N. 197 ORDINANZA (Atto di promovimento) 19 luglio 2019
Ordinanza del 19 luglio 2019 del Consiglio di Stato sul ricorso proposto da Ruffolo S.r.l. e altri contro Terna - Rete Elettrica Nazionale S.p.a., Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e Ufficio territoriale del Governo - Prefettura di Cosenza.. Giustizia amministrativa - Controversie attinenti alle procedure e ai provvedimenti dell'amministrazione pubblica o dei soggetti alla stessa equiparati in materia di produzione energetica - Competenza funzionale del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma - Onere per la parte interessata di riassunzione dei giudizi in corso - Termine. - Legge 23 luglio 2009, n. 99 (Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonche' in materia di energia), art. 41, comma 5.(GU n.46 del 13-11-2019 )
IL CONSIGLIO DI STATO in sede giurisdizionale - Sezione Sesta ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 10114 del 2015, proposto dalla societa': Ruffolo S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, e dai signori Pino Ruffolo, quale titolare dell'omonima azienda agricola, Antonio Piluso, Ignazio Perri, Patrizia Perri, Francesco Perri, Michele Perri, Sandra Martillotto e Remo Sansone, tutti rappresentati e difesi dall'avv. Pietro Greco, con domicilio eletto presso lo studio dell'avv. Corrado Morrone in Roma, viale XXI Aprile, 11; Contro: la societa' Terna - Rete Elettrica Nazionale S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Francesca Covone, Giancarlo Bruno, Filippo Di Stefano, Maurizio Carbone e Stefano Mastrolilli, con domicilio eletto presso lo studio dell'avv. Mastrolilli in Roma, via F. Denza, 15; il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, l'Ufficio territoriale del Governo - Prefettura di Cosenza, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12, per l'annullamento, revoca ovvero riforma della sentenza del T.A.R. Lazio, Sede di Roma, sezione II-bis, 7 agosto 2015, n. 10755, con la quale e' stato dichiarato estinto il ricorso n. 494/2012 integrato da motivi aggiunti proposto per l'annullamento: Ricorso principale dei seguenti decreti del Prefetto di Cosenza, conosciuti in data imprecisata, con i quali e' stata pronunciata, a carico dei ricorrenti su terreni di loro proprieta' ed a favore di Terna S.p.a. la imposizione di servitu' permanente di elettrodotto inamovibile relativa alla linea elettrica a 380 kV Laino Feroleto Rizziconi: a) del decreto 3 aprile 2006, protocollo n. 16144, concernente la Ruffolo S.r.l. e Pino Ruffolo, Antonio Piluso, Ignazio, Patrizia, Francesco e Michele Perri; b) del decreto 3 aprile 2006, protocollo n. 16127, concernente Sandra Martillotto; c) del decreto 3 aprile 2006, protocollo n. 16121, concernente Remo Sansone; d) del decreto 3 aprile 2006, protocollo n. 16132, concernente Concetta Luca ed Alfredo Sansone; ed inoltre: e) del decreto 5 ottobre 2005, protocollo n. 482 del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, concernente la proroga dell'occupazione dei terreni; Motivi aggiunti f) del parere 29 settembre 2005, n. 182 del Consiglio superiore dei lavori pubblici; g) del parere 28 giugno 2005, n. 1073 del Ministero delle infrastrutture; Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio della Terna S.p.a, del Ministero e della Prefettura di Cosenza; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 luglio 2019 il cons. Francesco Gambato Spisani e uditi per le parti gli avvocati Pietro Greco e Maurizio Carbone e l'Avvocato dello Stato Andrea Fedeli; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue. 1. Si controverte di alcuni atti, meglio indicati in epigrafe, che fanno parte del procedimento di realizzazione dell'elettrodotto a 380 kV costruito in Calabria sul tracciato Laino-Feroleto-Rizziconi allo scopo di garantire un collegamento piu' affidabile fra la Sicilia ed il resto della rete elettrica nazionale, nonche' un servizio di migliore qualita' in Calabria, e dichiarato, mentre la costruzione era in corso, infrastruttura di rilevanza strategica con provvedimento del Comitato interministeriale per la programmazione economica - CIPE 21 dicembre 2001, n. 121, emesso contestualmente all'approvazione della legge 21 dicembre 2001, n. 443, cosiddetto legge obiettivo, ai sensi dell'art. 1, comma 1 di essa. 2. I ricorrenti appellanti, in particolare, quali proprietari di terreni interessati dall'opera in questione, contestano i provvedimenti in epigrafe, i quali impongono sui loro Fondi della servitu' di elettrodotto necessaria a farli attraversare dall'opera; li hanno quindi impugnati con ricorso giurisdizionale amministrativo avanti il T.A.R. Calabria, Sede di Catanzaro, rubricato al n. 1160/2005 R.G. di quel Tribunale e definito in I grado con sentenza sezione 1 17 novembre 2010, n. 2713, la quale ha dichiarato il ricorso improcedibile per cessata materia del contendere rispetta posizione di due degli interessati; per il resto lo ha dichiarato in parte inammissibile, in parte irricevibile e per il resto infondato. 3. Contro la sentenza T.A.R. Calabria, Catanzaro n. 2713/2010, di cui si e' detto, gli interessati hanno proposto impugnazione, con appello avanti a questo giudice, rubricato al n. 362/2011 R.G. nel quale hanno dedotto, come primo motivo in ordine logico, l'incompetenza funzionale del T.A.R. Calabria stesso, in favore di quella del T.A.R. Lazio, Sede di Roma. Nel corso del processo era stata infatti approvata la legge 23 luglio 2009, n. 99, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 31 luglio 2009 Supplemento ordinario, in vigore quindi dal 15 agosto successivo, intitolata «Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonche' in materia di energia». Questa legge all'art. 41, comma 1, prevede infatti che «Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e attribuite alla competenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con Sede in Roma, tutte le controversie, anche in relazione alla fase cautelare e alle eventuali questioni risarcitorie, comunque attinenti alle procedure ed ai provvedimenti dell'amministrazione pubblica o dei soggetti alla stessa equiparati concernenti la produzione di energia elettrica da fonte nucleare, i rigassificatori, i gasdotti di importazione, le centrali termoelettriche di potenza termica superiore a 400 MW nonche' quelle relative ad infrastrutture di trasporto ricomprese o da ricomprendere nella rete di trasmissione nazionale o rete nazionale di gasdotti», al comma 3 prevede il rilevo di ufficio della relativa incompetenza ed al successivo comma 5 dispone: «Le norme del presente articolo si applicano anche ai processi in corso alla data di entrata in vigore della presente legge e l'efficacia delle misure cautelari emanate da un'autorita' giudiziaria diversa da quella di cui al comma 1, permane fino alla loro modifica o revoca da parte del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con Sede in Roma, dinanzi al quale la parte interessata ha l'onere di riassumere il ricorso e l'istanza cautelare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge». 4. Questo giudice ha definito il ricorso n. 362/2011 suddetto con la sentenza sezione VI 14 novembre 2011, n. 6002, e lo ha accolto esclusivamente sulla questione concernente la competenza, testualmente dichiarando in materia l'incompetenza del Tribunale amministrativo regionale per la Calabria e la competenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sede di Roma. In motivazione, ha osservato che giudizio in esame, concernente come si e' detto la trasmissione di energia elettrica mediante una struttura di rilievo nazionale, risultava pendente alla data di entrata in vigore della legge n. 99/2009, ovvero al 15 agosto di quell'anno, e avrebbe dovuto essere sottoposto alle norme relative. Ha poi rilevato che la norma sulla competenza, ovvero l'art. 41 di cui si e' detto, era stata nel frattempo abrogata dall'art. 4, comma 1, lettera 43, di cui all'allegato 4 del codice del processo amministrativo, entrato in vigore il 16 settembre 2010, e sostituita con una norma di identico contenuto, ovvero l'art. 135, comma 1 c.p.a., sempre nel senso della competenza funzionale inderogabile del Tribunale amministrativo del Lazio; nel silenzio della norma abrogatrice sui giudizi in corso, ha ritenuto di applicare i principi generali sulla successione delle norme nel tempo; ha quindi concluso appunto per la competenza esclusiva del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sede di Roma, in sintesi perche' cio' prevedeva la norma che disciplinava la materia al tempo di causa; ha infine aggiunto che sarebbe stato il giudice competente a pronunciarsi, ove del caso, sulla tempestivita' della riassunzione del giudizio nei sessanta giorni previsti dall'art. 41, comma 5 citato. 5. Gli interessati hanno quindi riassunto il giudizio avanti il T.A.R. del Lazio, Sede di Roma, proponendo il ricorso iscritto al n. 494/2012 R.G., che con la sentenza meglio indicata in epigrafe, tale giudice ha dichiarato estinto perche' appunto non riassunto entro i sessanta giorni di cui sopra. 6. I ricorrenti nel citato ricorso n. 494/2012, hanno proposto impugnazione contro tale sentenza, con appello che con il primo motivo contesta la pronuncia di estinzione, e con i restanti ripropone tutti quelli gia' proposti in primo grado, con il ricorso principale e con i motivi aggiunti. 7. Nel primo motivo, che qui direttamente rileva, sostengono anzitutto che la norma dell'art. 41, comma 5 sopra citata, la quale ha loro imposto di riassumere il giudizio pendente entro sessanta giorni dalla propria entrata in vigore, non si applicherebbe al caso concreto, ma solo a quello diverso in cui nel giudizio in origine instaurato fosse stata concessa una misura cautelare, cosa che in questo caso pacificamente non e' avvenuta. Per il caso poi in cui tale interpretazione si ritenesse non condivisibile, invitano questo giudice a sollevare eccezione di legittimita' costituzionale della norma, sotto il profilo di cui subito si dira'. 8. Hanno resistito l'impresa proprietaria dell'elettrodotto con atto 17 dicembre 2015 e memoria 18 giugno 2019, nonche' il Ministero, con atto 11 gennaio 2016, e la Prefettura, con atto 3 giugno 2019, ed hanno chiesto che l'appello sia respinto. 9. I ricorrenti, con memoria 10 giugno e replica 21 giugno 2019, hanno ribadito le proprie asserite ragioni. 10. All'udienza del giorno 4 luglio 2019, la sezione ha trattenuto il ricorso in decisione. 11. All'esito, la sezione stessa ritiene di sollevare d'ufficio la questione di legittimita' costituzionale della norma sulla competenza nei giudizi in corso di cui si e' detto, ovvero del sopra citato art. 41, comma 5 della legge 23 luglio 2009, n. 99, nella parte in cui - in materia di controversie attinenti alle procedure ed ai provvedimenti dell'amministrazione pubblica o dei soggetti alla stessa equiparati concernenti la produzione di energia elettrica ed in particolare relative ad infrastrutture di trasporto, ricomprese o da ricomprendere nella rete di trasmissione nazionale come quella per cui e' causa - prevede un onere di riassumere il ricorso avanti il T.A.R. del Lazio, Sede di Roma, entro sessanta giorni decorrenti dalla data di entrata in vigore della legge stessa, anziche' dalla data della ricezione dell'avviso dell'onere di riassunzione, ritenendola rilevante e non manifestamente infondata. 12. In proposito, il collegio osserva anzitutto che la questione e' rilevante, perche' le norme citate sono certamente applicabili alla fattispecie oggetto del giudizio, nel senso voluto, per tutte, dalle sentenze di codesta Corte 15 giugno 2016, n. 174 e 29 marzo 1983, n. 77. 12.1 La norma dell'art. 41, comma 5, come si ripete per chiarezza, prevede che «la parte interessata ha l'onere di riassumere il ricorso e l'istanza cautelare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge». Il giudice di I grado la ha correttamente ritenuta applicabile a questo giudizio a quo, perche' esso e' stato instaurato prima dell'entrata in vigore del codice del processo amministrativo, conformemente a quanto affermato, per tutte, da C.d.S. A.P. 13 luglio 2011, n. 12, e quindi la sua abrogazione per effetto dell'entrata in vigore del codice stesso non rileva ai fini di una possibile declaratoria di incostituzionalita'. 12.2 In secondo luogo, la conseguenza del mancato rispetto dell'onere di riassunzione e' l'estinzione del processo, ancora come correttamente affermato dal giudice di I grado, e come risulta dal principio generale dell'art. 50 c.p.c., pacificamente ritenuto applicabile al processo amministrativo. E l'interpretazione fatta propria da costante giurisprudenza amministrativa, fra le molte da T.A.R. Calabria, Catanzaro sezione I 2 febbraio 2017, n. 135 e sezione II 10 gennaio 2013, n. 11; da T.A.R. Campania, Napoli sezione V 10 settembre 2012, n. 3840, sezione V 27 settembre 2012, n. 3989, sezione V 27 dicembre 2011, n. 6114, sezione V 8 novembre 2011, n. 5183; da T.A.R. Toscana sezione II 14 aprile 2011, n. 693 e da T.A.R. Emilia-Romagna, Parma sezione I 16 settembre 2010, n. 437. Va solo aggiunto, per completezza, che la dichiarazione di estinzione comporta che si estingua anche l'azione, ovvero la pretesa sostanziale, cosi' come ritenuto da T.A.R. Toscana n. 693/2011, che infatti preferisce decidere in di «improcedibilita'», senza pero' che la sostanza della decisione muti. E' comunque evidente che, se la norma in questione venisse dichiarata incostituzionale, il primo motivo di appello dovrebbe essere accolto, e la decisione, di estinzione pronunciata in I grado dovrebbe comunque essere sostituita da una decisione diversa, di rito o di merito che essa possa essere. 12.3 La suddetta conclusione va ribadita anche perche', contrariamente a quanto sostiene la parte alle pp. 30 e ss. del ricorso in appello, dell'art. 41, comma 5 in questione, non e' possibile l'interpretazione costituzionalmente orientata di cui sopra si e' detto. La parte stessa ha affermato infatti che sarebbe possibile interpretare la norma nel senso che essa faccia salvo il regime ordinario della riassunzione della causa davanti al giudice dichiarato competente, e si applichi al solo caso particolare in cui il giudice non competente abbia pronunciato una misura cautelare di cui si intenda conservare l'effetto. Se cosi' fosse, la rilevanza della norma verrebbe meno, perche' nel caso di specie, pacificamente, misure cautelari non ne sono state adottate, e la disciplina ordinaria della riassunzione, dopo la pronuncia di appello n. 6002/2011 di cui si e' detto, e' stata rispettata. Si tratta pero' di un'interpretazione contraria al diritto vivente, intendendo per tale la prassi sopra richiamata dei T.A.R., che sono i giudici chiamati in prima battuta ad applicare la norma - ex plurimis T.A.R. Calabria, Sezione di Catanzaro n. 1623 del 2017; T.A.R. Campania, Napoli, sezione V, 10 settembre 2012, n. 3840; T.A.R. Calabria, Sezione di Catanzaro n. 135 del 2017; T.A.R. Lazio n. 10755 del 2015 - e soprattutto non giustificata dalla lettera della norma in esame. 13. La questione di legittimita' costituzionale di che trattasi risulta altresi' non manifestamente infondata, in base alle argomentazioni esposte da codesta Corte nella sentenza 16 aprile 1998, n. 111, pronunciata su un caso analogo, argomentazioni alle quali ci si richiama. 13.1 In primo luogo, va puntualizzato che, ad avviso di questo giudice, la possibile incostituzionalita' della norma non risiede nel fatto che essa abbia modificato la competenza, accentrandola in modo inderogabile presso il T.A.R. del Lazio nella Sede di Roma. Si ricorda che codesta Corte, ad esempio nelle sentenze 26 giugno 2007, n. 237 e n. 239, ha ritenuto non irragionevoli norme come quella in esame, che hanno accentrato la competenza per taluni ricorsi giurisdizionali amministrativi presso il T.A.R. del Lazio, Sede di Roma, dato che cio', in materie di interesse nazionale, puo' rispondere ad un'esigenza di specializzazione del giudice e di uniformita' di decisione, senza che si determini alcun sostanziale impedimento all'esercizio della tutela giurisdizionale. 13.2 Questo giudice dubita pero', in relazione all'art. 24 della Costituzione, della conformita' a Costituzione, di quanto la norma prevede sotto il profilo della decorrenza del termine assegnato per provvedere all'onere di riassunzione. Cosi' come affermato da codesta Corte nella sentenza n. 111/1998, in generale la norma dell'art. 24 non impone di far conseguire al cittadino la tutela giurisdizionale sempre nello stesso modo e con i medesimi effetti, e non vieta quindi alla legge ordinaria di subordinare l'accesso a tale tutela a controlli e condizioni, purche' con cio' non si impongano oneri o modalita' tali da rendere l'esercizio del diritto di difesa o lo svolgimento di attivita' processuale impossibili o estremamente difficili. Sempre secondo la sentenza n. 111/1998, la Costituzione non vieta quindi, in linea di principio, di introdurre nel processo un onere generalizzato di istanza di trattazione o di fissazione di udienza, con comminatoria di estinzione del processo decorso un periodo ragionevole di inattivita' processuale, dato che presentare un'istanza di tal tipo, in astratto, non rappresenta un adempimento vessatorio, o ingiustificatamente gravoso per le parti, o di per se' irragionevole. 13.3 La ragionevolezza di una norma in tal senso, ancora secondo la sentenza n. 111/1998, va allora verificata in concreto, anzitutto sotto il profilo del termine assegnato per provvedere. Codesta Corte, nella sentenza citata ed altrove, ad esempio nella sentenza 10 novembre 1999, n. 427, ha ritenuto in se' congrui termini compresi entro un intervallo che va dai sei mesi ai trenta giorni; ha ritenuto pero' che particolare attenzione vada riservata al profilo cui ci si e' riferiti, relativo alla decorrenza del termine. La sentenza in questione e' stata pronunciata, come e' noto, con riferimento ad una norma di legge che prevedeva l'estinzione dei giudizi pendenti avanti l'allora esistente commissione tributaria centrale nel caso in cui non venisse presentata entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge stessa un'apposita istanza di trattazione, essa pero' contiene argomenti ad avviso di questo giudice di valore del tutto generale. 13.4 In tal senso, la sentenza n. 111/1998 afferma che nell'ordinamento tutela un ragionevole e preciso affidamento delle parti a che il processo si svolga secondo le norme vigenti nel momento in cui esse lo hanno instaurato, e che a fronte di cio' e' irragionevole introdurre una innovativa comminatoria di estinzione per la mancanza di un ulteriore adempimento di impulso processuale, alternativo alla possibilita' di trasferire l'esame ad altro organo giurisdizionale, adempimento configurato come eccezionale e derogatorio rispetto al sistema, senza prevedere che il termine per l'adempimento decorra da un avviso o comunicazione alle parti interessate. Va considerato infatti che in generale la giurisprudenza di codesta Corte considera casi paradigmatici di violazione dell'art. 24 della Costituzione, perche' l'esercizio di un diritto processuale e' stato reso eccessivamente difficile, quelli in cui il decorso di un termine di decadenza e' ricollegato a un dato fatto processuale e non all'avviso di quel fatto che sia stato dato alle parti interessate: per tutte, le sentenze 22 aprile 1986, n. 102, 30 aprile 1986, n. 120 e 27 giugno 1986, n. 156. 13.5 Il principio ovviamente non puo' valere per un solo tipo di processo, e la sentenza n. 111/1998 lo riferisce espressamente anche al processo amministrativo. In motivazione, infatti, osserva che la estinzione del processo per inattivita' delle parti, in caso di mancanza di impulso processuale, non rappresenta una novita' in senso assoluto, poiche' si ritrova anche in altri procedimenti ed in particolare costituisce, lo strumento normale di impulso processuale nel processo amministrativo, ove si riconnette alla mancata presentazione della domanda di fissazione. La sentenza osserva pero' che nello stesso processo amministrativo la previsione di cui si tratta e' accompagnata da particolare cautela in ordine al momento di decorrenza del termine, che in occasione di mutamenti di competenze ed istituzione di nuovi organi viene identificato con il momento della ricezione dell'avviso della segreteria, come previsto a suo tempo dall'art. 42, comma 5 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034. 14. Applicando tali principi al caso di specie, il collegio dubita della conformita' dell'art. 41, comma 5 in esame al disposto dell'art. 24 della Costituzione sul diritto di difesa ed altresi' all'art. 111 della Costituzione sul giusto processo, nonche' all'art. 3 della Costituzione sul principio di ragionevolezza delle scelte legislative, potendosi ritenere, in sintesi, che l'assetto delle regole processuali sulla riassunzione che lega quest'ultima ad un mero fatto processuale quale l'entrata in vigore della legge, senza accorgimenti di garanzia, appare del tutto irragionevole, violativo del diritto di difesa (che viene leso dall'adozione di un termine di decorrenza «automatico» per un adempimento al quale e' legato un importante effetto estintivo del processo derivante da una legge sopravvenuta che ha inciso sul giudice competente, concentrando le controversie presso il T.A.R. del Lazio) e conducente ad un processo non equo (anche ai sensi delle norme CEDU) e non giusto perche' suscettibile di determinare un'estinzione a sorpresa del giudizio. Tutto va poi esaminato alla luce del richiamato precedente del giudice delle leggi su analoga questione. 14.1 La norma prevede un termine di per se' non irragionevole, che e' quello di sessanta giorni, pari oltretutto a quello ordinario per proporre ricorso giurisdizionale amministrativo, che in concreto pero' e' risultato pari a tre mesi e mezzo. Si tratta infatti di un termine di tipo processuale, come correttamente ritenuto dalla difesa della parte intimata appellata (memoria 18 giugno 2019, p. 11), e quindi soggetto alla relativa sospensione, dato che la norma e' entrata in vigore il 15 agosto 2009: la scadenza si identifica quindi con la data del 14 novembre 2009. 14.2 La norma pero' prevede che il termine decorra in via automatica, senza prevedere, come vuole la sentenza n. 111/1998, alcun «accorgimento procedurale di garanzia» che assicuri, nei termini esposti, una «conoscibilita' minima dell'obbligo di adempimento», come un avviso alle parti che avverta della necessita' di rispettarlo e delle conseguenze che dal mancato rispetto derivano, nel che ad avviso di questo giudice risiede la sua irragionevolezza. 14.3 L'intimata appellata (memoria cit. pp. 13, p. 1.4) ha contestato tale conclusione, sostenendo che le argomentazioni della sentenza n. 111/1998 sarebbero inapplicabili al caso di specie, perche' coerenti esclusivamente con la struttura particolarmente semplificata del processo tributario, cui come si e' detto la sentenza stessa si riferisce, e nel quale, all'epoca, nemmeno era richiesta una difesa tecnica. Si osserva pero' in contrario che la situazione di non facile conoscibilita' di un onere previsto a pena di estinzione del processo e della propria pretesa sostanziale pregiudica di per se' il diritto di difesa, a prescindere dalla maggiore o minore complessita' tecnica del processo cui essa si riferisce. 14.4 Alla luce delle considerazioni che precedono, appare pertanto rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 41, comma 5 della legge 23 luglio 2009, n. 99, nella parte in cui - in materia di controversie attinenti alle procedure ed ai provvedimenti dell'amministrazione pubblica o dei soggetti alla stessa equiparati concernenti la produzione di energia elettrica ed in particolare relative ad infrastrutture di trasporto ricomprese o da ricomprendere nella rete di trasmissione nazionale - prevede un onere di riassumere il ricorso avanti il T.A.R. del Lazio, Sede di Roma, entro sessanta giorni decorrenti dalla data di entrata in vigore della legge stessa, anziche' dalla data della ricezione dell'avviso dell'onere di riassunzione. 15. Ai sensi dell'art. 23, secondo comma della legge 11 marzo 1953, n. 87, il presente giudizio davanti al Consiglio di Stato e' sospeso fino alla definizione dell'incidente di costituzionalita'. 16. Ai sensi dell'art. 23, quarto comma della legge 11 marzo 1953, n. 87, la presente ordinanza sara' comunicata alle parti costituite e notificata al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale - Sezione Sesta, pronunciando sul ricorso n. 10114/2015 R.G., cosi' provvede: a) dichiara rilevante e non manifestamente infondata ai sensi e sotto i profili di cui in motivazione la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 41, comma 5 della legge 23 luglio 2009, n. 99, nella parte in cui - in materia di controversie attinenti alle procedure ed ai provvedimenti dell'amministrazione pubblica o dei soggetti alla stessa equiparati concernenti la produzione di energia elettrica ed in particolare relative ad infrastrutture di trasporto ricomprese o da ricomprendere nella rete di trasmissione nazionale - prevede un onere di riassumere il ricorso avanti il T.A.R. del Lazio, Sede di Roma, entro sessanta giorni decorrenti dalla data di entrata in vigore della legge stessa, anziche' dalla data della ricezione dell'avviso dell'onere di riassunzione; b) dispone la sospensione del presente giudizio davanti al Consiglio di Stato ed ordina alla Segreteria l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; c) ordina che, a cura della Segreteria, la presente ordinanza sia comunicata alle parti costituite e notificata al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Cosi' deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 luglio 2019, con l'intervento dei magistrati: Giancarlo Montedoro, Presidente; Diego Sabatino, consigliere; Silvestro Maria Russo, consigliere; Francesco Gambato Spisani, consigliere, estensore; Giordano Lamberti, consigliere. Il Presidente: Montedoro L'estensore: Gambato Spisani