165/2001 e all'art. 6, legge 30 marzo 2010, n. 240,  che  riaffermano
la stretta correlazione tra status giuridico e trattamento  economico
dei professori e ricercatori universitari». Infine, «l'estensione del
regime   di   incompatibilita'   allo   svolgimento    dell'attivita'
libero-professionale, previsto dalla norma  regolamentare,  (e')  una
conseguenza  ragionevole  e  coerente  della   rideterminazione   del
trattamento economico dei docenti dei ruoli ad esaurimento  della  ex
SSEF»; 
        b) erroneita' della sentenza nella parte in cui  ha  rilevato
una lesione  dei  principi  di  legalita',  legittimo  affidamento  e
proporzionalita'; cio' in quanto «appare difficile sostenere  che  vi
sarebbe  un  affidamento  tutelabile  del  ricorrente   rispetto   al
mantenimento di un trattamento  giuridico  ed  economico  disancorato
rispetto a quello dei docenti che svolgono analoghe funzioni»; 
        c) erroneita' della  sentenza  appellata  relativamente  alle
modalita' di determinazione del  trattamento  economico  dei  docenti
trasferiti dal ruolo ad esaurimento della SSEF alla  SNA;  violazione
art. 21, comma  4,  decreto-legge  n.  90/2014;  violazione  e  falsa
applicazione dei canoni di ragionevolezza e imparzialita' dell'azione
amministrativa,  tutela  dell'affidamento;   cio'   in   quanto   «il
legislatore ha individuato  l'obiettivo  della  rideterminazione  del
trattamento economico con il preciso intento  di  creare  omogeneita'
tra i docenti della ex SSEF e gli altri docenti della Scuola;  a  tal
fine, il legislatore ha  indicato  il  parametro  di  riferimento  da
seguire, vale a dire il trattamento economico spettante ai professori
universitari a tempo pieno con corrispondente anzianita'».  Peraltro,
la sentenza non ha  valutato  la  portata  di  innovazioni  normative
anteriori all'entrata in vigore del decreto-legge n.  90/2014,  quali
l'art. 1, comma 458, legge n. 147/2013, per effetto  del  quale  «non
opera piu' in generale il  diritto  del  dipendente  a  mantenere  il
trattamento economico piu' favorevole goduto in precedenti  posizioni
lavorative»; infine, il decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri non avrebbe potuto introdurre opzioni non previste da legge,
oltre l'unico diritto di  opzione  previsto  (cioe'  per  il  rientro
nell'amministrazione di provenienza), peraltro non esercitato; 
        d) erroneita' della sentenza  relativamente  all'annullamento
dell'art. 5,  comma  2  decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri  n.  202/2015,  in  violazione  e  falsa  applicazione   del
principio di irretroattivita' delle norme e tutela  dell'affidamento;
poiche' la citata disposizione «non incide sul passato, ma dispone ex
nunc  il  computo   dell'attivita'   svolta   prima   dell'assunzione
dell'incarico presso la SNA come anzianita'  di  servizio,  lasciando
impregiudicato quanto maturato fino alla data di  entrata  in  vigore
della nuova normativa». 
    1.4. Si e' costituito  in  giudizio  il  prof.  Stajano,  che  ha
concluso per il rigetto dell'appello, stante la sua infondatezza. 
    1.5. All'udienza pubblica  di  trattazione,  la  causa  e'  stata
riservata in decisione. 
    2. Il Collegio ritiene rilevante e non  manifestamente  infondata
la questione di legittimita' costituzionale dell'art.  21,  comma  4,
del decreto-legge 24 giugno 2014 n. 90, conv. in legge 11 agosto 2014
n. 114, per le ragioni di seguito esposte. 
    3.1. Il citato art. 21  del  decreto-legge  n.  90/2014,  recante
«Unificazione delle Scuole di  formazione»)  prevede,  per  quel  che
interessa nella presente sede: 
        «1. Al fine di razionalizzare  il  sistema  delle  scuole  di
formazione delle amministrazioni centrali, eliminando la duplicazione
degli organismi esistenti, la Scuola superiore dell'economia e  delle
finanze, l'Istituto diplomatico «Mario Toscano», la Scuola  superiore
dell'amministrazione dell'interno (SSAI),  il  Centro  di  formazione
della difesa e la Scuola superiore di statistica e di analisi sociali
ed economiche, nonche' le  sedi  distaccate  della  Scuola  nazionale
dell'amministrazione prive di centro residenziale sono soppresse.  Le
funzioni di reclutamento e di' formazione degli  organismi  soppressi
sono  attribuite  alla  Scuola   nazionale   dell'amministrazione   e
assegnate ai corrispondenti dipartimenti, individuati  ai  sensi  del
comma  3.  Le  risorse  finanziarie  gia'   stanziate   e   destinate
all'attivita'   di   formazione   sono   attribuite,   nella   misura
dell'ottanta per cento, alla Scuola nazionale dell'amministrazione  e
versate, nella misura del venti per cento, all'entrata  del  bilancio
dello Stato. La stessa Scuola subentra nei rapporti di lavoro a tempo
determinato e  di  collaborazione  coordinata  e  continuativa  o  di
progetto in essere presso gli organismi soppressi, che  cessano  alla
loro naturale scadenza; 
        2. (Omissis); 
        3. (Omissis); 
    4. I docenti ordinari e i ricercatori  dei  ruoli  a  esaurimento
della Scuola superiore dell'economia e delle finanze, di cui all'art.
4-septies,  comma  4,  del  decreto-legge  3  giugno  2008,  n.   97,
convertito, con modificazioni, dalla legge 2  agosto  2008,  n.  129,
sono trasferiti alla Scuola  nazionale  dell'amministrazione  e  agli
stessi  e'  applicato  lo  stato  giuridico  dei  professori  o   dei
ricercatori universitari. Il trattamento economico  e'  rideterminato
con decreto del Presidente del Consiglio dei  ministri,  al  fine  di
renderlo omogeneo a quello degli altri docenti della Scuola nazionale
dell'amministrazione, che viene determinato dallo stesso decreto  del
Presidente del Consiglio dei  ministri  sulla  base  del  trattamento
economico spettante, rispettivamente, ai professori o ai  ricercatori
universitari   a   tempo   pieno   con   corrispondente   anzianita'.
Dall'attuazione del  presente  comma  non  devono  derivare  nuovi  o
maggiori oneri per la finanza pubblica...» 
    3.2. A seguito di tale disposizione, e' stato emanato il  decreto
del Presidente del Consiglio dei ministri 25 novembre  2015  n.  202,
(Regolamento recante determinazione  del  trattamento  economico  dei
docenti della Scuola nazionale dell'amministrazione -  SNA),  il  cui
art. 2 («Trattamento economico dei docenti a tempo pieno  e  a  tempo
determinato»), prevede: 
        «1. Ai  docenti  a  tempo  pieno,  scelti  tra  dirigenti  di
amministrazioni  pubbliche,  magistrati  ordinari,  amministrativi  e
contabili, avvocati dello Stato e consiglieri  parlamentari,  nonche'
ai docenti a tempo indeterminato si applica il trattamento  economico
annuo lordo dei professori  universitari  di  prima  fascia  a  tempo
pieno, come fissato dall'art. 3, comma 2, del decreto del  Presidente
della  Repubblica  15   dicembre   2011,   n.   232,   e   successive
modificazioni. 
        2.  Ai  docenti  a  tempo  pieno,   scelti   tra   professori
universitari di prima o seconda fascia si  applica,  rispettivamente,
il trattamento economico annuo lordo dei professori  universitari  di
prima fascia a tempo pieno o quello dei  professori  universitari  di
seconda fascia a tempo pieno come fissati dal decreto del  Presidente
della Repubblica n. 232 del 2011 e successive modificazioni. 
        3. Per i docenti  a  tempo  pieno  scelti  tra  dirigenti  di
amministrazioni private o tra soggetti, anche stranieri, in  possesso
di elevata e comprovata qualificazione professionale, il  trattamento
economico  annuo  lordo  e'  stabilito,  tra  quelli  di   professore
universitario  di  prima  fascia  a  tempo  pieno  o  di   professore
universitario di seconda fascia a tempo pieno, dal  Presidente  della
Scuola, sentito il Comitato di gestione, sulla base della valutazione
del  curriculum  accademico  e  professionale,  in  applicazione  dei
criteri di valutazione fissati dallo stesso  Comitato,  comunque  nel
rispetto del decreto del  Presidente  della  Repubblica  15  dicembre
2011, n. 232, e successive modificazioni. 
        4. Il trattamento economico dei docenti a  tempo  pieno  e  a
tempo  indeterminato,  come  definito  dal  presente   articolo,   e'
correlato  all'espletamento  degli  obblighi  istituzionali  e  delle
attivita'  didattiche  e  scientifiche,  previsti  per  i  professori
universitari a tempo pieno e all'impegno didattico fissato  dall'art.
1, comma 16, della legge 4 novembre 2005, n. 230, e dall'art. 6 della
legge 30 dicembre 2010, n. 240. Ai suddetti  docenti  si  applica  la
disciplina delle incompatibilita' e delle autorizzazioni prevista per
i' professori e ricercatori universitari a tempo pieno  dallo  stesso
art. 6. Il Presidente, sentito il Comitato di gestione, determina  le
modalita' per la verifica dell'effettivo svolgimento delle  attivita'
didattiche e scientifiche da parte dei predetti docenti. Il  compenso
per  le  ulteriori  attivita'  e'  determinato,  nei   limiti   delle
disponibilita' di bilancio, in applicazione dei  criteri  di  cui  al
decreto previsto dall'art. 1, comma 16, della legge 4 novembre  2005,
n. 230 e, fino all'adozione del suddetto decreto, in misura  pari  al
settantacinque per cento dell'importo individuato ai sensi  dell'art.
4.». 
    Il successivo art. 5 del decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri («Anzianita', classi e scatti di stipendio») prevede: 
        «1. Ai fini della  determinazione  del  relativo  trattamento
economico,  i  docenti  a  tempo   pieno,   scelti   tra   professori
universitari  di  prima  o   seconda   fascia   o   tra   ricercatori
universitari, mantengono l'anzianita' di servizio gia' maturata; 
        2. Ai fini della determinazione del trattamento economico dei
docenti a  tempo  pieno,  scelti  tra  dirigenti  di  amministrazioni
pubbliche, magistrati ordinari, amministrativi e contabili,  avvocati
dello Stato  e  consiglieri  parlamentari,  e  dei  docenti  a  tempo
indeterminato,  i  periodi  di  servizio  prestato   nelle   suddette
qualifiche vengono computati come anzianita' di  servizio  nel  ruolo
dei professori universitari di prima o  di  seconda  fascia  a  tempo
pieno, in coerenza con i criteri di  determinazione  del  trattamento
economico  previsti  dall'art.  2,  applicando  le  disposizioni  del
decreto del Presidente della Repubblica n. 232 del 2011 e  successive
modificazioni; 
        3. Ai fini del comma 2, in  applicazione  delle  disposizioni
del decreto del  Presidente  della  Repubblica  n.  232  del  2011  e
successive modificazioni, la progressione  per  classi  e  scatti  e'
biennale fino alla data di entrata in vigore della legge n.  240  del
2010, e triennale a decorrere dall'entrata in vigore  della  predetta
legge; 
        4. Ai fini del computo dell'anzianita', i periodi di servizio
presso la Scuola dei docenti a  tempo  pieno,  dei  docenti  a  tempo
indeterminato  e  dei  ricercatori  a  tempo  indeterminato   vengono
valutati  in  applicazione  della  disciplina  generale  relativa  ai
professori e ai ricercatori universitari». 
    Come e' dato osservare, il decreto n. 202/2015: 
        per un verso (art. 2,  comma  1),  individua  il  trattamento
economico dei  «docenti  a  tempo  pieno,  scelti  tra  dirigenti  di
amministrazioni  pubbliche,  magistrati  ordinari,  amministrativi  e
contabili, avvocati dello Stato e consiglieri parlamentari»,  nonche'
dei  «docenti  a  tempo  indeterminato»,  applicando  il  trattamento
economico annuo lordo dei professori universitari di prima  fascia  a
tempo pieno; 
        per altro verso (art. 2, comma 4) , concia l'attribuzione  di
tale   trattamento   economico   all'espletamento   degli    obblighi
istituzionali e delle attivita' didattiche e  scientifiche,  previsti
per i professori universitari a tempo pieno e  all'impegno  didattico
fissato dall'art. 1, comma 16, della legge 4 novembre 2005,  n.  230,
(cioe', in particolare, l'espletamento delle attivita' scientifiche e
l'impegno per le altre attivita', fissato in  non  meno  di  350  ore
annue di didattica,  di  cui  120  di  didattica  frontale),  nonche'
dall'art. 6 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, precisando altresi'
che trova applicazione «la disciplina delle incompatibilita' e  delle
autorizzazioni prevista per i professori e ricercatori universitari a
tempo pieno dallo stesso art. 6» (tra  le  quali,  l'incompatibilita'
con l'attivita' libero professionale); 
        per altro verso ancora (art.  5,  comma  2),  ai  fini  della
determinazione «in  concreto»  del  trattamento  economico  per  quei
docenti provenienti dalle qualifiche di cui all'art. 2, comma  2,  si
prevede che «i periodi di servizio prestato nelle suddette qualifiche
vengono  computati  come  anzianita'  di  servizio  nel   ruolo   dei
professori universitari di prima o di seconda fascia a tempo pieno». 
    4.  Orbene,  il  Collegio  ritiene  che   le   disposizioni   del
Regolamento in esame costituiscano coerente applicazione dell'art. 21
decreto-legge n. 90/2014. Ed infatti quest'ultimo, prevede: 
        sia che ai docenti ordinari ed ai ricercatori  dei  ruoli  ad
esaurimento della SSPA si applichi «lo stato giuridico dei professori
o dei ricercatori universitari» (comma 4, primo periodo); 
        sia che il trattamento economico, rideterminato  con  decreto
del Presidente del Consiglio dei ministri, venga determinato «al fine
di renderlo omogeneo  a  quello  degli  altri  docenti  della  Scuola
nazionale  dell'amministrazione  ...  sulla  base   del   trattamento
economico spettante, rispettivamente, ai professori o ai  ricercatori
universitari a tempo pieno con corrispondente anzianita'»  (comma  4,
secondo periodo). 
    4.1. Appare evidente,  dunque,  che  l'applicazione  dello  stato
giuridico dei  professori  universitari,  lungi  dal  costituire  una
introduzione non consentita al decreto del Presidente  del  Consiglio
dei ministri, trova il suo fondamento proprio nella norma primaria. 
    A fronte di quest'ultima, il regolamento - una  volta  equiparata
la categoria dei docenti di cui  al  proprio  art.  2,  comma  2,  al
professore di prima fascia a tempo pieno - non poteva  che  applicare
agli appartenenti  a  detta  categoria,  conseguentemente,  lo  stato
giuridico previsto per quest'ultima, ivi  compreso  il  regime  delle
incompatibilita'  e  delle  autorizzazioni   allo   svolgimento   di'
eventuali incarichi. 
    In sostanza, la norma regolamentare (come e' tipico  delle  norme
di attuazione) precisa l'applicazione di  un  regime  giuridico  che,
laddove  non  fosse  stato  normativamente  specificato  dalla  fonte
secondaria, avrebbe  dovuto  comunque  trovare  applicazione  in  via
interpretativa. 
    In questo senso, non puo' essere condiviso quanto affermato dalla
sentenza impugnata, secondo la quale «l'art. 21, comma 4, cit. si  e'
limitato a richiamare che  lo  stato  giuridico  doveva  considerarsi
quello dei professori universitari ma da cio' non  puo'  dedursi  che
era  stato  implicitamente  introdotto   ex   lege   il   regime   di
incompatibilita' proprio dei professori ordinari a tempo pieno». 
    Ed infatti - pur  nella  consapevolezza  che  tale  argomento  ha
trovato  una  adesione  nell'ordinanza  cautelare  di  questa  stessa
sezione 11 marzo 2016 n. 892 - non appare plausibile «sganciare» (nel
silenzio della legge)  dallo  status  giuridico  di  una  determinata
categoria di pubblici dipendenti quelli che sono  i  plurimi  aspetti
che propriamente lo definiscono. 
    Diversamente   opinando,   occorrerebbe   affermare,   in   senso
riduttivo, che applicare lo «stato giuridico  dei  professori  o  dei
ricercatori universitari», altro non significherebbe  che  attribuire
ai   destinatari   solo   una   delle   «qualifiche»   previste    da
quell'ordinamento, rendendo quest'ultima, al contempo,  completamente
avulsa dal complesso dei diritti, dei doveri, degli obblighi, oneri e
limitazioni che ogni attribuzione di status comporta. 
    Ma tale interpretazione, oltre a non trovare plausibile riscontro
nella  norma  primaria   (e   nella   sua   corretta   applicazione),
comporterebbe che, mentre si  attribuisce  il  trattamento  economico
(status economico) del professore di prima fascia a tempo  pieno,  al
tempo stesso lo status giuridico -  che  pure  e'  dichiarato  essere
quello di «professore universitario» - in  realta'  continuerebbe  ad
essere, in assenza di disciplina transitoria, quello delineato  dalla
previgente  normativa,  con  cio'  ponendosi  in  contrasto  con   la
finalita' di «omogeneizzazione» enunciata dal legislatore. 
    In definitiva,  il  decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri ha  proceduto  a  rideterminare  il  trattamento  economico,
attribuendo agli appartenenti alle categorie di cui all'art. 2, comma
2, il massimo trattamento tra quelli rinvenibili nella categoria  dei
professori universitari e, una volta  compiuta  tale  operazione,  ha
chiarito come lo status giuridico di professore  universitario  (gia'
ex lege attribuito) veniva a specificarsi in relazione alla qualifica
concretamente attribuita  ai  fini  dell'erogazione  del  trattamento
economico (professore universitario di prima fascia a  tempo  pieno),
realizzandosi  una  piana  e  coerente  corrispondenza   tra   status
giuridico e status economico. 
    Cosi'  ricostruito   il   percorso   applicativo   dell'art.   21
decreto-legge  n.  90/2014,  non  assume  alcuna   rilevanza   quanto
prospettato in sentenza in ordine alla differenza  esistente  tra  le
qualifiche di docente stabile o a tempo pieno presso la SSPA che  non
corrisponderebbero  alla   «terminologia   classica   universitaria».
Infatti, il legislatore ha inteso attribuire ai  docenti  della  SSPA
«lo stato giuridico dei professori o dei  ricercatori  universitari»,
senza considerare ne' significato e contenuto delle  qualifiche  gia'
in possesso presso la SSPA ne' elaborare parametri di  corrispondenza
tra qualifiche «vecchie e nuove». 
    4.2.  Anche  l'attribuzione   del   trattamento   economico   del
professore universitario di prima fascia a  tempo  pieno,  effettuata
dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (art. 2,  comma
1) costituisce coerente  applicazione  della  norma  primaria,  Giova
ricordare che quest'ultima  attribuisce  ai  docenti  della  SSPA  un
trattamento economico «che viene determinato dallo stesso decreto del
Presidente del Consiglio dei  ministri  sulla  base  del  trattamento
economico spettante, rispettivamente, ai professori o ai  ricercatori
universitari a  tempo  pieno  con  corrispondente  anzianita'».  Tale
essendo l'indicazione legislativa, il regolamento ha individuato, per
i docenti provenienti dalle categorie di cui all'art. 2, comma 2,  il
massimo trattamento possibile  in  base  all'indicazione  legislativa
(professore universitario di prima fascia a tempo pieno),  procedendo
altresi' a conservare loro l'anzianita' maturata (art. 5,  comma  2),
computata  (in  assenza  di  diversa  indicazione  legislativa)  come
anzianita' di servizio nel ruolo dei professori universitari di prima
fascia. 
    A fronte  di  cio',  l'eventuale  sussistenza  di  disparita'  di
trattamento  tra  docenti  appartenenti  alle  varie  Scuole  e   con
provenienza diversa, puo'  rilevare  (come  si  vedra')  al  fine  di
dubitare della legittimita' costituzionale della norma  primaria,  ma
non costituisce - proprio per effetto di quanto disposto dall'art. 21
decreto-legge  n.  90/2014  -  vizio  di  legittimita'   degli   atti
amministrativi (in primis, del regolamento) per violazione  di  legge
ed eccesso di potere. 
    4.3. Le ragioni poste a fondamento della ritenuta coerenza  degli
atti  (regolamentari  e  provvedimentali)  adottati  con   la   norma
primaria, quanto all'attribuzione del trattamento economico,  valgono
anche per ritenere che tali atti non  influiscono  ex  se  (con  cio'
essendo  conseguentemente   illegittimi)   sul   futuro   trattamento
pensionistico, che costituisce coerente e conseguente attuazione,  da
parte del regolamento, di quanto disposto dal legislatore -in tema di
trattamento economico da corrispondere ai docenti della ex SSEF. 
    4.4.  Infine,  non  puo'  assumere  rilevanza   quanto   previsto
(ancorche' prima  dell'emanazione  del  decreto  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri) 11, comma 1, lett. d) della  legge  7  agosto
2015, n. 124, in base al quale, per quel che interessa nella presente
sede, con decreto legislativo delegato si  sarebbe  dovuto  procedere
alla «ridefinizione  del  trattamento  economico  dei  docenti  della
Scuola nazionale dell'amministrazione in coerenza con  le  previsioni
di cui all'art. 21, comma 4, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90,
convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto  2014,  n.  114,
ferma restando l'abrogazione  dell'art.  10,  comma  2,  del  decreto
legislativo  1°  dicembre  2009,  n.  178,   senza   incremento   dei
trattamenti economici in godimento e comunque senza nuovi o  maggiori
oneri per la finanza pubblica». 
    Ed infatti, il  Governo  non  ha  proceduto  all'esercizio  della
delega concessagli e quindi la previsione  che  affidava  alla  fonte
primaria delegata la  ridefinizione  del  trattamento  economico  dei
docenti della  SNA  (non  essendo  stata  attuata)  non  puo'  essere
interpretata comunque come una abrogazione della  vecchia  norma  che
attribuiva di tale disciplina alla fonte regolamentare. 
    5.  Alla  luce  di  quanto  esposto,  occorre  escludere  che  la
disciplina del regolamento di  cui  al  decreto  del  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri  25  novembre  2015,  n.  202,   costituisca
incoerente  attuazione  dell'art.  21,  comma  4,  decreto-legge   n.
90/2014, ovvero che «debordi» dai limiti ad essa imposti dalla  norma
primaria, in base alla interpretazione che  di  quest'ultima  occorre
fornire  (come  innanzi  effettuato)   secondo   i   normali   canoni
ermeneutici. 
    La   legittimita'   costituzionale   dell'art.   21,   comma   4,
decreto-legge n. 90/2014 assume, dunque, importanza  determinante  ai
fini della decisione del presente giudizio di appello, poiche' e'  di
tale articolo che questo Giudice deve fare applicazione, in quanto e'
di questo  che  gli  atti  impugnati  (disposizioni  regolamentari  e
provvedimenti) fanno applicazione. 
    Cio' evidenzia la sussistenza della «rilevanza»  della  questione
di legittimita' costituzionale dell'art. 21, comma  4,  decreto-legge
n.  90/2014,  questione  che  il  Collegio   ritiene   altresi'   non
manifestamente infondata, per le ragioni di seguito esposte. 
    Giova  ricordare  che   possibili   profili   di   illegittimita'
costituzionale delle norme innanzi indicate erano  stati  evidenziati
con il ricorso instaurativo del giudizio di I grado e poi «assorbiti»
per effetto dell'intervenuto accoglimento del medesimo da parte della
sentenza impugnata. 
    6. Il  Collegio  dubita  della  legittimita'  costituzionale  del
citato art. 21, comma 4, decreto-legge n. 90/2014: 
        a) in primo luogo, per violazione degli articoli 3 e 51 della
Costituzione,  poiche',  nell'applicare  ai  docenti   della   Scuola
superiore dell'economia e  delle  finanze  «lo  stato  giuridico  dei
professori e dei ricercatori universitari», esso non tiene contro ne'
della diversificazione delle provenienze dei medesimi  (dirigenti  di
amministrazioni  pubbliche,  magistrati  ordinari,  amministrativi  e
contabili,  avvocati  dello  stato   e   consiglieri   parlamentari),
conservate pur in costanza  del  rapporto  con  la  SSEF,  ne'  della
differenza di status originario esistente tra tali docenti  e  quelli
delle altre scuole confluite nella SNA e della  stessa  SNA.  In  tal
modo, violando il principio di ragionevolezza, viene  a  determinarsi
un «accesso»  (nel  senso  di  nuova  e  diversa  configurazione  del
rapporto di impiego)  agli  uffici  pubblici  non  in  condizioni  di
uguaglianza, poiche' viene  previsto  un  «trattamento  eguale»  (nel
senso  di  standardizzato)  sul  piano   giuridico   per   situazioni
soggettive  connotate   da   sensibili   ed   originarie   differenze
strutturali; 
        b) in secondo luogo, per violazione degli  articoli  3  e  51
della Costituzione sotto diverso profilo, in  quanto,  determinandosi
il trattamento economico da corrispondere in quello del professore  a
tempo pieno  e  cosi'  qualificando  lo  status  giuridico  in  senso
corrispondente, ivi compreso il regime delle incompatibilita', non ha
contestualmente previsto la possibilita' di riconoscere il diritto di
opzione per il regime del tempo definito, con la diversa  conseguente
determinazione  dello  status  giuridico  in  senso  a  tale   figura
corrispondente. In tal modo, il docente ex SSEF,  pur  equiparato  al
professore  universitario,  costituisce  l'unico  esempio   di   tale
categoria al quale non e' riconosciuta la possibilita' di scelta  tra
tempo pieno e tempo definito; 
        c) in terzo luogo, per violazione degli articoli 3 e 36 della
Costituzione, poiche',  nell'attribuire  ai  predetti  docenti  della
SSEF,  «il  trattamento  economico  spettante,  rispettivamente,   ai
professori  o  ai  ricercatori  universitari  a   tempo   pieno   con
corrispondente anzianita'», determina, in modo  irragionevole  e  non
causalmente  sorretto  sul  piano  della   tutela   e   perseguimento
dell'interesse pubblico, con  violazione  del  legittimo  affidamento
nella certezza delle  situazioni  giuridiche,  una  compressione  e/o
livellamento dei trattamenti economici da corrispondersi  in  futuro,
che - non tenendo in alcun conto i trattamenti economici in godimento
- produce un «appiattimento» dei trattamenti retributivi con  effetti
di   (irragionevole   e   ingiustificata)   reformatio    in    pejus
«diversificata», a seconda del trattamento economico  originariamente
corrisposto. Peraltro, la dichiarata finalita' di «rendere  omogenei»
i trattamenti  economici  dei  docenti  della  SNA  non  puo'  essere
ragionevolmente  attuata  (se  non  a  discapito  del  principio   di
eguaglianza)  corrispondendo  ex  abrupto   a   tutti   il   medesimo
trattamento, ma occorrendo, invece, stabilire (semmai) meccanismi  di
progressiva omogeneizzazione, tenendo  ragionevolmente  conto,  quale
punto di partenza, della differenza originaria delle retribuzioni  in
godimento; 
        d) in quarto luogo, per violazione degli articoli 3, 36 e  38
della Costituzione, nella misura in cui non  dispone  che  a  docenti
aventi qualifiche e provenienze diverse nell'ambito del piu' generale
rapporto di lavoro con le pubbliche amministrazioni,  sia  conservato
il trattamento previdenziale attualmente previsto (o comunque  questo
venga autonomamente considerato e valutato), e consentendo  dunque  -
con il richiamo allo status giuridico  ed  economico  del  professore
universitario  -   l'applicazione   agli   stessi   del   trattamento
previdenziale di quest'ultimo; 
        e) in quinto luogo, per violazione  degli  articoli  3  e  97
della Costituzione, in quanto, disponendo nei sensi gia' riportati ai
punti che precedono, la norma determina  una  conseguente  violazione
dei principi  di  imparzialita'  e  buon  andamento  da  parte  della
Pubblica amministrazione, nei confronti di soggetti ad essa legati da
rapporto di impiego, come  conseguenza  della  omessa  considerazione
della diversificazione dei rispettivi ruoli di provenienza; 
        f) in sesto luogo, per violazione degli articoli 3,  36,  38,
51 e 97 della Costituzione, sotto diverso  profilo,  per  non  essere
stata prevista una «norma transitoria», che consenta una possibilita'
di scelta, non immediata ma anche temporalmente definita, tra rientro
nei  ruoli  di   originaria   provenienza   ovvero   permanenza   nel
(modificato) status di docente presso la SNA. 
    6. Per tutte  le  ragioni  esposte,  questo  Consiglio  di  Stato
ritiene rilevante e non  manifestamente  infondata  la  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 21, comma 4, del  decreto-legge
24 giugno 2014, n. 90, conv. in legge 11 agosto  2014,  n.  114,  per
violazione degli articoli 3, 36, 38, 51 e 97 della Costituzione. 
    La rimessione degli atti alla Corte  costituzionale  comporta  la
sospensione del processo in corso. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Il  Consiglio  di  Stato  in  sede  giurisdizionale,   sez.   IV,
pronunciando sul ricorso in epigrafe; 
    Visti l'art. 134 della  Costituzione,  l'art.  1  legge  cost.  9
febbraio 1948, n. 1, e  l'art.  23,  legge  11  marzo  1953,  n.  87,
dichiara rilevante e non manifestamente  infondata  la  questione  di
legittimita' costituzionale dell' art. 21, comma 4, del decreto-legge
24 giugno 2014, n. 90, conv. in legge 11 agosto 2014 n. 114; 
    Dispone la sospensione del presente giudizio e ordina l'immediata
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; 
    Ordina che, a cura della Segreteria della  sezione,  la  presente
ordinanza sia notificata alle parti in  causa  e  al  Presidente  del
Consiglio dei ministri, nonche' comunicata ai Presidenti della Camera
dei deputati e del Senato della Repubblica. 
    Cosi' deciso in Roma nella Camera  di  consiglio  del  giorno  16
novembre 2017 con l'intervento dei magistrati: 
        Antonino Anastasi, Presidente; 
        Oberdan Forlenza, Consigliere, Estensore; 
        Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere; 
        Carlo Schilardi, Consigliere; 
        Nicola D'Angelo, Consigliere. 
 
                       Il Presidente: Anastasi 
 
                        L'Estensore: Forlenza