N. 165 ORDINANZA (Atto di promovimento) 19 giugno 2020
Ordinanza del 19 giugno 2020 del Tribunale di Crotone nel procedimento penale a carico di B.S. e P.G.. Processo penale - Reati e pene - Misure urgenti per contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID-19 - Previsione della sospensione del corso della prescrizione dei reati commessi prima del 9 marzo per un periodo di tempo pari a quello in cui sono sospesi i termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti penali. - Decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 24 aprile 2020, n. 27, art. 83, comma 4.(GU n.49 del 2-12-2020 )
TRIBUNALE DI CROTONE sezione penale Il giudice dott.ssa Federica Girardi, all'udienza del giorno 19 giugno 2020, ha pronunciato la presente ordinanza (di rimessione alla Corte costituzionale di questione di legittimita' costituzionale); Visti gli atti del procedimento penale in epigrafe indicato, nei confronti di B.S., nato a [...] in data [...]; P.G., nato a C. in data [...] imputati in ordine ai seguenti fatti-reato: delitto di cui agli articoli 56, 81 cpv, 110 e 629 del codice penale per aver il B.S. talvolta singolarmente, talaltra in concorso con P.G., con piu' condotte esecutive di un medesimo disegno criminoso, posto in essere atti di violenza e minaccia idonei e diretti in modo non equivoco a costringere A.R. (titolare di un'azienda agricola sita in loc. «...» di [...]) a consegnargli somme di denaro; segnatamente, per aver minacciato il predetto A.R.: nell'aprile del 2011, appendendo al cancello del cantiere sito in localita' [...], in cui sono custoditi alcuni mezzi agricoli, una busta di plastica - rinvenuta da un suo dipendente. A.G. - al cui interno vi erano delle munizioni e una bottiglia piena di benzina; nel maggio 2011 presentandosi assieme al P. che, dopo averlo minacciato con la seguente espressione: «ti ricordi delle cartucce e della benzina che hai trovato a [...]? - tu lo sai che c'e' un capo a [...] e quindi se vuoi lavorare tranquillo si deve, indicava con il dito B.S., dicendo: il capo di [...] e' lui!»; nell'estate del 2010 sciogliendo sessanta balle di fieno, raccolte e legate, poste su di un terreno nella disponibilita' dell'[...], danneggiandole e rendendole inutilizzabili; il 28 novembre 2011 lasciando arbitrariamente sul terreno nella disponibilita' dell'A. sito in localita' [...] sia un fuoristrada sia un mezzo agricolo del tipo «frangizolle», per poi - alla richiesta di spiegazioni riguardo tale gesto e all'intimazione di rimuovere i mezzi - minacciarlo nuovamente, dicendogli: «se vuoi stare tranquillo e poter lavorare sui tuoi terreni, devi pagarmi, devi pagare la mazzetta come fanno tutti, hai capito? - altrimenti comincerai ad avere qualche problema prima al terreno e poi a tutti i mezzi meccanici che hai e che utilizzi» e rivendicando al contempo il danneggiamento delle balle di fieno con testuali parole: «ti ricordo quando hai trovato le balle di paglia con i lacci di contenimento tutti tagliati, non ti e' bastato, non vuoi capire?»; Non essendosi verificata alcuna consegna di denaro e non essendo riuscito a conseguire alcun ingiusto profitto, in quanto l'[...] non cedeva alle sue richieste. Fatti commessi in [...] e [...] tra l'estate del 2010 e novembre 2011; Considerato che il presente giudizio, per i motivi di seguito esposti, non puo' essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 83, quarto comma, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, in riferimento all'art. 25, secondo comma della Costituzione e 117 della Costituzione in relazione all'art. 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, la' dove prevede che il corso della prescrizione dei reati commessi prima del 9 marzo 2020 rimane sospeso per un periodo di tempo pari a quello in cui sono sospesi i termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti penali; Ritenuta non manifestamente infondata la predetta questione di legittimita' costituzionale, per le ragioni meglio chiarite in prosieguo; Osserva Sui fatti oggetto di giudizio e sull'istanza proposta dalla difesa. In via preliminare, occorre evidenziare che il presente giudizio ha ad oggetto una serie di contestazioni, tutte concernenti il delitto di tentata estorsione e riguardanti fatti commessi «in [...] e [...] tra l'estate del 2010 e il novembre del 2011». L'ufficio di procura, in particolare, ha contestato quattro singoli episodi, rispettivamente occorsi nell'aprile del 2011, nel maggio del 2011, nell'estate del 2010 e il 28 novembre 2011 (cfr. capo di imputazione). In ordine a tali contestazioni, l'azione penale e' stata esercitata, mediante richiesta di rinvio a giudizio e il consequenziale decreto che dispone il giudizio e' stato emesso in data 18 ottobre 2013. All'udienza del 5 giugno 2020, la difesa di B.S. e P.G., asserendo che la prescrizione dei reati in contestazione sarebbe maturata in data 15 maggio 2020 se non fosse intervenuta la sospensione dei termini prescrizionali dal 9 marzo 2020 all'11 maggio 2020, ha avanzato richiesta affinche' lo scrivente giudice sollevasse questione di legittimita' costituzionale relativamente all'art. 83, comma 4, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, in riferimento agli articoli 25, comma 2 della Costituzione e 117 della Costituzione in relazione all'art. 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali. La difesa, in particolare, ha ancorato la propria istanza al corposo filone di pronunce della Consulta e della Corte di giustizia dell'Unione europea che ha collocato l'istituto della prescrizione del reato tra gli istituti di diritto penale sostanziale e, dunque, lo ha sottoposto al principio di legalita', sub specie di principio di irretroattivita' della legge penale sfavorevole. Alla luce di tale orientamento giurisprudenziale consolidato, la sospensione del corso della prescrizione inserita nel nostro ordinamento dall'art. 83, comma 4, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27 non potrebbe essere applicata ai fatti commessi anteriormente al 9 marzo 2020, bensi' solo a quelli commessi in epoca successiva. Sulla norma oggetto della questione di legittimita' costituzionale. Al fine di meglio chiarire la rilevanza della questione di legittimita' costituzionale proposta con il presente provvedimento, occorre preliminarmente ricostruire il complesso degli atti legislativi disposti in conseguenza dell'emergenza epidemiologica da Covid-19, soffermandosi in particolare sul decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18. Tale ultimo atto, infatti, deve essere letto nell'ambito della sequela di interventi legislativi, eccezionali ed urgenti, inaugurata con decreto-legge 8 marzo 2020, n. 11 e chiusa, per quel che qui rileva, dal decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23. Con il decreto-legge n. 11/2020 (dapprima abrogato dall'art. 1, comma 2, della medesima legge 24 27/2020, di conversione del decreto-legge n. 18/2020, e poi decaduto, in data 7 maggio 2020, per mancata conversione in legge, nel termine fissato dalla Costituzione) e' stato inizialmente previsto «il differimento urgente delle udienze e una sospensione dei termini nei procedimenti civili, penali, tributari e militari sino al 22 marzo 2020» (cosi', testualmente, la relazione illustrativa al d.d.l. di conversione in legge del decreto-legge n. 18/2020). Il termine del 22 marzo 2020 e' stato poi prorogato, dapprima, al 15 aprile 2020, in forza dell'art. 83, primo comma, decreto-legge n. 18/2020 e, successivamente, all'11 maggio 2020, in virtu' dell'art. 36, primo comma, del decreto-legge n. 23/2020, che non ha tuttavia sostituito il pregresso termine inscritto nel corpo dell'art. 83, limitandosi a disporne la proroga, con autonoma disposizione. L'art. 83, comma 1, del decreto-legge n. 18/2020, nella versione attualmente in vigore, prevede al comma primo che «dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020 le udienze dei procedimenti civili e penali pendenti presso tutti gli uffici giudiziari sono rinviate d'ufficio a data successiva al 15 aprile 2020», aggiungendo, al secondo comma, che «dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020 e' sospeso il decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali». Prevede poi l'art. 36, comma 1, del decreto-legge n. 23/2020 che «il termine del 15 aprile 2020 previsto dall'art. 83, commi 1 e 2, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 e' prorogato all'11 maggio 2020». Ne' la legge di conversione, ne' il decreto-legge n. 28/2020 hanno modificato i commi 1 e 2 del decreto-legge n. 18/2020 e, dunque, la disciplina complessivamente prevista ai commi primo e secondo dell'art. 83 del decreto-legge n. 18/2020 - come, d'altronde, espressamente affermato e riconosciuto dallo stesso legislatore governativo nella relazione al d.d.l. di conversione del decreto-legge n. 18/2020 - ruota attorno a un duplice asse: da una parte, la necessita' di «sospendere tutte le attivita' processuali allo scopo di ridurre al minimo quelle forme di contatto personale che favoriscono il propagarsi dell'epidemia»; dall'altra, l'esigenza di «neutralizzare ogni effetto negativo che il massivo differimento delle attivita' processuali disposto al comma 1 avrebbe potuto dispiegare sulla tutela dei diritti per effetto del potenziale decorso dei termini processuali» (cfr. relazione illustrativa al d.d.l. di conversione del decreto-legge 18/2020). In altri termini, se nel primo comma viene prescritto il «massivo differimento» di ogni attivita' processuale, disponendosi il rinvio obbligatorio di tutte le udienze gia' fissate tra il 9 marzo 2020 e l'11 maggio 2020, nel secondo comma viene invece prevista la sospensione, per lo stesso periodo di tempo, del decorso dei termini processuali. Resta pertanto fermo quanto gia' previsto dal decreto-legge e dunque, nella cd. fase 1, e' sospeso il decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto del procedimento penale, e non del solo processo - fatte salve le eccezioni di cui al comma 3 - e, seguendo l'indicazione contenuta all'art. 83, comma 2, del decreto-legge cit., sono pertanto sospesi i termini stabiliti per la fase delle indagini preliminari, i termini per l'adozione dei provvedimenti giudiziari e per il deposito della loro motivazione, i termini per la proposizione degli atti introduttivi del giudizio e dei procedimenti esecutivi, i termini per le impugnazioni e, in genere, tutti i termini procedurali, formula questa di evidente chiusura, con la quale la sospensione viene tout court estesa a tutti i procedimenti penali, in qualunque fase e grado essi si trovino, nonche' a tutti i termini procedurali, siano essi di prescrizione, o cautelari, o, per esempio, di conclusione delle indagini preliminari. La sospensione ex lege, nella fase 1, viene dunque dilatata oltre i confini della «pendenza» del procedimento e investe tutti i procedimenti penali. Ma la disposizione che, in questa sede, risulta di maggiore rilievo risiede nel quarto comma del citato art. 83: «nei procedimenti penali in cui opera la sospensione dei termini ai sensi del comma 2 e' altresi' sospeso, per lo stesso periodo, il corso della prescrizione». Tale norma non ha subito alcuna modifica e, pertanto, alla luce della ratio della riforma (che mira, nella fase 1 ad una sospensione generalizzata e diffusa) va superata l'illogica discrasia dovuta alla formulazione della norma che, con il richiamo al solo art. 83, comma 2, sembra inopinatamente escludere i procedimenti in cui le udienze vengano rinviate d'ufficio ai sensi dell'art. 83, comma 1; resta dunque inalterata, per la fase 1, la generalizzata sospensione dei termini e, per la sua stessa durata, la sospensione del corso della prescrizione relativamente a tutti i procedimenti penali pendenti. Il legislatore ha infatti istituito uno stretto legame tra sospensione dei termini processuali e sospensione del corso della prescrizione, ancorando quest'ultima alla prima, sia per quel che concerne i presupposti applicativi, sia per quel che riguarda l'estensione temporale. Pertanto, la' dove siano sospesi i termini per il compimento di qualsiasi attivita' processuale, restera' parimenti sospeso il corso della prescrizione, per un periodo di tempo, sempre fisso e prestabilito, corrispondente all'arco di tempo che intercorre tra il 9 marzo e l'11 maggio 2020, pari a complessivi sessantatre' giorni. In ragione di siffatti rilievi, ritiene pertanto il tribunale che la prescrizione del reato contestato nel presente giudizio debba intendersi sospesa, in virtu' dell'art. 83, comma 4, del decreto-legge n. 18/2020, per complessivi sessantatre' giorni, dovendosi pertanto posticipare al 15 agosto 2020 il decorso del termine massimo di prescrizione, per le ragioni che di qui a poco si esporranno. Le considerazioni e i rilievi innanzi esposti, ad avviso di questo giudice, depongono tutti nel senso di escludere la possibilita' che il presente giudizio possa essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 83, comma 4, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, in riferimento all'art. 25, comma 2 della Costituzione e all'art. 117 della Costituzione in relazione all'art. 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali. Sul termine di prescrizione del reato contestato e sulla rilevanza della questione nel presente giudizio. Tanto premesso, e' necessario precisare la data ultima di consumazione dei fatti estorsivi in contestazione e, conseguentemente, procedere all'individuazione del termine di prescrizione. Trattasi, invero, di ipotesi delittuosa tentata - punita con la pena massima della reclusione pari a sei anni e otto mesi, cosi' individuata applicando la riduzione di un terzo ex art. 56 del codice penale alla pena massima edittalmente stabilita per il delitto consumato - la cui data ultima di consumazione va individuata al 28 novembre 2011. Ebbene, l'art. 157 del codice di procedura penale - nella formulazione introdotta con la legge n. 251/2005, entrata in vigore l'8 dicembre 2005 e pertanto certamente applicabile ai fatti in contestazione - prevede che la prescrizione estingue il reato decorso il tempo corrispondente al massimo della pena edittale stabilita dalla legge o comunque decorso un tempo non inferiore a sei anni per i reati di tipo delittuoso e non superiore, ex art. 161 ult. comma del codice penale, al termine massimo individuato aumentato di un quarto, e dunque non superiore, nel caso di specie, a otto anni e quattro mesi. Tale termine risulta poi ulteriormente allungato considerando la sospensione dovuta all'adesione del difensore all'astensione proclamata per l'udienza del 6 dicembre 2019 ed avente una durata pari a giorni settantasette (fino alla successiva udienza del 21 febbraio 2020), nonche' la sospensione introdotta dall'art. 83, comma 4, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, pari a ulteriori sessantatre' giorni. Ebbene, al fine di comprendere la rilevanza della questione avanzata dalla difesa nel caso di specie, va evidenziato che, se la norma della quale si invoca l'incostituzionalita' non fosse mai stata introdotta, i fatti in contestazione si sarebbero prescritti in data 13 giugno 2020; tuttavia, proprio in virtu' dell'entrata in vigore della nuova ipotesi di sospensione in parola, il decorso del termine massimo di prescrizione risulta slittato in avanti sino al 15 agosto 2020. E' semplice comprendere, dunque, che la questione di legittimita' dall'art. 83, comma 4, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27 ha una piana rilevanza nel caso che ci occupa, trattandosi inoltre di processo pendente in piena fase di istruttoria a carico. Sulla fondatezza della questione proposta e sull'impossibilita' di giungere ad un'interpretazione costituzionalmente orientata. Per comprendere appieno la fondatezza della questione proposta, e' necessario a questo punto analizzare le peculiarita' della nuova ipotesi di sospensione del termine di prescrizione introdotta dall'art. 83, comma 4, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27. Tale norma ha infatti si' introdotto ex novo un «evento» del decorso del termine prescrizionale legato ad una sospensione ex lege del procedimento penale - come gia' avvenuto in passato - ma lo ha fatto in virtu' del dilagare di un'emergenza sanitaria nazionale e globale. Dunque, la ratio che ha di certo condotto il legislatore a prevedere tale sospensione obbligata dell'attivita' processuale nazionale non sembra in alcun modo connessa ad un disinteresse all'attuazione della pretesa punitiva, bensi' dipendente dalla oggettiva impossibilita' dell'ordinamento di esercitare le funzioni giurisdizionali senza ledere il diritto alla salute di tutti gli utenti degli uffici giudiziari. Il legislatore ha cosi' previsto la sospensione del decorso dei termini prescrizionali al fine di evitare che la forzata e obbligata inattivita' degli organi giurisdizionali potesse andare a favore di alcuni soggetti, i quali avrebbero inopinatamente beneficiato della stasi giudiziaria, senza che la stessa potesse essere in alcun modo legata allo scemare dell'interesse dello Stato alla repressione dei reati. Il legislatore ha dunque inserito un'ipotesi di sospensione della prescrizione avente una particolare efficacia retroattiva, in quanto applicabile si' a tutti i fatti commessi prima della sua entrata in vigore gia' sfociati in un procedimento penale (di qualunque stato e grado), ma non anche ai fatti commessi prima del 9 marzo 2020, ma non ancora approdati neppure alla primissima fase delle indagini preliminari. Proprio sulla base delle considerazioni appena svolte, sembra che il legislatore abbia inserito nel nostro ordinamento la prima causa di sospensione dei termini di prescrizione avente valenza prettamente processuale e non sostanziale e, percio', sottoposta al principio tempus regit actum invece che all'inderogabile principio di irretroattivita' della legge penale sfavorevole, di cui agli articoli 25 della Costituzione e 117 della Costituzione in relazione all'art. 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali. E' d'obbligo rilevare, tuttavia, che nel nostro ordinamento all'istituto della prescrizione e' stata attribuita valenza sostanziale, incidendo lo stesso sulla pena latu sensu intesa e sul diritto dei consociati di conoscere e prevedere le conseguenze cui possono incorrere commettendo un reato. L'istituto in parola, dunque, deve necessariamente essere sottoposto al principio di legalita' e tutte le modifiche che lo riguardano devono essere regolate dal principio della retroattivita' della lex mitior e da quello della irretroattivita' della legge penale sfavorevole. Pur riconoscendosi una doppia anima dell'istituto della prescrizione, avente natura ibrida in quanto legata a doppio filo a vicende processuali per quanto concerne gli eventi connessi al suo decorso, questa causa di estinzione del reato e tutte le sue vicende sono state sempre ricondotte sotto l'alveo applicativo dei principi suddetti e, dunque, le modifiche in peius della disciplina della prescrizione sono state applicate solo ai fatti commessi successivamente all'entrata in vigore delle novelle normative. Infatti, la giurisprudenza costituzionale, nel recente passato, ha riconosciuto natura sostanziale all'istituto della prescrizione del reato, traendone conseguenze proprio in ordine all'applicazione dei principi in materia di diritto intertemporale. Con la sentenza n. 393/2006, relativa alla riforma della prescrizione del reato realizzata nel 2005 dalla legge «ex Cirielli» (legge n. 251/2005), la Corte costituzionale ha affermato che il principio di retroattivita' della legge penale favorevole all'agente, radicato nell'art. 3 della Costituzione, opera in rapporto a una legge che, a processo in corso, abbrevi i termini di prescrizione del reato. Quel principio, secondo la Corte, puo' subire deroghe solo nei limiti della ragionevolezza, cio' che in quel caso fu escluso. In particolare, la Corte costituzionale in quell'occasione dichiaro' l'illegittimita' costituzionale dell'art. 10, comma 3, della legge «ex Cirielli» nella parte in cui escludeva che i nuovi termini di prescrizione del reato, ove risultassero piu' brevi, si applicassero ai processi gia' pendenti in primo grado ove vi fosse stata la dichiarazione di apertura del dibattimento, nonche' ai processi gia' pendenti in grado di appello o avanti alla Corte di cassazione. Secondo la sentenza n. 393 del 2006, la soluzione che inquadra le modifiche in melius del regime della prescrizione del reato nell'ambito del principio di retroattivita' della lex mitior e' «coerente con la natura sostanziale della prescrizione (sentenza n. 275 del 1990) e con l'effetto da essa prodotto, in quanto «il decorso del tempo non si limita ad estinguere l'azione penale, ma elimina la punibilita' in se' e per se', nel senso che costituisce una causa di rinuncia totale dello Stato alla potesta' punitiva» (Cassazione - sezione I - 8 maggio 1998, n. 7442). Tale effetto, peraltro, esprime l'«interesse generale di non piu' perseguire i reati rispetto ai quali il lungo tempo decorso dopo la loro commissione abbia fatto venir meno, o notevolmente attenuato [...] l'allarme della coscienza comune, ed altresi' reso difficile, a volte, l'acquisizione del materiale probatorio» (sentenza n. 202 del 1971; v. anche sentenza n. 254 del 1985; ordinanza n. 337 del 1999). Pertanto, le norme sulla prescrizione dei reati, ove piu' favorevoli al reo, rispetto a quelle vigenti al momento della commissione del fatto, devono conformarsi, in linea generale, al principio previsto dalla citata disposizione del codice penale». E' un principio, questo, ribadito dalla Corte costituzionale nella successiva sentenza n. 324/2008: «e' pacifico [...] che la prescrizione, quale istituto di diritto sostanziale, e' soggetta alla disciplina di cui all'art. 2, quarto comma, del codice penale che prevede la regola generale della retroattivita' della norma piu' favorevole, in quanto "il decorso del tempo non si limita ad estinguere l'azione penale, ma elimina la punibilita' in se' e per se', nel senso che costituisce una causa di rinuncia totale dello Stato alla potesta' punitiva"». Come e' facile notare, in occasione della riforma attuata con la legge «ex Cirielli», la giurisprudenza costituzionale non si occupo' del problema opposto e, cioe', del divieto di applicazione retroattiva delle modifiche in malam partem, che avevano comportato (ad es., in rapporto alle contravvenzioni) termini di prescrizione del reato piu' lunghi. Il problema fu infatti in quell'occasione risolto dal legislatore, stabilendo espressamente che le riformate disposizioni «non si applicano ai procedimenti e ai processi in corso se i nuovi termini di prescrizione risultano piu' lunghi di quelli previgenti» (art. 10, comma 2, legge n. 251/2005). Un'analoga disposizione transitoria e' stata inserita nella successiva legge di riforma dell'istituto, che interesso' proprio il meccanismo della sospensione del corso della prescrizione. Con la legge Orlando, nel 2017, fu come e' noto introdotta un'automatica sospensione correlata ai gradi di giudizio; ebbene, tale sospensione, per espressa previsione normativa (art. 1, comma 15, della legge n. 103/2017), poteva operare in relazione ai procedimenti per fatti commessi dopo l'entrata in vigore della legge stessa. Nulla ha previsto a riguardo, invece, l'ultima riforma dell'istituto, realizzata nel 2019 (a decorrere dal 1° gennaio 2020) dalla legge Bonafede, meglio nota come legge «spazzacorrotti». Anche in questo caso, come si sa, il legislatore e' intervenuto sulla disciplina della sospensione del corso della prescrizione, stabilendone in realta' l'interruzione (il «blocco») dopo la sentenza di primo grado o il decreto penale di condanna. Senonche', in considerazione del diritto vivente, sembrerebbe pacifico che, anche in assenza di una disposizione transitoria analoga a quelle delle leggi «ex Cirielli» e Orlando, la nuova e piu' sfavorevole disciplina introdotta dalla legge Bonafede non possa trovare applicazione retroattiva per le ragioni sin qui evidenziate. La riferibilita' del principio di irretroattivita' ex art. 25, comma 2 della Costituzione all'istituto della prescrizione del reato, sul presupposto della sua asserita natura sostanziale e non processuale, e' stata affermata pure dalla Corte costituzionale con l'ordinanza n. 24/2017 e con la sentenza n. 115/2018, nell'ambito della nota vicenda Taricco, in rapporto alla disciplina dell'interruzione del corso della prescrizione e, in particolare, del prolungamento del termine per effetto di atti interruttivi. In quell'occasione veniva in rilievo «l'estensione del potere punitivo pubblico oltre il limite temporale previsto al tempo del fatto» non gia' - si noti - in conseguenza di una modifica normativa, bensi' per effetto della sentenza Taricco della Corte di giustizia dell'Unione europea, alla luce della quale il giudice penale, in materia di gravi frodi a danno degli interessi finanziari dell'Unione europea avrebbe dovuto disapplicare la disposizione codicistica che, in presenza di atti interruttivi, pone un limite al termine di durata massima del corso della prescrizione. Cio' avrebbe comportato, secondo la Corte costituzionale, in relazione ai fatti commessi prima della sentenza Taricco, un vulnus all'art. 25, comma 2, della Costituzione. Secondo la Corte, infatti, «un istituto che incide sulla punibilita' della persona, riconnettendo al decorso del tempo l'effetto di impedire l'applicazione della pena, nel nostro ordinamento giuridico rientra nell'alveo costituzionale del principio di legalita' penale sostanziale enunciato dall'art. 25, secondo comma, della Costituzione con formula di particolare ampiezza». La prescrizione pertanto «deve essere considerata un istituto sostanziale, che il legislatore puo' modulare attraverso un ragionevole bilanciamento tra il diritto all'oblio e l'interesse a perseguire i reati fino a quando l'allarme sociale indotto dal reato non sia venuto meno (potendosene anche escludere l'applicazione per delitti di estrema gravita'), ma sempre nel rispetto di tale premessa costituzionale inderogabile (ex plurimis, sentenze n. 143 del 2014, n. 236 del 2011, n. 294 del 2010 e n. 393 del 2006; ordinanze n. 34 del 2009, n. 317 del 2000 e n. 288 del 1999)» (sentenza n. 115/2018). Infine, anche con le sentenze n. 143 del 2014 e n. 265 del 2017, la Corte costituzionale ha ribadito fermamente la natura sostanziale dell'istituto della prescrizione e la sua conseguenziale applicazione irretroattiva per le modifiche sfavorevoli in relazione, rispettivamente, al raddoppio dei termini di prescrizione del delitto di incendio colposo e del delitto di cui al combinato disposto degli articoli 434 e 449 del codice penale. Nella pronuncia n. 265 del 2017, in particolare, la Corte afferma che la prescrizione «pur potendo assumere una valenza anche processuale, in rapporto alla garanzia della ragionevole durata del processo (art. 111, secondo comma, della Costituzione) [...] costituisce, nel vigente ordinamento, un istituto di natura sostanziale [...] la cui ratio "si collega preminentemente, da un lato, all'"interesse generale di non piu' perseguire i reati rispetto ai quali il lungo tempo decorso dopo la loro commissione abbia fatto venir meno, o notevolmente attenuato, [...] l'allarme della coscienza comune" [...]; dall'altro, "al "diritto all'oblio" dei cittadini, quando il reato non sia cosi' grave da escludere tale tutela"» (cfr. Corte costituzionale - sentenza n. 265 del 2017). Negli stessi termini la Corte si e' espressa anche nella precedente pronuncia n. 143 del 2014: «sebbene possa proiettarsi anche sul piano processuale - concorrendo, in specie, a realizzare la garanzia della ragionevole durata del processo (art. 111, secondo comma, della Costituzione) - la prescrizione costituisce, nell'attuale configurazione, un istituto di natura sostanziale» (cfr. Corte costituzionale - sentenza n. 143 del 2014). E' doveroso rilevare, tuttavia, che tutte le pronunce appena citate fanno riferimento a dei casi di specie nei quali effettivamente si era posto un problema di serio allungamento dei termini prescrizionali e, comunque, era intervenuta una riforma di sistema avente carattere generale ed applicabile ad un numero assolutamente indeterminato di casi. La sospensione dei termini di prescrizione introdotta dall'art. 83, comma 4, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, invece, comporta un allungamento dei termini di prescrizione di durata predeterminata - dal 9 marzo 2020 all'11 maggio 2020 - ed applicabile a tutti i fatti commessi prima della sua entrata in vigore che siano gia' sfociati in un procedimento penale (di qualunque stato e grado), ma non anche ai fatti commessi prima del 9 marzo 2020 e non ancora approdati neppure alla primissima fase delle indagini preliminari. Come tale, la nuova ipotesi di sospensione introdotta dal decreto-legge cd. Cura Italia sembra differenziarsi da tutte le ipotesi sulle quali la Consulta ha gia' avuto modo di pronunciarsi. La norma di cui all'art. 83, comma 4, del decreto-legge citato trova la sua ispirazione nel fatto che lo Stato si e' trovato a dover necessariamente restare immobile dinanzi ad un'emergenza sanitaria di portata mondiale ed appare percio' del tutto slegata da ragioni connesse al minore o maggiore interesse dell'ordinamento alla pretesa punitiva. Un simile intervento «emergenziale» non e' un novum assoluto. In passato il legislatore ha gia' emanato disposizioni emergenziali volte a sospendere i procedimenti penali, ma anche il decorso del termine di prescrizione (in concomitanza con alcune calamita' - naturali e non - che interessavano specifiche zone del territorio nazionale): si allude all'art. 1, comma 1, del decreto-legge n. 73 del 2018 (Sospensione dei termini e dei procedimenti penali pendenti dinanzi al Tribunale di Bari); all'art. 49, comma 9, del decreto-legge n. 189 del 2016 (Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del 2016); all'art. 6, comma 9, del decreto-legge n. 74 del 2012 (Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici che hanno interessato il territorio delle Province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo, il 20 e il 29 maggio 2012); all'art. 5, comma 8, del decreto-legge n. 39 del 2009 (Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici nella Regione Abruzzo nel mese di aprile 2009 e ulteriori interventi urgenti di protezione civile). Tuttavia, non risulta che la Consulta sia mai stata chiamata ad occuparsi delle omologhe previsioni di sospensione del corso della prescrizione in occasione delle precedenti leggi emergenziali e, percio', non si e' mai rinvenuto un appiglio costituzionale a quel minoritario orientamento - per lo piu' dottrinario - che afferma che la prescrizione «e' un istituto bizzarro», la cui fisionomia non e' «costituzionalmente delineata» e che, al di la' di qualsiasi approccio nominalistico, cio' che conta e' il concreto atteggiarsi dell'istituto nel sistema, al fine di evitare possibili «frodi delle etichette». Inoltre, vi e' da aggiungere che la disposizione di cui all'art. 83, comma 4, del decreto-legge cd. Cura Italia se non rappresenta una novita' dal punto di vista delle ragioni ispiratrici, costituisce di certo un novum con riguardo al suo generalizzato campo di applicazione, in quanto risulta slegata da realta' emergenziali prettamente locali e territorialmente circoscritte ed applicabile, invece, all'intero territorio nazionale. Nel tentativo di ricondurre a sistema la norma oggi censurata potrebbe affermarsi che l'art. 159 del codice penale prevede - tra le altre ipotesi tipiche - anche la possibilita' che il corso della prescrizione possa essere sospeso «in ogni caso in cui la sospensione del procedimento o del processo penale o dei termini di custodia cautelare e' imposta da una particolare disposizione di legge». L'applicazione letterale dell'art. 159 del codice penale sembrerebbe dunque tollerare la sospensione del corso della prescrizione in un caso come quello in esame. Tuttavia non e' possibile ignorare il conseguenziale quesito relativo alla conformita' o meno al divieto di irretroattivita' della legge penale sfavorevole dell'introduzione di «nuove» cause di sospensione del corso della prescrizione introdotte con legge in epoca successiva al fatto di reato commesso, con una sorta di rinvio mobile; strumento questo per il cui tramite il legislatore avrebbe deciso di attribuire preventivo rilievo a qualunque causa sospensiva della prescrizione introdotta in futuro. Tale esito esegetico si risolverebbe in un surrettizio aggiramento del principio di irretroattivita' in peius, non garantendo, dunque, alle disposizioni sopravvenute una patente di immunita' da censure di incostituzionalita', se concepite per colpire anche fatti commessi in epoca precedente. E' infatti indubbio che l'introduzione di una «nuova» causa di sospensione del corso della prescrizione sia previsione sfavorevole all'imputato ed e' doveroso percio' analizzare le altre principali novelle legislative che hanno agito nel medesimo senso, nonche' il loro regime di applicazione al fine di verificare le scelte che il legislatore ha posto in essere in ordine alla loro applicabilita' a fatti commessi antecedentemente. Come gia' visto sopra, la legge Orlando del 2017 recava in se' una apposita norma di diritto transitorio che ne prevedeva l'applicazione ai soli fatti commessi dopo la sua entrata in vigore; cosi' come pure la riforma dell'art. 159 del codice penale adottata con legge n. 3 del 2019 (cd. Spazzacorrotti) ne affermava la sua applicazione a decorrere dal 1° gennaio 2020, intendendosi - per consolidato orientamento - che la stessa risultava applicabile solo ai fatti commessi successivamente a tale data. Anche la legge n. 251 del 2005 «ex Cirielli» contemplava una norma di diritto transitorio che e' stata anche sottoposta al vaglio della Consulta, come gia' visto. Le riforme appena citate hanno certamente comportato una rivisitazione strutturale dell'istituto della prescrizione e delle sue vicende, la cui applicazione, seppur ancorata - nel caso della legge Orlando e della legge Spazzacorrotti - alla clausola di apertura di cui all'art. 159 del codice penale, e' stata comunque limitata da apposite norme di diritto transitorio solo ai fatti commessi successivamente alla loro entrata in vigore, con cio' lasciando chiaramente intendere di voler aderire all'univoco orientamento della Corte costituzionale che annovera l'istituto della prescrizione, inteso nella sua interezza, tra quelli di diritto penale sostanziale e che il semplice aggancio normativo dell'art. 159 del codice penale non e' sufficiente a ritenere coperte dal principio di irretroattivita' della legge penale sfavorevole le novelle in parola. La medesima scelta legislativa, inoltre, e' stata posta in essere nelle ipotesi in cui il legislatore e' intervenuto a modificare o integrare le ipotesi tipiche di sospensione del decorso dei termini prescrizionali legate a sospensioni del procedimento penale, espressamente elencate dall'art. 159 del codice penale. Ed invero, la legge n. 103 del 2017 (legge Orlando) nell'incidere sulle cause di sospensione legate alle ipotesi di rogatorie all'estero e di deferimento di questioni ad altro giudizio, ne ha limitato la portata applicativa solo ai fatti commessi in un momento successivo alla sua entrata in vigore (cfr. art. 1, comma 15, della legge n. 103/2017). Ancora, la legge n. 67 del 2014, nell'aggiungere il numero 3-bis) all'art. 159 del codice penale che prevede un'ipotesi tipica di sospensione della prescrizione nel caso di sospensione del procedimento ai sensi dell'art. 420-quater, del codice di procedura penale, ha previsto all'art. 15-bis che «la norma si applica ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, a condizione che nei medesimi procedimenti non sia stato pronunciato il dispositivo della sentenza di primo grado». Tale previsione, dunque, introduce un'ipotesi di sospensione dei termini prescrizionali applicabile anche ai fatti commessi antecedentemente alla sua entrata in vigore, ancorandone l'applicabilita' alla circostanza che il procedimento sia in corso e che non sia stata ancora emessa sentenza di primo grado, limitandone cosi' notevolmente la portata applicativa. Anche l'art. 5 della legge n. 134 del 2003, in tema di patteggiamento allargato, ha previsto al suo secondo comma un'ipotesi particolare di sospensione del dibattimento, su istanza dell'imputato, per un periodo non inferiore a quarantacinque giorni, con consequenziale sospensione dei termini di prescrizione e di custodia cautelare. Ebbene, perfino in tale occasione, caratterizzata dal fatto di dipendere da una mera decisione dell'imputato in tal senso e, dunque, pensata per tutelare gli interessi di tutti gli attori processuali, la Corte di cassazione a sezioni unite e' intervenuta con sentenza n. 47289 del 10 dicembre 2003 ad affermare che il comma 2 dell'art. 5 della legge n. 134/2003 e' norma transitoria e, in quanto tale, la sospensione del dibattimento e' di carattere eccezionale, da applicare solo nei casi in cui univocamente lo dispone la lettera della legge. Da ultimo, l'art. 1, comma 466 della legge n. 2015 del 2017 (legge finanziaria per il 2018) ha inserito all'art. 420-ter del codice di procedura penale una ulteriore ipotesi di impedimento legittimo a comparire in udienza per il difensore che si trovi in stato di gravidanza, ipotesi alla quale consegue la sospensione del processo e, di conseguenza, ai sensi dell'art. 159, n. 3) del codice penale, la sospensione del decorso dei termini prescrizionali. In tale occasione, tuttavia, ne' il legislatore ha inserito alcuna disciplina intertemporale, ne' la Consulta e' mai stata chiamata a pronunciarsi sulla costituzionalita' della norma in relazione agli articoli 25 della Costituzione e 117 della Costituzione in relazione all'art. 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali. Come visto, dunque, la necessita' di limitare la portata applicativa delle disposizioni incidenti sul regime della prescrizione ha da sempre contrassegnato la mente del legislatore, e cio' proprio in ossequio al dovere di legiferare nel rispetto della nostra Carta fondamentale e dei principi nel tempo enucleati dalla Corte costituzionale. L'art. 83, comma 4, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, tuttavia, sembra differire da tutte le ipotesi sin qui riportate, in quanto pur avendo con esse in comune legame biunivoco che lega la sospensione dei termini prescrizionali alla sospensione dei procedimenti, si presenta come norma che si caratterizza per l'eccezionalita' assoluta che ha condotto alla sua introduzione nel nostro ordinamento. La disposizione censurata, infatti, sospende il corso della prescrizione per una durata prestabilita - dal 9 marzo 2020 all'11 maggio 2020 - e solo in relazione ai procedimenti in corso, lasciando intendere che la sua applicazione non da' luogo ad una riforma di sistema dell'istituto della prescrizione. Proprio le circostanze emergenziali che hanno condotto all'inserimento di una disposizione di tal fatta costituiscono, infatti, la ragione per la quale intendendo l'art. 83, comma 4, del decreto-legge cd. Cura Italia come applicabile solo ai fatti commessi dal 9 marzo 2020 in poi, si giungerebbe ad un'interpretatio abrogans della normativa emergenziale, che ne vanificherebbe del tutto le rationes ispiratrici. Sembra infatti che non applicando la norma in parola ai fatti gia' commessi, la stessa non riuscirebbe in alcun modo a svolgere la sua funzione di «neutralizzare ogni effetto negativo che il massivo differimento delle attivita' processuali disposto al comma 1 avrebbe potuto dispiegare sulla tutela dei diritti per effetto del potenziale decorso dei termini processuali». Dinanzi ad una norma dotata di tali e tante peculiarita' - solo alcune delle quali affrontate nel presente provvedimento in quanto rilevanti per il processo de quo - e' dunque necessario domandarsi se il principio di irretroattivita' della legge penale, di cui all'art. 25, comma 2 della Costituzione e all'art. 117, comma 1 della Costituzione, in relazione all'art. 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, operi o meno in rapporto ad una legge che, dopo la commissione del fatto, sospenda il corso della prescrizione del reato per un certo periodo, in ragione di un'emergenza sanitaria sopravvenuta, che impedisca il regolare svolgimento dell'attivita' giudiziaria al fine di tutelare il diritto alla salute di tutti gli utenti dei palazzi di giustizia. Escludere il divieto di applicazione retroattiva dell'art. 83, comma 4, del decreto-legge cd. Cura Italia potrebbe sembrare l'unica soluzione ragionevole per evitare di vanificare il lodevole intento del legislatore e garantire che la paralisi del sistema giustizia non sia foriera di benefici illegittimi. La sospensione in tal caso sarebbe forzata e, dunque, non imputabile a nessuno e non vi sarebbe ragione per cui dovesse tornare a favore di qualcuno. Per giungere a tale soluzione sarebbe necessario approdare per la prima volta nel nostro sistema ad una «processualizzazione» della sospensione dei termini di prescrizione, limitatamente alla norma oggi censurata. Tuttavia, la soluzione favorevole al divieto di applicazione retroattiva dell'art. 83, comma 4, del decreto-legge cd. Cura Italia sembrerebbe imporsi nel nostro ordinamento alla luce sia del diritto vivente sia dei tratti comuni caratterizzanti le novelle intervenute in tema di prescrizione nel corso degli anni. Sia la giurisprudenza che il legislatore, infatti, hanno mostrato di considerare la prescrizione del reato come un istituto di natura sostanziale, sottratto al principio tempus regit actum ed attratto invece nella sfera di operativita' del principio di irretroattivita' della legge penale sfavorevole. Inoltre, va sottolineato come l'istituto della sospensione della prescrizione trovi la sua ratio nella forzata inattivita' cui e' costretto l'organo che procede: se la prescrizione ha l'effetto di elidere le possibilita' di far valere la pretesa punitiva dello Stato contro l'autore di un determinato reato, e' logico che essa puo' operare se ed in quanto la pretesa punitiva possa essere esercitata durante tutto il periodo cui tale esercizio sia possibile; ne consegue che, ove vi siano delle cause che impediscano l'esercizio dell'azione e/o del procedimento penale, il decorso del termine si deve arrestare fino a quando la causa anzidetta non sia rimossa (cfr. Cassazione pen. 18 giugno 1971). Se allora tutte le cause di sospensione della prescrizione - compresa quella introdotta dalla norma oggi censurata - si ancorano alla medesima ratio ispiratrice appena enunciata, non si comprende se sia possibile differenziarne la disciplina applicativa senza incorrere in una violazione dei principi costituzionali che ne governano l'esistenza. L'impossibilita' di individuare un parametro costituzionale di riferimento per l'orientamento della «processualizzazione» della sospensione dei termini di prescrizione - che questo giudice senz'altro condivide in via logica - rende la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 83, comma 4, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27 non manifestamente infondata e non permette di addivenire ad una interpretazione costituzionalmente orientata della norma in parola. Cio' e' legato anche al fatto che la Corte costituzionale, nella sentenza n. 114 del 1994, aveva esplicitamente evidenziato che anche il regime delle cause di sospensione del corso della prescrizione previsto dall'art. 159 del codice penale e' sottoposto al principio di legalita' cristallizzato nell'art. 25 della Costituzione, dichiarando cosi' infondata una questione di legittimita' costituzionale con cui si chiedeva alla Consulta di introdurre - con un intervento additivo in malam partem - un'ulteriore ipotesi di sospensione del corso della prescrizione. Neppure potrebbe infine individuarsi una via d'uscita dell'impasse appena evidenziata invocando una deroga al principio di irretroattivita' posta in essere da una legge eccezionale e temporanea. Si tratta infatti, pacificamente, di un principio «assolutamente inderogabile» (cosi', ad es., Corte costituzionale n. 394/2006). Le leggi eccezionali e temporanee possono derogare al principio di retroattivita' della lex mitior, come stabilisce l'art. 2, comma 5, del codice penale e solo nei limiti della ragionevolezza (cfr., tra le molte, Corte costituzionale n. 394/2006). Il principio di irretroattivita' in malam partem non tollera invece deroghe, e' un fondamentale e irrinunciabile principio di civilta' del diritto che «erige un bastione a garanzia dell'individuo contro possibili abusi da parte del potere legislativo» (cosi' Corte costituzionale n. 32/2020). Non a caso, nella prospettiva del diritto dei diritti umani, l'art. 15 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali annovera il nullum crimen nulla poena sine previa lege, ex art. 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, tra i diritti che non ammettono deroghe nemmeno «in caso di guerra o in caso di altro pericolo pubblico che minacci la vita della nazione». Sugli esatti termini della questione di legittimita' costituzionale. Alla luce delle ragioni innanzi esposte, che giustificano la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione proposta con la presente ordinanza, s'impone la trasmissione degli atti del presente giudizio alla Corte costituzionale, affinche' si pronunci sulla legittimita' costituzionale dell'art. 83, quarto comma, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, per contrasto con il principio di legalita' in materia penale, espresso dagli articoli 25, secondo comma, della Costituzione e 117 della Costituzione in relazione all'art. 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali e, piu' in particolare, con il sotto-principio di irretroattivita' della legge penale sfavorevole al reo, la' dove e' previsto che il corso della prescrizione dei reati commessi prima del 9 marzo 2020 rimanga sospeso, per un periodo di tempo pari a quello in cui sono sospesi i termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti penali.
P.Q.M. Il Tribunale ordinario di Crotone: visti gli articoli 134 della Costituzione e 23 e ss. legge 11 marzo 1953, n. 87; solleva questione di legittimita' costituzionale dell'art. 83, quarto comma, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, in riferimento agli articoli 25, secondo comma della Costituzione e 117 della Costituzione in relazione all'art. 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, nei termini di cui in motivazione; sospende il presente giudizio sino alla decisione sulla proposta questione di legittimita' costituzionale; dispone l'immediata trasmissione alla Corte costituzionale della presente ordinanza, insieme con gli atti del giudizio e con la prova delle notificazioni e comunicazioni di seguito disposte; dispone che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza: sia notificata agli imputati e alle parti civili, nonche' al Presidente del Consiglio dei ministri e che sia comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica; da' atto che la presente ordinanza e' stata letta in udienza e che, pertanto, essa deve intendersi notificata a coloro che sono o devono considerarsi presenti, ex art. 148, comma 5 del codice di procedura penale. Cosi' deciso in Crotone, all'udienza del giorno 19 giugno 2020. Il Giudice: Girardi