N. 169 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 maggio 2021
Ordinanza del 13 maggio 2021 del Tribunale di Firenze nel procedimento penale a carico di P. G.. Processo penale - Giudizio direttissimo - Denunciata previsione, secondo l'interpretazione della Corte di cassazione, considerata diritto vivente, del diritto ad un termine a difesa soltanto a seguito dell'apertura del dibattimento (con conseguente impossibilita' di accedere ai riti alternativi all'esito di tale termine), invece della previsione della possibilita' di accedere ai riti alternativi anche all'esito del termine a difesa eventualmente richiesto. - Codice di procedura penale, artt. 451, commi 5 e 6, e 558, commi 7 e 8.(GU n.45 del 10-11-2021 )
TRIBUNALE DI FIRENZE Prima Sezione Penale Il Giudice, dott. Franco Attina', nel procedimento sopra indicato a carico di P G , nato a , residente a via , elettivamente domiciliato in Villa di Briano (CE), via Kruscev 28 (elezione all'udienza di convalida del 29 aprile 2021); - sottoposto per questa causa alla misura cautelare dell'obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria (ordinanza applicativa del 29 aprile 2021); - difeso di fiducia dall'avv. Roberto Guidetti del Foro di Napoli Nord (nomina depositata all'udienza del 13 maggio 2021); per il reato di cui alla seguente imputazione formulata dal Pm: Art. 497-bis c.p. perche' veniva trovato in possesso del seguente documento falso valido per l'espatrio: carta d'identita' elettronica (con corredo di una tessera sanitaria ed una busta paga), intestata a tale M F , nato a , residente a , Recidiva , In , il , premesso che: P. G. era tratto in arresto a , intorno alle ore , del , per il reato di possesso di documenti di identificazione falsi ex art. 497-bis c.p.; - al prevenuto, che non nominava un difensore di fiducia, veniva individuato un difensore d'ufficio, l'avv. Caterina Nacci Felli del Foro di Firenze, al quale veniva data comunicazione dell'avvenuto arresto alle ore , del ; - il P. veniva quindi condotto presso la Stazione dei Carabinieri di Signa, ove trascorreva la notte nella camera di sicurezza; - il pubblico ministero con decreto del 29 aprile 2021 disponeva la presentazione diretta dell'arrestato per la convalida dell'arresto ed il successivo giudizio direttissimo; - il fascicolo con gli atti di indagine perveniva in aula alle ore 10,15 del 29 aprile 2021 e la relativa udienza di convalida aveva inizio - causa la precedente trattazione di ulteriori procedimenti con analogo rito - alle ore 14,40 del medesimo giorno; - in particolare, in base agli atti d'indagine, nel pomeriggio del , i Carabinieri si recavano presso il negozio di in seguito alla segnalazione di una possibile truffa in corso. Sul posto i militari accertavano che P. (identificato con regolare documento d'identita'), utilizzando una carta d'identita' elettronica, una tessera sanitaria ed una busta paga intestati a tale M. Francesco aveva cercato di ottenere un finanziamento per l'acquisto di alcuni beni del valore complessivo di circa 1.600 euro. Il direttore del negozio riferiva di simili tentate truffe poste in essere nei giorni precedenti in altri punti vendita e forniva copia dei documenti utilizzati in tali occasioni, riportanti generalita' diverse, ma sempre la stessa fotografia, compatibile con il viso del . I Carabinieri sequestravano la carta d'identita' elettronica intestata a M. F. e acquisivano copia dei documenti presentati presso gli altri negozi; - il prevenuto in sede d'interrogatorio ha in sostanza ammesso l'addebito, dichiarando dapprima di avere acquistato i documenti falsi al prezzo di euro 150 da un soggetto albanese non identificato compiutamente e in seguito precisando che a detto soggetto egli avrebbe dovuto portare i beni fraudolentemente ottenuti, conseguendo cosi' un compenso di circa 500 euro. A specifica domanda circa eventuali precedenti penali, egli dichiarava di non ricordare il decreto penale di condanna per ricettazione emesso dal Tribunale di in data (esecutivo in data ) risultante a suo carico dal certificato penale in atti; - le parti illustravano quindi le proprie richieste; in particolare il pubblico ministero chiedeva la convalida dell'arresto e l'applicazione della misura dell'obbligo di presentazione alla P. G. ; il difensore sottolineava come la carta d'identita' elettronica utilizzata dal P. (in sequestro) non recasse la dicitura «VALIDA PER L'ESPATRIO» e pertanto non potesse ritenersi integrato il reato di cui all'art. 497-bis c.p., cio' che avrebbe comportato l'assenza dei presupposti per un arresto in flagranza e per l'applicazione di misure cautelari; - il giudice convalidava l'arresto e applicava al P. la misura cautelare dell'obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria, disponeva procedersi con rito direttissimo, dando avviso all'imputato della facolta' di chiedere riti alternativi e termine a difesa; il difensore chiedeva termine a difesa e il giudizio veniva quindi rinviato; - all'udienza odierna, fissata per la prosecuzione, il nuovo difensore di fiducia (nel frattempo nominato dall'imputato) munito di procura speciale chiedeva definirsi il procedimento ex art. 444 codice di procedura penale; in particolare chiedeva che, previa esclusione della contestata recidiva, fosse applicata la pena finale di anni uno e mesi quattro di reclusione (cosi' determinata: pena base anni due di reclusione, ridotta per il rito alla pena finale di anni uno e mesi quattro di Reclusione), richiesta subordinata alla concessione della sospensione condizionale della pena; il pubblico ministero prestava il consenso; - per poter addivenire ad una corretta decisione riguardo alla tempestivita' e quindi alla stessa ammissibilita' in astratto della richiesta difensiva, appare necessario il pronunciamento della Corte costituzionale in ordine alla legittimita' costituzionale delle norme di cui agli articoli 451 comma 5 e 6 e 558 comma 7 e 8 codice di procedura penale nella parte in cui prevedono il diritto ad un termine a difesa soltanto a seguito dell'apertura del dibattimento (con conseguente impossibilita' di accedere ai riti alternativi all'esito di tale termine), invece di prevedere la possibilita' di accedere ai riti alternativi anche all'esito del termine a difesa eventualmente richiesto; cio' premesso, Osserva: 1. Rilevanza della questione. 1.1 All'udienza odierna il difensore del P. , munito di procura speciale, chiedeva definirsi il procedimento con l'applicazione pena ex art. 444 codice di procedura penale 1.2 L' art. 451 codice di procedura penale - che si riferisce allo svolgimento del giudizio direttissimo dinanzi al Tribunale in composizione collegiale - al quinto comma prescrive: «Il presidente avvisa l'imputato della facolta' di chiedere il giudizio abbreviato ovvero l'applicazione della pena a norma dell'articolo 444». Ai sensi del successivo sesto comma «L'imputato e' altresi' avvisato della facolta' di chiedere un termine per preparare la difesa non superiore a dieci giorni. Quando l'imputato si avvale di tale facolta', il dibattimento e' sospeso fino all'udienza immediatamente successiva alla scadenza del termine». 1.3 L'art. 558 codice di procedura penale - che disciplina l'udienza di convalida e il giudizio direttissimo dinanzi al Tribunale Monocratico - al settimo comma analogamente prevede: «L'imputato ha facolta' di chiedere un termine per preparare la difesa non superiore a cinque giorni. Quando l'imputato si avvale di tale facolta', il dibattimento e' sospeso fino all'udienza immediatamente successiva alla scadenza del termine». L'ottavo comma del medesimo articolo prevede poi che «Subito dopo l'udienza di convalida, l'imputato puo' formulare richiesta di giudizio abbreviato ovvero di applicazione della pena su richiesta» (in tal caso il giudizio si svolge dinanzi allo stesso giudice del dibattimento e si applicano le disposizioni dell'art. 452 comma 2 codice di procedura penale). In ragione di quanto previsto dall'art. 549 codice di procedura penale, «Nel procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica, per tutto cio' che non e' previsto nel presente libro o in altre disposizioni, si osservano le norme contenute nei libri che precedono, in quanto applicabili». 1.4 Le norme in questione potrebbero in astratto interpretarsi in modo conforme ai principi costituzionali in tema di diritto difesa. In particolare, sulla questione interpretativa e' gia' intervenuta anche la Corte costituzionale con l'ordinanza n. 254 del 1993, in relazione al disposto dell'allora vigente art. 566 codice di procedura penale (disposizione sostanzialmente analoga a quella poi formulata dal Legislatore all'art. 558 codice di procedura penale in relazione alla convalida dell'arresto e al giudizio direttissimo dinanzi al Tribunale in composizione monocratica). Nell'occasione la Corte costituzionale aveva modo di affermare il seguente principio: «Nel giudizio direttissimo davanti al pretore (art. 566 codice di procedura penale) la richiesta, da parte del giudicabile, subito dopo l'udienza di convalida dell'arresto, di un termine per preparare la difesa, comportando, a norma dell'art 451, sesto comma, codice di procedura penale, la sospensione del dibattimento - non ancora aperto - fino all'udienza immediatamente successiva alla scadenza del termine, non gli impedisce di formulare la richiesta di applicazione della pena, potendo questa essere avanzata, anche nell'ipotesi in questione [...] fino al normale termine previsto dall'art. 446 codice di procedura penale, e cioe' fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento. Il contrario assunto del giudice a quo, secondo il quale. la richiesta del termine di difesa subito dopo l'udienza di convalida precluderebbe la possibilita' di chiedere i riti alternativi, si basa infatti su una errata interpretazione dell'art. 566, ottavo comma, codice di procedura penale, letto come se dicesse che l'imputato "debba" - laddove dice solo che "puo'" - formulare tale richiesta subito dopo l'udienza di convalida, cadendo di conseguenza le censure di violazione del principio di eguaglianza e del diritto di difesa avanzate in proposito». Su tali presupposti, la Corte costituzionale dichiarava quindi manifestamente infondata la sollevata questione di legittimita' costituzionale dell'art. 566, ottavo comma, codice di procedura penale con riferimento agli articoli 3 e 24 Cost. 1.5 Detta interpretazione era invero gia' stata seguita dalla Corte di cassazione nel 1992. Con sentenza n. 8032 del 26 giugno 1992 il supremo Consesso di legittimita' affermava che «Nel disposto di cui all'art. 566 codice di procedura penale (convalida dell'arresto e giudizio direttissimo) le due richieste di termine a difesa e di applicazione (alternativa) di uno dei "riti speciali" previsti nell'art. 444 e nell'art. 442 codice di procedura penale vengono riconosciute al giudicabile come facolta' che il medesimo "puo'" (giammai deve) formulare subito dopo l'udienza di convalida, e cioe' a partire da quel momento processuale, sicche' la richiesta di rito speciale puo' intervenire sino alla formale dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado». 1.6 Nonostante detta pronuncia e pur essendo intervenuto l'autorevole avallo della Corte costituzionale, l'orientamento in questione e' stato fatto proprio dalla Corte di cassazione solo in poche altre pronunce, la sentenza Sez. 6 n. 42696 del 23 ottobre 2008 e la sentenza Sez. 6, n. 13118 del 19 gennaio 2010. Quest'ultima, in particolare, dopo aver ribadito che «le richieste di termine a difesa e di applicazione alternativa di uno dei riti speciali previsti nell'art 444 e nell'art. 442 codice di procedura penale vengono riconosciute all'imputato quali facolta' che il medesimo puo' esercitare subito dopo l'udienza di convalida, ossia a partire da quel momento processuale fino alla formale dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado» ha affermato che «nell'ambito di questo arco temporale, l'imputato e' legittimato a richiedere prima il termine per preparare la sua difesa e, successivamente, uno dei riti speciali». 1.7 La citata interpretazione e' stata viceversa disattesa dall'orientamento prevalente e infine consolidatosi della Corte di cassazione. Cosi' - in casi concreti di denegata ammissione al rito abbreviato - Cassazione Sez. 1, Sentenza n. 17796 del 2008 («La richiesta di rito abbreviato, nel caso previsto dall'art. 452 codice di procedura penale, comma 2, che qui interessa, posto che l'imputato era stato arrestato in flagranza di reato e presentato a giudizio direttissimo, deve essere proposta prima dell'apertura del dibattimento. Essa e' pertanto da considerare tardiva e quindi inammissibile quando sia stata proposta dopo che abbia avuto luogo la contestazione del reato e la concessione del termine a difesa, la quale ultima, come si evince dall'art. 451 codice di procedura penale, comma 6, (in base al quale, ove detta concessione sia stata disposta, il dibattimento "e' sospeso"), presuppone che l'apertura del dibattimento abbia gia' avuto luogo (v. Cassazione n. 10569 del 1992, rv. 192129)») e Cassazione Sez. 5, Sentenza n. 12778 del 18 febbraio 2010 Rv. 246899 - 01 («In tema di giudizio direttissimo, l'avvenuta concessione del termine a difesa, ai sensi dell'art. 451, comma sesto, codice di procedura penale, presupponendo che abbia gia' avuto luogo l'apertura del dibattimento, preclude la richiesta di giudizio abbreviato, prevista dall'art. 452, comma secondo, del codice di rito»). A tali pronunce - che invero hanno affrontato la questione piuttosto sinteticamente - ne sono seguite altre che hanno inquadrato piu' sistematicamente la relazione tra termine a difesa e accesso ai riti alternativi a seguito della convalida dell'arresto, tutte giungendo alla conclusione della cui legittimita' costituzionale qui si dubita. In particolare - in un caso in cui il giudice di primo grado aveva dichiarato aperto il dibattimento solo nell'udienza di rinvio, fissata a seguito della concessione del termine a difesa, e solo dopo aver emesso l'ordinanza che rigettava la richiesta di rito abbreviato - la Corte di cassazione con sentenza Sez. 1, n. 25153 del 2018 dichiarava manifestamente infondato il ricorso (in cui si lamentava per l'appunto la mancata ammissione al rito abbreviato) affermando: «la giurisprudenza di questa Corte e' costante (Sez. 5, n. 12778 del 18 febbraio 2010, Glaudi, Rv. 246899; Sez. 1, n. 17796 del 22/04/2008, Salhi, Rv. 240022; Sez. 6, n. 10569 del 17 settembre 1992, Spasiano, Rv. 192129) nell'affermare che, in tema di giudizio direttissimo, l'avvenuta concessione del termine a difesa, ai sensi dell'art. 451, comma 6, codice di procedura penale, presupponendo che abbia gia' avuto luogo l'apertura del dibattimento, preclude la richiesta di giudizio abbreviato prevista dall'art. 452, comma 2, del codice di rito. E' il sistema processuale, per effetto delle disposizioni appena menzionate, che colloca la richiesta di giudizio abbreviato, nel rito direttissimo, nella fase anteriore all'apertura del dibattimento, e viceversa la richiesta di termini a difesa, che si presenta alla prima alternativa, in seno ad un dibattimento che, venendo da tale ultima richiesta sospeso, deve considerarsi ormai aperto, anche indipendentemente da una formale dichiarazione del giudice in tal senso». Nello stesso senso - in un caso in cui il difensore ricorrente deduceva che «L'espressione "il dibattimento e' sospeso", contenuta nell'art. 451 codice di procedura penale, non andava intesa in senso meramente letterale, ma come sinonimo dell'espressione "il procedimento e' sospeso"», dovendosi ritenere diversamente la lesione del diritto di difesa costituzionalmente tutelato - la sentenza Cassazione Sez. 5, n. 52042 del 2019, che respingeva tra l'altro come manifestamente infondata la questione di costituzionalita': «La concessione del termine a difesa e' prevista dall'art. 451 codice di procedura penale solo nell'ipotesi in cui si proceda a giudizio direttissimo nelle forme del dibattimento. Piu' volte questa Corte di cassazione ha gia' affermato che l'art. 451 codice di procedura penale, nel disciplinare lo svolgimento del giudizio direttissimo, dopo aver disposto che il pubblico ministero contesta l'imputazione all'imputato presente (comma 4), prescrive che il presidente del collegio deve avvisare il prevenuto della facolta' di chiedere il giudizio abbreviato ovvero l'applicazione della pena su accordo delle parti (comma 5); solo in un secondo momento, e quindi quando il prevenuto non si sia avvalso della facolta' predetta, procedendosi oltre (e quindi entrando nel dibattimento), il presidente formula l'ulteriore avviso relativo alla facolta' di chiedere un termine per preparare la difesa nel giudizio - direttissimo - ormai introdotto, ai sensi del comma 6 dell'art. 45 del codice di procedura penale L'anteriorita' della previsione dell'avviso relativo alla facolta' di avvalersi di uno dei due riti alternativi al dibattimento (patteggiamento o giudizio abbreviato», rispetto alla previsione concernente l'avviso della facolta' di chiedere un termine per preparare la difesa non e' solo di carattere temporale, come e' dato desumere dalla collocazione normativa delle due previsioni (la prima nel quinto comma e la seconda nel successivo sesto comma), ma e' anche e soprattutto di ordine logico, essendo evidente che chi sceglie di non difendersi (concordando la pena) o di farsi giudicare «allo stato degli atti» mostra chiaramente di non aver bisogno di alcun termine per preparare la difesa, avendo deciso di evitare il procedimento incardinato con il rito direttissimo, optando per un diverso rito alternativo, ritenuto piu' vantaggioso. Se il legislatore avesse voluto imporre al giudice di assolvere contemporaneamente l'adempimento dell'obbligo dei due avvisi (quello di segnalare la possibilita' di avvalersi di uno dei due riti alternativi e quello di chiedere un termine per preparare la difesa), avrebbe formulato la norma in modo diverso, inserendo entrambe le prescrizioni in un unico contesto normativo e non in due commi distinti (Sez. 1, n. 29446 del 21 giugno 2001, Carone, Rv. 219475). [...] Quando il prevenuto non si sia avvalso della facolta' di optare per un rito alternativo, procedendosi oltre (e quindi entrando nel dibattimento), il presidente formula l'ulteriore avviso relativo alla facolta' di chiedere un termine per preparare la difesa nel giudizio - direttissimo - ormai introdotto, se l'avviso produce un effetto positivo, il dibattimento (che non potrebbe essere se non quello direttissimo, ormai irritrattabilmente attivato), e' sospeso (per il tempo corrispondente al termine concesso). [...] Proprio perche' la facolta' di chiedere un termine a difesa presuppone che l'imputato abbia rinunciato alla facolta' di optare per un rito alternativo e che si proceda nelle forme del rito ordinario, la giurisprudenza di questa Corte di cassazione e' costante nell'affermare che l'omesso avviso della facolta' di chiedere un termine a difesa, previsto dall'art. 451, comma 6, codice di procedura penale, non produce alcuna nullita' qualora l'imputato abbia optato per il giudizio abbreviato ovvero per l'applicazione della pena, in quanto la concessione del predetto termine spetta solo nel caso in cui proceda a giudizio direttissimo [...] In applicazione dei suddetti principi si e' pure osservato che l'avvenuta concessione del termine a difesa, ai sensi dell'art. 451, comma 6, codice di procedura penale, presupponendo che abbia gia' avuto luogo l'apertura del dibattimento, preclude la richiesta di giudizio abbreviato, prevista dall'art. 452, comma secondo, del codice di rito [...] Quanto alla eccezione di illegittimita' costituzionale dell'art. 451 codice di procedura penale, nella parte in cui prevede la facolta' dell'imputato di chiedere un termine a difesa solo nella ipotesi in cui non abbia optato per un rito alternativo, essa risulta manifestamente infondata, attesa la evidente differenza tra l'ipotesi in cui l'arrestato abbia scelto di non difendersi (concordando la pena) o di farsi giudicare «allo stato degli atti», mostrando in tal modo di rinunciare ad un diritto di difesa pieno) ed in particolare al diritto di chiedere ed ottenere nuove prove al fine di ottenere una riduzione di pena, e l'ipotesi in cui l'imputato abbia preferito conservare un pieno ed illimitato diritto di difesa. Non sussiste violazione dell'art. 24 della Costituzione perche' l'impossibilita' di chiedere il termine a difesa nel caso di giudizio abbreviato, ai sensi dell'art. 591 codice di procedura penale, e' il risultato di una libera scelta dell'imputato, cui non e' impedito di optare per il rito ordinario, ed e' compensato dalla piu' vantaggiosa definizione del giudizio abbreviato». Nello stesso senso ancora Cassazione Sez. 6 - , Sentenza n. 14129 del 19 febbraio 2019 Rv. 275430 - 01 e, da ultimo, Cassazione Sez. 5 - , Sentenza n. 9567 del 16 dicembre 2020 Rv. 280624 - 01 (in precedenza anche Cassazione Sez. 4, Sentenza n. 20189 del 2001, Cassazione Sez. 5, Sentenza n. 43713 del 2002, Cassazione Sez. 5, Sentenza n. 21573 del 2010 e Cassazione Sez. 7, Ordinanza n. 11722 del 2014). 1.8 Occorre dunque prendere atto dell'interpretazione ormai consolidatasi nella giurisprudenza di legittimita'. Secondo l'orientamento ormai costante della Corte di cassazione, subito dopo la convalida dell'arresto l'imputato deve scegliere se accedere ad un rito alternativo e, solo in caso contrario, ha diritto ad un termine a difesa, che viene quindi inteso come strumentale solo alla preparazione della difesa per il dibattimento; quest'ultimo inoltre, a seguito della concessione del termine a difesa, deve intendersi implicitamente aperto (con conseguente preclusione dei riti alternativi), a prescindere da una dichiarazione formale. Detta esegesi - pur non condivisa da questo giudice, secondo cui le norme in questione potrebbero interpretarsi nel senso indicato dalla stessa Corte costituzionale con l'ordinanza n. 254 del 1992 - e' ormai quella affermatasi nella giurisprudenza di legittimita', si' da assurgere al rango di diritto vivente. 1.9 Alla stregua di tale diritto vivente questo giudice dovrebbe ora rigettare la richiesta di applicazione pena ex art. 444 codice di procedura penale (in quanto tardiva) e procedere con il dibattimento, risultando questo implicitamente gia' aperto a seguito della concessione del termine a difesa. 1.10 Qualora invece le norme di cui agli articoli 451 comma 5 e 6 e 558 comma 7 e 8 codice di procedura penale fossero dichiarate costituzionalmente illegittime nella parte in cui prevedono il diritto ad un termine a difesa soltanto a seguito dell'apertura del dibattimento (e non prima di tale apertura, fatta salva la possibilita' dell'imputato di accedere ai riti alternativi a seguito del termine a difesa), ne deriverebbe il diritto dell'imputato ad accedere ai riti alternativi, con conseguente ammissibilita' della richiesta di applicazione pena ex art. 444 codice di procedura penale. La dichiarazione d'incostituzionalita' che qui si suggerisce inciderebbe dunque significativamente sulle modalita' di definizione del procedimento a carico dell'attuale imputato. 2. Non manifesta infondatezza 2.1 Si dubita della legittimita' costituzionale delle norme di cui agli articoli 451 comma 5 e 6 e 558 comma 7 e 8 codice di procedura penale nella parte in cui prevedono il diritto ad un termine a difesa soltanto a seguito dell'apertura del dibattimento (con conseguente impossibilita' di accedere ai riti alternativi all'esito di tale termine), invece di prevedere la possibilita' di accedere ai riti alternativi anche all'esito del termine a difesa eventualmente richiesto. 2.2 Tale disciplina normativa pare violare i precetti di cui agli articoli 3, 24 e 117 della Costituzione (l'art. 117 in relazione all'art. 6 comma 3 lettera b) della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali e all'art. 14 comma 3 lettera b) del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici di New York). 2.3 L'omesso riconoscimento all'imputato della possibilita' di optare per un rito alternativo all'esito del termine a difesa di cui agli articoli 451 comma 6 e 558 comma 7 codice di procedura penale pare violare in primo luogo l'art. 24 della Costituzione. 2.3.1 Come chiarito ormai da molti anni e reiteratamente dalla Corte costituzionale, la richiesta di riti alternativi costituisce «una modalita' di esercizio, e tra le piu' qualificanti, del diritto di difesa» (cosi', la sentenza n. 82 del 2019, ma in termini sostanzialmente analoghi - per citare solo le pronunzie degli ultimi anni - anche le sentenze n. 206 del 2017, n. 141 del 2018, n. 14 del 2020 e n. 19 del 2020). 2.3.2 Pare dunque essenziale che, per esercitare consapevolmente tale espressione qualificata del diritto di difesa, l'imputato possa fruire di un termine (per quanto minimo, quale quello previsto dagli articoli 451 e 558 codice di procedura penale), onde valutare serenamente e ponderatamente se chiedere l'accesso ad un rito alternativo e a quale eventualmente tra quelli possibili. 2.3.3 L'accesso ai procedimenti speciali comporta l'accettazione di modalita' piu' limitate di esercizio del diritto di difesa (in particolare, nel patteggiamento l'applicazione diretta di una pena e nel rito abbreviato l'accettazione di un giudizio «allo stato degli atti»), ma tale circostanza - lungi dal giustificare l'indisponibilita' di un congruo termine a difesa per valutare l'eventuale richiesta del rito alternativo - sembra al contrario postulare a maggior ragione l'esigenza di fruire di un simile termine. Posto cioe' che tali riti alternativi comportano una significativa compromissione delle prerogative difensive, e' tanto piu' necessario che la valutazione circa l'accesso o meno a tali riti sia adeguatamente ponderata dall'imputato. 2.3.4 In proposito, non paiono superflue alcune considerazioni circa le condizioni fattuali in cui diversamente una simile valutazione dovrebbe essere compiuta. L'imputato, all'esito della convalida dell'arresto, si trova normalmente in una condizione di stanchezza fisica e/o di turbamento emotivo: e' stato da poco arrestato; quasi sempre ha trascorso anche la notte in stato di detenzione; in caso di applicazione di una misura cautelare, ha appena appreso dell'ulteriore limitazione che la sua liberta' personale subira' nell'immediato futuro; inoltre, ha potuto avere solo un rapido colloquio col proprio difensore, spesso d'ufficio e quindi appena conosciuto. A titolo esemplificativo (ma si tratta di situazione molto ricorrente), il PUOTI - soggetto alla prima esperienza detentiva - e' stato tratto in arresto a Sesto Fiorentino nel pomeriggio del 28 aprile 2021; in pari data gli e' stato nominato un difensore d'ufficio, il quale ha avuto comunicazione dell'avvenuto arresto alle ore 18,00. Il prevenuto e' stato poi condotto alla Stazione dei Carabinieri di Signa, ove ha trascorso la notte nella camera di sicurezza e la mattina seguente e' stato portato a Firenze per la convalida dell'arresto e la celebrazione del giudizio direttissimo; una volta in aula ha potuto interloquire brevemente con un difensore che non aveva mai visto prima; il fascicolo e gli atti relativi al procedimento in questione sono pervenuti alle ore 10,15 e l'udienza di convalida e' iniziata alle ore 14,40 (ma sarebbe potuta iniziare anche prima se non ci fossero stati altri procedimenti analoghi). 2.3.5 In tale contesto, perche' la scelta di accedere ad un rito alternativo - che comporta la compromissione delle prerogative difensive (o addirittura l'applicazione concordata di una pena) - possa avvenire con la necessaria lucidita' e ponderazione, sembra essenziale che imputato e difensore possano disporre di un termine per effettuare detta valutazione. 2.3.6 Neppure il fatto che si proceda a seguito di un arresto in flagranza di reato sembra poter giustificare la negazione del suddetto termine prima della scelta del rito. Se e' vero che la constatazione diretta del fatto di reato o delle tracce recenti dello stesso da parte della Polizia Giudiziaria rende in qualche modo piu' agevole la ricostruzione del fatto, cionondimeno i reati oggetto del rito direttissimo possono comunque presentare profili di complessita' in fatto o in diritto, cosi' come prima della scelta del rito possono risultare opportuni o necessari per la Difesa approfondimenti circa i precedenti dell'imputato o le relative condizioni di vita. Cosi', ad esempio, nel caso di specie - pur essendo pacifico il possesso da parte dell'imputato di una carta d'identita' elettronica falsa, fatto ammesso anche dall'imputato - in sede di convalida e applicazione di misura si e' posta la questione circa la validita' o meno per l'espatrio della carta d'identita' elettronica in assenza dell'espressa dicitura «valida per l'espatrio», con conseguente configurabilita' o meno del reato ex art. 497-bis codice penale E ancora l'imputato ha dichiarato di non sapere nulla del precedente del 2000 risultante a suo carico dal certificato penale e sulla cui base gli e' stata contestata la recidiva. Si tratta senz'altro di aspetti che la Difesa potrebbe avere avuto interesse ad approfondire (tramite la consultazione di banche dati, l'acquisizione di documenti, ecc.) non solo in funzione del dibattimento, ma anche dell'eventuale richiesta di riti alternativi. 2.3.7 Infine la soluzione qui propugnata non sembra trovare ostacolo nella speditezza propria del rito di cui agli articoli 451 e 558 codice di procedura penale. Da un lato non pare che la concessione di un breve termine possa compromettere le esigenze cui risponde il rito direttissimo (d'altro canto il citato termine e' previsto per l'ipotesi del dibattimento, che gia' di per se' comporta tempi piu' lunghi rispetto ai riti alternativi). Dall'altro, sembra dover in ogni caso prevalere il diritto di difesa dell'imputato. 2.3.8 In definitiva, pare necessario garantire comunque all'imputato la possibilita' di una ponderata valutazione della strategia difensiva che - a meno di non voler ridurre il diritto di difesa ad un piano meramente formale - non puo' avvenire obbligatoriamente seduta stante all'esito della convalida dell'arresto; si deve piuttosto consentire che quella modalita', tra le piu' qualificate, di esercizio del diritto di difesa possa essere attuata allo spirare del termine a difesa eventualmente richiesto, la cui funzione deve poter essere anche quella di valutare in un periodo di tempo adeguato l'opzione per i riti alternativi. L'attuale disciplina del rito direttissimo, nel porre all'imputato un'alternativa secca tra la richiesta di procedersi con un rito alternativo e quella di un termine a difesa, compromette significativamente il diritto di difesa dell'imputato (gia' prima che questi abbia fatto accesso al rito alternativo), atteso che non consente (del tutto ingiustificatamente) che la scelta di accedere ai riti alternativi sia il risultato di una valutazione ponderata delle strade percorribili. 2.4 La normativa in questa sede censurata si pone in contrasto anche con l'art. 3 della Carta costituzionale. 2.4.1 In primo luogo detta disciplina comporta una irragionevole disparita' di trattamento - in relazione alle garanzie difensive - tra il soggetto condotto in udienza per rispondere del reato con rito direttissimo e il soggetto che venga invece processato con altro rito. La natura accelerata del rito direttissimo comporta delle differenze rispetto agli altri riti che si giustificano in ragione della flagranza di reato, dell'intervenuto arresto dell'imputato e della non necessita' per il pubblico ministero di ulteriori atti d'indagine. La negazione all'imputato di un termine per preparare la difesa prima dell'eventuale richiesta di un rito alternativo (e quindi l'esclusione del rito alternativo una volta chiesto il termine a difesa) non sembra pero' rientrare in tale logica: un termine di pochi giorni non comporta infatti un ritardo significativo nello svolgimento del processo. Quando l'esercizio dell'azione penale da parte del pubblico ministero avviene in altra forma) l'imputato fruisce sempre di un piu' o meno consistente termine a comparire, utile - oltre che per organizzarsi praticamente per l'udienza - anche per preparare la difesa. In tutti i casi (richiesta di rinvio a giudizio, citazione diretta a giudizio, giudizio immediato, procedimento per decreto) l'ordinamento prevede il riconoscimento di un piu' o meno lungo termine, durante il quale l'imputato e il suo difensore possono preparare la difesa e quindi anche valutare l'eventuale scelta di procedere con un rito alternativo. Nel giudizio direttissimo invece il termine a difesa e' previsto solo previa apertura del dibattimento, con conseguente impossibilita' di accedere ai riti alternativi o, viceversa, accesso immediato ai riti alternativi senza un'adeguata ponderazione. 2.4.2 L'ordinamento prevede poi la possibilita' per l'imputato di chiedere un termine a difesa anche nelle ipotesi di modifiche dell'imputazione o di contestazioni di nuovi reati o di nuove circostanze da parte del pubblico ministero nel corso dell'istruttoria dibattimentale (art. 519 c.p.p.). Ove l'imputato sia assente, anzi, la contestazione deve essere inserita nel verbale del dibattimento, che deve essere notificato per estratto all'imputato, con il rispetto di un termine almeno pari a quello previsto dall'art. 429 codice di procedura penale. Per effetto dei plurimi interventi manipolativi della Corte costituzionale, a seguito delle contestazioni suppletive e dell'eventuale termine a difesa (addirittura obbligatorio nel caso di assenza dell'imputato), l'interessato ha la facolta' di accedere ai riti alternativi. La giurisprudenza della Corte costituzionale ha negli anni via via ritenuto illegittime quelle preclusioni poste alla facolta' di accedere ai riti alternativi nei casi di mutamento delle contestazioni in sede dibattimentale (sentenza n. 82/2019: «Se, dunque, la possibilita' di richiedere i riti alternativi si salda a fil doppio al diritto di difesa - in particolare, al diritto di scegliere il modello processuale piu' congeniale all'esercizio di quel diritto - e se e' la regiudicanda, nelle sue dimensioni "cristallizzate", a costituire la base su cui operare tali scelte, non puo' che desumersi la incoerenza con quel diritto di qualsiasi preclusione che ne limiti l'esercizio concreto, tutte le volte in cui il sistema ammetta una mutatio libelli in sede dibattimentale»). Sebbene nel rito direttissimo non vi sia un mutamento della contestazione, cionondimeno la situazione di fatto nella quale si trova l'imputato e' comunque quella di un soggetto che - allo stesso modo dell'imputato che veda muoversi nuove contestazioni in dibattimento - ha appena conosciuto gli addebiti a suo carico. Posto che l'ordinamento riconosce all'imputato - sia nell'ambito del giudizio ordinario e dei riti diversi dal direttissimo sia nel caso di contestazioni suppletive - la possibilita' di fruire di un congruo lasso di tempo per valutare eventualmente anche la scelta di un rito alternativo, risulta del tutto irragionevole la disciplina qui censurata e prevista per il rito direttissimo, nella misura in cui non consente che il termine a difesa richiesto dall'imputato all'esito della convalida sia funzionale anche all'eventuale scelta dei riti alternativi. Detta disciplina risulta tanto piu' irragionevole e discriminatoria ove si considerino le condizioni gia' sopra rappresentate nelle quali normalmente versa l'imputato presentato per la convalida dell'arresto e la celebrazione del rito direttissimo, condizioni che ancor meno si prestano ad una valutazione (nell'immediatezza) lucida e serena dell'accesso o meno ad un rito alternativo. 2.5 La norma qui censurata pare contrastare anche con l'art. 117 della Costituzione (che prescrive che la potesta' legislativa sia esercitata nel rispetto dei vincoli derivanti dagli obblighi internazionali) in relazione all'art. 6 comma 3 lettera b) CEDU. Detto articolo della Convenzione prevede che ogni accusato abbia diritto di «disporre del tempo e delle facilitazioni necessarie a preparare la sua difesa». La Corte europea dei diritti dell'uomo ha piu' volte evidenziato che, affinche' il processo nei confronti di un soggetto possa dirsi effettivamente equo, non solo l'accusato deve essere informato circa la natura delle contestazioni a lui mosse ma, dal momento in cui egli ne ha contezza, allo stesso devono anche essere garantiti il tempo e i mezzi necessari per preparare adeguatamente la difesa. I principi in questione sono stati valorizzati nel caso BORISOVA c. BULGARIA che affronta il tema dell'effettivita' del diritto di difesa nel caso di soggetto arrestato ed immediatamente sottoposto a processo. In tale occasione, la Corte europea dei diritti dell'uomo ha ribadito come il diritto dell'accusato ad essere informato, nel piu' breve tempo possibile, in una lingua a lui comprensibile e in modo dettagliato, della natura e dei motivi dell'accusa formulata a suo carico (previsto dall'art. 6 comma 3 lettera a) della Convenzione) debba essere considerato alla luce del diritto dell'imputato a preparare la sua difesa previsto dall'art. 6 comma 3 lettera b), essendo le due disposizioni connesse tra loro (sentenza 21.12.2006 BORISOVA c. BULGARIA par. 40-45). In particolare, la Corte europea dei diritti dell'uomo ha ritenuto nel caso di specie la violazione delle norme in questione dal momento che l'accusata era stata dapprima arrestata, poi condotta in cella e successivamente (nel giro di poche ore) sottoposta a processo, senza che alla stessa fosse stato garantito il tempo necessario (adequate time) e gli strumenti per preparare la sua difesa (la BORISOVA aveva avuto contezza dell'accusa mossa nei suoi confronti appena prima di essere stata presentata in udienza; non le era stato permesso di contattare un avvocato ne' un familiare; il tempo per preparare la sua difesa non era stato piu' lungo di un paio d'ore). Ancor piu' recentemente la Corte europea dei diritti dell'uomo si e' espressa nei medesimi termini, ritenendo violato l'art. 6 comma 3 lettera b) della Convenzione, anche in un caso nel quale il tempo intercorso tra l'elaborazione del verbale contenente la contestazione a carico del soggetto e la trattazione del relativo caso davanti alla Corte era stato di poche ore e non era chiaro quanto tempo avesse avuto l'accusato per poter visionare i documenti relativi alla propria posizione (Corte Edu, sentenza 12 febbraio 2019 MUCHNIK AND MORDOVIN v. RUSSIA, par. 34-39) La Corte europea dei diritti dell'uomo, in un'ottica di effettivita' del diritto di difesa, ha ribadito che l'accusato deve avere l'opportunita' di preparare la propria difesa e di rappresentare tutti gli argomenti difensivi nel processo, cosi' da poterne concretamente influenzare l'esito. In tale contesto ha altresi' affermato che l'adeguatezza del tempo e degli strumenti garantiti ad un imputato deve essere valutata alla luce delle circostanze di ciascun caso particolare. Nella prospettiva della Corte europea dei diritti dell'uomo, al fine di parametrare il tempo e le facilitazioni necessarie, rilevano la presenza di un difensore (sempre garantita nel rito direttissimo italiano), ma anche la gravita' e complessita' delle accuse e lo stato di detenzione o di liberta' dell'accusato, fattori questi che viceversa presentano delle criticita' rispetto al rito direttissimo: le accuse sono infatti sempre di gravita' tale da giustificare l'arresto dell'accusato (nei citati casi esaminati dalla Corte europea dei diritti dell'uomo viceversa si trattava di illeciti di modesta gravita') e la richiesta da parte del pubblico ministero di una misura cautelare coercitiva (diversamente ex art. 121 disp. att. codice di procedura penale il pubblico ministero dovrebbe disporre la liberazione immediata dell'arrestato e non la presentazione in udienza per la convalida e la celebrazione del rito direttissimo); la complessita' e' variabile (ed e' prevista anzi l'obbligatorieta' del rito direttissimo per taluni reati in materia di armi o d'immigrazione tutt'altro che semplici); l'accusato e' ancora in stato di detenzione o e' appena stato liberato. E' allora evidente come la normativa qui censurata si ponga in contrasto con l'art. 6 comma 3 lettera b) della CEDU, nella misura in cui non consente al soggetto arrestato e immediatamente condotto in udienza per la convalida dell'arresto e la celebrazione del rito direttissimo, di richiedere un termine a difesa finalizzato anche alla successiva eventuale scelta di procedere con un rito alternativo (scelta che rappresenta - come ribadito dalla Corte costituzionale - una delle espressioni piu' significative del diritto di difesa e per la valutazione circa il cui esercizio deve quindi essere garantito quel adequate time garantito proprio dall'art. 6 comma 3 lettera b) della CEDU). 2.6 Da ultimo viene in rilievo la violazione dell'art. 117 Cost. in relazione all'art. 14, comma 3, lettera b), del Patto internazionale sui diritti civili e politici di New York. Detto articolo del Patto di New York (reso esecutivo in Italia con la legge 25 ottobre 1977, n. 881) prevede che «Ogni individuo accusato di un reato ha diritto, in posizione di piena eguaglianza, come minimo alle seguenti garanzie: [...] b) a disporre del tempo e dei mezzi necessari alla preparazione della difesa ed a comunicare con un difensore di sua scelta». Il Patto internazionale in questione, la cui finalita' era quella di porre dei vincoli alle condotte dei singoli Stati, fa anch'esso riferimento alle garanzie minime da riconoscere all'imputato, tra le quali annovera quella relativa al tempo ed ai mezzi necessari alla preparazione della difesa. Per le medesime ragioni gia' esposte in relazione all'art. 6 comma 3 lettera b) della CEDU, si dubita che la normativa in questa sede censurata sia conforme alla disciplina internazionale appena richiamata e si ritiene pertanto che detto contrasto determini la sua illegittimita' costituzionale in relazione all'art. 117 Cost., nella misura in cui questo prescrive che la legislazione interna sia conforme ai vincoli che derivano dagli obblighi internazionali. 3. Possibilita' di un'interpretazione conforme 3.1 Come gia' sopra esposto, sarebbe astrattamente possibile un'interpretazione delle norme qui censurate in senso conforme al dettato costituzionale. 3.2 Tuttavia, detta interpretazione conforme si scontra con la consolidata giurisprudenza di legittimita' gia' sopra esaminata. 3.3 Come rilevato piu' volte dalla Corte costituzionale, "in presenza di un indirizzo giurisprudenziale consolidato, «il giudice a quo, se pure e' libero di non uniformarvisi e di proporre una sua diversa esegesi, ha, alternativamente, la facolta' di assumere l'interpretazione censurata in termini di "diritto vivente" e di richiederne su tale presupposto il controllo di compatibilita' con i parametri costituzionali (ex plurimis, sentenze n. 39 del 2018, n. 259 del 2017 e n. 200 del 2016; ordinanza n. 201 del 2015). Cio', senza che gli si possa addebitare di non aver seguito altra interpretazione, piu' aderente ai parametri stessi, sussistendo tale onere solo in assenza di un contrario diritto vivente (tra le altre, sentenze n. 122 del 2017 e n. 11 del 2015)» (sentenza n. 141 del 2019)" (cosi', da ultimo, la sentenza della Corte costituzionale n. 95 del 2020).
P. Q .M. Visti gli articoli 134 Cost., 23 ss. legge n. 87/1953; Ritenuta d'ufficio la questione rilevante e non manifestamente infondata; Solleva questione di legittimita' costituzionale delle norme di cui agli articoli 451 comma 5 e 6 e 558 comma 7 e 8 codice di procedura penale nella parte in cui prevedono il diritto ad un termine a difesa soltanto a seguito dell'apertura del dibattimento, invece di prevedere la possibilita' di accedere ai riti alternativi anche all'esito del termine a difesa eventualmente richiesto; Per violazione degli articoli 3, 24 e 117 Cost. (l'art. 117 Cost. in relazione all'art. 6 comma 3 lett. b) della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali e all'art. 14 comma 3 lettera b) del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici di New York). Sospende il giudizio in corso, ed i relativi termini di prescrizione, fino alla definizione del giudizio incidentale di legittimita' costituzionale. Dispone l'immediata trasmissione alla Corte costituzionale della presente ordinanza e degli atti del procedimento, comprensivi della documentazione attestante il perfezionamento delle prescritte comunicazioni e notificazioni di cui al successivo capoverso. Manda alla cancelleria per la notificazione della presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' per la comunicazione ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica e per la successiva trasmissione del fascicolo processuale alla Corte costituzionale. Da' atto, anche ai fini di cui all'art. 23 comma 4 legge n. 87/1953, che la presente ordinanza e' stata letta in udienza e che, pertanto, essa deve intendersi notificata a coloro che sono o devono considerarsi presenti, ex art. 148 comma 5 codice di procedura penale. Firenze, 13 maggio 2021 Il giudice: Attina'