N. 102 ORDINANZA (Atto di promovimento) 25 marzo 2019

Ordinanza del 25 marzo  2019  del  Tribunale  militare  di  Roma  nel
procedimento penale militare a carico di S. S.. 
 
Processo penale - Giudizio immediato - Mancata previsione dell'avviso
  all'imputato  che  ha  facolta'  di  chiedere  la  sospensione  del
  procedimento con messa alla prova. 
- Codice di procedura penale, art. 456, comma 2. 
(GU n.27 del 3-7-2019 )
 
                     TRIBUNALE MILITARE DI ROMA 
                             2ª Sezione 
 
    Il Tribunale Militare di Roma, 2ª Sezione, composto dai signori: 
        dott. Gabriele Casalena Presidente; 
        dott.ssa Francesca Frattarolo giudice; 
        C.C. Andrea Chirizzi giudice militare, 
con l'intervento del pubblico ministero in persona del dott.  Massimo
Nunziata e del cancelliere sig.ra Maria Laura Guerrieri,  sentite  le
parti, ha pronunciato in pubblica udienza la seguente  ordinanza  nel
procedimento contro: S. S., nato a... il..., presente, imputato di: 
        Allontanamento illecito e falso in Foglio di via continuati e
pluriaggravati (articoli 81, comma 2, e 61, n. 2 del  codice  penale;
147 comma 1 e 220 c.p.m.p.), perche'... alla Scuola allievi...  (CA),
si allontanava senza autorizzazione, restando assente nei giorni 29 e
30 settembre 2018 ed in esecuzione del  medesimo  disegno  criminoso,
falsificava materialmente il registro della libera uscita,  documento
di uscita dalla caserma, aggiungendovi il proprio nominativo  per  il
giorno 30 settembre 2018, cosi' facendolo risultare  tra  i  militari
fruitori della libera uscita per il detto giorno. 
    Fatto commesso in Iglesias (CA), nelle date suindicate. 
    Con  l'aggravante  della  commissione  della  falsificazione  per
occultare l'assenza dal Reparto. 
    Vista l'eccezione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  456
del codice di procedura penale,  proposta  dalla  Difesa  all'odierna
udienza, nella parte in cui non prevede che il  decreto  di  giudizio
immediato debba contenere anche l'avviso della facolta' dell'imputato
di presentare istanza di messa alla prova entro il  termine  previsto
dal combinato disposto degli articoli comma 2, e 458,  comma  1,  del
codice di procedura penale, osserva quanto segue. 
    1. Con decreto del 6 dicembre 2018,  il  Giudice  delle  indagini
preliminari del Tribunale Militare di Roma ha disposto procedersi con
giudizio immediato nei confronti di S. per i reati di  allontanamento
illecito e falso in foglio di via continuati e  pluriaggravati  sopra
descritti. 
    2. All'udienza in data odierna, dopo la verifica  della  regolare
costituzione delle parti e prima che il dibattimento fosse dichiarato
aperto, la Difesa ha sollevato la seguente questione preliminare. 
    L'avvocato Lepore la premesso l'intenzione del proprio  assistito
di accedere al procedimento di messa alla prova, producendo l'istanza
diretta all'U.E.P.E in data 13 marzo 2019 di elaborare  un  programma
di trattamento ai sensi dell'art. 464-bis  del  codice  di  procedura
penale e la dichiarazione di disponibilita' del... onlus  in  data  8
marzo 2019 ad accogliere il  S.  per  lo  svolgimento  di  lavoro  di
pubblica utilita'. 
    Il medesimo difensore ha richiamato la propria istanza scritta di
restituzione nel termine, depositata in cancelleria in data 1°  marzo
2019, al fine di richiedere la sospensione  del  procedimento  penale
con messa alla prova. 
    Nello specifico, egli ha preliminarmente eccepito la nullita' del
decreto  di  giudizio  immediato,  perche'  privo  dell'avviso  della
facolta' di chiedere il rito  alternativo  della  messa  alla  prova,
ravvisando nello specifico una nullita' di ordine generale  ai  sensi
dell'art. 178, comma 1, lettera c) del codice di procedura penale. 
    Ha dato atto che  invero  l'art.  456  del  codice  di  procedura
penale, nell'individuare i requisiti di tale decreto,  non  contempla
espressamente l'obbligo di  avvisare  l'imputato  della  facolta'  di
chiedere la messa alla prova. Ha pero'  espresso  l'avviso  che  tale
omissione  appare  irragionevole   e   pertanto   ha   invocato   una
interpretazione sistematica costituzionalmente orientata della norma,
che, conduca alla dichiarazione di nullita' del decreto  di  giudizio
immediato, alla quale conseguirebbe  la  remissione  in  termini  per
l'imputato per formulare la richiesta del suddetto rito alternativo. 
    In via subordinata, egli ha chiesto  al  Tribunale  di  sollevare
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 456 del codice  di
procedura penale, in ragione della omessa previsione dell'obbligo  di
avvisare l'imputato della facolta' di' richiedere la sospensione  del
procedimento penale con messa alla prova. 
    3. Il pubblico ministero ha chiesto di rigettare  l'eccezione  in
quanto infondata. 
    Egli ha rappresentato che il decreto  di  giudizio  immediato  in
atti  e'  perfettamente  conforme  allo  schema  normativo   previsto
dall'art. 456 del codice di procedura  penale;  sicche'  non  ricorre
alcuna ipotesi  di  nullita'.  L'istanza  di  remissione  in  termini
sarebbe comunque tardiva. 
    Non sussisterebbe, poi, alcuna lesione di diritti  dell'imputato,
perche' questi era gia' assistito da altro Difensore  di  fiducia  al
momento in cui gli fu notificato il decreto  di  giudizio  immediato.
Poiche' il S.  all'epoca  era  munito  di  difesa  tecnica,  l'omessa
indicazione dell'avviso della facolta' di richiedere  la  sospensione
del procedimento penale con messa alla prova  non  avrebbe  in  alcun
modo compromesso i suoi diritti, poiche' il suo precedente  Difensore
ben  avrebbe  comunque  potuto  suggerirgli  tale  opzione,  prevista
dall'art. 464-bis, comma 2, del c.p.p. 
    4. La questione e' rilevante. 
    E' da  premettere  che  l'eccezione  difensiva  di  nullita'  del
decreto di giudizio immediato non puo'  essere  ritenuta  allo  stato
fondata, poiche' -  come  correttamente  argomentato  dal  magistrato
dell'Accusa - il decreto di giudizio immediato in atti e'  del  tutto
conforme al  modello  legale  di  cui  all'art.  456  del  codice  di
procedura penale. 
    Ne', stante il chiaro disposto normativo  di  tale  articolo,  e'
possibile accedere a una interpretazione costituzionalmente orientata
di natura «additiva». 
    Invero, il comma 2 del citato articolo prevede  che  «Il  decreto
contiene anche l'avviso che  l'imputato  puo'  chiedere  il  giudizio
abbreviato ovvero l'applicazione della  pena  a  nomi  dell'art.  444
c.p.p.», ma ne' esso,  ne'  altra  disposizione  impongono  l'obbligo
legale che analogo avviso sia dato all'imputato circa la  sospensione
del procedimento  penale  con  messa  alla  prova,  possibilita'  pur
prevista dal combinato disposto degli articoli 464-bis,  comma  2,  e
458, comma 1, c.p.p. 
    In  altre  parole,  non   e'   possibile   accedere   ad   alcuna
interpretazione alternativa dell'art. 456  del  codice  di  procedura
penale  ed,  in  particolare,  a  quella  interpretazione   estensiva
invocata della Difesa, che conduca alla dichiarazione di nullita' del
decreto  di  giudizio  immediato  con  conseguente  regressione   del
procedimento  alla  fase  antecedente,  in  cui  l'imputato  potrebbe
avanzare nei termini la richiesta di messa alla prova. 
    L'intenzione dell'imputato di accedere alla messa alla  prova  e'
concreta e' non meramente ipotetica, come si rileva dalla  istanza  e
dalla documentazione da questi prodotta in udienza  e  sopra  citata.
Ricorrono poi i requisiti di legge previsti dall'art. 168 del  codice
penale, poiche'  il  limite  edittale  dei  reati  di  allontanamento
illecito e falso in foglio di via, continuati  e  pluriaggravati,  e'
inferiore ai quattro anni di reclusione militare; inoltre, l'imputato
e' incensurato e non ha gia' beneficiato dell'istituto. 
    La questione che  giu'  si  solleva  appare  dunque  rilevante  e
dirimente. 
    Qualora   codesta   Onorevole   Corte   dovesse   ravvisare    la
illegittimita' costituzionale dell'art. 456 del codice  di  procedura
penale nella parte in cui non prevede che  «il  decreto  di  giudizio
immediato contiene anche l'avviso che  l'imputato  puo'  chiedere  la
sospensione del procedimento penale con  messa  alla  prova»,  questo
Tribunale militare potrebbe  accogliere  la  eccezione  difensiva  di
nullita' del decreto di giudizio immediato, restituendo gli  atti  al
Giudice per le indagini preliminari in sede. In tal modo,  l'imputato
si troverebbe ancora nei termini per beneficiare dell'istituto  della
messa alla prova. 
    In caso contrario, non potendo trovare  accoglimento  l'eccezione
di nullita' del decreto di giudizio  immediato,  dovrebbe  procedersi
oltre con la celebrazione del dibattimento. 
    La questione si presenta pertanto di  sicura  rilevanza  rispetto
all'esito dell'odierno procedimento, dovendosi ravvisare un oggettivo
collegamento tra l'omissione  dell'avviso  ed  il  mancato  esercizio
della facolta' cui l'avviso era preposto. 
    5. La questione non appare manifestamente infondata in  relazione
agli articoli 3 e 24 della Costituzione. 
    5.1. Come  evidenziato,  l'art.  456,  comma  2,  del  codice  di
procedura  penale  dispone  che  il  decreto  di  giudizio  immediato
contenga l'avviso che l'imputato puo' chiedere il giudizio abbreviato
ovvero l'applicazione della pena, ma non anche che analogo avviso sia
dato all'imputato circa la  facolta'  di  accedere  alla  messa  alla
prova. 
    Tale   difformita'   di   disciplina   appare   irragionevole   e
contrastante con il parametro dell'art. 3 della Costituzione,  atteso
che tutti i procedimenti sopra indicati hanno la medesima  natura  di
procedimenti speciali (disciplinati appositamente come tali dal Libro
VI del codice) e  si  pongono  come  riti  alternativi  all'ordinario
giudizio dibattimentale. 
    5.2.  Ad  avviso  di  questo  Tribunale  militare,   sembra   poi
sussistere il contrasto con l'art. 24 della Costituzione, in  quanto,
non essendo contenuto nel decreto di giudizio immediato alcun  avviso
all'imputato in ordine alla facolta' di  formulare  la  richiesta  di
messa alla prova entro quindici giorni  dalla  notifica  del  decreto
stesso, si verificherebbe una lesione  irreparabile  del  diritto  di
difesa. All'imputato, infatti, non  e'  offerta  la  possibilita'  di
conoscere il suo diritto di accedere a tale rito alternativo, per  il
quale  la  richiesta  deve  essere  formulata  entro  rigidi  termini
decadenziali, che nel  caso  che  ci  occupa  -  come  evidenziato  -
risultano gia' decorsi. 
    Invero, codesta Onorevole Corte costituzionale ha gia' avuto modo
di affermare che la richiesta di  riti  alternativi  costituisce  una
modalita' di esercizio del diritto di difesa, che sarebbe leso ove ne
fosse preclusa la possibilita' per mancanza del rituale avviso  della
facolta' di accedere a tali riti. 
    La sentenza n. 497 del 1995, premesso che l'avviso concernente la
facolta' di ricorrere ai riti alternativi e' funzionale al tempestivo
esercizio del diritto di difesa, ha sancito la nullita'  del  decreto
di citazione per la  mancanza  o  la  insufficienza  dell'avviso  che
l'imputato, prima della dichiarazione di apertura  del  dibattimento,
puo' presentare le richieste previste dagli articoli 438  e  444  del
codice di procedura penale, ovvero domanda di oblazione. 
    Al riguardo, codesta Corte costituzionale ha avuto  occasione  di
pronunciarsi in un caso simile, in cui era censurato il medesimo art.
456 del codice di procedura penale, ma con riferimento a  un  decreto
di giudizio immediato che recava l'avviso con la indicazione,  di  un
termine erroneo - sette giorni, anziche' quindici - per richiedere il
rito abbreviato o l'applicazione della pena. I Giudici della Consulta
hanno dichiarato la infondatezza della questione, vertendosi  in  una
ipotesi di mera inesattezza  del  decreto,  ma  nell'occasione  hanno
statuito che «L'effettivo esercizio della facolta' di chiedere i riti
alternativi costituisce infatti una  delle  piu'  incisive  forme  di
«intervento» dell'imputato, cioe'  di  partecipazione  «attiva»  alle
vicende  processuali,  con  la  conseguenza  che   ogni   illegittima
menomazione di  tale  facolta',  risolvendosi  nella  violazione  del
diritto sancito dall'art.  24,  secondo  comma,  della  Costituzione,
integra la nullita' di  ordine  generale  sanzionata  dall'art.  178,
comma 1, lettera c), della codice di procedura penale»  (sentenza  n.
148 del 13 maggio 2004). 
    In conclusione, deve  evidenziarsi  il  fatto  che  il  combinato
disposto degli articoli 464-bis, comma 2, e 458, comma 1, del  codice
di procedura penale prevede un termine di decadenza in relazione alla
presentazione della richiesta di  sospensione  del  procedimento  con
messa alla prova, ma il legislatore non ha  introdotto  alcuna  norma
recante l'obbligo di dare uno specifico avviso all'imputato. 
    6. Da ultimo, questo Tribunale militare evidenzia che la medesima
questione oggetto del presente procedimento e' gia' stata  sottoposta
alla attenzione di codesta Corte costituzionale, che con ordinanza n.
85 del 7 febbraio 2018 la ha tuttavia  dichiarata  inammissibile  per
ragioni meramente procedurali (le ordinanze di rimessione dei Giudici
a quo non  contenevano  alcuna  descrizione  dei  fatti  oggetto  del
giudizio; inoltre, sussisteva il difetto di  motivazione  sulla  loro
rilevanza nel giudizio a quo), senza procedere dunque  al  vaglio  di
legittimita' della norma qui censurata. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Visti gli articoli 134 della Costituzione e  23  della  legge  n.
87/1953; 
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 456, comma  2,  del  codice  di
procedura  penale  in  relazione  agli  articoli   3   e   24   della
Costituzione, nella parte in cui  non  prevede  che  il  decreto  che
dispone il giudizio immediato debba contenere  l'avviso  all'imputato
che ha facolta' di chiedere la sospensione del procedimento per messa
alla prova; 
    Sospende il giudizio in corso; 
    Dispone  l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale; 
    Ordina la notificazione della presente  ordinanza  a  cura  della
cancelleria al  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  e  la  sua
comunicazione ai presidenti delle due Camere del Parlamento. 
        Roma, 19 marzo 2019 
 
                       Il Presidente: Casalena