N. 218 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 aprile 2021

Ordinanza  del  21  aprile  2021  del  Tribunale   di   Palermo   nel
procedimento di esecuzione promosso da Dea  Capital  SGR  spa  contro
E.A.S. - Ente acquedotti siciliani in liquidazione e altri. 
 
Fallimento   e   procedure   concorsuali   -   Liquidazione    coatta
  amministrativa - Norme della Regione Siciliana - Enti  soppressi  e
  messi in liquidazione in relazione ai quali la Regione non risponde
  delle passivita' eccedenti l'attivo della  singola  liquidazione  -
  Previsione la quale dispone che per  le  liquidazioni  deficitarie,
  con  decreto  del  Presidente  della  Regione,  si  fa  luogo  alla
  liquidazione coatta amministrativa. 
- Legge della Regione Siciliana 9 maggio  2017,  n.  8  (Disposizioni
  programmatiche e correttive per l'anno 2017.  Legge  di  stabilita'
  regionale), art. 4. 
(GU n.3 del 19-1-2022 )
 
                         TRIBUNALE DI PALERMO 
                          Sezione VI civile 
 
    Il Giudice dell'esecuzione, dott.ssa Maria  Cultrera,  letti  gli
atti e i documenti  dell'espropriazione  presso  terzi  RGES  8/2019,
promossa da Dea Capital SGR S.p.a. contro E.A.S.  -  Ente  acquedotti
siciliani in liquidazione, a scioglimento della riserva  assunta,  ha
pronunciato ai sensi dell'art. 23, comma  3,  della  legge  11  marzo
1953, n. 87, la presente ordinanza. 
    Il creditore procedente ha esercitato l'azione  esecutiva  contro
l'Ente acquedotti siciliani mediante l'atto di pignoramento presso il
tesoriere dell'ente, Unicredit S.p.a. 
    Il terzo pignorato ha reso dichiarazione positiva. 
    Con decreto del Presidente della Regione Siciliana del 2  gennaio
2020, l'Ente acquedotti siciliani in liquidazione e' stato  posto  in
liquidazione coatta amministrativa, in attuazione delle  disposizioni
di cui all'art. 4, comma 1, della legge regionale 9 maggio  2017,  n.
8, che recita «in armonia  con  i  principi  e  i  criteri  stabiliti
dall'art. 15 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98,  convertito  con
modificazioni dalla  legge  15  luglio  2011,  n.  111  e  successive
modifiche  e  integrazioni,  per  gli  enti  soppressi  e  messi   in
liquidazione, la regione  non  risponde  delle  passivita'  eccedenti
l'attivo della singola liquidazione. Per le liquidazioni deficitarie,
con  decreto  del  Presidente  della  regione  si   fa   luogo   alla
liquidazione coatta amministrativa.». 
    Il creditore intervenuto, AMAP  S.p.a.,  ha  sollevato  dubbi  di
legittimita' costituzionale dell'art.  4  della  legge  regionale  n.
8/2017,  in  virtu'  del  quale  e'   stato   adottato   il   decreto
presidenziale del 2 gennaio 2020, per contrasto con l'art. 117, terzo
comma, della Costituzione. 
    L'Avvocatura dello Stato  ha  chiesto,  nell'interesse  dell'Ente
acquedotti  siciliani  in  liquidazione  coatta  amministrativa,   la
declaratoria di interruzione del processo esecutivo. 
    La  questione  di  legittimita'  costituzionale  della   suddetta
disposizione legislativa regionale e' rilevante  per  la  definizione
del presente processo esecutivo e non manifestamente infondata per le
ragioni che si illustrano. 
Rilevanza della questione per il processo 
    L'apertura della procedura di liquidazione coatta  amministrativa
dell'Ente acquedotti siciliani, avvenuta con decreto  del  Presidente
della Regione Siciliana del 2 gennaio 2020, in applicazione dell'art.
4 della legge Regione Sicilia n. 8/2017, e' suscettibile di  produrre
gli effetti  di  cui  all'art.  201  della  legge  fallimentare,  che
richiama l'art. 51 della stessa legge,  ai  sensi  del  quale  «salvo
diversa disposizione della legge, dal giorno della  dichiarazione  di
fallimento nessuna azione individuale esecutiva  o  cautelare,  anche
per crediti maturati durante il fallimento, puo'  essere  iniziata  o
proseguita sui beni compresi nel fallimento». 
    Il  principio  di  improseguibilita'   delle   azioni   esecutive
individuali una volta che sia stata avviata una  procedura  esecutiva
concorsuale,  pacificamente   statuito   dalla   giurisprudenza   con
riferimento  alla  liquidazione  coatta  amministrativa  di  enti  di
diritto privato, e' stato costantemente  affermato  anche  in  ordine
alle ipotesi di liquidazione coatta amministrativa di enti di diritto
pubblico. 
    L'art. 9, comma 1-ter del decreto-legge n. 63/2002, convertito in
legge 15 giugno 2002, n. 112, infatti, nel prevedere espressamente la
possibilita', da parte del Ministero dell'economia e  delle  finanze,
di sottoporre gli enti pubblici alla procedura di liquidazione coatta
amministrativa, non introduce a tale riguardo alcuna norma specifica,
sicche' deve ritenersi che debbano  trovare  applicazione  le  regole
comuni dettate dal regio decreto n. 267/1942, e in  particolare,  per
quanto qui rileva, gli articoli 51 e 201. 
    La  giurisprudenza,  sia  di  legittimita'  che  di  merito,  ha,
infatti, sempre affermato che «con riguardo alla  liquidazione  degli
enti di diritto pubblico soppressi, le disposizioni degli articoli  8
e 9, legge 4 dicembre 1956, n. 1404 (contemplanti  la  formazione  in
via amministrativa - previa istanza dei creditori interessati - di un
elenco  delle   posizioni   debitorie)   non   interferiscono   sulla
proponibilita' in sede giudiziaria delle domande con cui i  creditori
chiedano il riconoscimento ed  il  pagamento  delle  loro  spettanze,
atteso che gli adempimenti in dette norme previsti si inseriscono  in
una procedura amministrativa finalizzata al sollecito soddisfacimento
delle pendenze degli enti  soppressi,  cui  non  sono  estensibili  i
principi che regolano il fallimento e le altre procedure concorsuali;
compreso il  divieto  di  azioni  individuali  dei  creditori,  salva
restando l'operativita' di  tali  principi  quando,  in  presenza  di
situazioni deficitarie degli enti soppressi, si apra la  liquidazione
cotta amministrativa» (Cassazione civ., sez. I, 12  aprile  1996,  n.
3475; Cassazione civ., sez. I, 11 giugno 1992,  n.  7174;  Cassazione
civ., sez. lav., 30 gennaio 1989, n. 561; Cassazione civ., sez. lav.,
4 marzo 1988, n. 2285). 
    Deve, altresi', osservarsi che pende, nella fattispecie concreta,
un giudizio dinanzi al  Tribunale  amministrativo  regionale  per  la
Sicilia per l'annullamento, previa  sospensione  dell'efficacia,  del
decreto del Presidente della Regione Siciliana del  2  gennaio  2020,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 3 della Regione Siciliana  del
17 gennaio 2020, con cui l'Ente acquedotti siciliani in  liquidazione
e' stato posto in liquidazione coatta amministrativa,  in  attuazione
delle disposizioni di cui all'art. 4, comma 1 della legge regionale 9
maggio 2017, n. 8. 
    Con ordinanza, resa nel suddetto giudizio Reg. Ric. 293/2020,  il
T.A.R. Palermo ha  accolto  la  domanda  cautelare  e  ha  sospeso  i
provvedimenti impugnati. 
    Con successiva ordinanza del 18  giugno  2020,  il  consiglio  di
giustizia  amministrativa  ha  accolto  l'appello  e   ha   riformato
l'ordinanza impugnata e ha respinto l'istanza cautelare  proposta  in
primo grado. 
    Deve, inoltre, osservarsi che secondo la norma dettata  dall'art.
21 della L.F. (oggi trasfuso nell'ultimo comma  dell'art.  18  l.f.),
come e' noto, «se la sentenza dichiarativa di fallimento e'  revocata
restano salvi gli effetti degli atti legalmente compiuti dagli organi
del fallimento». 
    Orbene, la  norma  dell'art.  21  (e  oggi  del  penultimo  comma
dell'art. 18 l.f.) non  e'  richiamata  dalle  norme  disciplinatrici
della liquidazione coatta amministrativa, ma cio' non  significa  che
il principio da  essa  espresso  non  sia  estensibile  alle  vicende
inerenti l'illegittimita' della procedura  concorsuale  minore,  che,
com'e'  noto,  puo'  articolarsi  attraverso  la  sequenza   tra   il
provvedimento amministrativo di liquidazione coatta e  la  successiva
eventuale decisione di accertamento dell'insolvenza oppure attraverso
la scansione inversa. Si tratta, infatti,  di  principio  che  sembra
applicabile analogicamente  per  la  palese  ricorrenza  della  eadem
ratio, che e' quella,  innanzitutto,  di  conservazione  dell'operare
degli organi fallimentari in quanto produttivo di effetti di gestione
dell'impresa assoggettata a fallimento  tanto  nella  sfera  interna,
quanto  a  tutela  dell'affidamento  dei  terzi,  quando   gli   atti
coinvolgano terzi. 
    Tra  le  vicende  inerenti   l'illegittimita'   delle   procedure
concorsuali minori, cui l'art. 21 (oggi art. 18) sembra  estensibile,
non sembra revocabile in dubbio, proprio per l'identita' di ratio,  e
come non manca di ipotizzare  la  dottrina,  che  debba  comprendersi
anche il caso in cui il provvedimento dispositivo della  liquidazione
coatta   amministrativa   venga   impugnato   avanti    al    giudice
amministrativo e annullato (Cassazione n. 19293/2005). 
    Ne consegue, in sostanza, che gli effetti  dell'annullamento  del
provvedimento dichiarativo della liquidazione  coatta  amministrativa
non sono configurabili come retroattivi. 
    Peraltro,  l'art.  19  della  legge  fallimentare   prevede   che
«proposto il reclamo, la Corte di appello,  su  richiesta  di  parte,
ovvero del curatore, puo', quando ricorrono gravi motivi, sospendere,
in  tutto  o  in  parte,  ovvero  temporaneamente,  la   liquidazione
dell'attivo». 
    In altri termini, in applicazione della menzionata  disposizione,
l'oggetto della sospensione  e'  la  sola  liquidazione  dell'attivo;
mentre, non possono  essere  oggetto  di  sospensione  la  disciplina
relativa ai rapporti pendenti, alla formazione dello stato passivo  o
alla custodia e amministrazione dei beni fallimentari. 
    Ne  consegue   che,   applicando   analogicamente   la   suddetta
disposizione,  in   ipotesi   di   impugnazione   del   provvedimento
dichiarativo della  liquidazione  coatta  amministrativa  dinanzi  al
giudice amministrativo, deve  escludersi  che  la  sospensione  possa
avere ad oggetto la disciplina dettata dall'art. 51 l.f. 
    In definitiva, ove si ritenessero costituzionalmente legittime le
disposizioni normative in forza delle quali il legislatore  regionale
siciliano ha disposto la liquidazione coatta amministrativa dell'Ente
acquedotti siciliani, il presente processo esecutivo dovrebbe  essere
dichiarato  improseguibile  in  forza  dell'art.   51   della   legge
fallimentare (richiamato dall'art. 201 della medesima  legge)  e,  in
particolare, in quanto il commissario liquidatore non ha  manifestato
la volonta' di proseguire il processo esecutivo  ai  sensi  dell'art.
107 l.f. 
    Consegue  la  rilevanza  dell'accertamento   della   legittimita'
costituzionale della disposizione regionale censurata ai  fini  della
definizione del presente processo. 
Non manifesta infondatezza della questione 
    Deve premettersi che l'Ente acquedotti siciliani,  istituito  con
legge 19 gennaio 1942, n. 24, perseguendo scopi di utilita'  pubblica
generale e non fini di lucro tanto nel settore  della  costruzione  e
sistemazione di nuovi acquedotti ed altre  opere  igieniche  connesse
quanto nel settore della gestione e  manutenzione  di  impianti  gia'
realizzati, ha natura di ente pubblico non economico (cfr. Cassazione
civile, Sez. Unite, 26 gennaio 2000, n. 5). 
    L'art. 1 della legge regionale siciliana n. 9 del 31 maggio  2004
ha disposto che a seguito della  costituzione  della  societa'  mista
«Sicilacque S.p.a.», in attuazione dell'art. 23 della legge regionale
27 aprile 1999, n. 10, e  successive  modifiche  ed  integrazioni,  a
decorrere dal 1° settembre 2004, l'Ente acquedotti siciliani (EAS) e'
posto in liquidazione. 
    Con D.P.R.S. n.  1  del  2  gennaio  2020,  in  attuazione  delle
disposizioni in materia di enti in liquidazione di  cui  all'art.  4,
comma 1, della legge regionale 9 maggio 2017, n. 8, ed in  esecuzione
della deliberazione di giunta n.  145  del  24  aprile  2019,  l'Ente
acquedotti siciliani in liquidazione e' stato posto  in  liquidazione
coatta amministrativa. 
    Il sopra menzionato  art.  4  della  legge  regionale  n.  8/2017
dispone che «... per gli enti soppressi e messi  in  liquidazione  la
regione  non  risponde  delle  passivita'  eccedenti  l'attivo  della
singola liquidazione. Per le liquidazioni  deficitarie,  con  decreto
del Presidente della regione si fa  luogo  alla  liquidazione  coatta
amministrativa...». 
    Orbene, la suddetta disposizione  normativa  regionale  si  pone,
nella parte  in  cui  prevede  la  possibilita'  di  far  luogo  alla
liquidazione coatta amministrativa  tramite  decreto  del  Presidente
della regione, in non rimediabile contrasto  con  l'art.  117,  comma
secondo, lettera l) della  Costituzione,  che  riserva  espressamente
alla potesta' esclusiva dello Stato la  legislazione  in  materia  di
«giurisdizione e norme processuali» e di «ordinamento civile». 
    La Corte costituzionale ha affermato, nella sentenza n. 25 del  6
febbraio 2007,  che  ai  fini  della  soluzione  della  questione  di
competenza disciplinata dall'art. 117, comma secondo e  terzo,  della
Costituzione,  e'  rilevante  la  concreta  disciplina   -   in   se'
considerata - posta in essere dalla norma; ha, quindi,  ritenuto  che
«disponendo  che  certi  enti  sono  sottoposti  alla  procedura   di
liquidazione coatta amministrativa, la legge regionale  assegna  (tra
l'altro)  alle  situazioni  soggettive  di  coloro  che  hanno  avuto
rapporti con  quegli  enti  un  regime,  sostanziale  e  processuale,
peculiare rispetto a quello (ordinario, previsto dal codice civile  e
da quello  di  procedura  civile)  altrimenti  applicabile:  sicche',
quando l'art. 2 della legge fallimentare prevede che a determinare le
imprese assoggettabili a tale procedura concorsuale sia  la  "legge",
tale espressione non puo' che essere intesa nel senso di legge idonea
ad incidere - perche' emanata da chi ha la relativa  potesta'  -  sul
regime,  sostanziale  e  processuale,  delle  situazioni   soggettive
coinvolte nella procedura. La circostanza che la liquidazione  coatta
amministrativa abbia natura amministrativa  non  rileva  sotto  alcun
profilo, dal momento  che  fin  dalla  sua  apertura  tale  procedura
amministrativa    comporta    rilevanti    effetti    sulla    tutela
giurisdizionale  dei  crediti  ed  effetti,  altresi',   di   diritto
sostanziale  (articoli  55  e  seguenti  della  legge  fallimentare):
sicche' e' in relazione all'idoneita' a produrre tali  effetti  -  di
natura sostanziale e processuale - che va  determinata  la  spettanza
della potesta' legislativa ai sensi dell'art. 117 della  Costituzione
e  va,  conseguentemente,  negata  quella   della   regione»   (Corte
costituzionale 25/2007). 
    Ne consegue che la legge, a cui fa  rinvio  l'art.  2  del  regio
decreto n. 267/1942 - ai sensi  del  quale  «la  legge  determina  le
imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa, i casi per  le
quali la liquidazione coatta amministrativa puo' essere  disposta,  e
l'autorita' competente a disporla»  -  non  puo'  che  essere  quella
statale, in considerazione  della  estrema  rilevanza  degli  effetti
sostanziali e processuali, che si ricollegano alla sottoposizione  di
un ente alla liquidazione coatta amministrativa. 
    Invero, l'autonomia speciale, di cui gode la Regione  Sicilia  in
forza dello statuto approvato con R.D.L. 15 maggio  1946,  n.  455  e
convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2,  non  osta
alla applicazione di tali principi anche alla legislazione siciliana. 
    Sebbene la legge regionale n.  8/2017  intervenga  nella  materia
«ordinamento degli uffici e  degli  enti  regionali»,  di  competenza
esclusiva della regione ai sensi dell'art 14 lettera p) dello statuto
speciale di autonomia, cio' non esclude, comunque, che la  disciplina
in esame incida significativamente sulla materia della  giurisdizione
e dell'ordinamento civile. 
    Infatti, ai fini della sussunzione di una fattispecie  nell'alveo
di una determinata materia, e' necessario considerare,  non  gia'  il
generico ambito in cui il legislatore si propone di operare,  bensi',
piu'  correttamente,  la  concreta   disciplina   determinata   dalle
disposizioni controverse. In  tal  senso  si  e'  espressa  la  Corte
costituzionale, specificando, nell'ambito di un giudizio  relativo  a
fattispecie analoga a quella esaminata, con riguardo  alle  USL,  che
«ai fini della soluzione della questione di  competenza  disciplinata
dall'art. 117, commi secondo e terzo, della Costituzione,  [...]  non
e' rilevante la circostanza che  la  norma  censurata  riguardi  enti
(gia') operanti nel settore sanitario, ma la concreta disciplina - in
se' considerata - posta in essere dalla norma» (Corte  costituzionale
25/2007). 
    Per tali ragioni,  va  sollevata  la  questione  di  legittimita'
costituzionale della norma, dettata dall'art. 4 della  legge  Regione
Siciliana  n.  8/2017,  nella  parte  in  cui  dispone  che  «per  le
liquidazioni deficitarie, con decreto del Presidente della regione si
fa luogo alla liquidazione  coatta  amministrativa»,  per  violazione
dell'art. 117, comma secondo, lettera l) della Costituzione. 
 
                               P. Q. M. 
 
    Visti gli articoli 134 della Costituzione, 23  e  seguenti  della
legge 11 marzo 1953, n. 87; 
    Ritenuta rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 4  della  legge  della  Regione
Sicilia 9 maggio 2017, n. 8; 
    Dispone  l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale e sospende il processo in corso; 
    Ordina che a cura della  cancelleria  la  presente  ordinanza  di
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale sia notificata alle
parti in  causa  e  al  Presidente  della  Regione  Sicilia,  nonche'
comunicata al Presidente dell'Assemblea Regionale Siciliana. 
      Palermo, 21 aprile 2021 
 
                Il Giudice dell'esecuzione: Cultrera