N. 174 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 febbraio 2020

Ordinanza del 10 febbraio 2020 del Tribunale amministrativo regionale
per il Lazio sul ricorso proposto da Fondazione Cassa di Risparmio di
Jesi contro Banca d'Italia e altri. 
 
Banca  -  Poteri  e  funzionamento  degli   organi   straordinari   -
  Responsabilita' per dolo o colpa grave dei commissari e dei  membri
  del comitato di sorveglianza per  atti  compiuti  nell'espletamento
  dell'incarico - Previsione che la proposizione delle azioni  civili
  nei loro confronti e' subordinata alla previa autorizzazione  della
  Banca d'Italia. 
- Decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385  (Testo  unico  delle
  leggi in materia bancaria e creditizia), art. 72, comma 9. 
(GU n.50 del 9-12-2020 )
 
          IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO 
                         Sezione seconda bis 
 
    Ha  pronunciato  la  presente  sentenza  sul  ricorso  numero  di
registro generale  5723  del  2018,  integrato  da  motivi  aggiunti,
proposto dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi, in persona  del
legale   rappresentante   pro   tempore,   rappresentata   e   difesa
dall'avvocato Antonio Mastri, con domicilio digitale come da  PEC  da
registri  di  Giustizia  e  domicilio   eletto   presso   lo   studio
dell'avvocato Andrea Del Vecchio in Roma, viale Giulio Cesare n. 71; 
    contro la Banca d'Italia, in persona  del  legale  rappresentante
pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Stefania Rita Ceci
e Luigi Sciotto, con domicilio eletto presso la sede  dell'avvocatura
dell'ente in Roma, via Nazionale n. 91; 
    nei confronti di Federico Terrinoni,  Giuseppe  Feliziani,  Bruno
Inzitari, non costituiti in giudizio; 
    per l'annullamento: 
        del  provvedimento  del  Governatore  della  Banca   d'Italia
6.3.18, prot. n.  0278169/18,  che  oppone  definitivo  diniego  alla
richiesta  della  Fondazione  Cassa   di   Risparmio   di   Jesi   di
autorizzazione, ai sensi dell'art. 72 del decreto legislativo n.  385
del  1993,  a   chiamare   in   giudizio,   per   l'accertamento   di
responsabilita' civile,  Terrinoni  dott.  Federico,  Feliziani  rag.
Giuseppe e Inzitari prof.  Bruno,  gia'  commissari  straordinari  di
Banca Marche, ora in liquidazione coatta amministrativa,  nell'ambito
del processo n. 4038/15 R.A.C. del  Tribunale  di  Ancona  -  Sezione
specializzata in materia di impresa,  avente  ad  oggetto  azione  di
responsabilita' ai sensi dell'articoli 2392  e  seguenti  del  codice
civile, promosso da  Banca  delle  Marche  S.p.a.  nei  confronti  di
componenti dei propri organi sociali, in cui la Fondazione  e'  parte
interveniente; 
        di  tutti  gli  atti  a   tale   provvedimento   presupposti,
preparatori, preordinati, connessi e conseguenti, ivi compreso l'atto
della Banca d'Italia 28 novembre 17 n. 1413935, contenente  i  motivi
ostativi all'accoglimento della richiesta; 
    nonche', con ricorso per motivi aggiunti  depositato  in  data  4
ottobre 2018: 
        del provvedimento del Governatore  della  Banca  d'Italia  13
agosto 2018, prot. n. 0959204/18, comunicato  il  giorno  successivo,
che conferma il diniego, opposto  con  provvedimento  6  marzo  2018,
prot. n. 278169, di autorizzazione alla Fondazione Cassa di Risparmio
di Jesi, ai sensi dell'art. 72, comma 9, del decreto  legislativo  n.
385 del 1993, all'esercizio dell'azione civile di responsabilita' nei
confronti del dott. Federico Terrinoni, del rag. Giuseppe Feliziani e
del prof. Bruno Inzitari, gia' commissari straordinari di Banca delle
Marche S.p.a., ora in liquidazione coatta amministrativa; 
        di tutti  gli  atti  allo  stesso  presupposti,  preordinati,
connessi e conseguenti. 
    Visti il ricorso introduttivo, il ricorso per motivi aggiunti e i
relativi allegati; 
    Visto l'atto di costituzione in giudizio della Banca D'Italia; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Relatore nell'udienza pubblica del giorno  22  novembre  2019  la
dott.ssa  Ofelia  Fratamico  e  uditi  l'avvocato  Del  Vecchio,   in
sostituzione dell'avvocato Mastri, per parte ricorrente e  l'avvocato
Ceci per Banca D'Italia, come specificato nel verbale; 
    Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue; 
 
                                Fatto 
 
    A.  Con  il  ricorso  introduttivo  del  presente   giudizio   la
Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi ha  agito,  previa  sospensione
dell'efficacia, per l'annullamento del provvedimento del  Governatore
della Banca d'Italia del 6 marzo 2018, prot n. 0278169/18, di diniego
della istanza di autorizzazione presentata ai sensi dell'art. 72  del
decreto legislativo n. 385 del 1993 (di  seguito  anche  t.u.b.),  ai
fini della chiamata, nel giudizio pendente innanzi  al  Tribunale  di
Ancona - Sezione specializzata in materia  di  impresa  (proposto  da
Banca delle Marche S.p.a. ed in cui e' intervenuta parte ricorrente),
di coloro che avevano ricoperto l'incarico di commissari straordinari
dell'istituto  di   credito   -   successivamente   sottoposto,   con
provvedimento del 21 novembre 2015, a  procedura  di  risoluzione  ex
art. 32,  decreto  legislativo  n.  180  del  2015,  con  conseguente
chiusura dell'amministrazione straordinaria - e,  dunque,  del  dott.
Federico Terrinoni, del rag. Giuseppe  Feliziani  e  del  Prof  Bruno
Inzitari.  Unitamente  al   sopra   indicato   provvedimento,   hanno
costituito  oggetto  di  impugnazione  tutti  gli  atti  presupposti,
preparatori, connessi e conseguenti, compreso il provvedimento  della
Banca d'Italia del 28 novembre 2017 n. 1413935, contenente  i  motivi
ostativi all'accoglimento della richiesta. 
    B. Parte ricorrente ha, in particolare, rappresentato  di  essere
intervenuta, in qualita' di portatrice, al momento della  risoluzione
di Banca delle Marche S.p.a., di azioni ordinarie di tale istituto  e
di  prestiti  obbligazionari  per  ingenti  somme,  nel  giudizio  di
responsabilita', iscritto al numero  di  R.G.  n.  4038/15,  promosso
dinanzi al Tribunale civile di Ancona da Banca delle  Marche  S.p.a.,
ex  art.  2392  e  seguenti  del  codice  civile,   contro   i   suoi
amministratori,  sindaci,  direttore  generale   e   vice   direttori
(giudizio in cui e' successivamente  subentrata  Nuova  Banca  Marche
S.p.a.), intendendo far valere le proprie ragioni risarcitorie  anche
nei  confronti  dei  commissari  dell'amministrazione   straordinaria
nominati dalla Banca d'Italia, e di aver, dunque, come sopra esposto,
presentato a quest'ultima istanza di autorizzazione ex art. 72, comma
9,  t.u.b.  La  Banca  d'Italia,   tuttavia,   successivamente   alla
comunicazione,  in  data  18  novembre  2017,  dei  motivi   ostativi
all'accoglimento  della  richiesta,  ha  adottato  il   provvedimento
definitivo di diniego di autorizzazione. 
    C. Contro tale atto e contro tutti  gli  atti  del  procedimento,
incluso il preavviso ex art. 10-bis, legge n. 241/1990, la ricorrente
ha dedotto vizi  di  violazione  di  legge,  inclusa  la  carenza  di
motivazione, ed eccesso di  potere  in  relazione  a  diverse  figure
sintomatiche  (segnatamente,  per  travisamento  dei  fatti  e  falso
presupposto, abuso e  sviamento  di  potere,  ingiustizia  manifesta,
carenza  di  istruttoria),   prospettando,   altresi',   profili   di
illegittimita' costituzionale  dell'art.  72,  comma  9  del  decreto
legislativo n. 385 del 1993 in riferimento agli articoli 3, 24, 97  e
111 Cost. 
    D. La Banca d'Italia si  e'  costituita  in  giudizio  sollevando
eccezioni  di   inammissibilita'   del   ricorso   per   difetto   di
giurisdizione  di  questo  giudice  in  relazione   all'operato   dei
commissari straordinari, spettando essa al giudice  ordinario,  oltre
che con riferimento  ai  limiti  del  sindacato  giurisdizionale  sui
provvedimenti delle autorita' indipendenti e  per  genericita'  delle
censure    dedotte,    concludendo,    comunque,    con    articolate
argomentazioni, per il rigetto  del  ricorso  nel  merito  in  quanto
infondato. 
    E. Con ordinanza n. 3015/2018 del 22 maggio 2018 questo Tribunale
ha respinto l'istanza cautelare. Il Consiglio di Stato, con ordinanza
n. 3654/2018 del 1° agosto  2018,  ha  accolto  l'appello  cautelare,
ordinando alla Banca d'Italia un «Pronto riesame ... dell'istanza  di
autorizzazione  a  lei  rivolta»  ed  evidenziando,  in  ogni   caso,
«l'esigenza di una quanto piu' sollecita definizione nel  merito  del
giudizio di primo grado», in occasione  del  quale  avrebbero  potuto
«essere  valutate  piu'  appropriatamente   le   diverse   questioni,
eventualmente  anche   di   rilevanza   costituzionale,   poste   con
l'originario ricorso introduttivo». 
    F. La Banca d'Italia, con provvedimento del 13  agosto  2018,  ha
confermato il diniego di autorizzazione. 
    G. La ricorrente, con ricorso per motivi aggiunti  depositato  in
data 4 ottobre 2018, ha, quindi, impugnato anche tale atto, deducendo
contro di esso le seguenti censure: 
        1) violazione dell'art. 72, comma 9 del  decreto  legislativo
n. 385/1993,  eccesso  di  potere  per  falso  presupposto,  abuso  e
sviamento, assoluta carenza di istruttoria e di motivazione; 
        2) elusione dell'ordinanza cautelare del Consiglio  di  Stato
in violazione degli articoli 24 e 97 Cost. 
    Successivamente le parti hanno  presentato  atti  e  documenti  a
sostegno delle rispettive deduzioni ed in particolare la difesa della
Banca d'Italia ha rappresentato che, con ordinanza n.  7280/2018  del
13 novembre 2018 - RG n. 4038/2015, il Tribunale ordinario di  Ancona
ha dichiarato ammissibile  la  domanda  risarcitoria  avanzata  dalla
Fondazione  Cassa  di  Risparmio  di   Jesi   nei   confronti   degli
amministratori straordinari Federico Terrinoni, Giuseppe Feliziani  e
Bruno Inzitari tramite la loro chiamata in  causa,  disapplicando  il
provvedimento di diniego della Banca d'Italia  oggetto  del  presente
giudizio. 
    H. All'udienza pubblica del 22 novembre 2019 la causa  e'  stata,
infine, trattenuta in decisione. 
 
                               Diritto 
 
    1. Il Collegio deve preliminarmente  esaminare  le  eccezioni  di
inammissibilita' sollevate dalla difesa della Banca d'Italia. 
    1.1. Le eccezioni non meritano accoglimento. 
    1.2. Il presente giudizio, infatti, ha ad oggetto i provvedimenti
reiettivi (il secondo  dei  quali,  impugnato  con  motivi  aggiunti,
adottato dall'Autorita' di vigilanza in  ottemperanza  dell'ordinanza
cautelare  emessa  dal  Consiglio  di   Stato)   della   domanda   di
autorizzazione prescritta dall'art. 72, comma 9  del  t.u.b.  per  la
proposizione  delle  azioni  civili  nei  confronti  dei   commissari
straordinari,  in  relazione  ai  quali  sussiste  la   giurisdizione
esclusiva di questo giudice ai sensi dell'art. 133, comma 1,  lettera
1)  c.p.a.  (il  quale   stabilisce   la   devoluzione   al   giudice
amministrativo,  salve   ulteriori   previsioni   di   legge,   delle
controversie aventi ad oggetto «tutti i provvedimenti» adottati dalla
Banca d'Italia, con esclusione di  quelle  inerenti  ai  rapporti  di
impiego privatizzati  e,  per  effetto  della  sentenza  della  Corte
costituzionale n. 94 del 2014,  di  quelle  in  materia  di  sanzioni
irrogate da detta Autorita'; cfr. C.  Cassazione,  Sezioni  unite,  2
ottobre  2019,  n.  24609;  id.  15  luglio  2010,  n.   16577).   La
circostanza, infatti, che nell'articolazione delle proprie  deduzioni
la ricorrente  si  sia  focalizzata  su  elementi  fattuali  relativi
all'operato dei commissari non e'  funzionale,  nella  prospettazione
defensionale, ad un accertamento  delle  responsabilita'  dell'organo
straordinario, estraneo al presente giudizio  e,  come  correttamente
rilevato dalla difesa dell'Autorita' resistente, riservato all'ambito
della giurisdizione del giudice ordinario, bensi' alla  contestazione
della legittimita' delle determinazioni reiettive dell'autorizzazione
impugnate,  in  relazione,  primariamente,  ai  censurati   vizi   di
violazione dell'art. 72,  comma  9,  di  carenza  di  motivazione  ed
eccesso di potere. 
    1.3. Proprio l'articolazione delle  predette  censure,  peraltro,
rende evidente  l'assenza  di  una  radicale  inammissibilita'  delle
azioni  di   annullamento,   afferendo   i   limiti   del   sindacato
giurisdizionale  alle  valutazioni  di  merito  -  con   profili   di
problematicita' che si correlano ad una ben  differente  prospettiva,
secondo quanto  si  andra'  ad  esporre  nei  capi  successivi  della
presente pronuncia - e restando  la  cognizione  dei  fatti  elemento
indefettibile del giudizio al fine  di  verificare,  nei  limiti  del
dedotto,  se   il   potere   attribuito   all'autorita'   sia   stato
legittimamente esercitato (Cons. St., sez.  VI,  21  marzo  2011,  n.
1712; id., sez. III, 2 settembre 2019, n. 6058,  con  la  quale,  con
riferimento   ai   limiti   del   sindacato   giurisdizionale   sulla
discrezionalita' tecnica, sia pure in  relazione  ad  una  differente
materia rispetto a quella che viene in rilievo nel presente giudizio,
sono state stigmatizzate come pronunce «con formula pigra» ovvero con
motivazione  apparente  quelle  che  trincerandosi  «dietro  ad   una
declaratoria di inammissibilita'» delle censure «per l'impossibilita'
di esercitare un sindacato sostitutivo» non procedano ad un sia  pure
essenziale esame delle stesse, con  il  rischio  di  «un  sostanziale
rifiuto di giurisdizione e un'abdicazione»  alla  «doverosa  potestas
iudicandi da parte del giudice amministrativo anche entro il  limite,
indiscusso,  di  un  apprezzamento  che  in   nessun   modo   intenda
sostituirsi a quello della pubblica amministrazione»). 
    1.4. Neppure emerge la genericita' del ricorso  introduttivo  del
presente giudizio  e  del  successivo  ricorso  per  motivi  aggiunti
eccepita dalla difesa  della  Banca  d'Italia,  essendo  state  dalla
Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi sufficientemente esplicitate le
questioni prospettate, consentendo l'identificazione dei vizi dedotti
e l'individuazione delle norme  ritenute  violate.  E,  invero,  come
chiarito   dalla   consolidata   giurisprudenza,   l'inammissibilita'
dell'impugnazione per genericita' sussiste solo quando il giudice non
sia posto in grado di comprendere quali vizi il ricorrente deduca per
sostenere l'invalidita' del provvedimento impugnato, cosi' che, fuori
da questi stretti limiti, e' dovere del giudice  stesso  interpretare
il gravame  ed  esaminare  le  censure  ancorche'  non  organicamente
articolate, ricavandole dal contesto del ricorso  e  della  richiesta
avanzata (in termini, ex multis,  Consiglio  di  Stato,  sez.  V,  22
settembre 2011, n. 5345). La sussistenza di  profili  di  genericita'
riferiti a singole deduzioni, inoltre, non e'  comunque  suscettibile
di  determinare  una  inammissibilita'   dei   gravami   nella   loro
integralita', essendo stato, tra l'altro, sollecitato anche un vaglio
di legittimita' costituzionale dell'art. 72, comma 9 del t.u.b.,  con
argomentazioni puntuali sia pure, per quanto si  andra'  ad  esporre,
non completamente esaustive. 
    2. Esaurito l'esame delle eccezioni  pregiudiziali,  il  Collegio
puo' procedere all'esame del merito dei gravami. 
    3.  Le  deduzioni  dirette  a  censurare   l'illegittimita'   dei
provvedimenti impugnati per violazione  dell'art.  72,  comma  9  del
t.u.b., carenza di motivazione ed eccesso  di  potere,  non  meritano
accoglimento. 
    3.1. Con il preavviso ex art. 10-bis della legge n. 241 del 1990,
con il diniego di autorizzazione e con il  provvedimento  di  riesame
adottato in esecuzione dell'ordinanza  del  Consiglio  di  Stato,  la
Banca d'Italia, lungi dal limitarsi ad esprimere solo  un  «giudizio»
sull'operato dei commissari dell'amministrazione straordinaria ha, in
verita', evidenziato, a seguito di attenta istruttoria  e  dell'esame
degli elementi addotti dalla Fondazione, la manifesta infondatezza  -
secondo la sua prospettiva - dell'azione di  responsabilita'  che  la
ricorrente avrebbe inteso avviare avverso i  commissari,  nonche'  la
palese pretestuosita' della stessa, come,  del  resto,  espressamente
affermato nella comunicazione dei  motivi  ostativi  all'accoglimento
dell'istanza di  autorizzazione,  che  si  conclude  proprio  con  la
constatazione che «ad esito dell'istruttoria condotta ... le  censure
all'operato  degli   ex   commissari   straordinari   non   risultano
minimamente assistite da alcun elemento di fondatezza». 
    3.2. L'aver provveduto a confutare punto per punto  le  doglianze
esposte dalla ricorrente, che,  come  evidenziato  dall'Autorita'  di
vigilanza, da terzo principale azionista - prima del commissariamento
- di Banca Marche era in grado di nominare due  degli  amministratori
della banca e, unitamente agli altri due soci principali, contribuiva
alla nomina di  ben  dieci  degli  undici  membri  del  Consiglio  di
amministrazione di Banca delle Marche e non poteva, dunque, definirsi
un operatore «sprovveduto» o «inesperto», non rende, contrariamente a
quanto sostenuto  dalla  ricorrente,  illegittimo  o  «manifestamente
ingiusto», ne'  tantomeno  «carente  di  istruttoria  e  di  adeguata
motivazione»    il    diniego    di    autorizzazione,     risultando
sufficientemente    individuate    le    valutazioni    alla     base
dell'apprezzamento svolto, non arbitrarie  ne'  irragionevoli,  anche
tenuto conto  della  eterogeneita'  ed  «aspecificita'»  dei  dati  e
dichiarazioni che la Fondazione avrebbe inteso utilizzare a  sostegno
dell'azione, estrapolati  dalle  piu'  varie  fonti  (verbalizzazioni
interne di Banca delle  Marche;  valutazioni  di  due  organizzazioni
sindacali nell'ambito della  relazione  della  Commissione  istituita
dalla Regione  Marche;  affermazioni  contenute  nella  relazione  di
maggioranza della Commissione parlamentare di inchiesta  sul  sistema
bancario e finanziario istituita con legge n. 107 del 2017,  riferite
in  verita'  all'insieme  delle  banche  oggetto   dell'esame   della
Commissione  e,  comunque,   non   specificamente   all'operato   dei
commissari dell'amministrazione straordinaria;  citazioni  tratte  da
una relazione di minoranza su presunti ed indimostrati  conflitti  di
interesse dei commissari). 
    3.3. Per il suddetto carattere i rilievi mossi  dalla  ricorrente
all'operato dei commissari, considerati anche nel loro complesso, non
appaiono in grado di dimostrare,  sia  pure  in  via  indiziaria,  la
sussistenza, nei gravati provvedimenti, di  manifeste  illogicita'  o
palesi errori tali da  aprire  la  strada,  in  questa  sede,  ad  un
approfondimento istruttorio, il  quale  inevitabilmente  andrebbe  ad
involgere  la  verifica  nel  merito  dell'operato  dei   commissari,
dovendosi anche considerare i limiti del sindacato giurisdizionale in
relazione   a   provvedimenti   che   costituiscono   esercizio    di
discrezionalita' tecnica. 
    3.4. Come evidenziato  dalla  giurisprudenza  amministrativa  che
piu' si e' occupata della questione: «(...) riguardo  ai  limiti  del
sindacato del giudice amministrativo sul  provvedimento  della  Banca
d'Italia, e riguardo ai limiti dello stesso potere di autorizzazione,
i poteri cognitori non possono penetrare nel merito della  fondatezza
delle numerose azioni che il ricorrente intende proporre  rispetto  a
numerose vicende che hanno interessato la  Banca  ....  Il  sindacato
dell'adito giudice, a parere  del  Collegio,  deve  limitarsi  ad  un
controllo  di  tipo  estrinseco,  ad  una  valutazione  di  manifesta
infondatezza sul diniego autorizzatorio della Banca d'Italia, per una
lettura conforme al dettato costituzionale, in quanto  ne'  la  Banca
d'Italia, ne' l'adito giudice  amministrativo,  per  motivi  diversi,
possono svolgere il ruolo di giudice di azioni civili risarcitorie ex
articoli  2393  e  seguenti,  comma  c.  Nella  specie,  il   diniego
autorizzatorio e' motivato correttamente sulla manifesta infondatezza
... Ne' e' pregiudizievole che sia la richiesta  che  il  diniego  di
autorizzazione abbiano approfonditamente  trattato  il  merito  delle
eventuali responsabilita', e pertanto la motivazione  dell'organo  di
vigilanza abbia assunto una profondita' non richiesta, in  quanto  e'
sufficiente la delibazione di manifesta infondatezza  a  giustificare
il diniego» (TAR Campania, Napoli, sez. I, 20.06.2002 n. 3684). 
    4. Del pari infondate si palesano le deduzioni articolate con  il
ricorso per motivi aggiunti, proposto avverso il nuovo  provvedimento
adottato dall'Autorita' di vigilanza in  ottemperanza  dell'ordinanza
cautelare del Consiglio di Stato, non  essendo  riscontrabile  alcuna
elusione della decisione interinale del Giudice d'appello. 
    In realta' nell'atto del 13 agosto 2018  la  Banca  d'Italia,  in
esecuzione di quanto disposto  dal  supremo  organo  della  Giustizia
amministrativa, rispondendo ai rilievi evidenziati  dalla  Fondazione
nell'atto di appello, ha ribadito come  anche  dalle  fonti  e  dalle
stesse relazioni citate  dalla  ricorrente  a  fondamento  delle  sue
doglianze, la «situazione della banca» apparisse  grave  «gia'  prima
del commissariamento  ...  (derivando)  ...  una  delle  piu'  grandi
debolezze  ...  (proprio  dall')   amministrazione   della   stessa»,
chiarendo  anche  il  fenomeno  per  cui  «l'elevata  percentuale  di
capitale  sociale  posseduto  dalle  fondazioni   bancarie   ha   ...
determinato che  -  nel  bene  e  nel  male  -  esse  abbiano  sempre
influenzato nei fatti le decisioni della banca, in alcuni casi  anche
sul fronte  delle  scelte  della  direzione»  ed  in  base  al  quale
«l'attivita' di controllo che le stesse  fondazioni  dicono  di  aver
costantemente esercitato nei confronti degli investimenti  effettuati
non e' stata decisiva». 
    4.1. Dopo aver ripercorso gli elementi salienti della vicenda  in
esame, la Banca d'Italia, riesaminando  l'istanza  di  autorizzazione
della ricorrente, e', dunque, giunta a confermare che la  stessa  non
potesse  trovare  accoglimento  «stante  il  carattere   pretestuoso,
denigratorio  e  persecutorio  dell'azione  stessa»  per  le  ragioni
illustrate nel nuovo diniego e negli  atti  precedenti  del  medesimo
procedimento. 
    4.2.  In  sede  di  riesame,  dunque,  la  Banca   d'Italia,   in
conformita' ai vincoli derivanti dalla  pronuncia  cautelare,  si  e'
rideterminata addivenendo alle  medesime  conclusioni  in  precedenza
rassegnate, per le quali valgono le considerazioni  gia'  svolte  con
riguardo agli originari motivi di ricorso. 
    5. Alla stregua delle considerazioni che  precedono,  dunque,  le
censure esaminate nei precedenti capi della presente decisione  vanno
disattese, in quanto infondate. 
    6. La ricorrente,  tuttavia,  come  esposto  nella  narrativa  in
fatto, ha  contestato  i  provvedimenti  adottati  dall'Autorita'  di
vigilanza con i quali e' stata rigettata la domanda di autorizzazione
all'esercizio  delle  azioni  civili  nei  confronti  dei  commissari
dell'amministrazione  straordinaria  nominati  dalla   stessa   Banca
d'Italia, prospettando anche profili di illegittimita' costituzionale
della  previsione  dell'art.  72,  comma  9  del  t.u.b.   che   tale
autorizzazione prescrive in quanto violativa degli articoli 3, 24, 97
e 111 della Costituzione. 
    6.1. In particolare, secondo la prospettazione della  ricorrente,
la  previsione  normativa  sopra  indicata   confliggerebbe   con   i
fondamentali  canoni  costituzionali,  in  quanto  precluderebbe   il
sindacato  nella  sede  giudiziaria  propria   della   condotta   dei
commissari e si tradurrebbe in una grave «discriminazione in  spregio
al principio di uguaglianza (art. 3 Cost)», determinando «una lesione
delle  prerogative  di  difesa   (art.   24)   ...   «oltre   ad   un
«travalicamento dei criteri di buon andamento  ed  imparzialita'  che
debbono presiedere all'azione della  pubblica  amministrazione  (art.
97)» e ad una «menomazione della giurisdizione». 
    7. Ritiene al riguardo il Collegio  che  le  questioni  sollevate
dalla ricorrente, di seguito integrate sia quanto alle argomentazioni
a  supporto  sia  con  riferimento  ai  parametri  costituzionali  da
considerare, meritino favorevole apprezzamento. 
    8. L'art. 72, comma 9 del t.u.b., nella formulazione  attualmente
vigente, conseguente alle innovazioni introdotte con l'art. 1,  comma
17, lettera e) del decreto legislativo  16  novembre  2015,  n.  181,
dispone quanto segue: «La responsabilita' dei commissari e dei membri
del comitato di  sorveglianza  per  atti  compiuti  nell'espletamento
dell'incarico e' limitata ai soli casi di  dolo  o  colpa  grave.  Le
azioni civili nei loro confronti sono promosse previa  autorizzazione
della Banca d'Italia». 
    8.1. Rispetto alla disposizione  previgente  di  cui  al  decreto
legislativo  1°  settembre  1993,  n.  385  (formulata  nei  seguenti
termini: «Le azioni  civili  contro  i  commissari  e  i  membri  del
comitato  di  sorveglianza  per   atti   compiuti   nell'espletamento
dell'incarico  sono  promosse  previa  autorizzazione   della   Banca
d'Italia»), il legislatore ha ritenuto  di  introdurre  la  specifica
limitazione della responsabilita' dei commissari straordinari ai soli
casi di dolo e  colpa  grave,  mantenendo,  ciononostante,  ferma  la
necessita' dell'autorizzazione della  Banca  d'Italia,  vale  a  dire
della  stessa  autorita'  attributaria  del  potere  di  nomina   dei
commissari straordinari. 
    8.2.  Il  Collegio  evidenzia,  in  primo   luogo,   che,   nella
fattispecie, viene in rilievo, ratione temporis, l'applicazione della
disposizione  nella  formulazione  attualmente   in   vigore.   Giova
precisare, infatti, che l'art. 3 del decreto legislativo n.  181  del
2015, in vigore dal 16 novembre 2015, ha stabilito: «Gli articoli  72
e 77-bis del decreto legislativo 1°  settembre  1993,  n.  385,  come
modificato dal presente decreto, si applicano anche alle procedure di
amministrazione straordinaria in corso alla data di entrata in vigore
del  presente  decreto.  Per  i  rimanenti  aspetti,  alle   medesime
procedure si continuano ad applicare le disposizioni  del  titolo  IV
del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, nel testo  vigente
prima dell'entrata  in  vigore  del  presente  decreto».  Non  e'  in
contestazione ed e' documentato in atti che l'avvio  della  procedura
di risoluzione che ha determinato  la  chiusura  dell'amministrazione
straordinaria della Banca delle Marche S.p.a. e' stato  disposto  con
provvedimento della Banca d'Italia del 21  novembre  2015,  approvato
dal MEF il giorno successivo e, dunque,  successivamente  all'entrata
in vigore delle modifiche normative sopra indicate. 
    9.  In  punto  di  rilevanza  della   proponenda   questione   di
legittimita' costituzionale, il  collegio  sottolinea  che  gli  atti
impugnati costituiscono applicazione immediata e diretta della  norma
sospetta di contrasto con la Costituzione, della  quale  il  collegio
deve fare applicazione. 
    E,  invero,  accertata  l'infondatezza,  per  le  ragioni   sopra
esposte, delle altre  censure  esaminate  ai  precedenti  capi  della
presente  decisione,   esclusivamente   dalla   dichiarazione   della
illegittimita'  costituzionale  dell'art.  72,  comma  9  del  t.u.b.
potrebbe  derivare  il  richiesto  accoglimento  del   gravame,   per
caducazione  della  fonte   normativa   presupposta   e   conseguente
illegittimita' derivata degli atti impugnati e, in  particolare,  del
diniego di autorizzazione. 
    Per   contro   in   caso   di   rigetto   della   questione    di
costituzionalita', il predetto  diniego  di  autorizzazione  dovrebbe
essere considerato legittimo, con conseguente reiezione del ricorso. 
    9.1. Esclusivamente  per  completezza  di  analisi,  il  collegio
ritiene di specificare  che  la  circostanza,  pure  rappresentata  e
documentata dalla Banca d'Italia, che con ordinanza n. 7280/2018  del
13 novembre 2018, il Tribunale ordinario di Ancona, innanzi al quale,
come sopra esposto, pende il giudizio iscritto al  numero  di  RG  n.
4038/2015 (avente ad oggetto, tra l'altro, le pretese  della  odierna
ricorrente), abbia dichiarato  ammissibile  la  domanda  risarcitoria
avanzata dalla Fondazione Cassa di Risparmio di  Jesi  nei  confronti
degli  amministratori  straordinari  Federico   Terrinoni,   Giuseppe
Feliziani e  Bruno  Inzitari  tramite  la  loro  chiamata  in  causa,
disapplicando  il  provvedimento  di  diniego  della  Banca  d'Italia
oggetto del ricorso introduttivo del presente giudizio, non determina
nessuna  incidenza  in  ordine  alla  perdurante  sussistente  di  un
interesse della ricorrente all'impugnativa. 
    9.1.1. A prescindere, infatti, dalla obiettiva importanza di  una
verifica di costituzionalita' della disposizione in esame  alla  luce
della delicatezza e rilevanza degli interessi implicati alla  stregua
di quanto di seguito si andra' ad esporre, tanto piu'  necessaria  in
considerazione   dell'assenza   di   pronunciamenti    della    Corte
costituzionale, mai in precedenza adita sulla questione, il  collegio
sottolinea che l'interesse che sorregge l'azione proposta  innanzi  a
questo giudice e' reso  evidente  dalla  diversa  consistenza  e  dai
differenti  effetti  di  un  accertamento  diretto,   involgente   la
costituzionalita' della previsione normativa che viene in rilievo, in
luogo  di  quello  incidentalmente  svolto,  con  un   provvedimento,
peraltro, interinale, dal giudice ordinario sulla legittimita'  della
determinazione della  Banca  d'Italia  impugnate,  cui  si  associano
esigenze di certezza e stabilita', anche considerando lo stato in cui
versa il predetto giudizio civile. 
    9.1.2.  Quel  provvedimento  del  giudice  ordinario,   peraltro,
proprio perche' interinale ed assunto in contrasto con la  previsione
normativa  si  presta  ad  essere  rivisto  dal  medesimo  giudice  e
riformato nei gradi successivi, afferendo  al  merito  della  vicenda
controversa  e  non  toccando  i  profili  di   giurisdizione,   come
evidenziato  dalle  sezioni   unite   della   Corte   di   cassazione
nell'ordinanza del 19 novembre 2019, n. 30010, con la quale e'  stato
dichiarato inammissibile il ricorso per regolamento di  giurisdizione
proposto proprio  dai  commissari  straordinari  Federico  Terrinoni,
Giuseppe Feliziani e Bruno Inzitari in relazione al giudizio pendente
innanzi al Tribunale di Ancona. 
    9.1.3. La disapplicazione provvisoriamente  operata  dal  giudice
civile, oltre  a  non  eliminare  l'interesse  all'impugnazione,  non
incide, ovviamente, sulla rilevanza della questione  di  legittimita'
costituzionale, perche', permanendo il cennato interesse al  ricorso,
questo  Tribunale  deve  comunque  deciderlo  nel   merito,   facendo
applicazione della norma sospettata di illegittimita' costituzionale. 
    10. In punto di non manifesta infondatezza della norma in  esame,
nella parte in cui subordina l'esperibilita'  dell'azione  civile  di
responsabilita'  dei  commissari  dell'amministrazione  straordinaria
alla  previa  autorizzazione  della  Banca  d'Italia,  in  deroga  ai
principi comuni  dell'ordinamento  ed  in  violazione  dei  parametri
costituzionali che si andranno ad  illustrare,  il  collegio  ritiene
indispensabile muovere l'analisi dalla  qualificazione  della  natura
giuridica dei commissari straordinari, rilevante primariamente  anche
se non esclusivamente ai fini della  verifica  della  pertinenza  del
riferimento al principio costituzionale cristallizzato  nell'art.  28
della Carta fondamentale. Tale parametro, invero,  e'  stato  evocato
dalla  giurisprudenza  amministrativa  nelle   pronunce   che   hanno
affrontato  la  questione  della   legittimita'   dei   provvedimenti
autorizzatori che  vengono  in  rilievo,  sia  pure  con  conclusioni
dirette ad escludere la  sussistenza  di  contrasti  della  norma  in
esame, (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 17 ottobre 2005,  n.  5819;
Tribunale amministrativo regionale Lazio, Roma,  sez.  I,  3  ottobre
2005, n. 7643; Tribunale amministrativo regionale  Campania,  Napoli,
Sez. I, 20 giugno 2002, n. 3684; Tribunale  amministrativo  regionale
Puglia, Lecce, Sez. I, 28 giugno 2000, n. 3008). 
    10.1.   Si   osserva,   al   riguardo,   che    l'amministrazione
straordinaria di una banca e'  procedura  amministrativa,  di  durata
temporanea, avendo essa termine con il passaggio delle consegne  agli
organi subentranti, avviata su  proposta  della  Banca  d'Italia,  in
seguito, di regola, ad un previo accertamento ispettivo dell'Istituto
di  vigilanza,  con  decreto   del   Ministero   del   tesoro,   oggi
dell'Economia,  e  destinata  a  risolvere  le  situazioni   critiche
tassativamente previste dal primo comma dell'art. 70 t.u.b.,  tra  le
quali     la     riscontrata     sussistenza     di     irregolarita'
nell'amministrazione dell'impresa bancaria. 
    10.1.1.  La  Banca  d'Italia,  una  volta  emanato   il   decreto
ministeriale, provvede a nominare gli organi della procedura, e cioe'
uno o piu' commissari straordinari ed un comitato di sorveglianza,  e
fino all'insediamento  di  tali  organi,  puo'  nominare  un  proprio
funzionario quale commissario provvisorio. 
    10.1.2. Ai sensi dell'art. 72 t.u.b. i commissari straordinari, i
quali nell'esercizio delle loro funzioni,  sono  pubblici  ufficiali,
«...  esercitano  le  funzioni  e  i  poteri  dei  disciolti   organi
amministrativi della banca ...»; il  comitato  di  sorveglianza  «...
sostituisce in tutte le funzioni i disciolti organi  di  controllo  e
fornisce pareri ai commissari ...». 
    10.1.3. Gli organi della procedura  amministrativa  straordinaria
possono essere revocati o sostituiti dalla Banca  d'Italia;  ricevono
per la loro opera le indennita'  determinate  dalla  Banca  d'Italia;
sono tenuti nella gestione della banca amministrata al rispetto delle
istruzioni e delle direttive impartite  dalla  Banca  d'Italia;  sono
tenuti  a  richiedere  l'autorizzazione  della  Banca  d'Italia   per
convocare gli organi dell'impresa bancaria, temporaneamente  sospesi;
possono essere citati in  giudizio  civile,  per  gli  atti  compiuti
nell'espletamento   dei    rispettivi    incarichi,    solo    previa
autorizzazione della Banca d'Italia (come  previsto  dalla  la  norma
della quale si sospetta la contrarieta' alla Carta costituzionale). 
    10.1.4. Si evince, pertanto, che gli  organi  di  amministrazione
straordinaria operano, pur nell'ambito di  una  certa  e  necessitata
autonomia gestionale, in stretto  rapporto  con  l'autorita'  che  li
nomina, la quale e' attributaria finanche del potere, all'atto  della
nomina, di «stabilire speciali limitazioni dei compiti dei commissari
ovvero attribuire loro compiti ulteriori e diversi» rispetto a quelli
indicati nell'art. 72, comma 1-bis  del  t.u.b.,  come  espressamente
stabilito dalla medesima disposizione. 
    10.1.5. La loro natura e', quindi, certamente amministrativa e la
straordinarieta' del loro ufficio pubblico si coglie sotto il duplice
profilo: quello interno all'impresa di  credito,  svolgendo  essi  le
funzioni degli  organi  temporaneamente  sospesi,  e  quello  esterno
all'impresa in crisi, costituendo  essi  una  emanazione  provvisoria
della Banca d'Italia, sicche' essi  rivestono  un  duplice  ruolo  di
organi straordinari sia dell'impresa  amministrata  sia  della  Banca
centrale dalla quale sono nominati, revocati,  sostituiti,  istruiti,
vigilati (in termini, cfr. Tribunale amministrativo regionale Napoli,
n. 3684 del 2000, cit.). 
    10.1.6. I commissari straordinari sono  legati,  dunque,  per  il
tempo  del  loro  incarico,  alla  Banca  d'Italia  da  un   rapporto
straordinario ma  organico  talora  associato,  in  via  provvisoria,
addirittura ad un rapporto di impiego, come nel caso del  commissario
provvisorio. 
    11. La giurisprudenza, anche costituzionale, ha da tempo chiarito
in relazione all'ambito soggettivo di applicazione dell'art. 28 Cost.
che a rilevare e'  che  l'agente  abbia  operato  «nell'ambito  delle
mansioni affidategli per il soddisfacimento  dell'interesse  pubblico
dall'ente perseguito» (cfr. C. Cassazione, sez. I, n. 330  del  1974;
cfr. anche Corte costituzionale n. 2 del 1968; id.: n. 18  del  1989;
n. 289 del 1992; n. 385 del 1996), con la conseguenza  che  anche  in
relazione ai commissari straordinari nominati  dalla  Banca  d'Italia
trovano  applicazione  i  principi  espressi  nella  sopra   indicata
disposizione. 
    11.1. Il principio della responsabilita' diretta dei funzionari e
dipendenti  pubblici  ha  costituito  una  fondamentale   innovazione
rispetto all'impianto precedente, con il precipuo scopo  di  superare
un modello di  burocrazia  spersonalizzata  che  aveva  connotato  in
maniera particolarmente  incisiva  il  ventennio  fascista,  evitando
l'esaurimento dell'attivita' di  controllo  e  verifica  dell'operato
degli   agenti   pubblici   in   una    dimensione    solo    interna
all'amministrazione,  nella  consapevolezza  della  rilevanza   della
scelta di una collocazione  di  tale  responsabilita'  a  livello  di
ordinamento  generale   ed   in   un   ambito   esterno   al   potere
amministrativo, con le connesse garanzie in punto di imparzialita'  e
di effettivita'. 
    11.2. Ed e' significativo  evidenziare  che  mentre  nella  prima
parte dell'art. 28 vengono contemplate per l'agente pubblico tutte le
tre fondamenti forme di responsabilita'  diretta  (penale,  civile  e
amministrativa), la seconda parte della disposizione,  inerente  alla
«estensione« della responsabilita' allo Stato e agli  enti  pubblici,
e'  riferita  solo  a  quella  civile.   La   regola   cristallizzata
nell'impianto costituzionale e', dunque, quella della responsabilita'
diretta e personale dell'agente pubblico, assurta a principio cardine
e generale, non scalfito dalla  focalizzazione  dell'attenzione,  sia
nelle    elaborazioni    scientifiche    sia    nella    elaborazione
giurisprudenziale, sulla responsabilita' civile diretta e concorrente
degli enti, essenzialmente imputabile al dato fattuale della maggiore
solvibilita' dallo  Stato  e  degli  enti  pubblici  ai  fini  di  un
effettivo ristoro economico del diritto leso. Nel senso del carattere
incondizionato della responsabilita'  depone  chiaramente  l'avverbio
«direttamente»  contenuto  nel  suddetto  art.  28,  sicche'  l'unico
presupposto  della  stessa  non  puo'   che   essere   l'accertamento
dell'illecito. 
    11.3.  Vero  e'  che,   come   reiteratamente   affermato   dalla
giurisprudenza   costituzionale,   il   generale   principio    della
responsabilita' diretta degli agenti pubblici non esclude, in  quanto
espressamente previsto  in  Costituzione,  che  tale  responsabilita'
possa essere disciplinata variamente per categorie o  per  situazioni
(cfr., ex multis, Corte costituzionale n. 26 del 1987), purche'  cio'
avvenga entro il limite  della  ragionevolezza  nell'esercizio  della
discrezionalita' di cui il legislatore e' attributario, non potendosi
ammettere aree di immunita' in  pregiudizio  di  fondamentali  valori
costituzionalmente tutelari. 
    11.4. In altri termini, l'art. 28, secondo comma, Cost.  consente
al legislatore di «disciplinare» la responsabilita' del  funzionario,
ma non di introdurre ipotesi piu' o meno mascherate di  immunita'  ed
esclusione della responsabilita' diretta. 
    Sulla  base  di  tali  considerazioni,  del   resto,   la   Corte
costituzionale e'  addivenuta  alla  declaratoria  di  illegittimita'
delle previsioni normative  precostituzionali  che  stabilivano,  con
riferimento  ai  prefetti   ed   ai   sindaci,   la   c.d.   garanzia
amministrativa, vale a  dire  la  subordinazione  della  proposizione
dell'azione  per  fatto  dai  medesimi   commesso   alla   necessaria
autorizzazione del Capo dello Stato, previo parere del  Consiglio  di
Stato (cfr. Corte costituzionale  n.  4  del  1965;  cfr.  anche,  in
relazione all'analoga garanzia che l'art. 16 del codice di  procedura
penale aveva previsto per i reati commessi in servizio di polizia, la
sentenza n. 94 del 1963). 
    Si  ritengono  particolarmente   rilevanti,   al   riguardo,   le
argomentazioni alla base della sopra richiamata pronuncia della Corte
costituzionale n. 4 del 1965, nella quale si evidenzia quanto  segue:
«Come altra volta si e' avvertito (sentenza 23 gennaio 1962, n. 1),e'
in contrasto con il  precetto  fondamentale  contenuto  nell'art.  28
della  Costituzione  la  legge  che,  della   responsabilita'   quivi
regolata, adottasse una disciplina tale da comportarne una esclusione
piu' o meno manifesta. Ora,  il  subordinare  ad  una  autorizzazione
amministrativa l'attuazione di  quella  responsabilita'  e'  renderne
possibile l'esonero discrezionale, perche' discrezionalmente deve  in
tal caso esserne consentito l'esperimento; il che segnatamente non e'
permesso  prescrivere  in  materia  penale,  essendo  eccezionalmente
dettati, e da norme costituzionali, i casi  di  deroga  al  principio
dell'obbligatorieta' dell'azione del P. M. Ne' viene  meno  la  detta
discrezionalita' ove, come nel caso del prefetto e  del  sindaco,  la
legge ordinaria disponga che l'autorizzazione deve  essere  accordata
previo  parere  del  Consiglio  di  Stato:  questo  organo   supremo,
nell'esprimere il suo avviso, non esplica una attivita' vincolata. Ed
ove si osservi che, quando non si ritenesse di seguire  tale  avviso,
deve essere sentito il Consiglio dei ministri, s'intende meglio  come
il procedimento di autorizzazione risulti inquadrato  in  un  sistema
suscettibile di provocare  la  insindacabile  liberazione  da  quella
responsabilita'. Cio' a parte il fatto che le norme  predette,  nella
sostanza, attribuiscono all'autorita'  amministrativa  il  potere  di
sottrarre   a   quella   giurisdizionale,   mediante    il    diniego
dell'autorizzazione,   il   giudizio   sulla   responsabilita'    del
funzionario o del dipendente e quindi  ex  art.  28,  secondo  comma,
della Costituzione, anche  sulla  sua  responsabilita';  un  giudizio
cioe' al quale la stessa Amministrazione e' interessata e che, per il
suo oggetto e per la sua natura, implica esercizio di  giurisdizione,
quindi di funzione  del  tutto  estranea  alla  sfera  amministrativa
(articoli  102  e  103  della  Costituzione)».  Nella  pronuncia   si
soggiunge, immediatamente dopo, che: «Non e' rilevante obiettare  che
la c.d garanzia  amministrativa  intende  tutelare  la  funzione  del
prefetto, di chi ne fa le veci e del sindaco contro azioni inconsulte
la cui proposizione ne lederebbe il prestigio, e che vuole essere  un
mezzo per permettere di valutare il comportamento di quei  funzionari
nel rispetto delle attribuzioni di ciascuno e della  discrezionalita'
che   doveva   eventualmente   esercitarsi.   Spetta    all'autorita'
giurisdizionale riconoscere la temerarieta' o  la  pretestuosita'  di
singole azioni; e peraltro un sistema, come quello in vigore, in  cui
l'osservanza del limite della  competenza  e  della  discrezionalita'
amministrativa e' assicurata, a seconda delle  ipotesi,  dalle  norme
concernenti il regolamento delle attribuzioni e dalle altre che,  nel
codice di procedura civile (art. 295) e in quello di procedura penale
(art.  20),  governano  la  sospensione  del  processo  in  relazione
all'insorgere di pregiudiziali amministrative, il  preordinamento  di
una ulteriore garanzia a favore del prefetto, di chi ne fa le veci  e
del sindaco, posto in confronto al principio  di  parita'  proclamato
nell'art. 3 della Costituzione,  appare  irrazionalmente  distintivo,
atteso che altri funzionari amministrativi svolgono compiti non  meno
elevati e importanti di quelli spettanti al prefetto  e  al  sindaco,
ugualmente implicativi di estesi poteri discrezionali.  Deve  percio'
pronunziarsi  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  158  della
legge comunale e provinciale 4 febbraio 1915, n. 148, e dell'art.  22
del testo unico della stessa legge, approvato  con  regio  decreto  3
marzo 1934, n. 383». Con tali argomentazioni, la Corte costituzionale
e' giunta alla conclusione che: essi debbono dichiararsi  illegittimi
anche in quanto dispongono che il prefetto, chi ne fa le  veci  e  il
sindaco non possono essere chiamati a  rendere  conto  dell'esercizio
delle loro funzioni fuorche' dalla superiore  autorita'  governativa:
la disposizione, mentre contiene la premessa di  quella  che  prevede
l'autorizzazione amministrativa, puo' avere valore a se'  stante,  in
quanto si risolve anche essa nel negare all'autorita' giurisdizionale
ogni  attribuzione  in  merito  alla  responsabilita'  di  quei   due
funzionari». 
    11.5. Orbene, tenuto conto che le funzioni pubbliche  svolte  dai
commissari  straordinari  non  rispondono  ai  rigorosi  schemi   che
caratterizzano le attribuzioni di sindaci, prefetti ed  ufficiali  di
pubblica    sicurezza,     nonche'     considerando     i     profili
economico-patrimoniali e le finalita' di rilievo pubblicistico cui il
conferimento  dell'incarico  e'  correlato,  la  deroga  ai  principi
generali ed alle  regole  attraverso  le  quali  gli  stessi  trovano
attuazione sembra ancora meno giustificabile. 
    11.6. La ricostruzione della genesi  della  previsione  dell'art.
72,  comma  9,  ulteriormente  concorre  a  sostenere  i   dubbi   di
legittimita'  alla  base  della  presente  decisione,  rendendo   non
differibile una definitiva verifica da parte dell'organo di  garanzia
costituzionale. 
    11.6.1. La  disposizione,  infatti,  affonda  le  proprie  radici
proprio in una norma risalente ad epoca precedente alla Costituzione.
L'art. 64, ultimo comma, della legge n. 141 del 1938 - di conversione
in legge, con modificazioni, del regio decreto-legge 12 marzo 1936  -
XIV, n. 375, contenente disposizioni per la difesa  del  risparmio  e
per la disciplina della funzione  creditizia  -  stabiliva,  infatti,
che: «Nessuna azione di responsabilita'  contro  i  commissari  ed  i
membri del  comitato  di  sorveglianza  puo'  essere  promossa  senza
l'autorizzazione dell'Ispettorato». L'Ispettorato per la  difesa  del
risparmio e l'esercizio  del  credito,  originariamente  delineato  -
nella  considerazione  della  opportunita'  di  una  distinzione  tra
funzione di politica monetaria e funzione di vigilanza - come  organo
autonomo specializzato nella vigilanza, e' stato poi soppresso con il
decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 17 luglio  1947,
n. 691, istitutivo del Comitato interministeriale per il  credito  ed
il risparmio (CICR), con il quale le relative attribuzioni sono state
trasferite  alla  Banca  d'Italia.  In  disparte   il   rilievo   che
l'Ispettorato operava alle dipendenze del Comitato dei Ministri,  con
funzioni, come sopra esposto,  di  vigilanza  ed  esecutive,  occorre
considerare che all'epoca alla Banca  d'Italia  era  riconosciuto  il
ruolo di centro regolatore del mercato creditizio, con  accentramento
in essa di funzioni strategiche ed anche propositive, di elaborazione
dei progetti ratificati dal Comitato,  con  instaurazione  di  prassi
successivamente recepite dal testo  unico.  In  considerazione  delle
profonde  innovazioni  segnate  dalla   entrata   in   vigore   della
Costituzione, oltre che delle rilevanti evoluzioni  della  fisionomia
della vigilanza, anche  per  effetto  del  processo  di  integrazione
europea,  la  previsione  in  contestazione  appare   quale   portato
tralatizio di una visione  anacronistica  del  sistema  ordinamentale
piu' che una scelta ragionevole e ponderata del legislatore. 
    11.7. Il Collegio  dubita,  dunque,  della  ragionevolezza  della
previsione dell'art. 72, comma 9 del t.u.b. e cio' non solo in quanto
l'eccezione alla regola generale  viene  ad  interessare  una  intera
categoria di soggetti ma anche  in  quanto  la  subordinazione  della
stessa  proposizione   di   una   azione   giurisdizionale   ad   una
autorizzazione amministrativa equivale a rendere possibile un esonero
discrezionale da tale responsabilita', non essendo la Banca  d'Italia
vincolata ad obiettivi e prestabiliti criteri di valutazione. 
    11.8. Cio' con l'ulteriore e rilevante  criticita'  rappresentata
dalla  circostanza  che  il  potere  di  sottrarre   all'accertamento
giurisdizionale di responsabilita' i commissari straordinari viene ad
essere attribuito  alla  stessa  autorita'  amministrativa  che  tali
commissari nomina  e  che  e'  portatrice  di  un  proprio  interesse
correlato  alle  sue  responsabilita'   in   rapporto   all'esercizio
dell'azione giurisdizionale oggetto della domanda di  autorizzazione,
in  considerazione  dei  poteri  che  esercita,  non  limitati   alla
vigilanza ma estesi all'indirizzo ed all'autorizzazione al compimento
di specifici atti, per  giunta  secondo  moduli  non  predeterminati,
potendo  la  stessa  Banca  d'Italia  definire  il  contenuto   delle
attribuzioni dei commissari (art. 72, comma 1-bis). 
    11.9. Quanto esposto consente anche di escludere la pregnanza, al
fine di addivenire a diverse conclusioni, dell'assenza di filtri  per
l'esercizio  delle  azioni  giudiziarie  nei  confronti  della  Banca
d'Italia,  prevedendo,  come  sopra  esposto,  l'art.  28  Cost.  una
responsabilita' diretta  e  personale  dell'agente  pubblico  cui  si
associa una responsabilita' altrettanto diretta dell'ente. 
    11.10. La previsione normativa sospettata di incostituzionalita',
peraltro,  costituisce  una  assoluta  singolarita'  nell'ordinamento
giuridico,  giacche'  le  eccezioni   al   principio   cristallizzato
nell'art.  28  Cost.   sono   fortemente   circoscritte   e   trovano
giustificazione nelle garanzie di indipendenza stabilite dalla stessa
Costituzione. Il riferimento  piu'  immediato  ed  evidente  e'  alla
responsabilita' civile dei magistrati per la quale valgono le  regole
definite dalla legge 13  aprile  1988,  n.  117,  sottoposta  ad  una
significativa  revisione  con  la  riforma  attuata  nel  2015,   che
stabilisce in maniera puntuale le modalita' ed i termini di esercizio
dell'azione,  oltre  a  disciplinare  la  rivalsa  dello  Stato   nei
confronti del giudice,  in  un  impianto  attento  ad  assicurare  un
equilibrio tra i diversi interessi implicati, inclusa  l'esigenza  di
scongiurare  forme  di  deresponsabilizzazione  nell'esercizio  della
particolare funzione svolta. 
    11.11. Analoghe garanzie costituzionali non e' dato rinvenire  in
relazione ai commissari straordinari nominati dalla Banca d'Italia  e
cio'  sia  in  quanto  nessuna  previsione  cristallizza   per   essi
specifiche  guarentigie  sia  in  quanto  le  stesse   non   appaiono
giustificate alla luce delle funzioni esercitate. 
    11.12. La rilevanza e sensibilita' del settore  del  risparmio  e
del credito e la necessita' - addotta a sostegno  della  legittimita'
della norma anche nelle pronunce giurisdizionali sopra  richiamate  -
di assicurare una particolare indipendenza e  serenita'  di  giudizio
alle persone incaricate  dell'ufficio  pubblico  in  argomento,  onde
evitare agli stessi di agire sotto la continua minaccia  di  trovarsi
esposti, a cagione del loro operato, al rischio  di  continue  azioni
civili per danni, non appaiono costituire, ad  avviso  del  Collegio,
idoneo  giustificativo  alla  previsione   che   impone   un   filtro
amministrativo   all'esercizio   dell'azione   giurisdizionale    nei
confronti dei commissari straordinari. La  Corte  costituzionale  ha,
del resto, sottolineato che norme che prevedono deroghe al  principio
cristallizzato nell'art. 28 Cost. abbisognano di puntuale fondamento,
concretato dalla Costituzione o da altre leggi e che sebbene non  sia
indispensabile  che  il  fondamento  consista   in   una   previsione
esplicita, e' necessario che le scriminanti introdotte  siano  frutto
di un ragionevole bilanciamento  degli  interessi  costituzionali  in
gioco (cfr. Corte costituzionale n. 148 del 1983); ed e' proprio tale
ragionevolezza  che  il  Collegio  non  riesce  a   ravvisare   nella
previsione dell'art. 72, comma 9 del t.u.b. 
    11.13. I sopra indicati rischi  prospettati,  infatti,  non  sono
diversi da quelli cui sono esposti altre categorie professionali  per
le quali non e' prevista analoga disciplina di privilegio.  L'esempio
piu'  pertinente  viene  ravvisato   nella   disciplina   concernente
l'amministrazione straordinaria delle imprese in stato di  insolvenza
di cui al decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, i cui commissari
straordinari, nominati dal Ministro  competente,  sono  sottoposti  a
responsabilita' diretta e piena, nelle sue varie forme e declinazioni
ed in assenza di qualsivoglia filtro di  ammissibilita',  tanto  meno
rimesso ad una valutazione discrezionale dell'amministrazione che  li
ha nominati e che, giova precisare, esercita un ben  piu'  ridotto  e
circoscritto  potere  sulla  gestione  commissariale,  essenzialmente
incentrato sulla vigilanza e la verifica dell'operato dei commissari,
rispetto a quello esercitato  dalla  Banca  d'Italia  sui  commissari
straordinari di  propria  nomina.  I  settori  nevralgici  sui  quali
incidono  le  predette  procedure,  la  consistenza  degli  interessi
economici implicati, oltre all'incidenza sul  piano  occupazionale  e
quindi, di riflesso, anche sociale,  non  possono  essere  certamente
ritenuti di minor rilievo e pregio rispetto a quelli che qui  vengono
in considerazione e, anzi,  proprio  la  particolare  sensibilita'  e
importanza degli interessi pubblici coinvolti e la delicatezza  delle
funzioni esercitate  rende  distonica  la  scelta  sostanziata  dalla
previsione dell'art. 72, comma 9 del t.u.b. 
    11.14. A  cio'  va  soggiunto  che  il  meccanismo  della  previa
autorizzazione non e' neppure limitato alle azioni promosse nel corso
della procedura, essendo il  positivo  vaglio  della  Banca  d'Italia
richiesto anche per quelle successive, il che vale  ad  ulteriormente
affievolire l'argomento, comune a tutte le sentenze sopra  richiamate
con le quali la norma e' rimasta immune dalla rimessione  alla  Corte
costituzionale, della  preordinazione  della  previsione  ad  evitare
turbamenti dei commissari nell'esercizio delle loro funzioni. 
    12. In tale prospettiva, e' ravvisabile un ulteriore  profilo  di
contrasto della previsione dell'art. 72, comma 9,  in  rapporto  agli
articoli 47 e 97 Cost., non riuscendosi a cogliere plausibili ragioni
a fondamento di una regola che impone  il  vaglio  di  ammissibilita'
rimesso  alla  Banca  d'Italia   per   l'esercizio   dell'azione   di
responsabilita' nei confronti dei commissari straordinari in rapporto
ai presidi che devono essere apprestati a tutela  del  risparmio,  in
conformita' anche al canone di buona amministrazione, i quali esigono
regole   chiare   e   non   stravaganti   nella   definizione   delle
responsabilita', coerenti in relazione agli interessi protetti, senza
accedere a forme di iperprotezione rispetto a rischi suscettibili  di
una sterilizzazione attraverso strumenti diversi,  piu'  ragionevoli,
ordinari e proporzionati. 
    Vale osservare, sul punto, che la tutela del funzionario e'  gia'
efficacemente perseguita attraverso  la  generale  limitazione  della
responsabilita' ai  casi  di  dolo  e  colpa  grave,  cui  potrebbero
associarsi  ulteriori  misure,  tra  le  quali,  a  titolo  meramente
esemplificativo,  il  ricorso  a  forme  di  copertura  assicurativa,
eventualmente obbligatoria ovvero con oneri  a  carico  dello  stesso
ente che conferisce l'incarico, anche a salvaguardia della  posizione
economica e finanziaria dell'ente stesso. 
    12.1.   La   norma   introduce,   dunque,    una    irragionevole
deresponsabilizzazione  dei  commissari,  peraltro   nella   delicata
materia della  tutela  del  risparmio  costituzionalmente  garantita,
comportando  la  «schermatura»  dal  sindacato   giurisdizionale   un
sensibile affievolimento,  ove  non  un  radicale  svilimento,  delle
garanzie  a  cui  presidio   sono   posti   i   principi   di   buona
amministrazione ed imparzialita'. 
    12.2. I limiti del sindacato giurisdizionale  amministrativo  sui
provvedimenti  autorizzativi  in  esame  determina,  peraltro,  quale
immediata  ricaduta  che  anche  un  eventuale   annullamento   della
determinazione negativa della  Banca  d'Italia  potrebbe  non  essere
risolutivo,  ben  potendo  quest'ultima,  nel  rispetto  dei  vincoli
giudiziali,   rideterminarsi   in   senso   nuovamente    sfavorevole
all'istante, con conseguente protrazione  della  vicenda  controversa
per un tempo incompatibile con le esigenze di certezza  e  di  tutela
delle situazioni giuridiche soggettive coinvolte. 
    12.3.  Ne'  si  ritiene  possibile   ravvisare   una   forma   di
«deterrente»,  adeguato  e  conforme  ai  principi  implicati,  nella
possibilita' che la Banca d'Italia eserciti una rivalsa nei confronti
dei  commissari,  ove  chiamata  a   rispondere   delle   conseguenze
risarcitorie nel giudizio civile azionato dagli  interessati  e  cio'
per plurime ragioni. In primo luogo  manca  una  norma  espressa  che
stabilisca l'esercizio obbligatorio dell'azione di rivalsa (prevista,
invece, nel sistema, per i magistrati, dall'art. 7, comma 1, legge n.
117 del 1988, novellato dalla legge  n.  18  del  2015,  pur  con  le
profonde differenze tra le  attivita'  esercitate  dai  commissari  e
l'esercizio  delle   funzioni   giurisdizionali   che   difficilmente
renderebbero giustificabili limitazioni  a  specifiche  casistiche  e
che, comunque, si inserisce in un impianto articolato e compiutamente
definito).  Sebbene  l'esercizio  di  detta  azione  discenda   dalle
generali regole in materia di responsabilita', rafforzate nel caso in
cui sussistano connotazioni pubbliche dei soggetti  coinvolti,  anche
la decisione riferita alla proposizione dell'azione di rivalsa  viene
a dipendere da una scelta dell'ente e in ogni caso non e'  risolutiva
nella prospettiva in esame. 
    12.3.1. La preclusione  dell'esercizio  dell'azione  diretta  nei
confronti del commissario straordinario, infatti, stante  la  stretta
interrelazione  tra  l'attivita'  dei  commissari  e  quelle  proprie
dell'Autorita' di vigilanza -  oltretutto  a  «geometria  variabile»,
alla luce delle previsioni dell'art.  72,  comma  1-bis  del  t.u.b.,
secondo quanto gia' rilevato ai capi 10, sub. 1.4 ed 11, sub. 8 della
presente pronuncia - rende  piu'  difficoltoso  l'accertamento  delle
responsabilita' e la  relativa  imputazione  rispetto  a  quello  che
nell'immediato potrebbe essere svolto nella sede propria e, cioe', in
quella giurisdizionale. Cio' ancor piu' ove, come  nel  caso  che  ne
occupa, alla evidenziata interrelazione delle  attivita'  si  associ,
tra l'altro, la prosecuzione dell'operato dei commissari per  effetto
di successive determinazioni della stessa Autorita';  il  riferimento
e',  precipuamente,  ai  diversi  incarichi  conferiti  ad  uno   dei
controinteressati,  il  quale  ha  assunto  non  solo  l'incarico  di
commissario straordinario ma anche quello di commissario  liquidatore
e di commissario speciale della Banca delle Marche. 
    Si osserva, inoltre, che se  l'accoglimento  della  richiesta  di
autorizzazione in esito  ad  una  apprezzamento  discrezionale  della
Banca d'Italia vale a recidere, in una certa misura,  analogamente  a
quanto certamente si verifica nell'ipotesi di dolo dei commissari, il
rapporto  organico,  ove  tale  autorizzazione  venga,   come   nella
fattispecie, denegata, l'imputazione  delle  responsabilita'  diviene
ancora  piu'  complessa,   rendendo   sostanzialmente   risibile   la
possibilita' che i commissari concretamente rispondano, sia  pure  in
sede  di  rivalsa,  delle  conseguenze  pregiudizievoli  del  proprio
operato. 
    13. Ad ulteriore supporto  di  quanto  sin  qui  argomentato,  il
Collegio ritiene anche di evidenziare, in una visione piu'  generale,
attenta all'attuale  sistema  di  gestione  delle  crisi  degli  enti
creditizi nel suo complesso considerato, che la direttiva 59/2014/UE,
detta anche Bank Recovery and Resolution Directive  (BRRD),  recepita
in Italia attraverso l'emanazione dei decreti legislativi 16 novembre
2015, numeri 180 e 181 (quest'ultimo gia' richiamato al capo  8,  sub
2, della presente decisione, in relazione alle modifiche dallo stesso
introdotte proprio all'art. 72, comma 9  del  t.u.b.),  nel  definire
l'istituto della risoluzione - per la prima volta applicato a livello
nazionale per quattro banche tra le quali, appunto,  la  Banca  delle
Marche  -  rispondente  allo  scopo  di  assicurare,  attraverso   la
continuita'  aziendale,  la   stabilita'   finanziaria,   congiurando
ripercussioni sistemiche con un efficace contenimento degli  oneri  a
carico delle finanze pubbliche, ha fissato, tra i  principi  cardine,
quello  della  responsabilita'  delle  persone  fisiche,  oltre   che
giuridiche, per  il  dissesto  dell'ente,  dovendosi  intendere  tale
principio,  di  portata  generale,  riferito  non  solo  alle   cause
«genetiche» del dissesto ma anche all'aggravamento  della  situazione
con una connotazione in termini di eccezionale gravita'  (l'art.  34,
comma 1, lettera e) della direttiva, infatti,  impone  l'obbligo  per
gli Stati membri «a che, nell'applicare gli strumenti ed esercitare i
poteri di risoluzione, le autorita' di risoluzione prendano tutte  le
misure atte a garantire che l'azione di risoluzione  sia  avviata  in
conformita'», tra gli altri, al principio  in  forza  del  quale  «le
persone   fisiche   e   giuridiche   sono   tenute   a    rispondere,
subordinatamente al diritto dello Stato membro, a norma  del  diritto
civile  o  penale,  delle  loro  responsabilita'  per   il   dissesto
dell'ente»). Se si considera che la procedura di risoluzione, con  la
quale, in sostanza, si sottrae la banca in dissesto alla procedura di
insolvenza normalmente prevista, e cio' al fine di ridurre il rischio
sistemico e gli oneri a carico della collettivita', implica drastiche
ricadute sugli investitori, in primis sugli azionisti  -  (il  quinto
«considerando» della direttiva specifica, al riguardo che: «Il regime
dovrebbe assicurare che gli azionisti sostengano le perdite per primi
e che i creditori le sostengano dopo gli  azionisti,  purche'  nessun
creditore subisca perdite superiori a quelle che  avrebbe  subito  se
l'ente fosse stato liquidato con procedura ordinaria  di  insolvenza,
in conformita' del principio secondo cui nessun creditore puo' essere
svantaggiato, come specificato nella presente direttiva»)  -  risulta
vieppiu' imprescindibile  un  accertamento,  tempestivo,  completo  e
rigoroso, delle responsabilita' di tutti  i  soggetti  che,  a  vario
titolo, possono avere concorso a determinare la gravita' dello  stato
economico e finanziario della banca, come emergente  all'avvio  della
procedura di risoluzione e, dunque, quale risultante  delle  condotte
riferite a tutte le varie fasi precedenti. 
    14. In tale  quadro,  inoltre,  non  pertinenti  si  ritengono  i
riferimenti della  Banca  d'Italia  a  diverse  fattispecie  previste
dall'ordinamento nelle quali il filtro all'esercizio  dell'azione  di
responsabilita' opera con differenti modalita'  ovvero  per  distinti
scopi. 
    14.1. Il raffronto con la previsione dell'art. 136, comma  3  del
decreto legislativo n. 14 del 2019, recante il  «Codice  della  crisi
d'impresa», che subordina,  confermando  il  precedente  impianto  di
disciplina, l'azione di responsabilita' contro il  curatore  revocato
all'autorizzazione del giudice delegato, non e'  conferente  e  cio',
anche a prescindere dal presupposto della revoca, in quanto il vaglio
viene comunque svolto da  un  giudice  e,  dunque,  con  le  connesse
garanzie di imparzialita'.  Il  Collegio,  inoltre,  con  ampliamento
dell'analisi rispetto alle deduzioni articolate  dalla  difesa  della
Banca d'Italia, non puo' che rilevare una profonda differenza tra  la
disposizione dell'art. 72, comma 9, t.u.b. e gli articoli  38  e  199
del regio decreto n. 267  del  1942  (con  riferimento  ai  quali  si
specifica che i  rinvii  a  tali  previsioni  contenuti  nelle  leggi
speciali in materia  di  liquidazione  coatta  amministrativa  devono
intendersi effettuati alle disposizioni del  decreto  legislativo  12
gennaio 2019, n. 14), giacche' la subordinazione  all'autorizzazione,
ai sensi dei richiamati  articoli  38  e  199,  rispettivamente,  del
giudice delegato e dell'autorita' di  vigilanza  sulla  liquidazione,
della proposizione dell'azione di responsabilita' nei  confronti  del
curatore e del commissario liquidatore, opera  solo  con  riferimento
all'azione proponibile durante la procedura e dal  nuovo  curatore  o
commissario liquidatore, giustificandosi, pertanto,  l'autorizzazione
non gia' in funzione di protezione del  curatore  o  del  commissario
liquidatore ma quale forma di  integrazione  dei  poteri  dell'organo
sottordinato. 
    14.2. Del pari, la previsione dell'art. 72, comma 5,  t.u.b.  che
condiziona l'azione sociale di responsabilita' contro  i  membri  dei
disciolti organi amministrativi  e  di  controllo  all'autorizzazione
della Banca d'Italia - analogamente,  peraltro,  a  quanto  stabilito
dalla disciplina in materia di amministrazione straordinaria  imprese
in stato di insolvenza di cui al decreto legislativo 8  luglio  1999,
n. 270 - non si ritiene pertinente, rispondendo  alla  ratio  di  una
condivisione della  valutazione  in  ordine  alla  sussistenza  degli
elementi  integranti  tale   responsabilita'   per   le   conseguenze
suscettibili di scaturire dall'esito di un giudizio che  non  involge
la posizione di soggetti nominati dall'ente medesimo ne' direttamente
quest'ultimo. E' di immediata evidenza che la prospettiva dalla quale
muove  la  previsione  dell'autorizzazione   della   Banca   d'Italia
nell'ipotesi prefigurata dall'art. 72, comma 5, t.u.b. e'  di  tutela
dell'interesse  pubblico  alla  migliore  gestione  della  procedura,
consentendo all'Autorita' di svolgere  un  preliminare  vaglio  della
potenziale idoneita' dell'iniziativa giurisdizionale prospettata  dai
commissari a contribuire al ripristino del patrimonio  sociale.  Cio'
assume particolare rilievo ove, come nella fattispecie, la  procedura
sia priva di  risorse  e  riferita  ad  una  vicenda  sfociata,  poi,
nell'avvio della risoluzione con conseguente esposizione della  Banca
d'Italia ad anticipare ai commissari  le  spese  per  lo  svolgimento
dell'incarico (art. 92-bis,  t.u.b.).  Per  contro,  l'autorizzazione
prevista  dall'art.  72,  comma  9,  si  risolve  nella  tutela   dei
commissari  straordinari  a  non  essere  convenuti  in  giudizio,  a
difendersi «dal» processo anziche' «nel»  processo  e,  di  riflesso,
della stessa Banca d'Italia in rapporto alle proprie responsabilita',
con  maggiore  difficolta'  di  una  tutela   giurisdizionale   degli
interessati realmente piena ed effettiva. 
    15. Emerge, anzi, al riguardo, l'ulteriore contrasto della  norma
sospettata di incostituzionalita' con l'art.  3  della  Costituzione,
nella misura  in  cui  incide  sulla  eguaglianza  dei  soggetti  nei
confronti del principio di responsabilita' per gli atti  commessi  in
violazione dei diritti, ponendosi quale eccezione non giustificata da
un'effettiva diversita' di situazioni  oggettive  e  soggettive,  con
l'ulteriore  rilievo  della  disparita'  rispetto  ad  altri   agenti
pubblici che svolgono compiti non meno elevati e importanti di quelli
spettanti ai commissari straordinari. 
    15.1. Soccorrono, anche al riguardo, le considerazioni articolate
dalla stessa Corte costituzionale nella  sentenza  n.  94  del  1963,
nella quale, nel pronunciarsi, come  gia'  rilevato,  sulla  garanzia
prevista dall'art. 16,  codice  di  procedura  civile,  per  i  reati
commessi in servizio di polizia,  evidenzia  che:  «Ritiene,  invece,
questa Corte che il contrasto si manifesti chiaramente con l'art.  28
della Costituzione. Il potere  conferito  al  Ministro  di  grazia  e
giustizia di concedere o negare l'autorizzazione a procedere a carico
degli ufficiali  o  agenti  di  polizia  giudiziaria  o  di  pubblica
sicurezza per fatti compiuti in servizio, e  relativi  all'uso  delle
armi o  di  altro  mezzo  di  coazione  fisica,  si  traduce  in  una
violazione del principio della diretta responsabilita' dei funzionari
e  dipendenti  dello  Stato  e  degli  enti  pubblici.  Il  carattere
processuale della condizione posta  dall'art.  16,  che  l'Avvocatura
dello Stato tiene a porre in rilievo, non vale ad escludere,  in  una
integrale valutazione della posizione dei cittadini  di  fronte  alla
legge, che attraverso  quella  norma  il  principio  della  eguale  e
diretta  responsabilita'  dei  funzionari   subisca   una   effettiva
violazione. D'altra parte  nemmeno  puo'  valere,  a  sostegno  della
legittimita'   costituzionale   della   norma   impugnata,    l'altra
argomentazione posta dall'Avvocatura dello Stato, cioe' che la  norma
in questione  sia  dettata  per  stabilire  non  gia'  un  privilegio
personale, bensi'  soltanto  una  garanzia  per  la  funzione.  Anche
ammettendo un siffatto generale  fondamento  della  norma,  la  Corte
ritiene che esso non valga ad escludere in definitiva la incidenza di
essa sulla eguaglianza dei soggetti di  fronte  alla  responsabilita'
per gli atti commessi  in  violazione  dei  diritti.  Cio',  inoltre,
appare ancora piu' evidente se dal  principio  fissato  dall'art.  28
della Costituzione, si risale, in una piu' ampia  considerazione  del
sistema, al generale principio di  eguaglianza  sancito  dall'art.  3
della Costituzione stessa, principio per il quale una  eccezione  nel
caso in esame non troverebbe, ad avviso di questa Corte, il razionale
fondamento di una effettiva  diversita'  di  situazioni  oggettive  e
soggettive». 
    15.2. A fortiori nella  fattispecie,  il  sostanziale  privilegio
personale accordato ai commissari  straordinari  non  appare  trovare
copertura neanche in relazione alla funzione svolta. 
    16.  Il  Collegio  dubita,  altresi',  della  conformita'   della
previsione   che   stabilisce   la   subordinazione    dell'esercizio
dell'azione giurisdizionale nei confronti dei commissari straordinari
all'autorizzazione  della  Banca  d'Italia  con   l'art.   24   della
Costituzione,  che  nella  sua  piu'  immediata  e  diretta   portata
riconosce il diritto fondamentale di accesso ad un giudice,  terzo  e
imparziale, integrando il «filtro» dell'Autorita'  di  vigilanza  una
limitazione  suscettibile  di  determinare,   come   avvenuto   nella
fattispecie, una preclusione  dell'esercizio  delle  tutele  previste
dall'ordinamento. 
    16.1. Al riguardo, si  e'  gia'  avuto  modo  di  evidenziare  ai
precedenti capi della presente pronuncia, che  il  potere  esercitato
dalla Banca d'Italia nel procedimento che viene  in  rilievo  riveste
natura discrezionale e sono  stati  anche  illustrati  i  limiti  del
sindacato giurisdizionale su tale potere, i quali, pur tenendo  conto
dei rilevanti approdi raggiunti dalla  giurisprudenza  amministrativa
nel senso delle piu' ampie  garanzie  di  effettivita'  della  tutela
giurisdizionale, non consentono la sostituzione da parte del  giudice
di una decisione assunta dall'Autorita' di vigilanza  che  superi  il
vaglio della plausibilita'. Cio' determina un  vuoto  ed  uno  stallo
nella tutela, giacche', come pure sopra  evidenziato,  ne'  la  Banca
d'Italia, ne' il giudice amministrativo, per motivi diversi,  possono
svolgere il  ruolo  di  giudice  di  azioni  civili  risarcitorie  ex
articoli 2393 e seguenti del codice civile restando, quindi, precluso
quel sindacato pieno che le garanzie costituzionali  del  diritto  di
tutela e difesa impongono. 
    16.2.  Come   reiteratamente   affermato   dalla   giurisprudenza
costituzionale, il precetto di cui all'art. 24 Cost. risulta  violato
quando sia imposto un onere ovvero vengano prescelte  modalita'  tali
da rendere  impossibile  o  estremamente  difficile  l'esercizio  del
diritto di difesa da parte di uno qualunque degli interessati  (cfr.,
ex multis, Corte costituzionale 22 dicembre 1989, n. 568). 
    16.3. La particolare posizione rivestita  dalla  Banca  d'Italia,
sia in  quanto  autorita'  amministrativa  che  nomina  i  commissari
straordinari, sia in ragione del significativo  potere  di  incidenza
sulla  procedura  di  amministrazione   straordinaria,   oltre   alla
sussistenza di possibili conflitti di interesse in quanto chiamata  a
rispondere in via diretta dell'operato dei commissari, dovrebbe  gia'
di per se' costituire elemento ostativo della legittimita' del filtro
all'esercizio delle azioni giurisdizionali  che  vengono  in  rilievo
(cfr.  Corte  costituzionale  n.  4  del  1965,  cit.,   nonche'   le
considerazioni articolate nella sentenza della medesima Corte  n.  97
del 2019). A cio'  si  associa  il  carattere  non  temporaneo  della
preclusione, come gia' evidenziato non limitata alla  pendenza  della
procedura di amministrazione straordinaria e, comunque, suscettibile,
anche  tenuto   conto   degli   sviluppi   successivi   al   giudizio
amministrativo sulla legittimita' della determinazione reiettiva,  di
determinare una radicale compromissione della tutela (si  rinvia,  al
riguardo, alle considerazioni articolate al  capo  12,  sub  2  della
presente decisione; cfr. anche Corte costituzionale, 17 aprile  1969,
n. 87). Estranee alla ratio della previsione sono,  inoltre,  logiche
ispirate ad agevolare  una  composizione  extragiurisdizionale  delle
vicende controverse che pure non possono attuarsi con modalita'  tali
da compromettere, sostanzialmente  precludendolo,  il  diritto  degli
interessati di  adire  l'autorita'  giurisdizionale  ordinaria  (cfr.
Corte costituzionale n. 123 del 2018; id. n. 530 del 1989 e n. 15 del
1991). 
    16.4. Deve, altresi', osservarsi che la previsione  normativa  in
esame neppure circoscrive il  vaglio  della  Banca  d'Italia  ad  una
valutazione ancorata a parametri obiettivi attinenti alla sussistenza
dei  presupposti  fondamentali  delle  azioni;   e,   invero,   anche
interpretando la disposizione nel senso che la stessa  introduca  una
verifica incentrata sulla manifesta  pretestuosita'  ed  infondatezza
dell'azione, tale  giudizio  finisce  inevitabilmente  con  involgere
profili  attinenti  al  merito  dell'azione  che  l'istante   intende
proporre, riservati al  giudice  ordinario,  risultando  estremamente
difficile, in concreto, un  netto  discernimento,  nella  valutazione
degli   elementi   rappresentati   dagli   istanti   e    considerati
dall'Autorita' di vigilanza, tra profili di infondatezza manifesta  e
non manifesta, incentrati su una  graduazione  fortemente  dipendente
dell'apprezzamento e dalla sensibilita' di chi e' deputato a svolgere
tale valutazione, nella  fattispecie  neppure  imparziale  in  quanto
interessato in proprio allo stesso giudizio di responsabilita'. 
    17. Non va sottaciuto che il giudizio concernente  l'accertamento
delle responsabilita' ex articoli 2393 e seguenti del codice civile e
le connesse tutele risarcitorie, per il suo  oggetto  e  per  la  sua
natura, implica esercizio di giurisdizione e cio'  anche  per  quanto
attiene alla verifica  delle  relative  condizioni  fondamentali,  e,
quindi, di funzione del tutto  estranea  alla  sfera  amministrativa,
risultando altrimenti violati anche i principi  cristallizzati  negli
articoli 101, 102, 103 e 113 Cost. 
    17.1. Dalla previsione dell'autorizzazione della  Banca  d'Italia
in argomento  scaturisce,  infatti,  una  indebita  interferenza  con
l'attivita' giurisdizionale, affidandosi all'autorita' amministrativa
attribuzioni  che  finiscono  con  lo  spogliare  il  giudice   delle
prerogative che costituzionalmente gli pertengono. Cio' a discapito e
con compromissione anche della  garanzia  costituzionale  del  giusto
processo di cui  all'art.  111  Cost.,inscindibilmente  connessa  con
l'effettivita' e pienezza della tutela. 
    18. L'art. 72, comma 9 del t.u.b., dunque,  determina  un  vulnus
nel sistema della tutela giurisdizionale, che puo' essere  pienamente
colto nella considerazione dei limiti del  sindacato  giurisdizionale
amministrativo sul provvedimento che definisce il procedimento avente
ad oggetto l'autorizzazione ad agire in giudizio - tenuto,  peraltro,
conto  che  tale  provvedimento   attinge   a   cognizioni   tecniche
specialistiche proprie di settori disciplinari  specifici  (quali  la
finanza, la  gestione  bancaria),  che  confluiscono  in  valutazioni
caratterizzate da  margini  di  opinabilita',  con  il  limite  della
relativita' di ogni  valutazione  tecnica  e  scientifica  basata  su
conoscenze di settore, potendo il  giudice  amministrativo  censurare
solo  ab  extrinseco  tali  valutazioni   -   e   della   preclusione
all'accertamento  del   giudice   ordinario   che   il   diniego   di
autorizzazione determina. 
    18.1. La natura altamente tecnica  delle  valutazioni  effettuate
dalla  Banca  d'Italia  in  ordine  all'istanza   di   autorizzazione
presentata ai sensi del citato art. 72, rivolte in modo  approfondito
al  merito  delle  questioni   poste   alla   base   della   ritenuta
responsabilita' dei commissari, e i limiti del  sindacato  consentito
al  giudice  amministrativo  sul   conseguente   provvedimento,   non
consentono,  infatti  -  contrariamente  a  quanto  affermato   dalla
costante giurisprudenza - di addivenire ad un giudizio di equivalenza
tra tale  sindacato  e  l'accertamento  esperibile  in  sede  civile,
determinandosi, quindi,  una  sostanziale  sottrazione  al  controllo
giurisdizionale dell'operato dei commissari. 
    18.2. Neppure e'  possibile  sostenere  che  la  circostanza  che
nessun filtro sia, per contro, previsto  all'esercizio  delle  azioni
civili nei confronti della  Banca  d'Italia  valga  a  ricondurre  in
equilibrio il sistema sul piano dei principi, a cio' ostandovi, oltre
alle previsioni dell'art. 28 Cost., la dimensione della tutela  delle
situazioni giuridiche soggettive degli interessati, come definita nel
nostro ordinamento,  la  quale  lungi  dall'esaurirsi  ad  un  ambito
meramente  patrimoniale  pone  al  centro   tutte   le   implicazioni
personalistiche,  in  conformita'  alla   sfera   di   inviolabilita'
riconosciuta,  sul   piano   piu'   generale,   dall'art.   2   della
Costituzione. E, del resto, l'accertamento della responsabilita'  non
puo' che avvenire nei confronti dei soggetti cui  si  imputa  in  via
diretta e immediata la produzione del danno,  i  quali  sono  a  loro
volta  garantiti  nei  propri  diritti  di  difesa   giurisdizionale,
attenendo la relativa riparazione ad una fase distinta  e  successiva
sul piano logico prima ancora che giuridico. 
    19. Il carattere distonico della  previsione  in  esame  rispetto
alla coerenza generale dell'ordinamento ed alla trama  costituzionale
che vi sottende, e' reso ancor piu' evidente alla luce  dei  principi
affermati dalla Corte costituzionale (sentenza n. 164 del  2017)  con
riferimento  all'abolizione  del  «filtro  di  ammissibilita'»  della
domanda risarcitoria per gli atti adottati  dai  magistrati,  di  cui
alla legge n. 18 del 2015,  laddove,  pur  premettendosi  che  «nella
materia in esame occorre perseguire il delicato bilanciamento tra due
interessi  contrapposti:  da  un  lato,  il  diritto   del   soggetto
ingiustamente danneggiato da un provvedimento giudiziario ad ottenere
il ristoro del pregiudizio patito, ...  (sentenza  n.  2  del  1968);
dall'altro, la salvaguardia delle funzioni giudiziarie  da  possibili
condizionamenti,  a  tutela  dell'indipendenza  e  dell'imparzialita'
della  magistratura,  "in  quanto  la  peculiarita'  delle   funzioni
giudiziarie e  la  natura  dei  relativi  provvedimenti  suggeriscono
condizioni e limiti alla responsabilita' dei  magistrati,  specie  in
considerazione dei disposti costituzionali appositamente dettati  per
la magistratura (art. 101 e 113), a tutela della sua  indipendenza  e
dell'autonomia delle sue funzioni" (sentenza n. 26 del 1987)», si  e'
giunti a ritenere non essere «costituzionalmente necessario, infatti,
che, per bilanciare i contrapposti interessi di cui si e' detto,  sia
prevista  una  delibazione  preliminare   dell'ammissibilita'   della
domanda contro lo Stato, quale strumento indefettibile di  protezione
dell'autonomia e dell'indipendenza della magistratura». 
    19.1.  Tali  affermati  principi,  resi  con   riferimento   alla
responsabilita' civile  dei  magistrati  -  e  pur  se  calati  nello
specifico meccanismo delineato dalla legge n. 18 del 2015,  quanto  a
separazione tra responsabilita' dello  Stato  e  dei  magistrati,  ai
relativi presupposti ed alle ipotesi di  rivalsa  -  e,  quindi,  con
riferimento  ad  una  funzione  assistita  da   specifiche   garanzie
costituzionali a presidio  dell'autonomia  ed  indipendenza,  rendono
ancora piu' evidente il carattere derogatorio della norma  sospettata
di incostituzionalita', riguardando il previsto filtro attivita' che,
oltre  a  non  trovare  diretta  copertura  costituzionale  non  sono
univocamente riconducibili alla tutela del risparmio di cui  all'art.
47 della Costituzione, con la conseguenza che tale filtro non  appare
rispondere al carattere di indispensabilita' ne' essere il frutto  di
un ragionevole bilanciamento tra contrapposti interessi. 
    19.2. E, anzi, proprio la particolare  delicatezza  del  settore,
considerata  la  rilevanza  degli  interessi  economici   e   sociali
coinvolti in ogni crisi bancaria, suscettibile di  determinare  gravi
conseguenze e rischi di danni irrimediabili  nel  tessuto  sociale  e
imprenditoriale  rappresentato  dal  bacino  di  utenza  della  banca
(cittadini, imprese, enti pubblici e privati), induce  ad  escludere,
sul piano della necessita' e ragionevolezza, la previsione del filtro
all'accesso  alla  tutela  giurisdizionale,   potendo   eventualmente
soccorrere rispetto alle esigenze di preservare il sereno operato dei
commissari - gia', comunque, adeguatamente garantito finanche con  la
limitazione della propria responsabilita' ai  soli  casi  di  dolo  e
colpa grave - altri strumenti, secondo quanto  rilevato  al  capo  12
della presente decisione. Cio' con  l'ulteriore  e  non  trascurabile
rilievo che tutta la normativa del settore bancario,  eurounitaria  e
nazionale, pone a proprio fulcro la tutela del risparmio,  attraverso
la previsione non solo di puntuali vincoli, ma  anche  di  un  quadro
variegato   di   poteri,   regolatori,   di   vigilanza,   controllo,
autorizzatori che involgono anche (come pure  si  e'  avuto  modo  di
esplicitare)  la  gestione   della   procedura   di   amministrazione
straordinaria, con la conseguenza che il filtro  stabilito  dall'art.
72, comma 2, si appalesa del tutto ultroneo e, anzi,  pregiudizievole
in rapporto ai fondamentali interessi implicati, sia generali, sia di
tutela dei soggetti che assumano essere  stati  negativamente  incisi
dall'operato dei commissari. 
    19.3. Vale, al riguardo, ulteriormente ribadire che tale  filtro,
proprio in quanto demandato alla Banca d'Italia e non  ad  un  organo
giurisdizionale in posizione di terzieta', oltre a radicare il dubbio
di' una violazione delle attribuzioni  definite  dalla  Costituzione,
non si presta ad  una  assimilazione  con  il  previgente  meccanismo
stabilito dall'art. 5 della legge n. 117  del  1988,  abrogato,  come
sopra esposto, dalla legge n. 18 del 2015, sia in  quanto  il  vaglio
non viene svolto da un giudice sia per l'assenza di un nitido e reale
fondamento. 
    19.4.   L'eventuale   esigenza   di   preservare   la   serenita'
dell'operato dei commissari straordinari  -  che,  come  evidenziato,
appare costituire la  ratio  fondatrice  della  norma  sospettata  da
incostituzionalita' - non puo', infatti, comunque prescindere  da  un
complessivo quadro fenomenologico che  possa  determinare  una  cosi'
forte incidenza, per qualita',  intensita',  univocita'  ed  evidenza
della sua direzione, oltre che per  immediatezza  ed  estensione  dei
suoi effetti, da radicare una effettiva interferenza sulle condizioni
in cui i commissari sono chiamati ad operare. Orbene, il collegio non
ravvisa   la    sussistenza    di    condizioni    di    interferenza
nell'espletamento dell'attivita' che viene in rilievo tali  da  poter
giustificare una cosi' incisiva  diversificazione  sul  fronte  della
responsabilita' civile dei commissari  rispetto  a  tutti  gli  altri
soggetti inseriti in un rapporto  organico  con  enti  pubblici  (ivi
compresi  i  magistrati,  per  i   quali   e'   stato   dalla   Corte
costituzionale disconosciuto il rilievo  costituzionale  del  filtro;
cfr. capo 19 della presente sentenza). Ne' tale interferenza potrebbe
discendere dall'eliminazione del  previsto  filtro,  con  conseguente
espansione delle ordinarie regole processuali e sostanziali. 
    20. Il  collegio  dubita,  inoltre,  della  compatibilita'  della
disciplina censurata con l'art. 117, primo comma, Cost., in relazione
all'art.  6  della  Convenzione  per  la  salvaguardia  dei   diritti
dell'uomo e delle liberta' fondamentali (CEDU), firmata a Roma  il  4
novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4  agosto  1955,
n. 848. 
    20.1.  La  Corte  europea  dei  diritti  dell'uomo  ha,  infatti,
chiarito che il diritto  ad  un  equo  processo  incorpora  anche  il
diritto di accesso ad un tribunale (cfr., ex multis, sentenza del  24
febbraio 2009, - Ricorso n. 46967/07 - C.G.I.L. e Cofferati c. Italia
Edificaciones March Gallego SA. c. Spagna, 19 febbraio  1998,  §  34,
Recueil des arrets et decisions  1998  I),  non  potendosi  ammettere
restrizioni tali da comprometterne il contenuto essenziale. 
    20.2.  Cio'  posto,  il  collegio   ritiene   che   l'imposizione
dell'obbligo di richiedere un'autorizzazione alla Banca d'Italia  per
la proposizione delle azioni civili avverso i commissari straordinari
dalla stessa nominati possa risultare in contrasto con l'art. 6, § 1,
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
liberta' fondamentali, come  interpretato  dalla  Corte  europea  dei
diritti dell'uomo ed assunto quale fonte integratrice  del  parametro
di costituzionalita' di cui all'art. 117, comma 1 Cost., laddove tale
articolo prescrive che la potesta' legislativa sia  esercitata  dallo
Stato  nel  rispetto  degli  obblighi  internazionali   (cfr.   Corte
costituzionale numeri 347 e 348 del 2007). 
    21. Il collegio ritiene, infine, rilevante l'ulteriore  parametro
degli articoli 11 e 117 Cost., sia alla luce  di  quanto  esposto  al
capo 13 della presente decisione con riferimento all'art.  34,  comma
1, lettera e) della direttiva  59/2014/UE  (BRRD)  sia  in  relazione
all'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione  europea
(CDFUE). 
    21.1. Va premesso che nella fattispecie  in  esame  si  verte  in
materia che rientra nel campo di applicazione del diritto dell'Unione
europea che proprio con riferimento al settore bancario, in esito  ad
un radicale processo evolutivo, ha  realizzato  una  vera  e  propria
unione bancaria, caratterizzata da una vigilanza pienamente integrata
a livello  euronitario,  focalizzata  sulle  garanzie  a  tutela  del
sistema nel suo complesso e delle situazioni giuridiche soggettive di
tutti i soggetti coinvolti. Ricorre pertanto, nel presente  giudizio,
il  presupposto  di  applicabilita'  anche  della  CDFUE   costituito
dall'essere la  fattispecie  dedotta  in  giudizio  disciplinata  dal
diritto  europeo  -  in  quanto  inerente  ad  atti  e  comportamenti
nazionali che danno attuazione al diritto dell'Unione - e non gia' da
sole norme nazionali prive di ogni legame con tale diritto (vedi art.
51, comma 1, CDFUE; cfr. Corte costituzionale 11 marzo 2011,  n.  80,
p. 5.5, ove i richiami a CGUE 5 ottobre 2010, J. McB.,  C400/10  e  a
CGUE 12 novembre 2010, Krasimir, C399/10). 
    21.2. L'art. 47, comma 1, della CDFUE dispone: «Ogni individuo  i
cui diritti e le cui liberta' garantiti dal diritto dell'Unione siano
stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice,
nel rispetto delle condizioni previste nel  presente  articolo.».  La
lettera di tale disposizione, quindi, non si limita ad  enucleare  un
principio  ma  attribuisce  un  diritto,  con  conseguente   astratta
suscettibilita' di applicazione diretta e immediata negli ordinamenti
nazionali dei paesi membri dell'Unione europea. 
    21.3. Anche con riferimento a tale previsione, pertanto, emergono
i dubbi di conformita' del disposto dell'art. 72, comma 9 del  t.u.b.
per le ragioni gia' esplicitate nei capi che precedono. 
    22. Deve, quindi, ritenersi ricorrere nella specie una ipotesi di
c.d. doppia pregiudizialita', in  quanto  la  disposizione  contenuta
nell'art. 72, comma 9  del  t.u.b.  da'  luogo  sia  a  questioni  di
legittimita' costituzionale  sia,  simultaneamente,  a  questioni  di
compatibilita' con il diritto dell'Unione. 
    22.1. Cio' posto, il collegio osserva che,  come  chiarito  dalla
Corte costituzionale (sentenze n. 269 del 2017 e n. 20 del 2019),  in
tali casi, fatto salvo il ricorso  al  rinvio  pregiudiziale  per  le
questioni di interpretazione o di invalidita' del diritto dell'Unione
europea, ai  sensi  dell'art.  267  del  Trattato  sul  funzionamento
dell'Unione europea (TFUE), come modificato dall'art. 2 del  Trattato
di Lisbona del 13 dicembre 2007 e ratificato  dalla  legge  2  agosto
2008, n. 130, «va preservata  l'opportunita'  di  un  intervento  con
effetti erga  omnes»  della  Corte  costituzionale,  «in  virtu'  del
principio  che  situa  il  sindacato   accentrato   di   legittimita'
costituzionale a fondamento  dell'architettura  costituzionale  (art.
134  Cost.),  precisando  che,  in   tali   fattispecie,   la   Corte
costituzionale giudichera' alla  luce  dei  parametri  costituzionali
interni, ed eventualmente anche di quelli europei (ex articoli  11  e
117, primo comma, Cost.), comunque secondo l'ordine che di  volta  in
volta risulti maggiormente appropriato». 
    22.2. Il collegio ritiene, pertanto, in adesione alla prospettiva
delineata dalla Corte costituzionale di risolvere la segnalata doppia
pregiudizialita' privilegiando,  in  prima  battuta,  l'incidente  di
costituzionalita'   e   di   sottoporre   al   vaglio   della   Corte
costituzionale anche  la  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 72, comma 9, con riferimento agli articoli 11 e 117 Cost. 
    23. Sulla base delle esposte considerazioni, il Collegio ritiene,
quindi, necessaria la sospensione del giudizio e la rimessione  degli
atti alla Corte costituzionale affinche' si pronunci sulla questione. 
    24. Ogni ulteriore statuizione in rito, in  merito  e  in  ordine
alle spese resta riservata alla decisione definitiva. 
 
                               P. Q. M. 
 
    Il Tribunale  amministrativo  regionale  per  il  Lazio  (Sezione
seconda bis), non definitivamente pronunciando sul giudizio  iscritto
al numero di registro generale 5723  del  2018,  come  integrato  con
motivi aggiunti, cosi statuisce: 
        a) rigetta parzialmente, nei sensi e nei  limiti  di  cui  in
motivazione,  il  ricorso  introduttivo  ed  il  ricorso  per  motivi
aggiunti; 
        b) dichiara  rilevante  e  non  manifestamente  infondata  la
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 72,  comma  9  del
decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385,  nella  parte  in  cui
subordina la proposizione  delle  azioni  civili  nei  confronti  dei
commissari  straordinari  alla  previa  autorizzazione  della   Banca
d'Italia, per contrasto con gli articoli 3, 24, 28, 47, 97, 101, 102,
103, 111, 113 e 117, primo comma, della Costituzione, quest'ultimo in
relazione all'art.  6  della  Convenzione  per  la  salvaguardia  dei
diritti dell'uomo e delle liberta'  fondamentali  (CEDU),  firmata  a
Roma il 4 novembre 1950, ratificata e  resa  esecutiva  con  legge  4
agosto 1955, n. 848, nonche' per contrasto con gli articoli 11 e  117
della Costituzione; 
        c) sospende il giudizio in corso; 
        d) ordina che la presente sentenza, a cura  della  segreteria
della Sezione, sia notificata  a  tutte  le  parti  in  causa  ed  al
Presidente del Consiglio dei ministri, e comunicata al Presidente del
Senato della Repubblica ed al Presidente della Camera dei deputati; 
        e) dispone la trasmissione degli atti, sempre  a  cura  della
segreteria, alla Corte costituzionale; 
        f)  riserva  alla   decisione   definitiva   ogni   ulteriore
statuizione in rito, in merito e in ordine alle spese. 
    Ordina che  la  presente  sentenza  sia  eseguita  dall'autorita'
amministrativa. 
    Cosi' deciso in Roma, nelle camere di  consiglio  dei  giorni  22
novembre 2019 e 29 gennaio 2020, con l'intervento dei magistrati: 
        Elena Stanizzi, Presidente; 
        Brunella Bruno, consigliere-estensore; 
        Ofelia Fratamico, consigliere. 
 
                       Il Presidente: Stanizzi 
 
 
                                                   L'estensore: Bruno