N. 5 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 luglio 2020

Ordinanza del 20 luglio 2020 del Tribunale  amministrativo  regionale
per la Lombardia sul ricorso proposto da Zelasio Alessandro  e  altri
contro Comando generale dell'Arma dei carabinieri e  Ministero  della
difesa.. 
 
Processo amministrativo - Competenza - Prevista rilevazione d'ufficio
  del difetto di competenza finche' la causa non e' decisa  in  primo
  grado e nei giudizi di impugnazione, solo se dedotto con  specifico
  motivo avverso il capo  della  pronuncia  impugnata  che,  in  modo
  implicito o esplicito, ha statuito sulla competenza - Decisione del
  giudice, in ogni caso, sulla competenza prima di  provvedere  sulla
  domanda  cautelare  -  Possibilita'  di  eccepire  il  difetto   di
  competenza, in mancanza di  domanda  cautelare,  entro  il  termine
  previsto per la costituzione  in  giudizio  -  Preclusione  per  il
  giudice di  esaminare  nella  fase  di  merito,  sull'eccezione  di
  incompetenza territoriale, qualora, nella fase cautelare, sia stata
  implicitamente trattenuta la competenza. 
- Decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell'articolo
  44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per
  il riordino del processo amministrativo), art. 15, commi 1, 2 e 3. 
(GU n.6 del 10-2-2021 )
 
       IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOMBARDIA 
                            Sezione Terza 
 
    Ha pronunciato la presente ordinanza 
        sul ricorso  numero  di  registro  generale  2687  del  2017,
proposto da Alessandro Zelasio, rappresentato e difeso dagli avvocati
Paola Furreddu e Nicola  Gandini,  con  domicilio  eletto  presso  lo
studio della prima in Milano, corso  Sempione  n. 9,  contro  Comando
generale dell'Arma dei  carabinieri  -  Ministero  della  difesa,  in
persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura distrettuale dello Stato,  presso  i  cui  uffici  e'
domiciliato ex lege in Milano, via Freguglia n. 1, nei confronti Cera
Massimiliano, non costituito in giudizio; 
        sul ricorso  numero  di  registro  generale  2688  del  2017,
proposto da Francesco Contiero, rappresentato e difeso dagli avvocati
Paola Furreddu e Nicola  Gandini,  con  domicilio  eletto  presso  lo
studio della prima in Milano, corso  Sempione  n. 9,  contro  Comando
generale dell'Arma dei  carabinieri  -  Ministero  della  difesa,  in
persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura distrettuale dello Stato,  presso  i  cui  uffici  e'
domiciliato ex lege in Milano,  via  Freguglia  n. 1,  nei  confronti
Rejola Pescarini Pietro, non costituito in giudizio; 
        sul ricorso  numero  di  registro  generale  2689  del  2017,
proposto da Fabio Forelli,  rappresentato  e  difeso  dagli  avvocati
Paola Furreddu e Nicola  Gandini,  con  domicilio  eletto  presso  lo
studio della prima in Milano, corso Sempione n. 9,  contro  Ministero
della difesa, in  persona  del  legale  rappresentante  pro  tempore,
rappresentato e  difeso  dall'Avvocatura  distrettuale  dello  Stato,
presso i cui uffici e' domiciliato ex lege in Milano,  via  Freguglia
n. 1, nei confronti Michele Laghi, non costituito in giudizio; 
        sul ricorso  numero  di  registro  generale  2690  del  2017,
proposto da Carlo Tinella,  rappresentato  e  difeso  dagli  avvocati
Paola Furreddu e Nicola  Gandini,  con  domicilio  eletto  presso  lo
studio della prima in Milano, corso Sempione n. 9,  contro  Ministero
della difesa, in  persona  del  legale  rappresentante  pro  tempore,
rappresentato e  difeso  dall'Avvocatura  distrettuale  dello  Stato,
presso i cui uffici e' domiciliato ex lege in Milano,  via  Freguglia
n. 1; 
        sul ricorso  numero  di  registro  generale  2691  del  2017,
proposto da Cataldo Pantaleo, rappresentato e difeso  dagli  avvocati
Paola Furreddu e Nicola  Gandini,  con  domicilio  eletto  presso  lo
studio della prima in Milano, corso  Sempione  n. 9,  contro  Comando
generale dell'Arma dei  carabinieri  -  Ministero  della  difesa,  in
persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura distrettuale dello Stato,  presso  i  cui  uffici  e'
domiciliato ex lege in Milano, via Freguglia n. 1, nei confronti Ciro
Laudonia, non costituito in giudizio; 
    per l'annullamento 
        del decreto dirigenziale M_D GMIL REG2017 0461790  datato  17
agosto 2017, adottato dal Direttore generale della Direzione generale
per il personale militare del Ministero della difesa,  con  il  quale
non e' stata riconosciuta ai ricorrenti l'anzianita' di  servizio  in
conformita' all'art. 2212-duodecies del decreto legislativo 15  marzo
2010, n. 66, per il passaggio in ruolo, 
        nonche' di ogni atto connesso, conseguente e di presupposto. 
    Visti i ricorsi e i relativi allegati; 
    Visti gli atti di costituzione in giudizio  del  Ministero  della
difesa; 
    Visto l'art. 79, comma 1, del codice del processo amministrativo; 
    Visti l'art. 84 del decreto-legge n. 18 del 2020,  convertito  in
legge n. 27 del 2020, e l'art. 4 del decreto-legge n. 28 del 2020; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    1. Con ricorsi distinti, tutti depositati  in  data  25  novembre
2017, e rubricati rispettivamente con i numeri di  registro  generale
2687, 2688, 2689, 2690 e 2691 del 2017, Alessandro  Zelasio,  Tenente
Colonnello appartenente al ruolo speciale  ad  esaurimento  dell'Arma
dei carabinieri, Francesco Contiero, Tenente Colonnello  appartenente
al ruolo speciale ad esaurimento  dell'Arma  dei  carabinieri,  Fabio
Forelli, Maggiore  appartenente  al  ruolo  speciale  ad  esaurimento
dell'Arma dei carabinieri, Carlo Tinella,  Maggiore  appartenente  al
ruolo speciale ad esaurimento dell'Arma dei  carabinieri,  e  Cataldo
Pantaleo, Maggiore appartenente  al  ruolo  speciale  ad  esaurimento
dell'Arma dei carabinieri, hanno chiesto l'annullamento  del  decreto
dirigenziale di cui in epigrafe, con cui il  Ministero  convenuto  ha
rideterminato la loro anzianita' di servizio,  per  il  passaggio  in
ruolo, in asserita violazione dell'art.  2212-duodecies  del  decreto
legislativo n. 66 del 2010, novellato dal decreto legislativo  n.  95
del 2017. 
    2.  Si  e'  costituita  in  tutti  i  giudizi   l'amministrazione
intimata,  che  ha  chiesto  il  rigetto   del   ricorso,   eccependo
innanzitutto  l'incompetenza   territoriale   di   questo   Tribunale
amministrativo,  e  la  Sezione  ha  respinto  la  proposta   domanda
cautelare sotto il profilo del periculum. 
    Le cause sono state infine trattenute in  decisione  in  data  16
giugno 2020. 
    3. Preliminarmente, occorre riunire i ricorsi di cui in epigrafe,
trattandosi di domande  di  annullamento  rivolte  contro  lo  stesso
provvedimento. 
    4. Sempre preliminarmente, il Collegio deve verificare se gli  e'
preclusa o meno, nella odierna fase di  merito,  la  possibilita'  di
esaminare  l'eccezione   di   incompetenza   territoriale   sollevata
dall'amministrazione resistente. 
    Secondo   l'Avvocatura   distrettuale   dello    Stato    sarebbe
territorialmente competente il Tribunale amministrativo regionale per
il Lazio, in ragione della natura generale  dell'atto  impugnato,  da
cui deriva l'interesse al ricorso. 
    Invero, l'esame  di  tale  eccezione  e'  astrattamente  decisivo
dell'intera causa, in  quanto,  qualora  l'eccezione  dovesse  venire
accolta, il Tribunale adito non potrebbe pronunciare nel merito della
domanda principale  dedotta  in  giudizio,  ma  dovrebbe  dichiararsi
territorialmente incompetente. 
    4.1. In via generale, l'art. 15, comma 1, prima parte, del codice
del processo amministrativo prevede che «il difetto di competenza  e'
rilevato d'ufficio finche' la causa non e' decisa in primo grado». 
    Secondo questa norma, dunque,  anche  nella  fase  di  merito  il
giudice  adito  puo'  pronunciarsi  sulla  questione  di   competenza
territoriale. 
    Tuttavia, giurisprudenza consolidata (cfr. da  ultimo,  Consiglio
giustizia amministrativa, sentenza n. 182 del 2016) sostiene  che  il
citato primo comma dell'art. 15 sarebbe derogato  dal  secondo  comma
dello stesso articolo, secondo cui «In ogni caso  il  giudice  decide
sulla competenza prima di provvedere sulla domanda cautelare (...)». 
    L'inciso «in ogni  caso»,  unitamente  al  complesso  sistema  di
impugnazione  della  pronuncia  cautelare  che  abbia   ritenuto   la
competenza del giudice adito - cosi'  come  delineato  dall'art.  15,
comma 5 e dall'art. 16 del  codice  del  processo  amministrativo  -,
determinerebbero,  nel  caso  di  mancato  rilievo  dell'incompetenza
territoriale nella fase cautelare, una preclusione, oltre tale  fase,
anche nei confronti dell'organo decidente. 
    Tale giurisprudenza arriva  conseguenzialmente  a  sostenere  che
anche una pronuncia implicita sulla competenza, come quella contenuta
nell'ordinanza cautelare  emessa  nella  presente  controversia  (una
pronuncia  in  cui  cioe'  non  vi  e'  alcuna  indicazione  ne'   in
motivazione ne' in dispositivo dell'avvenuto esame nel  merito  della
questione di competenza), determinerebbe una  preclusione  definitiva
per il giudice di esaminare la questione di  competenza  territoriale
nella fase di merito. 
    Secondo  questa  impostazione,  dunque,  che  allo   stato   puo'
considerarsi diritto vivente - perche'  corrispondente  alla  lettera
della norma, oltre che alla ratio del  legislatore  delegato,  e  non
contrastata da un orientamento contrario in  grado  di  far  dubitare
della stabilizzazione di tale interpretazione -, il  tribunale  adito
non puo' piu' pronunciare nella  fase  di  merito  sull'eccezione  di
incompetenza  territoriale  formulata  dalla  difesa  del   Ministero
resistente,  in  quanto  avere  trattenuto  la  competenza  in   fase
cautelare -  decidendo  sulla  domanda  cautelare  stessa  -  avrebbe
determinato una  preclusione  processuale  definitiva  nei  confronti
delle parti e dell'organo decidente, e, cio', nonostante  l'eccezione
non sia mai stata esaminata e decisa motivatamente nel merito. 
    4.2. Il sistema, cosi' come cristallizzato, si espone peraltro ad
una duplice obiezione, sotto il profilo della sua compatibilita'  con
la Carta costituzionale. 
    Da un lato, comprime ingiustificatamente  le  facolta'  difensive
della parte che eccepisce l'incompetenza territoriale,  precludendole
la possibilita' di vedersi esaminata  la  sollevata  eccezione  nella
fase di merito dal giudice adito, qualora sia stata proposta  domanda
cautelare. 
    Dall'altro,  e  piu'  in  generale,  determina   un   regime   di
inderogabilita'  della  competenza  territoriale,  fin   dalla   sede
cautelare, e di stringenti preclusioni processuali sul rilievo  della
stessa, che non trovano alcun addentellato nella legge di  delega  n.
69 del 2009 - legge che ha stabilito i criteri di redazione del nuovo
codice del processo amministrativo -, e che anzi  contrasta,  per  la
ingiustificata compressione del diritto di difesa sopra  evidenziata,
con l'obiettivo di portata generale, perseguito dalla citata legge di
delega,   di   assicurare   maggiore   effettivita'   della    tutela
giurisdizionale. 
    5.  Ne  consegue  che  il  Collegio  ritiene  non  manifestamente
infondata la questione di illegittimita' costituzionale dell'art  15,
commi 1, 2 e 3 del codice del processo amministrativo, per violazione
degli articoli 3, 24, 25, 76 e 77, primo comma,  della  Costituzione,
nella parte in cui precludono al giudice di esaminare, pronunciare  e
decidere espressamente, nella fase di merito, e secondo il  principio
della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, sulla eccezione
di incompetenza territoriale, qualora nella fase cautelare sia  stata
trattenuta implicitamente la competenza stessa. 
    5.1. Sotto il profilo della violazione degli articoli 3, 24 e  25
della Costituzione, il combinato disposto  normativo  in  esame  pare
violare  il   diritto   di   difesa   della   parte   che   eccepisce
tempestivamente  l'incompetenza  territoriale  del  giudice  adito  e
produce un effetto di irragionevolezza e disallineamento nel  sistema
congegnato  dagli  articoli  15  e  16  del   codice   del   processo
amministrativo, distogliendo ingiustificatamente la parte che  ne  ha
interesse dal giudice naturale precostituito per legge rispetto  alla
concreta controversia azionata. 
    Invero, l'art. 15 del codice del processo amministrativo prevede,
senza operare un preciso coordinamento tra di  loro,  diversi  regimi
processuali in tema di decisione del giudice  di  primo  grado  sulla
competenza territoriale nel processo amministrativo,  a  seconda  del
rilievo di ufficio  o  su  eccezione  di  parte  della  questione  di
incompetenza, e sulla base della proposizione o  meno  della  domanda
cautelare. 
    Se non vi e' domanda cautelare, la questione puo' essere rilevata
di ufficio finche' la causa non e' decisa in  primo  grado,  ma  deve
essere  oggetto  di  pronuncia  immediata  e  separata,  tramite   la
fissazione di una speciale camera di consiglio, qualora  sussista  la
tempestiva eccezione di parte (art. 15,  comma  3,  seconda  e  terza
parte). 
    In questo caso,  non  vi  e'  dubbio  che  l'eccezione  di  parte
provochi una pronuncia  esplicita  e  specifica  sulla  questione  di
competenza  territoriale,  che  non  puo'  piu'  essere  rimessa   in
discussione nella successiva pronuncia di  merito  che  definisce  il
primo grado di giudizio. 
    Se vi e' domanda cautelare,  invece,  «il  giudice  decide  sulla
competenza prima di provvedere sulla  domanda  cautelare»  (art.  15,
comma 2), a prescindere dalla proposizione o meno  dell'eccezione  di
parte. 
    In altri termini, viene omessa, nell'ipotesi di  proposizione  di
domanda cautelare, la speciale camera di consiglio prevista dall'art.
15, comma 3 del codice del processo amministrativo, e questo  perche'
la questione di incompetenza puo' essere trattata assieme  e  «prima»
della definizione della questione cautelare. 
    Ma cio' implicherebbe, per  non  introdurre  un  irragionevole  e
deteriore regime della questione di competenza su eccezione di  parte
nel caso di proposizione di domanda cautelare, che nella  motivazione
e nel  dispositivo  che  pronuncia  sulla  domanda  cautelare  stessa
dovrebbe essere  esaminata  e  decisa  in  modo  esplicito  anche  la
questione di competenza. 
    Invece, secondo il sistema processuale  attualmente  vigente  nel
processo amministrativo di primo grado - cosi' come ricostruito dalla
giurisprudenza consolidata -,  l'impossibilita'  per  il  giudice  di
pronunciare sulla competenza  territoriale  dopo  la  fase  cautelare
potrebbe   rinvenirsi    anche    in    una    decisione    implicita
sull'incompetenza - cioe' senza statuizione espressa nel  dispositivo
(oltre che senza motivazione) -, e,  cio',  anche  se  nel  frattempo
l'incompetenza territoriale sia stata eccepita tempestivamente  dalla
parte,  poiche',  in  questo   caso,   bisognerebbe   intendere   «il
trattenere» la competenza territoriale in  fase  cautelare  come  una
statuizione - seppure implicita  -  definitiva  (e  quindi  non  piu'
emendabile nella fase di merito) sulla questione stessa. 
    In altri  termini,  la  parte  che  ha  eccepito  tempestivamente
l'incompetenza territoriale del giudice  adito  si  vede,  in  questo
caso,  precluso  definitivamente  l'esame  motivato,  con   pronuncia
espressa, della sua eccezione. 
    Tale preclusione comporta, a giudizio  del  Collegio,  e  per  le
ragioni gia' esposte, una possibile violazione degli articoli 3, 24 e
25 della Costituzione. 
    D'altra parte, risulta di per se' irragionevole  avere  stabilito
che l'incompetenza territoriale  puo'  essere  rilevata  dal  giudice
soltanto fino alla fase cautelare, da un lato perche' si collega  una
preclusione processuale ad una fase  soltanto  eventuale,  dall'altro
perche' la fase cautelare, per sua natura, e' caratterizzata  da  una
delibazione  sommaria  sulla  fondatezza  del  ricorso,   mentre   la
questione di competenza territoriale deve essere normalmente  decisa,
quale questione pregiudiziale di rito, nella fase di definizione  del
giudizio nel merito. 
    Al riguardo, quale tertium comparationis, basti osservare che  il
codice di procedura civile stabilisce che l'incompetenza per materia,
quella per valore e quella per territorio inderogabili sono  rilevate
d'ufficio non oltre l'udienza di  cui  all'art.  183  del  codice  di
procedura civile, ovvero non oltre l'udienza di trattazione,  che  e'
un'udienza a seguito della quale la causa puo' essere  gia'  ritenuta
dal giudice matura per la decisione di merito. 
    Non si vede pertanto perche' nel giudizio amministrativo  -  che,
salvo alcune significative eccezioni, recepisce la generalita'  degli
istituti processuali civilistici  -  la  decisione  sulla  competenza
territoriale  debba  essere  «confinata»  e  limitata  ad  una   fase
antecedente a quella di merito, merito che costituisce, vale la  pena
ricordarlo, il momento fisiologico di esame di tutte le questioni che
possono  avere  un   rilievo   decisivo   sulla   definizione   della
controversia. 
    5.2. Sotto il profilo poi della violazione degli  articoli  76  e
77,  primo   comma,   della   Costituzione,   la   nuova   disciplina
sull'incompetenza  territoriale  inderogabile  prevista  dal  decreto
legislativo n. 104 del 2010, per i profili odierni di rilevanza,  non
trova  alcun  riferimento  nei  principi  e  nei  criteri   direttivi
stabiliti dall'art. 44 della legge delega n. 69 del 2009. 
    In linea generale, tra tali criteri e principi direttivi  non  ve
ne era alcuno che abilitasse il legislatore delegato  a  riformare  e
innovare l'istituto della competenza, e nonostante  cio'  il  decreto
legislativo n. 104  del  2010  ha  ribaltato  totalmente  il  sistema
vigente  sin  dal  1971,  rendendo  inderogabile  la  competenza  per
territorio, prima sempre derogabile. 
    Che questa innovazione non trovi riscontro nella legge delega  lo
si desume indirettamente anche dalla relazione al  codice,  la  quale
da'  atto  del  cambiamento  («tutta  la   competenza   del   giudice
amministrativo e' divenuta inderogabile dalle parti»), anche in  modo
dettagliato  («Questo,  in  dettaglio,  e'  il  regime  del   rilievo
dell'incompetenza»), senza tuttavia far mai riferimento alla legge di
delega, ripetutamente citata invece in sede  di  illustrazione  della
disciplina di molti altri istituti, al  fine  di  chiarire  che  tale
disciplina  e'  stata  adottata  in  conformita'  all'art.  76  della
Costituzione, in ossequio o  in  puntuale  applicazione  dei  criteri
direttivi della delega. 
    Ne' la ratio complessiva sottesa alla legge di delega - che  pure
la giurisprudenza della Corte esorta a  tenere  presente  -  potrebbe
giustificare una simile scelta innovativa. 
    Se, infatti, obiettivo principale della delega per  il  riassetto
di una normativa stratificata e caotica, che risultava in parte anche
antecedente al testo della Costituzione,  era  quello  di  assicurare
maggiore  effettivita'  della  tutela,  trasfondendo  in  un   corpus
unitario anche gli approdi pretori e gli esiti  della  giurisprudenza
della  Corte  costituzionale,  in   ossequio   all'art.   111   della
Costituzione,  non  c'e'  dubbio  che  l'innovativa  opzione  per  la
inderogabilita'  della  competenza,   fin   dalla   sede   cautelare,
unitamente all'articolazione di complessi e separati rimedi  per  far
valere l'incompetenza, non solo non trova  addentellati  nel  sistema
previgente, ma ha pure irrigidito e reso piu' vischiosa  la  risposta
di giustizia, in contrasto con  la  primaria  finalita'  di  snellire
l'attivita' giurisdizionale e rendere maggiormente  congrui  i  tempi
del processo. 
    L'esorbitanza  del  sistema  previsto  dal  legislatore  delegato
dall'oggetto della delega e' rifluita  inevitabilmente  nella  scelta
non autorizzata ma consapevole di operare una forte  compressione  di
una componente rilevante del diritto di difesa della parte resistente
- che, peraltro, e'  normalmente  un'amministrazione  pubblica  -,  e
cioe' della possibilita' di ottenere l'esame specifico e  nel  merito
dell'eccezione  proposta,  qualora   sia   stata   proposta   domanda
cautelare. 
    Con l'inevitabile e distonica conseguenza  secondo  cui,  per  il
particolare meccanismo introdotto dagli articoli 15 e 16  del  codice
del processo  amministrativo,  la  parte  processuale  che  eccepisce
tempestivamente l'incompetenza territoriale, qualora sia proposta  la
domanda cautelare, sarebbe costretta ad impugnare anche una pronuncia
cautelare a se' favorevole (come nel caso dell'odierna controversia),
per non vedersi preclusa successivamente, non solo la possibilita' di
ottenere un regolamento di competenza e una pronuncia sulla questione
pregiudiziale finche' la causa non  e'  decisa  in  primo  grado,  ma
financo la possibilita' di  ottenere  sul  punto  una  pronuncia  nel
giudizio di appello, poiche' la statuizione sulla competenza  non  e'
contenuta  in  alcun  capo  della  pronuncia  impugnata,  ma  risale,
peraltro in modo implicito, ad una ordinanza (quella cautelare) ormai
non piu' impugnabile. 
    Nello specifico, il Collegio osserva che la previgente disciplina
non  operava  alcuna  interferenza  tra  fase  cautelare  e   rilievo
definitivo dell'incompetenza, ma si limitava a rimettere  al  giudice
di primo grado, tramite la  fissazione  di  una  speciale  camera  di
consiglio, la sommaria  delibazione  del  regolamento  di  competenza
proposto dalla parte che aveva eccepito l'incompetenza  territoriale,
in modo parzialmente assimilabile a quanto previsto oggi dal comma  3
dell'art. 15 del codice del processo amministrativo. 
    6. Conclusivamente, il Collegio ritiene  rilevante  ai  fini  del
decidere,   e   non   manifestamente    infondata,    la    questione
d'illegittimita' costituzionale sollevata d'ufficio  con  riferimento
ai commi 1, 2 e 3 dell'art. 15 del codice del processo amministrativo
(allegato 1 al decreto legislativo n. 104 del 2010), nella  parte  in
cui precludono al giudice di esaminare e pronunciare  sulla  proposta
eccezione di parte del difetto di competenza territoriale anche nella
fase di merito, qualora nella fase cautelare, come avvenuto nel  caso
di specie, sia stata trattenuta implicitamente la competenza. 
    6.1. In punto di rilevanza della questione  di  costituzionalita'
sollevata, l'applicazione del sistema delineato dai commi 1,  2  e  3
dell'art. 15 del codice del processo amministrativo, secondo la ratio
del legislatore delegato e l'interpretazione costante della  dottrina
e  della  giurisprudenza  amministrativa,  precluderebbe   a   questo
Tribunale di pronunciarsi sull'eccezione di incompetenza territoriale
tempestivamente proposta dalla difesa erariale. 
    L'esame di tale eccezione sarebbe peraltro astrattamente decisivo
della causa, in quanto un consolidato orientamento del  Consiglio  di
Stato - cui si rifa' la parte pubblica -  ritiene  che  nel  caso  di
specie (atto impugnato adottato da un'amministrazione  centrale,  con
effetti non limitati alla sola Regione Lombardia e ai soli ricorrenti
ma, al contrario, disciplinanti lo status di plurimi soggetti  sparsi
su tutto il territorio nazionale), trova applicazione il primo e  non
il secondo comma dell'art. 13 del codice del processo amministrativo,
con conseguente  esclusione  del  criterio  del  «foro  del  pubblico
impiego»  e  competenza  territoriale  del  Tribunale  amministrativo
regionale per il Lazio, sede di Roma (cfr., tra le  altre,  Consiglio
di Stato, ordinanza n. 2791 del 2018). 
    6.2. Nel merito della questione di costituzionalita' sottoposta a
codesta Corte,  ferme  restando  le  considerazioni  gia'  svolte  ai
paragrafi 4 e 5, il Collegio rimettente ritiene che il secondo  comma
dell'art. 15 -  il  quale,  secondo  il  diritto  «vivente»,  tramite
l'inciso «in ogni caso»  introduce  una  preclusione  ai  poteri  del
giudice analoga a quella prevista dall'art. 38, comma 3,  del  codice
di procedura civile nel giudizio  civile,  arretrando  e  confinando,
peraltro, la possibilita' di rilevare ed esaminare  la  questione  di
competenza territoriale alla fase  cautelare  -,  possa  violare  gli
articoli 3, 24, 25, 76 e 77, primo comma, della  Costituzione,  sotto
il duplice profilo dell'irragionevole limitazione  del  diritto  alla
tutela giurisdizionale e dell'eccesso di delega legislativa. 
    6.1. Invero, le parti diverse dai  ricorrenti  -  cui  spetta  la
facolta' processuale costituzionalmente tutelata  di  far  valere  la
propria posizione giuridica nella  sede  di  competenza  del  giudice
precostituito per legge -, pur proponendo tempestivamente l'eccezione
di incompetenza territoriale, si vedono preclusa la  possibilita'  di
una pronuncia esplicita e nella fase di merito sulla loro  eccezione,
qualora sia stata proposta  domanda  cautelare,  e  sono  addirittura
costretti ad impugnare l'ordinanza cautelare a  loro  favorevole  che
abbia  ritenuto  implicitamente  la  competenza,   per   evitare   la
definitiva eliminazione  in  entrambi  i  gradi  del  giudizio  della
suddetta facolta' processuale. 
    6.2. Sotto altro, concorrente profilo, l'art. 44 della  legge  n.
69 del 2009, che aveva delegato il Governo ad adottare  «uno  o  piu'
decreti legislativi per il riassetto del processo avanti ai tribunali
amministrativi regionali e al Consiglio di Stato», e' rimasto silente
sullo  specifico  aspetto  della  disciplina  afferente  al   rilievo
dell'incompetenza territoriale. 
    L'assenza sul punto di principi  e  criteri  direttivi,  pur  non
essendo di per se' decisiva, di certo non autorizzava il  legislatore
delegato  ad  innovare   radicalmente   la   disciplina   in   esame,
trasformando il  regime  della  competenza  territoriale  da  «sempre
derogabile» (come previsto in precedenza)  a  «sempre  inderogabile»,
fin dalla  fase  cautelare  (come  stabilito  nel  nuovo  codice  del
processo amministrativo), e creando una  inusitata  interferenza  tra
fase cautelare e rilievo definitivo dell'incompetenza. 
    Si e' dunque concretizzata un'ipotesi  di  vizio  di  eccesso  di
delega, per contrasto tra norma delegata  e  norma  delegante  (norma
interposta e parametro di costituzionalita' dei  decreti  legislativi
delegati), in ragione dell'esorbitanza dall'oggetto della delega  del
sistema previsto dal legislatore delegato, con specifico riferimento,
per quanto di interesse, alle  limitazioni  temporali  e  strutturali
imposte  al  rilievo  ed  esame   della   questione   di   competenza
territoriale. 
    Piu' in particolare, la sospetta violazione  indiretta  dell'art.
76 della Costituzione si e' manifestata su due fronti concorrenti: 
        da un lato,  perche'  il  silenzio  serbato  dal  legislatore
delegante sullo specifico aspetto sul quale e'  intervenuto  in  modo
particolarmente  innovativo  rispetto  al   previgente   sistema   il
legislatore delegato (regime processuale del rilievo del  difetto  di
competenza  territoriale),  non  puo'   non   risultare   chiaramente
rivelatore  della  volonta'  di  non  introdurre  sul  punto   alcuna
modifica; 
        dall'altro, perche' le disposizioni delegate sotto esame  non
rappresentano un mezzo di attuazione delle finalita' della delega, ma
anzi risultano in contrasto, per  la  fortissima  compressione  delle
facolta'  processuali  delle  parti  interessate  ad   ottenere   una
pronuncia dal giudice precostituito  per  legge,  con  gli  indirizzi
generali stabiliti dall'art. 44 della legge n. 69 del  2009,  secondo
cui il  nuovo  codice  del  processo  amministrativo  avrebbe  dovuto
assicurare «l'effettivita' della tutela». 
    6.3. Sulla base delle  su  esposte  considerazioni,  il  Collegio
ritiene dunque necessaria la sospensione del giudizio e la rimessione
degli atti alla Corte costituzionale,  affinche'  si  pronunci  sulla
questione. 
    In merito all'intervento richiesto a codesta  Corte,  si  osserva
che una  pronuncia  caducatoria  delle  norme  censurate,  che  resti
limitata all'eliminazione  dell'inciso  «in  ogni  caso»  di  cui  al
secondo comma dell'art. 15 del codice  del  processo  amministrativo,
risulterebbe   congrua   rispetto   all'obiettivo   perseguito    dal
rimettente,  che  e'  quello  di  potere  esaminare   e   pronunciare
esplicitamente   sull'eccezione    di    incompetenza    territoriale
tempestivamente sollevata dalla difesa erariale anche nella  fase  di
merito, nonostante  la  Sezione  abbia  gia'  deciso  sulla  proposta
domanda cautelare, ritenendo implicitamente, in quella diversa  fase,
la propria competenza territoriale. 
    L'eliminazione   dell'inciso    «in    ogni    caso»,    infatti,
riespanderebbe,   secondo    un'interpretazione    costituzionalmente
adeguata, l'applicabilita' alla fattispecie in esame del comma 1  del
citato art. 15, secondo cui «il difetto  di  competenza  e'  rilevato
d'ufficio finche' la causa non e' decisa in primo grado». 
    Ogni ulteriore statuizione in rito, in merito e  in  ordine  alle
spese resta riservata alla decisione definitiva. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Il Tribunale amministrativo regionale per la  Lombardia  (Sezione
Terza), previa riunione dei ricorsi  di  cui  in  epigrafe,  dichiara
rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 15, commi 1, 2 e 3 del codice  del  processo
amministrativo (allegato 1 al decreto legislativo n. 104  del  2010),
nei limiti di cui in motivazione, in relazione agli articoli  3,  24,
25, 76 e 77, primo comma, della Costituzione. 
    Dispone la sospensione del presente giudizio. 
    Ordina  la  immediata  trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale. 
    Ordina che, a cura della segreteria della  Sezione,  la  presente
sentenza sia notificata alle parti  in  causa  e  al  Presidente  del
Consiglio dei ministri, nonche' comunicata ai presidenti della Camera
dei Deputati e del Senato della Repubblica. 
    Riserva alla decisione definitiva ogni ulteriore  statuizione  in
rito, in merito e in ordine alle spese. 
        Cosi' deciso in Milano nella camera di consiglio  del  giorno
16 giugno 2020 con l'intervento dei magistrati: 
          Ugo Di Benedetto, Presidente; 
          Stefano Celeste Cozzi, consigliere; 
          Roberto Lombardi, consigliere, estensore. 
 
                     Il Presidente: Di Benedetto 
 
 
                                                L'estensore: Lombardi