N. 169 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 settembre 2020

Ordinanza del 24 settembre 2020 della Corte d'appello di Palermo  nel
procedimento civile promosso da Mazzara Marianna e altri  sei  contro
il Comune di Palermo. 
 
Espropriazione per pubblica utilita' - Norme della Regione  Siciliana
  - Interventi per il centro  storico  di  Palermo  -  Determinazione
  dell'indennita'  di  espropriazione  -   Previsione   che   per   i
  fabbricati, in mancanza di  coacervo  dei  fitti,  l'indennita'  e'
  determinata sulla media tra il valore venale del fabbricato  ed  il
  coacervo della rendita catastale, rivalutata, dell'ultimo decennio. 
- Legge della Regione Siciliana 1° settembre 1993, n. 25  (Interventi
  straordinari per l'occupazione produttiva in  Sicilia),  art.  124,
  comma 4, come sostituito  dall'art.  29  della  legge  regionale  5
  novembre 2004, n. 15 (Misure finanziarie urgenti. Assestamento  del
  bilancio della Regione e del bilancio  dell'Azienda  delle  foreste
  demaniali della Regione  siciliana  per  l'anno  finanziario  2004.
  Nuova decorrenza di termini per la richiesta di referendum). 
(GU n.49 del 2-12-2020 )
 
                   LA CORTE DI APPELLO DI PALERMO 
                        Prima sezione civile 
 
    Composta dai signori magistrati: 
        dott. Antonino Di Pisa, presidente; 
        dott. Maria Letizia Barone, consigliere; 
        dott. Angelo Piraino, consigliere relatore. 
    Riunita in camera di consiglio ha pronunciato la seguente 
 
                              Ordinanza 
 
    Nella causa scritta al n. 1279 dell'anno 2015 del Ruolo  generale
degli affari civili  contenziosi,  promossa  nel  presente  grado  di
giudizio da Mazzara Marianna (codice fiscale MZZMNN18A41G273T),  nata
a Palermo in data 1° gennaio  1918,  Somma  Gaspare  (codice  fiscale
SMMGPR51P09G273B), nato a Palermo in data 9 settembre  1951,  Mazzara
Giuseppe (codice fiscale MZZGPP20A06G273G), nato a Palermo in data  6
gennaio 1920, Mazzara Elena (codice fiscale MZZLNE21L55G273Y), nata a
Palermo in data 15  luglio  1921,  Mazzara  Francesco  Paolo  (codice
fiscale MZZFNC23E28G273A), nato a Palermo in  data  28  maggio  1923,
Coco Angela (codice fiscale CCONGL48S58G273F), nata a Palermo in data
18 novembre 1948 e Coco  Biagio  (codice  fiscale  CCOBGI45E03G273T),
nato a  Palermo  in  data  3  maggio  1945,  rappresentati  e  difesi
dall'avv. Sergio Agrifoglio e dall'avv. Luca Giardina Cannizzaro, con
elezione di domicilio in Palermo, via Brunetto Latini n.  34,  presso
lo studio del primo difensore, attori in riassunzione. 
    Contro il Comune di  Palermo  (codice  fiscale  80016350821),  in
persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso
dall'avv. Giovanni,  Airo'  Farulla  e  domiciliato  presso  la  sede
dell'avvocatura comunale, sita  in  Palermo,  piazza  Marina  n.  39,
convenuto in riassunzione. 
    Oggetto: espropriazione. 
 
                       Conclusioni delle parti 
 
    Conclusioni gli attori in riassunzione: 
    «Voglia l'Ecc.ma Corte di appello di Palermo: 
        rejectis adversis; 
        in via preliminare, ritenere non manifestamente  infondate  e
irrilevanti  nel  presente  giudizio  le  questioni  di  legittimita'
costituzionale  dell'art.  124,  quarto  comma,  legge  regionale  n.
25/1993, come  modificato  dall'art.  29,  primo  comma  della  legge
regionale n. 15/2004 nonche', ove occorra, dell'art. 13, terzo  comma
della legge n. 2892/1885 per violazione degli articoli 2, 117  e  42,
comma 3 della Costituzione nonche' per  violazione  dell'art.  1  del
primo  protocollo  addizionale  della  C.E.D.U.  e   per   violazione
dell'art. 6 della C.E.D.U., e pertanto rimettere  la  questione  alla
Corte costituzionale, disponendo la sospensione del presente giudizio
in  attesa   che   venga   depositata   la   sentenza   della   Corte
costituzionale; 
        in ogni caso, scendendo nel merito, disporre il rinnovo della
C.T.U.  al  fine  di  quantificare  la  reale  consistenza  dei  beni
espropriati ai ricorrenti  i  quali,  come  precisato  fin  dall'atto
introduttivo del presente giudizio, sono  stati  quantificati  in  mq
580,82 a fronte degli appena 228,74 mq presi  in  considerazione  dal
C.T.U. nella relazione tecnica d'ufficio, e prendendo comunque a base
del valore da quantificare la data  del  decreto  di  espropriazione,
intervenuto  nel  2006,  e  la  circostanza  che  lungi   dall'essere
inesistente era viceversa estremamente  vivo  a  Palermo  un  mercato
degli immobili da ristrutturare, mercato  al  quale  il  C.T.U.  deve
comunque rifarsi; 
        conseguentemente, ritenere  e  dichiarare  che  i  ricorrenti
hanno diritto a ricevere l'indennita' di occupazione di urgenza e  di
espropriazione, in via principale alla stregua dei criteri che vorra'
dettare la Corte costituzionale, e soltanto in via  subordinata  alla
stregua dei criteri dettati in sede di rinvio dalla S.C., in entrambi
i casi previa nuova C.T.U., il tutto con le  dovute  maggiorazioni  a
titolo  di  rivalutazione  ed   interessi   monetari   a   far   data
dall'insorgenza del credito e fino all'effettivo soddisfo, oltre agli
interessi  sugli  interessi  scaduti  a  far   data   dalla   domanda
introduttiva del presente giudizio ai sensi dell'art. 1283 del codice
civile, oltre alla rivalutazione  monetaria  e  con  imputazione  dei
pagamenti prima agli interessi e poi al capitale ai  sensi  dell'art.
1194 del Codice civile. 
    Con vittoria di spese e compensi difensivi di tutti i  gradi  del
presente giudizio.». 
    Conclusioni per il Comune di Palermo: 
    «Voglia l'On.le Corte d'appello: 
        reiectis adversis, preliminarmente ritenere e  dichiarare  la
carenza di legittimazione attiva del sig. Somma Gaspare. 
    Successivamente,  nel  merito,   quantificare   l'indennita'   di
espropriazione e quella  di  occupazione  temporanea  che  spetta  ai
rimanenti attori in relazione all'esproprio dei due immobili per  cui
e' causa nella misura di euro 57.056,05 per IEP ed euro 8.661,58  per
IOT o nella misura minore  che  la  Corte  riterra'  piu'  opportuna,
riconoscendo in capo al Comune di Palermo  il  diritto  a  svincolare
solo le somme che  la  corte  riterra'  effettivamente  dovute  ed  a
richiedere la restituzione delle ulteriori somme gia' depositate.  In
ogni caso riconoscere il diritto del Comune di Palermo ad ottenere la
restituzione da parte degli odierni attori della somma pari  ad  euro
5.402,60 da esso pagata  a  titolo  di  spese  legali  relative  alla
sentenza di Corte d'appello  cassata  nonche'  della  somma  di  euro
1261,70 (1.051,42 + IVA al 20%) corrisposta a titolo di  liquidazione
CTU. 
    Rigettare  la  questione  di   costituzionalita'   sollevata   da
controparte [... omissis ...]. 
    Con vittoria di spese, competenze ed onorari.». 
 
            Motivi della decisione in fatto e in diritto 
 
    1. Con citazione del 24 giugno 2003, Marianna, Giuseppe, Elena  e
Francesco Paolo Mazzara, nonche' Angela e Biagio Coco, convenivano in
giudizio dinanzi a questa Corte di  appello  il  Comune  di  Palermo,
proponendo opposizione alla stima con  riguardo  alle  indennita'  di
espropriazione    e    di    occupazione    temporanea    conseguenti
all'occupazione  temporanea   dell'immobile   di   loro   proprieta',
individuati in catasto al foglio di mappa n. 131 dalle particelle  n.
1091/27 e n. 1091/25, consistente in una porzione di circa 580 mq del
palazzo Guli', residenza nobiliare del Cinquecento sita  in  Palermo,
corso Vittorio Emanuele, disposta con determinazioni dirigenziali del
19 novembre 2001 e del 13 marzo 2002, in esecuzione di un progetto di
recupero architettonico approvato con delibera dell'8 novembre 2001. 
    2. Il Comune di Palermo  si  costituiva  in  giudizio,  eccependo
l'inammissibilita' dell'opposizione,  in  quanto  avente  ad  oggetto
l'indennita' determinata  in  via  provvisoria,  e  contestando,  nel
merito, la sua fondatezza. 
    3. Con sentenza n. 452/2001 dei 14 marzo-7  aprile  2008,  questa
Corte di appello  accoglieva  l'opposizione  proposta,  determinando,
rispettivamente, in  euro  108.005,00  e  in  euro  12.929,43,  oltre
accessori,  l'indennita'  di   espropriazione   e   l'indennita'   di
occupazione legittima del predetto immobile,  dovuta  in  virtu'  del
decreto di esproprio pronunciato in data 5 maggio 2006, applicando il
criterio del valore venale, previsto in  via  generale  dall'art.  39
della legge n. 2359 del 1865, e condannava il Comune  di  Palermo  al
pagamento delle spese processuali. 
    4. Con sentenza n. 448/2015 dei 16 dicembre 2014-5 maro 2015,  la
Corte di cassazione, accogliendo il ricorso del  Comune  di  Palermo,
cassava con rinvio la predetta sentenza di  questa  Corte,  rilevando
che nelle more  tra  la  dichiarazione  di  pubblica  utilita'  e  la
pronuncia del decreto di espropriazione era  intervenuto  l'art.  29,
primo comma, della legge della Regione Sicilia n. 15 del  2004,  che,
modificando l'art. 124,  quarto  comma,  della  legge  della  Regione
Sicilia n. 25 del 1993, il quale  aveva  sostituito  il  criterio  di
determinazione dell'importo  dell'indennita'  di  espropriazione  nel
caso di espropriazione  di  fabbricati,  stabilendo  l'applicabilita'
della disciplina dell'art. 13, terzo comma, della legge n.  2892  del
1885, ossia il criterio  della  media  tra  il  valore  venale  e  il
coacervo dei fitti dell'ultimo decennio, con  l'ulteriore  previsione
che, in mancanza di fitti, l'indennita' deve  essere  determinata  in
misura pari alla media  tra  il  valore  venale  dell'immobile  e  il
coacervo delle rendite catastali rivalutate dell'ultimo decennio. 
    5. Con citazione del 3-4 giugno 2015 Marianna, Giuseppe, Elena  e
Francesco Paolo Mazzara, Angela e Biagio Coco e Gaspare  Somma  hanno
riassunto  la  controversia  dinanzi  a  questa  Corte  di   appello,
sollevando,   in   via   preliminare,   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 124, quarto comma, della legge della Regione
Sicilia n. 25 del 1993, come modificato dall'art.  29,  primo  comma,
della legge della Regione Sicilia n.  15  del  2004,  per  violazione
degli articoli 3,  42  e  117,  terzo  comma,  della  Costituzione  e
dell'art.  1  del  primo  protocollo  addizionale  della  C.E.D.U.  e
dell'art. 6 della C.E.D.U. e chiedendo, comunque, nel merito  che  le
indennita' oggetto  di  opposizione  vengano  determinate  in  misura
corrispondente al valore di mercato dell'immobile espropriato. 
    6. Con comparsa del 23 ottobre 2015, si e' costituito in giudizio
il Comune di Palermo, eccependo la carenza di  legittimazione  attiva
di Gaspare Somma e chiedendo che  l'indennita'  di  espropriazione  e
quella di  occupazione  legittima  venissero  determinate  secondo  i
criteri  indicati  dalla  Corte  di  cassazione,  tenendo  conto  del
giudicato interno formatosi sulla individuazione  del  valore  venale
del bene espropriato. 
    7.  Gli  attori  in  riassunzione  dubitano  della   legittimita'
costituzionale della disciplina regionale che la Corte di cassazione,
con indicazione vincolante stante la natura del presente giudizio  di
rinvio, ha  individuato  quale  preposta  alla  determinazione  della
misura dell'indennita' di espropriazione e della connessa  indennita'
di occupazione legittima. 
    8. In particolar modo evidenziano che  l'art.  29,  primo  comma,
della legge della Regione Sicilia n. 15 del 2004 ha  reintrodotto  il
criterio di determinazione previsto dall'art. 13, terzo comma,  della
legge n. 2892 del 1885 (c.d. legge di  risanamento  della  citta'  di
Napoli), peraltro integrato con la previsione, nel caso di assenza di
fitti cui parametrare la seconda componente del calcolo, della  media
tra il valore venale e il coacervo delle rendite catastali rivalutate
dell'ultimo decennio, cosi' introducendo,  di  fatto,  un  metodo  di
calcolo sovrapponibile a quello gia' previsto dall'art. 5-bis,  comma
4  del  decreto-legge  11  luglio  1992,  n.  333,  convertito,   con
modificazioni, dalla legge 8 agosto 1992,  n.  359,  gia'  dichiarato
illegittimo   costituzionalmente   dalla   sentenza    della    Corte
costituzionale n. 348 dei 22-24 ottobre 2007. 
    9. Hanno rilevato, ulteriormente, che l'introduzione del predetto
criterio  di  calcolo  per  la  determinazione   dell'indennita'   di
espropriazione  relativamente  a  fabbricati  darebbe  luogo  a   una
ingiustificata  disparita'  con   la   disciplina   delle   procedure
espropriative realizzate nel restante territorio nazionale  aventi  a
oggetto fabbricati legittimamente edificati, nelle  quali,  ai  sensi
dell'art. 38, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica  8
giugno 2001, n. 327, l'indennita' e' determinata nella misura pari al
valore venale. 
    10. A fronte di cio', l'amministrazione convenuta in riassunzione
contesta   la    fondatezza    dell'eccezione    di    illegittimita'
costituzionale sollevata, rilevando che i  principi  enunciati  dalla
Corte  costituzionale  per  la  declaratoria  di  incostituzionalita'
dell'art.  5-bis  del  decreto-legge  n.   159/1994   non   sarebbero
applicabili al caso in esame, giacche' i predetti  principi,  dettati
in tema di aree edificabili, non sarebbero  applicabili  in  tema  di
fabbricati, e poiche' la legge della Regione Sicilia 5 novembre 2004,
n. 15, costituirebbe una  legge  speciale  a  tutela  del  patrimonio
storico-artistico della citta'  di  Palermo,  nel  perseguimento  del
preminente interesse pubblico, previsto dall'art. 9,  secondo  comma,
della Costituzione. 
    11.  Cio'  posto,  questa   Corte   rileva   che   la   procedura
espropriativa  oggetto  del  presente  giudizio  ha  ad  oggetto   un
fabbricato legittimamente edificato, e che, secondo la pronuncia resa
inter partes dalla Corte di cassazione, vincolante per questa  Corte,
la conseguente indennita' di espropriazione deve essere liquidata  ai
sensi dell'art. 124, quarto comma, della legge della Regione  Sicilia
1° settembre 1993, n. 25 del 1993, come sostituito dall'art. 29 della
legge della Regione Sicilia 5 novembre  2004,  n.  15,  a  mente  del
quale: 
    «4.  Le  opere  relative  agli  interventi  che  dovranno  essere
realizzati dal comune per il recupero del centro storico di  Palermo,
sono dichiarate di pubblica utilita', indifferibili ed urgenti.  Alle
espropriazioni previste dalla presente legge si  applicano  le  norme
del titolo della legge 2  ottobre  1971,  n.  865,  e  riguardo  alla
determinazione delle indennita': 
        a) per le aree libere, quelle di cui ai commi 1,  2,  3  e  4
dell'art. 5-bis del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333, convertito,
con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1992, n. 359; 
        b) per i fabbricati, quelle di cui al comma  3  dell'art.  13
della legge 15 gennaio 1885, n. 2892. In  mancanza  di  coacervo  dei
fitti, l'indennita' e' determinata sulla media tra il  valore  venale
del fabbricato ed il coacervo della  rendita  catastale,  rivalutata,
dell'ultimo decennio; 
        c) per le aree sulle quali insistano ruderi, quelle di cui ai
commi 1 e 2 dell'art. 5-bis del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333,
convertito, con modificazioni, dalla legge 8  agosto  1992,  n.  359,
sostituendo  al  reddito  dominicale  rivalutato  il  coacervo  della
rendita catastale, rivalutata, dell'ultimo decennio.». 
    12. Ai sensi dell'art. 13, comma 3, della legge 15 gennaio  1885,
n. 2892, poi, «l'indennita'  dovuta  ai  proprietari  degli  immobili
espropriati sara' determinata sulla media del  valore  venale  e  dei
fitti coacervati dell'ultimo decennio purche' essi  abbiano  la  data
certa corrispondente al rispettivo anno di locazione.». 
    13. In applicazione della predetta normativa, nel caso in  esame,
alla  luce  dell'istruttoria  espletata  mediante  l'esperimento   di
apposita  consulenza  tecnica  d'ufficio,  in  assenza  di  fitti  da
valutare ai fini della determinazione  dell'indennita',  l'indennita'
dovrebbe essere determinata  operando  il  riferimento,  quanto  alla
seconda parte del  calcolo,  al  coacervo  della  rendita  catastale,
rivalutata, dell'ultimo decennio (cf. relazione di consulenza tecnica
del 22 aprile 2016 in atti). 
    14. Ai fini  della  rilevanza  della  questione  di  legittimita'
costituzionale nel caso concreto va evidenziato,  pertanto,  che  nel
presente giudizio, sia in virtu' del dictum vincolante della Corte di
cassazione derivante dalla  sentenza  n.  448/2015  dei  16  dicembre
2014-5 marzo 2015, che  in  virtu'  del  concreto  quadro  di  fatto,
conseguente  all'istruttoria   svolta,   si   impone   l'applicazione
dell'art. 124, quarto comma, della legge  della  Regione  Sicilia  1°
settembre 1993, n. 25 del 1993, come sostituito  dall'art.  29  della
legge della Regione Sicilia 5 novembre 2004, n. 15,  nella  parte  in
cui  prevede  che  l'indennita'  di  espropriazione,  e  la  connessa
indennita' di occupazione in  via  di  urgenza,  vengano  determinate
sulla media  tra  il  valore  venale  e  il  coacervo  della  rendita
catastale, rivalutata, dell'ultimo decennio. 
    15. Cio' posto, rileva questa Corte che  la  questione  sollevata
dagli  attori  in  riassunzione  deve  ritenersi  non  manifestamente
infondata, in virtu' delle seguenti considerazioni. 
    16. Sussistono, infatti,  fondati  motivi  per  ritenere  che  la
disciplina che questa Corte e' tenuta ad applicare nel caso  concreto
si ponga in insanabile contrasto con l'art. 1  del  primo  protocollo
della CEDU, quale interpretato dalla  Corte  europea  per  i  diritti
dell'uomo,  in  quanto  i  criteri   di   calcolo   per   determinare
l'indennizzo dovuto ai proprietari  dei  fabbricati  espropriati  per
motivi di pubblico interesse  condurrebbero  alla  corresponsione  di
somme non congruamente proporzionate al valore dei  beni  oggetto  di
ablazione, e che da cio' consegue un contrasto con l'art. 117,  primo
comma  della  Costituzione,   nel   testo   novellato   dalla   legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. 
    17. La Corte costituzionale ha evidenziato, con la nota  sentenza
n. 348/2007 dei 22-24 ottobre 2007, che l'art. 117, primo comma della
Costituzione, condiziona l'esercizio della potesta' legislativa dello
Stato e delle regioni al rispetto degli obblighi internazionali,  tra
i quali indubbiamente rientrano quelli  derivanti  dalla  Convenzione
europea per i diritti dell'uomo. 
    18. La medesima pronuncia ha  chiarito,  inoltre,  che  il  nuovo
testo dell'art. 117, primo comma della Costituzione, se da una  parte
rende inconfutabile la maggior forza di resistenza delle  norme  CEDU
rispetto a leggi ordinarie successive, dall'altra  attrae  le  stesse
nella sfera di  competenza  del  giudice  delle  leggi,  poiche'  gli
eventuali contrasti non generano problemi di successione delle  leggi
nel tempo o  valutazioni  sulla  rispettiva  collocazione  gerarchica
delle   norme   in   contrasto,   ma   questioni   di    legittimita'
costituzionale. 
    19. Lo scrutinio di legittimita' costituzionale,  alla  luce  dei
principi illustrati dalla Consulta, deve essere condotto in  modo  da
verificare  innanzitutto  se  effettivamente  vi  sia  contrasto  non
risolvibile in via interpretativa tra la norma censurata e  le  norme
della Convenzione E.D.U., come interpretate dalla  Corte  europea  ed
assunte come fonti integratrici del parametro di costituzionalita' di
cui all'art. 117, primo comma della  Costituzione,  e  quindi  se  le
norme  della  Convenzione  E.D.U.  invocate  come  integrazione   del
parametro, nell'interpretazione ad esse data  dalla  medesima  Corte,
siano compatibili con l'ordinamento costituzionale italiano. 
    20. Con particolare riferimento alla valutazione di  legittimita'
dei criteri nel tempo adottati dal legislatore per la  determinazione
dell'indennita' di espropriazione, ai fini  della  valutazione  della
compatibilita'  con  l'art.   42   della   Costituzione,   la   Corte
costituzionale, per un verso, sin dalla sentenza n.  5  del  1980  ha
fissato il principio del c.d. «serio ristoro», che  non  comporta  la
necessaria equivalenza tra l'indennita' e il valore venale  del  bene
espropriato, ma che impone, comunque, una correlazione  significativa
tra i due valori. 
    21. La medesima Corte costituzionale, tuttavia, per  altro  verso
ha chiarito (cf. sent. n. 283 del 1993) che l'adeguatezza dei criteri
di calcolo deve essere valutata nel contesto storico, istituzionale e
giuridico  esistente  al  momento  del  giudizio,  giacche',  ne'  il
criterio  del  valore  venale,  ne'  alcuno  dei  criteri   «mediati»
prescelti dal legislatore possono avere i caratteri  dell'assolutezza
e della definitivita' e la loro collocazione nel sistema  e  la  loro
compatibilita' con i parametri  costituzionali  subiscono  variazioni
legate al decorso del tempo o al mutamento del contesto istituzionale
e  normativo,  che  non  possono  restare  senza  conseguenze   nello
scrutinio di costituzionalita' della norma che li contiene. 
    22. La Corte E.D.U., con la nota sentenza  della  Grande  Chambre
del 29 marzo 2006, resa nel caso Scordino contro Italia, ha fissato i
principi generali per la compatibilita' della normativa  degli  Stati
membri in  materia  di  espropriazione  con  la  Convenzione  E.D.U.,
statuendo, tra l'altro, che l'indennizzo non  e'  legittimo,  se  non
consiste in una somma che si ponga «in rapporto  ragionevole  con  il
valore del  bene»,  che  se  da  una  parte  la  mancanza  totale  di
indennizzo  e'  giustificabile  solo  in   circostanze   eccezionali,
dall'altra  non  e'  sempre  garantita  dalla  CEDU  una  riparazione
integrale e che, in caso di «espropriazione isolata», pur se  a  fini
di pubblica utilita', solo  una  riparazione  integrale  puo'  essere
considerata in rapporto ragionevole con il valore  del  bene,  mentre
«obiettivi legittimi di utilita' pubblica, come quelli perseguiti  da
misure  di  riforma  economica  o  di   giustizia   sociale   possono
giustificare un indennizzo inferiore al valore di mercato effettivo». 
    23. Alla luce di tale rilevante mutazione del  quadro  normativo,
la Corte costituzionale, con la citata sentenza n. 348/2007 dei 22-24
ottobre  2007,  ha  dichiarato   la   illegittimita'   costituzionale
dell'art. 5-bis, commi 1 e 2 del decreto-legge  11  luglio  1992,  n.
333, convertito, con modificazioni, dalla legge  8  agosto  1992,  n.
359, le cui disposizioni  sono  pressoche'  sovrapponibili  a  quelle
della legge regionale in esame nel presente giudizio. 
    24. Nell'ambito di tale valutazione la Consulta ha  rilevato  che
l'originario criterio previsto dalla legge n.  2892  del  1885  (c.d.
legge di risanamento della  citta'  di  Napoli),  essendo  mirata  al
risanamento di una grande citta', prevedeva coerentemente il ricorso,
ai fini della media, alla somma  risultante  dai  «fitti  coacervati»
dell'ultimo decennio, poiche' perseguiva la finalita' di indennizzare
i proprietari di fabbricati ricadenti nell'area urbana, tenendo conto
che gli stessi erano per lo piu' degradati, ma densamente abitati  da
inquilini che pagavano alti canoni di locazione. Si intendeva, in tal
modo, indennizzare i proprietari per il  venir  meno  di  un  reddito
concreto  costituito  dai  fitti  che  gli   stessi   percepivano   e
l'indennizzo cosi' calcolato poteva essere anche piu' alto del valore
venale del bene in se' e per se' considerato. 
    25. Nel caso in esame, in modo del tutto simile alla  fattispecie
gia' giudicata dalla Corte costituzionale con la citata sentenza,  la
sostituzione dei fitti coacervati con la rendita  catastale  comporta
una rilevante diminuzione dell'indennita', rispetto a quella prevista
dalla legge per il risanamento di Napoli, con  il  risultato  pratico
che, nella generalita' dei casi, la somma ottenuta in base alla media
prevista dalla legge e' di circa il 50 per cento  del  valore  venale
del bene. 
    26. Tale assunto trova piena conferma negli  elementi  istruttori
acquisiti nell'ambito del presente giudizio, laddove a fronte  di  un
valore di mercato del bene espropriato, stimato dal  C.T.U.  in  euro
217.649,00, l'indennita' di espropriazione, calcolata in applicazione
dei  criteri  dettati  dalla  normativa   regionale   sospettata   di
illegittimita', e' stata quantificata  pari  a  euro  112.577,15  (cf
relazione di CTU del 22 aprile 2016). 
    27. Non sussistono elementi, poi, per ritenere che  la  procedura
espropriativa di cui si controverte  sia  parte  di  una  piu'  ampia
riforma economica o di giustizia sociale,  tale  da  giustificare  la
previsione di un indennizzo inferiore al valore di mercato effettivo,
dal momento che la legge della Regione Sicilia 1° settembre 1993,  n.
25, risulta prevedere un  insieme  molto  eterogeneo  di  interventi,
qualificati   come   «interventi   straordinari   per   l'occupazione
produttiva in Sicilia», che non  sono  unificati  da  un  unico  filo
conduttore o  da  una  specifica  e  coerente  finalita'  di  riforma
economica o di giustizia sociale,  intesa  nell'accezione  illustrata
dalla Corte E.D.U. con la citata sentenza del 29 marzo 2006. 
    28. A cio' deve, ulteriormente,  aggiungersi  che  la  disciplina
originariamente prevista dall'art. 124 della predetta legge regionale
prevedeva  l'applicabilita'  dei  criteri  di  determinazione   delle
indennita' di cui all'art. 5-bis del decreto-legge 11 luglio 1992, n.
333, convertito, con modificazioni, dalla legge  8  agosto  1992,  n.
359, e che,  pertanto,  con  specifico  riferimento  alle  indennita'
dovute per l'espropriazione dei fabbricati, l'indennita' si calcolava
in base al criterio del  valore  venale,  previsto  in  via  generale
dall'art. 39 della legge n. 2359 del 1865. 
    29. Solo oltre dieci anni dopo l'entrata in vigore della predetta
legge, a seguito della approvazione della legge della Regione Sicilia
5  novembre  2004,  n.  15,  recante  «Misure  finanziarie   urgenti.
Assestamento del bilancio della regione e del  bilancio  dell'Azienda
delle  foreste  demaniali  della   Regione   siciliana   per   l'anno
finanziario 2004. Nuova decorrenza di termini  per  la  richiesta  di
referendum», con  l'art.  29  sono  stati  modificati  i  criteri  di
determinazione dell'indennita' per  l'espropriazione  di  fabbricati,
mediante l'adozione della disciplina precedentemente illustrata. 
    30.  Non  sussistono,  del  pari,  elementi  che  consentano   di
pervenire a una risoluzione della questione  in  via  interpretativa,
con l'adozione di una lettura secundum constitutionem dell'art.  124,
quarto comma, della legge della Regione Sicilia 1° settembre 1993, n.
25 del 1993, come sostituito dall'art. 29 della legge  della  Regione
Sicilia 5 novembre 2004, n. 15,  giacche'  il  rinvio  operato  dalla
normativa regionale alla disciplina di cui al comma  3  dell'art.  13
della legge 15 gennaio 1885, n. 2892, non puo' ritenersi integrare un
rinvio dinamico,  attesa  l'espressa  integrazione  della  disciplina
statale oggetto di rinvio con la previsione  della  sostituzione  del
coacervo dei fitti con quello della rendita catastale, e tenuto conto
delle  evidenti  finalita'  di  contenimento  della   spesa   sottese
all'intervento legislativo regionale, incompatibili con una  modifica
dell'impegno di spesa conseguente all'effettuazione di un  rinvio  di
diversa natura alla disciplina statale. 
    31. Le considerazioni sin qui svolte  conducono  a  ritenere  non
manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 124, quarto comma della  legge  della  Regione  Sicilia  1°
settembre 1993, n. 25 del 1993, come sostituito  dall'art.  29  della
legge della Regione Sicilia 5 novembre 2004, n. 15, per contrasto con
l'art.  117,  primo  comma,  della  Costituzione,  anche  alla   luce
dell'art. 6 e dell'art. 1  del  primo  protocollo  addizionale  della
Convenzione  europea  dei  diritti   dell'uomo   e   delle   liberta'
fondamentali,  nella  parte  in  cui,   prevedendo   un   trattamento
indennitario lesivo  del  diritto  di  proprieta',  viola  i  vincoli
derivanti dagli obblighi internazionali. 
    32. Ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87,  alla
dichiarazione di rilevanza nel giudizio e non manifesta  infondatezza
della questione di legittimita' costituzionale, segue  la  remissione
della causa sul ruolo, la sospensione  del  giudizio,  e  l'immediata
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. 
 
                              P. Q. M. 
 
    La Corte di appello di Palermo, Prima sezione civile,  sentiti  i
procuratori delle parti: 
        dispone rimettersi la causa sul ruolo; 
        dichiara  rilevante  e  non   manifestamente   infondata   la
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 124, quarto  comma
della legge della Regione Sicilia 1° settembre 1993, n. 25 del  1993,
come sostituito dall'art. 29 della  legge  della  Regione  Sicilia  5
novembre  2004,  n.  15,  per  contrasto   con   l'art.   117   della
Costituzione, anche alla luce dell'art. 6 e  dell'art.  1  del  primo
protocollo  addizionale  della  Convenzione   europea   dei   diritti
dell'uomo e delle liberta' fondamentali; 
        dispone  l'immediata  trasmissione  degli  atti  alla   Corte
costituzionale e la sospensione del giudizio; 
        ordina che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia
notificata alle parti in  causa,  al  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri e al presidente della Regione Siciliana, e sia comunicata al
presidente dell'Assemblea regionale siciliana. 
    Cosi' deciso in Palermo, nella camera di  consiglio  della  Prima
sezione civile della Corte di appello, il 4 settembre 2020. 
      Palermo, 24 settembre 2020 
 
                       Il Presidente: Di Pisa 
 
 
                                     Il consigliere relatore: Piraino