N. 52 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 23 agosto 2018

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 23 agosto 2018 (della Regione Veneto). 
 
Agricoltura - Riordino dell'Agenzia per le erogazioni in  agricoltura
  (AGEA) e del sistema dei controlli  nel  settore  agroalimentare  -
  Funzioni dell'Agenzia - Funzioni dell'organismo di coordinamento  -
  Funzioni dell'organismo pagatore - Poteri del direttore  -  Sistema
  informativo agricolo nazionale (SIAN). 
- Decreto  legislativo  21  maggio  2018,  n.  74   (Riorganizzazione
  dell'Agenzia per le erogazioni in  agricoltura  -  AGEA  e  per  il
  riordino del sistema dei controlli nel settore  agroalimentare,  in
  attuazione dell'articolo 15, della legge 28 luglio 2016,  n.  154),
  artt. 1, comma 3; 2; 3; 4; 8; 15, comma 5; e intero testo. 
(GU n.38 del 26-9-2018 )
    Ricorso  per  la  Regione  Veneto  (C.F.  80007580279   -   P.IVA
02392630279), in persona del Presidente della Giunta Regionale  dott.
Luca Zaia  (C.F.  ZAILCU68C27C957O),  autorizzato  con  deliberazione
della Giunta regionale del Veneto n. 1054 del 17  luglio  2018  (doc.
1), rappresentato e difeso, per mandato a margine del presente  atto,
tanto unitamente quanto disgiuntamente, dagli avv.ti Ezio Zanon (C.F.
ZNNZEI57L07B563K)  coordinatore  dell'Avvocatura  regionale  e  Luigi
Manzi (CF.MNZLGU34E15H501V) del Foro di Roma,  con  domicilio  eletto
presso lo studio di quest'ultimo in Roma, Via Confalonieri, n. 5 (per
eventuali   comunicazioni:   fax   06/3211370,   posta    elettronica
certificata luigimanzi@ordineavvocatiroma.org) promosso 
    contro il Presidente del  Consiglio  dei  Ministri  pro  tempore,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello  Stato,  presso
la quale e' domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12 
    per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'intero
decreto legislativo 21 maggio 2018, n. 74  recante  «Riorganizzazione
dell'Agenzia per le  erogazioni  in  agricoltura  -  AGEA  e  per  il
riordino del sistema dei controlli  nel  settore  agroalimentare,  in
attuazione dell'articolo 15, della legge 28 luglio 2016,  n.  154»  e
dell'art. 1, comma 3; articoli 2, 3, 4, 8 e 15, comma 5. 
 
                                Fatto 
 
    1) L'art. 15 della legge 28 luglio 2016 n. 154, recante  «Deleghe
al Governo e ulteriori disposizioni in  materia  di  semplificazione,
razionalizzazione   e   competitivita'   dei   settori   agricolo   e
agroalimentare, nonche' sanzioni in materia di  pesca  illegale»,  ha
statuito che: «1. Al fine di  razionalizzare  e  contenere  la  spesa
pubblica, nel rispetto dei principi e criteri direttivi del capo I  e
degli articoli 8, 16 e 18 della legge 7 agosto 2015, n. 124, e tenuto
conto dei relativi decreti  attuativi,  il  Governo  e'  delegato  ad
adottare, entro diciotto mesi dalla data di entrata in  vigore  della
presente  legge,  uno  o  piu'  decreti  legislativi  finalizzati  al
riordino degli enti, societa' ed agenzie vigilati dal Ministero delle
politiche  agricole  alimentari  e  forestali,  al  riassetto   delle
modalita' di finanziamento e gestione delle attivita' di  sviluppo  e
promozione  del  settore  ippico  nazionale,  nonche'   al   riordino
dell'assistenza  tecnica  agli  allevatori,   anche   attraverso   la
revisione  della  legge  15  gennaio  1991,  n.  30,  in  materia  di
disciplina  della  riproduzione  animale,  allo  scopo   di   rendere
maggiormente efficienti i servizi  offerti  nell'ambito  del  settore
agroalimentare. 
    2. Nella predisposizione dei decreti legislativi di cui al  comma
1, relativamente al riordino degli enti, societa' ed agenzie vigilati
dal Ministero delle politiche agricole  alimentari  e  forestali,  il
Governo  e'  tenuto  ad  osservare  i  seguenti  principi  e  criteri
direttivi: 
        a) revisione delle competenze e riordino degli enti, societa'
ed  agenzie  vigilati,  anche   a   seguito   dell'attuazione   delle
disposizioni dell'articolo 1, commi da 381  a  383,  della  legge  23
dicembre 2014, n. 190, dell'articolo 1, commi da  659  a  664,  della
legge 28 dicembre 2015, n. 208, e dell'articolo 1, comma  6-bis,  del
decreto-legge 5 maggio 2015, n. 51,  convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 2 luglio 2015, n. 91, prevedendo  modalita'  di  chiamata
pubblica secondo criteri di merito  e  trasparenza  che  garantiscano
l'indipendenza, la terzieta', l'onorabilita', l'assenza di  conflitti
di interessi, l'incompatibilita' con cariche politiche e sindacali  e
la  comprovata  qualificazione  scientifica   e   professionale   dei
componenti dei loro organi nei settori in cui opera l'ente,  societa'
o agenzia; 
        b)  ottimizzazione   nell'utilizzo   delle   risorse   umane,
strumentali e finanziarie a  disposizione  degli  enti,  societa'  ed
agenzie vigilati dal Ministero delle politiche agricole alimentari  e
forestali,  riducendo  ulteriormente  il  ricorso  a  contratti   con
soggetti  esterni  alla  pubblica   amministrazione   e   utilizzando
prioritariamente le professionalita' esistenti; 
        c) utilizzo di una quota non superiore al 50  per  cento  dei
risparmi di spesa, non considerati ai fini del rispetto dei saldi  di
finanza pubblica, derivanti dalla riduzione del numero degli  enti  e
societa' disposta a  legislazione  vigente  e  dall'attuazione  delle
disposizioni di cui al presente comma  per  politiche  a  favore  del
settore agroalimentare, con particolare riferimento allo  sviluppo  e
all'internazionalizzazione del made in  Italy,  nonche'  alla  tutela
all'estero delle produzioni di qualita' certificata; 
        d)  riorganizzazione  dell'Agenzia  per  le   erogazioni   in
agricoltura (AGEA)  anche  attraverso  la  revisione  delle  funzioni
attualmente  affidate  all'Agenzia  medesima   e,   in   particolare,
dell'attuale  sistema  di  gestione  e  di   sviluppo   del   Sistema
informativo agricolo nazionale (SIAN) di cui  all'articolo  15  della
legge 4 giugno 1984, n. 194, nonche'  del  modello  di  coordinamento
degli organismi pagatori a  livello  regionale,  secondo  i  seguenti
indirizzi: sussidiarieta' operativa tra livello centrale e regionale;
modello organizzativo omogeneo; uniformita' dei costi di gestione del
sistema tra i diversi livelli regionali; uniformita' delle  procedure
e dei sistemi informativi tra i diversi livelli. La  riorganizzazione
deve altresi' favorire l'efficienza dell'erogazione dei servizi e del
sistema dei pagamenti nonche' ottimizzare l'accesso alle informazioni
da parte degli utenti e delle pubbliche  amministrazioni,  garantendo
la realizzazione di una piattaforma informatica che permetta la piena
comunicazione  tra  articolazioni  regionali  e  struttura   centrale
nonche' tra utenti e pubblica amministrazione,  attraverso  la  piena
attivazione della Carta  dell'agricoltore  e  del  pescatore  di  cui
all'articolo 7 del regolamento di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 1° dicembre 1999, n. 503; 
        e)  riordino  del   sistema   dei   controlli   nel   settore
agroalimentare,  al  fine  di  garantire  maggiore   unitarieta'   ed
efficacia, anche assicurando la necessaria indipendenza dal  soggetto
erogatore, con conseguente  razionalizzazione  o  soppressione  della
societa' AGECONTROL S.p.a., anche  mediante  il  trasferimento  della
proprieta'  delle  relative  azioni  al  Ministero  delle   politiche
agricole alimentari e forestali o ad agenzie da esso vigilate, ovvero
la sua confluenza in enti, societa' o agenzie vigilati  dal  medesimo
Ministero, previo espletamento di apposite procedure selettive per il
personale,  procedendo  al  relativo  inquadramento  sulla  base   di
un'apposita tabella di corrispondenza e  comunque  prevedendo  che  i
dipendenti  della  predetta  societa'  mantengano  esclusivamente  il
trattamento economico fondamentale in godimento percepito  alla  data
di  entrata  in  vigore  della  presente  legge,  con  corrispondente
riduzione dei trasferimenti in favore dell'AGEA; 
        f) revisione della normativa istitutiva  dell'Ente  nazionale
risi al fine di razionalizzarne l'organizzazione  in  funzione  della
competitivita' del settore; 
        g) previsione dell'obbligo di pubblicazione annuale dei  dati
economici, finanziari e patrimoniali  relativi  all'ultimo  esercizio
nonche' dei dati della  rendicontazione  delle  attivita'  svolte  da
ciascun ente, societa' o agenzia. (omissis) 
    5. I decreti legislativi di cui  al  comma  I  sono  adottati  su
proposta  del  Ministro  delle  politiche   agricole   alimentari   e
forestali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle  finanze
e  con  il  Ministro   per   la   semplificazione   e   la   pubblica
amministrazione, previo parere  della  Conferenza  permanente  per  i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento  e
di Bolzano, da rendere nel termine  di  quarantacinque  giorni  dalla
data di trasmissione  di  ciascuno  schema  di  decreto  legislativo,
decorso il quale il Governo puo' comunque procedere. Gli  schemi  dei
decreti legislativi, corredati di apposita relazione tecnica  da  cui
risultino, tra l'altro, i risparmi di spesa derivanti dall'attuazione
delle disposizioni in essi contenute, sono trasmessi alle Camere  per
l'acquisizione del parere delle Commissioni  parlamentari  competenti
per materia e per i profili finanziari,  da  rendere  entro  sessanta
giorni  dalla  data  di  assegnazione.   Qualora   il   termine   per
l'espressione dei pareri parlamentari scada  nei  trenta  giorni  che
precedono la scadenza del termine  per  l'esercizio  della  delega  o
successivamente, quest'ultimo e' prorogato di tre mesi. 
    6.  Il  Governo,  qualora  non  intenda  conformarsi  ai   pareri
parlamentari, ritrasmette i testi alle Camere con le sue osservazioni
e  con  eventuali  modificazioni,  per  il  parere  definitivo  delle
Commissioni parlamentari competenti  per  materia  e  per  i  profili
finanziari, da rendere entro un  mese  dalla  data  di  trasmissione.
Decorso il  predetto  termine,  i  decreti  possono  essere  comunque
adottati in via definitiva dal Governo.» 
    2) Tra le disposizioni sopra esposte l'art.  15,  commi  1  e  2,
lettera d), e 5, della legge n. 154 del 2016 ha  formato  oggetto  di
impugnazione avanti la Corte costituzionale (R.G. 65/2016)  da  parte
della Regione del Veneto in ragione della violazione  degli  articoli
97, 117, quarto comma, e 118 Cost. nonche'  del  principio  di  leale
collaborazione di cui all'art. 120 Cost. 
    In particolare, e' stato oggetto di contestazione il rinnovo  del
modello di coordinamento degli organismi pagatori a livello regionale
per l'aspetto relativo al fatto che la legge di delega abbia previsto
tra i criteri direttivi: «l'introduzione di un modello  organizzativo
omogeneo, l'uniformita' dei costi  di  gestione  del  sistema  tra  i
diversi livelli regionali  e  l'uniformita'  delle  procedure  e  dei
sistemi informativi tra i diversi livelli.» 
    In tale modo la delega legislativa sembrava andare  ben  oltre  i
limiti afferenti alle esplicitate finalita'  di  razionalizzazione  e
contenimento della spesa pubblica, potendo imporre  alle  Regioni  un
modello organizzativo, e, in tal modo, comprimendo  indebitamente  la
competenza regionale  in  materia  di  ordinamento  e  organizzazione
amministrativa proprie. 
    Su questo aspetto  la  legge  delega  ha  previsto,  quale  unico
strumento  di  concertazione,  un  mero   parere   della   Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato,  le  regioni  e  le  Province
autonome  di  Trento  e  di  Bolzano,  da  rendere  nel  termine   di
quarantacinque giorni dalla data di trasmissione di  ciascuno  schema
di decreto legislativo, decorso il quale il  Governo  avrebbe  potuto
comunque procedere all'adozione del decreto delegato. 
    Secondo  questa  impostazione,  sia  per  il  carattere  «debole»
dell'intervento della conferenza intergovemativa sia per  l'esiguita'
del termine  previsto,  si  e'  obiettato  che  cio'  determinava  la
violazione del principio di leale collaborazione di cui all'art.  120
Cost. 
    3) In via incidentale si rileva che non ha mutato il quadro della
situazione, il fatto che  il  Governo,  nell'iter  procedimentale  di
adozione del decreto delegato, abbia denominato «intesa»  quello  che
la legge delega qualifica come parere. 
    La modifica, infatti, non ha superato il merito  della  questione
dato  che  la  variazione   terminologica   e'   rimasta   una   mera
modificazione nominale,  non  essendo  stato  posto  in  essere  quel
dialogo partecipativo con finalita' di  cooperazione  e  condivisione
decisoria che deve connotare il procedimento di intesa. Il testo  del
decreto legislativo e' stato presentato alla Conferenza, in  data  12
dicembre 2017, senza che nessun  confronto/dialogo  sia  in  concreto
stato  instaurato  al  fine  di  superare  le  numerose  perplessita'
rilevate dalla compagine regionale. (doc. 2) 
    Tale espediente nominalistico non pare dunque idoneo a sanare  il
vizio della legge delega e, di conseguenza, del decreto delegato  che
soffre percio' della violazione del principio di leale collaborazione
di cui all'art. 120 Cost. e, quindi va ad incidere sulla legittimita'
del decreto delegato. 
    4) Nel ricorso avverso la  legge  di  delega  legislativa  si  e'
altresi' contestata la violazione degli articoli 81, 97 e  119  della
Costituzione, in quanto essa tenderebbe a realizzare un  livellamento
organizzativo,  procedurale  e  di  spesa  tra  i   diversi   livelli
regionali, senza tener conto delle  loro  specificita',  determinando
l'effetto distorsivo per cui, ove essi presentino caratteristiche  di
eccellenza sotto il profilo organizzativo,  gestorio  e  finanziario,
gli enti regionali sarebbero comunque costretti ad adeguarsi ai nuovi
parametri  previsti  dalla  legislazione  statale.   Violazione   cui
accedeva quella degli articoli 117, quarto comma,  e  118  Cost.,  in
quanto  l'imposizione  di  modelli  organizzativi  e   procedimentali
prevista nella delega legislativa  avrebbe  determinato  un'invasione
delle competenze affidate alle Regioni in materia  di  ordinamento  e
organizzazione amministrativa regionale e in materia di agricoltura. 
    5) Il giudizio in parola,  tuttavia,  non  e'  stato  deciso  nel
merito in quanto, la sentenza della Corte costituzionale n. 139 del 2
luglio 2018 ha rilevato che all'udienza di discussione  tenutasi  1'8
maggio 2018: «come segnalato dalla Regione ricorrente  nella  propria
memoria depositata il 17 aprile 2018 e dall'Avvocatura generale dello
Stato in udienza, nonostante il decorso del termine  legislativamente
previsto, non e' stato dato seguito alla delega.» 
    In ragione di data mancata adozione del decreto legislativo entro
il termine fissato  nella  legge  delega  la  Corte  ha  ricavato  la
caducazione  degli  effetti  della  disposizione   impugnata   e   ha
dichiarato  l'inammissibilita'  della   questione   di   legittimita'
costituzionale per sopravvenuta carenza di interesse a  coltivare  il
ricorso. 
    6) Contrariamente il presupposto di fatto su cui si e' fondata la
menzionata decisione della Corte costituzionale risulta  erroneo,  in
quanto la delega legislativa e' stata esercitata dal  Governo  giusta
deliberazione del 16 maggio 2018. 
    E  il  suo  valido  esercizio  non  puo'  che  essere   collegato
all'ultimo paragrafo del comma 5 dell'art. 15 della legge  delega  n.
154 del 2016 a norma del quale: «Qualora il termine per l'espressione
dei pareri parlamentari scada nei  trenta  giorni  che  precedono  la
scadenza del termine per l'esercizio della delega o  successivamente,
quest'ultimo e' prorogato di tre mesi.» 
    Seguendo la scansione temporale riconducibile all'applicazione di
questo comma si puo' sviluppare la seguente ricognizione. 
    La legge delega e' stata pubblicata nella  Gazzetta  Ufficiale 10
agosto 2016, n. 186 e, a seguito della vacatio legis, e'  entrata  in
vigore a far data dal 25 agosto 2016. 
    Il termine per l'esercizio della delega legislativa, inizialmente
di 12 mesi, e' stato prolungato a 18 mesi per  effetto  dell'art.  1,
comma 2, lett. a), legge 27 febbraio 2017, n. 19, ragion per  cui  il
termine finale avrebbe avuto la sua  scadenza  in  data  25  febbraio
2018. 
    Sennonche', esaminando l'iter di adozione del decreto delegato si
ricava che la richiesta di parere alle  Commissioni  parlamentari  e'
stata presentata alla Camera dei deputati in data 13  dicembre  2017,
con scadenza per il pronunciamento in data 11  febbraio  2018,  ossia
nei  trenta  giorni  che  precedevano  la   scadenza   della   delega
legislativa. Ragion per cui il termine  per  l'esercizio  del  potere
delegato, per effetto  del  comma  5  dell'art.  15  della  legge  n.
154/2016, e' stato prorogato ex lege di tre mesi,  spostando  in  tal
modo al 25 maggio 2018 l'esaurimento del potere legislativo delegato.
(doc. 3) 
    Va detto che, nel frattempo, il  Senato  della  Repubblica  aveva
espresso il 24 gennaio 2018  il  proprio  parere,  con  osservazioni.
(doc. 4) 
    7) Nel caso di specie codesta ecc.ma Corte ha dunque  fondato  la
propria decisione su uno  stato  di  fatto  smentito  dal  successivo
comportamento difforme del Governo,  parte  resistente  del  giudizio
concluso con la sentenza n. 139/2018. 
    Il quale comportamento configura  o  un  errore  di  fatto  o  un
illegittimo esercizio della delega legislativa,  laddove  si  ritenga
che la previsione di proroga di cui al comma 5  dell'art.  15,  sopra
riportata, sia stata in concreto mal «utilizzata» dal Governo con  un
esercizio postumo del potere  delegato,  oramai  esaurito.  Se  nella
seconda  ipotesi  sussiste  la  possibilita'   di   configurare   una
illegittimita' diretta  del  decreto  delegato,  nel  primo  caso  si
presenta, una situazione che puo' essere  ricondotta  ai  presupposti
tipici necessari all'introduzione di un giudizio per  revocazione  in
quanto la sentenza n. 139 del 2018 della Corte costituzionale  appare
essere l'effetto di un errore, fondandosi sulla  supposizione  di  un
fatto la cui verita' e' incontrastabilmente esclusa, ossia il mancato
esercizio della delega. 
    Peraltro, occorre rilevare che la Regione del Veneto aveva posto,
nelle proprie difese, a partire dalla memoria depositata il 17 aprile
2018,  il  fatto  del  mancato  esercizio  della  delega  in  termini
meramente  dubitativi   ed   ipotetici,   non   essendo   nella   sua
disponibilita' conoscitiva quale  fosse  la  volonta'  dell'esecutivo
statale ovvero sapere cosa il Governo avesse fatto o intendesse fare.
Ragion per cui la dichiarazione intervenuta in corso  di  udienza  da
parte  dell'Avvocatura  dello   Stato,   essendo   stata   effettuata
presumibilmente nella consapevolezza di non essere  certi  della  sua
veridicita', potrebbe far trasmutare il carattere non intenzionale di
una tale condotta in una vera e propria sorta  di  dolo,  soprattutto
alla luce degli effetti  derivanti  dalla  conseguente  pronuncia  di
inammissibilita' del ricorso che ha  precluso  e,  all'apparenza,  in
modo definitivo un giudizio  sul  merito  del  ricorso,  configurando
cosi' l'ipotesi di revocazione di cui al n. 1 del comma  1  dell'art.
395 cpc, oltre quella di cui al n.4 del medesimo articolo. 
    8) Pur a fronte di tali elementi, questa difesa  comunque  rileva
come il decreto legislativo 21 maggio 2018, n. 74, presenta  vizi  di
legittimita' costituzionale, sostanziali e procedimentali, propri,  i
quali saranno  oggetto  di  puntuale  enunciazione  nel  seguito  del
presente ricorso. E pur anche esso risulta viziato  in  via  derivata
per effetto dei  limiti  e  criteri  direttivi  della  legge  delega,
oggetto di un'impugnazione (R.G. 65/2016) che decisa in  rito  e  non
nel merito. 
    A tale ultimo riguardo si rileva che i vizi  della  legge  delega
non coincidono, infatti, con quelli del decreto delegato  e  il  loro
autonomo giudizio da parte  della  Corte  costituzionale  si  sarebbe
riverberato  sulla  legittimita'  del  decreto   legislativo.   Basti
osservare che il decreto legislativo, nella sua attitudine a invadere
ambiti di competenza legislativa regionale  (che  formeranno  oggetto
dei  successivi  motivi  di  impugnazione),   trova   un   fondamento
giustificativo proprio in quelle disposizioni della legge delega  che
hanno formato oggetto di  impugnazione,  in  ragione  della  naturale
natura conformativa delle stesse rispetto alle disposizioni attuative
del decreto delegato. 
    In ragione di cio'  e,  per  i  motivi  che  saranno  esposti  di
seguito, la Regione del Veneto ha altresi' interesse a una  pronuncia
di merito in ordine  alla  legittimita'  costituzionale  della  legge
delega n. 154/2016, previa rimessione nei termini di cui all'art. 127
Cost., essendo la stessa decaduta  dagli  stessi  per  effetto  della
dichiarata inammissibilita', senza che alcun addebito di colpa  possa
essere mossa alla stessa. 
    Ovvero qualora non si  ritenga  praticabile  tale  rimessione  in
termini, in ragione del pronunciamento di codesta  ecc.ma  Corte,  si
dovranno ritenere riproposti i  motivi  di  impugnazione  avverso  la
legge n. 54 del 2016, previa revocazione della sentenza  n.  139  del
2018, in applicazione del combinato disposto degli articoli 91  e  92
del decreto legislativo n. 104/2010,  dell'art.  22  della  legge  11
marzo 1953, n. 87 e 395, comma 1, nn. 1) e 4)  cpc  ovvero,  ove  non
ritenuti compatibili con il giudizio  costituzionale,  in  seguito  a
declaratoria di  illegittimita'  costituzionale  dell'art.  18  della
legge 11 marzo 1953, n.  87,  nella  parte  in  cui  non  prevede  la
revocazione delle decisioni della Corte costituzionale nei giudizi in
principalita', ove le stesse siano frutto di un errore di fatto o  di
dolo di una delle parti, che ha precluso la pronuncia sul merito  del
ricorso. 
    9) A tale ultimo riguardo, per quanto necessario, si  rileva  che
la  prospettata,  quanto  subordinata,   questione   incidentale   di
costituzionalita' dell'art. 18 della legge 11 marzo 1953,  n.  87  e'
rilevante nel presente giudizio, stante la pregiudizialita' logica o,
rectius, la correlazione di dialettica legislativa imposta  dall'art.
76 Cost., (a salvaguardia  peraltro  del  fondamentale  canone  della
separazione dei poteri), che intercorre tra gli articoli della  legge
delega oggetto del ricorso dichiarato inammissibile  e  gli  articoli
del decreto legislativo impugnati in questa sede. 
    L'invasione  della  competenza  legislativa   regionale   appare,
infatti, il frutto non solo di vizi propri del  decreto  legislativo,
ma  anche  e'  l'esito  della  peculiare  configurazione  del  potere
delegato posta da parte della legge delega che, come gia'  denunciato
nel  ricorso  avverso  quest'ultima,   consentiva   al   governo   di
intervenire anche su profili organizzatori afferenti alla  competenza
ordinamentale della Regione. 
    Quanto, invece, alla non manifesta infondatezza  della  questione
incidentale di costituzionalita', si  osserva  che  l'istituto  della
revocazione, come delineato dall'art. 395 cpc, in ipotesi come quelle
di cui al presente giudizio, costituisce  un  fondamentale  principio
attuativo dei canoni della effettivita' della tutela  giurisdizionale
e del giusto processo, nel caso di specie, anche «ordinamentale». 
    In  particolare,  si  ritiene  che  la  disposizione  codicistica
costituisce norma interposta attuativa del principi fondamentali  del
giusto  processo  di  cui  all'art.  111  Cost.   e   del   principio
costituzionale di effettivita' della tutela  giurisdizionale  di  cui
agli articoli 3, comma 1, 24, commi 1 e 2, Cost. Principi estendibili
pur anche ai giudizi di costituzionalita' e, in particolare, a quelli
promossi in via principale, per effetto della configurazione di  tale
giudizio di costituzionalita' derivante  dagli  articoli  127  e  137
Cost. e dalle relative norme attuative, che risultano percio' a  loro
volta violate nella loro finalita' ultima di garantire la  «geometria
istituzionale» dello Stato, lesa dalla definitivita' di una decisione
che non statuisce sul merito della «controversia». 
    Basti leggere l'art. 28 legge 11 marzo 1953, n.  87,  che  seppur
riferito ai giudizi incidentali di  costituzionalita',  prospetta  un
principio di ordine generale, laddove statuisce che: «Il controllo di
legittimita' della Corte costituzionale su una legge o un atto avente
forza di legge esclude ogni valutazione di  natura  politica  e  ogni
sindacato sull'uso del potere discrezionale del Parlamento.» Ossia il
giudizio   di   costituzionalita',   pur    avendo    un    contenuto
ontologicamente  «paralegislativo»  in  ragione  dei   parametri   di
giudizio che impiega, si  prospetta  alla  stregua  di  un  oggettivo
esercizio di giurisdizione, e cio'  si  presenta  a  maggior  ragione
nell'ambito dei giudizi promossi in via principale ove e' previsto un
termine decadenziale e dove lo stesso  si  atteggia  a  giudizio  tra
parti. 
    Ne  consegue  che  la  mancata  previsione   di   uno   strumento
processuale di riesame, ancorche' impugnatorio delle decisioni  della
Corte costituzionale, quale puo' essere la revocazione, preclude alle
parti di questo peculiare giudizio contenzioso,  soggetto  a  termini
decadenziali, di ottenere una effettiva «giustizia». 
    La qual cosa ha una rilevanza assoluta nella  considerazione  che
la questione, in fattispecie, tocca un presupposto del giudizio e non
la valutazione di costituzionalita'  e  interviene  sull'esigenza  di
garantire  la  «geometria  istituzionale»  dello  Stato  connessa  ai
giudizi in principalita' e la necessita' di ripristinare la stessa di
fronte a un'errata ricognizione degli elementi di fatto su  cui  essa
si fonda. 
    Laddove codesta ecc.ma Corte ritenesse di considerare ammissibile
questa censura per le considerazione dinanzi esposte, si ritiene che,
invero, gia' l'ordinamento positivo consente una tale «operazione» di
integrazione procedimentale. In particolare l'art. 22 della legge  11
marzo 1953, n. 87 statuisce che: «Nel procedimento davanti alla Corte
costituzionale, salvo che per i giudizi  sulle  accuse  di  cui  agli
articoli 43 e seguenti, si osservano, in quanto applicabili, anche le
norme del regolamento per la procedura innanzi al Consiglio di  Stato
in sede giurisdizionale.» 
    Tale riferimento richiama il regio  decreto 17  agosto  1907,  n.
642, il cui art. 81  prevedeva  espressamente  la  revocazione  delle
decisioni del Consiglio di Stato, ragion per cui ove si intenda  tale
riferimento alla stregua di un rinvio «mobile» si  potranno  ritenere
applicabili al giudizio avanti la Corte costituzionale  gli  articoli
91 e  92  del  codice  del  processo  amministrativo  che  richiamano
l'istituto  impugnatorio  della  revocazione  di  cui  al  codice  di
procedura civile. 
    Ove il presente costrutto esegetico  sia  ritenuto  corretto,  il
presente motivo deve intendersi quale  motivo  revocatorio  e  devono
ritenersi  interamente  riproposti  i  motivi  di  impugnazione   del
giudizio dichiarato inammissibile con la sentenza n.  139  del  2018.
(doc. 5) 
    10) Occorre, poi, rilevare, che la legge di  delega  n.  154  del
2016 prevedeva un procedimento rafforzato  di  adozione  del  decreto
delegato, secondo cui qualora il Governo «non intende conformarsi  ai
pareri parlamentari, ritrasmette i  testi  alle  Camere  con  le  sue
osservazioni e con eventuali modificazioni, per il parere  definitivo
delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili
finanziari, da rendere entro un  mese  dalla  data  di  trasmissione.
Decorso il  predetto  termine,  i  decreti  possono  essere  comunque
adottati in via definitiva dal Governo.» 
    Nel caso di specie, tale procedimento rinforzato risulta  violato
sotto un duplice profilo. 
    Con riguardo al parere della Commissione Agricoltura della Camera
dei deputati, non si rileva tanto al circostanza che  il  parere  sia
condizione di procedibilita' per il  Governo,  quanto  il  fatto  che
l'assenza dello stesso abbia impedito che si  potesse  svolgere  quel
dialogo concertativo tra esecutivo e  legislativo  considerato  dalla
legge delega quale condicio sine qua non per il  legittimo  esercizio
della delega legislativa. 
    Con riferimento, invece, al parere della Commissione  Agricoltura
del Senato della Repubblica, si  rileva  come  lo  stesso  sia  stato
espresso in modo  favorevole,  ma  subordinatamente  all'accoglimento
delle seguenti «osservazioni»: 
        «Si  rappresenta  la  necessita'  di   una   piena   garanzia
dell'indipendenza e della separazione delle  funzioni  che  la  nuova
AGEA e' chiamata a  svolgere,  in  quanto  soggetto  erogatore  degli
aiuti, e  nella  veste  di  soggetto  deputato  all'espletamento  dei
controlli:  il  principio  di  terzieta'  impone  infatti  specifiche
guarentigie quanto alle responsabilita' delle strutture incaricate  e
ai soggetti che in concreto svolgono tali distinte funzioni; 
        si richiama l'opportunita' di una migliore definizione  delle
procedure di  incorporazione  di  AGECONTROL  in  AGEA,  quanto  alla
considerazione del percorso professionale gia' maturato dal personale
interessato; 
        occorre che il nuovo assetto di AGEA veda la piena e organica
architettura del personale considerato  nel  suo  complesso,  con  un
equilibrato  trattamento  tra  i  dipendenti  di  cui   AGEA   potra'
disporre.» 
    Non risulta che, tali osservazioni,  condizionanti  il  carattere
favorevole del parere siano state accolte dal Governo con la modifica
del testo sottoposto all'esame del Senato. Per cui non si e'  affatto
avuto quel «dialogo» partecipativo imposto dal comma 6  dell'art.  15
della legge delega. Ne consegue che il decreto  legislativo,  che  si
limita  a  prendere  atto  dell'acquisizione  del  parere  della   9ª
Commissione agricoltura del Senato, presenta un vizio  procedimentale
grave e  insanabile,  in  quanto  il  Governo,  nell'ambito  di  tale
procedimento   rinforzato,   ha   proceduto   a   prescindere   dalle
osservazioni delle  Commissioni  parlamentari  e  senza  disporre  la
ritrasmissione dello schema rivisitato di  decreto  alla  Commissione
del Senato. E, dunque, senza aver ottenuto il parere definitivo o, in
mancanza, aver atteso il decorso inutilmente del termine di un  mese,
previsto dal comma 6 sopramenzionato. 
    Dinanzi a un procedimento di  legge  rinforzato  la  legittimita'
dell'atto legislativo  delegato  e'  commisurato  al  rispetto  degli
adempimenti formali previsti dalla legge delega. Nel caso  di  specie
il decreto delegato ha violato tale iter  procedimentale,  in  quanto
nel silenzio delle Commissioni della  Camera,  il  parere  di  quelle
senatoriali ha acquisito una rilevanza ancora maggiore.  Il  Governo,
pero', non ha tenuto conto affatto  delle  «osservazioni»  poste  dal
Parlamento, le quali,  invero,  costituivano  non  un  mero  atto  di
orientamento o di indirizzo, ma delle prescrizioni puntuali e precise
di contenuto  manifestamente  difforme  e  correttivo  rispetto  allo
schema  di  decreto  esaminato  e  tali  da  essere  non  delle  mere
osservazioni ma delle vere e proprie «condizioni». 
    Vizio che risulta ancora piu' grave se si pensa  che  il  Governo
Gentiloni operava in regime di  prorogatio.  L'adozione  del  decreto
delegato e' avvenuta dopo le elezioni e dopo la ricostituzione  delle
Camere, in un periodo di tempo in cui non godeva  piu'  del  supporto
della fiducia parlamentare ed, anzi, la  maggioranza  che  gli  aveva
accordato la fiducia nella precedente  legislatura  era  divenuta  di
fatto una minoranza parlamentare. 
    Tali vizi procedimentali non possono,  dunque,  essere  collocati
tra  i  meri  vizi  formali,  superabile  attraverso  l'esercizio  in
concreto  del  potere,  in  quanto  il   carattere   rinforzato   del
procedimento legislativo delegato trova la sua ragion d'essere  nella
salvaguardia del principio di separazione dei poteri e nella garanzia
delle   prerogative   parlamentari   nell'esercizio    dell'attivita'
legislativa. 
    Ne consegue l'irrimediabile  illegittimita'  dell'intero  decreto
legislativo,   il   quale,   peraltro,   assecondando   i   vizi   di
incostituzionalita' gia' fatti valere nei confronti  dei  principi  e
criteri direttivi della legge delega, si  presenta  in  proprio  come
lesivo, oltreche' dell'art. 76 Cost., come  appena  profilato,  anche
degli articoli 97, 117, terzo e quarto comma, 118 Cost.  nonche'  del
principio di leale collaborazione. Il che fonda l'interesse regionale
alla proposizione del presente ricorso per gli ulteriori  e  seguenti
motivi di 
 
                               Diritto 
 
Illegitimita'  costituzionale  dell'art.  15,  comma  5  del  decreto
legislativo  21  maggio  2018,  n.  74,   recante   «riorganizzazione
dell'agenzia per le erogazioni in agricoltura -Agea e per il riordino
del sistema dei controlli nel settore agroalimentare,  in  attuazione
dell'articolo 15, della legge 28 luglio 2016, n. 154» per  violazione
degli articoli 76, 97, 117, commi 3 e 4, 118 e 120 Cost. 
    L'art. 15, rubricato «Sistema informativo agricolo nazionale», al
comma 5, dispone che: «Per l'esercizio delle funzioni e  dei  compiti
di cui al presente  decreto,  ivi  compresi  i  controlli  preventivi
integrati  effettuati   mediante   telerilevamento   previsti   dalla
normativa  dell'Unione  europea,  l'Agenzia  e  gli  altri  organismi
pagatori riconosciuti si avvalgono dei servizi del SIAN.» 
    La disposizione in parola conferma tutti i dubbi di  legittimita'
costituzionale sollevati  nel  giudizio  promosso  avverso  la  legge
delega sotto il profilo della  lesione  dell'autonomia  organizzativa
regionale e, dunque, della violazione degli articoli 117, comma IV  e
118 Cost. 
    Si impone, infatti, a tutti gli organismi  pagatori  riconosciuti
e, dunque, anche a quelli regionali, di esercitare tutte  le  proprie
funzioni e compiti (gestione degli  aiuti  derivanti  dalla  politica
agricola comune; interventi sul mercato  agricolo;  etc....  art.  4)
avvalendosi dei servizi del SIAN. 
    Come affermato nella recente decisione di codesta ecc.ma Corte n.
139 del 2018 «la competenza  statale  nella  materia  concernente  il
"coordinamento  informativo  statistico  e   informatico   dei   dati
dell'amministrazione [...] locale" (art. 117, secondo comma,  lettera
r, Cost.) concerne le disposizioni «strumentali per  "assicurare  una
comunanza di linguaggi, di procedure e di standard omogenei, in  modo
da permettere la comunicabilita'  tra  i  sistemi  informatici  della
pubblica amministrazione" (sentenza n.  17  del  2004;  nello  stesso
senso, fra le altre, sentenze n. 23 del  2014  e  n.  46  del  2013)"
(sentenze n. 284 e n. 251 del 2016).» 
    Ossia, la competenza statale e' legittimamente esercitata laddove
rappresenti  «una   misura   tecnico-operativa   indispensabile   per
garantire il flusso delle  informazioni  tra  i  sistemi  informativi
regionali e quello nazionale». Ove, invece, la disposizione di  legge
statale travalichi i confini del coordinamento  informativo  e  dello
strumento di garanzia di uniformita' di linguaggio e si  ponga  quale
misura  organizzatoria  e  funzionale   eteroimposta   e   vincolante
l'organizzazione delle Regioni e degli enti regionali, essa  viene  a
ledere  la  competenza  regionale  in  materia   di   ordinamento   e
organizzazione regionale oltreche' la competenza regionale in materia
di agricoltura, in tal guisa violando gli articoli 117,  comma  IV  e
118 Cost. 
    La previsione di un  sistema  informativo  nazionale  in  materia
agricola sembra legittima con riferimento ai «servizi  essenziali  di
natura trasversale» ( art. 15 comma 1) ovvero laddove costituisca uno
strumento di comunicabilita' di modo da garantire un flusso biunivoco
di dati. Il che  si  pone  in  un'ottica  di  efficienza  e  di  buon
andamento del pubblico agire, garantendo il miglior  esercizio  delle
proprie funzioni, anche a livello regionale e locale, e pur anche  di
corretto adempimento degli obblighi  di  informazione  nei  confronti
dell'Unione Europea. 
    Al contrario, ove lo stesso si ponga come  strumento  imposto  di
esercizio delle proprie funzioni gestorie e amministrative  da  parte
delle  Regioni  e  degli  enti  regionali,  come  per  effetto  dalla
disposizione  in  questa  sede  impugnata,  si  travalica  il  titolo
legittimante  la  competenza  legislativa  statale  e  si  elide   la
competenza  delle  regioni  a  organizzare  i  propri  servizi  e  ad
esercitare le funzioni attribuite alle stesse in modo autonomo, anche
predisponendo sistemi informativi  propri,  con  l'unico  vincolo  di
assicurare la loro comunicabilita' con quelli statali. 
    La Regione del Veneto da tempo e' dotata di un proprio  organismo
pagatore che utilizza un proprio sistema informativo, predisposto per
l'esercizio delle funzioni proprie e correlato per flussi informativi
con il SIAN. 
    Per tali ragioni la  disposizione  impugnata  viola,  oltre  agli
articoli 117, commi 3 e 4 e 118  Cost.  anche  l'art.  97  Cost.  non
garantendo la possibilita'  da  parte  delle  Regioni  e  degli  enti
strumentali delle stesse, cui sia  affidata  il  ruolo  di  organismo
pagatore regionale, di scegliere se  avvalersi  nell'esercizio  delle
proprie funzioni del SIAN ovvero di utilizzare un sistema informativo
proprio, anche ove quest'ultimo risulti piu' efficiente e  funzionale
al perseguimento del pubblico interesse. 
    Resta  ferma,  inoltre,  l'illegittimita'  derivante  dal   vizio
procedimentale in precedenza esposto e qui integralmente  richiamato,
che importa una violazione dell'art. 76 Cost. Oltreche' la violazione
dell'art.  120   Cost.,   per   la   solo   apparente   concertazione
collaborativa svolta in termini solo formali  di  intesa,  ma  invero
alla stregua di un mero parere. 
Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 3; articoli 2, 3,  4
e  8  del  decreto  legislativo  21  maggio  2018,  n.  74,   recante
«riorganizzazione dell'agenzia per le  erogazioni  in  agricoltura  -
agea e  per  il  riordino  del  sistema  dei  controlli  nel  settore
agroalimentare, in attuazione dell'articolo 15, della legge 28 luglio
2016, n. 154» e dell'intero decreto legislativo citato per violazione
degli articoli 76, 97,117, commi 1 e 4, 118 e 120  Cost. 
    L'art. 1 del decreto legislativo 21 maggio 2018, n. 74  rubricato
«Riordino dell'Agenzia per le erogazioni in agricoltura», al comma 3,
dispone che: «L'Agenzia (per le  erogazioni  in  agricoltura  (AGEA))
assicura la separazione tra le funzioni di organismo di coordinamento
e di organismo pagatore.» 
    Il successivo art. 2, al comma  1,  attribuisce  alla  stessa  le
«funzioni di organismo pagatore  nazionale,  cosi'  come  individuate
all'articolo  4,  per  l'erogazione  di  aiuti,  contributi  e  premi
comunitari  previsti   dalla   normativa   nazionale,   regionale   e
dell'Unione europea e finanziati dai Fondi agricoli  comunitari,  non
attribuite  ad  altri  organismi  pagatori  riconosciuti   ai   sensi
dell'articolo 7, paragrafo 2, del regolamento (UE) n.  1306/2013  del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013.» 
    Al secondo comma, invece, riconosce in capo ad AGEA «le  funzioni
di organismo di coordinamento, individuate all'articolo 3,  ai  sensi
dell'articolo 7, paragrafo 4, del regolamento (UE) n. 1306/2013.» 
    Tali funzioni sono, poi, enucleate nei successivi articoli 3 e 4.
In particolare, a norma dell'art. 3, comma 1, l'Agenzia, in  qualita'
di organismo  di  coordinamento,  esercita  i  compiti  di  carattere
tecnico-operativo relativi al coordinamento di  cui  all'articolo  7,
paragrafo 4, del regolamento (UE) n. 1306/2013 ed all'articolo 4  del
regolamento di esecuzione (UE) n. 908/2014 della Commissione,  del  6
agosto 2014. 
    Nello specifico, l'art. 7 paragrafo 4, del  regolamento  (UE)  n.
1306/2013 attribuisce all'organismo  pubblico  di  coordinamento  non
solo  la  funzione  di  raccogliere  le  informazioni  da  mettere  a
disposizione della Commissione e di trasmettere le stesse,  ma  anche
il compito di «adottare e coordinare misure intese  ad  ovviare  alle
lacune  di  natura  comune»  nonche'  di  «promuovere   e   garantire
l'applicazione uniforme delle norme dell'Unione». 
    L'art. 4 del regolamento di esecuzione  (UE)  n.  908/2014  della
Commissione, del 6 agosto 2014, invece, attribuisce all'organismo  di
coordinamento «la divulgazione delle informazioni e delle linee guida
relative alle funzioni e alle  operazioni  degli  organismi  pagatori
presso  gli  organismi  pagatori  stessi  e   gli   altri   organismi
responsabili dell'attuazione  di  tali  linee  guida,  come  pure  la
promozione dell'applicazione armonizzata delle stesse». 
    Il comma 1, lett. c)  dell'art.  3  del  decreto  legislativo  in
questa  sede  impugnata  attribuisce  ad  AGEA,  quale  organismo  di
coordinamento anche la funzione di coordinamento, gestione e sviluppo
del  SIAN,  oltreche'  i   compiti   di   definizione   del   modello
organizzativo e  delle  regole  tecniche  per  l'interscambio  ed  il
tempestivo  aggiornamento  dei  dati  tra  il  SIAN  ed   i   sistemi
informativi degli organismi pagatori, delle regioni e delle  province
autonome di Trento e di Bolzano, previo parere del  Comitato  tecnico
di cui all'articolo 9. 
    A norma del successivo comma 5 l'Agenzia, tra l'altro, svolge  la
vigilanza  sulla  esecuzione  dei  controlli  ex-post  previsti   dal
regolamento (UE) n. 1306/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio,
del 17 dicembre 2013: nonche' l'esecuzione dei controlli ex  post  di
cui alla lettera f), gia' svolti da Agecontrol S.p.A., assicurando la
necessaria segregazione rispetto alle funzioni di  vigilanza  di  cui
alla medesima lettera; il coordinamento dei controlli, in qualita' di
autorita' nazionale competente, al fine  di  assicurare  l'osservanza
delle normative dell'Unione europea in materia  di  conformita'  alle
norme di commercializzazione nel settore degli ortofrutticoli freschi
e delle banane; l'esecuzione dei controlli di conformita' alle  norme
di commercializzazione di cui alla lettera h),  sia  per  il  mercato
interno che per  l'importazione  e  l'esportazione,  gia'  svolti  da
Agecontrol  S.p.A.,  assicurando  la  necessaria  segregazione  anche
rispetto alle funzioni di coordinamento di cui alla medesima lettera;
la  promozione  dell'applicazione   uniforme   delle   attivita'   di
competenza  delle  regioni  e  delle   province   autonome   di   cui
all'articolo 6 e, a tal fine, monitora la conformita' e i tempi delle
procedure istruttorie e di controllo e lo svolgimento delle  relative
attivita' e ogni altro compito attribuito all'Agenzia dalla normativa
nazionale, anche in attuazione di quella dell'Unione  europea  e  che
gli  organismi   pagatori   intendano   delegare   all'organismo   di
coordinamento. 
    Appare evidente che le molteplici funzioni attribuite ad AGEA dal
decreto legislativo, quale organismo di coordinamento, anche oltre  i
confini tracciati dalla normativa europea, e soprattutto  in  materia
di  vigilanza   e   controllo   oltreche'   armonizzazione   a   fini
dell'uniformita' comportamentale degli organismi pagatori  regionali,
avrebbero  richiesto  un  esercizio  formalmente  e   sostanzialmente
separato rispetto alle funzioni di organismo pagatore. 
    Invero, lo stesso art. 4 del Reg. (CE) 6 agosto 2014 n.  908/2014
«Regolamento di esecuzione della  commissione  recante  modalita'  di
applicazione del regolamento (UE) n. 1306/2013 del Parlamento europeo
e del Consiglio per quanto riguarda gli organismi  pagatori  e  altri
organismi, la gestione finanziaria, la  liquidazione  dei  conti,  le
norme sui controlli, le cauzioni e la trasparenza» esige  al  secondo
comma che «L'organismo pagatore puo' svolgere il ruolo  di  organismo
di coordinamento, purche' le due funzioni siano nettamente distinte». 
    Si tratta di un'esigenza imprescindibile  che  trova  la  propria
ratio nella necessita' di evitare commistioni  e  sovrapposizioni  di
esercizio tra funzioni interferenti che devono essere  affidate  alle
cure di organismi distinti ed autonomi. 
    La violazione della disposizione comunitaria e, conseguentemente,
dell'art. 117, comma 1, della Costituzione della  Repubblica  Italia,
si riverbera in una lesione dell'autonomia organizzatoria e  gestoria
regionale e degli organismi pagatori regionali,  i  quali  vengono  a
soffrire gli effetti negativi derivanti dalla commistione di funzioni
di coordinamento, di vigilanza e di gestione degli  aiuti.  Oltreche'
si riflette in una elisione della competenza regionale in materia  di
agricoltura con conseguente violazione degli articoli 117, comma 4, e
118 Cost. 
    Peraltro l'effetto  di  commistione  avversato  dalla  disciplina
comunitaria, il cui divieto e'  reso  ancora  piu'  necessario  dalle
ulteriori funzioni attribuite dal decreto  legislativo  impugnato  ad
AGEA, si riverbera anche in una  lesione,  attuale  e  non  meramente
potenziale, del principio di buon andamento  dell'agire  pubblico  e,
dunque, si pone in violazione dell'art. 97 Cost.  La  sovrapposizione
funzionale prevista dal decreto  legislativo  delegato,  infatti,  e'
idonea a determinare effetti distorsivi che non possono non  alterare
il sistema relazionale tra organismo di coordinamento e di  controllo
e organismi pagatori e tra organismi pagatori regionali  e  AGEA,  il
che si ripercuote di necessita'  in  termini  di  inefficienza  dello
stesso sistema. 
    A tal  riguardo  le  disposizioni  del  decreto  legislativo  non
garantiscono affatto la netta separazione  funzionale  e  strutturale
richiesta dall'ordinamento comunitario, seppure sia previsto  che  il
bilancio  dell'Agenzia  contenga  due  distinte  rubriche,  una   per
l'organismo di coordinamento e  una  per  l'organismo  pagatore,  che
costituiscono distinti centri di responsabilita' amministrativa e  di
costo. 
    Si tratta invero di una misura necessaria,  ma  non  sufficiente,
ove  si  tenga  presente  che  il  Direttore  dell'Agenzia,  a  norma
dell'art. 8 dirige la  stessa,  ne  e'  responsabile  e  coordina  le
funzioni, sia pur garantendone la separazione. E' di  tutta  evidenza
che la disposizione di legge suona a mo' di ossimoro,  in  quanto  il
medesimo soggetto deve coordinare,  e  quindi  armonizzare  e  legare
secondo criteri di reciproca interferenza armonica le due funzioni di
cui invece dovrebbe garantire la separazione. 
    D'altronde se la responsabilita' di entrambe le funzioni  e'  del
medesimo soggetto appare indubitabile che le  stesse  non  presentino
quel  connotato  minimo  di   separatezza   richiesto   dal   diritto
comunitario e, invero, dallo stesso art. 97 Cost. 
    Il che non puo' che avere ricadute in  termini  di  inefficienze,
potenziali conflitti di interesse e sovrapposizioni decisorie  idonee
a  riverberarsi  negativamente  sul  funzionamento  degli   organismi
pagatori strumentali delle Regioni. 
    A fronte dei  quali  la  previsione  di  attribuire  allo  stesso
soggetto  anche  i  compiti  di  coordinamento  funge   da   conferma
dell'indebita commistione di funzioni, senza considerare il fatto che
il compito di coordinamento verso se stesso quale ente pagatore  crea
una indubbia distonia a riguardo degli altri soggetti pagatori. 
    Tale  limite  strutturale  alla   possibilita'   di   una   netta
separazione delle due `anime'  instillate  in  AGEA  dal  legislatore
delegato non puo' neppure essere superato per effetto  dell'adottando
Statuto, il quale dovendosi comunque conformare alla legge non potra'
in  nessun  caso  contraddire   l'art.   8   e   l'accentramento   di
responsabilita' in capo al Direttore ivi previsto. 
    La stessa espressa previsione nell'art. 12  della  necessita'  di
garantire la separazione di funzioni si riduce a una formula di stile
insufficiente  a  garantire  una  separazione,  che  resta  solamente
asserita,    ma    contraddetta    dalla    strutturazione    imposta
inderogabilmente dallo stesso decreto legislativo. 
    D'altronde ad evidenziare  tali  criticita'  si  pone  lo  stesso
parere  espresso  dalla  Commissione  agricoltura  del  Senato  della
Repubblica,   ove   si   subordina   l'assenso   parlamentare    alla
predisposizione di modifiche che  garantiscano  «una  piena  garanzia
dell'indipendenza e della separazione delle  funzioni  che  la  nuova
AGEA e' chiamata a  svolgere,  in  quanto  soggetto  erogatore  degli
aiuti, e  nella  veste  di  soggetto  deputato  all'espletamento  dei
controlli:  il  principio  di  terzieta'  impone  infatti  specifiche
guarentigie». 
    Tali 'osservazioni', infatti, per il loro  contenuto  puntuale  e
normogenetico, possono considerarsi delle autentiche  condizioni,  in
quanto evidenziano elementi di criticita' da sciogliere nello  stesso
decreto  legislativo  e,  dunque,   non   si   pongono   quali   mere
constatazioni,    ma    invece    alla    stregua    di     autentici
suggerimenti/indicazioni, volti a  incidere  sulla  formazione  della
volonta' legislativa delegata. 
    Si consideri, a tal riguardo, il  ruolo  riservato  nella  prassi
costituzionale ai pareri delle Commissioni parlamentari, che da  atti
di mero controllo sono  divenuti,  anche  ove  non  vincolanti,  atti
espressivi di un potere di co-legislazione. 
    Il mancato compimento  del  dialogo  codecisorio  previsto  dalla
legge di delega determina dunque un vizio di legittimita' del decreto
delegato, confermato dal  fatto  che  le  guarentigie  richieste  nel
parere non sembrano essere state introdotte nel  decreto  legislativo
che soffre dunque sia  del  vizio  di  legittimita'  derivante  dalla
violazione dell'art. 117, comma 1  Cost.  sia  dell'ulteriore  vizio,
consistente nella violazione dell'art.76 Cost.  Ove  di  fronte  alla
'condizione' posta dalla Commissione parlamentare non  si  e'  svolto
l'iter  procedimentale  rafforzato  previsto  dalla   legge   delega,
nonostante fosse ancora temporalmente possibile farlo  in  regime  di
prorogatio  delle  Camere   o,   eventualmente,   a   seguito   della
costituzione delle nuove Commissioni. Violazione che si riverbera  in
acto e non solo in potentia in una lesione della competenza regionale
sia sotto il profilo della elisione dell'autonomia organizzatoria sia
della lesione della  materia  agricoltura  e,  in  particolare  della
attivita' di gestione dei fondi agricoli. 
    Peraltro l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 3,  e
degli articoli 2, 3, 4 e 8 del decreto legislativo 21 maggio 2018, n.
74, sembra ingenerare  un  effetto  caducante  sull'intera  geometria
funzionale del decreto legislativo, stante il necessario  venir  meno
di ogni disposizione dell'atto avente forza  di  legge  che  comporti
un'indebita commistione delle funzioni di  organismo  pagatore  e  di
coordinamento/vigilanza. 
    Ragion per cui, ove tale effetto non sia inteso quale conseguenza
necessaria della pronuncia  demolitoria  richiesta  con  il  presente
ricorso, si ritiene di estendere l'impugnazione all'intero testo  del
decreto legislativo 21 maggio 2018, n. 74, stante la  inscindibilita'
delle disposizioni impugnate rispetto alle altre norme dello stesso. 
 
                               P.Q.M. 
 
    la Regione del Veneto chiede che l'Ecc.ma Corte costituzionale: 
        dichiari,  in  ogni  caso,  l'illegittimita'   costituzionale
dell'art. 1, comma 3 e degli artt. 2, 3,  4,  8  e  15,  comma  5  e,
invero,  dell'intero decreto  legislativo 21  maggio  2018,  n.   74,
recante  «Riorganizzazione  dell'Agenzia   per   le   erogazioni   in
agricoltura - AGEA e per il riordino del sistema  dei  controlli  nel
settore agroalimentare, in attuazione dell'articolo 15,  della  legge
28 luglio 2016, n. 154», per violazione degli art. 76, 97, 117, commi
1, 3 e 4, 118 e 120 Cost.; 
        decida, ove necessario, sui motivi di impugnazione  dell'art.
15 della  legge  n.  154  del  2016,  che  si  devono  intendere  qui
interamente riproposti, previa rimessione nei termini di cui all'art.
127 Cost.; 
        disponga, ove necessario, per effetto del combinato  disposto
degli artt. 91 e 92 del decreto legislativo n. 104/2010, dell'art. 22
della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 395, comma 1, nn. 1) e 4)  cpc  la
revocazione della decisione di codesta ecc.ma Corte n. 139 del  2018,
considerando  nell'eventuale  fase  rescissoria,  come  integralmente
riproposti i motivi di impugnazione del giudizio R.G. 65/2016. 
    In subordine e in via alternativa, sempre ove necessario, sollevi
questione incidentale di costituzionalita' avverso  l'art.  18  della
legge 11 marzo 1953,  n.  87  nella  parte  in  cui  non  prevede  la
possibilita' di impugnare le decisioni della Corte costituzionale nel
caso in cui si presenti un vizio revocatorio ex art.  395,  comma  1,
nn. 1 e 4) c.p.c. 
    Si depositano: 
        1) deliberazione della Giunta regionale del  Veneto  n.  1054
del 17 luglio 2018; 
        2) nota di trasmissione schema di  decreto  legislativo  alla
Conferenza Stato-regioni e atto di mancata intesa; 
        3) schermata dal sito della Camera dei deputati; 
        4) parere espresso dalla Commissione parlamentare del  Senato
della Repubblica, 
        5) Atti del giudizio R.G. 65/2016. 
          Venezia-Roma, 20 agosto 2018 
 
                         Avv.ti: Zanon-Manzi