N. 36 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 settembre 2019
Ordinanza del 23 settembre 2019 della Corte d'appello di Firenze nel procedimento civile promosso da La Mastra Fabrizia contro Ministero della giustizia. Processo penale - Equa riparazione per violazione della ragionevole durata del processo - Computo della durata del processo - Previsione che il processo penale si considera iniziato con l'assunzione della qualita' di parte civile della persona offesa dal reato. - Legge 24 marzo 2001, n. 89 (Previsione di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo e modifica dell'art. 375 del codice di procedura civile), come modificata dall'art. 55 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 134, art. 2, comma 2-bis.(GU n.11 del 11-3-2020 )
CORTE DI APPELLO DI FIRENZE Seconda sezione civile Il consigliere designato, dott. Maria Teresa Paternostro, ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile iscritta al n. 387/2019 V.G. promossa da Fabrizia La Mastra (avv. Roberta Roviello), contro Ministero della giustizia esaminato il ricorso ex art. 3, legge n. 89/2001 depositato in data 17 giugno 2019 nonche' la documentazione ad esso allegata e quella prodotta dal difensore con la una integrativa del 28 agosto 2019; Rilevato 1) Fabrizia La Mastra ha chiesto equa riparazione per la eccessiva durata del procedimento penale n. 1865/2013 R.G.N.R. a carico di Alessandro Gestri; 2) la ricorrente ha premesso di aver presentato in data 11 dicembre 2012 denuncia-querela nei confronti dell'ex compagno, Alessandro Gestri, a carico del quale veniva iscritto in data 24 gennaio 2013 il procedimento penale n. 1865/2013 per i reati di cui agli articoli 582 e 660 del codice penale; 3) le indagini penali si protraevano ingiustificatamente ed improduttivamente oltre il termine previsto dalla legge per la definizione del procedimento penale, anche in spregio alle richieste di sollecito all'esercizio dell'azione penale depositate dal proprio legale in data 3 dicembre 2013 (con allegata documentazione medica relativa alle lesioni subite ed ai postumi delle stesse) e in data 17 marzo 2015; 4) nel verbale di sommarie informazioni rilasciate alla p.g. il 7 luglio 2018 ella aveva ribadito il proprio interesse nella prosecuzione dell'azione penale riservandosi di costituirsi parte civile e producendo documentazione medica e notula di pagamento del professionista, medico-legale, cui si era rivolta; 5) dopo aver ottenuto certificazione ai sensi dell'art. 335 del codice di procedura penale, in data 29 novembre 2018 le veniva notificata, quale persona offesa, richiesta di archiviazione dalla Procura della Repubblica di Prato in quanto le violazioni ipotizzate risultavano estinte per prescrizione; Ritenuto secondo l'art. 2, comma 2-bis, della citata legge n. 89 (introdotto dal decreto-legge n. 83/2012 convertito in legge n. 134/12) «il processo penale si considera iniziato con l'assunzione della qualita' di (...) parte civile (...)»; facendo applicazione di tale criterio, pertanto, il ricorso andrebbe respinto; la normativa tuttavia si pone in contrasto con la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo (cfr. decisione 7 dicembre 2017 in causa Arnoldi contro Italia) che in un caso analogo a quello in esame, facendo riferimento al proprio orientamento in ordine alla nozione di «parte», ha precisato che questa ha natura sostanziale e non e' rimessa ai formalismi della legislazione nazionale dei paesi sottoscrittori: «Da questo punto di vista, nel processo penale italiano, puo' essere considerata parte ai fini convenzionali non solo la parte civile formalmente costituita, ma anche la parte lesa nelle indagini preliminari o, comunque, il soggetto che ha avviato la procedura con la propria denuncia»; lo stesso giudice delle leggi nella sentenza n. 184 del 2015 ha affermato che «una volta penetrato nel nostro ordinamento, per effetto della giurisprudenza europea e con valore di fonte sovra-legislativa, il principio che collega alla lesione del diritto alla ragionevole durata del processo, sancito dall'art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, una pretesa riparatoria nei confronti dello Stato, viene da se' che l'equa riparazione avra' ad oggetto non soltanto la fase che la normativa nazionale qualifica "processo", ma anche le attivita' procedimentali che la precedono, ove idonee a determinare il danno al cui ristoro e' preposta l'azione. In altri termini, se si individua nella Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali il parametro interposto con cui confrontare la legittimita' delle scelte legislative in punto di equa riparazione, la nozione di "processo" si rende per cio' stesso autonoma dalle ripartizioni per fasi dell'attivita' giudiziaria finalizzata all'accertamento dei reati, per come viene disegnata dal legislatore nazionale»; la questione del ritenuto contrasto fra una disposizione della Corte europea dei diritti dell'uomo ed una norma di diritto interno si pone nei termini attestati nella giurisprudenza della Corte costituzionale a partire dalle sentenze nn. 348 e 349 del 2007 (e confermati dalle sentenze nn. 39/2008, 239 e 311 del 2009); da essa risulta che «l'art. 117, primo comma, Costituzione, ed in particolare l'espressione "obblighi internazionali" in esso contenuta, si riferisce alle norme internazionali convenzionali anche diverse da quelle comprese nella previsione degli articoli 10 e 11 Costituzione. Cosi' interpretato, l'art. 117, primo comma, Costituzione, ha colmato la lacuna prima esistente quanto alle norme che a livello costituzionale garantiscono l'osservanza degli obblighi internazionali pattizi. La conseguenza e' che il contrasto di una norma nazionale con una norma convenzionale, in particolare della CEDO, si traduce in una violazione dell'art. 117, primo comma, Costituzione» (Corte costituzionale sentenza n. 311 del 2009); si ritiene di dover sollevare la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 2-bis, della legge 24 marzo 2001, n. 89 nella parte in cui tale norma, ai fini del computo della ragionevole durata del processo penale, non prende in considerazione la persona offesa, che sia anche danneggiata dal reato, allorche' quest'ultima abbia esercitato gia' nel corso delle indagini preliminari uno dei diritti e delle facolta' che le sono riconosciuti dal codice di rito; la questione e' rilevante in causa non solo per la evidente applicabilita' alla fattispecie della norma richiamata, ma anche perche' e' proprio a causa del termine non ragionevole dell'attivita' investigativa che, nella fase delle indagini preliminari, e' stata chiesta l'archiviazione del procedimento per intervenuta prescrizione del reato; quanto alla non manifesta infondatezza, non puo' non osservarsi come un'interpretazione che escludesse dal computo del «termine ragionevole» la fase del procedimento anteriore alla costituzione di parte civile si risolverebbe in una violazione sia dell'art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, sia della stessa legge n. 89/2001, che all'art. 6 citato si richiama espressamente, avuto riguardo alle finalita' perseguite dal giudizio di riparazione e sollecitate dall'osservanza del canone del giusto processo in ambito convenzionale. La nozione di causa, o di processo, considerata dalla Convenzione europea e dalla legge n. 89 del 2001, si identifica, infatti, con qualsiasi procedimento si svolga dinanzi agli organi pubblici di giustizia per l'affermazione o la negazione di una posizione giuridica di diritto o di soggezione facente capo al soggetto che il processo promuova o subisca; e' ben vero che affinche' l'art. 6 trovi applicazione, il diritto di far perseguire o condannare terze persone deve necessariamente andare di pari passo con l'esercizio da parte della vittima del suo diritto di intentare un'azione civile, offerta dal diritto interno, anche soltanto al fine di ottenere una riparazione simbolica o la tutela di un diritto di carattere civile; ma la Corte europea dei diritti dell'uomo ha avuto modo di affermare che, a prescindere dallo status formale della persona offesa nell'ambito del procedimento penale italiano, cio' che e' decisivo per l'applicabilita' dell'art. 6 e' sapere: a) se la ricorrente intendesse, in sostanza, ottenere la tutela del suo diritto civile o «far valere il suo diritto a una riparazione» nell'ambito del procedimento penale; b) se l'esito della fase delle indagini preliminari fosse determinante per il «diritto di carattere civile in causa»; nel caso di specie, la ricorrente ha manifestato l'intenzione di ottenere la tutela di un diritto di carattere civile: la causa riguardava una denuncia per lesioni e molestie produttive di danni risarcibili, nella quale oltre a chiedere la punizione del colpevole la querelante manifestava di volersi costituire parte civile nel procedimento penale e chiedeva di essere avvisata dell'eventuale archiviazione ai sensi dell'art. 408 del codice di procedura penale; inoltre, vi e' da ritenere che nel diritto italiano la posizione della parte lesa che, in attesa di potersi costituire parte civile, ha esercitato nel procedimento penale almeno uno dei diritti e facolta' espressamente riconosciuti dalla legge alla vittima del reato (quale il diritto di ricevere informazioni sull'esistenza e sulle modalita' di esercizio di tali diritti e facolta', di chiedere al pubblico ministero la produzione immediata di un mezzo di prova, di nominare un rappresentante legale, di presentare memorie e di indicare elementi di prova) - l'esercizio delle quali puo' rivelarsi fondamentale per una costituzione efficace di parte civile - non differisca, in sostanza, per quanto riguarda l'applicabilita' dell'art. 6, da quella della parte civile (cfr. decisione 7 dicembre 2017 in causa Arnoldi contro Italia, cit.); nel caso di specie, la ricorrente ha chiesto espressamente di essere avvisata dell'eventuale archiviazione della causa, ha esercitato i diritti sanciti dal codice di procedura penale in particolare quello di produrre documenti, ha inoltre sollecitato varie volte l'azione della procura e la conclusione rapida dei procedimento, dando prova di aver nutrito, in pendenza dell'attivita' investigativa, una legittima aspettativa in ordine alla futura tutela dei propri interessi civili nell'ambito del procedimento penale; cio' facendo, la ricorrente ha manifestato l'interesse che attribuiva al fatto di chiedere, al momento opportuno, una riparazione per la violazione del suo diritto di carattere civile di cui poteva, in maniera difendibile, sostenere di essere titolare; ne' rileva la possibilita', offerta dal diritto interno, di utilizzo della via civile in alternativa a quella penale dal momento che quando l'ordinamento giuridico interno offre alla persona sottoposta alla giustizia un ricorso volto alla tutela di un diritto di carattere civile, lo Stato ha l'obbligo di vigilare affinche' quest'ultimo goda delle garanzie fondamentali dell'art. 6, e questo anche quando i ricorrenti, in base alle norme interne, potrebbero o avrebbero potuto intentare un'azione diversa; di conseguenza, il periodo da considerare nell'ambito di un procedimento penale dal punto di vista del «termine ragionevole» dell'art. 6 § 1, per la persona che sostiene di essere stata lesa da un reato, dovrebbe essere calcolato dal momento in cui la stessa esercita uno dei diritti e delle facolta' che le sono espressamente riconosciuti dalla legge, dimostrando cosi' l'interesse che la stessa attribuisce alla riparazione pecuniaria del danno subito o alla tutela del suo diritto di carattere civile; ne' puo' ipotizzarsi un'interpretazione convenzionalmente orientata della norma da applicare che non si traduca nella sua sostanziale e intera disapplicazione;
P.Q.M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, ai fini del giudizio in corso, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 2-bis, della legge 24 marzo 2001, n. 89, come modificata dall'art. 55 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito nella legge 7 agosto 2012, n. 134, nella parte in cui prevede che il processo penale si considera iniziato con l'assunzione della qualita' di parte civile della persona offesa dal reato per contrasto con l'art. 117 Costituzione in relazione all'art. 6 Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali. Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e sospende il giudizio in corso. Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa, nonche' al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Firenze, 19 settembre 2019 Il Consigliere designato: Paternostro