N. 43 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 novembre 2020
Ordinanza del 27 novembre 2020 della Corte di cassazione nel procedimento civile promosso da Lo Re Mario e altri contro Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Impiego pubblico - Personale dell'Amministrazione degli affari esteri in servizio all'estero - Indennita' di amministrazione - Previsione che l'art. 170 del d.P.R. n. 18 del 1967 si interpreta nel senso che il trattamento economico complessivo non include ne' l'indennita' di amministrazione ne' l'indennita' integrativa speciale e che durante il periodo di servizio all'estero possono esser corrisposte soltanto le indennita' di cui al medesimo d.P.R. - Decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo), convertito, con modificazioni, nella legge 14 settembre 2011, n. 148, art. 1-bis.(GU n.15 del 14-4-2021 )
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Sezione Lavoro composta dagli ill.mi sigg.ri magistrati: dott. Amelia Torrice - Presidente; dott. Annalisa Di Paolantonio - consigliere; dott. Caterina Marotta - consigliere; dott. Irene Tricomi - consigliere; dott. Francesca Spena - rel. consigliere; ha pronunciato la seguente ordinanza interlocutoria sul ricorso 27755-2014 proposto da: Lo Re Mario, Mastrostefano Giovanni, Mauriello Maria Pia, Maurizi Lorenzo, Meneghello Alessandro, Muscatello Nicola, Paparone Mario, Patti Carmela, Trombi Moriam Lucia, Vingelli Angelo Raffaele, tutti elettivamente domiciliati in Roma, Salita di San Nicola da Tolentino 1/B, presso lo studio dell'avvocato Domenico Naso, che li rappresenta e difende; - ricorrenti; contro Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato presso i cui Uffici domicilia ex lege in Roma, alla via dei Portoghesi, 12; - controricorrente; avverso la sentenza n. 3308/2014 della Corte d'Appello di Roma, depositata il 23 maggio 2014 R.G.N. 7629/2011; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 29 settembre 2020 dal Consigliere dott. Francesca Spena; udito il pubblico ministero in persona del Sostituto procuratore generale dott. Alessandro Cimmino che ha concluso per il rigetto del ricorso; udito l'avvocato Domenico Naso; Rilevato 1. con sentenza del 23 maggio 2014, n. 3308, la Corte d'Appello di Roma, in riforma della sentenza del Tribunale della stessa sede, rigettava la domanda proposta da Mario Lo Re ed altri litisconsorti - tutti dipendenti del Ministero degli affari esteri (in prosieguo: MAE) in servizio presso sedi estere - per il pagamento della «indennita' di amministrazione», non corrisposta dal MAE perche' ritenuta incumulabile con la «indennita' di servizio all'estero». 2. La Corte territoriale osservava che la vicenda di causa era stata risolta dall'art. 1-bis del decreto-legge n. 138/2011, convertito in legge n. 148/2001, norma di interpretazione autentica dell'art. 170 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18; la norma aveva chiarito che il trattamento economico complessivo spettante al personale dell'amministrazione degli affari esteri nel periodo di servizio all'estero non includeva l'indennita' di amministrazione (ne' la indennita' integrativa speciale). 3. Riteneva, inoltre, che, in ogni caso, la pretesa era infondata anche a voler prescindere dalla disposizione interpretativa perche' l'art. 170 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18/1967, nell'attribuire al personale del MAE in servizio all'estero l'indennita' di servizio estero, precisava che nessun'altra indennita' ordinaria e straordinaria - poteva essere concessa al personale, a qualsiasi titolo, in relazione al servizio prestato all'estero. 4. Hanno proposto ricorso per La Cassazione della sentenza i litisconsorti in epigrafe indicati, articolato in sette motivi, cui ha resistito il MAE con controricorso. 5. La causa e' stata discussa alla pubblica udienza del 29 settembre 2020, a seguito di rinvio dalla precedente trattazione camerale. Le parti hanno depositato memorie. Considerato Sintesi dei motivi Le parti ricorrenti hanno dedotto: 6. Con il primo motivo di ricorso, la violazione e falsa applicazione dell'art. 1-bis del decreto-legge n. 138/2001, convertito nella legge n. 148/2001 e dell'art. 170 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18/1967, assumendo la natura innovativa della disposizione del suddetto art. 1-bis e, dunque, la sua inapplicabilita' ratione temporis alla fattispecie di causa. 7. Con i motivi dal secondo al quinto, la incostituzionalita' dell'art. 1-bis 13 agosto 2011 n. 138, inserito dall'art. 1, comma 1 della legge di conversione 14 settembre 2011 n. 148 - ove invece inteso come norma di interpretazione autentica - per contrasto: con l'articolo della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali in relazione agli articoli 10, primo comma e 117, primo comma della Costituzione (motivi secondo e terzo); con l'art. 1 del protocollo I addizionale alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, sempre in relazione agli articoli 10, primo comma e 117, primo comma, della Costituzione (quarto motivo); con gli articoli 101, 102, 104 Costituzione; con gli articoli 3 e 36 Costituzione (quinto motivo). 8. Con il sesto ed il settimo motivo i ricorrenti hanno censurato la sentenza impugnata per violazione delle norme collettive del comparto ministeri (articoli 29 e 34 C.C.N.L. 1994/1997; articoli 28 e 33 C.C.N.L. 1998/2001; C.C.N.L. integrativo 1998/2001 - biennio economico 2000/2001); si evidenzia la natura retributiva della «indennita' di amministrazione» per sostenere la sua cumulabilita' con la «indennita' di servizio all'estero», sul rilievo che questi ultima non avrebbe carattere retributivo ma funzione compensativa degli oneri economici sostenuti per il servizio all'estero. 9. II Collegio ritiene che la questione di legittimita' costituzionale sollevata dalle parti ricorrenti sia ammissibile - (essa e' relativa alla disposizione di una legge dello Stato che disciplina la controversia su cui Collegio e' chiamato a decidere, censurata per violazione di specifiche norme della Costituzione) - rilevante e non manifestamente infondata. Sulla rilevanza La verifica di rilevanza conduce ad un esito positivo. 10. Sotto tale profilo va sperimentata la possibilita' di risolvere la controversia senza tener conto del censurato art. 1-bis del decreto-legge n. 138/2011, considerando la norma come non-retroattiva; in questo senso andrebbe accolto il primo motivo del ricorso in cassazione. 11. Tuttavia il Collegio non ritiene possa dubitarsi della natura di norma retroattiva dell'art. 1-bis del decreto-legge 13 agosto 2011 n. 138, avuto riguardo al chiaro ed inequivoco dettato letterale. 12. La retroattivita' deriva, infatti, inevitabilmente dalla sua auto-qualificazione come interpretazione autentica dell'art. 170 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18. 13. La norma, per quanto testualmente disposto, si salda al testo originario dell'art. 170 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18/1957, offrendone un preciso significato. 14. Non puo' esserne allora predicata la natura non retroattiva, in contrasto con il dato letterale. 15. Pertanto, il Collegio per decidere la causa dovra' applicare la disposizione censurata e l'applicabilita' della disposizione e' sufficiente a radicare la rilevanza delle questioni proposte (sentenza Corte costituzionale n. 174 del 2016, punto 2.1. del Considerato in diritto, Corte costituzionale n. 174/2019, punto 2.1 del Considerato in diritto). 16. Va osservato, inoltre, che nella prospettiva di un piu' diffuso accesso al sindacato di costituzionalita' (Corte costituzionale n. 77 del 2018, punto 8. del Considerato in diritto) e di una piu' efficace garanzia della conformita' della legislazione aila Carta fondamentale, il presupposto della rilevanza non si identifica nell'utilita' concreta di cui le parti in causa potrebbero beneficiare (sentenza n. 20 del 2018, punto 2, del Considerato in diritto). 17. Nell'ipotesi di accoglimento delle questioni, del resto, questo giudice remittente non sara' chiamato a fare applicazione di una normativa che predetermina l'esito della lite ma dovra' decidere secondo una diversa regola di giudizio, che attingera' da una ricostruzione sistematica della complessiva disciplina di riferimento. 18. La dichiarazione di illegittimita' costituzionale, quand'anche non conducesse a conclusioni diverse da quelle recepite dalle disposizioni censurate, influirebbe sul percorso argomentativo che questa Corte dovra' intraprendere per dirimere la controversia; dunque, anche da questo punto di vista trova conferma la rilevanza del dubbio di costituzionalita' prospettato. Sulla non manifesta infondatezza. La verifica della non manifesta infondatezza conduce ad un esito positivo. 19. Va in primo luogo segnalato che questa Corte, con ordinanza del 17 dicembre 2019, n. 33395, non ha dato seguito alla questione di costituzionalita' della medesima disposizione oggi censurata (in quella sede sollevata sotto il profilo della violazione degli articoli 3, 24, 101, 104, 113 della Costituzione) nella parte in cui si riferisce alla «indennita' integrativa speciale». 20. Le conclusioni ivi raggiunte non sono, tuttavia, riferibili alla disciplina dettata dall'art. 1-bis del decreto-legge n. 138/2011 in ordine alla «indennita' di amministrazione». 21. L'ordinanza n. 33395/2010 si e' confrontata con un emolumento, l'indennita' integrativa speciale, gia' noto all'epoca di entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica n. 18/1967 (in quanto istituito dalla legge n. 324/59) e con un dubbio interpretativo nascente, a distanza di vari decenni, da due fatti storici sopravvenuti: il conglobamento della indennita' integrativa speciale nella voce «stipendio» disposto dal C.C.N.L. Ministeri del 12 giugno 2003, che contemplava una disciplina specifica per il personale in servizio all'estero; la mancanza di una analoga disciplina specifica nella contrattazione del comparto successiva a quel contratto. 22. Nel giudizio in esame la disciplina del decreto del Presidente della Repubblica n. 18/1967, articoli 170 e 171, e della contrattazione collettiva da' luogo a conclusioni opposte. 23. Per comprendere le ragioni del dubbio di costituzionalita', e' necessario ricostruire preliminarmente il quadro normativo, contrattuale e giurisprudenziale in cui esso si inserisce. 24. Giova ricordare che ai sensi dell'art. 45, comma 5, decreto legislativo n. 165/2001 le funzioni e i relativi trattamenti economici accessori del personale non diplomatico del Ministero degli affari esteri, per i servizi che si prestano all'estero, sono disciplinati, limitatamente al periodo di servizio ivi prestato, dalle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, e successive modificazioni ed integrazioni nonche' dalle altre pertinenti normative di settore del Ministero degli affari esteri. 25. Da qui la sopravvivenza, nel regime del pubblico impiego privatizzato, del decreto del Presidente n. 18/1967, il cui art. 170, norma oggetto della interpretazione autentica, dispone: «Il personale dell'amministrazione degli affari esteri, oltre allo stipendio e agli assegni di carattere fisso e continuativo previsti per l'interno, compresa l'eventuale indennita' o retribuzione di posizione nella misura minima prevista dalle disposizioni applicabili, tranne che per tali assegni sia diversamente disposto, percepisce, quando e' in servizio presso le rappresentanze diplomatiche e gli uffici consolari di prima categoria, l'indennita' di servizio all'estero, stabilita per il posto di organico che occupa, nonche' le altre competenze eventualmente spettanti in base alle disposizioni del presente decreto. Nessun'altra indennita' ordinaria e straordinaria puo' essere concessa, a qualsiasi titolo, al personale suddetto in relazione al servizio prestato all'estero in aggiunta al trattamento previsto dal presente decreto». 26. Anteriormente alla emanazione della norma di interpretazione autentica era insorto un contenzioso seriale, proposto da molti dipendenti del MAE, contenzioso nel quale si inserisce il presente giudizio, sulla cumulabilita' della «indennita' di amministrazione» con la suddetta «indennita' di servizio all'estero». 27. Si trattava - e si tratta oggi - di stabilire se la indennita' di amministrazione rientri tra gli «assegni di carattere fisso e continuativo», posti in cumulo con la indennita' di servizio all'estero ( comma 1 del citato art. 170) ovvero tra le «altre indennita'», la cui concessione e' esclusa (comma 2 del medesimo articolo). 28. Da qui la rilevanza della disciplina di fonte negoziale collettiva. 29. L'indennita' di amministrazione e' stata istituita con il primo C.C.N.L. del Comparto Ministeri (1994/1997) in attuazione dell'art. 72, comma 2, decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29. 30. La norma disponeva la abrogazione, contestualmente alla sottoscrizione dei primi contratti collettivi, delle disposizioni che prevedevano trattamenti economici accessori, comunque denominati, a favore dei dipendenti pubblici; delegava, tuttavia, i contratti collettivi a fare comunque salvi «i trattamenti economici Fondamentali ed accessori in godimento aventi natura retributiva ordinaria o corrisposti con carattere di generalita' per ciascuna amministrazione o ente». 31. Nella prima tornata contrattuale, il C.C.N.L. del Comparto Ministeri del 16 maggio 1995 - art. 29 (struttura della retribuzione) e art. 34, comma due, (disciplina della retribuzione accessoria) - ha rinviato all'allegato B per individuazione, attraverso tabelle di retribuzione accessoria, delle quote di retribuzione accessoria in atto presso le singole amministrazioni, negli importi corrisposti nell'anno 1993, conservate a seguito della contrattualizzazione (in applicazione del suddetto art. 72 del decreto legislativo n. 29/1993) perche' aventi carattere di generalita' e di continuita' in base alla disciplina allora vigente (art. 34, comma 2, lettera a del C.C.N.L.); le quote di retribuzione accessoria all'epoca corrisposte non aventi carattere di generalita' e continuita' avrebbero, invece, alimentato il Fondo per la produttivita' collettiva delle singole amministrazioni (art. 34, comma 2, lettera b del C.C.N.L.). 32. L'indennita' di amministrazione nasce, dunque, come indennita' che conserva nell'impiego privatizzato i trattamenti accessori corrisposti ai dipendenti ministeriali nel regime pubblicistico con carattere di generalita' e continuita'. 33. Nell'allegato B, tabella I, si precisava trattarsi di indennita' corrisposta, di norma, nelle medesime fattispecie in cui viene erogato lo stipendio tabellare: ridotta, pertanto, pro quota in caso di part-time orizzontale ed al 50% in caso di sospensione cautelare per procedimento disciplinare; erogata per intero in caso di ferie, permessi retribuiti, maternita', assenze per malattia, sospensione cautelare per procedimento penale, permessi, distacchi ed aspettative sindacali. 34. Nella seconda tornata contrattuale, l'art. 28 C.C.N.L. del 16 febbraio 1999 ha definito la struttura della retribuzione senza distinguere il trattamento fondamentale da quello accessorio, comprendendovi la indennita' di amministrazione, di cui al successivo art. 33; detto art. 33 ha previsto un aumento degli importi della indennita' di amministrazione, allo scopo di favorire il processo di perequazione delle retribuzioni complessivamente spettanti al personale del comparto. L'art. 17, comma 11, del C.C.N.L. integrativo del C.C.N.L. 1998/2001 ha poi aggiunto all'art. 33 un comma 3, a tenore del quale l'indennita' di amministrazione «e' corrisposta per dodici mensilita', ha carattere di generalita' ed ha natura fissa e ricorrente». 35. Venendo al terzo quadriennio, l'art. 22 C.C.N.L. 2002/2005 ha previsto ulteriori incrementi dell'indennita' d'amministrazione «allo scopo di favorire procedimento di perequazione delle retribuzioni complessivamente spettanti al personale del computo», rinviando alle Tabelle C e D; nelle richiamate tabelle vengono fissati gli incrementi mensili dell'indennita' di amministrazione, distinti per Ministeri, con la precisazione che detti incrementi valgono per dodici mensilita'. 36. Nel quadriennio 2006/2009, il C.C.N.L. comparto Ministeri del 14 settembre 2007 si e' occupato della indennita' di amministrazione all'art. 31, con il fine di eliminare differenze tra le indennita' corrisposte al personale in servizio presso la medesima amministrazione nonche' di ridurre le differenze esistenti tra i valori dell'indennita' di amministrazione presenti nel comparto. 37. Sin qui le disposizioni collettive rilevanti in causa, in ragione del blocco della contrattazione disposto da decreto-legge n. 78 del 2010 e dal decreto-legge n. 98 del 2011. 38. Puo' conclusivamente affermarsi che l'indennita' di amministrazione e' una voce della retribuzione accessoria corrisposta in tutte le amministrazioni dell'ex comparto Ministeri, seppure con importi diversi da amministrazione ad amministrazione, non essendosi portato a compimento, a tutt'oggi, il dichiarato intento perequativo; essa e' fissa nell'ammontare in relazione a ciascuna posizione di inquadramento, viene corrisposta continuativamente per dodici mensilita', ha carattere di generalita'. 39. In tal senso si sono pronunciate le Sezioni unite di questa Corte nella sentenza 13 luglio 2005, n. 14698, rilevando come «Secondo l'art. 33, comma 3 del C.C.N.L. 1998/2001, come modificato dall'art. 17, comma 11 del contratto integrativo, la indennita' di amministrazione viene corrisposta per dodici mensilita', ha carattere di generalita' e natura fissa, e ricorrente...». La natura della indennita' di amministrazione nei termini ricostruiti dalle Sezioni Uniti e' stata reiteratamente ribadita dalla sezione lavoro di questa Corte (Cass. numeri 18196/2017; 22612/2015; 9313/2011; 11814/2008, 5118/2008, 2355/2007, 19564/2006). 40. Invece la «indennita' di servizio all'estero», sempre per giurisprudenza di questa Corte (Cass. numeri 14112/7016; 6039/2018; 27345/2019) non ha natura retributiva, in quanto finalizzata a sopperire ai maggiori costi che gravano sul dipendente in conseguenza della permanenza all'estero. 41. Nei precedenti citati, qui condivisi, si e' osservato che la natura non retributiva della indennita' di servizio estero e' affermata con chiarezza dal decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, art. 171, comma 1 ed e' ribadita dai commi successivi; in particolare, la misura della indennita', nelle diverse sedi, deve essere commisurata al costo della vita ed alle sue variazioni (comma 3, n. 1) nonche' alle necessita' di rappresentanza derivanti dalle funzioni esercitate, alle particolari condizioni locali, al costo degli alloggi, del personale domestico e dei servizi, al corso dei cambi (comma 3, n. 2). 42. Da quanto sin qui esposto deriverebbe la fondatezza delle argomentazioni spese dai dipendenti del MAE nei motivi sesto e settimo del ricorso in cassazione, comunque autonomamente non decisive a fronte del sopravvenuto quadro normativo. 43. Ed invero, dopo la definizione nel primo grado dell'odierno giudizio, e' intervenuto il censurato art. 1-bis del decreto-legge n. 138/2011 cosi' formulato: «L'art. 170 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, si interpreta nel senso che: a) il trattamento economico complessivamente spettante al personale dell'amministrazione degli affari esteri nel periodo di servizio all'estero, anche con riferimento a «stipendio» e «assegni di carattere fisso e continuativo previsti per l'interno», non include ne' l'indennita' di amministrazione ne' l'indennita' integrativa speciale; b) durante il periodo di servizio all'estero al suddetto personale possono essere attribuite soltanto le indennita' previste dal decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18.». 44. Il piano di valutazione della sollevata questione di legittimita' costituzionale non sara' l'indagine circa il carattere effettivamente interpretativo ovvero innovativo con efficacia retroattiva della norma sospettata di illegittimita' - essendo sul piano costituzionale consentita la emanazione di leggi retroattive anche innovative (fuori dall'ambito coperto dall'art. 25 della Costituzione) - ma piuttosto la verifica del se la retroattivita' della legge, quale discende dal suo tenore letterale, trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e sia, altresi', sostenuta da adeguati motivi di interesse generale, si da rappresentare un puntuale bilanciamento tra le ragioni della sua emanazione ed i valori, costituzionalmente tutelati, potenzialmente lesi dall'efficacia a ritroso della norma adottata (sentenza Corte costituzionale n. 170 del 2013, che riassume sul tema le costanti indicazioni di principio espresse dalla Corte). 45. Tanto premesso, il primo dubbio di legittimita' costituzionale dell'art. 1-bis decreto-legge n. 138/2011 attiene alla violazione del parametro della ragionevolezza, di cui all'art. 3, primo comma, della Costituzione. Secondo la giurisprudenza costituzionale (Corte costituzionale sentenza n. 108/2019 e giurisprudenza ivi citata), in caso di norma retroattiva si impone un grado di ragionevolezza complessiva ben piu' elevato di quello che, di norma, e' affidato alla mancanza di arbitrarieta'; in altri termini, e' richiesta non gia' la mera assenza di scelte normative manifestamente arbitrarie ma l'effettiva sussistenza di giustificazioni ragionevoli dell'intervento legislativo, poiche' la normativa retroattiva incide sulla certezza dei rapporti preteriti nonche' sul legittimo affidamento dei soggetti interessati. Un tale rigoroso controllo deve verificare, in primo luogo, se sussistano solide motivazioni che hanno guidato il legislatore e se esse trovino, appunto, «adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza», anche in considerazione delle circostanze di fatto e di contesto entro cui l'intervento legislativo e' maturato. Ove tale preliminare esame fornisca esito positivo, deve essere, inoltre, accertato se il risultato di tale intervento non trasmodi, comunque, in una regolazione arbitraria di situazioni soggettive, in lesione del legittimo affidamento dei destinatari della disciplina originaria, e percio', anche sotto questo profilo, dell'art. 3 della Costituzione. 46. La disposizione dell'art. 1-bis, decreto-legge n. 138/2011 pretende di interpretare autenticamente l'art. 170 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, ma si riferisce ad una indennita', la indennita' di amministrazione, che neppure esisteva alla data di entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica interpretato, in quanto veniva introdotta dal C.C.N.L. 1994/1997 del Comparto Ministeri, circa trenta anni dopo (il contratto collettivo e' del 16 maggio 1995). 47. Non puo' negarsi, dunque, la diversita' tra la disciplina originaria e quella sopravvenuta, che presenta un insopprimibile elemento di novita' nella indennita' oggetto della interpretazione; si tratta, piuttosto che di una norma interpretativa, di una norma innovativa con efficacia retroattiva. 48. Ora, la palese erroneita' della auto-qualificazione della norma come di interpretazione autentica puo' costituire un indice, sia pure non dirimente, della irragionevolezza della disposizione impugnata (Corte Costituzionale sentenza n. 73/2017; sentenza n. 103/2013; sentenza n. 41/2011). 49. Sotto questo profilo il sospetto di irragionevolezza appare strettamente legato a quanto si esporra' sulle ragioni dell'intervento in riferimento al secondo, al terzo ed al quarto parametro di possibile incostituzionalita'. 50. Il secondo dubbio di legittimita' costituzionale attiene alla violazione degli articoli 101, 102 e 104 della Costituzione ed, in particolare, al mancato rispetto delle funzioni costituzionalmente assegnate al potere giudiziario. 51. L'intervento legislativo e' stato introdotto in sede di conversione ed e' frutto del maxiemendamento del Governo approvato dal Senato il 7 settembre 2011. 52. Secondo quanto si legge nella memoria depositata dall'Avvocatura dello Stato per l'udienza pubblica, la relazione tecnica che accompagna l'emendamento specifica che la ratio della norma risiede nella necessita' «di fornire l'esatta interpretazione dell'art. 170 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18/1967 ai fine di porre termine al contenzioso seriale, riferito sia all'indennita' di amministrazione sia all'indennita' integrativa speciale, instauratosi nei confronti del MAE, dal quale possono derivare ingenti oneri a carico della finanza pubblica» (memoria della Avvocatura generale dello Stato del 4 marzo 2020, pagina 4, primo capoverso). 53. L'intervento legislativo, dunque,e dichiaratamente finalizzato ad incidere su concrete fattispecie sub iudice. 54. In particolare, con riferimento all'indennita' di amministrazione, la relazione tecnica stima l'onere che graverebbe sull'amministrazione degli Affari esteri per il contenzioso in euro 5,5 milioni annui (e in 7 milioni a decorrere dall'anno 2008), con una incidenza complessiva per l'ultimo quinquennio in oltre 30 milioni. 55. Dunque legislatore, piuttosto che muoversi sul piano generale ed astratto delle fonti, costruendo il modello normativo cui' la decisione giudiziale deve attenersi, pare ingerirsi nella specifica risoluzione delle concrete fattispecie in giudizio. 56. Da tali considerazioni discende anche un terzo dubbio di illegittimita' costituzionale, attinente alla violazione dell'art. 24, primo comma della Costituzione, sotto il profilo della effettivita' del diritto dei cittadini di agire in giudizio a tutela dei propri diritti. 57. Sussiste, poi, venendo al quarto profilo, il fondato sospetto di violazione degli articoli 111 e 117, comma 1 della Costituzione, quest'ultimo in relazione all'art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle Liberta' fondamentali, profili di censura inscindibilmente connessi, data la corrispondenza tra principi costituzionali interni in materia di parita' delle parti in giudizio e quelli convenzionali in punto di equo processo (Corte costituzionale, sentenza 12 luglio 2019, n. 174, punto 6 del considerato in diritto e giurisprudenza ivi citata). 58. E' nota la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo secondo cui e' precluso al legislatore di interferire nella determinazione giudiziaria di una controversia, tranne il caso in cui ricorrano impellenti motivi di interesse generale (ex plurimis: sentenza 14 febbraio 2012, Arras ed altri contro Italia; sentenza 31 maggio 2011, Maggio ed altri contro Italia; sentenza 7 giugno 2011, Agrati ed altri contro Italia; sentenza 10 giugno 2008 Bortesi ed altri contro Italia). 59. Tra gli elementi sintomatici di un uso distorto della funzione legislativa, la Corte costituzionale, in armonia con le enunciazioni di principio della Corte europea dei diritti dell'uomo, ha gia' conferito rilievo al metodo ed alla tempistica dell'intervento legislativo, che vede lo Stato o l'amministrazione pubblica parti di un processo gia' radicato e si colloca a notevole distanza dall'entrata in vigore delle disposizioni oggetto di interpretazione autentica (Corte costituzionale, sentenze 30 gennaio 2018 n. 12 e 12 luglio 2019 n. 174). 60. Nella fattispecie di causa, l'intervento legislativo censurato e' intervenuto a distanza di oltre quaranta anni dalla entrata in vigore della norma interpretata e dopo che la sentenza di primo grado, del 7 luglio 2011 (n. 12728), aveva accolto la domanda degli odierni ricorrenti, condannando il MAE al pagamento della indennita' di amministrazione maturata a decorrere dal 16 ottobre 2005 in favore di ciascuno di essi. 61. La relazione tecnica, facendo riferimento al contenzioso seriale avviato dai dipendenti del MAE ed individuando l'onere finanziario dell'ultimo quinquennio (quello non coperto dalla prescrizione), mostra l'intendimento di incidere sulla singola come sulle altre controversie in corso sulla medesima questione, chiaramente individuabili, tanto da poterne stimare il peso economico. 62. Orbene, i motivi finanziari non bastano da soli a giustificare un intervento legislativo destinato a ripercuotersi sui giudizi in corso; del resto, l'intento di vincolare la decisione di cause gia' pendenti, che coinvolgono un numero esiguo e agevolmente individuabile di parti, contrasta con la nozione stessa di motivi imperativi di interesse generale, orientati, piuttosto, a finalita' di ampio respiro (Corte costituzionale, sentenza n. 174/2009, punto 6 e punto 7.3 del considerato in diritto). 63. Neppure si ravvisa l'esigenza, in altre occasioni valorizzata dalla Corte Costituzionale, di porre rimedio alle imperfezioni tecniche del testo normativo originario (sentenza n. 24 dei 2018), in quanto la controversia in corso, come le altre analoghe insorte sul territorio nazionale, non trova origine nelle ambiguita' del testo del decreto del Presidente della Repubblica del 1967 ma, piuttosto, nella qualificazione o meno della indennita' di amministrazione, disciplinata dalle parti collettive a partire dal 1994, come «assegno a carattere fisso e continuativo previsto per l'interno». 64. Infine, non paiono ricorrere profili di illegittimita' costituzionale insiti nella disciplina anteriore (sentenza n. 149 del 2017) o - in funzione riparatrice e nel rispetto del principio di affidamento - manifeste sperequazioni determinate da istituti extra ordinem di eccezionale favore (sentenza n. 108 del 2019, punto 8. del considerato in diritto). 65. Appare, dunque, fondato il dubbio di mancanza di ragionevolezza dell'intervento retroattivo dell'art. 1-bis decreto-legge n. 138/2011, cosi' come quello di interferenza con le funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario e di violazione dell'effettivita' del diritto delle parti ad agire in giudizio. 66. principio di preminenza del diritto e la nozione di giusto processo - consacrata nell'art. 6 della CEDI!, nella lettura datane dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, come nell'art. 111 della Costituzione - appaiono, altresi', incisi dalla norma retroattiva censurata, in quanto essa, come detto, opera su situazioni processuali gia' in corso. 67. Un quinto sospetto di illegittimita' costituzionale si configura, da ultimo, in riferimento all'art. 39, comma 1 della Costituzione. 68. Viene in rilievo il ruolo cruciale della contrattazione collettiva, alla quale e' stata delegata dall'art. 40 del decreto legislativo n. 165 del 2001 la regolazione dell'assetto economico del pubblico impiego privatizzato (Corte Costituzionale n. 178 del 2015, punto 17 del Considerato in diritto). 69. La norma sospettata di illegittimita' costituzionale provvede, infatti, ex post a configurare un assetto del trattamento economico complessivo dei dipendenti del MAE in servizio all'estero intervenendo, piuttosto che sull'art. 170 decreto del Presidente della Repubblica n. 18/1967 - norma coperta dalla riserva di cui all'art. 45, comma 5, decreto legislativo n. 165/2001 - sulla disciplina della indennita' di amministrazione fissata, nell'arco di piu' quadrienni, dai contratti collettivi dei pubblico impiego privatizzato. 70. L'incidenza retroattiva della norma di legge sulla disciplina posta dalle parti collettive, nell'esercizio di una delega di legge, appare un vuinus alla loro liberta' ad autonomia in un settore, quello del pubblico impiego privatizzato, in cui tale autonomia ha trovato specifico riconoscimento e regolamentazione legali.
P.Q.M. La Corte, visti gli articoli 134 della Costituzione e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento agli articoli 3 della Costituzione, 24 comma 1 della Costituzione, 39 comma 1 della Costituzione, 111, 117, comma 1 della Costituzione - in relazione all'art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali - Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848 - la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1-bis del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, in legge 14 settembre 2011 n. 148, nei termini di cui in motivazione. Sospende il presente giudizio. Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata alle parti del giudizio di Cassazione, al pubblico ministero presso questa Corte ed al Presidente del Consiglio dei ministri; ordina, altresi', che l'ordinanza venga comunicata dal Cancelliere ai Presidenti delle due Camere del Parlamento; dispone l'immediata trasmissione degli atti, comprensivi della documentazione attestante il perfezionamento delle prescritte notificazioni e comunicazioni, alla Corte costituzionale. Cosi' deciso in Roma, in data 29 settembre 2020 Il Presidente: Torrice