N. 169 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 settembre 2020
Ordinanza del 24 settembre 2020 della Corte d'appello di Palermo nel procedimento civile promosso da Mazzara Marianna e altri sei contro il Comune di Palermo. Espropriazione per pubblica utilita' - Norme della Regione Siciliana - Interventi per il centro storico di Palermo - Determinazione dell'indennita' di espropriazione - Previsione che per i fabbricati, in mancanza di coacervo dei fitti, l'indennita' e' determinata sulla media tra il valore venale del fabbricato ed il coacervo della rendita catastale, rivalutata, dell'ultimo decennio. - Legge della Regione Siciliana 1° settembre 1993, n. 25 (Interventi straordinari per l'occupazione produttiva in Sicilia), art. 124, comma 4, come sostituito dall'art. 29 della legge regionale 5 novembre 2004, n. 15 (Misure finanziarie urgenti. Assestamento del bilancio della Regione e del bilancio dell'Azienda delle foreste demaniali della Regione siciliana per l'anno finanziario 2004. Nuova decorrenza di termini per la richiesta di referendum).(GU n.49 del 2-12-2020 )
LA CORTE DI APPELLO DI PALERMO Prima sezione civile Composta dai signori magistrati: dott. Antonino Di Pisa, presidente; dott. Maria Letizia Barone, consigliere; dott. Angelo Piraino, consigliere relatore. Riunita in camera di consiglio ha pronunciato la seguente Ordinanza Nella causa scritta al n. 1279 dell'anno 2015 del Ruolo generale degli affari civili contenziosi, promossa nel presente grado di giudizio da Mazzara Marianna (codice fiscale MZZMNN18A41G273T), nata a Palermo in data 1° gennaio 1918, Somma Gaspare (codice fiscale SMMGPR51P09G273B), nato a Palermo in data 9 settembre 1951, Mazzara Giuseppe (codice fiscale MZZGPP20A06G273G), nato a Palermo in data 6 gennaio 1920, Mazzara Elena (codice fiscale MZZLNE21L55G273Y), nata a Palermo in data 15 luglio 1921, Mazzara Francesco Paolo (codice fiscale MZZFNC23E28G273A), nato a Palermo in data 28 maggio 1923, Coco Angela (codice fiscale CCONGL48S58G273F), nata a Palermo in data 18 novembre 1948 e Coco Biagio (codice fiscale CCOBGI45E03G273T), nato a Palermo in data 3 maggio 1945, rappresentati e difesi dall'avv. Sergio Agrifoglio e dall'avv. Luca Giardina Cannizzaro, con elezione di domicilio in Palermo, via Brunetto Latini n. 34, presso lo studio del primo difensore, attori in riassunzione. Contro il Comune di Palermo (codice fiscale 80016350821), in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Giovanni, Airo' Farulla e domiciliato presso la sede dell'avvocatura comunale, sita in Palermo, piazza Marina n. 39, convenuto in riassunzione. Oggetto: espropriazione. Conclusioni delle parti Conclusioni gli attori in riassunzione: «Voglia l'Ecc.ma Corte di appello di Palermo: rejectis adversis; in via preliminare, ritenere non manifestamente infondate e irrilevanti nel presente giudizio le questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 124, quarto comma, legge regionale n. 25/1993, come modificato dall'art. 29, primo comma della legge regionale n. 15/2004 nonche', ove occorra, dell'art. 13, terzo comma della legge n. 2892/1885 per violazione degli articoli 2, 117 e 42, comma 3 della Costituzione nonche' per violazione dell'art. 1 del primo protocollo addizionale della C.E.D.U. e per violazione dell'art. 6 della C.E.D.U., e pertanto rimettere la questione alla Corte costituzionale, disponendo la sospensione del presente giudizio in attesa che venga depositata la sentenza della Corte costituzionale; in ogni caso, scendendo nel merito, disporre il rinnovo della C.T.U. al fine di quantificare la reale consistenza dei beni espropriati ai ricorrenti i quali, come precisato fin dall'atto introduttivo del presente giudizio, sono stati quantificati in mq 580,82 a fronte degli appena 228,74 mq presi in considerazione dal C.T.U. nella relazione tecnica d'ufficio, e prendendo comunque a base del valore da quantificare la data del decreto di espropriazione, intervenuto nel 2006, e la circostanza che lungi dall'essere inesistente era viceversa estremamente vivo a Palermo un mercato degli immobili da ristrutturare, mercato al quale il C.T.U. deve comunque rifarsi; conseguentemente, ritenere e dichiarare che i ricorrenti hanno diritto a ricevere l'indennita' di occupazione di urgenza e di espropriazione, in via principale alla stregua dei criteri che vorra' dettare la Corte costituzionale, e soltanto in via subordinata alla stregua dei criteri dettati in sede di rinvio dalla S.C., in entrambi i casi previa nuova C.T.U., il tutto con le dovute maggiorazioni a titolo di rivalutazione ed interessi monetari a far data dall'insorgenza del credito e fino all'effettivo soddisfo, oltre agli interessi sugli interessi scaduti a far data dalla domanda introduttiva del presente giudizio ai sensi dell'art. 1283 del codice civile, oltre alla rivalutazione monetaria e con imputazione dei pagamenti prima agli interessi e poi al capitale ai sensi dell'art. 1194 del Codice civile. Con vittoria di spese e compensi difensivi di tutti i gradi del presente giudizio.». Conclusioni per il Comune di Palermo: «Voglia l'On.le Corte d'appello: reiectis adversis, preliminarmente ritenere e dichiarare la carenza di legittimazione attiva del sig. Somma Gaspare. Successivamente, nel merito, quantificare l'indennita' di espropriazione e quella di occupazione temporanea che spetta ai rimanenti attori in relazione all'esproprio dei due immobili per cui e' causa nella misura di euro 57.056,05 per IEP ed euro 8.661,58 per IOT o nella misura minore che la Corte riterra' piu' opportuna, riconoscendo in capo al Comune di Palermo il diritto a svincolare solo le somme che la corte riterra' effettivamente dovute ed a richiedere la restituzione delle ulteriori somme gia' depositate. In ogni caso riconoscere il diritto del Comune di Palermo ad ottenere la restituzione da parte degli odierni attori della somma pari ad euro 5.402,60 da esso pagata a titolo di spese legali relative alla sentenza di Corte d'appello cassata nonche' della somma di euro 1261,70 (1.051,42 + IVA al 20%) corrisposta a titolo di liquidazione CTU. Rigettare la questione di costituzionalita' sollevata da controparte [... omissis ...]. Con vittoria di spese, competenze ed onorari.». Motivi della decisione in fatto e in diritto 1. Con citazione del 24 giugno 2003, Marianna, Giuseppe, Elena e Francesco Paolo Mazzara, nonche' Angela e Biagio Coco, convenivano in giudizio dinanzi a questa Corte di appello il Comune di Palermo, proponendo opposizione alla stima con riguardo alle indennita' di espropriazione e di occupazione temporanea conseguenti all'occupazione temporanea dell'immobile di loro proprieta', individuati in catasto al foglio di mappa n. 131 dalle particelle n. 1091/27 e n. 1091/25, consistente in una porzione di circa 580 mq del palazzo Guli', residenza nobiliare del Cinquecento sita in Palermo, corso Vittorio Emanuele, disposta con determinazioni dirigenziali del 19 novembre 2001 e del 13 marzo 2002, in esecuzione di un progetto di recupero architettonico approvato con delibera dell'8 novembre 2001. 2. Il Comune di Palermo si costituiva in giudizio, eccependo l'inammissibilita' dell'opposizione, in quanto avente ad oggetto l'indennita' determinata in via provvisoria, e contestando, nel merito, la sua fondatezza. 3. Con sentenza n. 452/2001 dei 14 marzo-7 aprile 2008, questa Corte di appello accoglieva l'opposizione proposta, determinando, rispettivamente, in euro 108.005,00 e in euro 12.929,43, oltre accessori, l'indennita' di espropriazione e l'indennita' di occupazione legittima del predetto immobile, dovuta in virtu' del decreto di esproprio pronunciato in data 5 maggio 2006, applicando il criterio del valore venale, previsto in via generale dall'art. 39 della legge n. 2359 del 1865, e condannava il Comune di Palermo al pagamento delle spese processuali. 4. Con sentenza n. 448/2015 dei 16 dicembre 2014-5 maro 2015, la Corte di cassazione, accogliendo il ricorso del Comune di Palermo, cassava con rinvio la predetta sentenza di questa Corte, rilevando che nelle more tra la dichiarazione di pubblica utilita' e la pronuncia del decreto di espropriazione era intervenuto l'art. 29, primo comma, della legge della Regione Sicilia n. 15 del 2004, che, modificando l'art. 124, quarto comma, della legge della Regione Sicilia n. 25 del 1993, il quale aveva sostituito il criterio di determinazione dell'importo dell'indennita' di espropriazione nel caso di espropriazione di fabbricati, stabilendo l'applicabilita' della disciplina dell'art. 13, terzo comma, della legge n. 2892 del 1885, ossia il criterio della media tra il valore venale e il coacervo dei fitti dell'ultimo decennio, con l'ulteriore previsione che, in mancanza di fitti, l'indennita' deve essere determinata in misura pari alla media tra il valore venale dell'immobile e il coacervo delle rendite catastali rivalutate dell'ultimo decennio. 5. Con citazione del 3-4 giugno 2015 Marianna, Giuseppe, Elena e Francesco Paolo Mazzara, Angela e Biagio Coco e Gaspare Somma hanno riassunto la controversia dinanzi a questa Corte di appello, sollevando, in via preliminare, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 124, quarto comma, della legge della Regione Sicilia n. 25 del 1993, come modificato dall'art. 29, primo comma, della legge della Regione Sicilia n. 15 del 2004, per violazione degli articoli 3, 42 e 117, terzo comma, della Costituzione e dell'art. 1 del primo protocollo addizionale della C.E.D.U. e dell'art. 6 della C.E.D.U. e chiedendo, comunque, nel merito che le indennita' oggetto di opposizione vengano determinate in misura corrispondente al valore di mercato dell'immobile espropriato. 6. Con comparsa del 23 ottobre 2015, si e' costituito in giudizio il Comune di Palermo, eccependo la carenza di legittimazione attiva di Gaspare Somma e chiedendo che l'indennita' di espropriazione e quella di occupazione legittima venissero determinate secondo i criteri indicati dalla Corte di cassazione, tenendo conto del giudicato interno formatosi sulla individuazione del valore venale del bene espropriato. 7. Gli attori in riassunzione dubitano della legittimita' costituzionale della disciplina regionale che la Corte di cassazione, con indicazione vincolante stante la natura del presente giudizio di rinvio, ha individuato quale preposta alla determinazione della misura dell'indennita' di espropriazione e della connessa indennita' di occupazione legittima. 8. In particolar modo evidenziano che l'art. 29, primo comma, della legge della Regione Sicilia n. 15 del 2004 ha reintrodotto il criterio di determinazione previsto dall'art. 13, terzo comma, della legge n. 2892 del 1885 (c.d. legge di risanamento della citta' di Napoli), peraltro integrato con la previsione, nel caso di assenza di fitti cui parametrare la seconda componente del calcolo, della media tra il valore venale e il coacervo delle rendite catastali rivalutate dell'ultimo decennio, cosi' introducendo, di fatto, un metodo di calcolo sovrapponibile a quello gia' previsto dall'art. 5-bis, comma 4 del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1992, n. 359, gia' dichiarato illegittimo costituzionalmente dalla sentenza della Corte costituzionale n. 348 dei 22-24 ottobre 2007. 9. Hanno rilevato, ulteriormente, che l'introduzione del predetto criterio di calcolo per la determinazione dell'indennita' di espropriazione relativamente a fabbricati darebbe luogo a una ingiustificata disparita' con la disciplina delle procedure espropriative realizzate nel restante territorio nazionale aventi a oggetto fabbricati legittimamente edificati, nelle quali, ai sensi dell'art. 38, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, l'indennita' e' determinata nella misura pari al valore venale. 10. A fronte di cio', l'amministrazione convenuta in riassunzione contesta la fondatezza dell'eccezione di illegittimita' costituzionale sollevata, rilevando che i principi enunciati dalla Corte costituzionale per la declaratoria di incostituzionalita' dell'art. 5-bis del decreto-legge n. 159/1994 non sarebbero applicabili al caso in esame, giacche' i predetti principi, dettati in tema di aree edificabili, non sarebbero applicabili in tema di fabbricati, e poiche' la legge della Regione Sicilia 5 novembre 2004, n. 15, costituirebbe una legge speciale a tutela del patrimonio storico-artistico della citta' di Palermo, nel perseguimento del preminente interesse pubblico, previsto dall'art. 9, secondo comma, della Costituzione. 11. Cio' posto, questa Corte rileva che la procedura espropriativa oggetto del presente giudizio ha ad oggetto un fabbricato legittimamente edificato, e che, secondo la pronuncia resa inter partes dalla Corte di cassazione, vincolante per questa Corte, la conseguente indennita' di espropriazione deve essere liquidata ai sensi dell'art. 124, quarto comma, della legge della Regione Sicilia 1° settembre 1993, n. 25 del 1993, come sostituito dall'art. 29 della legge della Regione Sicilia 5 novembre 2004, n. 15, a mente del quale: «4. Le opere relative agli interventi che dovranno essere realizzati dal comune per il recupero del centro storico di Palermo, sono dichiarate di pubblica utilita', indifferibili ed urgenti. Alle espropriazioni previste dalla presente legge si applicano le norme del titolo della legge 2 ottobre 1971, n. 865, e riguardo alla determinazione delle indennita': a) per le aree libere, quelle di cui ai commi 1, 2, 3 e 4 dell'art. 5-bis del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1992, n. 359; b) per i fabbricati, quelle di cui al comma 3 dell'art. 13 della legge 15 gennaio 1885, n. 2892. In mancanza di coacervo dei fitti, l'indennita' e' determinata sulla media tra il valore venale del fabbricato ed il coacervo della rendita catastale, rivalutata, dell'ultimo decennio; c) per le aree sulle quali insistano ruderi, quelle di cui ai commi 1 e 2 dell'art. 5-bis del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1992, n. 359, sostituendo al reddito dominicale rivalutato il coacervo della rendita catastale, rivalutata, dell'ultimo decennio.». 12. Ai sensi dell'art. 13, comma 3, della legge 15 gennaio 1885, n. 2892, poi, «l'indennita' dovuta ai proprietari degli immobili espropriati sara' determinata sulla media del valore venale e dei fitti coacervati dell'ultimo decennio purche' essi abbiano la data certa corrispondente al rispettivo anno di locazione.». 13. In applicazione della predetta normativa, nel caso in esame, alla luce dell'istruttoria espletata mediante l'esperimento di apposita consulenza tecnica d'ufficio, in assenza di fitti da valutare ai fini della determinazione dell'indennita', l'indennita' dovrebbe essere determinata operando il riferimento, quanto alla seconda parte del calcolo, al coacervo della rendita catastale, rivalutata, dell'ultimo decennio (cf. relazione di consulenza tecnica del 22 aprile 2016 in atti). 14. Ai fini della rilevanza della questione di legittimita' costituzionale nel caso concreto va evidenziato, pertanto, che nel presente giudizio, sia in virtu' del dictum vincolante della Corte di cassazione derivante dalla sentenza n. 448/2015 dei 16 dicembre 2014-5 marzo 2015, che in virtu' del concreto quadro di fatto, conseguente all'istruttoria svolta, si impone l'applicazione dell'art. 124, quarto comma, della legge della Regione Sicilia 1° settembre 1993, n. 25 del 1993, come sostituito dall'art. 29 della legge della Regione Sicilia 5 novembre 2004, n. 15, nella parte in cui prevede che l'indennita' di espropriazione, e la connessa indennita' di occupazione in via di urgenza, vengano determinate sulla media tra il valore venale e il coacervo della rendita catastale, rivalutata, dell'ultimo decennio. 15. Cio' posto, rileva questa Corte che la questione sollevata dagli attori in riassunzione deve ritenersi non manifestamente infondata, in virtu' delle seguenti considerazioni. 16. Sussistono, infatti, fondati motivi per ritenere che la disciplina che questa Corte e' tenuta ad applicare nel caso concreto si ponga in insanabile contrasto con l'art. 1 del primo protocollo della CEDU, quale interpretato dalla Corte europea per i diritti dell'uomo, in quanto i criteri di calcolo per determinare l'indennizzo dovuto ai proprietari dei fabbricati espropriati per motivi di pubblico interesse condurrebbero alla corresponsione di somme non congruamente proporzionate al valore dei beni oggetto di ablazione, e che da cio' consegue un contrasto con l'art. 117, primo comma della Costituzione, nel testo novellato dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. 17. La Corte costituzionale ha evidenziato, con la nota sentenza n. 348/2007 dei 22-24 ottobre 2007, che l'art. 117, primo comma della Costituzione, condiziona l'esercizio della potesta' legislativa dello Stato e delle regioni al rispetto degli obblighi internazionali, tra i quali indubbiamente rientrano quelli derivanti dalla Convenzione europea per i diritti dell'uomo. 18. La medesima pronuncia ha chiarito, inoltre, che il nuovo testo dell'art. 117, primo comma della Costituzione, se da una parte rende inconfutabile la maggior forza di resistenza delle norme CEDU rispetto a leggi ordinarie successive, dall'altra attrae le stesse nella sfera di competenza del giudice delle leggi, poiche' gli eventuali contrasti non generano problemi di successione delle leggi nel tempo o valutazioni sulla rispettiva collocazione gerarchica delle norme in contrasto, ma questioni di legittimita' costituzionale. 19. Lo scrutinio di legittimita' costituzionale, alla luce dei principi illustrati dalla Consulta, deve essere condotto in modo da verificare innanzitutto se effettivamente vi sia contrasto non risolvibile in via interpretativa tra la norma censurata e le norme della Convenzione E.D.U., come interpretate dalla Corte europea ed assunte come fonti integratrici del parametro di costituzionalita' di cui all'art. 117, primo comma della Costituzione, e quindi se le norme della Convenzione E.D.U. invocate come integrazione del parametro, nell'interpretazione ad esse data dalla medesima Corte, siano compatibili con l'ordinamento costituzionale italiano. 20. Con particolare riferimento alla valutazione di legittimita' dei criteri nel tempo adottati dal legislatore per la determinazione dell'indennita' di espropriazione, ai fini della valutazione della compatibilita' con l'art. 42 della Costituzione, la Corte costituzionale, per un verso, sin dalla sentenza n. 5 del 1980 ha fissato il principio del c.d. «serio ristoro», che non comporta la necessaria equivalenza tra l'indennita' e il valore venale del bene espropriato, ma che impone, comunque, una correlazione significativa tra i due valori. 21. La medesima Corte costituzionale, tuttavia, per altro verso ha chiarito (cf. sent. n. 283 del 1993) che l'adeguatezza dei criteri di calcolo deve essere valutata nel contesto storico, istituzionale e giuridico esistente al momento del giudizio, giacche', ne' il criterio del valore venale, ne' alcuno dei criteri «mediati» prescelti dal legislatore possono avere i caratteri dell'assolutezza e della definitivita' e la loro collocazione nel sistema e la loro compatibilita' con i parametri costituzionali subiscono variazioni legate al decorso del tempo o al mutamento del contesto istituzionale e normativo, che non possono restare senza conseguenze nello scrutinio di costituzionalita' della norma che li contiene. 22. La Corte E.D.U., con la nota sentenza della Grande Chambre del 29 marzo 2006, resa nel caso Scordino contro Italia, ha fissato i principi generali per la compatibilita' della normativa degli Stati membri in materia di espropriazione con la Convenzione E.D.U., statuendo, tra l'altro, che l'indennizzo non e' legittimo, se non consiste in una somma che si ponga «in rapporto ragionevole con il valore del bene», che se da una parte la mancanza totale di indennizzo e' giustificabile solo in circostanze eccezionali, dall'altra non e' sempre garantita dalla CEDU una riparazione integrale e che, in caso di «espropriazione isolata», pur se a fini di pubblica utilita', solo una riparazione integrale puo' essere considerata in rapporto ragionevole con il valore del bene, mentre «obiettivi legittimi di utilita' pubblica, come quelli perseguiti da misure di riforma economica o di giustizia sociale possono giustificare un indennizzo inferiore al valore di mercato effettivo». 23. Alla luce di tale rilevante mutazione del quadro normativo, la Corte costituzionale, con la citata sentenza n. 348/2007 dei 22-24 ottobre 2007, ha dichiarato la illegittimita' costituzionale dell'art. 5-bis, commi 1 e 2 del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1992, n. 359, le cui disposizioni sono pressoche' sovrapponibili a quelle della legge regionale in esame nel presente giudizio. 24. Nell'ambito di tale valutazione la Consulta ha rilevato che l'originario criterio previsto dalla legge n. 2892 del 1885 (c.d. legge di risanamento della citta' di Napoli), essendo mirata al risanamento di una grande citta', prevedeva coerentemente il ricorso, ai fini della media, alla somma risultante dai «fitti coacervati» dell'ultimo decennio, poiche' perseguiva la finalita' di indennizzare i proprietari di fabbricati ricadenti nell'area urbana, tenendo conto che gli stessi erano per lo piu' degradati, ma densamente abitati da inquilini che pagavano alti canoni di locazione. Si intendeva, in tal modo, indennizzare i proprietari per il venir meno di un reddito concreto costituito dai fitti che gli stessi percepivano e l'indennizzo cosi' calcolato poteva essere anche piu' alto del valore venale del bene in se' e per se' considerato. 25. Nel caso in esame, in modo del tutto simile alla fattispecie gia' giudicata dalla Corte costituzionale con la citata sentenza, la sostituzione dei fitti coacervati con la rendita catastale comporta una rilevante diminuzione dell'indennita', rispetto a quella prevista dalla legge per il risanamento di Napoli, con il risultato pratico che, nella generalita' dei casi, la somma ottenuta in base alla media prevista dalla legge e' di circa il 50 per cento del valore venale del bene. 26. Tale assunto trova piena conferma negli elementi istruttori acquisiti nell'ambito del presente giudizio, laddove a fronte di un valore di mercato del bene espropriato, stimato dal C.T.U. in euro 217.649,00, l'indennita' di espropriazione, calcolata in applicazione dei criteri dettati dalla normativa regionale sospettata di illegittimita', e' stata quantificata pari a euro 112.577,15 (cf relazione di CTU del 22 aprile 2016). 27. Non sussistono elementi, poi, per ritenere che la procedura espropriativa di cui si controverte sia parte di una piu' ampia riforma economica o di giustizia sociale, tale da giustificare la previsione di un indennizzo inferiore al valore di mercato effettivo, dal momento che la legge della Regione Sicilia 1° settembre 1993, n. 25, risulta prevedere un insieme molto eterogeneo di interventi, qualificati come «interventi straordinari per l'occupazione produttiva in Sicilia», che non sono unificati da un unico filo conduttore o da una specifica e coerente finalita' di riforma economica o di giustizia sociale, intesa nell'accezione illustrata dalla Corte E.D.U. con la citata sentenza del 29 marzo 2006. 28. A cio' deve, ulteriormente, aggiungersi che la disciplina originariamente prevista dall'art. 124 della predetta legge regionale prevedeva l'applicabilita' dei criteri di determinazione delle indennita' di cui all'art. 5-bis del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1992, n. 359, e che, pertanto, con specifico riferimento alle indennita' dovute per l'espropriazione dei fabbricati, l'indennita' si calcolava in base al criterio del valore venale, previsto in via generale dall'art. 39 della legge n. 2359 del 1865. 29. Solo oltre dieci anni dopo l'entrata in vigore della predetta legge, a seguito della approvazione della legge della Regione Sicilia 5 novembre 2004, n. 15, recante «Misure finanziarie urgenti. Assestamento del bilancio della regione e del bilancio dell'Azienda delle foreste demaniali della Regione siciliana per l'anno finanziario 2004. Nuova decorrenza di termini per la richiesta di referendum», con l'art. 29 sono stati modificati i criteri di determinazione dell'indennita' per l'espropriazione di fabbricati, mediante l'adozione della disciplina precedentemente illustrata. 30. Non sussistono, del pari, elementi che consentano di pervenire a una risoluzione della questione in via interpretativa, con l'adozione di una lettura secundum constitutionem dell'art. 124, quarto comma, della legge della Regione Sicilia 1° settembre 1993, n. 25 del 1993, come sostituito dall'art. 29 della legge della Regione Sicilia 5 novembre 2004, n. 15, giacche' il rinvio operato dalla normativa regionale alla disciplina di cui al comma 3 dell'art. 13 della legge 15 gennaio 1885, n. 2892, non puo' ritenersi integrare un rinvio dinamico, attesa l'espressa integrazione della disciplina statale oggetto di rinvio con la previsione della sostituzione del coacervo dei fitti con quello della rendita catastale, e tenuto conto delle evidenti finalita' di contenimento della spesa sottese all'intervento legislativo regionale, incompatibili con una modifica dell'impegno di spesa conseguente all'effettuazione di un rinvio di diversa natura alla disciplina statale. 31. Le considerazioni sin qui svolte conducono a ritenere non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 124, quarto comma della legge della Regione Sicilia 1° settembre 1993, n. 25 del 1993, come sostituito dall'art. 29 della legge della Regione Sicilia 5 novembre 2004, n. 15, per contrasto con l'art. 117, primo comma, della Costituzione, anche alla luce dell'art. 6 e dell'art. 1 del primo protocollo addizionale della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, nella parte in cui, prevedendo un trattamento indennitario lesivo del diritto di proprieta', viola i vincoli derivanti dagli obblighi internazionali. 32. Ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, alla dichiarazione di rilevanza nel giudizio e non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale, segue la remissione della causa sul ruolo, la sospensione del giudizio, e l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.
P. Q. M. La Corte di appello di Palermo, Prima sezione civile, sentiti i procuratori delle parti: dispone rimettersi la causa sul ruolo; dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 124, quarto comma della legge della Regione Sicilia 1° settembre 1993, n. 25 del 1993, come sostituito dall'art. 29 della legge della Regione Sicilia 5 novembre 2004, n. 15, per contrasto con l'art. 117 della Costituzione, anche alla luce dell'art. 6 e dell'art. 1 del primo protocollo addizionale della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali; dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e la sospensione del giudizio; ordina che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa, al Presidente del Consiglio dei ministri e al presidente della Regione Siciliana, e sia comunicata al presidente dell'Assemblea regionale siciliana. Cosi' deciso in Palermo, nella camera di consiglio della Prima sezione civile della Corte di appello, il 4 settembre 2020. Palermo, 24 settembre 2020 Il Presidente: Di Pisa Il consigliere relatore: Piraino