N. 3 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 15 febbraio 2019
Ricorso per conflitto di attribuzione tra enti depositato in cancelleria il 15 febbraio 2019 (della Regione Emilia-Romagna) . Opere pubbliche - Progettazione preliminare degli interventi di potenziamento del sistema autostradale e tangenziale di Bologna del c.d. "passante nord di Bologna" di cui all'accordo del 15 aprile 2016, sottoscritto dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dalla Regione Emilia-Romagna, dalla Provincia di Bologna, dal Comune di Bologna e dalla Societa' Autostrade per l'Italia spa - Omessa riconvocazione, da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, della Conferenza di Servizi gia' in corso e rinviata con nota n. 13005 del 17 agosto 2018 - Unilaterale nuova progettazione preliminare del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti - Mancata condivisione con la Regione degli elaborati della nuova formulazione progettuale prospettata nel comunicato stampa del 10 dicembre 2018. - Omessa riconvocazione della Conferenza di servizi, relativa al c.d. "passante nord di Bologna", rinviata con nota n. 13005 del 17 agosto 2018; unilaterale nuova progettazione preliminare del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti; mancata condivisione con la Regione Emilia-Romagna degli elaborati contenenti la nuova formulazione progettuale prospettata nel comunicato stampa del 10 dicembre 2018.(GU n.14 del 3-4-2019 )
Ricorso per conflitto di attribuzione della Regione Emilia-Romagna, in persona del presidente della giunta regionale pro tempore Stefano Bonaccini, autorizzato con deliberazione della giunta regionale 4 febbraio 2019, n. 181 (all. 1), rappresentata e difesa, come da procura speciale a margine del presente atto, dall'avv. prof. Giandomenico Falcon (c.f. FLC GDM 45C06L 736E, telefax 049-8776503, indirizzo PEC giandomenico.falcon@ ordineavvocatipadova.it) di Padova e dall'avv. Andrea Manzi (c.f. MNZ NDR 64T26 I804V, n. fax 06-3211370, indirizzo PEC andreamanzi@ordineavvocatiroma.org) di Roma, con domicilio eletto nello studio di quest'ultimo in Roma, via Confalonieri, n. 5, Contro il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato, per la dichiarazione che non spetta allo Stato, e per esso al Ministero delle infrastrutture, nelle circostanze descritte nel presente ricorso e in violazione del principio costituzionale di leale collaborazione e, anche in connessione con esso, delle competenze costituzionali della Regione Emilia-Romagna, con particolare riguardo alla competenza in materia di governo del territorio e grandi reti di trasporto, di: omettere di riconvocare, per consentire l'esame congiunto delle richieste ottimizzazioni progettuali, la conferenza di servizi gia' in corso ma rinviata con la nota n. 13005 del 17 agosto 2018, con la partecipazione tra l'altro della Regione Emilia-Romagna, della Citta' metropolitana di Bologna e del Comune di Bologna, in relazione alla progettazione degli interventi di potenziamento del sistema autostradale e tangenziale di Bologna - «passante nord di Bologna», di cui all'accordo del 15 aprile 2016, sottoscritto dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dalla Regione Emilia-Romagna, dalla Provincia di Bologna, dal Comune di Bologna e dalla Societa' Autostrade per l'Italia S.p.A.; procedere, in luogo della convocazione della conferenza di servizi e senza alcun coinvolgimento della Regione e degli enti locali territoriali coinvolti, alla unilaterale progettazione preliminare degli interventi di potenziamento del sistema autostradale e tangenziale di Bologna - «passante nord di Bologna», in difformita' di quanto previsto nell'accordo del 15 aprile 2016, sottoscritto dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dalla Regione Emilia-Romagna, dalla Provincia di Bologna, dal Comune di Bologna e dalla Societa' Autostrade per l'Italia S.p.A.; omettere di portare alla stessa conoscenza della Regione gli elaborati, gia' condivisi con la societa' Autostrade per l'Italia S.p.A., della nuova formulazione progettuale prospettata nel comunicato stampa del 10 dicembre 2019, e per la conseguente statuizione dell'obbligo costituzionale di porre fine a tali comportamenti ed intraprendere i percorsi procedimentali costituzionalmente dovuti, coinvolgendo in essi la Regione Emilia-Romagna. Fatto Nell'ambito della Intesa generale quadro tra Governo e Regione Emilia-Romagna per il congiunto coordinamento e la realizzazione delle infrastrutture strategiche e dei relativi Atti aggiuntivi, stipulati in attuazione dell'art. 1 della legge n. 443 del 2001 (c.d. legge obiettivo), il Nuovo atto aggiuntivo stipulato dalla Regione con il Governo in data 19 aprile 2013 individua tra priorita' di breve periodo il «nodo autostradale e stradale di Bologna - passante autostradale nord» e, come opera connessa, il nodo di Rastignano 2° lotto. In data 29 aprile 2014 il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, la Regione Emilia-Romagna, la Provincia di Bologna, il Comune di Bologna e la Societa' Autostrade per l'Italia S.p.A. (di seguito anche ASPI) hanno sottoscritto un accordo per lo sviluppo da parte della societa' Autostrade per l'Italia della progettazione preliminare del c.d. Passante nord di Bologna. In seguito, tuttavia, alle criticita' strutturali delle soluzioni progettuali proposte dalla societa' Autostrade per l'Italia sotto i profili territoriale, ambientale, paesaggistico ed economico, rilevate dalla Regione Emilia-Romagna, dalla Citta' metropolitana di Bologna (succeduta alla Provincia) e dal Comune di Bologna, e conformemente a quanto previsto dall'accordo del 2014, le parti convenivano sulla necessita' di stipulare un nuovo accordo relativo al potenziamento in sede del sistema autostradale/tangenziale - nodo di Bologna. Tale nuovo accordo veniva effettivamente sottoscritto in data 15 aprile 2016 dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dalla Regione Emilia-Romagna, dalla Provincia di Bologna, dal Comune di Bologna e dalla Societa' Autostrade per l'Italia S.p.A. Come risulta dalla Relazione preliminare esso individua un nuovo assetto complessivo del potenziamento in sede del nodo di Bologna. In particolare, tale potenziamento, evidentemente indispensabile per la quantita' e la rilevanza del traffico che in esso circola nelle diverse direzioni, viene altresi' riconosciuto come occasione per riorganizzare lo spazio ed il territorio adiacente, con particolare attenzione alla mitigazione e all'inserimento ambientale, secondo linee gia' in una linea di massima individuate dallo stesso accordo. Seguiva la redazione del progetto preliminare da parte della societa' Autostrade per l'Italia, in qualita' di concessionaria del tratto interessato, progetto che e' stato quindi sottoposto a procedimento di valutazione di impatto ambientale ai sensi dell'art. 23 decreto legislativo n. 152 del 2006, procedimento positivamente conclusosi, acquisite le valutazioni della Regione Emilia-Romagna di cui alla d.G.r. n. 1202 del 2 agosto 2017, con decreto del Ministro per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare n. 133 del 30 marzo 2018, recante parere positivo sulla compatibilita' ambientale dell'intervento previa osservanza di condizioni ambientali. Con nota n. 10491 del 17 maggio 2018, la Direzione generale per la vigilanza sulle concessioni autostradali presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, quale soggetto concedente, comunicava che con il verbale del 16 dicembre 2016 la medesima Direzione generale aveva rilasciato la validazione tecnica sul progetto in esame. A seguito della ricezione, da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, della nota di ASPI n. 6886/EU del 21 marzo 2018, con la quale il concessionario aveva richiesto l'espletamento della procedura di verifica di conformita' urbanistica, secondo quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 383 e dall'art. 37 della legge regionale Emilia-Romagna 24 marzo 2000, n. 20, il Ministero, con successiva nota n. 9695 del 15 giugno 2018, richiedeva alla Regione Emilia-Romagna di pronunciarsi in merito all'accertamento della conformita' urbanistica delle opere in esame, rispetto alle prescrizioni delle norme e dei piani urbanistici ed edilizi vigenti nei comuni interessati. In risposta alla predetta comunicazione ministeriale, la Regione Emilia-Romagna, con nota n. 463828 del 26 giugno 2018 della Direzione generale cura del territorio e dell'ambiente, comunicava che il progetto in esame non appariva pienamente conforme ne' al piano territoriale di coordinamento della Citta' metropolitana di Bologna, ne' ai piani urbanistici dei Comuni di Bologna e di San Lazzaro di Savena, e contestualmente trasmetteva le valutazioni e i pareri pervenuti alla Regione dagli enti territoriali nell'ambito dell'istruttoria espletata. Preso atto della segnalata assenza di conformita' deI progetto in esame ai menzionati atti di pianificazione urbanistico-edilizia, ai sensi dell'art. 14-ter, comma 7, della legge 7 agosto 1990, n. 241, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti convocava per il giorno 13 settembre 2018, con nota n. 11032 del 9 luglio 2018, una conferenza di servizi ai sensi e per gli effetti del decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 383, rivolta a convenire le necessarie modificazioni degli strumenti urbanistici. Tuttavia, tale conferenza di servizi, gia' convocata, non si riuniva, in quanto, con successiva nota n. 8823 del 16 agosto 2018, il Capo del Dipartimento per le infrastrutture e per i sistemi informativi e statistici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, comunicava che il Gabinetto del Ministro «nel quadro degli orientamenti programmatici di governo - ha rappresentato l'opportunita' che la Conferenza di servizi, gia' convocata nei termini anzidetti, tenga conto delle valutazioni in ordine all'ottimizzazione del progetto di che trattasi», evidenziando altresi' che ASPI avrebbe «comunicato che gli approfondimenti progettuali richiesti saranno completati solo successivamente alla data individuata per la seduta di Conferenza» ed esprimendo, pertanto, l'esigenza di disporre il differimento della seduta stessa. Con nota immediatamente successiva, n. 13005 del 17 agosto 2018, a firma del direttore generale, il Ministero dei trasporti e delle infrastrutture comunicava quindi formalmente a tutte le amministrazioni e a tutti i soggetti privati interessati che, per le ragioni di cui alla nota n. 8823 del 16 agosto 2018, «la Conferenza di Servizi prevista per il 13 settembre 2018, e' rinviata in attesa dell'esito delle valutazioni in corso in ordine all'ottimizzazione del progetto delle opere di che trattasi, previa verifica dell'insussistenza di vincoli o ostacoli di natura sostanziale e procedimentale». La societa' Autostrade per l'Italia procedeva dunque alle ulteriori verifiche richieste dal concedente, in esito alle quali la societa' confermava integralmente le soluzioni progettuali gia' sottoposte a verifiche di compatibilita' ambientale e di conformita' urbanistico-edilizia. Tale conclusione determinava quindi il venir meno della ragione per la quale il Ministero aveva disposto il rinvio della conferenza di servizio e ne imponeva la riconvocazione. Cio' nonostante, anziche' provvedere all'attesa convocazione della conferenza di servizi il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha diffuso, attraverso la pagina web del Governo, un comunicato stampa, presentato sotto la dicitura Dal Mit un nuovo progetto alternativo per il Passante di Bologna, accompagnata dal sottotitolo pubblicitario Con nuova soluzione meno traffico, costi ridotti fino al 67% e meno consumo suolo, (come tuttora puo' leggersi al sito www.mit.gov.it/comunicazione/news/dal-mit-un-nuovo-progetto-alternati vo-per-il-passante-di-bologna) del seguente tenore: «10 dicembre 2018 - Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha trasmesso al concessionario Autostrade per l'Italia un nuovo progetto, alternativo al precedente, per il Passante di Bologna. L'ipotesi progettuale che il Ministero ha sottoposto al concessionario punta a tener in debito conto tutte le istanze provenienti dal territorio e dunque decongestionare davvero il traffico sulla tangenziale annessa nel nodo di Bologna, ma con una soluzione meno impattante per l'ambiente e anche molto meno costosa delle precedenti, a beneficio delle tasche dei cittadini che viaggiano. Il progetto precedente del Passante prevedeva la costruzione di una nuova infrastruttura volta ad aumentare le corsie, per tutto il tratto interessato, sia dell'autostrada, che non ne ha esigenza, sia della tangenziale, al fine di alleggerire il traffico e favorire la circolazione. Il costo previsto era di 722 milioni di euro e i tempi di realizzazione stimati in 5 anni e 3 mesi. I tecnici del Ministero propongono invece una soluzione mirata al problema, con tre possibili scenari, che garantiscono tutti piena sostenibilita' ambientale, un ridottissimo consumo del suolo e costi abbattuti anche del 67% rispetto al progetto in valutazione precedentemente. Un risultato, questo, che si traduce in piu' rispetto per il territorio e un risparmio reale per i cittadini, che, come detto, ne trarranno un vantaggio in termini di minori costi da sostenere in tariffa. L'idea progettuale prevede la realizzazione di soluzioni volte a ridurre i rallentamenti del traffico nel nodo di Bologna, e, dunque, le emissioni; e un miglioramento del Trasporto pubblico locale, sia tramite il suo potenziamento sia tramite il decongestionamento della viabilita' di adduzione. La soluzione proposta dal MIT punta a snellire e rendere fluido l'accesso e l'uscita dalla tangenziale senza intaccare il flusso di chi invece deve proseguire il viaggio. Per questo viene prevista la realizzazione di una viabilita' di servizio affiancata alla complanare, per una lunghezza molto ridotta rispetto al progetto originario e che, in base alle differenti ipotesi progettuali, si limita fino a un terzo circa dell'estensione complessiva del tracciato. Il progetto elaborato dal Mit e' capace di raccogliere e convogliare le manovre di ingresso e uscita dalle intersezioni contigue, lasciando che il traffico passante usufruisca della sede attuale della tangenziale senza intralcio, e prevedendo, ripetiamo, un consumo del suolo molto piu' vantaggioso rispetto alla soluzione precedente». In realta' si tratta di un progetto di mero allargamento di singoli spezzoni stradali, del tutto insufficiente a risolvere i problemi del nodo autostradale di Bologna: ma ovviamente non e' questo il punto del presente conflitto. Il punto del presente conflitto e' invece che la Regione ha dovuto evincere da tale comunicato che il Ministero dei trasporti ha assunto la decisione unilaterale di non riconvocare la Conferenza di servizi precedentemente convocata per il 13 settembre 2018, e dunque in non proseguire il procedimento per la realizzazione dell'opera concordata, e ha ritenuto invece di procedere alla elaborazione autonoma ed unilaterale di soluzioni progettuali difformi da quelle situi ad ora concertate e rispetto ad esse largamente riduttive, e di pubblicizzare tale c.d. «progetto alternativo per il Passante nord di Bologna», senza minimamente coinvolgere in esso, e del resto senza neppure informare, la Regione Emilia-Romagna (ne' ovviamente la Citta' metropolitana di Bologna e i comuni interessati), la quale lo ha scoperto come qualunque occasionale visitatore del sito web del Ministero. A seguito di cio', in data 11 dicembre 2018, la Regione Emilia-Romagna, la Citta' Metropolitana di Bologna e il Comune di Bologna hanno indirizzato al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e, per conoscenza, alla Societa' autostrade per l'Italia, una nota congiunta con la quale invocavano il «rispetto dello spirito di leale collaborazione istituzionale e ancor di piu' dell'accordo intervenuto in data 15 aprile 2016» e rammentavano gli impegni assunti in occasione dell'incontro tenutosi in data 24 ottobre 2018, nel senso della «preventiva simultanea condivisione di eventuali proposte alternative al progetto in questione al fine di consentire un confronto su basi di correttezza ed apertura per il miglior contemperamento degli interessi». Poiche' anche tale nota non solo non conseguiva il risultato auspicato ma addirittura rimaneva senza risposta, il presidente della regione, su conforme deliberazione della giunta regionale, inviava in data 28 gennaio 2019 al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministero dei trasporti una formale richiesta di: 1) revocare la sospensione della Conferenza di servizi disposta con la nota n. 13005 del 17 agosto 2018 al fine di consentire, in ossequio al principio costituzionale del giusto procedimento amministrativo e in conformita' alle vigenti disposizioni legislative in materia di lavori pubblici, l'esame congiunto delle ottimizzazioni progettuali richieste con la Regione Emilia-Romagna, la Citta' metropolitana di Bologna, il Comune di Bologna, gli altri enti locali e gli altri soggetti privati interessati, fermo che l'eventuale presentazione di soluzioni esorbitanti dalla mera ottimizzazione progettuale e tali da compromettere la sostanza del progetto allo stato esistente richiedera', in ogni caso, nuove valutazioni da parte di tutte le amministrazioni appena richiamate; 2) tenuto conto del ruolo valutativo e decisionale riconosciuto dalla Costituzione alla Regione Emilia-Romagna in ordine alle opere pubbliche aventi impatto sul proprio territorio sotto i profili urbanistico-edilizio, ambientale, sociale ed economico e, piu' in generale, della conseguente esigenza di assicurarne la piena partecipazione a tutte le necessarie fasi procedimentali preordinate alla loro realizzazione, trasmettere senza indugio copia alla Regione della nuova formulazione progettuale prospettata nel richiamato comunicato stampa, con l'avvertimento che, laddove dall'esame della documentazione in oggetto dovessero emergere soluzioni progettuali non conformi alle valutazioni di pertinenza delle scriventi amministrazioni, le stesse adotteranno ogni atto di legge necessario ad impedirne la realizzazione; 3) in ogni caso, attivare le procedure di leale collaborazione, anche mediante la convocazione di un incontro al massimo livello tra il Ministro e i suoi diretti collaboratori e i responsabili politici della Regione, della Citta' metropolitana e del Comune di Bologna, provvedendo altresi', nel minor tempo possibile, al ripristino delle corrette scansioni procedimentali previste dalla legge. La nota del 28 gennaio 2019 indicava in dieci giorni il termine ragionevole per una risposta alle istanze della Regione. Poiche' anche tale ulteriore e formale richiesta e' rimasta priva di ogni riscontro da parte dello Stato, la Regione, ritenendo che le condotte attive ed omissive tenute dallo Stato, e per esso al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti; in relazione alla progettazione e alla pianificazione quale infrastruttura strategica del c.d. passante nord del nodo autostradale/tangenziale di Bologna, oggetto di accordi attuativi della legge n. 443 del 2001, siano lesive delle attribuzioni costituzionali della Regione Emilia-Romagna, propone innanzi a codesta ecc.ma Corte costituzionale il presente conflitto di attribuzione, facendo valere i seguenti motivi di Diritto Violazione del principio di leale collaborazione, sancito dall'art. 120, secondo comma, Cost. Violazione delle competenze legislative e amministrative della Regione nelle materie di competenza concorrente «grandi reti di trasporto» e «governo del territorio», ai sensi dell'art. 117, terzo comma, e 118 Cost. I. Premessa. Principio di sussidiarieta' e doveri di leale collaborazione. In relazione ai fatti sopra esposti la Regione Emilia-Romagna non contesta la titolarita', in capo allo Stato, delle competenze che lo Stato stesso ha attratto in sussidiarieta' mediante la legge n. 443 del 2001 (c.d. legge obiettivo), nel cui perimetro ricadono gli interventi relativi al nodo autostradale / tangenziale di Bologna - c.d. passante nord che hanno dato luogo al presente conflitto costituzionale. Per quanto, indiscutibilmente, tali interventi siano riconducibili a funzioni amministrative nelle materie di competenza regionale concorrente delle grandi reti di trasporto, quanto alla progettazione e alla esecuzione dei lavori, e al governo del territorio, quanto alla localizzazione, la Regione e' consapevole della sussistenza di interessi unitari che giustificano, ai sensi dell'art. 118, primo comma, Cost., la attrazione in sussidiarieta' di una parte rilevante di tali funzioni in capo allo Stato, secondo quello che e' l'insegnamento di codesta Corte costituzionale a partire dalla sentenza n. 303 del 2003. Cio' che la Regione lamenta, in questo contesto, e' appunto la violazione delle garanzie che, sempre secondo la giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte, presidiano tale chiamata in sussidiarieta' di funzioni amministrative nelle materie di competenza regionale, e in particolare la garanzia del rispetto del principio di leale collaborazione e della intesa, che di tale principio sono la piu' evidente manifestazione. Tali garanzie sono il risvolto del fatto che i principi di sussidiarieta' e di adeguatezza «convivono con il normale riparto di competenze legislative contenuto nel Titolo V», sicche' la deroga a tale riparto costituzionale si giustifica solo in presenza delle condizioni sostanziali e procedimentali individuate dalla sentenza n. 303 (valutazione dell'interesse pubblico sottostante all'assunzione di funzioni regionali da parte dello Stato proporzionata e non irragionevolezza alla stregua di uno scrutinio stretto di costituzionalita'; accordo con la Regione interessata). Come si ribadisce nella sentenza n. 165 del 2011, «questa Corte ha affermato, con giurisprudenza costante, che, nei casi di attrazione in sussidiarieta' di funzioni relative a materie rientranti nella competenza concorrente di Stato e regioni, e' necessario, per garantire il coinvolgimento delle regioni interessate, il raggiungimento di un'intesa, in modo da contemperare le ragioni dell'esercizio unitario di date competenze e la garanzia delle funzioni costituzionalmente attribuite alle Regioni (ex plurimis, sentenze n. 383 del 2005 e n. 6 del 2004)». Giova poi rammentare che la sentenza n. 303 del 2003, oltre ad aver scritto lo statuto generale della chiamata in sussidiarieta', ha anche fatto specifica applicazione di tale statuto al procedimento di progettazione e di esecuzione delle opere pubbliche di interesse nazionale. Nella decisione citata, infatti, la Corte, descrivendo i diversi meccanismi di composizione dei dissensi tra Stato e regioni previsti dall'art. 3, comma 6, del decreto legislativo 20 agosto 2002, n. 190, «Attuazione della legge 21 dicembre 2001, n. 443, per la realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi strategici e di interesse nazionale» in relazione alla progettazione preliminare di opere di interesse nazionale, a seconda che si trattasse di opere di interesse interregionale o internazionale, ovvero -come per le opere costitutive del «Passante Bologna» - di opere di preminente interesse nazionale o per le quali tale preminente interesse nazionale concorra con quello regionale, notava che anche nel primo caso, pur essendo prevalente e decisiva la volonta' dello Stato, deve comunque essere osservata la leale collaborazione: «risponde ... allo statuto del principio di sussidiarieta' e all'istanza unitaria che lo sorregge, che possano essere definite procedure di superamento del dissenso regionale, le quali dovranno comunque - come avviene nella specie - informarsi al principio di leale collaborazione, onde offrire alle regioni la possibilita' di rappresentare il loro punto di vista e di motivare la loro valutazione negativa sul progetto» (punto 24 diritto). Conseguentemente la Corte concludeva nel senso della legittimita' della previsione legislativa, «salva la possibilita' per la Regione dissenziente di impugnare la determinazione finale resa con decreto del Presidente della Repubblica ove essa leda il principio di leale collaborazione, sul quale deve essere modellato l'intero procedimento». In presenza di opere in cui il prevalente interesse nazionale concorre con un interesse regionale, la Corte osservava invece che la disciplina legislativa consentiva alla Regione «di "bloccare" l'approvazione del progetto ad esse relativo, in attesa di una nuova valutazione in sede di aggiornamento del programma». In tali ipotesi la necessita' di una intesa «forte» e' stata confermata dalla successiva giurisprudenza costituzionale, resa sia in sede di giudizio di legittimita' costituzionale sulle leggi (si vedano le sentenze numeri 274 del 2013 e 7 del 2016), sia in sede di conflitto di attribuzione, che codesta Corte costituzionale ha sempre ritenuto attivabili nei confronti dei comportamenti delle due parti in relazione alle intese richieste dalla chiamata in sussidiarieta', anche con specifico riferimento alla legge obiettivo (in tal senso si veda, ad esempio, la sentenza n. 383 del 2005, che sottolinea «l'esigenza che il conseguimento di queste intese sia non solo ricercato in termini effettivamente ispirati alla reciproca leale collaborazione, ma anche agevolato per evitare situazioni di stallo» e precisa che «nei casi limite di mancato raggiungimento dell'intesa, potrebbe essere utilizzato, in ipotesi, lo strumento del ricorso a questa Corte in sede di conflitto di attribuzione fra Stato e regioni»). Quanto ai conflitti espressamente proposti e decisi con riferimento alla progettazione di opere incluse nell'ambito della legge obiettivo, codesta Corte ha accolto con la sentenza n. 233 del 2004 proprio un ricorso della Regione Emilia-Romagna, relativo alla deliberazione del CIPE del 1° agosto 2003, che approvava ai sensi e per gli effetti dell'art. 3 del decreto legislativo n. 190 del 2002, con le prescrizioni proposte dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il progetto preliminare della linea 1 della metropolitana ad automazione integrale di Bologna, delibera adottata senza che fosse stato manifestato il necessario consenso della Regione interessata. La sentenza dichiara che «non spetta allo Stato, e per esso al Comitato interministeriale per la programmazione economica, approvare il progetto in assenza del consenso, della Regione Emilia-Romagna, ovvero senza il rispetto delle procedure per il superamento del dissenso regionale», sul rilievo che nel caso di specie era necessario il consenso della Regione sull'opera o, in ogni caso, l'osservanza di quanto prescritto dall'art. 3 del decreto legislativo n. 190 del 2002, la cui violazione costituisce «sicura violazione del principio di leale collaborazione, la cui osservanza e' tanto piu' necessaria in un ambito come quello di una procedura che integra l'esercizio in sussidiarieta' da parte di organi statali di rilevanti poteri in materie di competenza regionale». In definitiva, la chiamata in sussidiarieta' giustifica e richiede una competenza statale, ma tale competenza, secondo gli insegnamenti di codesta ecc.ma Corte costituzionale, non si traduce in un esproprio della materia regionale, che costituirebbe la negazione della responsabilita' costituzionale della Regione per il Governo del proprio territorio, ma da' luogo ad una titolarita' della funzione condivisa tra lo Stato e la Regione che si traduce in specifici ruoli, da esercitare nel quadro di un complessivo obbligo di collaborazione. II. Violazione degli obblighi di collaborazione da parte dello Stato. Facendo applicazione dei principi enunciati dalla giurisprudenza costituzionale, il presente conflitto risulta, ad avviso della Regione, essere egualmente ammissibile e fondato, alla pari di quello accolto con la sentenza n. 233 del 2004, mirando ad ottenere il proseguimento di una leale collaborazione gia' iniziata e proseguita con l'approvazione del progetto preliminare delle opere, e l'affermazione che non spetta allo Stato di abbandonare il percorso intrapreso e deciderne uno nuovo e riduttivo senza neppure informarne la Regione. Ad avviso della Regione, la violazione degli obblighi di collaborazione risulta evidente sotto un duplice profilo. a) Violazione attraverso l'unilaterale e immotivato abbandono delle intese gia' perfezionate. Come illustrato in narrativa il Governo, attraverso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ha concluso e stipulato l'intesa sancita dall'Accordo per lo sviluppo da parte di ASPI della progettazione preliminare del c.d. Passante nord di Bologna del 29 aprile 2014, sottoscritto dallo stesso Ministero, oltre che dalla Regione Emilia-Romagna, dalla Provincia di Bologna, dal Comune di Bologna e da Autostrade per l'Italia S.p.A. Tuttavia, con il suo successivo comportamento il Ministero dimostra di non considerarsi vincolato all'intesa gia' raggiunta e conseguentemente, di considerare la posizione espressa dalla Regione in quell'accordo come un mero parere, non condizionante la successiva progettazione. Per contro, dall'esame dell'accordo - a partire dagli obiettivi (art. 2) e dall'oggetto (art. 3), oltre che dalle premesse - risulta evidente che esso aveva esattamente lo scopo di individuare d'intesa e in modo vincolante la soluzione di una criticita' viaria di interesse comune per lo Stato e per la Regione. Da questo punto di vista non vi e' differenza, sotto il profilo logico, rispetto al caso deciso con la sentenza n. 233 del 2004, perche' in quella ipotesi si e' disatteso un dissenso regionale, mentre qui si disattende il consenso regionale cristallizzato su una determinata progettazione, consenso che equivale ad esclusione delle proposte diverse da quelle concordate. Di qui la lesione del principio di leale collaborazione, che da', appunto, copertura alle intese, ma anche la lesione diretta delle competenze regionali in materia di grandi reti di trasporto e di governo del territorio, che possono essere esercitate dallo Stato, in via di sussidiarieta', solo mediante intesa. La vulnerazione delle attribuzioni regionali risulta ancora piu' evidente maggiore in considerazione delle specifiche circostanze del caso, come sopra descritte, che vedono, in primo luogo, lo stallo indotto dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti - dopo l'espressione del consenso dello stesso Governo formalizzato nell'accordo e nei successivi atti autorizzativi - giustificato, a quanto e' dato di capire dall'unico elemento disponibile (per la Regione come per chiunque altro), costituito dal comunicato stampa, da nuove e diverse valutazioni di puro merito e peraltro relative anche ad interessi (come quelli urbanistici o relativi al trasporto pubblico locale) la cui valutazione la Costituzione affida alla competenza regionale, neppure giustificate da elementi oggettivi sopravvenuti. In secondo luogo, tali «nuove idee» alternative elaborate - in quasi vantata autonomia - dal Ministero intervengono in un momento finale della progettazione preliminare, a valle dei processi partecipativi e delle gia' acquisite valutazioni ambientali e validazioni progettuali, con violazione del principio di buon andamento dell'amministrazione. Ancora, la sostituzione della soluzione concordata con la soluzione alternativa unilaterale interviene in relazione ad opera in cui lo Stato e la Regione, ai massimi livelli, avevano concordato nell'Atto aggiuntivo del 19 aprile 2013 all'Intesa quadro, una priorita' di breve periodo, sicche' la pretesa del Governo di azzerare la procedura lede specificamente l'interesse regionale, gia' sancito dai propri atti di pianificazione territoriale, a risolvere il «nodo» del passante nord di Bologna nei tempi e nei modi richiesti dalla propria comunita'. Sotto tale ultimo profilo, l'iniziativa unilaterale del Governo - volta a contrapporre (e ad imporre) come migliore una propria soluzione progettuale - comporta menomazione della stessa autonomia politica della Regione, quale ente territoriale rappresentativo della comunita' regionale, perche' l'intervento del Governo si atteggia come una sorta di anomalo intervento sostitutivo per motivi di merito, giustificato pubblicamente con una migliore capacita' dello Stato di curare gli interessi della comunita' locale rispetto a quanto sappiano fare gli enti territoriali, a partire dalla Regione. Laddove, al contrario, il vantato «risparmio», rispetto all'opera gia' decisa, si traduce semplicemente nella drastica riduzione delle risorse che la comunita' nazionale aveva messo a disposizione per la realizzazione dell'opera maggiore e risolutiva. b) In ogni caso violazione degli obblighi di leale collaborazione nel loro complesso, in particolare dei doveri di correttezza, di informazione e di coinvolgimento in vista di una nuova intesa. Se anche si potesse ammettere che persino in una fase avanzata non solo della progettazione tecnica, ma anche nella costruzione di quell'insieme di idee, progetti, prospettive e iniziative che stanno alla base del consenso di una comunita' rispetto ad una importante opera pubblica, e persino dopo che le intese raggiunte sono state finalizzate in accordi rivolti a vincolare il comportamento delle parti, creando affidamenti sulle soluzioni raggiunte lo Stato possa avere titolo ad un ripensamento rivolto a mettere in discussione la soluzione precedentemente ritenuta congiuntamente la migliore, risultera' pero' evidente che cio' non puo' fare, per il vincolo della leale collaborazione, senza coinvolgere in primo luogo e sin dall'inizio la Regione interessata. Un conto infatti e' percorrere in comune un percorso di valutazioni da condividere, e tutto un altro conto e' strappare l'intero accordo gia' concluso e - con atteggiamento che non si puo' definire se non «padronale» - progettare da soli e addirittura presentare pubblicamente, mediante il sito ufficiale, come deciso, un progetto del tutto diverso, rispetto al quale e' mancata non solo la condivisione, ma persino l'informazione della Regione e della comunita' territoriale che essa rappresenta. Dunque, rispetto all'imperativo di leale collaborazione, la condotta del Governo non puo' essere qualificata se non grave e soprattutto illegittimamente violativa dei principi e delle regole costituzionali del rapporto tra lo Stato e la regione: in quanto anche ammesso che le soluzioni raggiunte fossero in qualche modo rivedibili, tale revisione doveva comunque avvenire in modo rispettoso della leale collaborazione, e quindi, anzitutto, coinvolgendo la regione fin dalle fasi preliminari del nuovo procedimento. Invece, nel presente caso, il Ministero non solo non ha spontaneamente coinvolto la Regione nello sviluppo della soluzione alternativa per il nodo autostradale / tangenziale del passante nord di Bologna, ma e' persino rimasto inerte di fronte alle richieste informative e di interlocuzione ripetutamente avanzate dalla Regione, con cio' confermando la volonta' della Stato - gia' rivendicata nel comunicato-stampa - di procedere unilateralmente alla progettazione di opera diversa da quella sulla quale e' stata raggiunta l'intesa. La Regione, ribadito che tale potere unilaterale dello Stato non sussiste, osserva che il rifiuto del Ministero di trasmettere gli elaborati progettuali e di interloquire con la Regione, anche quale rappresentate generale e garante degli enti territoriali del proprio territorio, nella discussione della soluzione alternativa e' di per se' e in ogni caso lesivo dell'imperativo costituzionale di lealta' radicato nell'art. 120, secondo comma, Cost. La giurisprudenza costituzionale, del resto, ha sempre chiarito che il principio di leale collaborazione «si traduce nell'onere per le parti di sostenere un dialogo, e quindi di tenere un comportamento collaborativo, che consenta di pervenire in termini ragionevoli alla definizione del procedimento» (sentenza n. 239 del 2013) ed ha enucleato, quale corollario del principio, un interesse partecipativo che si pone fin dalle fasi preliminari del procedimento statale. Si vedano, in tale senso, le sentenze numeri 39 e 239 del 2011, che menzionano espressamente, tra le ulteriori garanzie della bilateralita', «la partecipazione della Regione alle fasi preparatorie del provvedimento statale». Ancora, la giurisprudenza di codesta Corte ha sempre riconosciuto come insito nel dovere di lealta' anche l'obbligo di rispondere motivatamente alle richieste della controparte e di non assumere un atteggiamento meramente inerte. L'adozione «di una condotta meramente passiva, che si traduca nell'assenza di ogni forma di collaborazione» - ha evidenziato la sentenza n. 239 del 2013 - «si risolve in una inerzia idonea a creare un vero e proprio blocco procedimentale con indubbio pregiudizio per il principio di leale collaborazione e per il buon andamento dell'azione amministrativa». Riassuntivamente, la sentenza n. 239 del 2013, compendiando gli approdi cui e' pervenuta la giurisprudenza costituzionale in materia di intese imposte dalla leale collaborazione, ribadisce che tale giurisprudenza «si basa su un chiaro principio», individuato «nell'onere per le parti di sostenere un dialogo, e quindi di tenere un comportamento collaborativo, che consenta di pervenire in termini ragionevoli alla definizione del procedimento». Tale principio, secondo la sentenza, e' desumibile «dal richiamo alle intese come "atti a struttura necessariamente bilaterale"; dalla previsione di idonee procedure di reiterazione delle trattative, volte a superare le divergenze, con l'impiego di specifici strumenti di mediazione (ex plurimis: sentenze n. 121 del 2010; n. 24 del 2007; n. 339 del 2005); dalla partecipazione della Regione alle fasi preparatorie del provvedimento statale». c) Conclusioni. Alla luce di tali considerazioni risultano illegittime sia l'abbandono dell'accordo gia' stipulato, sia l'omissione della riconvocazione della conferenza di servizi una volta cessata la ragione che ne aveva determinato il rinvio, sia la sostituzione unilaterale della soluzione progettuale oggetto della intesa con la soluzione alternativa elaborata segretamente dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sia le condotte successive consistenti nell'ignorare la legittima richiesta della Regione di essere coinvolte nelle decisioni e prima ancora informata di ogni possibile sviluppo progettuale relativo all'opera, in quanto tutte lesive del principio di leale collaborazione, perche' esse rappresentano una dichiarata e programmatica preclusione di principio al confronto che, in quanto tale, nega in radice la bilateralita' della procedura di intesa ed in definitiva nega la stessa necessita' dell'intesa.
P.Q.M. La Regione Emilia-Romagna, come sopra rappresentata e difesa, chiede che codesta ecc.ma Corte costituzionale, in accoglimento del presente ricorso, voglia dichiarare che non spetta allo Stato, e per esso al Ministero delle infrastrutture, nelle circostanze descritte nel presente ricorso e in violazione del principio costituzionale di leale collaborazione e, anche in connessione con esso, delle competenze costituzionali della Regione Emilia-Romagna, con particolare riguardo alla competenza in materia di governo del territorio e grandi reti di trasporto, di: omettere di riconvocare, per consentire l'esame congiunto delle richieste ottimizzazioni progettuali, la conferenza di servizi gia' in corso ma rinviata con la nota n. 13005 del 17 agosto 2018, con la partecipazione tra l'altro della Regione Emilia-Romagna, della Citta' metropolitana di Bologna e del Comune di Bologna, in relazione alla progettazione degli interventi di potenziamento del sistema autostradale e tangenziale di Bologna - «passante nord di Bologna», di cui all'accordo del 15 aprile 2016, sottoscritto dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dalla Regione Emilia-Romagna, dalla Provincia di Bologna, dal Comune di Bologna e dalla Societa' Autostrade per l'Italia S.p.A.; procedere, in luogo della convocazione della conferenza di servizi e senza alcun coinvolgimento della Regione e degli enti locali territoriali coinvolti, alla unilaterale progettazione preliminare degli interventi di potenziamento del sistema autostradale e tangenziale di Bologna - «passante nord di Bologna», in difformita' di quanto previsto nell'accordo del 15 aprile 2016, sottoscritto dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dalla Regione Emilia-Romagna, dalla Provincia di Bologna, dal Comune di Bologna e dalla Societa' Autostrade per l'Italia S.p.A.; omettere di portare alla stessa conoscenza della Regione gli elaborati, gia' condivisi con la societa' Autostrade per l'Italia S.p.A., della nuova formulazione progettuale prospettata nel comunicato stampa del 10 dicembre 2019, e conseguentemente voglia statuire l'obbligo costituzionale di porre fine a tali comportamenti ed intraprendere i percorsi procedimentali costituzionalmente dovuti, coinvolgendo in essi la Regione Emilia-Romagna in vista dell'attuazione dell'intesa gia' raggiunta o in subordine del conseguimento di una nuova intesa. Si allega: delibera della giunta regionale 4 febbraio 2019, n. 181. Padova - Roma, 8 febbraio 2019 Avv. prof. Falcon - Avv. Manzi