N. 159 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 giugno 2020
Ordinanza del 18 giugno 2020 del Tribunale di Roma nel procedimento penale a carico di B. A.. Processo penale - Reati e pene - Misure urgenti per contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID-19 - Sospensione del corso della prescrizione nei procedimenti penali in cui opera, ai sensi dell'art. 83, comma 2, del decreto-legge n. 18 del 2020, la sospensione dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti penali - Applicabilita' ai fatti di reato commessi anteriormente all'entrata in vigore della disposizione. Processo penale - Reati e pene - Misure urgenti per contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID-19 - Sospensione della prescrizione per il tempo in cui il procedimento e' rinviato ai sensi del comma 7, lettera g), dell'art. 83 del decreto-legge n. 18 del 2020 - Previsione di una causa di sospensione della prescrizione sulla base di un provvedimento giudiziario autorizzato da un provvedimento organizzativo del capo dell'ufficio. - Decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 20 (recte: 24) aprile 2020, n. 27, art. 83, commi 4 e 9. In via subordinata: Processo penale - Reati e pene - Misure urgenti per contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID-19 - Sospensione della prescrizione per il tempo in cui il procedimento e' rinviato ai sensi del comma 7, lettera g), dell'art. 83 del decreto-legge n. 18 del 2020 - Mancata previsione della sospensione del processo sino alla data di rinvio del procedimento per l'impossibilita' della sua trattazione e comunque non oltre il 31 luglio 2020. - Decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 20 (recte: 24) aprile 2020, n. 27, art. 83, comma 9.(GU n.47 del 18-11-2020 )
TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA Il Tribunale di Roma in composizione monocratica, in persona della dott.ssa Carmela Foresta all'udienza del 18 giugno 2020, celebrata a porte chiuse ai sensi dell'art. 472, 3 comma, c.p.p.; Visti gli atti del procedimento penate a carico di B. A., nato a ..... il......, elettivamente domiciliato ex art. 161 codice di procedura penale presso lo studio dell'avv. Maurilio D'Angelo e difeso di fiducia dagli avv.ti Maurilio D'Angelo e Diego Brandi del Foro di Roma; Visti l'art. 23, legge 11 marzo 195, n. 87, ha pronunciato la seguente ordinanza. Questo Tribunale ritiene rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzione sollevata dal difensore dell'imputato in ordine all'art. 83, comma 4, d.l. 17 marzo 2020, n. 18 convertito con modificazioni in legge del 24 aprile 2020, n. 27 per contrasto con l'art. 25, 2 comma, Cost. nella parte in cui prevede l'applicazione della sospensione dei termini di prescrizione a fatti commessi prima della sua entrata in vigore. Ritiene, inoltre, questo giudice rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 83, comma 9, d.l. 17 marzo 2020, n. 18 convertito con modificazioni in legge del 24 aprile 2020, n. 27 per contrasto con i principi di riserva di legge, di tassativita' e determinatezza della legge penale, oltre che di irretroattivita' della norma penale sfavorevole, tutti sanciti dall'art. 25, 2 comma, della Costituzione nella parte in cui ancora l'ipotesi di sospensione della prescrizione all'adozione di un provvedimento giudiziario, quale il decreto di rinvio, autorizzato da un provvedimento organizzativo del capo dell'ufficio e nella parte in cui prevede la sospensione della prescrizione per fatti commessi prima della sua entrata in vigore. In via subordinata, per le ragioni illustrate nella motivazione della presente ordinanza, ritiene rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 83, comma 9, d.l. 17 marzo 2020, n. 18 convertito con modificazioni in legge del 24 aprile 2020, n. 27 per contrasto con il principio di ragionevolezza dell'art. 3 della Costituzione nella parte in cui non prevede la sospensione del processo sino alla data dell'udienza rinvio (e comunque non oltre il 31 luglio 2020) determinato dall'impossibilita' della sua trattazione a causa dell'emergenza sanitaria da Covid-19. 1. Sulla rilevanza delle questioni di legittimita' nel giudizio a quo. Con decreto del 29 gennaio 2013 il pubblico ministero in sede ha citato a giudizio B. A. per rispondere del reato di cui all'art. 648 del codice penale commesso il 30 marzo 2010 davanti a questo Tribunale in composizione monocratica. Alla prima udienza del 3 luglio 2013, verificata la regolarita' del contraddittorio e aperto il dibattimento, sono state ammesse le prove richieste dalle parti. L'istruttoria dibattimentale e' stata caratterizzata da plurimi rinvii, dovuti all'assenza dei testimoni ovvero al mutamento del giudicante e in ogni caso ad ipotesi che non hanno dato luogo a sospensione dei termini di prescrizione al sensi dell'art. 159 c.p. Solo all'udienza del 19 novembre 2020 il processo e' stato rinviato per legittimo impedimento dell'imputato, detenuto per altra causa, a quella del 16 aprile 2020, udienza non tenuta e rinviata d'ufficio dallo scrivente giudicante, medio tempore subentrato sul ruolo, con provvedimento di differimento regolarmente notificato alle parti. All'udienza del 10 giugno 2020 il difensore dell'imputato, con dichiarazioni raccolte a verbale, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 83, comma, 4, d.l. n. 18/2020 nella parte in cui prevede l'applicazione dei termini di prescrizione a fatti commessi prima dell'entrata in vigore della norma e dunque in violazione del principio di irretroattivita' della norma penale di sfavore, sancita all'art. 25, 2 comma, della Costituzione. La rilevanza della presente questione di legittimita' nell'odierno processo deriva il primo luogo dal fatto che in mancanza del periodo di sospensione introdotto dalla norma i termini massimi di prescrizione del reato per cui si procede (otto anni + due anni ex art. 161 codice penale + 60 giorni di' sospensione ex art. 159 c.p.) sarebbero decorsi il 30 maggio 2020. Tuttavia, dal 9 marzo al 12 maggio 2020 corso della prescrizione e' stato sospeso ai sensi della norma della cui legittimita' si dubita, per un tempo pari a sessantatre' giorni. Giova evidenziare altresi' che con provvedimento del 20 aprile 2020 il Presidente del Tribunale in sede ha adottato il provvedimento organizzativo lui imposto dall'art. 83, comma 6, d.l. n. 18/2020 con il quale e' stato altresi' previsto il rinvio, oltre 31 luglio 2020, di tutti i processi non rientranti tra quelli per i quali e' stata ritenuta possibile la trattazione e con sospensione dei termini di prescrizione sino al 31 luglio 2020 (cfr. provvedimento presente in atti); sulla base di tale provvedimento il processo e' stato rinviato dalla scrivente alla prima udienza utile del 10 giugno 2020. Sulla scorta dell'applicazione congiunta delle due disposizioni citate, al termine iniziale del 30 marzo 2020 dovrebbero sommarsi centocinquantuno giorni di sospensione (sessanta giorni di sospensione per legittimo impedimento + novantuno giorni di sospensione dal 9 marzo al 10 giugno, data in cui processo e' stato tratto). In virtu' dell'applicazione delle due nuove cause di sospensione della prescrizione a questo Tribunale e' preclusa una sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato, pure richiesta dal difensore e che invece si imporrebbe in assenza delle due norme della cui legittimita' si dubita. Le questioni di legittimita' prospettate sono altresi' rilevanti poiche' questo Tribunale non ritiene di poter pervenire ad una pronuncia favorevole all'imputato sulla base delle evidenze processuali sinora emerse dall'istruttoria dibattimentale. Tra le prove legittimamente acquisite nel contraddittorio delle parti vanno ricordate le dichiarazioni del teste di polizia giudiziaria, rese all'udienza del 12 ottobre 2015, dalle quali e' possibile desumere che nell'aprile 2010, dopo la denuncia di F. R., si aveva modo di verificare che un assegno bancario tratto sui conto corrente di quest'ultimo era stato mandato all'incasso senza provvista, motivo per cui era stato elevato l'atto di protesto. Avvisato dal direttore dell'Istituto di credito, il F., che non aveva mai negoziato quel titolo, si accorse di aver smarrito il carnet di assegni, tra cui quello mandato all'incasso. Il possesso dell'assegno da parte dell'odierno imputato e' dato di fatto non contestato, poiche' agli atti del processo e' stata acquisita copia di una dichiarazione manoscritta dal B. (priva di data) con la quale egli, prima dell'inizio del procedimento, dichiarava di aver consegnato l'assegno a tale M. S. dietro la prestazione di lavori sulla propria autovettura «poi non eseguiti essendo un assegno di provenienza furtiva». Tale scritto, valutabile ex art. 234 codice di procedura penale, ha un valore obiettivamente auto-indiziante nella parte in cui consente di desumere con certezza che il B. e' venuto in possesso di un assegno tratto su conto corrente di altri e che lo ha negoziato, consegnandolo al M., senza aver fornito alcuna spiegazione della provenienza di quel titolo, poi risultato di provenienza furtiva, di cui pure dava atto. Gli elementi di fatto sin qui acquisiti all'istruttoria dibattimentale, pertanto, non consentono neppure un giudizio favorevole alla luce dei consolidati principi della Corte di legittimita' in ordine al reato per cui si procede (cfr., tra le molte, Sez. 2, sentenza n. 53017 del 22 novembre 2016 Rv. 268713, secondo cui «ai fini della configurabilita' del reato di ricettazione, la prova dell'elemento soggettivo puo' essere raggiunta da qualsiasi elemento, anche indiretto, e quindi anche dall'omessa o non attendibile indicazione della provenienza della cosa ricevuta da parte del soggetto agente). Va poi osservato che l'istruttoria non si e' conclusa, dovendosi ancora procedere all'escussione di restanti testi del pubblico ministero. Alla luce delle ragioni prospettate, la decisione del presente giudizio passa necessariamente attraverso la risoluzione delle questioni di legittimita' che di seguito si offrono al giudizio della Corte costituzionale. 2. Sulla non manifesta infondatezza della questione di legittimita' dell'art. 83, comma 4, d.l. n. 18/2020 sollevata dal difensore. Chiariti i termini della rilevanza nel giudizio a quo delle prospettate questioni di legittimita' costituzionale, occorre ora soffermarsi sul parametro della non manifesta infondatezza, assunto, da un lato, quale limite di giudizio del giudice a quo, al quale e' precluso inoltrarsi sino alla valutazione della fondatezza della questione di legittimita', non potendosi sostituire alla Corte costituzionale e dovendosi egli limitare a trasmettere gli atti alla Corte tutte le volte in cui la questione sottoposta al suo giudizio assuma i caratteri della serieta'; dall'altro, quale criterio di ammissibilita' del giudizio incidentale di costituzionalita', secondo l'ormai consolidata giurisprudenza in materia a partire dalla nota pronuncia 356/1996 con la quale la Corte, in autorevole composizione, ammoniva circa il fatto che In linea di principio, le leggi non si dichiarano costituzionalmente illegittime perche' e' possibile darne interpretazioni incostituzionali (e qualche giudice ritenga di darne), ma perche' e' impassibile darne interpretazioni costituzionali, spiegando che «nel caso di specie, argomenti e precedenti giurisprudenziali non mancano a dimostrazione che il risultato al quale il giudice rimettente mira e ch'egli considera dovuto per ragioni costituzionali - la perdurante vigenza della norma del 1992 - puo' essere raggiunto sulla base dell'interpretazione delle norme vigenti, senza involgere la questione di legittimita' costituzionale delle norme del 1992». (Cosi': 356/1996 Corte costituzionale). Si tentera' dunque di assumere il criterio dell'interpretazione conforme, ancorata e parametrata al diritto vivente, a stella polare nella valutazione di non manifesta infondatezza della questione che si offre allo scrutinio della Corte. Ritiene questo Tribunale che la corretta valutazione del parametro della non manifesta infondatezza della presente questione di legittimita' costituzionale passa attraverso il richiamo ai principi costituzionali che sovraintendono alla legge penale ed in particolare attraverso la messa in luce della reale portata del principio di irretroattivita' delle norme penali di sfavore e della sua incidenza sull'istituto della prescrizione del reato. La prescrizione del reato e' istituto finalizzato a garantire al reo la certezza dell'esaurimento della pretesa punitiva dello Stato: salvo i reati c.d. imprescrittibili, che in ragione dell'offesa gravissima che arrecano a particolari beni giuridici tutelati dalla norma penale incriminatrice, la ratio della prescrizione e' quella di stabilire un limite temporale massimo alla punibilita' del reato, si' da assicurare al reo il c.d. diritto all'oblio mediante la consumazione del potere punitivo per decorso del tempo. Quale causa di estinzione del reato, la prescrizione garantisce al cittadino la «certezza» di un ragionevole lasso di tempo entro cui egli sa che e' chiamato a rispondere per il fatto a lui addebitato. Sotto questo specifico profilo non pare potersi revocare in dubbio che le norme disciplinanti i termini di prescrizione del reato, ossia il quantum di tempo entro cui un determinato illecito penale puo' essere perseguito e punito, afferendo in termini generali ed astratti alla punibilita' del reato, condividono lo spirito di garanzia assicurato dai principi finalizzati a consentire libere scelte d'azione. E' patrimonio ermeneutico ormai acquisito nella dottrina e nella giurisprudenza italiana l'orientamento secondo cui l'art. 25, 2 comma, Cost. nello stabilire che «nessuno puo' essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso» declina il principio di legalita' del reato e delle pene nei tre corollari del principio della riserva di legge, del principio di irretroattivita' e dei principi di tassativita' e precisione della norma penale. I tre principi connotano e riempiono di contenuto il principio di legalita' formale e costituiscono baluardo invincibile dell'ordinamento giuridico-penale dello Stato di diritto. Rinviando al paragrafo successivo la verifica del vincolo costituzionale derivante, sia per il legislatore che per giudice, dai principi della riserva di legge e di tassativita'/determinatezza della norma penale, occorre qui soffermarci sul principio di irretroattivita' della norma penale di sfavore. Come spiegava autorevole dottrina penalistica italiana «in uno Stato liberale di diritto cittadino deve poter sapere, prima di agire, se dal suo comportamento potra' derivare una responsabilita' penale, e quali siano le sanzioni in cui potra' incorrere: solo a queste condizioni puo' compiere libere scelte d'azione, assumendosi la responsabilita' dei suoi comportamenti. Se invece giudice o il legislatore potessero disporre ex post della sua liberta' personale, il cittadino sarebbe alla merce' dello Stato, che, come il mostro biblico, sarebbe solo un oppressivo Leviatano» (1) . Il legame inscindibile tra la garanzia di libere scelte d'azione e il principio di colpevolezza e' stato lumeggiato dalla storica pronuncia della Corte costituzionale del 14 marzo 1988, n. 364 la cui rilettura consente sempre di apprezzarne l'immutata attualita'. In definitiva, il principio di legalita' formale sarebbe di fatto frustrato se si consentisse la punizione sulla base di una legge che non era in vigore al momento del fatto, ovvero se si punisse in termini piu' severi un fatto gia' previsto dalla legge come reato. Sulla scorta di queste rationes, il principio di irretroattivita' della legge penale sovrintende e orienta il meccanismo della successione di leggi nel tempo disciplinato dall'art. 2 c.p.: la garanzia del principio in parola non e' limitata all'inoperativita' retroattiva di norme penali incriminatrici di nuovo conio, ma si estende a tutte le norme sopravvenute che concorrono a punire piu' severamente un fatto previsto dalla legge come reato. Per tali ragioni si parla di divieto di retroattivita' della norma penale sfavorevole, intendendosi per tale tutte quelle disposizioni, anche differenti dalle-norme incriminatrici in senso stretto, che comunque incidono sul trattamento sanzionatorio. L'ambito di applicazione del principio di irretroattivita' della legge penale di sfavore e' stato cosi inteso ed ampliato anche alla luce del principio di legalita' c.d. convenzionale previsto dall'art. 7 Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali: secondo La giurisprudenza consolidata della Corte europea dei diritti dell'uomo sono coperte dal principio di legalita' tutte le norme che assumono una connotazione afflittiva/punitiva per il reo sulla scia di tale orientamento, la Corte costituzionale ha riconosciuto la soggezione al principio di irretroattivita' a norme diverse da quella incriminatrice (cfr. Corte costituzionale n. 196/2010; Corte costituzionale n. 98/2020). Ora, l'ampliamento, sotto la spinta del diritto convenzionale, delle norme sostanzialmente penali assoggettate al principio di irretroattivita' culmina e trova il suo punto di rottura proprio in materia di prescrizione del reato: e' ormai noto che secondo l'orientamento della Corte europea dei diritti dell'uomo l'istituto della prescrizione e le norme che ne regolano il funzionamento hanno natura processuale e come tali non sono soggette al principio di irretroattivita' della legge penale, mentre secondo il consolidato orientamento della Corte costituzionale italiana la prescrizione del reato, afferendo alla punibilita' del reato, e' istituto di diritto penale sostanziale e pertanto soggetto all'inderogabile principio di irretroattivita' (cfr. Corte costituzionale n. 393/2006; Corte costituzionale nn. 324/2008; 294/2010; Corte costituzionale n. 143/2014; Corte costituzionale n. 24/2017; Corte costituzionale n. 265/2017 e Corte costituzionale n. 115/2018). Per la chiarezza che s'impone necessaria al fine di prendere apertamente le distanze da interpretazioni fluide, sovente dimentiche dell'eterogenesi dei fini di cui sono fautrici, questo giudice non ritiene che la salvezza della norma censurata passi necessariamente attraverso un mutamento di giurisprudenza in ordine alla natura della prescrizione quale istituto di diritto processuale anziche' di diritto penale sostanziale e', per quel che puo' valere, non ritiene neppure auspicabile tale overruling. Ad avviso di questo giudicante non e' auspicabile che la Corte costituzionale ritorni sui propri passi stabilendo una nuova ed inedita natura processuale dell'istituto della prescrizione del reato non solo perche' cio' contribuirebbe a quell'odiosa incertezza dei diritto che, come messo in evidenza da attenta dottrina, costituisce una delle cause di violazione dei diritti fondamentali, ma soprattutto perche' la natura sostanziale della prescrizione del reato quale causa di estinzione del reato costituisce uno dei principi cardine dell'ordinamento giuridico penale italiano, i quali, nella notte buia dell'incertezza, rappresentano la stella guida per l'operatore del diritto. In passato, autorevole dottrina, il cui pensiero ha gia' offerto ampio contributo alla presente ordinanza, evidenziava la natura ancipite della prescrizione: ponendo l'accento sulla doppia anima, sostanziale e processuale, delle norme in materia di prescrizione poneva in termini dubitativi la soggezione delle stesse al principio di irretroattivita' della legge penale sostanziale. Si osservava in particolare che qualora l'allungamento dei termini di prescrizione intervenisse prima che fossero maturati i termini originariamente previsti in base alla legge vigente al momento del fatto, la nuova legge potesse trovare applicazione retroattiva. Richiamando la sentenza n. 452/1999 della Corte costituzionale si osservava che il principio di irretroattivita' della legge penale non e' finalizzato a garantire «una sorta di aspettativa dell'imputato al maturarsi del termine di prescrizione». L'impostazione proficuamente dubitativa di tale dottrina si riscontra altresi' nell'esegesi di tutte le norme che condizionano la punibilita' del reato, al fine di di svelare le norme che, contribuendo a connotare il disvalore del fatto, devono condividere lo statuto di garanzia proprio della norma penale sostanziale, a differenza delle norme che, indipendentemente dalla loro collocazione sistematica, hanno una funzione tipicamente servente all'accertamento del fatto, propria delle norme processuali. L'impostazione seguita da tale dottrina nella individuazione delle norme penali sostanziali pare essere stata fatta propria dalla Corte costituzionale nella soluzione delle questioni di legittimita' in materia penale che proprio in riferimento alla prescrizione ha espressamente ribadito la natura sostanziale delle norme che concorrono a delimitare l'ambito della punibilita' (Corte cost. n. 115/2018). Per tutte le ragioni illustrate, ad avviso di questo Tribunale i principi in parola non meritano di essere messi in discussione, neppure dallo stato di emergenza, cionondimeno lo scrutinio di costituzionalita' della normativa emergenziale in materia penale puo' essere l'occasione per precisare che non tutte le norme che disciplinano la prescrizione del reato sono soggette al principio di irretroattivita' di cui all'art. 25, 2 comma, della Costituzione. Se da un lato non puo' dubitarsi che la pre-definizione in termini chiari ed inequivoci del quantum di tempo necessario a prescrivere, nel delimitare il potere punitivo dello Stato ed essendo correlato alla pena massima prevista per il singolo reato, dunque condividendo implicitamente il disvalore del fatto, debba essere soggetto allo statuto di garanzia proprio della norma penale incriminatrice, d'altro canto, puo' ben osservarsi che l'istituto della sospensione della prescrizione appare del tutto slegato da tali finalita' di garanzia, essendo piuttosto correlato a situazione propria del processo penale. L'art. 159 codice penale nel disciplinare le cause di sospensione della prescrizione prende in considerazione una serie di eventi, che ancorche' tassativamente tipizzati, non sono ne' predeterminati, ne' predeterminabili, nella loro concreta verificazione, ne' nella loro durata: l'esempio piu' emblematico e' il rinvio del processo su accordo delle parti che da' origine ad una causa di sospensione del processo per tutta la durata del rinvio. Se e' vero che nella individuazione della data di rinvio giudice terra' conto di altri principi di natura costituzionale, come quello della ragionevole durata del processo, e' altrettanto vero che l'ipotesi di sospensione della prescrizione correlata al rinvio del processo su accordo delle parti segna limite dello statuto di garanzia dell'istituto della sospensione della prescrizione, tutte le volte in cui essa e' ancorata ad una stasi dell'attivita' processuale, (cfr. Sez. U, sentenza n. 1021 del 28 novembre 2001, Rv. 220509; Sez. U, sentenza n. 47289 del 24 settembre 2003, rif. 226075; Sez. 5, sentenza n. 25444 del 23 maggio 2014, Rv. 260414; Sez. U, sentenza n. 4909 del 18 dicembre 2014; Rv. 262914; Sez. 4, sentenza n. 51448 del 17 ottobre 2017, Rv. 271328; Sez. 3, sentenza n. 1992 del 30 ottobre 2017; Rv. 272094). Del resto, l'art. 159 c.p., oltre i casi di sospensione tassativamente elencati, al primo comma individua come causa generale di sospensione della prescrizione «ogni caso in cui la sospensione del procedimento o del processo penale o dei termini di custodia cautelare e' imposta da una particolare disposizione di legge». Ora, che tale disposizione operi un rinvio mobile e/o formale a tutte le ipotesi di sospensione del processo lo si desume dall'inciso finale della disposizione citata nella misura in cui stabilisce che la sospensione opera in detta ipotesi «oltre nei casi di»: secondo i canonici criteri di interpretazione della legge in generale, e della legge penale in particolare, se il legislatore non avesse voluto richiamare tutti i casi di sospensione del processo, oltre quelli elencati dalla norma, l'inciso «oltre nei casi di» non avrebbe significato alcuno. Se tali premesse possono ritenersi corrette, il quesito che la presente fattispecie propone ed a cui occorre rispondere ai fine di verificare la fondatezza della questione di legittimita' qui prospettata e' se nel caso in esame non si verta piuttosto in ipotesi di successione di leggi processuali: laddove l'art. 83, comma 4, d.l. n. 18/2020 ancora l'ipotesi di sospensione della prescrizione ad una nuova ipotesi di sospensione del processo stabilita dall'art. 83, comma 2, d.l. n. 18/2020. Che l'art. 159, 1 comma, codice penale sia norma di copertura di tutte le ipotesi di sospensione del processo, anche sopravvenute, e che la conseguente sospensione dei termini di prescrizione non dia luogo a ipotesi di successione di leggi penali, quanto piuttosto di leggi processuali, e' interpretazione che trova conforto anche in altre ipotesi tassativamente previste dal codice penale e dal codice di rito. Il riferimento e' all'istituto della messa alla prova per adulti (art. 464-bis c.p.p.) al quale e' correlata la sospensione del procedimento e dunque della prescrizione (art. 168-bis c.p.), nonche' alla sospensione dei processo per irreperibilita' dell'imputato (art. 420-quater c.p.p.) cui pure segue la sospensione della prescrizione (art. 159, ult. comma, c.p.): al netto della disciplina processuale intertemporale, nessuno dubita che i due istituti si applicano anche a fatti commessi prima dell'entrata in vigore delle norme che li hanno rispettivamente introdotti e che in entrambi casi alla sospensione (sopravvenuta) del processo segue la sospensione (retroattiva) dei termini di prescrizione del reato. Alla luce di tali considerazioni, l'interpretazione costituzionalmente conforme della censurata disposizione parrebbe essere quella di ritenere che l'art. 83, comma 4, d.l. n. 18/2020 preveda una ipotesi di sospensione della prescrizione ancorata ad una ipotesi di sospensione del processo (art. 83, comma 2, d.l. n. 18/2020) secondo la regola generale prevista dall'art. 159 c.p. Tuttavia non puo' non rilevarsi che l'interpretazione appena prospettata nell'escludere l'operativita' del principio di irretroattivita' nell'ipotesi prevista dalla norma censurata presuppone una ricostruzione differenziata della natura delle norme che disciplinano la prescrizione nel reato che non trova riscontro nel diritto vivente per come costantemente interpretato dalla giurisprudenza di legittimita' e costituzionale in materia di prescrizione. Posta infatti l'inderogabilita' del principio di irretroattivita' tutte le volte in cui si sia al cospetto di una norma penale sostanziale delle due l'una: o si conviene che l'art. 159, 1 comma, codice penale nel prevedere la sospensione della prescrizione in ogni caso di sospensione del processo istituisce e rinvia ad una ipotesi di successione di leggi processuali ovvero si chiarisce la natura processuale dell'istituto della sospensione della prescrizione, oppure la norma censurata e' destinata a giudizio di incostituzionalita'. Per queste ragioni, questo giudice non puo' che rimettere la questione alla Corte costituzionale nei termini sopra prospettati. 3. Sulla non manifesta infondatezza delle questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 93, comma 9, d.l. n. 18/2020 sollevate d'ufficio. Rilevatane la rilevanza nei termini illustrati nel 1 paragrafo, questo giudice ha sollevato d'ufficio ulteriore questione di legittimita' dell'art. 83, comma 9, d.l. 17 marzo 2020, n. 18 convertito con mod. in legge 20 aprile 2020, n. 27 per contrasto con i principi sanciti all'art. 25, 2 comma Cost., nella parte in cui prevede che «nei procedimenti penali il corso della prescrizione (e quello dei termini di custodia cautelare) rimangono sospesi per il tempo in cui il procedimento e' rinviato ai sensi del comma 7, lettera g, e, in ogni caso non oltre il 31 luglio 2020». Giova preliminarmente chiarire il quadro normativo di riferimento. Dopo la previsione della sospensione di tutta l'attivita' giudiziaria prevista dall'art. 83, comma 2, d.l. n. 18/2020, salvo i casi dei procedimenti tassativamente indicati nell'art. 83, comma 3, cit, al comma 6 del medesimo articolo e' stato previsto il potere - dovere dei capi degli uffici giudiziari di adottare misure organizzative, «anche relative alla trattazione degli affari», al fine di contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenere gli effetti negativi sullo svolgimento dell'attivita' giudiziaria per il periodo compreso tra il 12 maggio e il 31 luglio 2020. Il successivo comma 7 ha espressamente previsto, tra le misure organizzative che devono essere adottate dai capi degli uffici giudiziari, la possibilita' di prevedere il rinvio delle udienze a data successiva al 31 luglio 2020 nei procedimenti civili e penali, con le eccezioni di cui al comma 3. Se, secondo il diritto vivente sopra gia' richiamato, anche l'istituto della sospensione della prescrizione e' norma di diritto penale sostanziale e come tale soggetta al principio di irretroattivita' della norma penale di sfavore, deve concludersi che neppure la norma ora in esame puo' avere chance di salvezza non potendo trovare spazio nel nostro ordinamento l'applicazione retroattiva di una norma che concorra a determinare il trattamento sanzionatorio. V'e' di piu'. Constatata la natura sostanziale delle norme che disciplinano la sospensione dei termini di prescrizione, la norma qui censurata si pone in irrimediabile contrasto con i principi di riserva di legge e di tassativita' e determinatezza della norma penale nella misura in cui ancora la sospensione del corso della prescrizione ad una disposizione (eventuale) contenuta nei plurimi e differenziati provvedimenti organizzativi dei capi degli uffici giudiziari, sulla scorta dei quali il singolo giudice e' legittimato a rinviare alcuni procedimenti oltre la data del 31 luglio 2020. Ora e' fin troppo evidente che la possibilita' di trattazione in udienza di tutti i procedimenti gia' pendenti nell'arco temporale compreso tra il 12 maggio e il 31 luglio, ovvero l'individuazione della data di rinvio oltre il 31 luglio 2020, sono circostanze legate ad una serie di fattori contingenti al singolo Ufficio giudiziario (le dimensioni degli uffici e il connesso carico di lavoro, la logistica dell'edilizia giudiziaria che possa piu' o meno consentire il rispetto delle norme di distanziamento sociale, il carico di ruolo del singolo ufficio giudicante, nonche' la stessa differente manifestazione dell'epidemia da COVID-19 sul territorio nazionale) con inevitabile discrezionalita' del singolo ufficio giudiziario ovvero del singolo giudice: il provvedimento di rinvio del processo, ancorche' legittimo, scontera' pur sempre un inevitabile tasso di discrezionalita' legata alla situazione del singolo Ufficio giudiziario. Ora se tale differente trattamento potrebbe in astratto sottrarsi alla censura di irragionevolezza, potendo ritenersi del tutto ragionevole una differente gestione dell'emergenza da parte dei singoli Uffici giudiziari, in nessun modo puo' costituire una deroga ai principi di tassativita' e determinatezza della norma penale. Procedendo con ordine, si osserva che il principio della riserva di legge impone che la norma penale incriminatrice e tutte le disposizioni che concorrono a delineare il trattamento sanzionatorio siano previste dalla legge dello Stato ovvero da atti equipollenti. Invero, solo l'attribuzione alla legge o atti aventi forza di legge consente di garantire ad ogni cittadino che le scelte su cosa e come punire (ovvero per quanto tempo perseguire e punire) con la piu' dura delle sanzioni previste dall'ordinamento, verranno compiute dall'istituzione in grado di esprime nella forma piu' ampia possibile la volonta' dei consociati. La ratio del principio di legalita' formale o riserva di legge in materia penale e' infatti rintracciato nella considerazione che il «monopolio penale del legislatore statale e' fondato sul suo essere rappresentativo della societa' tutta, unita per contratto sociale» (cfr. Corte costituzionale 30 ottobre 1898, n. 487). La norma qui censuata solo in apparenza rispetta il principio della riserva di legge nella misura in cui autorizza la sospensione del corso della prescrizione, ma di fatto la ancora ad un provvedimento giurisdizionale (emesso inaudita altera parte) che trova la sua legittimazione in un provvedimento organizzativo del capo dell'ufficio solo eventuale. In ogni caso, appare vulnerato il principio di tassativita' e determinatezza della norma penale (id est della causa di sospensione della prescrizione) nella misura in cui i processi da rinviare non sono ne', a ben vedere, potrebbero essere previsti in modo preciso e tassativo per l'inevitabile influenza di ragioni organizzative differenti ai singoli uffici e del carico di ruolo del singolo magistrato giudicante. In definitiva, se le norme che disciplinano la prescrizione del reato sono tutte norme di diritto penale sostanziale, come diritto oggi vivente afferma senza autorizzare la distinzione sopra tratteggiata, una norma che introduca una causa di sospensione della prescrizione ricade sotto lo statuto della norma penale e dunque soggetta ai principi di riserva di legga e di tassativita' e determinatezza della norma penale. Solo per completezza si ricordera' che i due principi costituzionali qui evocati sono stati assunti dalla Corte costituzionale come controlimite alla cessione di sovranita' da parte dell'ordinamento italiano ai sensi dell'art. 117 della Costituzione proprio nella nota vicenda Taricco che ha costituito l'occasione per la Corte per ribadire la natura sostanziale dell'istituto della prescrizione dei reato. Alla luce di tali argomentazioni, una interpretazione costituzionalmente conforme e' preclusa a questo giudice, stante la natura inderogabile dei principi che governano la norma penale sostanziale. A riguardo, giova evidenziare che l'ipotesi di sospensione della prescrizione prevista dall'art. 83, comma 9, d.l. n. 18/2020, contrariamente a quanto previsto nell'art. 83, comma 4, cit., non e' neppure legata, almeno espressamente, ad alcuna ipotesi di sospensione del processo, con la conseguenza che l'interpretazione dell'art. 159, 1 comma, codice penale offerta rispetto alla prima questione di legittimita' non e' percorribile neppure in astratto nell'ipotesi ora considerata. Ad avviso di questo Tribunale, l'unica possibile interpretazione costituzionalmente conforme della disposizione ora in esame passa, in primo luogo, dalla risoluzione in termini negativi della questione di legittimita' dell'art. 83, comma 4, d.l. n. 18/2020 rispetto al principio di irretroattivita': se l'art. 159 codice penale nel rinviare a tutte le ipotesi di sospensione del processo istituisce una ipotesi di successione di leggi processuali e non gia' sostanziali, ancorando ad esse la Sospensione dei termini di prescrizione, l'art. 83, comma, 9 risulterebbe illegittimo per contrasto al principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost. nella (sola) parte in cui ancora la sospensione della prescrizione al mero provvedimento di rinvio anziche' alla sospensione del processo sino alla data di rinvio e comunque non oltre il 31 luglio 2020. Solo per completezza si osserva che tutti i vizi di costituzionalita' denunciati verrebbero meno solo nella misura in cui, con mutamento del diritto vivente non consentito a questo giudice, si affermasse la natura processuale delle cause di sospensione della prescrizione indipendentemente dal loro legame con la sospensione dei processo. Per tutte le ragioni illustrate il presente processo non puo' essere deciso indipendente dalla risoluzione delle questioni di legittimita' prospettate che, ove accolte, imporrebbero a questo giudice di pronunciare una sentenza di non doversi precedere per estinzione del reato ascritto all'imputato a seguito del decorso dei termini massimi di prescrizione. (1) Cosi': Marinucci - Dolcini, Corso di Diritto Penale, Milano 2001, pg. 253
P.Q.M. Letto l'art. 23, 2 comma, legge 11 marzo 1953, n. 87; dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale sollevata dalla difesa dell'imputato dell'art. 83, comma 4, d.l. 17 marzo 2020, n. 18 conv. in legge 20 aprile 2020, n. 27 per contrasto con l'art. 25, secondo comma, Cost., nella parte in cui prevede l'applicazione della sospensione dei termini di prescrizione a fatti commessi prima della sua entrata in vigore; Letto l'art. 23, 3 comma, legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiara d'ufficio rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' dell'art 83, comma 9, d.l. 17 marzo 2020, n. 18 conv. in legge 20 aprile 2020, n. 27 in relazione all'art. 25, 2 comma, Cost. nella parte in cui prevede una causa di sospensione della prescrizione sulla base di un provvedimento giudiziario autorizzato da un provvedimento organizzativo del capo dell'Ufficio, ovvero, in via subordinata; dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 83, comma decreto-legge. 17 marzo 2020, n. 18 conv. in legge 20 aprile 2020, n. 27 in relazione all'art. 3 Cost., nella parte in cui non prevede la sospensione del processo sino alla data di rinvio del procedimento per l'impossibilita' della sua trattazione e comunque non oltre il 31 luglio 2020. Ordina la sospensione del procedimento in corso e l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Dispone che la presente ordinanza sia notificata, all'imputato e al Presidente del Consiglio dei ministri e che sia comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati. Cosi' deciso in Roma, 18 giugno 2020 Il Giudice: Foresta