N. 123 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 marzo 2019

Ordinanza del 12 marzo 2019 della Commissione tributaria  di  secondo
grado di Trento sul ricorso  proposto  da  ITAS  VITA  S.p.a.  contro
Agenzia delle entrate - direzione provinciale di Trento. 
 
Imposte e tasse  -  Imposta  sul  reddito  delle  societa'  (IRES)  -
  Applicazione, per il periodo di imposta in  corso  al  31  dicembre
  2013, di un'addizionale di  8,5  punti  percentuali  per  gli  enti
  creditizi e finanziari, per la Banca d'Italia e per le  societa'  e
  gli enti che esercitano attivita' assicurativa. 
- Decreto-legge  30  novembre  2013,  n.  133  (Disposizioni  urgenti
  concernenti l'IMU, l'alienazione di immobili pubblici  e  la  Banca
  d'Italia), convertito, con modificazioni, nella  legge  29  gennaio
  2014, n. 5, art. 2, comma 2. 
(GU n.36 del 4-9-2019 )
 
        LA COMMISSIONE TRIBUTARIA DI SECONDO GRADO DI TRENTO 
                              Sezione 1 
 
    Riunita con l'intervento dei signori: 
        Pascucci Corrado, Presidente; 
        Presta Domenico, relatore; 
        Giuliani Aldo, giudice; 
    Ha  emesso  la  seguente  ordinanza   sull'appello   n.   54/2018
depositato il 5 luglio 2018; 
    Avverso la pronuncia sentenza n.  80/2018  sez.  2  emessa  dalla
Commissione tributaria di I grado di Trento; 
    Contro Agenzia delle entrate direzione provinciale di Trento; 
    Proposto dagli appellanti: ITAS VITA S.p.a., piazza  delle  Donne
lavoratrici 2 - 38123 Trento (TN); 
    Difeso da: Basilavecchia Massimo, via Brennero  n.  139  -  38121
Trento (TN); 
    Difeso da: Salvatore Diego, via Brennero n. 139  -  38121  Trento
(TN). 
    Atti impugnati: diniego rimborso IRES-ALTRO 2013. 
    La Societa',  con  istanza  del  22  ottobre  2015,  chiedeva  il
rimborso della somma  di  euro  508.680,00,  versata  per  l'anno  di
imposta 2013 a titolo di addizionale all'IRES. 
    Con il ricorso introduttivo, lamentava l'illegittimita' dell'art.
2, comma 2, del decreto-legge 30 novembre 2013, n. 133, conv.  modif.
dalla legge n. 5/2014, per avere istituito una tassazione  aggiuntiva
all'IRES, nella misura dell'8,5%, soltanto nei confronti  degli  enti
creditizi e finanziari, della Banca d'Italia e delle societa' e degli
enti assicurativi; quindi, chiedeva al giudice  tributario  di  primo
grado di sollevare  questione  di  illegittimita'  costituzionale  di
detta  norma,  per   violazione   del   principio   della   capacita'
contributiva, di cui all'art. 53 della Costituzione; per contrasto al
principio di eguaglianza, di cui all'art. 3 della  Costituzione;  per
violazione  dell'art.  77  della  Costituzione,  non  ricorrendo   le
condizioni ed i presupposti per la decretazione d'urgenza. 
    L'Agenzia delle entrate,  direzione  provinciale  di  Trento,  si
costituiva   in   giudizio,   sostenendo    la    legittimita'    del
silenzio-rifiuto opposto  alla  richiesta  di  rimborso  dell'imposta
versata.  Sottolineava   il   carattere   di   transitorieta'   della
disposizione, non strutturale e vigente per il  solo  anno  d'imposta
2013.  Escludeva  che  la  contestata   sostanziale   disparita'   di
trattamento, nella imposizione del  tributo,  fosse  sufficiente  per
ritenere violati i principi costituzionali, di cui agli articoli 3  e
53  della  Costituzione.   L'Ufficio,   considerata   la   dichiarata
necessita'  di  recuperare  risorse  nel  breve  tempo,  di  sostegno
all'economia  e  per  assicurare  interventi  di  emergenza  sociale,
riteneva   legittima   l'adozione   della   decretazione   d'urgenza.
Soddisfatta la riserva di legge, escludeva una lesione del  principio
di legittimo affidamento,  in  danno  degli  operatori  del  settore.
Escludeva, infine, che la disposizione potesse configurare  l'ipotesi
di violazione dei principi costituzionali di cui agli articoli 41, 42
e 97 della Costituzione, per l'invocata  impossibilita'  di  adottare
interventi di riequilibrio di bilancio da parte degli enti  creditizi
ed assicurativi. 
    La CT di primo grado di Trento, con sentenza n. 80/2018  di  data
15 dicembre 2017 - 15 maggio 2018, rigettava il ricorso e  compensava
le  spese.  Il  giudice,  preso  atto  che  l'addizionale  era  stata
istituita  per  il  solo  anno   2013   e,   dunque,   non   innovava
strutturalmente l'imposta  relativa  (IRES);  che,  con  la  parziale
soppressione della seconda rata dell'IMU,  sembrava  non  vi  fossero
alternative possibili, per il recupero  di  risorse  sufficienti  nel
breve periodo; che  al  legislatore  doveva  riconoscersi  il  potere
discrezionale  nelle  decisioni  sulla   fiscalita',   riteneva   che
l'addizionale contestata, a cui andava riconosciuta  anche  finalita'
solidaristiche, fosse stata legittimamente  adottata,  ricorrendo  le
condizioni   dell'urgenza,   con   lo   strumento   legislativo   del
decreto-legge.  Respingeva,  pertanto,  i   dubbi   di   legittimita'
costituzionale paventati dalla ricorrente. 
    La Societa' appellava la citata sentenza, con atto del  3  luglio
2018. 
    1) Ne eccepiva, con il primo motivo, l'illegittimita' per  omessa
e/o contraddittoria motivazione in merito alla sollevata questione di
illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 2, del decreto-legge
n. 133/2013. 
    Ricordava, come precedente significativo, la sentenza della Corte
costituzionale del 9 febbraio 2015, n. 10, pronunciata in merito alla
c.d. Robin Hood Tax, secondo cui l'esercizio del potere discrezionale
in materia tributaria da parte del legislatore incontra il suo limite
nella  ragionevolezza  della  scelta  legislativa,  che  deve  sapere
raccordarsi con il principio di capacita' contributiva. Sottolineava,
quindi, che  anche  nel  caso  di  specie  si  era  trattato  di  una
tassazione aggiuntiva avente  i  caratteri  della  sovraimposta,  che
andava a colpire senza adeguate giustificazioni solo  alcuni  settori
economici,  con  chiara  arbitraria  discriminazione  e   conseguente
violazione dei principi costituzionali di cui agli articoli  3  e  53
della Costituzione. 
    L'appellante non  riteneva  rilevante,  sotto  il  profilo  della
ragionevolezza, ne' il carattere  transitorio  (perche'  limitata  al
solo anno 2013), ne'  quello  straordinario  (perche'  riferita  alla
soppressione  della  seconda  rata  dell'IMU  e  condizionata   dalla
necessita' di  recuperare  risorse  certe  e  sufficienti  nel  breve
periodo  -  v.pg28)  della  norma,  perche'  non  ancorata   ad   una
manifestazione di maggiore capacita' contributiva. 
    2) Con il secondo motivo, censurava la  sentenza  per  non  avere
motivato  sulla  questione  di  illegittimita'  della  citata  norma,
perche' adottata con  decreto-legge,  in  difetto  dei  requisiti  di
necessita' e urgenza, ex art. 77 della Costituzione. 
    L'appellante contestava  le  argomentazioni  del  primo  giudice,
circa le finalita' solidaristiche del provvedimento deliberato a fine
anno, che avrebbero giustificato il  ricorso  al  decreto-legge,  poi
convertito con legge. 
    La parte si soffermava, quindi, sulla rubrica  della  norma,  che
non lasciava emergere evidenti  ragioni  di  urgenza,  che  potessero
giustificare il ricorso al decreto-legge. 
    Sul punto, insisteva l'appellante, il primo giudice  «non  motiva
nulla». 
    3) Con il terzo motivo, contestava la sentenza impugnata, per non
aver  motivato   in   merito   alla   questione   di   illegittimita'
costituzionale dell'art. 2, comma 2, del decreto-legge  n.  133/2013,
perche', in contrasto con gli articoli 41, comma 1, 42,  comma  3,  e
97, comma 1, della Costituzione, realizzava un  intervento  ablatorio
della proprieta', quando discriminava in danno di alcuni soggetti  ed
enti nella istituzione dell'addizionale IRES;  e  non  rispettava  il
principio costituzionale di  imparzialita'  e  buon  andamento  della
pubblica amministrazione. 
    4) Infine, parte appellante eccepiva la violazione dell'art.  19,
comma 1, del decreto legislativo n. 546/92, per non  avere,  ai  fini
del  rimborso   dell'addizionale   pagata,   accolto   la   questione
pregiudiziale dell'incostituzionalita' della norma, con rinvio  della
questione all'esame del giudice delle leggi. 
    L'appellante,   nelle   sue   conclusioni,   chiedeva,   in   via
pregiudiziale,  di   sollevare   le   questioni   di   illegittimita'
costituzionale prospettate in riferimento alla norma citata;  in  via
principale, di riformare la sentenza  impugnata,  dichiarando  quanto
pagato non dovuto e soggetto a rimborso; con condanna dell'A.F.  alle
spese del giudizio. 
    L'Agenzia delle entrate si costituiva con controdeduzioni del  27
settembre 2018. Rappresentava, in via preliminare,  che  la  CTR  del
Piemonte, su stessa fattispecie fiscale, aveva sollevato questione di
legittimita' costituzionale relativamente all'art. 2,  comma  2,  del
decreto-legge n. 133/2013, per contrasto con gli articoli 3, 53 e  77
della  Costituzione.  L'ufficio  rappresentava   la   necessita'   di
attendere l'esito del  giudizio  della  Corte  costituzionale.  Tanto
premesso, insisteva sulla legittimita' del diniego tacito all'istanza
di rimborso della Societa' e riproponeva le difese  gia'  svolte  nel
giudizio di primo grado. 
    L'ufficio, nelle sue  conclusioni,  chiedeva  la  conferma  della
decisione  dei  giudici  di  primo  grado,  anche  laddove  la  Corte
costituzionale  avesse  ritenuto  la  norma  conforme   ai   principi
costituzionali richiamati. 
    La Societa', da ultimo, con memorie  aggiuntive  del  31  gennaio
2019, riprendeva le questioni di  costituzionalita'  sollevate  dalla
CTR del Piemonte. Evidenziava, tuttavia, che la CTR del Piemonte  non
aveva preso in considerazione  la  doglianza  di  incostituzionalita'
rappresentata in questo giudizio, con riferimento  agli  articoli  41
comma 1, 42 comma 3 e  97  comma  1,  della  Costituzione.  Per  cui,
sollecitava la CT di secondo grado di Trento  a  rimettere  tutte  le
questioni sollevate all'esame della Corte costituzionale. 
    La causa era chiamata all'udienza pubblica dell'11 febbraio 2019. 
    Udito il giudice relatore sulle questioni in diritto sollevate; 
    Sentite le conclusioni delle parti ammesse alla discussione; 
    La Commissione si riservava la decisione. 
    In merito ai dubbi di legittimita'  costituzionale  sollevati  da
parte appellante, questa Commissione, sciogliendo la riserva, 
 
                               Osserva 
 
    1)  La  Commissione  condivide  i  dubbi   di   costituzionalita'
sollevati dalla parte ricorrente in causa, secondo la quale la  norma
contestata andava a colpire in modo ingiustificato discriminando solo
alcuni settori economici, con violazione dei principi  costituzionali
di cui agli articoli 3 e 53 della Costituzione. 
    1.1) La norma emanata trae origine  dalla  volonta'  politica  di
attuare importanti riforme sulla fiscalita'. Il  Governo,  nel  corso
del 2013, ha adottato piu' disposizioni finalizzate  ad  una  riforma
complessiva  della  tassazione   del   patrimonio   immobiliare.   Al
decreto-legge n. 102/2013, con cui era stata abolita  la  prima  rata
dell'IMU 2013, per tutti gli immobili per i quali essa era stata gia'
temporaneamente sospesa con il precedente decreto-legge  n.  54/2013,
e' seguito il decreto-legge 30 novembre 2013,  n.  133,  con  cui  e'
stata disposta l'abolizione anche della seconda rata dell'IMU per  lo
stesso anno 2013, per: 
        «a) gli immobili di cui all'art. 1, comma 1, lettere a) e b),
del  decreto-legge  21  maggio   2013,   n.   54,   convertito,   con
modificazioni, dalla legge 18 luglio 2013, n. 85; 
        b) gli immobili di cui all'art.  4,  comma  12-quinquies  del
decreto-legge 2 marzo 2012, n.  16,  convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 26 aprile 2012, n. 44; 
        c) gli immobili di cui all'art. 2, comma 5, del decreto-legge
31 agosto 2013, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 28
ottobre 2013, n. 124; 
        d) i terreni agricoli, nonche' quelli non coltivati,  di  cui
all'art. 13, comma 5, del decreto-legge n. 201 del 2011, posseduti  e
condotti  dai  coltivatori  diretti  e  dagli  imprenditori  agricoli
professionali iscritti nella previdenza agricola; 
        e) i fabbricati rurali ad uso strumentale di cui all'art. 13,
comma 8, del decreto-legge  n.  201  del  2011»  (art.  1,  comma  1,
decreto-legge n. 133/2013). 
    1.2) Appare evidente dal testo normativo riportato che e' abolita
l'IMU sull'abitazione principale e relative pertinenze,  e  su  altre
specifiche fattispecie, con esclusione dei fabbricati di pregio,  dei
fabbricati rurali non destinati ad  uso  strumentale  e  dei  terreni
agricoli diversi  da  quelli  posseduti  e  condotti  da  coltivatori
diretti e da imprenditori agricoli. 
    Al netto di interventi correttivi  rivolti  a  quei  contribuenti
che, nel 2014, sono chiamati a pagare il  40%  della  differenza  tra
l'importo  determinato  dall'aliquota  decisa  dal  comune  e  quello
dell'aliquota di base (mini-IMU), il  decreto-legge  n.  133/2013  e'
ritenuto dal Ministro dell'economia e delle  finanze  dell'epoca,  in
audizione presso il Senato della Repubblica il 13 dicembre 2013: «uno
strumento  per  sostenere  le  famiglie  in  questa  difficile   fase
congiunturale». 
    Emerge,  a  seguito  della  decisione  adottata,  una  importante
esigenza finanziaria corrispondente al mancato gettito della  seconda
rata dell'IMU 2013. L'onere che ne e' derivato, oggetto di  stima  da
parte del Dipartimento delle finanze, ha comportato la necessita'  di
finanziare  il  completo  sgravio  dell'imposta  e,  per   l'effetto,
reperire   le   necessarie   risorse   finanziarie   aggiuntive    da
contabilizzare nel 2013. 
    1.3)  Con  il  medesimo  decreto-legge  n.  133/2013,   pertanto,
all'art. 2 - Disposizioni in  materia  di  acconti  -,  comma  2,  si
dispone: «In deroga all'art. 3 della legge 27 luglio  2000,  n.  212,
per il periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2013, per  gli  enti
creditizi e finanziari di cui al decreto legislativo 27 gennaio 1992,
n. 87, per la Banca d'Italia  e  per  le  societa'  e  gli  enti  che
esercitano attivita' assicurativa, l'aliquota di cui all'art. 77  del
testo unico  delle  imposte  sui  redditi,  di  cui  al  decreto  del
Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n.  917,  e'  applicata
con una addizionale di 8,5 punti percentuali.  L'addizionale  non  e'
dovuta  sulle  variazioni  in  aumento  derivanti   dall'applicazione
dell'art. 106, comma 3, del suddetto testo unico». 
    In  deroga,  cioe',  al  principio  di   irretroattivita'   delle
disposizioni tributarie fissato dall'art. 3 della legge n.  212/2000,
la citata  norma  di  cui  all'art.  2,  comma  2,  decreto-legge  n.
133/2013, ha introdotto una addizionale di 8,5  punti  percentuali  a
carico solo di alcuni soggetti fiscali: enti creditizi e  finanziari,
la Banca d'Italia, le societa' e gli enti  che  esercitano  attivita'
assicurativa. 
    A fronte di  questa  contribuzione  straordinaria  connessa  alla
addizionale all'IRES dell' 8,5%, viene, da  un  lato,  assicurato  il
beneficio dell'abolizione della seconda rata dell'IMU 2013 a tutti  i
proprietari  di  abitazione  principale   e   di   altre   specifiche
fattispecie prima  delineate;  dall'altro,  sono  individuati  alcuni
soggetti che dovranno sopportare  l'onere  finanziario,  nel  periodo
d'imposta 2013, senza che siano espresse le ragioni  di  tale  scelta
elitaria.  Dalla  relazione   del   Ministro   dell'economia,   prima
richiamata, si ricava che gli interventi deliberati per  l'abolizione
dell'IMU ha comportato «un impatto rilevante sui  comparti  bancario,
finanziario e  assicurativo,  ma  che  riflettono  la  necessita'  di
reperire risorse la cui entita' non fosse soggetta a incertezza in un
lasso di tempo estremamente breve.» Una scelta politica di realizzare
risorse finanziarie sull'unico apparente presupposto che  i  soggetti
contribuenti individuati avrebbero corrisposto con sicuro margine  di
certezza il tributo richiesto, in quanto soggetti economici «forti». 
    La questione che viene posta, dunque, e' se, per reperire risorse
finanziarie necessarie per realizzare l'obiettivo di abolizione della
seconda rata dell'IMU nell'anno 2013, in favore  dei  soggetti  prima
definiti,  sia   legittimo   attribuire   il   corrispondente   onere
finanziario alla contribuzione solo di alcune imprese appartenenti ad
uno specifico comparto economico. 
    1.4) Il legislatore fiscale puo' indubbiamente attuare  politiche
solidaristiche e redistributive della ricchezza, purche' cio' avvenga
nel   rispetto   dei   principi   costituzionali   di    uguaglianza,
ragionevolezza  e  capacita'  contributiva  e   cioe'   chiamando   a
contribuire «alle  spese  pubbliche»,  in  egual  misura,  «tutti»  i
contribuenti. 
    Il comma 2 dell'art. 2 del decreto-legge n. 133  istituisce,  per
il solo periodo d'imposta 2013, l'addizionale IRES dell'8,5 per cento
a carico delle imprese creditizie, finanziarie e  assicurative;  tali
imprese, a parita' di  reddito  complessivo  con  le  altre  imprese,
pertanto, sono sottoposte ad un  prelievo  impositivo  piu'  elevato,
essendo obbligate a versare l'IRES con la maggiore  aliquota  del  36
per cento (aliquota ordinaria del  27,5%  +  addizionate  dell'8,5%),
mentre tutte le altre imprese, a parita' di reddito camplessivo, sono
tenute a versare l'IRES con la «normale» aliquota del 27,5 per cento. 
    1.5) Occorre considerare che le norme di cui  al  titolo  II  del
decreto del Presidente della Repubblica  22  dicembre  1986,  n.  917
individuano il presupposto dell'imposta ed i soggetti passivi,  senza
che la base imponibile (art. 75) e l'aliquota dell'imposta (art.  77)
siano differenziati in dipendenza del settore in cui  il  reddito  e'
prodotto, considerando il  solo  aspetto  quantitativo:  il  comma  1
dell'art. 75 stabilisce infatti: «l'imposta si  applica  sul  reddito
complessivo netto, determinato secondo le disposizioni della  sezione
I del capo II, per le societa' e gli enti di cui alle lettere a) e b)
del comma 1 dell'art.  73»;  ma  non  pone  distinzioni  per  settore
produttivo di appartenenza dell'impresa, come soggetto passivo IRES. 
    La Corte costituzionale ha  sempre  ritenuto  che  l'importo  del
prelievo tributario debba essere lo stesso a parita'  di  presupposto
impositivo, laddove ha espressamente statuito che a situazioni uguali
devono corrispondere uguali regimi impositivi. 
    Il fatto che le  imprese  bancarie,  assicurative  e  finanziarie
operino in settori sottoposti a stretta vigilanza pubblica, non e' di
per se' elemento distintivo  rispetto  alle  altre  imprese;  non  e'
indice di maggiore ricchezza, ne' puo' giustificare una disparita' di
trattamento, non concretizzandosi tale condizione necessariamente  in
una maggior capacita' contributiva. 
    1.6)   Pur   considerando    che    il    carattere    temporaneo
dell'addizionale, in quanto limitata al  solo  anno  2013,  e'  stato
considerato  in  altre  decisioni  della  Corte  costituzionale  come
dirimente e sufficiente ad  escludere  dubbi  di  incostituzionalita'
della norma impositiva,  si  ritiene  che  nel  caso  di  specie  gli
articoli 3 e 53 della Costituzione sarebbero stati comunque  violati,
perche' l'addizionale non risulta ancorata ad un indice di  capacita'
contributiva e, dunque, determina una  ingiustificata  disparita'  di
trattamento  tra   le   imprese   operanti   nei   settori   soggetti
all'addizionale e le altre. 
    Il legislatore non rende manifesta  l'intenzione  di  colpire  un
maggior reddito o un volume di affari superiore ad  un  dato  valore.
L'art. 2, comma 2, del decreto-legge n.  133/2013,  infatti,  applica
l'aliquota   dell'imposta   stabilita   dall'art.    77,    aumentata
dell'addizionale di 8,5 punti  percentuali,  al  reddito  complessivo
netto. Non  individua  alcun  elemento  che  possa  in  qualche  modo
giustificare quella discriminata platea di  soggetti  rientranti  nel
campo di applicazione della maggiore imposta, sicche'  il  sacrificio
patrimoniale  a  cui  e'  sottoposta  una  determinata  categoria  di
imprese, lasciando indenne altre a parita' di capacita' contributiva,
risulta arbitrario ed irragionevole e, pertanto, in contrasto con gli
articoli 53 e 3 della Costituzione. 
    L'unica  apparente   ragione   sembra   possa   desumersi   dalle
dichiarazioni rese dal Ministro dell'economia e finanze  in  sede  di
audizione: «la necessita' di reperire  risorse  la  cui  entita'  non
fosse soggetta a incertezza».  Ma  questo  elemento  di  valutazione,
decisamente pragmatico e volto  all'evidente  realizzo  di  saldi  di
finanza pubblica, non risulta  trasfuso  nella  norma  in  esame  con
parametri  oggettivi,  che  diano  ragione  dell'individuazione   dei
soggetti tenuti al versamento dell'addizionale  IRES.  La  norma  non
pone una questione distintiva di capacita' contributiva;  ne'  appare
essere   di   qualche    giustificazione    la    non    applicazione
dell'addizionale alle variazioni in aumento  dovute  all'applicazione
del limite di deducibilita' annua delle perdite su crediti  stabilita
dall'art. 106, comma  3,  del  TUIR  (comma  2,  u.p.,  art.  2,  del
decreto-legge n. 133/2013). 
    1.7) La Commissione tributaria,  all'esito  delle  argomentazioni
sin qui svolte, ritenendo di concordare  con  le  considerazioni  che
sono state sviluppate  dalla  Societa'  ricorrente,  condividendo  in
parte i dubbi di legittimita'  della  norma  in  esame  espressi  con
ordinanza di rimessione del 5 luglio 2018 dalla CTR del Piemonte (sub
num.reg.ord 7/2019-G.U. n. 6 del 6 febbraio 2019), considera  che  la
questione  sollevata  con  riferimento  all'art.  2,  comma  2,   del
decreto-legge n. 133/2013, con riferimento all'art.  77  del  decreto
del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986,  n.  917,  presenti
profili  di  illegittimita'  costituzionale   come   prospettati   in
riferimento  agli  articoli  3  e  53  della  Costituzione;  ritiene,
inoltre, che la questione sia rilevante  nel  presente  giudizio,  in
quanto  la  norma  impugnata  osta  all'accoglimento  del   richiesto
rimborso. 
    2.0) La Societa', con il secondo  motivo  d'appello,  censura  la
sentenza di primo  grado  per  non  avere  motivato  sull'illegittimo
ricorso alla decretazione d'urgenza, con cui il Governo  ha  adottato
la norma in contestazione, in difetto dei presupposti di necessita' e
d'urgenza richiesti dall'art. 77 della Costituzione. 
    2.1) La Commissione ritiene infondati i dubbi  di  illegittimita'
sollevati dalla parte appellante. Occorre da subito porre in evidenza
che  il  decreto-legge  n.  133/2013,   convertito   in   legge   con
modificazioni, reca «disposizioni  urgenti»  concernenti  l'IMU.  Pur
considerando che il Governo perseguiva da qualche tempo politiche per
una revisione complessiva della tassazione degli immobili  e  che  da
queste non puo' ritenersi disgiunta l'abrogazione  dell'IMU;  che  il
decreto-legge n. 54/2013 e il decreto-legge n. 102/2013 avevano  gia'
disposto prima la sospensione e poi l'abrogazione  della  prima  rata
IMU 2013; l'obiettivo politico  dell'abolizione  definitiva  dell'IMU
sulla  abitazione  principale  e  alcune  fattispecie  assimilate  si
realizza solo con il decreto-legge del  30  novembre  2013,  n.  133.
Quest'ultimo provvedimento,  tuttavia,  ha  posto  la  necessita'  di
finanziare Io sgravio della seconda rata IMU, con «risorse aggiuntive
da contabilizzare nel 2013 al fine di mantenere il disavanzo entro la
soglia del 3 per cento del PIL» (da: Audizione del Ministro ... prima
citato); e, dunque, la finalita' immediata della norma  in  esame  e'
stata quella di determinare un incremento eccezionale e limitato  nel
tempo dell'aliquota dell'imposta di cui all'art. 77 TUIR, appunto per
il solo periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2013. L'intervento
normativo adottando doveva di necessita' soddisfare evidenti  ragioni
di equilibrio, di bilancio, da realizzarsi nel brevissimo  periodo  e
fortemente legato alla formazione della  relativa  legge  finanziaria
2014, ormai in  fase  di  definizione  e  quindi  prossima  alla  sua
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale di uno degli ultimi giorni del
mese di dicembre 2013. 
    Da  quanto  precede,  appare  evidente  come  la  necessita'   di
contenere il disavanzo e assicurare la stabilizzazione della  finanza
pubblica rappresentino  ragioni  sufficienti  per  escludere  che  il
decreto-legge n. 133/2013 sia stato adottato in evidente mancanza dei
requisiti di necessita' e urgenza; ne' emergono, dalle relazioni  che
accompagnano il provvedimento governativo, elementi che contraddicano
le conclusioni a cui qui si e' giunti. 
    3.0) Infine, con il terzo motivo, la societa'  ITAS  VITA  S.p.a.
censura la sentenza di primo grado, perche' nulla  motiva  in  merito
alla questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 2,
del decreto-legge n. 133/2013, perche' in contrasto con gli  articoli
41, comma 1,  42,  comma  3,  e  97,  comma  1,  della  Costituzione,
violazioni che parte appellante segnala in questo grado di giudizio. 
    3.1) La Commissione ritiene infondati i dubbi  di  illegittimita'
da ultimo sollevati dalla Societa'. 
    3.2)  Non  puo'  condividersi  il  dubbio  di   costituzionalita'
dell'art. 2, comma 2, del decreto-legge n. 133/2013 per contrasto con
gli articoli 21, comma 1, e  24,  comma  3,  della  Costituzione.  La
disposizione contestata  si  inserisce  in  uno  dei  tanti  casi  di
temporaneo   inasprimento   dell'imposizione   fiscale,   che   hanno
interessato a volte determinati settori produttivi  e  che  non  sono
stati ritenuti  illegittimi  dalla  Corte  costituzionale;  tanto  e'
sufficiente per escludere che la norma in commento sia stata  emanata
con lo scopo  o  abbia  soltanto  voluto  creare  le  condizioni  per
contrastare  la  libera  iniziativa  economica  e  compromettere   la
capacita' reddituale delle imprese, cioe' di una platea importante di
contribuenti.  La  maggiorazione  d'aliquota  dell'IRES,  decisa  con
l'art. 2, comma 2, del decreto-legge  n.  133/2013,  senza  apportare
modifiche strutturali all'imposta, ma limitandosi a determinarne  una
aliquota piu' onerosa con efficacia temporale limitata all'anno 2013,
ha avuto lo scopo dichiarato solo di recuperare  risorse  finanziarie
sufficienti per compensare il mancato gettito IMU 2013  e  realizzare
politiche  di  sostegno  alle  famiglie   in   una   difficile   fase
congiunturale, abolendo definitivamente la seconda rata IMU. Tanto si
deduce dall'esame preliminare del decreto-legge  in  parola  e  dalla
verifica delle quantificazioni in sede di sua conversione (A.C.  1941
Camera   dei   deputati).   Si   respinge   la   questione,   perche'
manifestamente infondata. 
    3.3) E', peraltro, di tutta evidenza che non si verte in un  caso
di  espropriazione  della  proprieta'  privata,  non   solo   perche'
l'imposta determinata con l'addizionale e'  comunque  commisurata  al
reddito complessivo, che per ovvie ragioni  differisce  per  societa'
contribuente, ma anche perche'  non  e'  previsto  alcun  indennizzo,
quale corrispettivo per l'ipotizzata espropriazione  subita.  L'avere
il legislatore discriminato, riservando la  maggiorazione  d'aliquota
IRES alle sole imprese bancarie, assicurative e finanziarie e' motivo
assorbito  dalla  questione  descritta  al  punto  1)  e  che  questa
Commissione  ritiene   di   rimettere   al   giudizio   della   Corte
costituzionale. 
    3.4) Quanto infine  all'art.  97,  comma  1,  della  Costituzione
(rectius: comma 2, oggi in vigore), la  questione  posta  appare  del
tutto infondata, poiche' l'Amministrazione pubblica  e'  chiamata  ad
operare osservando quanto disposto dal legislatore. Il rispetto della
norma realizza il principio di legalita', che nel caso di specie  non
e' denunciato come compromesso; per effetto conseguente, non  possono
ritenersi violati neppure i  principi  di  imparzialita'  e  di  buon
andamento. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Ritenuta  la  rilevanza  e  non  manifesta   infondatezza   della
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2,  comma  2,  del
decreto-legge 30 novembre 2013, n.  133,  convertito  in  legge,  con
modificazioni, dalla legge 29 gennaio  2014,  n.  5,  per  violazione
degli articoli  3  e  53  della  Costituzione,  nella  parte  in  cui
l'aliquota di cui all'art. 77  del  testo  unico  delle  imposte  sui
redditi, di  cui  al  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  22
dicembre 1986, n. 917, e' applicata con una addizionale di 8,5  punti
percentuali soltanto agli enti  creditizi  e  finanziari  di  cui  al
decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 87,  alla  Banca  d'Italia  e
alle societa' e gli enti che esercitano attivita' assicurativa; 
    Visto l'art. 23 della legge n. 87/1953; 
    Dispone  l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale, sospendendo,  pertanto,  la  presente  causa  RGA  n.
54/2018. 
    Respinge  le  altre  questioni  di  legittimita'   costituzionale
sollevate. 
    Manda alla cancelleria: 
        per la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; 
        per la notificazione della presente ordinanza alle  parti  in
causa ed al Presidente del Consiglio dei ministri; 
        per la comunicazione della presente ordinanza  ai  Presidenti
delle due Camere del Parlamento. 
          Trento, 11 marzo 2019 
 
                       Il Presidente: Pascucci 
 
 
                                         Il giudice estensore: Presta