N. 174 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 febbraio 2020
Ordinanza del 10 febbraio 2020 del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio sul ricorso proposto da Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi contro Banca d'Italia e altri. Banca - Poteri e funzionamento degli organi straordinari - Responsabilita' per dolo o colpa grave dei commissari e dei membri del comitato di sorveglianza per atti compiuti nell'espletamento dell'incarico - Previsione che la proposizione delle azioni civili nei loro confronti e' subordinata alla previa autorizzazione della Banca d'Italia. - Decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia), art. 72, comma 9.(GU n.50 del 9-12-2020 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO Sezione seconda bis Ha pronunciato la presente sentenza sul ricorso numero di registro generale 5723 del 2018, integrato da motivi aggiunti, proposto dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Antonio Mastri, con domicilio digitale come da PEC da registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell'avvocato Andrea Del Vecchio in Roma, viale Giulio Cesare n. 71; contro la Banca d'Italia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Stefania Rita Ceci e Luigi Sciotto, con domicilio eletto presso la sede dell'avvocatura dell'ente in Roma, via Nazionale n. 91; nei confronti di Federico Terrinoni, Giuseppe Feliziani, Bruno Inzitari, non costituiti in giudizio; per l'annullamento: del provvedimento del Governatore della Banca d'Italia 6.3.18, prot. n. 0278169/18, che oppone definitivo diniego alla richiesta della Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi di autorizzazione, ai sensi dell'art. 72 del decreto legislativo n. 385 del 1993, a chiamare in giudizio, per l'accertamento di responsabilita' civile, Terrinoni dott. Federico, Feliziani rag. Giuseppe e Inzitari prof. Bruno, gia' commissari straordinari di Banca Marche, ora in liquidazione coatta amministrativa, nell'ambito del processo n. 4038/15 R.A.C. del Tribunale di Ancona - Sezione specializzata in materia di impresa, avente ad oggetto azione di responsabilita' ai sensi dell'articoli 2392 e seguenti del codice civile, promosso da Banca delle Marche S.p.a. nei confronti di componenti dei propri organi sociali, in cui la Fondazione e' parte interveniente; di tutti gli atti a tale provvedimento presupposti, preparatori, preordinati, connessi e conseguenti, ivi compreso l'atto della Banca d'Italia 28 novembre 17 n. 1413935, contenente i motivi ostativi all'accoglimento della richiesta; nonche', con ricorso per motivi aggiunti depositato in data 4 ottobre 2018: del provvedimento del Governatore della Banca d'Italia 13 agosto 2018, prot. n. 0959204/18, comunicato il giorno successivo, che conferma il diniego, opposto con provvedimento 6 marzo 2018, prot. n. 278169, di autorizzazione alla Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi, ai sensi dell'art. 72, comma 9, del decreto legislativo n. 385 del 1993, all'esercizio dell'azione civile di responsabilita' nei confronti del dott. Federico Terrinoni, del rag. Giuseppe Feliziani e del prof. Bruno Inzitari, gia' commissari straordinari di Banca delle Marche S.p.a., ora in liquidazione coatta amministrativa; di tutti gli atti allo stesso presupposti, preordinati, connessi e conseguenti. Visti il ricorso introduttivo, il ricorso per motivi aggiunti e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio della Banca D'Italia; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 novembre 2019 la dott.ssa Ofelia Fratamico e uditi l'avvocato Del Vecchio, in sostituzione dell'avvocato Mastri, per parte ricorrente e l'avvocato Ceci per Banca D'Italia, come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue; Fatto A. Con il ricorso introduttivo del presente giudizio la Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi ha agito, previa sospensione dell'efficacia, per l'annullamento del provvedimento del Governatore della Banca d'Italia del 6 marzo 2018, prot n. 0278169/18, di diniego della istanza di autorizzazione presentata ai sensi dell'art. 72 del decreto legislativo n. 385 del 1993 (di seguito anche t.u.b.), ai fini della chiamata, nel giudizio pendente innanzi al Tribunale di Ancona - Sezione specializzata in materia di impresa (proposto da Banca delle Marche S.p.a. ed in cui e' intervenuta parte ricorrente), di coloro che avevano ricoperto l'incarico di commissari straordinari dell'istituto di credito - successivamente sottoposto, con provvedimento del 21 novembre 2015, a procedura di risoluzione ex art. 32, decreto legislativo n. 180 del 2015, con conseguente chiusura dell'amministrazione straordinaria - e, dunque, del dott. Federico Terrinoni, del rag. Giuseppe Feliziani e del Prof Bruno Inzitari. Unitamente al sopra indicato provvedimento, hanno costituito oggetto di impugnazione tutti gli atti presupposti, preparatori, connessi e conseguenti, compreso il provvedimento della Banca d'Italia del 28 novembre 2017 n. 1413935, contenente i motivi ostativi all'accoglimento della richiesta. B. Parte ricorrente ha, in particolare, rappresentato di essere intervenuta, in qualita' di portatrice, al momento della risoluzione di Banca delle Marche S.p.a., di azioni ordinarie di tale istituto e di prestiti obbligazionari per ingenti somme, nel giudizio di responsabilita', iscritto al numero di R.G. n. 4038/15, promosso dinanzi al Tribunale civile di Ancona da Banca delle Marche S.p.a., ex art. 2392 e seguenti del codice civile, contro i suoi amministratori, sindaci, direttore generale e vice direttori (giudizio in cui e' successivamente subentrata Nuova Banca Marche S.p.a.), intendendo far valere le proprie ragioni risarcitorie anche nei confronti dei commissari dell'amministrazione straordinaria nominati dalla Banca d'Italia, e di aver, dunque, come sopra esposto, presentato a quest'ultima istanza di autorizzazione ex art. 72, comma 9, t.u.b. La Banca d'Italia, tuttavia, successivamente alla comunicazione, in data 18 novembre 2017, dei motivi ostativi all'accoglimento della richiesta, ha adottato il provvedimento definitivo di diniego di autorizzazione. C. Contro tale atto e contro tutti gli atti del procedimento, incluso il preavviso ex art. 10-bis, legge n. 241/1990, la ricorrente ha dedotto vizi di violazione di legge, inclusa la carenza di motivazione, ed eccesso di potere in relazione a diverse figure sintomatiche (segnatamente, per travisamento dei fatti e falso presupposto, abuso e sviamento di potere, ingiustizia manifesta, carenza di istruttoria), prospettando, altresi', profili di illegittimita' costituzionale dell'art. 72, comma 9 del decreto legislativo n. 385 del 1993 in riferimento agli articoli 3, 24, 97 e 111 Cost. D. La Banca d'Italia si e' costituita in giudizio sollevando eccezioni di inammissibilita' del ricorso per difetto di giurisdizione di questo giudice in relazione all'operato dei commissari straordinari, spettando essa al giudice ordinario, oltre che con riferimento ai limiti del sindacato giurisdizionale sui provvedimenti delle autorita' indipendenti e per genericita' delle censure dedotte, concludendo, comunque, con articolate argomentazioni, per il rigetto del ricorso nel merito in quanto infondato. E. Con ordinanza n. 3015/2018 del 22 maggio 2018 questo Tribunale ha respinto l'istanza cautelare. Il Consiglio di Stato, con ordinanza n. 3654/2018 del 1° agosto 2018, ha accolto l'appello cautelare, ordinando alla Banca d'Italia un «Pronto riesame ... dell'istanza di autorizzazione a lei rivolta» ed evidenziando, in ogni caso, «l'esigenza di una quanto piu' sollecita definizione nel merito del giudizio di primo grado», in occasione del quale avrebbero potuto «essere valutate piu' appropriatamente le diverse questioni, eventualmente anche di rilevanza costituzionale, poste con l'originario ricorso introduttivo». F. La Banca d'Italia, con provvedimento del 13 agosto 2018, ha confermato il diniego di autorizzazione. G. La ricorrente, con ricorso per motivi aggiunti depositato in data 4 ottobre 2018, ha, quindi, impugnato anche tale atto, deducendo contro di esso le seguenti censure: 1) violazione dell'art. 72, comma 9 del decreto legislativo n. 385/1993, eccesso di potere per falso presupposto, abuso e sviamento, assoluta carenza di istruttoria e di motivazione; 2) elusione dell'ordinanza cautelare del Consiglio di Stato in violazione degli articoli 24 e 97 Cost. Successivamente le parti hanno presentato atti e documenti a sostegno delle rispettive deduzioni ed in particolare la difesa della Banca d'Italia ha rappresentato che, con ordinanza n. 7280/2018 del 13 novembre 2018 - RG n. 4038/2015, il Tribunale ordinario di Ancona ha dichiarato ammissibile la domanda risarcitoria avanzata dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi nei confronti degli amministratori straordinari Federico Terrinoni, Giuseppe Feliziani e Bruno Inzitari tramite la loro chiamata in causa, disapplicando il provvedimento di diniego della Banca d'Italia oggetto del presente giudizio. H. All'udienza pubblica del 22 novembre 2019 la causa e' stata, infine, trattenuta in decisione. Diritto 1. Il Collegio deve preliminarmente esaminare le eccezioni di inammissibilita' sollevate dalla difesa della Banca d'Italia. 1.1. Le eccezioni non meritano accoglimento. 1.2. Il presente giudizio, infatti, ha ad oggetto i provvedimenti reiettivi (il secondo dei quali, impugnato con motivi aggiunti, adottato dall'Autorita' di vigilanza in ottemperanza dell'ordinanza cautelare emessa dal Consiglio di Stato) della domanda di autorizzazione prescritta dall'art. 72, comma 9 del t.u.b. per la proposizione delle azioni civili nei confronti dei commissari straordinari, in relazione ai quali sussiste la giurisdizione esclusiva di questo giudice ai sensi dell'art. 133, comma 1, lettera 1) c.p.a. (il quale stabilisce la devoluzione al giudice amministrativo, salve ulteriori previsioni di legge, delle controversie aventi ad oggetto «tutti i provvedimenti» adottati dalla Banca d'Italia, con esclusione di quelle inerenti ai rapporti di impiego privatizzati e, per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 94 del 2014, di quelle in materia di sanzioni irrogate da detta Autorita'; cfr. C. Cassazione, Sezioni unite, 2 ottobre 2019, n. 24609; id. 15 luglio 2010, n. 16577). La circostanza, infatti, che nell'articolazione delle proprie deduzioni la ricorrente si sia focalizzata su elementi fattuali relativi all'operato dei commissari non e' funzionale, nella prospettazione defensionale, ad un accertamento delle responsabilita' dell'organo straordinario, estraneo al presente giudizio e, come correttamente rilevato dalla difesa dell'Autorita' resistente, riservato all'ambito della giurisdizione del giudice ordinario, bensi' alla contestazione della legittimita' delle determinazioni reiettive dell'autorizzazione impugnate, in relazione, primariamente, ai censurati vizi di violazione dell'art. 72, comma 9, di carenza di motivazione ed eccesso di potere. 1.3. Proprio l'articolazione delle predette censure, peraltro, rende evidente l'assenza di una radicale inammissibilita' delle azioni di annullamento, afferendo i limiti del sindacato giurisdizionale alle valutazioni di merito - con profili di problematicita' che si correlano ad una ben differente prospettiva, secondo quanto si andra' ad esporre nei capi successivi della presente pronuncia - e restando la cognizione dei fatti elemento indefettibile del giudizio al fine di verificare, nei limiti del dedotto, se il potere attribuito all'autorita' sia stato legittimamente esercitato (Cons. St., sez. VI, 21 marzo 2011, n. 1712; id., sez. III, 2 settembre 2019, n. 6058, con la quale, con riferimento ai limiti del sindacato giurisdizionale sulla discrezionalita' tecnica, sia pure in relazione ad una differente materia rispetto a quella che viene in rilievo nel presente giudizio, sono state stigmatizzate come pronunce «con formula pigra» ovvero con motivazione apparente quelle che trincerandosi «dietro ad una declaratoria di inammissibilita'» delle censure «per l'impossibilita' di esercitare un sindacato sostitutivo» non procedano ad un sia pure essenziale esame delle stesse, con il rischio di «un sostanziale rifiuto di giurisdizione e un'abdicazione» alla «doverosa potestas iudicandi da parte del giudice amministrativo anche entro il limite, indiscusso, di un apprezzamento che in nessun modo intenda sostituirsi a quello della pubblica amministrazione»). 1.4. Neppure emerge la genericita' del ricorso introduttivo del presente giudizio e del successivo ricorso per motivi aggiunti eccepita dalla difesa della Banca d'Italia, essendo state dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi sufficientemente esplicitate le questioni prospettate, consentendo l'identificazione dei vizi dedotti e l'individuazione delle norme ritenute violate. E, invero, come chiarito dalla consolidata giurisprudenza, l'inammissibilita' dell'impugnazione per genericita' sussiste solo quando il giudice non sia posto in grado di comprendere quali vizi il ricorrente deduca per sostenere l'invalidita' del provvedimento impugnato, cosi' che, fuori da questi stretti limiti, e' dovere del giudice stesso interpretare il gravame ed esaminare le censure ancorche' non organicamente articolate, ricavandole dal contesto del ricorso e della richiesta avanzata (in termini, ex multis, Consiglio di Stato, sez. V, 22 settembre 2011, n. 5345). La sussistenza di profili di genericita' riferiti a singole deduzioni, inoltre, non e' comunque suscettibile di determinare una inammissibilita' dei gravami nella loro integralita', essendo stato, tra l'altro, sollecitato anche un vaglio di legittimita' costituzionale dell'art. 72, comma 9 del t.u.b., con argomentazioni puntuali sia pure, per quanto si andra' ad esporre, non completamente esaustive. 2. Esaurito l'esame delle eccezioni pregiudiziali, il Collegio puo' procedere all'esame del merito dei gravami. 3. Le deduzioni dirette a censurare l'illegittimita' dei provvedimenti impugnati per violazione dell'art. 72, comma 9 del t.u.b., carenza di motivazione ed eccesso di potere, non meritano accoglimento. 3.1. Con il preavviso ex art. 10-bis della legge n. 241 del 1990, con il diniego di autorizzazione e con il provvedimento di riesame adottato in esecuzione dell'ordinanza del Consiglio di Stato, la Banca d'Italia, lungi dal limitarsi ad esprimere solo un «giudizio» sull'operato dei commissari dell'amministrazione straordinaria ha, in verita', evidenziato, a seguito di attenta istruttoria e dell'esame degli elementi addotti dalla Fondazione, la manifesta infondatezza - secondo la sua prospettiva - dell'azione di responsabilita' che la ricorrente avrebbe inteso avviare avverso i commissari, nonche' la palese pretestuosita' della stessa, come, del resto, espressamente affermato nella comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza di autorizzazione, che si conclude proprio con la constatazione che «ad esito dell'istruttoria condotta ... le censure all'operato degli ex commissari straordinari non risultano minimamente assistite da alcun elemento di fondatezza». 3.2. L'aver provveduto a confutare punto per punto le doglianze esposte dalla ricorrente, che, come evidenziato dall'Autorita' di vigilanza, da terzo principale azionista - prima del commissariamento - di Banca Marche era in grado di nominare due degli amministratori della banca e, unitamente agli altri due soci principali, contribuiva alla nomina di ben dieci degli undici membri del Consiglio di amministrazione di Banca delle Marche e non poteva, dunque, definirsi un operatore «sprovveduto» o «inesperto», non rende, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, illegittimo o «manifestamente ingiusto», ne' tantomeno «carente di istruttoria e di adeguata motivazione» il diniego di autorizzazione, risultando sufficientemente individuate le valutazioni alla base dell'apprezzamento svolto, non arbitrarie ne' irragionevoli, anche tenuto conto della eterogeneita' ed «aspecificita'» dei dati e dichiarazioni che la Fondazione avrebbe inteso utilizzare a sostegno dell'azione, estrapolati dalle piu' varie fonti (verbalizzazioni interne di Banca delle Marche; valutazioni di due organizzazioni sindacali nell'ambito della relazione della Commissione istituita dalla Regione Marche; affermazioni contenute nella relazione di maggioranza della Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e finanziario istituita con legge n. 107 del 2017, riferite in verita' all'insieme delle banche oggetto dell'esame della Commissione e, comunque, non specificamente all'operato dei commissari dell'amministrazione straordinaria; citazioni tratte da una relazione di minoranza su presunti ed indimostrati conflitti di interesse dei commissari). 3.3. Per il suddetto carattere i rilievi mossi dalla ricorrente all'operato dei commissari, considerati anche nel loro complesso, non appaiono in grado di dimostrare, sia pure in via indiziaria, la sussistenza, nei gravati provvedimenti, di manifeste illogicita' o palesi errori tali da aprire la strada, in questa sede, ad un approfondimento istruttorio, il quale inevitabilmente andrebbe ad involgere la verifica nel merito dell'operato dei commissari, dovendosi anche considerare i limiti del sindacato giurisdizionale in relazione a provvedimenti che costituiscono esercizio di discrezionalita' tecnica. 3.4. Come evidenziato dalla giurisprudenza amministrativa che piu' si e' occupata della questione: «(...) riguardo ai limiti del sindacato del giudice amministrativo sul provvedimento della Banca d'Italia, e riguardo ai limiti dello stesso potere di autorizzazione, i poteri cognitori non possono penetrare nel merito della fondatezza delle numerose azioni che il ricorrente intende proporre rispetto a numerose vicende che hanno interessato la Banca .... Il sindacato dell'adito giudice, a parere del Collegio, deve limitarsi ad un controllo di tipo estrinseco, ad una valutazione di manifesta infondatezza sul diniego autorizzatorio della Banca d'Italia, per una lettura conforme al dettato costituzionale, in quanto ne' la Banca d'Italia, ne' l'adito giudice amministrativo, per motivi diversi, possono svolgere il ruolo di giudice di azioni civili risarcitorie ex articoli 2393 e seguenti, comma c. Nella specie, il diniego autorizzatorio e' motivato correttamente sulla manifesta infondatezza ... Ne' e' pregiudizievole che sia la richiesta che il diniego di autorizzazione abbiano approfonditamente trattato il merito delle eventuali responsabilita', e pertanto la motivazione dell'organo di vigilanza abbia assunto una profondita' non richiesta, in quanto e' sufficiente la delibazione di manifesta infondatezza a giustificare il diniego» (TAR Campania, Napoli, sez. I, 20.06.2002 n. 3684). 4. Del pari infondate si palesano le deduzioni articolate con il ricorso per motivi aggiunti, proposto avverso il nuovo provvedimento adottato dall'Autorita' di vigilanza in ottemperanza dell'ordinanza cautelare del Consiglio di Stato, non essendo riscontrabile alcuna elusione della decisione interinale del Giudice d'appello. In realta' nell'atto del 13 agosto 2018 la Banca d'Italia, in esecuzione di quanto disposto dal supremo organo della Giustizia amministrativa, rispondendo ai rilievi evidenziati dalla Fondazione nell'atto di appello, ha ribadito come anche dalle fonti e dalle stesse relazioni citate dalla ricorrente a fondamento delle sue doglianze, la «situazione della banca» apparisse grave «gia' prima del commissariamento ... (derivando) ... una delle piu' grandi debolezze ... (proprio dall') amministrazione della stessa», chiarendo anche il fenomeno per cui «l'elevata percentuale di capitale sociale posseduto dalle fondazioni bancarie ha ... determinato che - nel bene e nel male - esse abbiano sempre influenzato nei fatti le decisioni della banca, in alcuni casi anche sul fronte delle scelte della direzione» ed in base al quale «l'attivita' di controllo che le stesse fondazioni dicono di aver costantemente esercitato nei confronti degli investimenti effettuati non e' stata decisiva». 4.1. Dopo aver ripercorso gli elementi salienti della vicenda in esame, la Banca d'Italia, riesaminando l'istanza di autorizzazione della ricorrente, e', dunque, giunta a confermare che la stessa non potesse trovare accoglimento «stante il carattere pretestuoso, denigratorio e persecutorio dell'azione stessa» per le ragioni illustrate nel nuovo diniego e negli atti precedenti del medesimo procedimento. 4.2. In sede di riesame, dunque, la Banca d'Italia, in conformita' ai vincoli derivanti dalla pronuncia cautelare, si e' rideterminata addivenendo alle medesime conclusioni in precedenza rassegnate, per le quali valgono le considerazioni gia' svolte con riguardo agli originari motivi di ricorso. 5. Alla stregua delle considerazioni che precedono, dunque, le censure esaminate nei precedenti capi della presente decisione vanno disattese, in quanto infondate. 6. La ricorrente, tuttavia, come esposto nella narrativa in fatto, ha contestato i provvedimenti adottati dall'Autorita' di vigilanza con i quali e' stata rigettata la domanda di autorizzazione all'esercizio delle azioni civili nei confronti dei commissari dell'amministrazione straordinaria nominati dalla stessa Banca d'Italia, prospettando anche profili di illegittimita' costituzionale della previsione dell'art. 72, comma 9 del t.u.b. che tale autorizzazione prescrive in quanto violativa degli articoli 3, 24, 97 e 111 della Costituzione. 6.1. In particolare, secondo la prospettazione della ricorrente, la previsione normativa sopra indicata confliggerebbe con i fondamentali canoni costituzionali, in quanto precluderebbe il sindacato nella sede giudiziaria propria della condotta dei commissari e si tradurrebbe in una grave «discriminazione in spregio al principio di uguaglianza (art. 3 Cost)», determinando «una lesione delle prerogative di difesa (art. 24) ... «oltre ad un «travalicamento dei criteri di buon andamento ed imparzialita' che debbono presiedere all'azione della pubblica amministrazione (art. 97)» e ad una «menomazione della giurisdizione». 7. Ritiene al riguardo il Collegio che le questioni sollevate dalla ricorrente, di seguito integrate sia quanto alle argomentazioni a supporto sia con riferimento ai parametri costituzionali da considerare, meritino favorevole apprezzamento. 8. L'art. 72, comma 9 del t.u.b., nella formulazione attualmente vigente, conseguente alle innovazioni introdotte con l'art. 1, comma 17, lettera e) del decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 181, dispone quanto segue: «La responsabilita' dei commissari e dei membri del comitato di sorveglianza per atti compiuti nell'espletamento dell'incarico e' limitata ai soli casi di dolo o colpa grave. Le azioni civili nei loro confronti sono promosse previa autorizzazione della Banca d'Italia». 8.1. Rispetto alla disposizione previgente di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (formulata nei seguenti termini: «Le azioni civili contro i commissari e i membri del comitato di sorveglianza per atti compiuti nell'espletamento dell'incarico sono promosse previa autorizzazione della Banca d'Italia»), il legislatore ha ritenuto di introdurre la specifica limitazione della responsabilita' dei commissari straordinari ai soli casi di dolo e colpa grave, mantenendo, ciononostante, ferma la necessita' dell'autorizzazione della Banca d'Italia, vale a dire della stessa autorita' attributaria del potere di nomina dei commissari straordinari. 8.2. Il Collegio evidenzia, in primo luogo, che, nella fattispecie, viene in rilievo, ratione temporis, l'applicazione della disposizione nella formulazione attualmente in vigore. Giova precisare, infatti, che l'art. 3 del decreto legislativo n. 181 del 2015, in vigore dal 16 novembre 2015, ha stabilito: «Gli articoli 72 e 77-bis del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, come modificato dal presente decreto, si applicano anche alle procedure di amministrazione straordinaria in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto. Per i rimanenti aspetti, alle medesime procedure si continuano ad applicare le disposizioni del titolo IV del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, nel testo vigente prima dell'entrata in vigore del presente decreto». Non e' in contestazione ed e' documentato in atti che l'avvio della procedura di risoluzione che ha determinato la chiusura dell'amministrazione straordinaria della Banca delle Marche S.p.a. e' stato disposto con provvedimento della Banca d'Italia del 21 novembre 2015, approvato dal MEF il giorno successivo e, dunque, successivamente all'entrata in vigore delle modifiche normative sopra indicate. 9. In punto di rilevanza della proponenda questione di legittimita' costituzionale, il collegio sottolinea che gli atti impugnati costituiscono applicazione immediata e diretta della norma sospetta di contrasto con la Costituzione, della quale il collegio deve fare applicazione. E, invero, accertata l'infondatezza, per le ragioni sopra esposte, delle altre censure esaminate ai precedenti capi della presente decisione, esclusivamente dalla dichiarazione della illegittimita' costituzionale dell'art. 72, comma 9 del t.u.b. potrebbe derivare il richiesto accoglimento del gravame, per caducazione della fonte normativa presupposta e conseguente illegittimita' derivata degli atti impugnati e, in particolare, del diniego di autorizzazione. Per contro in caso di rigetto della questione di costituzionalita', il predetto diniego di autorizzazione dovrebbe essere considerato legittimo, con conseguente reiezione del ricorso. 9.1. Esclusivamente per completezza di analisi, il collegio ritiene di specificare che la circostanza, pure rappresentata e documentata dalla Banca d'Italia, che con ordinanza n. 7280/2018 del 13 novembre 2018, il Tribunale ordinario di Ancona, innanzi al quale, come sopra esposto, pende il giudizio iscritto al numero di RG n. 4038/2015 (avente ad oggetto, tra l'altro, le pretese della odierna ricorrente), abbia dichiarato ammissibile la domanda risarcitoria avanzata dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi nei confronti degli amministratori straordinari Federico Terrinoni, Giuseppe Feliziani e Bruno Inzitari tramite la loro chiamata in causa, disapplicando il provvedimento di diniego della Banca d'Italia oggetto del ricorso introduttivo del presente giudizio, non determina nessuna incidenza in ordine alla perdurante sussistente di un interesse della ricorrente all'impugnativa. 9.1.1. A prescindere, infatti, dalla obiettiva importanza di una verifica di costituzionalita' della disposizione in esame alla luce della delicatezza e rilevanza degli interessi implicati alla stregua di quanto di seguito si andra' ad esporre, tanto piu' necessaria in considerazione dell'assenza di pronunciamenti della Corte costituzionale, mai in precedenza adita sulla questione, il collegio sottolinea che l'interesse che sorregge l'azione proposta innanzi a questo giudice e' reso evidente dalla diversa consistenza e dai differenti effetti di un accertamento diretto, involgente la costituzionalita' della previsione normativa che viene in rilievo, in luogo di quello incidentalmente svolto, con un provvedimento, peraltro, interinale, dal giudice ordinario sulla legittimita' della determinazione della Banca d'Italia impugnate, cui si associano esigenze di certezza e stabilita', anche considerando lo stato in cui versa il predetto giudizio civile. 9.1.2. Quel provvedimento del giudice ordinario, peraltro, proprio perche' interinale ed assunto in contrasto con la previsione normativa si presta ad essere rivisto dal medesimo giudice e riformato nei gradi successivi, afferendo al merito della vicenda controversa e non toccando i profili di giurisdizione, come evidenziato dalle sezioni unite della Corte di cassazione nell'ordinanza del 19 novembre 2019, n. 30010, con la quale e' stato dichiarato inammissibile il ricorso per regolamento di giurisdizione proposto proprio dai commissari straordinari Federico Terrinoni, Giuseppe Feliziani e Bruno Inzitari in relazione al giudizio pendente innanzi al Tribunale di Ancona. 9.1.3. La disapplicazione provvisoriamente operata dal giudice civile, oltre a non eliminare l'interesse all'impugnazione, non incide, ovviamente, sulla rilevanza della questione di legittimita' costituzionale, perche', permanendo il cennato interesse al ricorso, questo Tribunale deve comunque deciderlo nel merito, facendo applicazione della norma sospettata di illegittimita' costituzionale. 10. In punto di non manifesta infondatezza della norma in esame, nella parte in cui subordina l'esperibilita' dell'azione civile di responsabilita' dei commissari dell'amministrazione straordinaria alla previa autorizzazione della Banca d'Italia, in deroga ai principi comuni dell'ordinamento ed in violazione dei parametri costituzionali che si andranno ad illustrare, il collegio ritiene indispensabile muovere l'analisi dalla qualificazione della natura giuridica dei commissari straordinari, rilevante primariamente anche se non esclusivamente ai fini della verifica della pertinenza del riferimento al principio costituzionale cristallizzato nell'art. 28 della Carta fondamentale. Tale parametro, invero, e' stato evocato dalla giurisprudenza amministrativa nelle pronunce che hanno affrontato la questione della legittimita' dei provvedimenti autorizzatori che vengono in rilievo, sia pure con conclusioni dirette ad escludere la sussistenza di contrasti della norma in esame, (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 17 ottobre 2005, n. 5819; Tribunale amministrativo regionale Lazio, Roma, sez. I, 3 ottobre 2005, n. 7643; Tribunale amministrativo regionale Campania, Napoli, Sez. I, 20 giugno 2002, n. 3684; Tribunale amministrativo regionale Puglia, Lecce, Sez. I, 28 giugno 2000, n. 3008). 10.1. Si osserva, al riguardo, che l'amministrazione straordinaria di una banca e' procedura amministrativa, di durata temporanea, avendo essa termine con il passaggio delle consegne agli organi subentranti, avviata su proposta della Banca d'Italia, in seguito, di regola, ad un previo accertamento ispettivo dell'Istituto di vigilanza, con decreto del Ministero del tesoro, oggi dell'Economia, e destinata a risolvere le situazioni critiche tassativamente previste dal primo comma dell'art. 70 t.u.b., tra le quali la riscontrata sussistenza di irregolarita' nell'amministrazione dell'impresa bancaria. 10.1.1. La Banca d'Italia, una volta emanato il decreto ministeriale, provvede a nominare gli organi della procedura, e cioe' uno o piu' commissari straordinari ed un comitato di sorveglianza, e fino all'insediamento di tali organi, puo' nominare un proprio funzionario quale commissario provvisorio. 10.1.2. Ai sensi dell'art. 72 t.u.b. i commissari straordinari, i quali nell'esercizio delle loro funzioni, sono pubblici ufficiali, «... esercitano le funzioni e i poteri dei disciolti organi amministrativi della banca ...»; il comitato di sorveglianza «... sostituisce in tutte le funzioni i disciolti organi di controllo e fornisce pareri ai commissari ...». 10.1.3. Gli organi della procedura amministrativa straordinaria possono essere revocati o sostituiti dalla Banca d'Italia; ricevono per la loro opera le indennita' determinate dalla Banca d'Italia; sono tenuti nella gestione della banca amministrata al rispetto delle istruzioni e delle direttive impartite dalla Banca d'Italia; sono tenuti a richiedere l'autorizzazione della Banca d'Italia per convocare gli organi dell'impresa bancaria, temporaneamente sospesi; possono essere citati in giudizio civile, per gli atti compiuti nell'espletamento dei rispettivi incarichi, solo previa autorizzazione della Banca d'Italia (come previsto dalla la norma della quale si sospetta la contrarieta' alla Carta costituzionale). 10.1.4. Si evince, pertanto, che gli organi di amministrazione straordinaria operano, pur nell'ambito di una certa e necessitata autonomia gestionale, in stretto rapporto con l'autorita' che li nomina, la quale e' attributaria finanche del potere, all'atto della nomina, di «stabilire speciali limitazioni dei compiti dei commissari ovvero attribuire loro compiti ulteriori e diversi» rispetto a quelli indicati nell'art. 72, comma 1-bis del t.u.b., come espressamente stabilito dalla medesima disposizione. 10.1.5. La loro natura e', quindi, certamente amministrativa e la straordinarieta' del loro ufficio pubblico si coglie sotto il duplice profilo: quello interno all'impresa di credito, svolgendo essi le funzioni degli organi temporaneamente sospesi, e quello esterno all'impresa in crisi, costituendo essi una emanazione provvisoria della Banca d'Italia, sicche' essi rivestono un duplice ruolo di organi straordinari sia dell'impresa amministrata sia della Banca centrale dalla quale sono nominati, revocati, sostituiti, istruiti, vigilati (in termini, cfr. Tribunale amministrativo regionale Napoli, n. 3684 del 2000, cit.). 10.1.6. I commissari straordinari sono legati, dunque, per il tempo del loro incarico, alla Banca d'Italia da un rapporto straordinario ma organico talora associato, in via provvisoria, addirittura ad un rapporto di impiego, come nel caso del commissario provvisorio. 11. La giurisprudenza, anche costituzionale, ha da tempo chiarito in relazione all'ambito soggettivo di applicazione dell'art. 28 Cost. che a rilevare e' che l'agente abbia operato «nell'ambito delle mansioni affidategli per il soddisfacimento dell'interesse pubblico dall'ente perseguito» (cfr. C. Cassazione, sez. I, n. 330 del 1974; cfr. anche Corte costituzionale n. 2 del 1968; id.: n. 18 del 1989; n. 289 del 1992; n. 385 del 1996), con la conseguenza che anche in relazione ai commissari straordinari nominati dalla Banca d'Italia trovano applicazione i principi espressi nella sopra indicata disposizione. 11.1. Il principio della responsabilita' diretta dei funzionari e dipendenti pubblici ha costituito una fondamentale innovazione rispetto all'impianto precedente, con il precipuo scopo di superare un modello di burocrazia spersonalizzata che aveva connotato in maniera particolarmente incisiva il ventennio fascista, evitando l'esaurimento dell'attivita' di controllo e verifica dell'operato degli agenti pubblici in una dimensione solo interna all'amministrazione, nella consapevolezza della rilevanza della scelta di una collocazione di tale responsabilita' a livello di ordinamento generale ed in un ambito esterno al potere amministrativo, con le connesse garanzie in punto di imparzialita' e di effettivita'. 11.2. Ed e' significativo evidenziare che mentre nella prima parte dell'art. 28 vengono contemplate per l'agente pubblico tutte le tre fondamenti forme di responsabilita' diretta (penale, civile e amministrativa), la seconda parte della disposizione, inerente alla «estensione« della responsabilita' allo Stato e agli enti pubblici, e' riferita solo a quella civile. La regola cristallizzata nell'impianto costituzionale e', dunque, quella della responsabilita' diretta e personale dell'agente pubblico, assurta a principio cardine e generale, non scalfito dalla focalizzazione dell'attenzione, sia nelle elaborazioni scientifiche sia nella elaborazione giurisprudenziale, sulla responsabilita' civile diretta e concorrente degli enti, essenzialmente imputabile al dato fattuale della maggiore solvibilita' dallo Stato e degli enti pubblici ai fini di un effettivo ristoro economico del diritto leso. Nel senso del carattere incondizionato della responsabilita' depone chiaramente l'avverbio «direttamente» contenuto nel suddetto art. 28, sicche' l'unico presupposto della stessa non puo' che essere l'accertamento dell'illecito. 11.3. Vero e' che, come reiteratamente affermato dalla giurisprudenza costituzionale, il generale principio della responsabilita' diretta degli agenti pubblici non esclude, in quanto espressamente previsto in Costituzione, che tale responsabilita' possa essere disciplinata variamente per categorie o per situazioni (cfr., ex multis, Corte costituzionale n. 26 del 1987), purche' cio' avvenga entro il limite della ragionevolezza nell'esercizio della discrezionalita' di cui il legislatore e' attributario, non potendosi ammettere aree di immunita' in pregiudizio di fondamentali valori costituzionalmente tutelari. 11.4. In altri termini, l'art. 28, secondo comma, Cost. consente al legislatore di «disciplinare» la responsabilita' del funzionario, ma non di introdurre ipotesi piu' o meno mascherate di immunita' ed esclusione della responsabilita' diretta. Sulla base di tali considerazioni, del resto, la Corte costituzionale e' addivenuta alla declaratoria di illegittimita' delle previsioni normative precostituzionali che stabilivano, con riferimento ai prefetti ed ai sindaci, la c.d. garanzia amministrativa, vale a dire la subordinazione della proposizione dell'azione per fatto dai medesimi commesso alla necessaria autorizzazione del Capo dello Stato, previo parere del Consiglio di Stato (cfr. Corte costituzionale n. 4 del 1965; cfr. anche, in relazione all'analoga garanzia che l'art. 16 del codice di procedura penale aveva previsto per i reati commessi in servizio di polizia, la sentenza n. 94 del 1963). Si ritengono particolarmente rilevanti, al riguardo, le argomentazioni alla base della sopra richiamata pronuncia della Corte costituzionale n. 4 del 1965, nella quale si evidenzia quanto segue: «Come altra volta si e' avvertito (sentenza 23 gennaio 1962, n. 1),e' in contrasto con il precetto fondamentale contenuto nell'art. 28 della Costituzione la legge che, della responsabilita' quivi regolata, adottasse una disciplina tale da comportarne una esclusione piu' o meno manifesta. Ora, il subordinare ad una autorizzazione amministrativa l'attuazione di quella responsabilita' e' renderne possibile l'esonero discrezionale, perche' discrezionalmente deve in tal caso esserne consentito l'esperimento; il che segnatamente non e' permesso prescrivere in materia penale, essendo eccezionalmente dettati, e da norme costituzionali, i casi di deroga al principio dell'obbligatorieta' dell'azione del P. M. Ne' viene meno la detta discrezionalita' ove, come nel caso del prefetto e del sindaco, la legge ordinaria disponga che l'autorizzazione deve essere accordata previo parere del Consiglio di Stato: questo organo supremo, nell'esprimere il suo avviso, non esplica una attivita' vincolata. Ed ove si osservi che, quando non si ritenesse di seguire tale avviso, deve essere sentito il Consiglio dei ministri, s'intende meglio come il procedimento di autorizzazione risulti inquadrato in un sistema suscettibile di provocare la insindacabile liberazione da quella responsabilita'. Cio' a parte il fatto che le norme predette, nella sostanza, attribuiscono all'autorita' amministrativa il potere di sottrarre a quella giurisdizionale, mediante il diniego dell'autorizzazione, il giudizio sulla responsabilita' del funzionario o del dipendente e quindi ex art. 28, secondo comma, della Costituzione, anche sulla sua responsabilita'; un giudizio cioe' al quale la stessa Amministrazione e' interessata e che, per il suo oggetto e per la sua natura, implica esercizio di giurisdizione, quindi di funzione del tutto estranea alla sfera amministrativa (articoli 102 e 103 della Costituzione)». Nella pronuncia si soggiunge, immediatamente dopo, che: «Non e' rilevante obiettare che la c.d garanzia amministrativa intende tutelare la funzione del prefetto, di chi ne fa le veci e del sindaco contro azioni inconsulte la cui proposizione ne lederebbe il prestigio, e che vuole essere un mezzo per permettere di valutare il comportamento di quei funzionari nel rispetto delle attribuzioni di ciascuno e della discrezionalita' che doveva eventualmente esercitarsi. Spetta all'autorita' giurisdizionale riconoscere la temerarieta' o la pretestuosita' di singole azioni; e peraltro un sistema, come quello in vigore, in cui l'osservanza del limite della competenza e della discrezionalita' amministrativa e' assicurata, a seconda delle ipotesi, dalle norme concernenti il regolamento delle attribuzioni e dalle altre che, nel codice di procedura civile (art. 295) e in quello di procedura penale (art. 20), governano la sospensione del processo in relazione all'insorgere di pregiudiziali amministrative, il preordinamento di una ulteriore garanzia a favore del prefetto, di chi ne fa le veci e del sindaco, posto in confronto al principio di parita' proclamato nell'art. 3 della Costituzione, appare irrazionalmente distintivo, atteso che altri funzionari amministrativi svolgono compiti non meno elevati e importanti di quelli spettanti al prefetto e al sindaco, ugualmente implicativi di estesi poteri discrezionali. Deve percio' pronunziarsi l'illegittimita' costituzionale dell'art. 158 della legge comunale e provinciale 4 febbraio 1915, n. 148, e dell'art. 22 del testo unico della stessa legge, approvato con regio decreto 3 marzo 1934, n. 383». Con tali argomentazioni, la Corte costituzionale e' giunta alla conclusione che: essi debbono dichiararsi illegittimi anche in quanto dispongono che il prefetto, chi ne fa le veci e il sindaco non possono essere chiamati a rendere conto dell'esercizio delle loro funzioni fuorche' dalla superiore autorita' governativa: la disposizione, mentre contiene la premessa di quella che prevede l'autorizzazione amministrativa, puo' avere valore a se' stante, in quanto si risolve anche essa nel negare all'autorita' giurisdizionale ogni attribuzione in merito alla responsabilita' di quei due funzionari». 11.5. Orbene, tenuto conto che le funzioni pubbliche svolte dai commissari straordinari non rispondono ai rigorosi schemi che caratterizzano le attribuzioni di sindaci, prefetti ed ufficiali di pubblica sicurezza, nonche' considerando i profili economico-patrimoniali e le finalita' di rilievo pubblicistico cui il conferimento dell'incarico e' correlato, la deroga ai principi generali ed alle regole attraverso le quali gli stessi trovano attuazione sembra ancora meno giustificabile. 11.6. La ricostruzione della genesi della previsione dell'art. 72, comma 9, ulteriormente concorre a sostenere i dubbi di legittimita' alla base della presente decisione, rendendo non differibile una definitiva verifica da parte dell'organo di garanzia costituzionale. 11.6.1. La disposizione, infatti, affonda le proprie radici proprio in una norma risalente ad epoca precedente alla Costituzione. L'art. 64, ultimo comma, della legge n. 141 del 1938 - di conversione in legge, con modificazioni, del regio decreto-legge 12 marzo 1936 - XIV, n. 375, contenente disposizioni per la difesa del risparmio e per la disciplina della funzione creditizia - stabiliva, infatti, che: «Nessuna azione di responsabilita' contro i commissari ed i membri del comitato di sorveglianza puo' essere promossa senza l'autorizzazione dell'Ispettorato». L'Ispettorato per la difesa del risparmio e l'esercizio del credito, originariamente delineato - nella considerazione della opportunita' di una distinzione tra funzione di politica monetaria e funzione di vigilanza - come organo autonomo specializzato nella vigilanza, e' stato poi soppresso con il decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 17 luglio 1947, n. 691, istitutivo del Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio (CICR), con il quale le relative attribuzioni sono state trasferite alla Banca d'Italia. In disparte il rilievo che l'Ispettorato operava alle dipendenze del Comitato dei Ministri, con funzioni, come sopra esposto, di vigilanza ed esecutive, occorre considerare che all'epoca alla Banca d'Italia era riconosciuto il ruolo di centro regolatore del mercato creditizio, con accentramento in essa di funzioni strategiche ed anche propositive, di elaborazione dei progetti ratificati dal Comitato, con instaurazione di prassi successivamente recepite dal testo unico. In considerazione delle profonde innovazioni segnate dalla entrata in vigore della Costituzione, oltre che delle rilevanti evoluzioni della fisionomia della vigilanza, anche per effetto del processo di integrazione europea, la previsione in contestazione appare quale portato tralatizio di una visione anacronistica del sistema ordinamentale piu' che una scelta ragionevole e ponderata del legislatore. 11.7. Il Collegio dubita, dunque, della ragionevolezza della previsione dell'art. 72, comma 9 del t.u.b. e cio' non solo in quanto l'eccezione alla regola generale viene ad interessare una intera categoria di soggetti ma anche in quanto la subordinazione della stessa proposizione di una azione giurisdizionale ad una autorizzazione amministrativa equivale a rendere possibile un esonero discrezionale da tale responsabilita', non essendo la Banca d'Italia vincolata ad obiettivi e prestabiliti criteri di valutazione. 11.8. Cio' con l'ulteriore e rilevante criticita' rappresentata dalla circostanza che il potere di sottrarre all'accertamento giurisdizionale di responsabilita' i commissari straordinari viene ad essere attribuito alla stessa autorita' amministrativa che tali commissari nomina e che e' portatrice di un proprio interesse correlato alle sue responsabilita' in rapporto all'esercizio dell'azione giurisdizionale oggetto della domanda di autorizzazione, in considerazione dei poteri che esercita, non limitati alla vigilanza ma estesi all'indirizzo ed all'autorizzazione al compimento di specifici atti, per giunta secondo moduli non predeterminati, potendo la stessa Banca d'Italia definire il contenuto delle attribuzioni dei commissari (art. 72, comma 1-bis). 11.9. Quanto esposto consente anche di escludere la pregnanza, al fine di addivenire a diverse conclusioni, dell'assenza di filtri per l'esercizio delle azioni giudiziarie nei confronti della Banca d'Italia, prevedendo, come sopra esposto, l'art. 28 Cost. una responsabilita' diretta e personale dell'agente pubblico cui si associa una responsabilita' altrettanto diretta dell'ente. 11.10. La previsione normativa sospettata di incostituzionalita', peraltro, costituisce una assoluta singolarita' nell'ordinamento giuridico, giacche' le eccezioni al principio cristallizzato nell'art. 28 Cost. sono fortemente circoscritte e trovano giustificazione nelle garanzie di indipendenza stabilite dalla stessa Costituzione. Il riferimento piu' immediato ed evidente e' alla responsabilita' civile dei magistrati per la quale valgono le regole definite dalla legge 13 aprile 1988, n. 117, sottoposta ad una significativa revisione con la riforma attuata nel 2015, che stabilisce in maniera puntuale le modalita' ed i termini di esercizio dell'azione, oltre a disciplinare la rivalsa dello Stato nei confronti del giudice, in un impianto attento ad assicurare un equilibrio tra i diversi interessi implicati, inclusa l'esigenza di scongiurare forme di deresponsabilizzazione nell'esercizio della particolare funzione svolta. 11.11. Analoghe garanzie costituzionali non e' dato rinvenire in relazione ai commissari straordinari nominati dalla Banca d'Italia e cio' sia in quanto nessuna previsione cristallizza per essi specifiche guarentigie sia in quanto le stesse non appaiono giustificate alla luce delle funzioni esercitate. 11.12. La rilevanza e sensibilita' del settore del risparmio e del credito e la necessita' - addotta a sostegno della legittimita' della norma anche nelle pronunce giurisdizionali sopra richiamate - di assicurare una particolare indipendenza e serenita' di giudizio alle persone incaricate dell'ufficio pubblico in argomento, onde evitare agli stessi di agire sotto la continua minaccia di trovarsi esposti, a cagione del loro operato, al rischio di continue azioni civili per danni, non appaiono costituire, ad avviso del Collegio, idoneo giustificativo alla previsione che impone un filtro amministrativo all'esercizio dell'azione giurisdizionale nei confronti dei commissari straordinari. La Corte costituzionale ha, del resto, sottolineato che norme che prevedono deroghe al principio cristallizzato nell'art. 28 Cost. abbisognano di puntuale fondamento, concretato dalla Costituzione o da altre leggi e che sebbene non sia indispensabile che il fondamento consista in una previsione esplicita, e' necessario che le scriminanti introdotte siano frutto di un ragionevole bilanciamento degli interessi costituzionali in gioco (cfr. Corte costituzionale n. 148 del 1983); ed e' proprio tale ragionevolezza che il Collegio non riesce a ravvisare nella previsione dell'art. 72, comma 9 del t.u.b. 11.13. I sopra indicati rischi prospettati, infatti, non sono diversi da quelli cui sono esposti altre categorie professionali per le quali non e' prevista analoga disciplina di privilegio. L'esempio piu' pertinente viene ravvisato nella disciplina concernente l'amministrazione straordinaria delle imprese in stato di insolvenza di cui al decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, i cui commissari straordinari, nominati dal Ministro competente, sono sottoposti a responsabilita' diretta e piena, nelle sue varie forme e declinazioni ed in assenza di qualsivoglia filtro di ammissibilita', tanto meno rimesso ad una valutazione discrezionale dell'amministrazione che li ha nominati e che, giova precisare, esercita un ben piu' ridotto e circoscritto potere sulla gestione commissariale, essenzialmente incentrato sulla vigilanza e la verifica dell'operato dei commissari, rispetto a quello esercitato dalla Banca d'Italia sui commissari straordinari di propria nomina. I settori nevralgici sui quali incidono le predette procedure, la consistenza degli interessi economici implicati, oltre all'incidenza sul piano occupazionale e quindi, di riflesso, anche sociale, non possono essere certamente ritenuti di minor rilievo e pregio rispetto a quelli che qui vengono in considerazione e, anzi, proprio la particolare sensibilita' e importanza degli interessi pubblici coinvolti e la delicatezza delle funzioni esercitate rende distonica la scelta sostanziata dalla previsione dell'art. 72, comma 9 del t.u.b. 11.14. A cio' va soggiunto che il meccanismo della previa autorizzazione non e' neppure limitato alle azioni promosse nel corso della procedura, essendo il positivo vaglio della Banca d'Italia richiesto anche per quelle successive, il che vale ad ulteriormente affievolire l'argomento, comune a tutte le sentenze sopra richiamate con le quali la norma e' rimasta immune dalla rimessione alla Corte costituzionale, della preordinazione della previsione ad evitare turbamenti dei commissari nell'esercizio delle loro funzioni. 12. In tale prospettiva, e' ravvisabile un ulteriore profilo di contrasto della previsione dell'art. 72, comma 9, in rapporto agli articoli 47 e 97 Cost., non riuscendosi a cogliere plausibili ragioni a fondamento di una regola che impone il vaglio di ammissibilita' rimesso alla Banca d'Italia per l'esercizio dell'azione di responsabilita' nei confronti dei commissari straordinari in rapporto ai presidi che devono essere apprestati a tutela del risparmio, in conformita' anche al canone di buona amministrazione, i quali esigono regole chiare e non stravaganti nella definizione delle responsabilita', coerenti in relazione agli interessi protetti, senza accedere a forme di iperprotezione rispetto a rischi suscettibili di una sterilizzazione attraverso strumenti diversi, piu' ragionevoli, ordinari e proporzionati. Vale osservare, sul punto, che la tutela del funzionario e' gia' efficacemente perseguita attraverso la generale limitazione della responsabilita' ai casi di dolo e colpa grave, cui potrebbero associarsi ulteriori misure, tra le quali, a titolo meramente esemplificativo, il ricorso a forme di copertura assicurativa, eventualmente obbligatoria ovvero con oneri a carico dello stesso ente che conferisce l'incarico, anche a salvaguardia della posizione economica e finanziaria dell'ente stesso. 12.1. La norma introduce, dunque, una irragionevole deresponsabilizzazione dei commissari, peraltro nella delicata materia della tutela del risparmio costituzionalmente garantita, comportando la «schermatura» dal sindacato giurisdizionale un sensibile affievolimento, ove non un radicale svilimento, delle garanzie a cui presidio sono posti i principi di buona amministrazione ed imparzialita'. 12.2. I limiti del sindacato giurisdizionale amministrativo sui provvedimenti autorizzativi in esame determina, peraltro, quale immediata ricaduta che anche un eventuale annullamento della determinazione negativa della Banca d'Italia potrebbe non essere risolutivo, ben potendo quest'ultima, nel rispetto dei vincoli giudiziali, rideterminarsi in senso nuovamente sfavorevole all'istante, con conseguente protrazione della vicenda controversa per un tempo incompatibile con le esigenze di certezza e di tutela delle situazioni giuridiche soggettive coinvolte. 12.3. Ne' si ritiene possibile ravvisare una forma di «deterrente», adeguato e conforme ai principi implicati, nella possibilita' che la Banca d'Italia eserciti una rivalsa nei confronti dei commissari, ove chiamata a rispondere delle conseguenze risarcitorie nel giudizio civile azionato dagli interessati e cio' per plurime ragioni. In primo luogo manca una norma espressa che stabilisca l'esercizio obbligatorio dell'azione di rivalsa (prevista, invece, nel sistema, per i magistrati, dall'art. 7, comma 1, legge n. 117 del 1988, novellato dalla legge n. 18 del 2015, pur con le profonde differenze tra le attivita' esercitate dai commissari e l'esercizio delle funzioni giurisdizionali che difficilmente renderebbero giustificabili limitazioni a specifiche casistiche e che, comunque, si inserisce in un impianto articolato e compiutamente definito). Sebbene l'esercizio di detta azione discenda dalle generali regole in materia di responsabilita', rafforzate nel caso in cui sussistano connotazioni pubbliche dei soggetti coinvolti, anche la decisione riferita alla proposizione dell'azione di rivalsa viene a dipendere da una scelta dell'ente e in ogni caso non e' risolutiva nella prospettiva in esame. 12.3.1. La preclusione dell'esercizio dell'azione diretta nei confronti del commissario straordinario, infatti, stante la stretta interrelazione tra l'attivita' dei commissari e quelle proprie dell'Autorita' di vigilanza - oltretutto a «geometria variabile», alla luce delle previsioni dell'art. 72, comma 1-bis del t.u.b., secondo quanto gia' rilevato ai capi 10, sub. 1.4 ed 11, sub. 8 della presente pronuncia - rende piu' difficoltoso l'accertamento delle responsabilita' e la relativa imputazione rispetto a quello che nell'immediato potrebbe essere svolto nella sede propria e, cioe', in quella giurisdizionale. Cio' ancor piu' ove, come nel caso che ne occupa, alla evidenziata interrelazione delle attivita' si associ, tra l'altro, la prosecuzione dell'operato dei commissari per effetto di successive determinazioni della stessa Autorita'; il riferimento e', precipuamente, ai diversi incarichi conferiti ad uno dei controinteressati, il quale ha assunto non solo l'incarico di commissario straordinario ma anche quello di commissario liquidatore e di commissario speciale della Banca delle Marche. Si osserva, inoltre, che se l'accoglimento della richiesta di autorizzazione in esito ad una apprezzamento discrezionale della Banca d'Italia vale a recidere, in una certa misura, analogamente a quanto certamente si verifica nell'ipotesi di dolo dei commissari, il rapporto organico, ove tale autorizzazione venga, come nella fattispecie, denegata, l'imputazione delle responsabilita' diviene ancora piu' complessa, rendendo sostanzialmente risibile la possibilita' che i commissari concretamente rispondano, sia pure in sede di rivalsa, delle conseguenze pregiudizievoli del proprio operato. 13. Ad ulteriore supporto di quanto sin qui argomentato, il Collegio ritiene anche di evidenziare, in una visione piu' generale, attenta all'attuale sistema di gestione delle crisi degli enti creditizi nel suo complesso considerato, che la direttiva 59/2014/UE, detta anche Bank Recovery and Resolution Directive (BRRD), recepita in Italia attraverso l'emanazione dei decreti legislativi 16 novembre 2015, numeri 180 e 181 (quest'ultimo gia' richiamato al capo 8, sub 2, della presente decisione, in relazione alle modifiche dallo stesso introdotte proprio all'art. 72, comma 9 del t.u.b.), nel definire l'istituto della risoluzione - per la prima volta applicato a livello nazionale per quattro banche tra le quali, appunto, la Banca delle Marche - rispondente allo scopo di assicurare, attraverso la continuita' aziendale, la stabilita' finanziaria, congiurando ripercussioni sistemiche con un efficace contenimento degli oneri a carico delle finanze pubbliche, ha fissato, tra i principi cardine, quello della responsabilita' delle persone fisiche, oltre che giuridiche, per il dissesto dell'ente, dovendosi intendere tale principio, di portata generale, riferito non solo alle cause «genetiche» del dissesto ma anche all'aggravamento della situazione con una connotazione in termini di eccezionale gravita' (l'art. 34, comma 1, lettera e) della direttiva, infatti, impone l'obbligo per gli Stati membri «a che, nell'applicare gli strumenti ed esercitare i poteri di risoluzione, le autorita' di risoluzione prendano tutte le misure atte a garantire che l'azione di risoluzione sia avviata in conformita'», tra gli altri, al principio in forza del quale «le persone fisiche e giuridiche sono tenute a rispondere, subordinatamente al diritto dello Stato membro, a norma del diritto civile o penale, delle loro responsabilita' per il dissesto dell'ente»). Se si considera che la procedura di risoluzione, con la quale, in sostanza, si sottrae la banca in dissesto alla procedura di insolvenza normalmente prevista, e cio' al fine di ridurre il rischio sistemico e gli oneri a carico della collettivita', implica drastiche ricadute sugli investitori, in primis sugli azionisti - (il quinto «considerando» della direttiva specifica, al riguardo che: «Il regime dovrebbe assicurare che gli azionisti sostengano le perdite per primi e che i creditori le sostengano dopo gli azionisti, purche' nessun creditore subisca perdite superiori a quelle che avrebbe subito se l'ente fosse stato liquidato con procedura ordinaria di insolvenza, in conformita' del principio secondo cui nessun creditore puo' essere svantaggiato, come specificato nella presente direttiva») - risulta vieppiu' imprescindibile un accertamento, tempestivo, completo e rigoroso, delle responsabilita' di tutti i soggetti che, a vario titolo, possono avere concorso a determinare la gravita' dello stato economico e finanziario della banca, come emergente all'avvio della procedura di risoluzione e, dunque, quale risultante delle condotte riferite a tutte le varie fasi precedenti. 14. In tale quadro, inoltre, non pertinenti si ritengono i riferimenti della Banca d'Italia a diverse fattispecie previste dall'ordinamento nelle quali il filtro all'esercizio dell'azione di responsabilita' opera con differenti modalita' ovvero per distinti scopi. 14.1. Il raffronto con la previsione dell'art. 136, comma 3 del decreto legislativo n. 14 del 2019, recante il «Codice della crisi d'impresa», che subordina, confermando il precedente impianto di disciplina, l'azione di responsabilita' contro il curatore revocato all'autorizzazione del giudice delegato, non e' conferente e cio', anche a prescindere dal presupposto della revoca, in quanto il vaglio viene comunque svolto da un giudice e, dunque, con le connesse garanzie di imparzialita'. Il Collegio, inoltre, con ampliamento dell'analisi rispetto alle deduzioni articolate dalla difesa della Banca d'Italia, non puo' che rilevare una profonda differenza tra la disposizione dell'art. 72, comma 9, t.u.b. e gli articoli 38 e 199 del regio decreto n. 267 del 1942 (con riferimento ai quali si specifica che i rinvii a tali previsioni contenuti nelle leggi speciali in materia di liquidazione coatta amministrativa devono intendersi effettuati alle disposizioni del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14), giacche' la subordinazione all'autorizzazione, ai sensi dei richiamati articoli 38 e 199, rispettivamente, del giudice delegato e dell'autorita' di vigilanza sulla liquidazione, della proposizione dell'azione di responsabilita' nei confronti del curatore e del commissario liquidatore, opera solo con riferimento all'azione proponibile durante la procedura e dal nuovo curatore o commissario liquidatore, giustificandosi, pertanto, l'autorizzazione non gia' in funzione di protezione del curatore o del commissario liquidatore ma quale forma di integrazione dei poteri dell'organo sottordinato. 14.2. Del pari, la previsione dell'art. 72, comma 5, t.u.b. che condiziona l'azione sociale di responsabilita' contro i membri dei disciolti organi amministrativi e di controllo all'autorizzazione della Banca d'Italia - analogamente, peraltro, a quanto stabilito dalla disciplina in materia di amministrazione straordinaria imprese in stato di insolvenza di cui al decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270 - non si ritiene pertinente, rispondendo alla ratio di una condivisione della valutazione in ordine alla sussistenza degli elementi integranti tale responsabilita' per le conseguenze suscettibili di scaturire dall'esito di un giudizio che non involge la posizione di soggetti nominati dall'ente medesimo ne' direttamente quest'ultimo. E' di immediata evidenza che la prospettiva dalla quale muove la previsione dell'autorizzazione della Banca d'Italia nell'ipotesi prefigurata dall'art. 72, comma 5, t.u.b. e' di tutela dell'interesse pubblico alla migliore gestione della procedura, consentendo all'Autorita' di svolgere un preliminare vaglio della potenziale idoneita' dell'iniziativa giurisdizionale prospettata dai commissari a contribuire al ripristino del patrimonio sociale. Cio' assume particolare rilievo ove, come nella fattispecie, la procedura sia priva di risorse e riferita ad una vicenda sfociata, poi, nell'avvio della risoluzione con conseguente esposizione della Banca d'Italia ad anticipare ai commissari le spese per lo svolgimento dell'incarico (art. 92-bis, t.u.b.). Per contro, l'autorizzazione prevista dall'art. 72, comma 9, si risolve nella tutela dei commissari straordinari a non essere convenuti in giudizio, a difendersi «dal» processo anziche' «nel» processo e, di riflesso, della stessa Banca d'Italia in rapporto alle proprie responsabilita', con maggiore difficolta' di una tutela giurisdizionale degli interessati realmente piena ed effettiva. 15. Emerge, anzi, al riguardo, l'ulteriore contrasto della norma sospettata di incostituzionalita' con l'art. 3 della Costituzione, nella misura in cui incide sulla eguaglianza dei soggetti nei confronti del principio di responsabilita' per gli atti commessi in violazione dei diritti, ponendosi quale eccezione non giustificata da un'effettiva diversita' di situazioni oggettive e soggettive, con l'ulteriore rilievo della disparita' rispetto ad altri agenti pubblici che svolgono compiti non meno elevati e importanti di quelli spettanti ai commissari straordinari. 15.1. Soccorrono, anche al riguardo, le considerazioni articolate dalla stessa Corte costituzionale nella sentenza n. 94 del 1963, nella quale, nel pronunciarsi, come gia' rilevato, sulla garanzia prevista dall'art. 16, codice di procedura civile, per i reati commessi in servizio di polizia, evidenzia che: «Ritiene, invece, questa Corte che il contrasto si manifesti chiaramente con l'art. 28 della Costituzione. Il potere conferito al Ministro di grazia e giustizia di concedere o negare l'autorizzazione a procedere a carico degli ufficiali o agenti di polizia giudiziaria o di pubblica sicurezza per fatti compiuti in servizio, e relativi all'uso delle armi o di altro mezzo di coazione fisica, si traduce in una violazione del principio della diretta responsabilita' dei funzionari e dipendenti dello Stato e degli enti pubblici. Il carattere processuale della condizione posta dall'art. 16, che l'Avvocatura dello Stato tiene a porre in rilievo, non vale ad escludere, in una integrale valutazione della posizione dei cittadini di fronte alla legge, che attraverso quella norma il principio della eguale e diretta responsabilita' dei funzionari subisca una effettiva violazione. D'altra parte nemmeno puo' valere, a sostegno della legittimita' costituzionale della norma impugnata, l'altra argomentazione posta dall'Avvocatura dello Stato, cioe' che la norma in questione sia dettata per stabilire non gia' un privilegio personale, bensi' soltanto una garanzia per la funzione. Anche ammettendo un siffatto generale fondamento della norma, la Corte ritiene che esso non valga ad escludere in definitiva la incidenza di essa sulla eguaglianza dei soggetti di fronte alla responsabilita' per gli atti commessi in violazione dei diritti. Cio', inoltre, appare ancora piu' evidente se dal principio fissato dall'art. 28 della Costituzione, si risale, in una piu' ampia considerazione del sistema, al generale principio di eguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione stessa, principio per il quale una eccezione nel caso in esame non troverebbe, ad avviso di questa Corte, il razionale fondamento di una effettiva diversita' di situazioni oggettive e soggettive». 15.2. A fortiori nella fattispecie, il sostanziale privilegio personale accordato ai commissari straordinari non appare trovare copertura neanche in relazione alla funzione svolta. 16. Il Collegio dubita, altresi', della conformita' della previsione che stabilisce la subordinazione dell'esercizio dell'azione giurisdizionale nei confronti dei commissari straordinari all'autorizzazione della Banca d'Italia con l'art. 24 della Costituzione, che nella sua piu' immediata e diretta portata riconosce il diritto fondamentale di accesso ad un giudice, terzo e imparziale, integrando il «filtro» dell'Autorita' di vigilanza una limitazione suscettibile di determinare, come avvenuto nella fattispecie, una preclusione dell'esercizio delle tutele previste dall'ordinamento. 16.1. Al riguardo, si e' gia' avuto modo di evidenziare ai precedenti capi della presente pronuncia, che il potere esercitato dalla Banca d'Italia nel procedimento che viene in rilievo riveste natura discrezionale e sono stati anche illustrati i limiti del sindacato giurisdizionale su tale potere, i quali, pur tenendo conto dei rilevanti approdi raggiunti dalla giurisprudenza amministrativa nel senso delle piu' ampie garanzie di effettivita' della tutela giurisdizionale, non consentono la sostituzione da parte del giudice di una decisione assunta dall'Autorita' di vigilanza che superi il vaglio della plausibilita'. Cio' determina un vuoto ed uno stallo nella tutela, giacche', come pure sopra evidenziato, ne' la Banca d'Italia, ne' il giudice amministrativo, per motivi diversi, possono svolgere il ruolo di giudice di azioni civili risarcitorie ex articoli 2393 e seguenti del codice civile restando, quindi, precluso quel sindacato pieno che le garanzie costituzionali del diritto di tutela e difesa impongono. 16.2. Come reiteratamente affermato dalla giurisprudenza costituzionale, il precetto di cui all'art. 24 Cost. risulta violato quando sia imposto un onere ovvero vengano prescelte modalita' tali da rendere impossibile o estremamente difficile l'esercizio del diritto di difesa da parte di uno qualunque degli interessati (cfr., ex multis, Corte costituzionale 22 dicembre 1989, n. 568). 16.3. La particolare posizione rivestita dalla Banca d'Italia, sia in quanto autorita' amministrativa che nomina i commissari straordinari, sia in ragione del significativo potere di incidenza sulla procedura di amministrazione straordinaria, oltre alla sussistenza di possibili conflitti di interesse in quanto chiamata a rispondere in via diretta dell'operato dei commissari, dovrebbe gia' di per se' costituire elemento ostativo della legittimita' del filtro all'esercizio delle azioni giurisdizionali che vengono in rilievo (cfr. Corte costituzionale n. 4 del 1965, cit., nonche' le considerazioni articolate nella sentenza della medesima Corte n. 97 del 2019). A cio' si associa il carattere non temporaneo della preclusione, come gia' evidenziato non limitata alla pendenza della procedura di amministrazione straordinaria e, comunque, suscettibile, anche tenuto conto degli sviluppi successivi al giudizio amministrativo sulla legittimita' della determinazione reiettiva, di determinare una radicale compromissione della tutela (si rinvia, al riguardo, alle considerazioni articolate al capo 12, sub 2 della presente decisione; cfr. anche Corte costituzionale, 17 aprile 1969, n. 87). Estranee alla ratio della previsione sono, inoltre, logiche ispirate ad agevolare una composizione extragiurisdizionale delle vicende controverse che pure non possono attuarsi con modalita' tali da compromettere, sostanzialmente precludendolo, il diritto degli interessati di adire l'autorita' giurisdizionale ordinaria (cfr. Corte costituzionale n. 123 del 2018; id. n. 530 del 1989 e n. 15 del 1991). 16.4. Deve, altresi', osservarsi che la previsione normativa in esame neppure circoscrive il vaglio della Banca d'Italia ad una valutazione ancorata a parametri obiettivi attinenti alla sussistenza dei presupposti fondamentali delle azioni; e, invero, anche interpretando la disposizione nel senso che la stessa introduca una verifica incentrata sulla manifesta pretestuosita' ed infondatezza dell'azione, tale giudizio finisce inevitabilmente con involgere profili attinenti al merito dell'azione che l'istante intende proporre, riservati al giudice ordinario, risultando estremamente difficile, in concreto, un netto discernimento, nella valutazione degli elementi rappresentati dagli istanti e considerati dall'Autorita' di vigilanza, tra profili di infondatezza manifesta e non manifesta, incentrati su una graduazione fortemente dipendente dell'apprezzamento e dalla sensibilita' di chi e' deputato a svolgere tale valutazione, nella fattispecie neppure imparziale in quanto interessato in proprio allo stesso giudizio di responsabilita'. 17. Non va sottaciuto che il giudizio concernente l'accertamento delle responsabilita' ex articoli 2393 e seguenti del codice civile e le connesse tutele risarcitorie, per il suo oggetto e per la sua natura, implica esercizio di giurisdizione e cio' anche per quanto attiene alla verifica delle relative condizioni fondamentali, e, quindi, di funzione del tutto estranea alla sfera amministrativa, risultando altrimenti violati anche i principi cristallizzati negli articoli 101, 102, 103 e 113 Cost. 17.1. Dalla previsione dell'autorizzazione della Banca d'Italia in argomento scaturisce, infatti, una indebita interferenza con l'attivita' giurisdizionale, affidandosi all'autorita' amministrativa attribuzioni che finiscono con lo spogliare il giudice delle prerogative che costituzionalmente gli pertengono. Cio' a discapito e con compromissione anche della garanzia costituzionale del giusto processo di cui all'art. 111 Cost.,inscindibilmente connessa con l'effettivita' e pienezza della tutela. 18. L'art. 72, comma 9 del t.u.b., dunque, determina un vulnus nel sistema della tutela giurisdizionale, che puo' essere pienamente colto nella considerazione dei limiti del sindacato giurisdizionale amministrativo sul provvedimento che definisce il procedimento avente ad oggetto l'autorizzazione ad agire in giudizio - tenuto, peraltro, conto che tale provvedimento attinge a cognizioni tecniche specialistiche proprie di settori disciplinari specifici (quali la finanza, la gestione bancaria), che confluiscono in valutazioni caratterizzate da margini di opinabilita', con il limite della relativita' di ogni valutazione tecnica e scientifica basata su conoscenze di settore, potendo il giudice amministrativo censurare solo ab extrinseco tali valutazioni - e della preclusione all'accertamento del giudice ordinario che il diniego di autorizzazione determina. 18.1. La natura altamente tecnica delle valutazioni effettuate dalla Banca d'Italia in ordine all'istanza di autorizzazione presentata ai sensi del citato art. 72, rivolte in modo approfondito al merito delle questioni poste alla base della ritenuta responsabilita' dei commissari, e i limiti del sindacato consentito al giudice amministrativo sul conseguente provvedimento, non consentono, infatti - contrariamente a quanto affermato dalla costante giurisprudenza - di addivenire ad un giudizio di equivalenza tra tale sindacato e l'accertamento esperibile in sede civile, determinandosi, quindi, una sostanziale sottrazione al controllo giurisdizionale dell'operato dei commissari. 18.2. Neppure e' possibile sostenere che la circostanza che nessun filtro sia, per contro, previsto all'esercizio delle azioni civili nei confronti della Banca d'Italia valga a ricondurre in equilibrio il sistema sul piano dei principi, a cio' ostandovi, oltre alle previsioni dell'art. 28 Cost., la dimensione della tutela delle situazioni giuridiche soggettive degli interessati, come definita nel nostro ordinamento, la quale lungi dall'esaurirsi ad un ambito meramente patrimoniale pone al centro tutte le implicazioni personalistiche, in conformita' alla sfera di inviolabilita' riconosciuta, sul piano piu' generale, dall'art. 2 della Costituzione. E, del resto, l'accertamento della responsabilita' non puo' che avvenire nei confronti dei soggetti cui si imputa in via diretta e immediata la produzione del danno, i quali sono a loro volta garantiti nei propri diritti di difesa giurisdizionale, attenendo la relativa riparazione ad una fase distinta e successiva sul piano logico prima ancora che giuridico. 19. Il carattere distonico della previsione in esame rispetto alla coerenza generale dell'ordinamento ed alla trama costituzionale che vi sottende, e' reso ancor piu' evidente alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale (sentenza n. 164 del 2017) con riferimento all'abolizione del «filtro di ammissibilita'» della domanda risarcitoria per gli atti adottati dai magistrati, di cui alla legge n. 18 del 2015, laddove, pur premettendosi che «nella materia in esame occorre perseguire il delicato bilanciamento tra due interessi contrapposti: da un lato, il diritto del soggetto ingiustamente danneggiato da un provvedimento giudiziario ad ottenere il ristoro del pregiudizio patito, ... (sentenza n. 2 del 1968); dall'altro, la salvaguardia delle funzioni giudiziarie da possibili condizionamenti, a tutela dell'indipendenza e dell'imparzialita' della magistratura, "in quanto la peculiarita' delle funzioni giudiziarie e la natura dei relativi provvedimenti suggeriscono condizioni e limiti alla responsabilita' dei magistrati, specie in considerazione dei disposti costituzionali appositamente dettati per la magistratura (art. 101 e 113), a tutela della sua indipendenza e dell'autonomia delle sue funzioni" (sentenza n. 26 del 1987)», si e' giunti a ritenere non essere «costituzionalmente necessario, infatti, che, per bilanciare i contrapposti interessi di cui si e' detto, sia prevista una delibazione preliminare dell'ammissibilita' della domanda contro lo Stato, quale strumento indefettibile di protezione dell'autonomia e dell'indipendenza della magistratura». 19.1. Tali affermati principi, resi con riferimento alla responsabilita' civile dei magistrati - e pur se calati nello specifico meccanismo delineato dalla legge n. 18 del 2015, quanto a separazione tra responsabilita' dello Stato e dei magistrati, ai relativi presupposti ed alle ipotesi di rivalsa - e, quindi, con riferimento ad una funzione assistita da specifiche garanzie costituzionali a presidio dell'autonomia ed indipendenza, rendono ancora piu' evidente il carattere derogatorio della norma sospettata di incostituzionalita', riguardando il previsto filtro attivita' che, oltre a non trovare diretta copertura costituzionale non sono univocamente riconducibili alla tutela del risparmio di cui all'art. 47 della Costituzione, con la conseguenza che tale filtro non appare rispondere al carattere di indispensabilita' ne' essere il frutto di un ragionevole bilanciamento tra contrapposti interessi. 19.2. E, anzi, proprio la particolare delicatezza del settore, considerata la rilevanza degli interessi economici e sociali coinvolti in ogni crisi bancaria, suscettibile di determinare gravi conseguenze e rischi di danni irrimediabili nel tessuto sociale e imprenditoriale rappresentato dal bacino di utenza della banca (cittadini, imprese, enti pubblici e privati), induce ad escludere, sul piano della necessita' e ragionevolezza, la previsione del filtro all'accesso alla tutela giurisdizionale, potendo eventualmente soccorrere rispetto alle esigenze di preservare il sereno operato dei commissari - gia', comunque, adeguatamente garantito finanche con la limitazione della propria responsabilita' ai soli casi di dolo e colpa grave - altri strumenti, secondo quanto rilevato al capo 12 della presente decisione. Cio' con l'ulteriore e non trascurabile rilievo che tutta la normativa del settore bancario, eurounitaria e nazionale, pone a proprio fulcro la tutela del risparmio, attraverso la previsione non solo di puntuali vincoli, ma anche di un quadro variegato di poteri, regolatori, di vigilanza, controllo, autorizzatori che involgono anche (come pure si e' avuto modo di esplicitare) la gestione della procedura di amministrazione straordinaria, con la conseguenza che il filtro stabilito dall'art. 72, comma 2, si appalesa del tutto ultroneo e, anzi, pregiudizievole in rapporto ai fondamentali interessi implicati, sia generali, sia di tutela dei soggetti che assumano essere stati negativamente incisi dall'operato dei commissari. 19.3. Vale, al riguardo, ulteriormente ribadire che tale filtro, proprio in quanto demandato alla Banca d'Italia e non ad un organo giurisdizionale in posizione di terzieta', oltre a radicare il dubbio di' una violazione delle attribuzioni definite dalla Costituzione, non si presta ad una assimilazione con il previgente meccanismo stabilito dall'art. 5 della legge n. 117 del 1988, abrogato, come sopra esposto, dalla legge n. 18 del 2015, sia in quanto il vaglio non viene svolto da un giudice sia per l'assenza di un nitido e reale fondamento. 19.4. L'eventuale esigenza di preservare la serenita' dell'operato dei commissari straordinari - che, come evidenziato, appare costituire la ratio fondatrice della norma sospettata da incostituzionalita' - non puo', infatti, comunque prescindere da un complessivo quadro fenomenologico che possa determinare una cosi' forte incidenza, per qualita', intensita', univocita' ed evidenza della sua direzione, oltre che per immediatezza ed estensione dei suoi effetti, da radicare una effettiva interferenza sulle condizioni in cui i commissari sono chiamati ad operare. Orbene, il collegio non ravvisa la sussistenza di condizioni di interferenza nell'espletamento dell'attivita' che viene in rilievo tali da poter giustificare una cosi' incisiva diversificazione sul fronte della responsabilita' civile dei commissari rispetto a tutti gli altri soggetti inseriti in un rapporto organico con enti pubblici (ivi compresi i magistrati, per i quali e' stato dalla Corte costituzionale disconosciuto il rilievo costituzionale del filtro; cfr. capo 19 della presente sentenza). Ne' tale interferenza potrebbe discendere dall'eliminazione del previsto filtro, con conseguente espansione delle ordinarie regole processuali e sostanziali. 20. Il collegio dubita, inoltre, della compatibilita' della disciplina censurata con l'art. 117, primo comma, Cost., in relazione all'art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848. 20.1. La Corte europea dei diritti dell'uomo ha, infatti, chiarito che il diritto ad un equo processo incorpora anche il diritto di accesso ad un tribunale (cfr., ex multis, sentenza del 24 febbraio 2009, - Ricorso n. 46967/07 - C.G.I.L. e Cofferati c. Italia Edificaciones March Gallego SA. c. Spagna, 19 febbraio 1998, § 34, Recueil des arrets et decisions 1998 I), non potendosi ammettere restrizioni tali da comprometterne il contenuto essenziale. 20.2. Cio' posto, il collegio ritiene che l'imposizione dell'obbligo di richiedere un'autorizzazione alla Banca d'Italia per la proposizione delle azioni civili avverso i commissari straordinari dalla stessa nominati possa risultare in contrasto con l'art. 6, § 1, Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, come interpretato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo ed assunto quale fonte integratrice del parametro di costituzionalita' di cui all'art. 117, comma 1 Cost., laddove tale articolo prescrive che la potesta' legislativa sia esercitata dallo Stato nel rispetto degli obblighi internazionali (cfr. Corte costituzionale numeri 347 e 348 del 2007). 21. Il collegio ritiene, infine, rilevante l'ulteriore parametro degli articoli 11 e 117 Cost., sia alla luce di quanto esposto al capo 13 della presente decisione con riferimento all'art. 34, comma 1, lettera e) della direttiva 59/2014/UE (BRRD) sia in relazione all'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (CDFUE). 21.1. Va premesso che nella fattispecie in esame si verte in materia che rientra nel campo di applicazione del diritto dell'Unione europea che proprio con riferimento al settore bancario, in esito ad un radicale processo evolutivo, ha realizzato una vera e propria unione bancaria, caratterizzata da una vigilanza pienamente integrata a livello euronitario, focalizzata sulle garanzie a tutela del sistema nel suo complesso e delle situazioni giuridiche soggettive di tutti i soggetti coinvolti. Ricorre pertanto, nel presente giudizio, il presupposto di applicabilita' anche della CDFUE costituito dall'essere la fattispecie dedotta in giudizio disciplinata dal diritto europeo - in quanto inerente ad atti e comportamenti nazionali che danno attuazione al diritto dell'Unione - e non gia' da sole norme nazionali prive di ogni legame con tale diritto (vedi art. 51, comma 1, CDFUE; cfr. Corte costituzionale 11 marzo 2011, n. 80, p. 5.5, ove i richiami a CGUE 5 ottobre 2010, J. McB., C400/10 e a CGUE 12 novembre 2010, Krasimir, C399/10). 21.2. L'art. 47, comma 1, della CDFUE dispone: «Ogni individuo i cui diritti e le cui liberta' garantiti dal diritto dell'Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel presente articolo.». La lettera di tale disposizione, quindi, non si limita ad enucleare un principio ma attribuisce un diritto, con conseguente astratta suscettibilita' di applicazione diretta e immediata negli ordinamenti nazionali dei paesi membri dell'Unione europea. 21.3. Anche con riferimento a tale previsione, pertanto, emergono i dubbi di conformita' del disposto dell'art. 72, comma 9 del t.u.b. per le ragioni gia' esplicitate nei capi che precedono. 22. Deve, quindi, ritenersi ricorrere nella specie una ipotesi di c.d. doppia pregiudizialita', in quanto la disposizione contenuta nell'art. 72, comma 9 del t.u.b. da' luogo sia a questioni di legittimita' costituzionale sia, simultaneamente, a questioni di compatibilita' con il diritto dell'Unione. 22.1. Cio' posto, il collegio osserva che, come chiarito dalla Corte costituzionale (sentenze n. 269 del 2017 e n. 20 del 2019), in tali casi, fatto salvo il ricorso al rinvio pregiudiziale per le questioni di interpretazione o di invalidita' del diritto dell'Unione europea, ai sensi dell'art. 267 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), come modificato dall'art. 2 del Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 e ratificato dalla legge 2 agosto 2008, n. 130, «va preservata l'opportunita' di un intervento con effetti erga omnes» della Corte costituzionale, «in virtu' del principio che situa il sindacato accentrato di legittimita' costituzionale a fondamento dell'architettura costituzionale (art. 134 Cost.), precisando che, in tali fattispecie, la Corte costituzionale giudichera' alla luce dei parametri costituzionali interni, ed eventualmente anche di quelli europei (ex articoli 11 e 117, primo comma, Cost.), comunque secondo l'ordine che di volta in volta risulti maggiormente appropriato». 22.2. Il collegio ritiene, pertanto, in adesione alla prospettiva delineata dalla Corte costituzionale di risolvere la segnalata doppia pregiudizialita' privilegiando, in prima battuta, l'incidente di costituzionalita' e di sottoporre al vaglio della Corte costituzionale anche la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 72, comma 9, con riferimento agli articoli 11 e 117 Cost. 23. Sulla base delle esposte considerazioni, il Collegio ritiene, quindi, necessaria la sospensione del giudizio e la rimessione degli atti alla Corte costituzionale affinche' si pronunci sulla questione. 24. Ogni ulteriore statuizione in rito, in merito e in ordine alle spese resta riservata alla decisione definitiva.
P. Q. M. Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Sezione seconda bis), non definitivamente pronunciando sul giudizio iscritto al numero di registro generale 5723 del 2018, come integrato con motivi aggiunti, cosi statuisce: a) rigetta parzialmente, nei sensi e nei limiti di cui in motivazione, il ricorso introduttivo ed il ricorso per motivi aggiunti; b) dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 72, comma 9 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, nella parte in cui subordina la proposizione delle azioni civili nei confronti dei commissari straordinari alla previa autorizzazione della Banca d'Italia, per contrasto con gli articoli 3, 24, 28, 47, 97, 101, 102, 103, 111, 113 e 117, primo comma, della Costituzione, quest'ultimo in relazione all'art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, nonche' per contrasto con gli articoli 11 e 117 della Costituzione; c) sospende il giudizio in corso; d) ordina che la presente sentenza, a cura della segreteria della Sezione, sia notificata a tutte le parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei ministri, e comunicata al Presidente del Senato della Repubblica ed al Presidente della Camera dei deputati; e) dispone la trasmissione degli atti, sempre a cura della segreteria, alla Corte costituzionale; f) riserva alla decisione definitiva ogni ulteriore statuizione in rito, in merito e in ordine alle spese. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorita' amministrativa. Cosi' deciso in Roma, nelle camere di consiglio dei giorni 22 novembre 2019 e 29 gennaio 2020, con l'intervento dei magistrati: Elena Stanizzi, Presidente; Brunella Bruno, consigliere-estensore; Ofelia Fratamico, consigliere. Il Presidente: Stanizzi L'estensore: Bruno