N. 167 ORDINANZA (Atto di promovimento) 6 luglio 2020
Ordinanza del 6 luglio 2020 della Corte d'appello di Napoli sul ricorso proposto da S. A. contro il Ministero della giustizia. Processo penale - Equa riparazione per violazione della ragionevole durata del processo - Computo della durata del processo - Previsione che il processo penale si considera iniziato con l'assunzione della qualita' di parte civile della persona offesa dal reato. - Legge 24 marzo 2011 [recte: 2001], n. 89 (Previsione di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo e modifica dell'articolo 375 del codice di procedura civile), come modificata dall'art. 55 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83 (Misure urgenti per la crescita del Paese), convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 134, art. 2, comma 2-bis.(GU n.49 del 2-12-2020 )
LA CORTE DI APPELLO DI NAPOLI Seconda sezione civile Nella persona del dott. Giovanni de Orecchio, ha pronunciato la seguente ordinanza; Nel procedimento camerale n. 1022/2020, avente ad oggetto: equa riparazione ex legge n. 89/2001, ad istanza di S. A. (cf: ...), rappresentato e difeso dall'avv. Marco Esposito; ricorrente; Contro il Ministero della giustizia, in persona del Ministro pro-tempore. In data 19 maggio 2020 il ricorrente indicato in epigrafe ha adito questa Corte onde conseguire ai sensi della legge n. 89/2001 l'indennizzo per l'irragionevole durata del processo penale svoltosi dinanzi al giudice di pace di ... In particolare, il ricorrente deduce che: in data 10 novembre 2010 aveva presentato querela contro due donne che l'avevano aggredito verbalmente e fisicamente; la querela era stata da lui presentata presso l'ufficio denunzie della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli; il procedimento penale era stato iscritto al n. 111897/2010 RGNR; il procedimento era rimasto immobile per un tempo immemorabile; soltanto in data 14 maggio 2013 il verbale di identificazione era stato notificato alle querelate; egli, per sollecitare le indagini preliminari, aveva depositato tramite il proprio difensore una relazione riguardante le investigazioni difensive espletate in proprio favore; nonostante i ripetuti solleciti, soltanto il 9 gennaio 2015 il VPO aveva emesso il decreto di citazione diretta a giudizio delle due imputate per l'udienza del 14 maggio 2015 in ordine ai reati di cui agli articoli 594 e 56, 582 del codice penale; il processo era stato piu' volte rinviato in fase preliminare per le piu' svariate ragioni; all'udienza del 6 febbraio 2019 il suo difensore aveva anche insistito per depositare l'atto di costituzione di parte civile ma ancora una volta il giudice di pace aveva rinviato il dibattimento per consentire la notifica alle imputate; perfezionatosi il contraddittorio, all'udienza del 2 luglio 2019 egli si era costituito parte civile e la sua costituzione era stata ammessa dal giudice; in quella medesima udienza, peraltro, il giudice, su conforme richiesta del pubblico ministero di udienza, aveva dichiarato non luogo a provvedere perche' i reati si era estinti per prescrizione; la sentenza n. 58/2019 era stata depositata il 17 luglio 2019 ed e' divenuta irrevocabile il 16 settembre 2019; la durata del procedimento da prendere in considerazione ai fini del chiesto indennizzo va quindi dal 10 novembre 2010 al 16 settembre 2019: ed invero il dies a quo va individuato nel giorno di presentazione della querela (10 novembre 2010, appunto) in ragione dell'interpretazione che dell'art. 6 par. 1 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali ha dato la Corte europea con la sentenza del 7 dicembre 2017 Arnoldi contro Italia; d'altronde, se la Corte costituzionale, con la sentenza n. 184/2015, ha dato rilievo, al fine di stabilire il periodo di durata da prendere in considerazione con riguardo alla legge n. 89/2001, anche alla fase delle indagini preliminari e precisamente al primo atto con il quale l'indagato viene a conoscenza di un'indagine apertasi nei suoi confronti, per parita' di trattamento si deve pervenire alla conclusione che per la persona offesa il procedimento abbia inizio con la presentazione della querela/ denuncia; la normativa nazionale, prevede pero' altro: l'art. 2, legge n. 89/2001, come modificata dalla legge n. 134/2012 introduttiva del comma 2-bis, indica quale dies a quo da prendere in considerazione ai fini della determinazione della durata del processo il giorno in cui e' avvenuta la costituzione di parte civile in tal modo escludendo tutta la fase delle indagini preliminari in cui tale costituzione non puo' avvenire; si e' venuta a creare pertanto una situazione di macroscopica disparita' di trattamento tra la persona offesa dal reato ed il suo carnefice, il tutto a favore di quest'ultimo; da cio' deriva l'illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 2-bis legge n. 89/2001 sotto due profili: per violazione dell'art. 3 della Costituzione atteso che ingiustificatamente la disposizione normativa contempla due diversi momenti da assumere come riferimento temporale: quello nel quale l'indagato assume la piena consapevolezza dell'esistenza di una accusa nei suoi riguardi, con riferimento appunto alla persona indagata; quello invece nel quale la persona offesa si costituisce parte civile, momento che matura peraltro con l'inizio del dibattimento e che quindi esclude tutta la fase delle indagini preliminari; per violazione dell'art. 117 della Costituzione in relazione all'art. 6, par. 1 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali per come interpretato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo: questa invero, con la sentenza Arnoldi contro Italia ha statuito, che il dies a quo da prendere in considerazione coincide con il giorno della presentazione della querela o della denuncia. Tanto premesso, va considerato che la ricostruzione anche cronologica dell'antefatto fornita dal ricorrente trova adeguato sostegno probatorio nella documentazione prodotta telematicamente. Risulta cosi' provato che: a) la querela e' stata sporta dalla persona offesa S. A. in data 10 novembre 2010 presso la Procura della Repubblica presso il tribunale di Napoli; b) il querelante ha svolto sue personali investigazioni difensive assumendo a sommarie informazioni due testimoni; c) i verbali di tali informazioni sono stati depositati nel maggio 2013 presso l'ufficio del sostituto procuratore della Repubblica designato alla trattazione del relativo procedimento penale; d) soltanto in data 9 gennaio 2015 e' stato emesso il decreto di citazione a giudizio; e) allorquando lo ha avuto la possibilita' di costituirsi parte civile una volta esaurita l'attivita' di notifica alle imputate, ovvero all'udienza del 2 luglio 2019, la costituzione e' avvenuta ed e' stata ammessa; f) sulla proposta domanda risarcitoria il giudice peraltro non si e' pronunciato perche' in quella medesima udienza ha pronunciato sentenza con la quale i reati ascritti alle imputate (594, 56-582 cp) sono stati dichiarati estinti per prescrizione. Va poi ricordato che la giurisprudenza di legittimita' che ha avuto modo di affrontare la posizione della persona offesa in materia di equa riparazione ha, nelle occasioni in cui e' stata investita della problematica, costantemente subordinato il riconoscimento di un indennizzo per la irragionevole durata del procedimento penale alla costituzione di parte civile. Si segnalano: Cass. Sez. 1, sentenza n. 4138 del 21 marzo 2003 secondo la quale l'art. 6, paragrafo 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, in relazione alla cui inosservanza l'art. 2 della legge 24 marzo 2001, n. 89 accorda equa riparazione (ove si sia prodotto un danno patrimoniale o non patrimoniale), stabilisce il diritto di ogni persona di ottenere entro un termine ragionevole una pronuncia sui diritti o doveri oggetto di dibattito civile, o sulla fondatezza dell'accusa penale che gli venga mossa. L'eccessiva durata del processo penale puo' essere dunque friera di equa riparazione, oltre che per l'imputato sottoposto ad accusa, anche per la persona offesa dal reato, soltanto se ed a partire dal momento in cui quest'ultima abbia inserito nel processo stesso domanda di riconoscimento dei propri diritti di natura civile, con l'iniziativa prescritta dalla legge per l'insorgenza del potere - dovere del giudice penale di statuire su tali diritti, vale a dire con la costituzione di parte civile. L'irragionevole prolungarsi del processo penale, pertanto, puo' implicare spettanza di equa riparazione, in favore dell'offeso dal reato, solo in relazione al tempo successivo alla sua costituzione come parte civile, mediante atto idoneo a segnare esercizio della domanda di restituzione o risarcimento del danno inerente al reato (risulti poi fondata o meno la domanda medesima), non anche in relazione al periodo in cui tale costituzione manchi, ovvero sia da reputarsi «tamquam non esset», per inosservanza di formalita' essenziali o termini perentori, e non possa cosi' determinare la predetta estensione delle attribuzioni giurisdizionali del giudice penale nei rapporti civili derivanti dal reato. Cass. Sez. 1, sentenza n. 11480 del 24 luglio 2003 secondo la quale per la persona offesa dal reato in quanto tale e per il querelante, che non si siano costituiti parte civile, il procedimento penale non puo' essere definito come una «propria causa»; ad essi, pertanto, non puo' essere direttamente e personalmente riconosciuto il diritto alla ragionevole durata del processo, di cui all'art. 6, paragrafo 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, ai fini dell'equa riparazione prevista dalla legge 24 marzo 2001, n. 89. Ne deriva che la persona offesa dal reato, che al fine di conseguire il risarcimento del danno si sia costituita parte civile nel processo penale instaurato dal pubblico ministero contro l'autore di detto reato, ha diritto alla ragionevole durata del processo, con le connesse conseguenze indennitarie in caso di violazione, soltanto a partire dal momento della costituzione di parte civile (conf. Cass. 29 settembre 2005; Cass. 3 aprile 2012, n. 5294; Cass. 16 luglio 2015, n. 14925). Da ultimo, Cass. sez. 6 - 2, sentenza n. 26625 del 21 dicembre 2016 secondo la quale in tema di equa riparazione per irragionevole durata del processo penale, la persona offesa dal reato o il querelante, anche a seguito dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 212 del 2015, che ha rafforzato la posizione della vittima del reato, non possono considerarsi parti del suddetto procedimento prima della loro costituzione come parte civile, non avendo un autonomo diritto a che il reo sia sottoposto a pena e neppure, dunque, alla tempestivita' della decisione di assoluzione o di condanna dell'imputato in se' sola considerata, senza che cio' contrasti con gli articoli 3 e 24 della Costituzione, ben potendo la persona offesa svincolarsi dall'esito di quel procedimento, promuovendo un'autonoma domanda risarcitoria in sede civile ovvero, quando possibile, costituirsi parte civile nel procedimento penale, senza alcuna compromissione del proprio diritto di difesa. Con quest'ultima sua pronuncia la Corte ha in particolare rimarcato che: l'esercizio dell'azione civile in sede penale, realizzato mediante lo strumento della costituzione di parte civile, benche' consenta di fare confluire detta azione nell'ambito del processo penale, tuttavia non implica l'incorporazione della causa civile in quella penale e non travolge la differenza che esiste tra le parti dell'una e dell'altra; la causa penale concerne unicamente la pretesa punitiva dello Stato nei confronti di chi si assume essere autore di un fatto costituente reato, mentre quella civile ha per oggetto il diritto del privato al risarcimento del danno eventualmente cagionatogli da quel medesimo reato, con la conseguenza che la persona offesa del reato, anche quando abbia svolto il ruolo di querelante, non puo' dirsi parte del giudizio penale; se e' vero che diverse disposizioni del codice di procedura penale attribuiscono alle persone offese anche un ruolo attivo del processo penale, tuttavia resta il fatto che il processo penale, di per se', non e' volto ad accertare nessuna posizione di diritto o di soggezione facente capo alla persona offesa, la quale non puo' dunque essere assimilata ad una delle parti private di cui si occupano altre disposizioni del medesimo codice; tali considerazioni non appaiono destinate a subire modificazioni a seguito dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 212/2015 che pur avendo rafforzato la posizione della vittima del reato e pur avendo individuato specificamente una serie di elementi che debbano essere comunicati ovvero costituire oggetto di informazioni per la persona offesa (cfr. i novellati articoli 90-bis e 90-ter del codice di procedure penale) non incide sulla conclusione circa l'impossibilita' di attribuire la qualifica di parte del processo penale alla persona offesa prima della sua costituzione come parte civile; deve pertanto escludersi la violazione delle previsioni della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali in quanto la persona offesa non ha un autonomo diritto a che il reato sia sottoposto a pena e neppure, dunque, alla tempestivita' della decisione di assoluzione o di condanna dell'imputato in se' solo considerata; tali considerazioni escludono la sussistenza del sospetto d'incostituzionalita' per disparita' di trattamento ben potendo la persona offesa liberamente decidere di svincolarsi dalle sorti del procedimento penale per autonomamente promuovere domanda risarcitoria in sede civile; ne' e' possibile ravvisare la violazione dell'art. 24 della Costituzione non risultando in alcun modo compresso il diritto della persona offesa di costituirsi, quando possibile, parte civile nel procedimento penale; ne' e' infine ravvisabile una violazione dell'art. 6, par. l della Convenzione europea perche' il procedimento penale diventa la causa propria anche della persona offesa solo dal momento in cui la stessa faccia valere in sede penale il diritto al risarcimento dei danni subiti per effetto della commissione del reato oggetto della denuncia. Si e' in presenza, quindi, di una giurisprudenza nazionale assolutamente consolidata - e che lo scrivente pienamente condivide - in conformita' della quale si dovrebbe pervenir nella fattispecie in esame al rigetto della domanda posto che la costituzione di parte civile e' avvenuta nella medesima udienza in cui il giudizio penale si e' concluso con conseguente mancato superamento nei suoi riguardi dei termini di ragionevole durata previsti dall'art. 2, legge n. 89/2001. Senonche' - e questo e' il solo profilo della questione di legittimita' costituzionale sollevata dal ricorrente che va valutato - a questa giurisprudenza e' sopravvenuta la sentenza del 7 dicembre 2017, causa Arnoldi contro Italia, con la quale la Corte europea ha fornito un'interpretazione dell'art. 6, par. 1 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali incompatibile con la disciplina normativa nazionale e con l'attuale giurisprudenza della Cassazione che ancorano i diritti della persona offesa alla indispensabile sua costituzione di parte civile. La Corte europea dei diritti dell'uomo ha evidenziato che: la questione dell'applicabilita' dell'art. 6, par. 1 non puo' dipendere dal riconoscimento dello status formale di parte ad opera del diritto nazionale: occorre andare oltre le apparenze e ricercare la realta' della situazione controversa; a prescindere dallo status formale della persona offesa nell'ambito del procedimento penale italiano, cio' che e' decisivo per l'applicabilita' del citato art. 6 e' verificare se il richiedente intenda ottenere la tutela del suo diritto civile nell'ambito del procedimento penale, non rilevando al contrario che una persona eventualmente presenti denuncia con finalita' meramente repressive, e se l'esito della fase delle indagini preliminari sia determinante per il diritto di carattere civile in causa; sotto tale ultimo profilo e' necessaria una considerazione non astratta ma che tenga conto delle particolari caratteristiche del sistema giuridico nazionale e delle circostanze specifiche del caso; l'ordinamento italiano consente alla vittima del reato di esercitare diritti e facolta' anche se non costituita parte civile (ricevere informazioni sull'esistenza e sulle modalita' di esercizio di tali diritti e facolta'; presentare memorie e mezzi di prova; condurre indagini indipendentemente da quelle compiute al procuratore e dall'imputato; proporre opposizione alla domanda di archiviazione); l'esercizio di questi diritti puo' rivelarsi fondamentale per una costituzione efficace di parte civile, in particolare quando si tratta di prove che possono deteriorarsi con il tempo; la fase delle indagini preliminari puo' assumere un'importanza particolare per la preparazione del processo penale: spesso le prove ottenute durante questa fase determinano il quadro nel quale il reato ascritto sara' esaminato al processo; nell'ordinamento italiano la posizione della persona offesa in attesa di costituirsi parte civile che abbia esercitato almeno uno di questi diritti e facolta' nel procedimento penale non differisce sostanzialmente, per quanto riguarda l'applicabilita' dell'art. 6 da quella della parte civile. Nel caso specifico, ricorrono le condizioni richieste dalla Corte europea per riconoscere a S. A. il diritto alla ragionevole durata del processo a decorrere da una data diversa e precedente a quella della sua avvenuta costituzione di parte civile. Il ricorrente e' innanzi tutto non un mero portatore d'interesse a che la pretesa punitiva dello Stato sia esercitata tempestivamente ed efficacemente nei confronti di chi e' dall'Autorita' giudiziaria ritenuto responsabile della commissione di un reato ma e' proprio il soggetto che del reato, nello specifico dei reati, e' stato vittima: e' infatti colui che ha personalmente e direttamente patito le denunciate aggressioni fisiche e verbali. E' anche il soggetto che, avvalendosi delle norme previste dall'ordinamento processuale penale, dopo avere proposto querela nei confronti delle persone poi sottoposte a giudizio dall'autorita' giudiziaria, ha svolto investigazioni difensive: due sono i testimoni che per il tramite del suo difensore ha assunto a sommarie informazioni. E' altresi' il soggetto che i risultati di queste investigazioni ha portato alla diretta conoscenza dell'autorita' giudiziaria procedente (l'ufficio della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli) proprio per snellire le indagine preliminari, per evitare che i ricordi dei due testimoni potessero svanire in ragione del trascorrere del tempo e per portare un contributo al concreto promovimento dell'azione penale. E' infine il soggetto che ha partecipato alle plurime udienze dibattimentali - le cui formalita' preliminari si sono esaurite soltanto allorquando il giudice ha ritenuto finalmente instaurato il regolare contraddittorio con le imputate, ovvero il 2 luglio 2019 - e che si e' costituito parte civile. Si profila quindi una incompatibilita' tra la previsione testuale dell'art. 2, comma 2-bis, legge n. 89/2001, per come tra l'altro costantemente interpretata dalla Corte di cassazione, e l'art. 6, par. 1 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali per come interpretata dalla Corte europea con la predetta sentenza Arnoldi c. Italia (la quale a sua volta richiama alcuni precedenti nei quali l'art. 6, par. 1 era stato gia' ritenuto applicabile ad una parte lesa non costituitasi parte civile in quanto la vittima aveva in ogni caso esercitato diritti e facolta' espressamente riconosciuti dalla legge). Detto che questa incompatibilita' rileva nel caso di specie atteso che la norma nazionale di riferimento (il citato art. 2, comma 2-bis, legge n. 89/2001) richiede che la persona offesa si costituisca parte civile e che soltanto da quel momento per essa inizi il processo e sorga il suo diritto alla ragionevole durata del medesimo mentre la norma convenzionale, alla luce dell'interpretazione fornita dalla Corte europea, non richiede necessariamente l'avvenuta costituzione di parte civile ed anticipa l'inizio del processo anche al tempo della presentazione della querela, sicche' esclusivamente accedendo alla interpretazione della norma comune come sopra illustrata lo S. avrebbe diritto alla liquidazione dell'indennizzo, va ricordato che, secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale (cfr. ex plurimis sentenze numeri 348 e 349 del 2007), l'art. 117, primo comma della Costituzione ed in particolare l'espressione obblighi internazionali in esso contenuta si riferisce alle norme internazionali convenzionali anche diverse da quelle comprese nella previsione degli articoli 10 e 11 della Costituzione, di talche' l'eventuale contrasto di una norma nazionale con una norma comune, in particolare della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, si traduce in una violazione dell'art. 117, primo comma della Costituzione (cfr. anche Corte costituzionale sentenza n. 311 /2009); che spetta al giudice nazionale, in quanto giudice comune della convenzione, di applicare le relative norme nell'interpretazione offertane dalla Corte europea dei diritti dell'uomo alla quale questa competenza e' stata attribuita dagli Stati contraenti; che allorquando si profili un contrasto tra norma interna e norma della Convenzione europea il giudice nazionale comune deve pertanto procedere ad una interpretazione della prima (la norma interna) conforme a quella convenzionale dalla quale soltanto non e' consentito discostarsi nell'esercizio del potere interpretativo garantito al giudice nazionale dall'art. 101, secondo comma della Costituzione (Corte costituzionale n. 49/2015); che soltanto allorquando non sia possibile comporre il contrasto in via interpretativa, il giudice comune, il quale non puo' procedere all'applicazione diretta della norma della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali contrastante (Corte costituzionale n. 184/2015), deve sollevare la questione di costituzionalita' con riferimento al parametro garantito dall'art. 117, primo comma della Costituzione. In questi sensi quindi questo giudice deve provvedere posto che la norma nazionale, art. 2, comma 2-bis, legge n. 89/2001, nella parte in cui riconosce alla persona offesa il diritto alla ragionevole durata del processo soltanto a decorrere dalla sua costituzione di parte civile, si pone in contrasto con l'art. 6, par. 1 Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, nella interpretazione fornitane dalla Corte europea dei diritti dell'uomo con la sentenza sopra menzionata, laddove la norma convenzionale attribuisce invece alla persona offesa la qualita' di parte processuale indipendentemente dalla sua costituzione di parte civile e, a determinate condizioni - nella specie sussistenti - dalla presentazione della querela o dall'esercizio di diritti e facolta' previsti dall'ordinamento nella sua veste appunto di persona offesa.
P. Q. M. Visto l'art. 23 legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 2-bis, legge 24 marzo 2011, n. 89, come modificata dall'art. 55, decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83 convertito in legge 7 agosto 2012, n. 134, nella parte in cui prevede che il processo penale si considera iniziato per la persona offesa soltanto con l'assunzione della qualita' di parte civile da parte della persona offesa del reato, per contrasto con l'art. 117 della Costituzione in relazione all'art. 6, par. 1 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Sospende il procedimento in corso; Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati. Cosi' deciso in Napoli il 6 luglio 2020 Il Presidente designato: De Crecchio