N. 51 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 12 giugno 2020
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 12 giugno 2020 (del Presidente del Consiglio dei ministri). Energia - Norme della Regione Lombardia - Disciplina delle modalita' e delle procedure di assegnazione delle concessioni di grandi derivazioni elettriche in Lombardia e della determinazione del canone - Regime delle opere e dei beni - Passaggio delle opere definite dall'art. 25, comma primo, del r.d. n. 1775 del 1933 in proprieta' alla Regione - Previsione che gli oneri per la realizzazione degli interventi di manutenzione necessari per la sicurezza restano a carico del concessionario uscente sino alla scadenza del termine per il subentro dell'aggiudicatario. Energia - Norme della Regione Lombardia - Disciplina delle modalita' e delle procedure di assegnazione delle concessioni di grandi derivazioni elettriche in Lombardia e della determinazione del canone - Disciplina con regolamento regionale delle procedure di assegnazione delle concessioni. Energia - Norme della Regione Lombardia - Disciplina delle modalita' e delle procedure di assegnazione delle concessioni di grandi derivazioni elettriche in Lombardia e della determinazione del canone - Previsione che la Giunta regionale stipula intese con la Regione o Provincia autonoma confinante per definire i rapporti necessari a procedere all'assegnazione della concessione in caso di grandi derivazioni che prelevano acqua da corpi idrici che fungono da confine con altra Regione o che interessano anche il territorio di altre Regioni - Previsione che con regolamento regionale sono disciplinate le modalita' e le procedure di valutazione dell'interesse pubblico all'uso delle acque - Attivita' tecnico-amministrativa, nelle procedure di assegnazione, relativa a verifica o valutazione di impatto ambientale, valutazione di incidenza nei confronti dei siti di importanza comunitaria interessati, autorizzazione paesaggistica e ogni altro atto di assenso, concessione, permesso, licenza o autorizzazione svolta tramite conferenza di servizi delle amministrazioni interessate - Previsione che la Giunta regionale ha la facolta' di definire ulteriori requisiti di capacita' tecnica, organizzativa, patrimoniale e finanziaria e le relative soglie, tenuto conto della tipologia degli impianti oggetto del bando - Previsione che la Giunta regionale dispone specifici obblighi e limitazioni gestionali con particolare riguardo agli obblighi e ai vincoli inerenti alla sicurezza delle persone e del territorio. Energia - Norme della Regione Lombardia - Disciplina delle modalita' e delle procedure di assegnazione delle concessioni di grandi derivazioni elettriche in Lombardia e della determinazione del canone - Valutazioni preliminari rispetto all'avvio delle procedure per l'assegnazione di una concessione - Indizione della procedura mediante pubblicazione di un bando di assegnazione - Contenuti del bando con riguardo alla specificazione dei livelli minimi in termini di miglioramento e risanamento ambientale del bacino idrografico di pertinenza - Definizione da parte della Giunta regionale degli obiettivi minimi da conseguire mediante interventi di conservazione, miglioramento e risanamento ambientale del bacino idrografico di pertinenza. - Legge della Regione Lombardia 8 aprile 2020, n. 5 ("Disciplina delle modalita' e delle procedure di assegnazione delle concessioni di grandi derivazioni idroelettriche in Lombardia e determinazione del canone in attuazione dell'articolo 12 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 (Attuazione della Direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica), come modificato dall'articolo 11 quater del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135 (Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la Pubblica Amministrazione) convertito, con modificazioni, dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12"), artt. 2, commi 1, 2, 3, 4, 5 e 6; 4, comma 2; 6; 10, commi 1, 2, lettere b), b1) e b2), e 3; 11; 12, comma 4; 13, comma 1, lettera h); 15, comma 1, lettera a); e 17, comma 1.(GU n.27 del 1-7-2020 )
Ricorso ex art. 127 della Costituzione per il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato, codice fiscale 80224030587, PEC per il ricevimento degli atti ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12 legalmente domicilia; Contro la Regione Lombardia, codice fiscale 80050050154, in persona del Presidente pro tempore, con sede in Milano, piazza Citta' di Lombardia n. 1; Per la declaratoria di illegittimita' costituzionale della legge della Regione Lombardia 8 aprile 2020, n. 5, pubblicata nel B.U.R. Supplemento n. 15 del 10 aprile 2020, recante: «Disciplina delle modalita' e delle procedure di assegnazione delle concessioni di grandi derivazioni idroelettriche in Lombardia e determinazione del canone in attuazione dell'art. 12 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 (Attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica), come modificato dall'art. 11-quater del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135 (Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione) convertito, con modificazioni, dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12», limitatamente agli articoli 2, commi 1, 2, 3, 4, 5 e 6; 10, commi 1, 2, lettere b), b1) e b2), e 3; articoli 4, comma 2; 6; 12, comma 4; 15, comma 1, lettera a); 11; 13, comma 1, lettera h); 17, comma 1; come da delibera del Consiglio dei ministri del 5 giugno 2020. Nel B.U.R. del 10 aprile 2020, Supplemento n. 15, e' stata pubblicata la legge regionale della Lombardia 8 aprile 2020, n. 5, recante: «Disciplina delle modalita' e delle procedure di assegnazione delle concessioni di grandi derivazioni idroelettriche in Lombardia e determinazione del canone in attuazione dell'art. 12 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 (Attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica), come modificato dall'art. 11-quater del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135 (Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione) convertito, con modificazioni, dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12». Il Governo ritiene che tale legge sia censurabile nelle disposizioni supra indicate. La legge regionale qui impugnata, infatti, disciplina le modalita' e le procedure di assegnazione delle concessioni di grandi derivazioni idroelettriche in Lombardia e la determinazione del canone, in attuazione dell'art. 12 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 (Attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica). Numerose disposizioni di tale legge regionale, sono censurabili in quanto presentano aspetti di illegittimita' costituzionale, con riferimento agli articoli 9 e 117, secondo comma, lettere l) e s) della Costituzione, che attribuiscono allo Stato la competenza legislativa in materia di ordinamento civile e tutela del paesaggio, violando altresi' lo stesso art. 117, terzo comma della Costituzione, con riguardo alla materia produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia, e gli articoli 42 e 43 della Costituzione, i quali impongono alla legge di riconoscere un indennizzo ai privati che subiscano, anche attraverso l'imposizione di obblighi, limitazioni nella disponibilita' o nell'utilizzo di beni di loro proprieta' o comunque necessari per lo svolgimento di un'attivita' d'impresa. Propone pertanto questione di legittimita' costituzionale ai sensi dell'art. 127, comma 1 della Costituzione per i seguenti Motivi 1. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 2, commi 1, 2, 3, 4, 5 e 6 della legge Regione Lombardia 8 aprile 2020, n. 5, per contrasto con gli articoli 42, 43 e 117, secondo comma, lettera l) della Costituzione, e terzo comma, in riferimento agli articoli 25 e 26 del regio decreto n. 1775/1933; 12, decreto legislativo n. 79/1999 (norme interposte). L'art. 2 della legge regionale n. 5/2020 dispone, al comma 1, il passaggio delle opere di cui all'art. 25, comma 1, del regio decreto n. 1775/1933 (c.d. opere bagnate) in proprieta' alla Regione, cosi' come disciplinato dal legislatore statale all'art. 12, comma 1 del decreto legislativo n. 79/1999. La disposizione, tuttavia, prevede anche: l'appartenenza dei beni in parola al patrimonio della Regione; la proprieta' delle opere stesse; la possibilita' di costituire diritti di godimento diversi dalla proprieta', fermo restando il mantenimento della destinazione d'uso e la perdurante validita' della concessione nonche' diritti reali a beneficio di enti strumentali della Regione o di societa' da essa partecipate direttamente o indirettamente. Cosi' testualmente l'art. 2: «1. Alla scadenza della concessione, al termine dell'utenza e nei casi di decadenza, revoca o rinuncia delle grandi derivazioni d'acqua a scopo idroelettrico, le opere definite all'art. 25, comma 1 del regio decreto n. 1775/1933 passano, senza compenso, in proprieta' della Regione in stato di regolare funzionamento, ivi inclusi gli impianti, le attrezzature e i sistemi necessari, in via diretta ed esclusiva, al loro regolare funzionamento, controllo ed esercizio. 2. Le opere di cui al comma 1 appartengono al patrimonio della Regione ai sensi dell'art. 12, comma 1 del decreto legislativo n. 79/1999 e non possono essere sottratte alla loro destinazione, salvo che la Regione accerti un prevalente interesse pubblico ad un uso diverso delle acque incompatibile con il mantenimento dell'uso idroelettrico o il venir meno della funzionalita' tecnica delle opere per la prosecuzione dell'utilizzo idroelettrico. 3. La proprieta' delle opere di cui al comma 1, funzionali alla produzione di energia idroelettrica, non puo' essere ceduta a terzi. Sulle medesime opere possono essere costituiti, a favore dei terzi assegnatari delle concessioni a termini della presente legge, diritti di godimento diversi dalla proprieta', fermo restando il mantenimento della destinazione d'uso e la perdurante validita' della concessione. Su tali opere possono, inoltre, essere costituiti diritti reali a beneficio di enti strumentali della Regione o di societa' da essa partecipate direttamente o indirettamente. Esse possono essere, altresi', conferite agli stessi soggetti, ferma restando la loro inalienabilita' se ed in quanto destinate alla produzione di energia idroelettrica». La stessa norma dispone inoltre, ai commi 5 e 6, l'acquisizione dei beni diversi da quelli di cui al comma 1 («Ai fini dell'acquisizione dei beni diversi da quelli di cui al comma 1, nel caso cio' fosse necessario per l'assegnazione della concessione, si applicano le disposizioni di cui all'art. 25, comma 2 e seguenti, del regio decreto n. 1775/1933, con corresponsione all'avente diritto di un prezzo determinato secondo le modalita' e i criteri indicati all'art. 12, comma 1-ter, lettera n) del decreto legislativo n. 79/1999. La giunta regionale puo' avvalersi dell'apporto di soggetti terzi, di societa' da essa partecipate direttamente o indirettamente, o di propri enti strumentali per la valutazione del prezzo spettante. Nel caso non vi sia accordo sulla determinazione del prezzo in applicazione dei criteri di cui al precedente periodo, la controversia e' deferita ad un collegio arbitrale costituito da tre membri, di cui uno nominato dalla giunta regionale, uno dall'interessato, il terzo d'accordo tra le parti, o in mancanza di accordo, dal Presidente del tribunale delle acque territorialmente competente. Il collegio arbitrale si esprime entro novanta giorni dalla nomina. 6. I beni di cui al comma 5 possono essere acquisiti dalla Regione, nei limiti delle disponibilita' di bilancio, e messi a disposizione, a parita' di condizioni, dei soggetti che partecipano alle procedure di assegnazione delle relative concessioni. Ai fini dell'applicazione del termine triennale di avviso preventivo di cui all'art. 25, comma 3 del regio decreto n. 1775/1933 si assume, per le concessioni gia' scadute alla data di entrata in vigore della presente legge, che tale preavviso possa essere effettuato entro i tre anni precedenti al termine del 31 dicembre 2023 di cui all'art. 12, comma 1-sexies del decreto legislativo n. 79/1999»). Orbene, le descritte previsioni regionali travalicano le competenze legislative regionali delegate dal legislatore statale, secondo cui, ai sensi dell'art. 12, comma 1-ter del citato decreto legislativo n. 79/1999, «... le regioni disciplinano con legge, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente disposizione e comunque non oltre il 31 marzo 2020, le modalita' e le procedure di assegnazione delle concessioni di grandi derivazioni d'acqua a scopo idroelettrico ...». Nella parte in cui disciplinano la proprieta' dei beni in questione e la costituzione di diritti di godimento e reali sui medesimi, infatti, le disposizioni impugnate invadono la competenza esclusiva dello Stato, in quanto vanno ad incidere su una materia riconducibile all'ordinamento civile ex art. 117, comma 2, lettera l), con conseguente illegittimita', esorbitando anche dalla delega conferita dal legislatore statale. La portata della norma regionale, infatti, risulta particolarmente ampia, in quanto, come detto, non solo al primo comma dispone il passaggio delle opere di cui all'art. 25, comma 1 del regio decreto n. 1775/1933 in proprieta' alla Regione (e tanto era stato gia' disciplinato dal legislatore statale all'art. 12, comma 1 del decreto legislativo n. 79/1999, proprio perche', in difetto di tale specificazione, tali beni avrebbero continuato a passare in proprieta' dello Stato, ex art. 25, regio decreto n. 1775/1933), ma disciplina anche: a) l'appartenenza dei beni in parola al patrimonio della Regione; b) la proprieta' delle opere stesse (non cedibile a terzi); c) la possibilita' di costituire «diritti di godimento diversi dalla proprieta', fermo restando il mantenimento della destinazione d'uso e la perdurante validita' della concessione»; (comma 3) «diritti reali a beneficio di enti strumentali della Regione o di societa' da essa partecipate direttamente o indirettamente» (soggetti, questi ultimi, ai quali la Regione prevede la possibilita' di conferimento delle opere, «ferma restando la loro inalienabilita' se ed in quanto destinate alla produzione di energia idroelettrica»). Le previsioni regionali travalicano evidentemente la delega conferita dal legislatore statale (art. 12, comma 1-ter, decreto legislativo n. 79/1999), secondo cui «... le regioni disciplinano con legge, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente disposizione e comunque non oltre il 31 marzo 2020, le modalita' e le procedure di assegnazione delle concessioni di grandi derivazioni d'acqua a scopo idroelettrico ...», nella parte in cui disciplinano la proprieta' dei beni in questione e la costituzione di diritti di godimento e reali sui medesimi. I beni cui il legislatore statale fa riferimento, infatti, e per i quali dispone il passaggio in proprieta' alle regioni senza diritto al compenso, sono quelli (e solo quelli) di cui all'art. 25, comma 1 del regio decreto n. 1775/1933, ovvero: tutte le opere di raccolta, di regolazione e di derivazione, principali e accessorie, i canali adduttori dell'acqua, le condotte forzate ed i canali di scarico (beni che rientrano nel demanio idrico, come puo' evincersi anche da Corte costituzionale, sentenza n. 133/2005, su conflitto di attribuzioni in materia di grandi derivazioni a scopo idroelettrico). Altra e' la facolta' di cui all'art. 25, comma 2 del citato regio decreto n. 1775/1933, ora riconosciuta in capo alle regioni: «... di immettersi nell'immediato possesso di ogni altro edificio, macchinario, impianto di utilizzazione, di trasformazione e di distribuzione inerente alla concessione, corrispondendo agli aventi diritto un prezzo uguale al valore di stima del materiale in opera, calcolato al momento dell'immissione in possesso, astraendo da qualsiasi valutazione del reddito da esso ricavabile. (...).». La stessa norma precisa all'ultimo comma che «Agli effetti del secondo comma del presente articolo, per impianti di trasformazione e distribuzione inerenti alla concessione si intendono quelli che trasportano prevalentemente energia prodotta dall'impianto cui si riferisce la concessione». La previsione regionale, invece, finisce per estendere il regime di regionalizzazione previsto per le opere «bagnate» ad una cerchia piu' ampia di beni che potrebbero ricadere nella definizione di cui all'art. 25, comma 2, regio decreto n. 1775/1993 (che ricomprende edifici, macchinari, impianti di utilizzazione, trasformazione e distribuzione inerenti la concessione) per i quali e' previsto un diverso regime di valorizzazione ai sensi dell'art. 12, comma 1-ter, lettera n) del decreto legislativo n. 79 del 1999. Oltre cio', lo stesso art. 2, al comma 4, prevede che restino a carico del concessionario uscente gli interventi di manutenzione necessari per la sicurezza, fino al subentro dell'aggiudicatario, senza prevedere che al riguardo sia riconosciuto al primo alcun indennizzo («4. Nel caso in cui il concessionario uscente abbia eseguito, a proprie spese e nel periodo di validita' della concessione, investimenti sulle opere di cui al comma 1, purche' previsti dall'atto di concessione o comunque autorizzati dall'autorita' concedente, lo stesso concessionario puo' richiedere alla Regione un indennizzo pari al valore della parte di opera non ammortizzata, fermo restando quanto previsto all'art. 26 del regio decreto n. 1775/1933. La realizzazione di interventi di manutenzione, necessari per la sicurezza, resta a carico del concessionario uscente fino al termine di cui all'art. 3, comma 12.»). Ne', per gli interventi da porre in essere tra la scadenza della concessione e il subentro dell'aggiudicatario, tale indennizzo potrebbe essere incluso nell'indennizzo in generale riconosciuto al concessionario uscente per gli investimenti, previsti dall'atto di concessione o comunque autorizzati dal concedente, realizzati nel periodo di validita' della concessione. Orbene, nella misura in cui la suddetta disciplina esclude l'indennizzo per gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria posti in essere a sue spese dal concessionario uscente per assicurare la sicurezza degli impianti (e del territorio), la stessa risulta illegittima per contrasto con l'art. 12 del decreto legislativo n. 79/1999, che non prevede ne' consente di imporre agli operatori tale genere di oneri; nonche' con l'art. 26 del regio decreto n. 1775/1933, il quale prevede espressamente che l'onere degli interventi di manutenzione straordinaria posti in essere dal concessionario nell'ultimo quinquennio della concessione sia a carico dello Stato. La norma regionale, peraltro, laddove esclude l'indennizzo per gli interventi di manutenzione anche straordinaria, introduce un ovvio disincentivo all'effettuazione di tali interventi, o comunque un incentivo alla minimizzazione degli stessi, con conseguente rilevante pericolo per la sicurezza degli impianti. La norma regionale risulta quindi in contrasto con gli articoli 117, terzo comma della Costituzione, per violazione delle sopracitate norme interposte, da considerarsi principi fondamentali in materia di produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia, integrando, altresi', un contrasto con gli articoli 42 e 43 della Costituzione. Questi ultimi, in particolare, impongono alla legge di riconoscere un indennizzo ai privati che subiscano, anche attraverso l'imposizione di obblighi, limitazioni nella disponibilita' o nell'utilizzo di beni di loro proprieta' o comunque necessari per lo svolgimento di un'attivita' d'impresa. Con conseguente ulteriore illegittimita' della relative disposizioni regionali impugnate. 2. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 10, comma 1, comma 2, lettere b), b1) e b2) e comma 3 della legge Regione Lombardia 8 aprile 2020, n. 5, per contrasto con l'art. 117, terzo comma della Costituzione, in riferimento all'art. 12, comma 1-ter, decreto legislativo n. 79/1999 e all'art. 11-quater del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135 (norme interposte). L'art. 10, comma 1 della legge impugnata lede illegittimamente l'obbligo di disciplinare con legge regionale la materia de qua, imposto dal legislatore statale; oltre cio', dal combinato disposto delle norme contenute nell'art. 10, comma 2, lettere b), b1) e b2), e comma 3, risulta l'illegittima sottrazione al procedimento unico, cui partecipano tutte le amministrazioni interessate, della fase di selezione delle proposte progettuali presentate. Nel dettaglio. Il citato art. 10, al comma 1 stabilisce che: «Con regolamento regionale sono definiti, nel rispetto di quanto previsto ai sensi della presente legge e del principio di non aggravamento del procedimento, tempi e modalita' per lo svolgimento da parte della Regione delle procedure di assegnazione di cui all'art. 9, ivi compresa la disciplina del procedimento unico per la valutazione dei progetti presentati». Per quanto qui di interesse, riguardo alle singole fasi in cui si articolano le procedure di assegnazione, l'art. 10, comma 2, prevede poi che «Le procedure di assegnazione di cui al comma 1, si articolano nelle seguenti fasi: a) adozione e pubblicazione del bando di assegnazione (...); b) procedimento unico di valutazione e selezione delle istanze e della relativa documentazione tecnico-progettuale, presentate in esito alla fase di cui alla lettera a), che comprende le seguenti attivita': b1) istruttoria e valutazione delle proposte progettuali presentate ai fini della loro selezione e individuazione della proposta progettuale su cui effettuate le successive attivita': b2) verifica o valutazione di impatto ambientale, valutazione di incidenza nei confronti dei siti di importanza comunitaria interessati, autorizzazione paesaggistica e ogni altro atto di assenso, concessione, permesso, licenza o autorizzazione, comunque denominato, previsto dalla normativa statale, regionale o locale, e conseguente adeguamento della proposta progettuale selezionata in esito all'attivita' b1)». La Regione, quindi, scompone il procedimento unico di valutazione in piu' fasi, la prima delle quali volta alla selezione - sulla base di apposita istruttoria - ed individuazione delle proposte progettuali su cui effettuare le successive attivita'. Tuttavia, al comma 3, il medesimo art. 10, viene specificato che soltanto «L'attivita' tecnico-amministrativa di cui al comma 2, lettera b2), si svolge tramite conferenza di servizi di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme sul procedimento amministrativo), alla quale partecipano, ai sensi dell'art. 12, comma 1-ter, lettera m) del decreto legislativo n. 79/1999, tutte le amministrazioni centrali o locali, gli enti e i soggetti ai quali, a termini di legge, compete assumere un atto di assenso, concessione, permesso, licenza o autorizzazione, comunque denominato», escludendo quindi da tale ambito l'attivita' di cui al comma 2, lettera b1) (istruttoria, valutazione e selezione delle proposte progettuali). La nuova disciplina, pertanto, risulta illegittima, ponendosi in contrasto con il novellato art. 12 del citato decreto legislativo n. 79 del 1999, che, al comma 1-ter, prevede quanto segue: «(...) le regioni disciplinano con legge (...) le modalita' e le procedure di assegnazione delle concessioni di grandi derivazioni d'acqua a scopo idroelettrico, stabilendo in particolare: [...] (lettera m)) "le modalita' di valutazione, da parte dell'amministrazione competente, dei progetti presentati in esito alle procedure di assegnazione, che avviene nell'ambito di un procedimento unico ai fini della selezione delle proposte progettuali presentate, che tiene luogo della verifica o valutazione di impatto ambientale, della valutazione di incidenza nei confronti dei riti di importanza comunitaria interessati e dell'autorizzazione, comunque e denominata, prevista dalla normativa statale, regionale o locale; a tal fine, alla valutazione delle proposte progettuali partecipano, ove necessario, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero per i beni e le attivita' culturali e gli enti gestori delle aree naturali protette di cui alla legge 6 dicembre 1991, n. 394: per gli aspetti connessi alla sicurezza degli invasi di cui al decreto-legge 8 agosto 1994, n. 507, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 ottobre 1994, n. 584, e all'art. 6, comma 4-bis della legge 1° agosto 2002, n. 166, al procedimento valutativo partecipa il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti"». Deriva da cio' l'illegittimita' delle disposizioni impugnate sotto un duplice profilo: da un lato l'art. 10, comma 1, risulta illegittimo in quanto rinvia ad un successivo provvedimento regolamentare di dettaglio la disciplina del predetto procedimento, mentre la legge statale impone alla Regione di disciplinare con legge le modalita' sulla base delle quali la stessa, in quanto amministrazione procedente, e' chiamata a valutare i progetti presentati all'esito delle procedure di assegnazione; dall'altro (combinato disposto art. 10, comma 2, lettere b), b1) e b2) e comma 3) sottrae al procedimento unico (cui, tramite lo strumento della conferenza di servizi, partecipano tutte le amministrazioni interessate) la selezione delle proposte progettuali presentate; mentre la disposizione statale prescrive espressamente che tale valutazione avvenga nell'ambito di un procedimento unico finalizzato - ancor prima che alla valutazione - alla «selezione delle proposte progettuali presentate». Sul punto va ricordato che l'art. 11-quater del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135 ha inciso sensibilmente sulla disciplina delle concessioni di grandi derivazioni idroelettriche, disponendo la regionalizzazione della proprieta' delle opere idroelettriche (di cui all'art. 25, primo comma del testo unico di cui al regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775) alla scadenza delle concessioni e nei casi di decadenza o rinuncia alle stesse e conferendo alle regioni, gia' titolari della funzione amministrativa di rilascio delle concessioni di grandi derivazioni d'acqua a scopo idroelettrico, la potesta' di legiferare sulle modalita' e sulle procedure di assegnazione delle medesime concessioni, seppure nel rispetto di principi e parametri indicati dalla legge statale. Rispetto a tale quadro, e' evidente che la novella legislativa, nel delineare il nuovo assetto regolatorio della materia (connotato - come detto - dal riconoscimento di nuove prerogative in favore delle regioni), ha contestualmente introdotto, in un'ottica di compromesso, una serie di previsioni volte a salvaguardare principi e valori ritenuti basilari, primi fra tutti quelli tesi a garantire la tutela della concorrenza e la tutela dell'ambiente, evidentemente riconducibili ad ambiti di competenza statale esclusiva. In tale contesto si inserisce e si giustifica la previsione dettata dall'art. 12, comma 1-ter, lettera m) che, includendo nell'ambito del procedimento unico la selezione (a monte) delle proposte progettuali presentate, riscontra l'esigenza di assicurare - anche a tali fini - il coinvolgimento delle amministrazioni statali, a garanzia della controllabilita' della scelta effettuata in ordine al progetto migliore sul piano tecnico e ambientale, di una maggiore trasparenza del procedimento stesso e, in ultima analisi, a garanzia del rispetto di quegli stessi principi che la riforma legislativa in esame, come detto, ha inteso salvaguardare. Stante quanto precede, riservare alla sola sfera di competenza regionale l'attivita' di selezione dei progetti presentati, di fatto imprimendo un indirizzo univoco di valutazione in ordine a quell'unico progetto individuato, sminuisce la rilevanza della previsione di un procedimento unitario, in patente contrasto con la ratio sottesa alla previsione medesima, volta a salvaguardare il corretto dispiegarsi delle dinamiche concorrenziali e della tutela ambientale, in un'ottica di valorizzazione della produzione idroelettrica nazionale e di tutela e conservazione del bene acqua. Per le ragioni esposte, la norma regionale impugnata si pone in contrasto con la disposizione statale dettata dall'art. 12, comma 1-ter, lettera m) e, piu' in generale, con il nuovo assetto regolatorio della materia, per come delineato dalla novella legislativa recata dall'art. 11-quater del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135 e con la ratio alla stessa sottesa, disposizione che costituisce norma interposta, determinando la violazione dell'art. 117, terzo comma della Costituzione con riguardo alla gia' citata materia della produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia. 3. - Illegittimita' costituzionale degli articoli 4, comma 2; 6; 10, comma 3; 12, comma 4; 15, comma 1, lettera a) della legge Regione Lombardia 8 aprile 2020, n. 5, per contrasto con gli articoli 117, terzo comma della Costituzione, in riferimento agli articoli 12, comma 1-ter, decreto legislativo n. 79/1999 e agli articoli 14 e 28 dello statuto della Regione Lombardia (Legge regionale statutaria n. 1 del 30 agosto 2008), come norme interposte. Posto quanto precede, ulteriori disposizioni della legge regionale impugnata risultano violare il principio di legalita', in quanto rinviano la disciplina di aspetti essenziali a norme future di rango inferiore alla legge ordinaria regionale, quali regolamenti e delibere di giunta o bandi di gara, senza indicare i criteri guida della successiva potesta' regolamentare della giunta - che lo stesso statuto vigente della Regione Lombardia individua quale organo esecutivo e non deliberativo (art. 28), essendo la potesta' legislativa regionale esercitata in via esclusiva dal consiglio regionale (art. 14: «1. Il consiglio regionale esercita la funzione legislativa attribuita dalla Costituzione alla Regione, concorre alla determinazione dell'indirizzo politico regionale ed esplica le funzioni di controllo sull'attivita' della giunta, nonche' ogni altra funzione conferitagli da norme costituzionali, statutarie e da leggi dello Stato e della Regione»). La materia della produzione, del trasporto e della distribuzione nazionale dell'energia, e' infatti demandata alla legislazione concorrente, all'interno della quale l'art. 12 (in particolare il comma 1-ter) si pone come norma nazionale di riferimento, che rimanda taluni compiti regolatori alla legislazione regionale. In contrasto con tale disposizione, diverse norme della legge impugnata rinviano - senza principi, indirizzi o indicazioni entro cui muoversi - a regolamenti o delibere di giunta (non leggi regionali, quindi) il compito di disciplinare alcuni aspetti di tali materie. Cio' comporta la violazione della riserva di legge regionale contenuta nell'art. 12 del decreto legislativo n. 79 del 1999 (norma interposta), ponendosi le norme impugnate in contrasto con un principio fondamentale, la cui determinazione e' riservata alla legislazione dello Stato, in quanto relativa a materia di legislazione concorrente, cioe' la produzione, il trasporto e la distribuzione nazionale dell'energia (art. 117, comma 3 della Costituzione). Nel dettaglio, da tale profilo illegittimita' sono affette: la disposizioni contenuta nell'art. 4, comma 2 («2. Per le derivazioni di cui al comma 1 la giunta regionale stipula intese con la Regione o provincia autonoma confinante per definire i rapporti necessari a procedere all'assegnazione della concessione per l'utilizzo delle acque e delle opere acquisite nelle rispettive proprieta'»), che individua nella giunta regionale l'organo deputato alla stipula di intese con la Regione o provincia autonoma confinante, per definire i rapporti necessari a procedere all'assegnazione della concessione di derivazione interregionali; cio', senza definire le specifiche modalita' procedimentali da seguire in termini di gestione delle derivazioni, vincoli amministrativi e ripartizione dei canoni tra le regioni e province autonome interessate. Ed in assenza della legge regionale di riferimento, come detto, risulta violata la riserva di cui al citato art. 12 (in particolare il comma 1-ter); l'art. 6, il quale rimanda al regolamento regionale la disciplina di valutazione dell'interesse pubblico all'uso delle acque. Rinvio del tutto generico, in quanto prevede solo la partecipazione dei «comuni territorialmente interessati» («Con regolamento regionale sono disciplinate le modalita' e le procedure di valutazione dell'interesse pubblico in relazione ai diversi usi delle acque in coerenza con le previsioni di cui al comma 1, nonche' le modalita' di coinvolgimento, preliminarmente all'indizione delle procedure di assegnazione delle concessioni di cui alla presente legge, dei comuni territorialmente interessati.»), e non contiene specifici indirizzi procedimentali che garantiscano la considerazione dell'interesse nazionale, anche in termini di partecipazione dello Stato al procedimento, in ragione dell'ampiezza della materia concorrente «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia» e del rapporto sussistente tra potere legislativo regionale e i principi fondamentali della legislazione statale e comunitaria. Principi fra cui quelli applicabili alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, come confermati dalla recente sentenza di codesta Corte costituzionale n. 148 del 2019; l'art. 10, comma 3, che rinvia alla disciplina secondaria per la partecipazione delle amministrazioni dello stato alla conferenza di servizi finalizzata alle autorizzazioni al progetto di concessione. In proposito va evidenziato che l'art. 12, comma 1-ter, lettera m) del decreto legislativo n. 79/1999 richiama espressamente gli aspetti connessi alla sicurezza degli invasi, e quindi la partecipazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti nel procedimento valutativo dei progetti presentati, secondo il quale la legge regionale e' chiamata a coinvolgere le varie amministrazioni ministeriali per gli aspetti di relativi competenza. Su tale profilo, quindi, la norma regionale contrasta con la norma nazionale; l'art. 12, comma 4 («La giunta regionale definisce ulteriori requisiti di capacita' tecnica, organizzativa, patrimoniale e finanziaria e le relative soglie, tenuto conto della tipologia degli impianti oggetto del bando. Tali requisiti sono proporzionati all'oggetto e alle caratteristiche della concessione, in relazione al livello di complessita' degli interventi necessari in termini di miglioramento e risanamento ambientale del bacino idrografico, di incremento della potenza di generazione e della producibilita', volti ad assicurare il migliore utilizzo degli impianti produttivi, degli sbarramenti, degli invasi e, in generale, delle opere al servizio della derivazione, in condizioni di sicurezza»), che demanda a una delibera di giunta la facolta' di imporre, nel singolo bando per l'aggiudicazione della concessione, «ulteriori requisiti di capacita' tecnica, organizzativa; patrimoniale e finanziaria» per i partecipanti, senza che a monte la legge regionale abbia disciplinato i criteri e i limiti di tale facolta'; con cio' determinando la concreta possibilita' di violazione del principio di libera e paritaria concorrenza, costituzionalmente tutelato; l'art. 15, comma 1, lettera a) («1. La giunta regionale, ai sensi dell'art. 11, comma 3, prevede specifici obblighi e limitazioni gestionali, ai quali possono essere soggetti i progetti di utilizzo delle opere e delle acque, con particolare riguardo: a) agli obblighi e ai vincoli inerenti alla sicurezza delle persone e del territorio, anche con riferimento alle esigenze di laminazione delle piene, nonche' alla sicurezza degli sbarramenti a servizio della derivazione d'acqua»), che rinvia ad una delibera di giunta l'individuazione di condizioni generali per gli obblighi e i vincoli inerenti alla sicurezza delle persone e del territorio, subordinatamente ai quali sono ammissibili i progetti di sfruttamento e utilizzo delle opere e delle acque, anche con riferimento alla possibilita' di utilizzare l'acqua invasata per scopi idroelettrici per fronteggiare situazioni di crisi idrica o per la laminazione delle piene. Tutte le norme citate, come visto, pur impattando sulla materia di legislazione concorrente «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia», senza alcun indicazione in merito ai principi o all'indirizzo da seguire, demandano la competenza regolatoria alla giunta regionale, con cio' violando la riserva di legge regionale sancita dall'art. 12, comma 1-ter del decreto legislativo n. 79/1999. Con conseguente palese illegittimita' costituzionale delle stesse. 4. - Illegittimita' costituzionale degli articoli 6, 11, 13, comma 1, lettera h) e 17, comma 1, della legge Regione Lombardia 8 aprile 2020, n. 5, per contrasto con gli articoli 9, 42, 43 e 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione, in riferimento agli articoli 12, comma 1-ter, decreto legislativo n. 79/1999 e 132, 142, comma 1, 143 e 145 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), quali norme interposte. Profili di illegittimita' costituzionale presentano inoltre le disposizioni contenute negli articoli 6, 11, 13, comma 1, lettera h) e 17, comma 1 della legge regionale in esame. Nel dettaglio. Ai sensi dell'art. 12 del decreto legislativo n. 79 del 1999 («Nel rispetto dell'ordinamento dell'Unione europea e degli accordi internazionali, nonche' dei principi fondamentali dell'ordinamento statale e delle disposizioni di cui al presente articolo, le regioni disciplinano con legge, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente disposizione e comunque non oltre il 31 marzo 2020, le modalita' e le procedure di assegnazione delle concessioni di grandi derivazioni d'acqua a scopo idroelettrico, stabilendo in particolare ...», infatti, le regioni sono richiamate espressamente al rispetto dei principi fondamentali dell'ordinamento statale, tra i quali rientra necessariamente la tutela del paesaggio e del patrimonio storico artistico della nazione, costituenti interessi costituzionali primari ai sensi dell'art. 9 della Costituzione. Come e' noto, le concessioni di grandi derivazioni d'acqua a scopo idroelettrico, aventi a oggetto l'utilizzo di acque pubbliche a fine di produrre energia da fonti rinnovabili, incidono necessariamente sullo stato dei corsi d'acqua, i quali costituiscono beni paesaggistici tutelati ope legis dall'art. 142, comma 1 del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (1. «Sono comunque di interesse paesaggistico e sono sottoposti alle disposizioni di questo titolo: a) i territori costieri compresi in una fascia della profondita' di trecento metri dalla linea di battigia, anche per i terreni elevati sul mare; b) i territori contermini ai laghi compresi in una fascia della profondita' di trecento metri dalla linea di battigia, anche per i territori elevati sui laghi; c) i fiumi, i torrenti, i corsi d'acqua iscritti negli elenchi previsti dal testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, e le relative sponde o piedi degli argini per una fascia di centocinquanta metri ciascuna; d) le montagne per la parte eccedente milleseicento metri sul livello del mare per la catena alpina e milleduecento metri sul livello del mare per la catena appenninica e per le isole; e) i ghiacciai e i circhi glaciali; f) i parchi e le riserve nazionali o regionali, nonche' i territori di protezione esterna dei parchi; g) i territori coperti da foreste e da boschi, ancorche' percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento, come definiti dall'art. 2, commi 2 e 6 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227; h) le aree assegnate alle universita' agrarie e le zone gravate da usi civici; i) le zone umide incluse nell'elenco previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 1976, n. 448; l) i vulcani; m) le zone di interesse archeologico». Ai sensi dell'art. 11 della legge regionale in esame, la procedura di assegnazione delle concessioni di grandi derivazioni a scopo idroelettrico e' indetta mediante la pubblicazione di un bando. La giunta regionale definisce, con propria deliberazione, gli elementi essenziali del bando, la durata della concessione, i requisiti di ammissione, i criteri di selezione degli operatori economici e delle offerte e individua il Responsabile unico del procedimento (RUP). Orbene, nell'ambito dei contenuti del predetto bando, l'art. 13, al comma 1, lettera h), prevede la specificazione dei livelli minimi in termini di miglioramento e risanamento ambientale del bacino idrografico di pertinenza. Tali livelli minimi sono meglio definiti al successivo art. 17, ai sensi del quale «La giunta regionale, ai sensi dell'art. 11, comma 3, e secondo quanto prescritto e indicato dal Piano regionale di tutela delle acque e dal Piano di gestione del distretto idrografico del fiume Po, ovvero dalla pianificazione di bacino provinciale piu' specifica, ove esistente, definisce gli obiettivi minimi da conseguire mediante interventi di conservazione, miglioramento e risanamento ambientale del bacino idrografico di pertinenza, finalizzati alla tutela dei corpi idrici e alla mitigazione degli impatti sull'ambiente, con particolare riferimento ai seguenti aspetti: a) il mantenimento della continuita' fluviale; b) le modalita' di rilascio delle portate nei corpi idrici a valle delle opere di captazione e derivazione d'acqua, in relazione agli effetti sulle biocenosi fluviali di valle, ferma restando l'applicazione del deflusso ecologico, come stabilito dalla disciplina vigente in materia; c) la mitigazione delle alterazioni idromorfologiche dei corpi idrici interessati o impattati dal complesso delle opere a servizio degli impianti posti a bando di gara; d) la tutela dell'ecosistema, della natura e della biodiversita'». La giunta regionale, quindi, definisce gli obiettivi minimi da conseguire mediante interventi di conservazione, miglioramento e risanamento ambientale del bacino idrografico di pertinenza, finalizzati alla tutela dei corpi idrici e alla mitigazione degli impatti sull'ambiente, attenendosi alle prescrizioni del Piano regionale di tutela delle acque, del Piano di gestione del distretto idrografico del fiume Po o della pianificazione di bacino provinciale piu' specifica, ove esistente. La disposizione e' illegittima. I medesimi interventi di conservazione, miglioramento e risanamento ambientale, infatti, avrebbero dovuto essere definiti nel rispetto, altresi', del piano paesaggistico, cosi' come la tutela, gia' prevista all'art. 17, primo comma, lettera d), in favore dell'ecosistema, della natura e della biodiversita' avrebbe dovuto essere estesa, altresi', ai valori paesaggistici dei corpi idrici. Le citate norme regionali, dunque, risultano illegittime costituzionalmente in quanto omettono del tutto di considerare il ruolo centrale assegnato dall'ordinamento al piano paesaggistico e l'evoluzione della disciplina della materia della tutela del paesaggio nel senso della necessaria co-pianificazione dei beni tutelati, che scaturisce a sua volta dall'assetto costituzionale della materia delineato dalla riforma costituzionale del 2001. E' di tutta evidenza, infatti, che le norme regionali in esame, incidenti su beni paesaggistici tutelati ope legis, non possano prescindere dalla normativa di settore in materia paesaggistica, la quale costituisce parametro interposto alla tutela costituzionale riservata al paesaggio, costituente valore primario e assoluto (Corte costituzionale n. 367 del 2007). Sul punto, la circostanza che l'art. 12 del decreto legislativo n. 79 del 1999 non contenga un esplicito riferimento al piano paesaggistico non esclude comunque l'obbligo della Regione, nell'attuare le previsioni della legge statale, di subordinare espressamente ogni e qualsivoglia decisione pubblica concernente la modifica dello stato dei luoghi in relazione ai corsi d'acqua, costituenti beni sottoposti a tutela, alle previsioni del predetto piano, da adattarsi previa intesa tra lo Stato e la Regione. Non puo' ritenersi, infatti, che i criteri dettati dal legislatore statale per l'esercizio della potesta' legislativa regionale alle lettere da a) a p) del comma 1-ter di detto art. 12 siano gli unici principi cui la medesima potesta' legislativa deve attenersi, e ritenuti esaustivi anche di questi ultimi. Nel dettare i criteri per l'esercizio della delega, il legislatore statale ha stabilito, alle predette lettere da a) a p), quali siano i profili che la Regione deve specificamente regolare, indicando talora il ventaglio delle scelte nell'ambito delle quali deve essere definita una specifica opzione (ad esempio, la lettera e) richiede la fissazione di precisi requisiti di capacita' finanziaria, organizzativa e tecnica degli operatori, e indica a tal fine anche appositi requisiti minimi). E' tuttavia indubitabile, come sopra detto, che, nell'esercizio delle medesime attribuzioni legislative, la Regione sia tenuta ad osservare anzitutto i principi fondamentali dell'ordinamento statale, tra i quali rientra il necessario rispetto del quadro ordinamentale tracciato dal Codice dei beni culturali e del paesaggio, con il quale e' stata esercitata la potesta' legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela dei beni culturali e del paesaggio (art. 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione). Se, quindi, il legislatore non ha inteso elencare espressamente e dettagliatamente tutti tali principi, e' nondimeno evidente che la Regione non avrebbe potuto esimersi dal darvi concreta e specifica applicazione. In particolare, la Regione avrebbe dovuto espressamente inquadrare l'esercizio delle funzioni amministrative disciplinate mediante la propria legge nel contesto del piano paesaggistico elaborato previa intesa con lo Stato, ai sensi degli articoli 135, 143 e 145 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (norme interposte). Ne' il richiamo al piano paesaggistico puo' ritenersi implicito negli sporadici richiami al paesaggio, all'autorizzazione paesaggistica e alla pianificazione territoriale contenuti nella legge regionale. Basta considerare, al riguardo, che nessuna previsione della legge in esame assicura che la tutela del paesaggio e il rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche siano inquadrati nell'ambito delle previsioni del piano paesaggistico, cui spetta in via esclusiva la valutazione complessiva dell'assetto delle aree tutelate e delle trasformazioni ivi ammissibili sotto il profilo paesaggistico. Manifestamente insufficiente e' anche il richiamo alla «pianificazione e programmazione territoriale, ambientale ed energetica, statale e regionale» contenuto all'art. 6. Si tratta, infatti, di una locuzione generica, che non solo non da' esplicito rilievo al piano paesaggistico, ma ne pretermette anche il ruolo di necessaria sovra ordinazione rispetto a ogni altro strumento pianificatori (cfr. art. 145, comma 3 del Codice dei beni culturali e del paesaggio). Peraltro, la norma prevede che la giunta regionale debba soltanto «tenere conto» di tutto il complesso degli atti pianificatori genericamente richiamati, e non necessariamente osservarli. Il richiamo, peraltro, e' comunque limitato al solo profilo della valutazione dei diversi possibili usi delle acque, ma non anche alle modalita' di realizzazione delle concessioni di derivazione idroelettrica. In base alle considerazioni sopra esposte le disposizioni regionali in esame sono costituzionalmente illegittime, in primis, per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera s), e dell'art. 9 della Costituzione, nella parte in cui, all'art. 17, comma 1, non subordinano la definizione degli obiettivi minimi da conseguire mediante interventi di conservazione, miglioramento e risanamento ambientale del bacino idrografico di pertinenza, finalizzati alla tutela dei corpi idrici e alla mitigazione degli impatti sull'ambiente, nell'ambito delle concessioni di grandi derivazioni idroelettriche, al rispetto delle previsioni del piano paesaggistico, approvato, ai sensi degli articoli 135, 143 e 145 del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004. In tal senso, va ulteriormente osservato che il punto di equilibrio tra poteri statali e regionali nella materia della tutela e valorizzazione del paesaggio, risponde a un fondamentale principio, che sorregge l'intero sistema della tutela: la codecisione e la compartecipazione necessarie tra Stato e Regione in tutte e tre le fasi in cui si articola la tutela paesaggistica, ossia individuazione, pianificazione e gestione, quest'ultima esercitata mediante il rilascio delle autorizzazioni degli interventi relativi ai beni tutelati. In questa prospettiva, scopo del piano paesaggistico e' quello di evitare che, in sede di rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche, le singole trasformazioni vengano valutate in modo parcellizzato, e non nell'ambito della considerazione complessiva del contesto tutelato specificamente demandata al predetto strumento pianificatorio, secondo la scelta operata al riguardo dal legislatore nazionale. Si tratta di una scelta di principio la cui validita' e importanza e' gia' stata affermata piu' volte da codesta Corte, la quale ha avuto modo di sottolineare l'esistenza di un vero e proprio obbligo, costituente un principio inderogabile della legislazione statale, di elaborazione congiunta del piano paesaggistico, con riferimento ai beni vincolati (Corte costituzionale n. 86 del 2019). In particolare, si e' rimarcato che l'impronta unitaria della pianificazione paesaggistica «e' assunta a valore imprescindibile, non derogabile dal legislatore regionale in quanto espressione di un intervento teso a stabilire una metodologia uniforme nel rispetto della legislazione di tutela dei beni culturali e paesaggistici sull'intero territorio nazionale» (Corte costituzionale n. 182 del 2006; la sentenza n. 272 del 2009). In particolare, codesta Corte ha affermato che «La disciplina statale volta a proteggere l'ambiente e il paesaggio viene quindi a "funzionare come un limite alla disciplina che le regioni e le province autonome dettano in altre materie di loro competenza", salva la facolta' di queste ultime di adottare norme di tutela ambientale piu' elevata nell'esercizio di competenze previste dalla Costituzione, che concorrano con quella dell'ambiente (sentenza n. 199 del 2014; nello stesso senso, sentenze n. 246 e n. 145 del 2013, n. 67 del 2010, n. 104 del 2008, n. 378 del 2007). Essa richiede una strategia istituzionale ad ampio raggio, che si esplica in un'attivita' pianificatoria estesa sull'intero territorio nazionale. In tal senso, l'attribuzione allo Stato della competenza esclusiva di tale "materia obiettivo" non implica una preclusione assoluta all'intervento regionale, purche' questo sia volto all'implementazione del valore ambientale e all'innalzamento dei suoi livelli di tutela» (sentenza n. 66 del 2018). Il piano paesaggistico, in quanto piano sovraordinato a tutti gli altri strumenti di pianificazione territoriale, sia urbanistica, sia settoriale (cfr. art. 145 del Codice), quindi, costituisce l'architrave del sistema della tutela del paesaggio e, per cosi' dire, la «Costituzione del territorio». Spetta, conseguentemente, alle regioni, nel disciplinare l'esercizio delle funzioni amministrative loro demandate, di assicurare che tutte le determinazioni concernenti i beni tutelati siano necessariamente inquadrate nel contesto di disciplina dettato dal predetto piano, pena la violazione dei precetti costituzionali sopra richiamati. Conseguentemente le norme regionali contenute negli articoli 6, 11, 13, comma 1, lettera h) e 17, comma 1, invadono la competenza legislativa esclusiva statale in materia di tutela dei beni culturali e del paesaggio di cui all'art. 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione - rispetto al quale le citate previsioni del Codice dei beni culturali e del paesaggio costituiscono norme interposte - ponendosi altresi' in contrasto, con il principio fondamentale della tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della nazione di cui all'art. 9 della Costituzione. Per questi motivi la legge regionale deve essere impugnata, limitatamente alle norme sopra evidenziate, ai sensi dell'art. 127 della Costituzione.
P.Q.M. Si chiede che codesta ecc.ma Corte costituzionale voglia dichiarare costituzionalmente illegittimi e conseguentemente annullare gli articoli 2, commi 1, 2, 3, 4, 5 e 6; 10, commi 1, 2, lettere b), b1) e b2), e comma 3; art. 4, comma 2; 6; 11; 12, comma 4; 15, comma 1, lettera a); 13, comma 1, lettera h); 17, comma 1 della legge della Regione Lombardia 8 aprile 2020, n. 5, pubblicata nel B.U.R. Supplemento n. 15 del 10 aprile 2020, recante: «Disciplina delle modalita' e delle procedure di assegnazione delle concessioni di grandi derivazioni idroelettriche in Lombardia e determinazione del canone in attuazione dell'art. 12 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 (Attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica), come modificato dall'art. 11-quater del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135 (Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione) convertito, con modificazioni, dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12», come da delibera del Consiglio dei ministri in data 5 giugno 2020, per i motivi illustrati nel presente ricorso. Con l'originale notificato del ricorso si depositeranno: 1. estratto della delibera del Consiglio dei ministri del 5 giugno 2020; 2. legge regionale Lombardia 8 aprile 2020, n. 5, pubblicata nel B.U.R. Supplemento n. 15 del 10 aprile 2020. Roma, 8 giugno 2020 L'Avvocato dello Stato: Di Leo Il Vice Avvocato Generale: Figliolia