N. 136 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 aprile 2019

Ordinanza del 23 aprile 2019 del Tribunale  amministrativo  regionale
per la Toscana sul ricorso proposto da Escavazione  Marmi  Lorano  II
S.r.l. contro Comune di Carrara.. 
 
Miniere, cave e torbiere - Norme della Regione Toscana - Disposizioni
  in materia di cave - Varianti  all'autorizzazione  -  Condizioni  -
  Rilascio di nuova autorizzazione a  seguito  di  ampliamento  delle
  volumetrie di scavo eccedenti il limite massimo di 1000 metri cubi. 
- Legge della Regione Toscana 25 marzo 2015, n. 35  (Disposizioni  in
  materia di cave. Modifiche alla L.R. n. 104/1995, L.R. n.  65/1997,
  L.R. n. 78/1998, L.R. n. 10/2010 e L.R. n. 65/2014), art. 23, comma
  1, lettera a). 
(GU n.38 del 18-9-2019 )
 
        IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA TOSCANA 
                           Sezione Seconda 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale  1176  del  2018,  integrato  da  motivi  aggiunti,
proposto da Escavazione Marmi Lorano II S.r.l. in persona del  legale
rappresentante pro  tempore,  rappresentata  e  difesa  dall'avvocato
Ferdinando Genovesi, con domicilio digitale come da PEC  da  registri
di giustizia e domicilio  fisico  eletto  presso  il  suo  studio  in
Carrara, viale Galileo Galilei n. 134; 
    Contro il Comune di Carrara in persona del Sindaco  pro  tempore,
rappresentato  e  difeso  dagli  avvocati  Marina  Vannucci  e  Sonia
Fantoni, con domicilio digitale come da PEC da registri di giustizia; 
    Per l'annullamento con il ricorso introduttivo: 
      dell'Ordinanza    del    Dirigente    del    settore    servizi
ambientali/marmo del Comune di Carrara, prot. n. 59205, del 27 luglio
2018,  notificata  via  pec  in  pari  data,  nonche'  di  ogni  atto
propedeutico o presupposto, ancorche' non  noto,  ed  in  specie  dei
verbali di contestazione prot. n. 5990/173  del  27  gennaio  2017  e
prot. n. 19704 del 16 marzo 2018, salvo se altri; 
      con i motivi aggiunti presentati il 17 dicembre 2018: 
        della  determinazione  n.  1054  dell'8  novembre  2018   del
dirigente del Settore servizi ambientali/marmo, Unita'  organizzativa
tutela ambientale e igienico-sanitaria del Comune di Carrara,  avente
ad oggetto «Determinazione ai sensi  del  comma  6  dell'art.  58-bis
della  legge  regionale  n.  35/2015  come  modificata  dalla   legge
regionale n. 54/2018»; 
        dell'Ordinanza   del   dirigente    del    Settore    servizi
ambientali/marmo del Comune di Carrara n. 986/18, prot. n. 91001  del
27 novembre 2018, notificata via pec in data 28 novembre 2018, avente
ad oggetto «Ordinanza ex art. 58-bis, legge regionale  n.  35/2015  e
successive modificazioni e integrazioni per  difformita'  volumetrica
superiore ai 1.000 metri cubi rispetto al  progetto  di  coltivazione
autorizzato  -  cava  n.  21  «Lorano  II»»   previa   questione   di
legittimita' costituzionale art. 58-bis L.R.T. 35/2015,  e  richiesta
di condanna al risarcimento del danno. 
    Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; 
    Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Carrara; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; 
    Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 aprile 2019 il  dott.
Alessandro Cacciari e uditi per le parti i difensori come specificato
nel verbale; 
    1. Con  deliberazione  della  giunta  della  Regione  Toscana  19
dicembre 2016, n. 1299, e' stato approvato un  protocollo  di  intesa
fra  la  regione  stessa,  la  Procura  della  Repubblica  presso  il
Tribunale di Massa, la Procura della Repubblica presso  il  Tribunale
di Lucca e il Comando regionale del corpo forestale dello Stato della
Toscana, poi integrato con l'adesione della Direzione marittima della
Toscana, al fine di coordinare le azioni  di  vigilanza  e  controllo
sull'attivita'  estrattiva  nelle  cave.  La  ricerca  e  l'attivita'
estrattiva nelle cave sono regolate dalla legge della regione Toscana
25 marzo 2015, n. 35, che al capo terzo indica i requisiti  necessari
per svolgere l'escavazione. A  tal  fine  e'  richiesta,  oltre  alla
disponibilita' giuridica del terreno da parte dell'interessato, anche
un'autorizzazione comunale  che  viene  rilasciata  a  seguito  dello
svolgimento di una conferenza di servizi, il cui provvedimento finale
sostituisce ogni atto di  assenso  compresi  gli  atti  autorizzativi
urbanistico-edilizi, paesaggistici, ambientali e igienico sanitari. 
    A norma dell'art. 17 la domanda  di  autorizzazione  deve  essere
corredata, tra  l'altro,  di  un  progetto  di  coltivazione  di  cui
costituisce contenuto essenziale anche la descrizione delle  aree  di
intervento. 
    Il  successivo  art.  18,   intitolato   «oggetto   e   contenuto
dell'autorizzazione», prescrive al comma uno che il provvedimento «ha
per oggetto il sito  estrattivo,  gli  interventi  di  risistemazione
ambientale, durante e al termine  della  coltivazione,  l'indicazione
delle garanzie finanziarie per il suo  ripristino»  e  al  comma  due
stabilisce che lo stesso deve indicare  la  localizzazione  del  sito
estrattivo e le prescrizioni per l'esercizio dell'attivita'. 
    Il contenuto dell'autorizzazione non e' definitivo e a  richiesta
dell'interessato puo' essere modificato, come stabilisce  l'art.  23,
comma 1, della legge, nel  caso  in  cui  (tra  l'altro)  si  intenda
ampliare la volumetria di scavo oltre il limite di 1.000 m³  rispetto
a quanto originariamente  autorizzato.  Si  tratta  delle  cosiddette
«variazioni essenziali» che richiedono il rilascio di una nuovo  atto
autorizzativo; al di fuori dei casi indicati da detto articolo  e  in
particolare, per quanto qui interessa, ove si  intenda  aumentare  la
volumetria di scavo entro 1.000 m³, il contenuto  dell'autorizzazione
rilasciata puo' essere modificato  con  segnalazione  certificata  di
inizio attivita'. 
    L'art. 21 della legge commina la  decadenza  dall'autorizzazione,
tra l'altro, per  il  caso  in  cui  l'interessato  abbia  realizzato
interventi in difformita' dal progetto  autorizzato  che  configurino
variazioni sostanziali cosi' come definite dal citato art. 23,  comma
1, della medesima legge regionale. 
    I profili  sanzionatori  sono  disciplinati  dall'art.  52  della
stessa legge che, per quanto rileva nella  presente  sede,  al  comma
quattro impone la cessazione immediata dell'attivita' di escavazione,
con obbligo  di  risistemazione  ambientale  dell'area,  in  caso  di
esercizio dell'attivita' estrattiva in assenza di autorizzazione;  al
comma cinque commina invece una sanzione pecuniaria (nella misura tra
euro 5.000,00 e euro 50.000,00) qualora l'attivita' venga  esercitata
in violazione delle prescrizioni e dei  contenuti  del  provvedimento
autorizzatorio.  Non  si  applica  la  sanzione  amministrativa   per
l'estrazione di materiale in aree la  cui  superficie  sia  inferiore
all'1  per  cento  di  quella  autorizzata  e  ricadano  in  area   a
destinazione estrattiva. 
    2. Nel corso dei  controlli  avviati  in  esecuzione  del  citato
protocollo    d'intesa    e'    stata     rilevata     una     prassi
amministrativa-interpretativa   della   legislazione    in    materia
consistente  nell'intendere   il   perimetro   autorizzato   per   lo
svolgimento dell'attivita' estrattiva come coincidente  con  l'intera
area in disponibilita' del proponente, e  non  invece  con  la  linea
contenente i fronti di coltivazione individuati nelle planimetrie del
progetto  di  coltivazione  autorizzato,  ammettendosi  le  «varianti
compensative postume» entro il complesso  estrattivo.  Il  corpo  dei
Carabinieri forestali della Toscana -  Gruppo  di  Massa  Carrara  ha
allora sollevato dubbi sulla correttezza di questa prassi,  chiedendo
un  chiarimento  all'amministrazione   regionale.   Quest'ultima   ha
espresso un parere in data 29 giugno 2018, i  cui  esiti  sono  stati
comunicati con nota 11 luglio  2018,  prot.  357162.  La  regione  ha
indicato che per «perimetro estrattivo autorizzato»  deve  intendersi
la porzione di fondo corrispondente all'area indicata nello specifico
progetto  di  coltivazione,  e  non  genericamente  l'intera  area  a
disposizione del gestore della cava.  Secondo  la  regione,  ai  fini
della definizione del perimetro autorizzato  non  sono  rilevanti  le
cartografie  indicanti  un'area  piu'  estesa   rispetto   a   quella
interessata  dal  progetto   di   coltivazione,   pur   se   allegate
all'autorizzazione, poiche' tale documentazione e' finalizzata solo a
dimostrare la disponibilita' dell'area in cui si intende intervenire.
Inoltre,  secondo  la  regione  nel  caso  di  interventi  svolti  in
difformita' dal progetto autorizzato e integranti le  caratteristiche
di  varianti  sostanziali,  l'onere  di  controdeduzioni   non   puo'
ritenersi assolto presentando varianti progettuali in sanatoria,  sia
pure a volume zero, ma  l'interessato  deve  limitarsi  a  dimostrare
l'eventuale infondatezza dei fatti contestati. 
    In   passato   erano   stati   rilevati   casi   di   difformita'
nell'esercizio  dell'escavazione  che,  secondo   tale   sopravvenuta
interpretazione, avrebbero potuto  dar  luogo  alla  decadenza  dalle
autorizzazioni rilasciate; tuttavia alcune  amministrazioni  comunali
non   le   hanno   contestate    sotto    questo    profilo    grazie
all'interpretazione   precedente   del   concetto    di    «perimetro
autorizzato» come coincidente con l'intero  fondo  in  disponibilita'
del gestore della cava. 
    In  conseguenza  della  nuova  interpretazione  propugnata  dalla
regione, l'estrazione del materiale lapideo effettuata  al  di  fuori
dell'area di  intervento  delimitata  nel  progetto  di  coltivazione
(anche se dentro il complesso estrattivo di cui il richiedente ha  la
disponibilita', a titolo di proprieta' o in concessione  dal  comune)
non costituisce una semplice difformita' nell'attuazione del progetto
di coltivazione punibile con la sanzione pecuniaria ex art. 52, comma
5, legge  regionale  n.  35/2015.  Tale  fattispecie  invece  integra
l'illecito di escavazione svolta in assenza di autorizzazione, per la
quale  e'  prevista  la   piu'   grave   sanzione   della   decadenza
dall'autorizzazione medesima. La Regione Toscana ha allora promulgato
la legge regionale 2 ottobre 2018, n.  54,  la  quale  ha  introdotto
l'art. 58-bis nel corpo della legge regionale n.  35/2015.  Il  primo
comma dell'articolo statuisce che «Fino  all'approvazione  dei  piani
attuativi previsti dall'art. 113 della legge regionale n.  65/2014  e
comunque non oltre la data del 5 giugno 2019, qualora il titolare  di
un'autorizzazione  in  corso  di  validita'  abbia   realizzato   una
difformita' volumetrica superiore ai  1000  metri  cubi  rispetto  al
progetto  di  coltivazione  autorizzato,  ma   comunque   all'interno
dell'area in disponibilita'  a  destinazione  estrattiva,  il  comune
ordina la cessazione immediata dell'attivita' nell'area oggetto della
difformita' e la presentazione di una perizia giurata  attestante  la
ricorrenza del presupposto di cui al comma 4 del  presente  articolo.
L'ordinanza dispone altresi' la presentazione e realizzazione  di  un
progetto di messa in sicurezza e risistemazione ambientale  dell'area
che tenga conto degli impatti complessivi derivanti dalle lavorazioni
difformi,  nonche'  l'applicazione  delle   sanzioni   amministrative
previste dall'art. 52, comma 4». 
    La norma prosegue stabilendo, al comma due, che  l'autorizzazione
venga sospesa fino all'approvazione del progetto e del  completamento
delle opere di messa in  sicurezza,  stabilendo  ai  fini  del  primo
adempimento un termine di sessanta giorni in  deroga  alle  procedure
stabilite dall'art. 19, comma 3,  della  stessa  legge  regionale  n.
35/2015. 
    Il comma tre commina la decadenza dall'autorizzazione laddove  le
opere di  risistemazione  ambientale  non  vengano  realizzate  entro
centottanta giorni dall'approvazione del  progetto  o  qualora  venga
rilevata  un'ulteriore   difformita'   in   seguito   ad   un   nuovo
accertamento. 
    Il comma quattro dell'art. 58-bis prevede  infine  che  le  norme
contenute nell'articolo si applichino esclusivamente alle difformita'
eseguite fino alla data di entrata in vigore della legge regionale n.
54/2018, avvenuta il 25 ottobre 2018. 
    3. Il 16 marzo 2018 il responsabile del Settore marmo del  Comune
di Carrara ha trasmesso  alla  ditta  «Escavazione  Marmi  Lorano  II
S.r.l.» un verbale di contestazione per  avere  svolto  attivita'  di
escavazione in asserita difformita'  all'autorizzazione  rilasciata",
specificando che  dopo  la  trasmissione  dell'aggiornamento  annuale
dello stato dei lavori era emerso che le lavorazioni in galleria  sul
fronte N tra quota 893,75 e quota  887,40  s.l.m.,  gia'  oggetto  di
contestazione il 27 gennaio 2017, erano  proseguite  difformemente  e
parte di esse all'interno del parco regionale delle Alpi  Apuane.  E'
stata intimata quindi la sospensione delle lavorazioni  non  previste
dall'autorizzazione  e  applicata  la  sanzione  pecuniaria  prevista
dall'art. 52, comma 5, della legge regionale n. 35/2015. 
    Il 27 luglio 2018, all'esito del relativo procedimento, il Comune
ha emesso l'ordinanza 27 luglio 2018, prot. 59205 con cui, richiamato
il   parere   dell'Avvocatura   regionale   in   tema   di   varianti
sostanziali/varianti in sanatoria, e' stata disposta  la  sospensione
dell'autorizzazione all'attivita' estrattiva  rilasciata  all'impresa
per avere svolto attivita' in difformita' alla stessa  integrante  le
caratteristiche di «variante sostanziale». L'impresa ha controdedotto
rappresentando di avere proposto un progetto  di  variante  a  volume
zero in compensazione e ha chiesto la revoca del  provvedimento;  non
avendo il comune aderito alla richiesta,  essa  ha  allora  impugnato
l'ordinanza con ricorso principale, notificato il 21  agosto  2018  e
depositato il 10 settembre 2018, per violazione di legge  ed  eccesso
di potere sotto diversi profili. 
    Si e' costituito il Comune di Carrara chiedendo la reiezione  del
ricorso. 
    Alla camera di consiglio fissata per la trattazione della domanda
cautelare, la stessa e' stata oggetto di rinuncia. 
    4. L'ordinanza gravata e' poi stata revocata con provvedimento 30
ottobre 2018, prot. 83299. Il comune ha infatti ritenuto di applicare
al caso di specie la norma di cui al nuovo art.  58-bis  della  legge
regionale n. 35/2915 e con successiva determinazione 8 novembre 2018,
n. 1054, ha ribadito che per tutte le autorizzazioni vigenti, ai fini
della conformita' delle lavorazioni deve farsi riferimento unicamente
al progetto di coltivazione approvato e autorizzato e non alla  mappa
allegata  che  corrisponde   all'area   disponibilita'   dell'impresa
escavatrice. 
    Con ulteriore determinazione 27 novembre 2018,  prot.  91001,  il
Comune  ha   infine   ordinato   alla   ricorrente   la   sospensione
dell'attivita' estrattiva  per  avere  scavato  materiali  in  misura
superiore a 1.000 m³ rispetto al progetto di coltivazione autorizzato
e di produrre, entro novanta giorni, una perizia  giurata  attestante
la ricorrenza del presupposto di cui al  comma  4  dell'art.  58-bis,
legge regionale n. 35/2015, nonche' un progetto di messa in sicurezza
e risistemazione ambientale dell'area. Tali provvedimenti sono allora
stati impugnati dalla Escavazione Marmi Lorano  II  con  ricorso  per
motivi aggiunti, notificato e depositato il  17  dicembre  2018,  per
violazione di legge ed  eccesso  di  potere  sotto  diversi  profili,
contestando la nuova interpretazione sostenuta dalla  Regione  e  dal
Comune di Carrara. 
    Con ordinanza 10 gennaio  2019,  n.  20,  e'  stata  parzialmente
accolta  la  domanda  cautelare  limitando  l'ordine  di  sospensione
dell'attivita'  estrattiva  irrogato  dall'amministrazione  ai   soli
perimetri di  cava  in  cui  sono  state  realizzate  le  difformita'
rispetto all'autorizzazione rilasciata. 
    Con sentenza parziale 16 aprile 2019, n. 571, e' stata confermata
l'interpretazione normativa sostenuta dalle amministrazioni intimate.
L'autorizzazione all'escavazione deve  ritenersi  valevole  nei  soli
siti di escavazione da essa individuati e non si  estende  all'intera
area a  destinazione  estrattiva  che  e'  nella  disponibilita'  del
gestore  della  cava.  Inoltre,  e'  stato  statuito  che  non   sono
ammissibili varianti in sanatoria poiche' il controllo  sull'utilizzo
della risorsa marmo non puo' che essere preventivo, e non successivo.
Tanto  statuito,  pero',  il  Collegio  rileva  una  problematica  di
costituzionalita' nella legislazione regionale. 
    L'autorizzazione prevede  un  limite  massimo  di  volumetria  di
materiale escavabile con riferimento ai singoli siti  estrattivi;  la
legislazione regionale, precisamente l'art. 23, comma 1,  lettera  a)
della legge regionale n. 35/2015,  stabilisce  pero'  un  margine  di
tolleranza nella misura di 1.000 m³:  ne  segue  che  il  superamento
della  volumetria  autorizzata  contenuto  entro  tale   limite   non
necessita  di  una  nuova  autorizzazione,   ma   obbliga   l'impresa
unicamente  ad  inoltrare  una  segnalazione  certificata  di  inizio
attivita' senza configurare una fattispecie di escavazione in assenza
di titolo,  cui  conseguirebbe  la  grave  sanzione  della  decadenza
dall'autorizzazione a carico dell'impresa. 
    Il fatto  e'  che,  come  rappresentato  dalla  ricorrente  senza
contestazione sul punto, il lavoro di escavazione del  marmo  non  e'
esattamente programmabile a priori. In linea generale,  una  corretta
progettazione  ed  un'efficace  direzione  lavori  sono   in   grado,
rispettivamente,  di  prevenire  e  risolvere  le  problematiche  che
emergono nel corso degli scavi ma non  si  puo'  escludere  che,  per
fatti imprevedibili anche con la diligenza professionale,  nel  corso
delle  lavorazioni  nasca   l'esigenza   di   procedere   rapidamente
all'aumento  della  volumetria  di  scavo.  Si  puo'   pensare   alla
necessita' di rafforzare una parete nella cava a cielo  aperto  o  di
abbassare la quota di una galleria, rispetto a quanto progettato, per
evitare  il  rischio   di   crolli.   E'   quindi   ragionevole   che
all'escavatore venga concesso un margine di tolleranza entro il quale
procedere a variazioni in aumento delle volumetrie autorizzate, senza
dover attendere i tempi del nuovo procedimento autorizzatorio. Appare
pero' irragionevole la predeterminazione  legislativa  di  un  limite
quantitativo  valido  in  linea  generale  per  tutte  le   cave,   a
prescindere dalle dimensioni di ciascuna di esse. 
    Il limite di 1.000 m³ puo' essere sufficiente ad  affrontare  gli
imprevisti in una cava di dimensioni modeste, ma puo'  rivelarsi  del
tutto insufficiente con riguardo ad una cava di dimensioni ampie.  Si
tratta di situazioni differenti tra loro che il legislatore regionale
invece, ai fini che qui interessa, tratta in modo  eguale.  Un  conto
infatti e' una cava con fronte pari, ad esempio, a metri  500;  altro
conto e' la cava con fronte esteso per chilometri: in quest'ultima si
puo' ragionevolmente ritenere che sia facile arrivare, si ripete  per
fatti anche non addebitabili all'escavatore, a colmare il margine  di
tolleranza oggi vigente o addirittura a superarlo anche senza  averne
la percezione,  e  cio'  comporta  la  gravissima  conseguenza  della
decadenza dall'autorizzazione. 
    La  questione  e'  rilevante  al  fine  del  decidere  poiche'  i
provvedimenti impugnati si fondano sul superamento,  da  parte  della
ricorrente, di tale limite quantitativo di tolleranza negli scavi. 
    Quanto  alla  non  manifesta  infondatezza  della  questione,  e'
orientamento costante della Corte costituzionale (fin dalla  sentenza
n. 53/1958) quello secondo cui costituisce violazione  del  principio
di eguaglianza  il  fatto  di  parificare  situazioni  oggettivamente
diverse; mentre per contro non sussiste detta violazione laddove  una
diversita' di disciplina corrisponda ad una diversita' di situazioni,
sempre con il limite generale  dei  principi  di  proporzionalita'  e
ragionevolezza (Corte costituzionale nn. 79/2016 e  85/2013).  Si  ha
quindi violazione del principio  di  uguaglianza  ogni  qualvolta  la
legge, senza un ragionevole motivo, prevede un trattamento eguale  in
situazione  diverse  (Corte  costituzionale  n.  125/1977;   48/1977;
135/1976). Nel caso in esame non  appare  ragionevole  che  a  fronte
della  diversita'  delle  dimensioni  delle  cave   la   legislazione
regionale toscana preveda un  limite  di  tolleranza  generale  negli
scavi,  rispetto  ai  volumi   autorizzati,   espresso   in   termini
quantitativi anziche' in termini  proporzionali  alle  dimensioni  di
ciascun sito estrattivo. 
    Per questi motivi  il  Collegio  ritiene  di  proporre  d'ufficio
questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  23,  comma  1,
lettera a) della legge regionale n. 35/2015 per contrasto con  l'art.
3 della Costituzione, sotto il profilo della violazione del principio
di  eguaglianza  in  quanto  prevede  un  medesimo  trattamento   per
situazione diverse tra loro. Il processo deve quindi essere sospeso e
gli  atti  vanno  trasmessi  alla  Corte  costituzionale,   apparendo
rilevante  e   non   manifestamente   infondata   la   questione   di
costituzionalita' esposta. 
    Ogni ulteriore statuizione in rito, in merito e  in  ordine  alle
spese e' riservata alla decisione definitiva. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Il Tribunale amministrativo regionale  per  la  Toscana  (Sezione
seconda)  dichiara  rilevante  e  non  manifestamente  infondata,  in
relazione all'art. 3 della Costituzione, la questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 23, comma 1, lettera a)  della  legge  della
Regione Toscana  25  marzo  2015,  n.  35,  cosi'  come  indicata  in
motivazione. 
    Sospende,  per  l'effetto,  il  giudizio  fino  alla  definizione
dell'incidente di costituzionalita' di  cui  alla  questione  data  e
ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. 
    Ordina che la presente ordinanza sia  notificata  alle  parti  in
causa  e  al  Presidente  della  giunta  regionale  toscana,  nonche'
comunicata al Presidente del Consiglio regionale della Toscana. 
 
    Cosi' deciso in Firenze nella camera di consiglio  del  giorno  2
aprile 2019 con l'intervento dei magistrati: 
 
        Rosaria Trizzino, Presidente; 
        Alessandro Cacciari, consigliere, estensore; 
        Nicola Fenicia, primo referendario. 
 
                       Il Presidente: Trizzino 
 
 
                                                L'estensore: Cacciari