N. 170 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 dicembre 2019

Ordinanza  del  10  dicembre  2019  del  Tribunale   di   Lecce   nel
procedimento penale a carico di T. S.. 
 
Reati e pene - Delitto di lesioni  stradali  gravi  di  cui  all'art.
  590-bis, primo comma, del codice penale - Regime di  procedibilita'
  - Mancata previsione della procedibilita' a querela nell'ipotesi in
  cui la persona offesa risulti integralmente risarcita in ordine  ai
  danni subiti a seguito dell'evento. 
- Codice penale, art. 590-bis, primo comma;  decreto  legislativo  10
  aprile 2018, n. 36 (Disposizioni di modifica della  disciplina  del
  regime di procedibilita'  per  taluni  reati  in  attuazione  della
  delega di cui all'articolo 1, commi 16, lettere  a)  e  b),  e  17,
  della legge 23 giugno 2017, n. 103). 
(GU n.50 del 9-12-2020 )
 
                    TRIBUNALE ORDINARIO DI LECCE 
                          Sezione 1ª penale 
 
    Il Giudice, dott. Maddalena Torelli, decidendo sulla richiesta di
sollevare questione di legittimita'  costituzionale  ex  art-1  legge
costituzionale  n.  1148  ed  art.  23  legge  n.   87/53   formulata
all'odierna udienza dalla difesa dell'imputato T. S.  ha  pronunziato
la seguente ordinanza. 
    T. S. veniva citato davanti a questo Tribunale,  con  decreto  di
citazione diretta a giudizio del 6 marzo  2018,  per  rispondere  del
reato di cui all'art. 590-bis codice penale; 
    Accogliendo  l'istanza  della  difesa,  questo  Giudice   ritiene
necessario sollevare questione di legittimita' costituzionale: 
      - dell'art. 590-bis codice penale (come sostituito dall'art.  1
della legge 23 marzo 2016 n. 41); 
      - del decreto  legislativo  10  aprile  2018,  n.  36,  recante
«Disposizioni  di   modifica   della   disciplina   del   regime   di
procedibilita' per taluni reati in attuazione  della  delega  di  cui
all'art. 1, commi 16, lettere a) e b), e 17  della  legge  23  giugno
2017, n. 203», nella parte in cui non prevedono la  procedibilita'  a
querela per i delitti previsti dal  primo  comma  del  predetto  art.
590-bis codice penale nelle ipotesi di lesioni personali "gravi"  per
le quali la persona offesa risulti integralmente risarcita in  ordine
ai danni subiti a seguito dell'evento. 
    Ad avviso del Tribunale (ed accogliendo i rilievi della  difesa),
tali previsioni si pongono in contrasto  e  violazione  dei  principi
sanciti dagli articoli 3, 13 comma 2 e 27 comma 3 della Costituzione,
sotto i profili di ragionevolezza della sanzione penale  in  rapporto
al  principio  di  uguaglianza  davanti  alla  legge,  alla  concreta
offensivita' del fatto ed alla finalita' rieducativa della pena. 
 
                               Ragioni 
 
- Fatto 
    T. S. e' imputato in ordine al  reato  di  cui  all'art.  590-bis
codice penale «per  avere,  per  negligenza,  imprudenza,  imperizia,
inosservanza delle norme sulla circolazione stradale - in particolare
per avere - alla guida di autovettura targata  ,  percorrendo  centro
abitato di Lecce con direzione di marcia  San  Cataldo-Lecce,  tenuto
una condotta di guida poco attenta in relazione allo stato dei luoghi
(centro  abitato)  e  comunque  per  non  avere  prestato  la  dovuta
attenzione alla guida ed alla strada innanzi  a  se',  investendo  da
tergo il velocipede marca "   " che lo precedeva condotto da L. P.  ,
impattava dapprima sul cofano e successivamente  sul  parabrezza  per
poi rovinare in terra - cagionando al detto L. P.  ,  a  seguito  del
violento impatto avvenuto con detta auto, lesioni gravi consistite in
"emorragia sub aracnoidea consecutiva a traumatismo senza mensione di
ferita intracranica esposta senza perdita di conoscenza in politrauma
della strada" giudicate con pericolo di vita». In Lecce il '   '. 
    L'addebito consiste  nell'avere  cagionato  alla  persona  offesa
lesioni  'gravi'  per  incapacita'  di   attendere   alle   ordinarie
occupazioni per un periodo superiore ai quaranta giorni (ex combinato
disposto degli arti 590-bis comma 1  codice  penale  e  583  comma  1
lett.1] codice penale). 
    Tuttavia, dagli atti emerge che la persona offesa sig. L. P. : 
      - non  subiva  alcuna  perdita  di  conoscenza  (cfr.  capo  di
imputazione e referto di P.S. del '    '; 
      - non si trovava in situazioni di incapacita' tali  da  rendere
difficoltosa un'eventuale iniziativa giudiziaria volta a  sollecitare
la persecuzione penale del  responsabile  delle  lesioni  e,  quindi,
scientemente e volutamente non sporgeva atto di denuncia-querela  nei
confronti dell'odierno imputato; 
      - quanto sopra e' confermato dal fatto che coltivava diritti  e
ragioni  inoltrando  richiesta   risarcitoria   all'Allianz   S.p.a.,
compagnia   che   assicurava   per    la    responsabilita'    civile
automobilistica il mezzo  condotto  dall'imputato  in  occasione  del
sinistro, ottenendo dalla predetta compagnia l'integrale risarcimento
dei danni subiti mediante la ricezione di euro 250.000,00 con assegno
del 21 giugno 2017 e di ulteriori euro 125.000,00 con assegno  del  4
agosto 2017 e sottoscrivendo personalmente  l'atto  di  quietanza  1°
agosto 2017 con cui veniva  riconosciuto  altresi'  il  pagamento  di
ulteriori somme a titolo di spese legali (documentazione  versata  in
atti dalla difesa all'udienza del 10 luglio 2018). 
- Sulla rilevanza 
    La  questione  appare  certamente  rilevante  perche',  nel  caso
sottoposto all'esame, la persona offesa non ha presentato  querela  e
vi e' prova in atti che essa sia stata integralmente risarcita per  i
danni subiti. 
    Ne consegue che, laddove il reato contestato  all'imputato  fosse
perseguibile a querela di parte nei  casi  di  avvenuto  ristoro  dei
danni, ricorrerebbe declaratoria di non punibilita'. 
    Al contrario, non puo' essere esclusa la responsabilita'  colposa
dell'agente,  sicche'  il  processo  potrebbe  concludersi  con   una
sentenza di condanna dello stesso. 
- Questione di legittimita' costituzionale dell'art.  590-bis  codice
penale e del decreto legislativo 10 aprile 2018, n. 36 per  contrasto
con gli articoli 3, 13 comma 2 e 27 comma 3 della Costituzione 
  Com'e' noto, l'art. 590-bis  codice  penale  e'  stato  oggetto  di
recente novella legislativa ad opera della legge 23 marzo 2016, n. 41
(Introduzione del reato di omicidio stradale e del reato  di  lesioni
personali stradali, nonche' disposizioni di coordinamento al  decreto
legislativo 30 aprile 1992, n.  281  ed  al  decreto  legislativo  28
agosto 2000, n. 274). 
    Per chiunque cagioni per colpa ad  altri  una  lesione  personale
'grave'  con  violazione   delle   norme   sulla   disciplina   della
circolazione stradale e' stata prevista la procedibilita' d'ufficio. 
    Nell'ottica  di  limitare  la  perseguibilita'  d'ufficio,   alle
situazioni  ritenute  piu'  gravi  onde  deflazionare  il  carico  di
contenzioso, l'art. 1, comma 16, lettera a) della legge  n.  103  del
2017 ha delegato il Governo, entro un anno dall'entrata in vigore del
provvedimento, a «prevedere la procedibilita' a querela per  i  reati
contro la persona puniti con la sola pena edittale pecuniaria  o  con
la pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro  anni,
sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria,  fatta  eccezione
per il delitto di cui all'art. 610 del codice penale, e per  i  reati
contro il patrimonio previsti dal codice penale, salva in  ogni  caso
la  procedibilita'  d'ufficio  qualora  ricorra  una  delle  seguenti
condizioni: 1) la persona offesa sia incapace per eta' o  infermita';
2) ricorrano circostanze aggravanti ad  effetto  speciale  ovvero  le
circostanze indicate nell'art. 339 del codice penale;  3)  nei  reati
contro il patrimonio, il danno arrecato alla persona  offesa  sia  di
rilevante gravita'». 
    Il Governo, con l'adozione del  decreto  legislativo  n.  36  del
2018, non ha annoverato l'art. 590-bis, primo  comma,  codice  penale
tra  le  fattispecie   oggetto   della   modifica   del   regime   di
procedibilita'. 
    Ad oggi, pertanto, per chiunque cagioni per colpa  ad  altri  una
lesione personale 'grave' con violazione delle norme sulla disciplina
della  circolazione  stradale  continua   ad   essere   prevista   la
procedibilita' d'ufficio,  benche'  il  reato  sia  punito  con  pena
(reclusione da tre mesi a un anno) compresa  nella  forbice  edittale
per la quale il legislatore delegante aveva  previsto  l'introduzione
della condizione di procedibilita' della querela. 
    Sotto tale profilo, pertanto, le lesioni personali 'gravi' di cui
al primo comma dell'art. 590-bis codice penale sono state  parificate
a quelle 'gravissime' - che determinano malattie insanabili,  perdite
permanenti, deformazioni e/o sfregi permanenti  -  nonche'  a  quelle
determinate dalle condotte indicate nei  commi  successivi  dell'art.
590-bis codice penale, ovverosia: 
      - l'essersi l'autore posto alla guida di un veicolo a motore in
stato di ebbrezza alcolica o di alterazione  psicofisica  conseguente
all'assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope (commi 2, 3, 4); 
      - l'avere proceduto in un centro urbano ad una velocita' pari o
superiore al doppio di quella consentita e comunque non  inferiore  a
70 km/h rispetto a quella massima consentita (comma 5 lettera 1); 
      - l'avere attraversato un'intersezione con il semaforo disposto
al rosso ovvero circolato contromano (comma 5 lettera 2); 
      - l'avere eseguito manovra di inversione del senso di marcia in
prossimita' o in corrispondenza di  intersezioni,  curve  o  dossi  o
eseguito  sorpasso  di  un  altro  mezzo  in  corrispondenza  di   un
attraversamento pedonale o di linea continua (comma 5 lettera 3). 
    Nella scelta del legislatore si rinviene una  evidente  eccezione
al regime di  procedibilita'  previsto  per  il  delitto  di  lesioni
colpose, anche se gravi o gravissime,  di  cui  all'art.  590  codice
penale che -  salvo  le  ipotesi  in  cui  la  colpa  discenda  dalla
violazione di norme sulla sicurezza e/o igiene sul lavoro  -  risulta
sempre procedibile a querela. 
    Di regola, infatti, l'esercizio dell'azione penale per il delitto
di lesioni colpose dipende dalla volonta' della persona offesa. 
    In  quanto  titolare  dell'interesse  tutelato  dalla  norma,  e'
quest'ultima a condizionare la  procedibilita',  reputandosi  la  sua
volonta' preminente sull'interesse della collettivita'. 
    A fronte di un tale bilanciamento di  interessi,  il  legislatore
del 2016 e di poi quello del 2018  hanno,  invece,  previsto  per  il
delitto di cui  all'art.  590-bis  codice  penale  la  procedibilita'
d'ufficio. 
    Il rigore di tale scelta, sebbene possa ritenersi giustificato da
finalita' di prevenzione generale, pecca  pero'  di  irragionevolezza
nella parte in cui,  in  presenza  di  condotte  che  ricadono  nelle
ipotesi di cui al primo comma dell'art. 590-bis codice penale, non da
alcuna rilevanza alle vicende risarcitorie  che  siano  eventualmente
conseguite all'evento colposo. 
    Noto e' che la circolazione stradale costituisce un  rischio  che
la societa', stante la sua utilita' e, oramai,  indispensabilita'  ai
fini di mobilita' per motivi di lavoro, piacere o altro, fa proprio e
che, pertanto, rientra tra quelli cd. consentiti. 
    Proprio in ragione dei pericoli, seppure consentiti,  discendenti
dalla guida di veicoli e motocicli, l'ordinamento impone  particolari
obblighi che l'utente della strada e' tenuto ad osservare. 
    Tra questi, la sottoscrizione di una polizza assicurativa per  la
responsabilita' civile da sinistro stradale. 
    Orbene, e' proprio il contesto lecito (circolazione stradale)  in
seno  al  quale  si  verifica   l'evento   colposo   che   rende   la
procedibilita' d'ufficio - anche - per i casi di cui al  primo  comma
dell'art.  590-bis  codice   penale   contraria   al   principio   di
ragionevolezza, che trova il suo principale  appiglio  costituzionale
nell'art. 3. 
    Da qui i ritenuti  profili  di  irragionevolezza  della  sanzione
penale in rapporto al principio di  uguaglianza  davanti  alla  legge
(art. 3 Cost.), alla concreta offensivita' del fatto (art. 13 comma 2
Cost.) ed alla finalita' rieducativa della  pena  (art.  27  comma  3
Cost.). 
    Limitatamente  ai  casi   in   parola,   l'automatico   esercizio
dell'azione penale appare eccessivo ed irragionevole. 
    A fronte di un integrale  risarcimento  dei  danni  patiti  dalla
persona offesa e (come meglio si dira' di seguito) di  un'assenza  di
situazioni di allarme sociale (quali quelle  disciplinate  dai  commi
dal 2 al 6 dell'art.  590-bis  codice  penale),  appare  ingiusto  ed
irragionevole assoggettare il soggetto agente a  procedimento  penale
nonostante la mancanza di una espressa richiesta  punitiva  da  parte
del soggetto interessato  in  via  diretta  e  nonostante  l'avvenuto
integrale risarcimento dei danni, per il sol  fatto  che  le  lesioni
cagionate abbiano superato la soglia dei quaranta giorni. 
    Non si sconosce come  l'evento  lesivo  costituisca  parte  della
fattispecie e sia, sempre e comunque, conseguenza della violazione di
una  regola  cautelare  posta  a  presidio  della   sicurezza   della
circolazione stradale. 
    Tuttavia, anche se detto solo per inciso, e' innegabile  come  il
superamento o meno  dei  quaranta  giorni  di  prognosi  finisca  con
l'essere ancorato  a  situazioni  spesso  esageratamente  fortuite  o
accidentali che,  in  presenza  di  violazioni  del  tutto  analoghe,
possono portare o meno al superamento della soglia  e,  quindi,  alla
procedibilita' o meno d'ufficio. 
    Ne' si puo' obiettare che un'infermita' di  durata  superiore  ai
quaranta  giorni  renda  di  per   se'   sola   la   persona   offesa
impossibilitata, per incapacita', ad ottemperare  all'obbligo  legale
di presentazione dell'atto di querela entro i tre mesi e, quindi,  ad
intraprendere per tempo la punizione dell'autore del reato. 
    Invero l'art. 124 codice penale prescrive l'obbligo di esercitare
il diritto in parola entro tre mesi dal giorno  della  «notizia»  del
fatto che costituisce reato e non da quello del fatto stesso. 
    Ben puo' accadere, pertanto, che la vittima, una volta  ripresasi
e avuta coscienza dell'accaduto, possa  decidere  di  sollecitare  la
persecuzione penale del responsabile delle lesioni senza che  la  sua
pregressa situazione  di  incapacita'  abbia  comportato  conseguenze
irreparabili in ordine ad eventuali iniziative giudiziarie. 
    Al di  la'  dell'inequivoco  tenore  letterale  del  comma  primo
dell'art. 124 codice penale («dal giorno della notizia  del  fatto»),
la giurisprudenza di legittimita' ha piu' e piu' volte  sottolineato:
come il termine per proporre querela cominci a decorrere dal  momento
in cui il titolare del relativo diritto si sia reso conto di tutte le
connotazioni oggettive e soggettive necessarie per l'integrazione del
reato; come ai fini della decorrenza occorre che l'offeso abbia avuto
conoscenza precisa, certa e diretta del fatto delittuoso, in  maniera
da possedere tutti gli elementi  di  valutazione  onde  determinarsi;
come il termine per la proposizione della querela decorre  non  dalla
data  di  commissione  del  reato,  ma   da   quella   (eventualmente
posteriore) in cui la persona offesa e' venuta a conoscenza del fatto
costituente l'illecito penale, intendendosi per conoscenza  la  piena
cognizione di  tutti  gli  elementi  che  consentono  la  valutazione
dell'esistenza del reato (cfr. Sez. IV, 8.4.1998, n.  5007;  Sez.  V,
20.1.2000, n. 3315; Sez. II, 27.1.1999, n. 2863; Sez. III, 13.5.2009,
n. 25986; Sez. V, 9.7.2008, n. 33466). 
    In definitiva, si ritiene che l'art.  590-bis,  comma  1,  codice
penale viola il principio  di  ragionevolezza  ed  uguaglianza  nella
parte in cui, ai fini della procedibilita',  non  attribuisce  alcuna
rilevanza all'eventuale risarcimento del danno patito  dalla  persona
offesa. 
    La norma  finisce  di  fatto  con  il  trattare  in  modo  uguale
situazioni tra loro differenti: in caso di lesioni gravi causate  per
colpa durante la guida di  veicoli  a  motore,  l'automobilista  c.d.
modello, che abbia sempre rispettato tutte le  prescrizioni  all'uopo
richieste dalla legge, verra' trattato allo stesso modo di  colui  il
quale circoli ignorando le  norme  del  codice  della  strada  o,  in
particolare, guidi un mezzo privo di copertura assicurativa. 
    Anche a voler considerare la diversa funzione che la norma penale
assolve, rispetto a quelle in materia di r.c.a., appare ben difficile
disconoscere come, in casi di tal fatta, il sistema normativo difetti
dal punto di vista della sua coerenza  interna,  e  quindi  sotto  il
profilo della ragionevolezza. 
    Con sentenza n. 84/97, la Corte costituzionale ha avuto  modo  di
rilevare che «la ragionevolezza deve trovare  applicazione  non  solo
all'interno dei singoli camparti normativi,  ma  anche  con  riguardo
all'intero sistema».  Oltre  che  sotto  il  profilo  della  coerenza
sistematica dell'ordinamento, l'irragionevolezza della scelta operata
dal legislatore del 2016 emerge, altresi', dal punto di  vista  della
proporzionalita' tra mezzi scelti e finalita' perseguite. Gia' si  e'
detto che la «ratio» degli interventi normativi del  2016  e'  quella
della sicurezza stradale, derivante  dall'allarme  sociale  suscitato
dal crescente fenomeno delle «vittime della strada», come  confermato
dalla stessa Consulta con la recente sentenza n. 223/19. 
    Ebbene, a fronte di cio', la  scelta  di  assoggettare  tutte  le
ipotesi previste dall'art. 590-bis codice  penale  ad  un  regime  di
procedibilita' d'ufficio appare eccessivamente rigorosa. 
    Il canone della proporzionalita'  avrebbe,  diversamente,  dovuto
imporre al legislatore di bilanciare il  rapporto  finalità-mezzi  in
ragione della gravita' delle condotte  colpose,  che,  dal  punto  di
vista  dell'allarme  sociale,  non  possono  certamente  considerarsi
paritetiche. 
    Mentre il primo comma dell'art. 590-bis codice penale, stante  la
sua genericita', ricomprende qualsiasi  condotta  colposa,  anche  di
lievissima gravita, in cui ciascun automobilista - sebbene attento  e
diligente  -  puo'  erroneamente  incappare,   i   commi   successivi
descrivono ipotesi ben piu' pericolose, che, proprio  in  ragione  di
detta loro gravita', sono state trattate autonomamente rispetto  alle
ipotesi di cui al comma primo. 
    E' allora evidente come l'allarme sociale che esse  comportano  e
le finalita' perseguite dal legislatore  giustificano  la  previsione
della procedibilita' d'ufficio per le ipotesi di cui  ai  commi  2  e
seguenti dell'art. 590-bis codice penale. 
    Non altrettanto, pero', puo' dirsi per quelle  di  cui  al  primo
comma che non appaiono tali da imporre la medesima previsione,  ancor
piu' in presenza di avvenuto integrale  risarcimento  e  mancanza  di
volonta' punitiva da parte dell'offeso. 
    Sulla base di  tali  considerazioni,  appare,  pertanto,  agevole
individuare la sproporzione tra finalita' e  mezzi  laddove,  con  la
modifica  dell'art.  590-bis  codice  penale  si   e'   prevista   la
procedibilita' d'ufficio anche con riferimento  a  condotte  che  non
contengono quella pericolosita' che  si  mirava  a  contenere  e  che
peraltro, quasi sempre, sono seguite da integrale risarcimento. 
    Limitatamente a queste ipotesi, l'interesse della  collettivita',
sotteso alla scelta della procedibilita'  d'ufficio,  avrebbe  invece
dovuto soccombere a confronto con quello della persona offesa. 
    Condizionando l'azione penale alla querela si  sarebbe  conferito
alla fattispecie un maggiore equilibrio: quando la  condotta  colposa
e' estranea dalle ipotesi, certamente gravi, previste dai  commi  dal
secondo in poi, e quando il risarcimento e' stato effettuato,  e'  la
persona offesa l'unico soggetto  legittimato  a  decidere  in  ordine
all'opportunita' o meno di ottenere anche la punizione dell'autore. 
    La scelta,  invece,  di  avviare  l'azione  penale  d'ufficio  e,
quindi, di assoggettare  a  procedimento  penale  sempre  e  comunque
l'automobilista che cagiona lesioni  superiori  ai  quaranta  giorni,
finisce per creare una contraddizione nello stesso  ordinamento  che,
per un  verso,  ammette  la  circolazione  stradale  ma,  dall'altro,
punisce in  ogni  caso  quelle  condotte  che  -  sebbene  colpose  -
rappresentano tuttavia un  risvolto  inevitabile  della  circolazione
stessa,  ovvero  il  risvolto  negativo  di  quel  rischio   che   la
collettivita'  ha  consentito   rendendo   lecita   la   circolazione
automobilistica.  Esse  sono,  quindi,  immanenti  alla  circolazione
stradale, che e' autorizzata e reputata lecita. 
    Appaiono evidenti la sperequazione e l'incoerenza interna che  si
vengono a creare in seno ad un ordinamento che, in  altre  situazioni
non caratterizzate da particolare pericolosita' e/o allarme  sociale,
ha introdotto cause di estinzione del reato in presenza  di  condotte
risarcitorie (si pensi all'art.  162-ter  codice  penale  di  recente
introduzione) o cause di non punibilita' per particolare tenuita' del
fatto addirittura per reati puniti con pena detentiva fino  a  cinque
anni (art. 131-bis codice penale). 
    Senza considerare l'avvilimento della  finalita'  deflattiva  del
contenzioso penale sottesa a  recenti  interventi  legislativi  e  la
vanificazione del ricorso allo strumento risarcitorio quale forma  di
ristoro del detrimento subito dall'offeso. 
    Tutte le osservazioni che  precedono  valgono  anche  per  quanto
riguarda il decreto legislativo 10 aprile 2018, n.  36,  che,  avendo
continuato a prevedere la procedibilita' d'ufficio per le ipotesi  di
cui al comma 1 dell'art.  590-bis  codice  penale,  va  sottoposto  a
questione  di  legittimita'  costituzionale  per  contrasto  con  gli
articoli 3, 13 comma secondo e 27 comma terzo della Costituzione. 
    La materia della procedibilita' e' stata da ultimo interessata da
detto decreto, che ha dato attuazione alla delega prevista  dall'art.
1, commi 16, lettera a) e b) e 17 della legge 23 giugno 2017, n. 103. 
    Al fine di ottenere un effetto deflattivo del contenzioso, con la
suddetta legge e' stato delegato il governo affinche' modificasse  il
regime di procedibilita' - rendendolo a querela - per tutti  i  reati
contro la persona puniti con la sola pena edittale pecuniaria  o  con
la pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro  anni,
sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria,  fatta  eccezione
per il delitto di cui all'art. 610 codice penale e per i reati contro
il patrimonio previsti dal codice penale, facendo comunque  salva  la
procedibilita' d'ufficio  qualora,  alternativamente:  -  la  persona
offesa sia incapace per eta' o infermita';  -  ricorrano  circostanze
aggravanti ad effetto speciale ovvero  quelle  di  cui  all'art.  339
codice penale; - nei reati contro il patrimonio,  il  danno  arrecato
alla persona offesa sia di rilevante gravita'. 
    Tra i reati interessati dal suddetto mutamento di  procedibilita'
non e' stato, tuttavia, ricompreso l'art. 590-bis,  comma  1,  codice
penale, sebbene compatibile, dal punto di vista del massimo  edittale
(reclusione fino a un anno, per le lesioni gravi, e fino a  tre  anni
per quelle gravissime) con i parametri forniti  dal  delegante  (pena
detentiva non superiore nel massimo a quattro anni). 
    Il delegato ha, evidentemente, reputato  che  la  fattispecie  in
parola rientrasse in una delle tre eccezioni  -  in  particolare,  la
prima  -  in  presenza  delle  quali  si   dovesse   far   salva   la
procedibilita' d'ufficio: «la persona offesa sia incapace per eta'  o
infermita'». 
    Com'e' noto, l'omessa  inclusione  dell'art.  590-bis,  comma  1,
codice penale, tra  i  reati  procedibili  a  querela  ha  costituito
oggetto di recente trattazione da parte della Corte costituzionale. 
    Con la  sentenza  n.  223/2019,  resa  il  25  settembre  2019  e
depositata il 24 ottobre 2019, la Consulta ha dichiarato non  fondata
la questione di legittimita' costituzionale del  decreto  legislativo
10 aprile 2018, n. 36, sollevata dal Tribunale ordinario di La Spezia
in riferimento all'art. 76 Cost., proprio  nella  parte  in  cui  non
prevedeva la procedibilita' a querela  dell'art.  590-bis,  comma  1,
codice penale. 
    Sul punto e' stato affermato che «era  in  facolta'  del  Governo
ritenere che una tale esigenza di  tutela  rafforzata  ricorra  anche
rispetto al delitto di lesioni stradali gravi o  gravissime  previste
dall'art. 590-bis, primo comma, codice penale, che e'  produttivo  di
notevoli conseguenze pregiudizievoli per la salute della vittima,  le
quali  a  loro  o  volta  possono  determinare  una   situazione   di
incapacita',  transitoria  o  permanente,  tale  da   renderle   piu'
difficoltosa una eventuale iniziativa giudiziaria volta a sollecitare
la prosecuzione penale del responsabile delle lesioni». 
    Non si intende qui riproporre temi gia' affrontati con  la  sopra
richiamata sentenza della Corte, nel senso  che  la  questione  posta
all'attenzione non verte sull'arbitraria omissione di previsione,  da
parte del legislatore delegato, della procedibilita'  a  querela  del
delitto in esame sebbene esso preveda pene  detentive  inferiori  nel
massimo al limite di quattro anni indicato dalla  legge  delega,  ne'
sulla possibilita' o meno di discrezionalita'  nell'attuazione  della
delega da parte del legislatore delegato. 
    Essa riguarda, piuttosto,  il  fatto  che  se  e'  pur  vero  che
l'evento lesivo  puo'  pregiudicare  l'iniziativa  giudiziaria  della
persona offesa, non puo', al contempo, negarsi che, in presenza di un
documentato risarcimento del danno, come nel caso  di  specie,  detto
rischio debba considerarsi scongiurato. 
    Anzi, ne e' provata la sua inesistenza. 
    Il Governo, nel dare attuazione  alla  legge  delega  n.  103/17,
avrebbe, quindi,  dovuto  escludere  la  procedibilita'  d'ufficio  -
prevedendo quella a querela, in linea con lo spirito deflattivo della
legge medesima - tutte le volte in cui alle condotte di cui al  primo
comma dell'art. 590-bis codice penale sia seguito il risarcimento del
danno patito dalla persona offesa. 
    La mancata sottrazione delle ipotesi  in  parola  dal  regime  di
procedibilita' d'ufficio ha nuovamente reso la fattispecie in  parola
irragionevole, con conseguente inevitabile  contrasto  con  le  norme
costituzionali  sopra  gia'  richiamate,  poiche'  impositiva  di  un
trattamento sperequato tutte le volte in  cui  quella  condizione  di
«incapacita' per eta' o infermita'» della parte lesa  manchi,  stante
il positivo esito della procedura risarcitoria. 
    Irragionevole, in sostanza, appare la tutela rafforzata in  tutte
quelle ipotesi in  cui  non  ricorrono  situazioni  tali  da  rendere
difficoltosa un'eventuale situazione giudiziaria volta a  sollecitare
la persecuzione penale del responsabile delle lesioni. 
    Si ribadisce come il c.d. automobilista modello, che abbia sempre
regolarmente corrisposto i prescritti  premi  assicurativi,  che  sia
accidentalmente incappato in una violazione colposa di cui  al  primo
comma dell'art. 590-bis codice  penale  e  che  abbia  provveduto  al
risarcimento delle lesioni patite dalla persona offesa (la quale, per
tale motivo, non avra' alcun  interesse  affinche'  lo  stesso  venga
condannata in sede penale) finisce con l'essere trattato allo  stesso
modo di colui il quale,  circolando  con  mezzo  privo  di  copertura
assicurativa, non abbia invece garantito alcun ristoro economico. 
    La sperequazione  che  la  procedibilita'  d'ufficio  produce  in
questi  casi  non  puo',   d'altronde,   giustificarsi   in   ragione
dell'allarme sociale determinato  dalle  condotte  colpose  di  nuova
introduzione, ove si consideri  che  esso  trova  la  propria  ragion
d'essere limitatamente a condotte gravi, quali sono  quelle  previste
dai commi 2 e seguenti dell'art. 590-bis codice penale ma  non  anche
con  riferimento  agli  episodi  puniti  ai  sensi  del  primo  comma
dell'art. 590-bis codice penale. 
    Senza  considerare,  in  ultimo,  come,  seppure  il  legislatore
delegato  disponga  certamente   di   margini   di   discrezionalita'
nell'attuazione della  delega,  egli  deve  comunque  rispettarne  la
«ratio» e la sua scelta si deve incastonare in modo logico e coerente
nel tessuto normativo vigente (cfr. sentenze n. 59 del 2016, n. 146 e
n. 98 del 2015, n. 119 del 2013). 
- Sulla non manifesta infondatezza 
    Alla luce di tutti i rilievi innanzi esposti, si ritiene  che  le
questioni poste non siano manifestamente infondate. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Visti gli articoli 1 legge costituzionale n.  1/48,  e  23  della
legge n. 87/53; 
    Ritenuta rilevante e non manifestamente infondata la questione di
costituzionalita', per contrasto con gli articoli 3, 13 comma 2 e  27
comma 3 della Costituzione, dell'art. 590-bis comma 1 codice penale e
del decreto legislativo 10 aprile 2018 n. 36, nella parte in cui  non
prevedono la  procedibilita'  a  querela  nelle  ipotesi  di  lesioni
personali stradali gravi per  le  quali  la  persona  offesa  risulti
integralmente  risarcita  in  ordine  ai  danni  subiti   a   seguito
dell'evento; 
      ordina la notificazione  della  presente  ordinanza,  letta  in
udienza alla presenza del difensore, al P.M.,  e  al  Presidente  del
Consiglio dei ministri, e la sua comunicazione ai Presidenti dei  due
rami del Parlamento; 
      ordina la successiva trasmissione della  presente  ordinanza  e
degli  atti  del  procedimento  alla  Corte  costituzionale  per   la
decisione della questione di costituzionalita' cosi sollevata; 
      sospende  il  procedimento  sino  alla  decisione  della  Corte
costituzionale. 
 
        Lecce, 10 dicembre 2019 
 
                         Il Giudice: Torelli