N. 227 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 novembre 2021

Ordinanza del 24 novembre  2021  della  Corte  dei  conti  -  Sezione
giurisdizionale per la Puglia sul ricorso proposto da Corrado Valerio
contro INPS - Istituto Nazionale Previdenza Sociale. 
 
Impiego   pubblico   -   Pensioni   -   Applicazione   al   personale
  dell'Amministrazione della pubblica sicurezza delle norme  relative
  agli  impiegati  civili  dello  Stato  -  Criteri  di  calcolo  del
  trattamento pensionistico, riferito alla  quota  retributiva  della
  pensione, previsti dall'art. 54, commi primo e secondo, del T.U. n.
  1092 del 1973 per i militari - Mancata  previsione  che,  a  fronte
  della sostanziale identita' delle funzioni  e  dei  compiti  svolti
  dalle Forze di Polizia, tali criteri siano estesi in  favore  anche
  del personale della Polizia di Stato. 
- Legge   1°    aprile    1981,    n.    121    (Nuovo    ordinamento
  dell'Amministrazione della  pubblica  sicurezza),  art.  23,  comma
  quinto. 
(GU n.5 del 2-2-2022 )
 
                         LA CORTE DEI CONTI 
               Sezione giurisdizionale per la Puglia  
 
    In composizione monocratica, in persona del  Referendario  Andrea
Costa, ha pronunciato la seguente ordinanza nel giudizio iscritto  al
n. 36425 del registro di segreteria, sul ricorso presentato da: 
      Corrado Valerio, nato a Lecce il 6 marzo 1962 ed ivi  residente
alla via delle  Poiane  n.  7/b;  codice  fiscale:  CRRVLR62C06E506L,
rappresentato e difeso dall'avv. Gaetano Messuti,  dall'avv.  Giorgio
Oliva e dall'avv. Gabriella Centonze,  ed  elettivamente  domiciliato
presso il loro studio in Lecce alla via Gabriele D'Annunzio n. 73; 
      contro I.N.P.S., in persona  del  legale  rappresentante  p.t.,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dell'ente, presso
i cui uffici e' elettivamente domiciliato in Bari alla via  Putignani
n. 108; 
    Visto il Codice di Giustizia Contabile; 
    Visto l'art. 85, comma 5, del decreto-legge n. 18  del  17  marzo
2020, come modificato e integrato dalla legge di  conversione  n.  27
del 24 aprile 2020 e, da ultimo, dall'art. 26-ter  del  decreto-legge
14 agosto 2020, n. 104, convertito nella legge 13  ottobre  2020,  n.
126; 
    Esaminati,  all'udienza  cartolare  del  23  novembre  2021   con
l'assistenza del Segretario dott.ssa Laura Guastamacchia, gli atti di
causa; 
 
                        Considerato in fatto 
 
    Con ricorso depositato in data 18 novembre 2020, Valerio Corrado,
come sopra generalizzato, gia' dipendente della Polizia  di  Stato  e
cessato  dal  servizio  dal  29  dicembre   2018,   ha   chiesto   il
riconoscimento  del  diritto  alla  riliquidazione  del   trattamento
pensionistico in godimento, mediante l'applicazione dell'art. 54  del
decreto del Presidente della Repubblica n. 1092/1973 per  il  calcolo
della parte retributiva del trattamento di quiescenza, con l'aliquota
del 44% sulla parte retributiva prevista dalla citata norma. 
    In  particolare,  il  ricorrente   sostiene   che   la   predetta
disposizione  espressamente  rivolta  al   personale   del   comparto
«militare» sia applicabile anche ai dipendenti della Polizia di Stato
ad ordinamento civile, in ragione della analogia tra l'ordinamento  e
le funzioni del predetto  Corpo  con  quelli  delle  altre  Forze  di
Polizia anche ad ordinamento militare. 
    Sotto tale profilo, il ricorrente ritiene  che  tale  norma,  ove
applicabile ai soli militari, si porrebbe  in  contrasto  con  quanto
previsto dall'art. 3  della  Costituzione,  e  con  il  principio  di
imparzialita' sancito nell'art. 97, 2° comma, della Costituzione, che
impone  il  divieto  di  disparita'  di  trattamento  di   situazioni
giuridiche identiche. 
    In data 8 novembre 2021, il ricorrente ha presentato una memoria,
insistendo per  l'accoglimento  del  gravame,  segnalando  che  negli
articoli 26 e 27 della Legge di Bilancio in corso di approvazione, si
e'  ribadita  l'esigenza  di   assicurare   un   uguale   trattamento
pensionistico alle Forze di Polizia sia civili  che  militari,  dando
stessa dignita' giuridica senza alcuna distinzione discriminatoria. 
    Si e' costituito l'INPS, il quale ha  evidenziato  l'infondatezza
della pretesa, in quanto il  ricorrente,  cessato  dal  servizio  con
un'anzianita' superiore ai venti anni, non figura tra  i  destinatari
della disposizione di  cui  all'art.  54  del  testo  unico,  la  cui
applicazione presuppone la cessazione dopo  un  periodo  di  servizio
incluso nell'intervallo fra i quindici ed i venti anni. 
    In  vista  dell'udienza  cartolare  del  23  novembre  2021,   il
ricorrente ha fatto pervenire brevi note scritte, contestando  quanto
affermato dall'INPS ed insistendo per l'accoglimento della domanda. 
    A questo punto, in assenza di  richiesta  di  trattazione  orale,
questo Giudice si e' riservato. 
 
                               Diritto 
 
    1. La questione in esame attiene al  riconoscimento  del  diritto
alla rideterminazione del trattamento pensionistico  del  ricorrente,
mediante l'applicazione della disposizione di  cui  all'art.  54  del
decreto del  Presidente  della  Repubblica  n.  1092/1973,  la  quale
stabilisce ai primi due commi che: 
    «La pensione spettante al  militare  che  abbia  maturato  almeno
quindici anni e non piu' di venti anni di servizio utile e'  pari  al
44 per cento della  base  pensionabile,  salvo  quanto  disposto  nel
penultimo comma del presente articolo. La percentuale di cui sopra e'
aumentata di 1.80 per cento ogni anno  di  servizio  utile  oltre  il
ventesimo». 
    La  domanda  e'  stata  poi  meglio  circoscritta  da  parte  del
ricorrente alla luce della decisione delle Sezioni Riunite di  questa
Corte n. 1/2021, adottata successivamente al deposito del ricorso, la
quale, nel fornire un'interpretazione evolutiva del precitato art. 54
del testo unico 1092/1973, ha  precisato  che  la  quota  retributiva
della pensione  da  liquidarsi  con  il  sistema  «misto»,  ai  sensi
dell'art. 1, comma  12,  della  legge  n.  335/1995,  in  favore  del
personale cessato dal servizio con oltre  venti  anni  di  anzianita'
utile ai fini  previdenziali  e  che  al  31  dicembre  1995  vantava
un'anzianita' ricompresa tra  i  quindici  ed  i  diciotto  anni,  va
calcolata tenendo conto dell'effettivo numero di anni  di  anzianita'
maturati  al  31  dicembre  1995,  con  applicazione   del   relativo
coefficiente per ogni anno utile determinato nel 2,44%. 
    Cio' premesso, questo Giudice, nel ripensare l'orientamento  fino
ad oggi seguito da questa Sezione, ritiene di sollevare questione  di
legittimita'  costituzionale,  per  violazione  dell'art.   3   della
Costituzione, della disposizione di cui al quinto comma dell'art.  23
della legge n. 121/1981, nella parte in cui,  nel  prevedere  che  al
personale della Polizia di Stato per quanto non previsto dalla stessa
legge, si applichino, in quanto compatibili, le norme  relative  agli
impiegati civili dello Stato, non ha esteso l'applicazione  dell'art.
54, commi 1 e 2, del testo unico 1092/1973,  riservata  ai  militari,
anche al personale,  quale  i  dipendenti  della  Polizia  di  Stato,
appartenente al comparto «sicurezza» ad ordinamento civile. 
    2. La questione di legittimita' costituzionale si  appalesa  come
rilevante, in quanto il presente giudizio non  puo'  essere  definito
indipendentemente dalla risoluzione della presente questione, siccome
reso evidente dalla ricostruzione dei termini della res controversa. 
    Come  detto,  infatti,  la  domanda   e'   volta   ad   estendere
l'applicazione dei criteri di calcolo della parte  retributiva  della
pensione, previsti dall'art. 54 per il solo  personale  del  comparto
militare, in luogo di quelli concretamente applicati dall'I.N.P.S.  e
meno favorevoli, previsti per il personale civile dal precedente art.
44 del testo unico 1092/1973. 
    Al  riguardo,  va  rammentato  che  ogni   differenziazione   tra
personale militare e civile,  e'  stata  definitivamente  superata  a
seguito della riforma del sistema pensionistico di cui alla legge  n.
335/1995, con il passaggio a regime dal sistema retributivo a  quello
contributivo di tutti i lavoratori pubblici e privati. 
    Va tuttavia evidenziato che la legge n. 335/1995 (art.  1,  comma
13) ha fatto salva, in regime transitorio, a  favore  dei  dipendenti
che avevano maturato, alla data del 31 dicembre  1995,  un'anzianita'
contributiva di oltre diciotto anni, la liquidazione  della  pensione
«secondo  la  normativa  vigente  in  base  al  sistema  retributivo»
(calcolata, dunque, tenuto  conto  della  retribuzione  pensionabile,
dell'anzianita' contributiva e dell'aliquota di rendimento). 
    Per i dipendenti che, alla medesima data,  avevano  un'anzianita'
inferiore, come nel caso di specie, il trattamento  pensionistico  e'
attribuito con il cd. Sistema  misto  (retributivo/contributivo),  in
cui  le  quote  di  pensione  relative  alle   anzianita'   acquisite
anteriormente al  31  dicembre  1995  vengono  calcolate  secondo  il
sistema retributivo previgente, mentre la quota di pensione  riferita
alle anzianita' successivamente maturate sono  computate  secondo  il
sistema contributivo (cfr. art. 1, comma 12, legge n. 335/1995). 
    Al riguardo, costituisce ius receptum, alla luce della  decisione
delle SS.RR. n. 1/2021 di questa Corte, l'applicabilita' dei  criteri
di calcolo, come reinterpretati,  previsti  dall'art.  54  del  testo
unico 1092/1973, ai fini del calcolo della  quota  retributiva  della
pensione, in favore del personale appartenente al comparto  militare,
ivi compreso quello svolgente  funzioni  di  Polizia  (Carabinieri  e
Guardia di Finanza). 
    Inoltre, va evidenziato che la disposizione di  cui  all'art.  61
del medesimo testo unico, estende l'applicabilita' delle norme di cui
al Capo II - ivi compreso quindi l'art. 54 - ad alcune  categorie  di
personale ad ordinamento civile (Vigili del Fuoco, Corpo  Forestale),
con conseguente  applicazione,  come  riconosciuto  da  condivisibile
consolidata  giurisprudenza  di  questa  Corte,  anche  al   predetto
personale, dei criteri  di  calcolo  previsti  dall'art.  54  per  la
determinazione della quota di pensione calcolata secondo il  criterio
retributivo. 
    Per contro, quanto al personale della Polizia di Stato, la  legge
n. 121/1981 nel prevedere la smilitarizzazione del relativo Corpo, ha
espressamente rimandato con la disposizione di cui all'art. 23, comma
5, legge n. 121/1981 alla disciplina  del  personale  ad  ordinamento
civile. 
    Pertanto, con riferimento alla materia in esame, l'INPS, in  sede
di  liquidazione  del   trattamento   pensionistico   del   personale
appartenente alla Polizia di Stato, che alla  data  del  31  dicembre
1995  ha  maturato  un'anzianita'  inferiore  ai  diciotto  anni,  fa
applicazione, per il calcolo della  quota  retributiva,  ai  criteri,
meno favorevoli, previsti dalla disposizione di cui all'art.  44  del
testo unico 1092/1973 per il personale civile. 
    2.1 Ne' ritiene questo Giudice  che  il  dubbio  di  legittimita'
costituzionale  ricollegabile  alla  violazione  dell'art.  3   della
Costituzione  possa  essere   superabile   mediante   interpretazione
adeguatrice  ovvero  secundum  constitutionem,  che,  come  e'  noto,
rappresenta, a partire dalla sentenza n.  456  del  1989,  una  delle
condizioni di ammissibilita' dell'incidente di costituzionalita',  in
quanto la normativa censurata non ha carattere polisenso,  prevedendo
in maniera  chiara  l'applicazione  al  personale  appartenente  alla
Polizia di Stato delle norme di disciplina previste per il  personale
civile,  laddove  la  norma  di  cui  all'art.  54  del  decreto  del
Presidente  della  Repubblica  n.  1092/1973,  di   cui   si   chiede
l'applicazione, e' espressamente riservata ai militari, nonche',  per
effetto del rinvio previsto dall'art. 61  del  medesimo  decreto  del
Presidente della  Repubblica,  al  personale  appartenente  al  Corpo
Nazionale dei Vigili del Fuoco e al Corpo Forestale dello Stato. 
    Inoltre, ritiene questo  Giudice  che  la  chiarezza  del  quadro
normativo sopra descritto, che  prevede  una  netta  separazione  dei
regimi legata allo status civile/militare - fatta salva  l'estensione
al personale ad ordinamento civile del Corpo Nazionale dei Vigili del
Fuoco e del Corpo Forestale dello Stato - non consenta  all'I.N.P.S.,
sulla base di un giudizio di «non compatibilita'» in parte qua  delle
norme dell'ordinamento civile, l'applicazione estensiva al  personale
della Polizia di Stato della disposizione  di  cui  all'art.  54  del
testo unico 1092/1973. 
    E' evidente dunque che l'assetto normativo in vigore presenti una
ingiustificata lacuna, con una chiara discriminazione  nei  confronti
del personale della Polizia di  Stato,  a  fronte  della  specialita'
delle  funzioni   svolte   da   tale   personale,   e   di   mansioni
sostanzialmente identiche a quelle del personale delle altre Forze di
Polizia ad ordinamento militare (Guardia di Finanza  e  Carabinieri),
nonche', in parte, a quelle del comparto «soccorso pubblico»  (Vigili
del Fuoco). 
    3.  La  questione  di  legittimita'  costituzionale,  oltre   che
rilevante, non  e'  manifestamente  infondata,  in  quanto  le  norme
censurate si pongono in irrimediabile contrasto con l'art.  3,  comma
1, della Costituzione, inteso quale canone  di  «ragionevolezza»,  in
virtu' del quale devono intendersi non  conformi  a  Costituzione  le
scelte legislative che comportino discriminazioni  intollerabili  fra
situazioni similari. 
    3.1 In primo luogo, si ritiene opportuno ricostruire  in  estrema
sintesi le tappe che hanno  condotto  all'attuale  assetto  normativo
relativo all'ordinamento  del  personale  appartenente  all'ex  Corpo
delle Guardie di Pubblica Sicurezza (oggi Polizia di Stato). 
    In  particolare,  ritiene  questo  Giudice  che,  ai  fini  della
questione di legittimita', la ricostruzione sintetica dell'evoluzione
della materia in parte qua, cosi come  contestualizzata  nel  periodo
storico in cui i singoli interventi riformatori si sono  manifestati,
renda evidente come la disparita' di trattamento, con riferimento  al
calcolo del trattamento pensionistico,  fondata  sul  mero  «status»,
appaia oggi del tutto irragionevole, a fronte di personale  svolgente
le medesime mansioni. 
    3.1.1 Con legge del Regno di Sardegna n.  1404  del  1852  veniva
istituito  il  Corpo  delle  Guardie  di  Pubblica   Sicurezza,   poi
trasformato con legge n. 7321 del 1890  in  Corpo  delle  Guardie  di
Citta', cui fu poi affiancato il Corpo degli agenti di investigazione
(R.D. n. 1442/1919). 
    Si giunse quindi con R.D. n. 1790/19  alla  creazione  del  Corpo
della Guardia Regia di Pubblica Sicurezza - in cui  fu  inglobato  il
Corpo delle  Guardie  di  Citta',  il  cui  ordinamento  e  struttura
assunsero una connotazione di tipo militare, pur restando il relativo
personale alle dipendenze del Ministero dell'Interno. 
    A questo punto, durante il ventennio fascista, il predetto  Corpo
fu  soppresso,  con  conseguente  assunzione  in  capo  all'Arma  dei
Carabinieri del  ruolo  di  unica  Forza  militare  con  funzioni  di
Pubblica Sicurezza (R.D. n. 1680 del 31 dicembre 1922). 
    L'unificazione tuttavia ebbe vita breve, in quanto  con  R.D.  n.
383 del 1925 fu creato il Corpo degli Agenti di  Pubblica  Sicurezza,
facente parte delle Forze armate, posto alle dipendenze del Ministero
dell'Interno,  unitamente  al  ruolo  specializzato   dell'Arma   dei
Carabinieri. 
    Tale assetto ordinamentale, poi confermato dal  decreto-legge  n.
687 del 1943, e' quello che il legislatore si e' trovato di fronte al
momento dell'intervento riformatore di cui alla legge 121 del 1981. 
    Dal   breve   excursus   dell'evoluzione   normativa    che    ha
caratterizzato l'ordinamento della odierna Polizia di Stato,  ritiene
questo Giudice che emerga in maniera chiara come l'appartenenza  alle
Forze armate  del  personale  del  Corpo  degli  Agenti  di  Pubblica
Sicurezza, piu' che rispondere a reali esigenze operative, risentisse
del contesto storico-politico in cui tali interventi  normativi  sono
stati posti in essere. 
    3.1.2 Con la legge 121 del 1° aprile 1981, si e'  realizzata  una
profonda trasformazione dell'ordinamento della Pubblica Sicurezza, il
cui  tratto  qualificante   viene   comunemente   individuato   nella
«smilitarizzazione» mediante la soppressione del Corpo  degli  Agenti
di Pubblica Sicurezza, e la creazione della  «Polizia  di  Stato»  ad
ordinamento civile. 
    Come possibile desumere  dalla  lettura  dei  lavori  preparatori
della legge sopra citata, l'intervento riformatore risulta  ispirato,
oltre che dall'esigenza di uniformare l'ordinamento  delle  Forze  di
Polizia italiane a quello degli altri Paesi del  blocco  occidentale,
dalla  necessita'  di  adeguare  le  strutture  e  gli  strumenti  di
intervento all'accrescersi delle minacce alla sicurezza e  all'ordine
pubblico, registratesi soprattutto ne  decennio  precedente,  nonche'
dalla «... crescita civile e culturale della societa'  italiana  dopo
la rinascita democratica...» (Relazione governativa al  decreto-legge
n. 895/1979). 
    Oltre alla creazione di  un  nuovo  assetto  ordinamentale  della
Polizia di Stato, la  riforma  in  questione  si  e'  posta  altresi'
l'obiettivo  di  ridisegnare  l'intero  sistema  di  gestione   della
sicurezza e dell'ordine pubblico, rafforzando il raccordo  sul  piano
funzionale,  pur  mantenendo  ferma  la  diversita'  di   status   ed
ordinamento, di tutte le Forze di Polizia  (Carabinieri,  Guardia  di
Finanza e Polizia di Stato). 
    Sotto tale profilo, viene valorizzato il ruolo  di  coordinamento
del  Dipartimento  della  Pubblica  Sicurezza  presso  il   Ministero
dell'Interno,  e  delle  sue  articolazioni  a  livello  territoriale
(prefetto, questore), che espletano i propri compiti  in  materia  di
tutela   dell'ordine   e   della   sicurezza   pubblica   avvalendosi
dell'Amministrazione della  pubblica  sicurezza  (art.  2,  legge  n.
121/1981). 
    In estrema sintesi, dunque, l'intervento normativo in  questione,
nel trasformare l'ordinamento della Polizia di  Stato,  ha  mantenuto
ferma, pur  a  fronte  della  sua  smilitarizzazione,  la  innegabile
peculiarita' del personale appartenente al  predetto  corpo  rispetto
allo  stesso  personale  civile  dipendente  dal  medesimo  Ministero
dell'Interno. 
    Inoltre, risulta confermato  il  sostanziale  carattere  unitario
delle funzioni e dei compiti espletati dalle varie forze di  Polizia,
anche a carattere militare, in materia  di  tutela  di  sicurezza  ed
ordine pubblico, cosi' come resta altresi'  immutata  la  devoluzione
all'Arma dei Carabinieri, alla Guardia di Finanza ed alla Polizia  di
Stato, in ragione  delle  rispettive  specifiche  professionalita'  e
qualificazioni, delle funzioni di polizia giudiziaria,  da  svolgersi
alle dipendenze dell'autorita' giudiziaria  (articoli  55  e  56  del
codice di procedura penale). 
    3.2 Passando al tema relativo alla  disciplina  del  rapporto  di
lavoro, e piu' specificatamente alla materia  pensionistica,  osserva
questo Giudice che il legislatore della riforma  del  trattamento  di
quiescenza dei dipendenti dello Stato, poi realizzata con il  decreto
del Presidente della Repubblica n. 1092/1973, si e' trovata di fronte
all'esigenza di prevedere un regime differenziato  tra  il  personale
civile  e  quello  militare,  in  ragione  della  peculiarita'  delle
funzioni svolte dalle due categorie. 
    Con riferimento al tema  che  ci  occupa,  tale  differenziazione
trova  conferma  nel  diverso  sistema  di  calcolo  del  trattamento
pensionistico, all'epoca commisurato su una  percentuale  dell'ultima
retribuzione percepita (la c.d. base pensionabile), ed in particolare
regolato  dall'art.  44  per  il  personale  civile  -  che   prevede
l'applicazione di una percentuale del  33%  della  base  pensionabile
aumentata di 1,80 per ogni ulteriore anno di servizio  utile  fino  a
raggiungere il massimo dell'ottanta per cento - e dall'art. 54 per il
personale militare - che prevede l'applicazione  di  una  percentuale
del 44% della base pensionabile, aumentata di 1,80 per ogni  anno  di
servizio utile oltre il ventesimo. 
    3.2.1 Cio' premesso,  ritiene  questo  Giudice  che  una  lettura
sistematica dell'intero impianto riformatore di cui  al  testo  unico
1092/1973 renda evidente come il legislatore,  ferma  la  distinzione
legata allo status civile o  militare,  avesse  tuttavia  ben  chiara
l'esigenza di prevede  un  regime  differenziato,  in  ragione  delle
particolari funzioni svolte, anche per altre categorie di  dipendenti
pubblici. 
    E' il caso, ad esempio, del personale  del  Corpo  Nazionale  dei
Vigili  del  Fuoco  e  del  Corpo  forestale  dello  Stato,  entrambi
pacificamente ad ordinamento civile, nei cui confronti l'art. 61  del
decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.   1092/1973   prevede
espressamente, in tema di trattamento  pensionistico,  l'applicazione
delle norme di cui al Capo II, ovvero le norme riservate al personale
militare. 
    E' evidente che analoga  estensione  al  personale  del  compatto
«sicurezza» non fosse all'epoca necessaria,  rientrando  il  relativo
personale (Guardia di Finanza, Carabinieri, l'allora Corpo di  agenti
di Pubblici  Sicurezza  e  Corpo  degli  Agenti  di  Custodia)  tutto
all'interno del comparto «militare». 
    In buona sostanza, con  particolare  riferimento  ai  criteri  di
calcolo della pensione, a seguito dell'entrata in  vigore  del  testo
unico 1092/1973, della smilitarizzazione della Polizia  di  Stato,  e
fino all'intervento riformatore ed armonizzatore di cui alla legge n.
335/1995, si possono individuare i seguenti regimi: 
      1) art. 44, per il personale civile, ivi compresa la Polizia di
Stato, a seguito della smilitarizzazione; 
      2) art. 54, per il personale militare ivi compresi  Carabinieri
e Guardia di Finanza; 
      3) art. 61, con  rimando  all'art.  54,  per  il  personale  ad
ordinamento civile del Corpo Nazionale dei Vigili  del  Fuoco  e  del
Corpo Forestale dello Stato. 
    Orbene, si ritiene che  questo  assetto  normativo  si  ponga  in
contrasto con la Costituzione, laddove, non prevedendo un trattamento
differenziato, rispetto agli altri dipendenti del comparto  «civile»,
per  il  personale  della  Polizia  di  Stato,  mantiene  per  contro
irrazionalmente un regime diversificato per il personale svolgente le
medesime funzioni di Forza  di  Polizia,  sul  solo  presupposto  del
relativo status militare. 
    La norma appare inoltre vieppiu' irragionevole,  laddove  prevede
l'applicazione di un regime piu' favorevole, in favore  di  personale
ad ordinamento civile, quale quello del Corpo  Nazionale  dei  Vigili
del Fuoco, appartenente al comparto lato sensu  «soccorso  pubblico»,
le cui analoghe funzioni possono peraltro essere chiamati a  svolgere
anche gli appartenenti al comparto sicurezza, ivi compresa la Polizia
di Stato (art. 16, comma 3, legge n. 121/1981). 
    3.3 In tale contesto, non puo' prescindersi dalla  considerazione
delle   forti   analogie,   pur   nel    rispetto    delle    diverse
professionalita',  tra  le  funzioni  svolte  dalle  varie  Forze  di
Polizia, nell'ambito di quella che  puo'  definirsi  «Amministrazione
della Pubblica Sicurezza, come cornice istituzionale complessa  delle
forze di Polizia, che tutte, in quanto tali, ad essa  fanno  capo  ed
essa concorrono  a  costituire  nelle  sue  varie  componenti».  (cfr
Relazione governativa al disegno di legge n. 895/79). 
    Sono qualificate, infatti, Forze di Polizia, ai fini della tutela
dell'ordine e della sicurezza pubblica, fermi restando  i  rispettivi
ordinamenti e dipendenze, oltre alla Polizia  di  Stato,  l'Arma  dei
Carabinieri, il Corpo della Guardia  di  Finanza,  nonche'  il  Corpo
degli agenti di custodia e il Corpo forestale dello Stato  (art.  16,
legge n. 121/1981). 
    In tale ottica assume rilievo  la  gia'  menzionata  funzione  di
coordinamento delle varie di Forze di Polizia  svolta  dal  Ministero
dell'Interno e dalle sue articolazioni periferiche. 
    Un' ulteriore conferma viene dallo stesso  assetto  ordinamentale
del  personale  degli  agenti  di   Polizia,   che   pur   a   fronte
dell'abbandono  del  paradigma  militare,  non  prevede  il   ricorso
all'istituto dei livelli funzionali, ma  mantiene  la  categoria  dei
ruoli distinti, all'interno  dei  quali  si  individuano  le  singole
qualifiche in ragione  della  professionalita'  richiesta  (art.  23,
legge n. 121/1981), cosi favorendo una struttura piu' rigida, di tipo
gerarchico,  sostanzialmente  analoga  a   quella   propria   di   un
ordinamento militare, piu' confacente alle funzioni ed ai compiti  da
svolgere, in tempo di pace, da parte di un corpo armato. 
    A tale riguardo, va considerato che, ai fini della individuazione
delle  qualifiche,  e'  stata   prevista   un'apposita   tabella   di
equiparazione tra le qualifiche della Polizia di  Stato  ed  i  gradi
delle altre Forze armate con funzioni di  polizia  (cfr.  Tabella  C,
allegata alla legge n. 121/1981). 
    Inoltre, l'art. 4 della legge n.  121/1981  ha  previsto  che  il
servizio prestato per non meno di due anni nella  Polizia  di  Stato,
ivi compreso  il  periodo  di  frequenza  dei  corsi,  sarebbe  stato
considerato  come  assolvimento   della   leva,   all'epoca,   ancora
obbligatoria. 
    3.3.1 Va poi dato atto dell'evoluzione  normativa  che  ha  visto
estendere, con particolare  riferimento  al  tema  pensionistico,  al
personale della Polizia di Stato principi ed  istituti  riservati  al
personale militare. 
    Si pensi in primo  luogo  all'art.  6-bis  del  decreto-legge  21
settembre 1987, n. 387, convertito con modificazioni dalla  legge  20
novembre 1987, n. 472, il cui comma 5, prevede che al personale della
Polizia di Stato, ai  soli  fini  dell'acquisizione  del  diritto  al
trattamento di pensione normale, si  applichi  l'art.  52  del  testo
unico approvato  con  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  29
dicembre 1973, n. 1092. 
    Inoltre,  lo  stesso  decreto  legislativo  n.  66/2010   (codice
dell'ordinamento militare, COM) ha previsto l'estensione al personale
delle Forze di Polizia ad ordinamento civile e al Corpo Nazionale dei
Vigili del Fuoco  di  alcune  disposizioni  in  tema  di  trattamento
previdenziale (artt. 2177 e seguenti COM). 
    Infine, va dato atto dell'ormai pacifica individuazione a livello
legislativo di una netta separazione tra i due  comparti  «sicurezza»
(Carabinieri, Guardia di Finanza e Polizia di Stato) da una  parte  e
«Forze armate» (Esercito, Marina ed Aeronautica) dall'altra. 
    Si considerino in particolare: 
      1) il  decreto  legislativo  n.  165/1997,  adottato  ai  sensi
dell'art. 2, comma 23, della legge 8 agosto 1995, n. 335, e dall'art.
1, commi 97, lettera g), e 99, della legge 23 dicembre 1996, n.  662,
prevede  l'armonizzazione  del  regime  previdenziale  generale   dei
trattamenti pensionistici, facendo  riferimento  al  personale  delle
Forze Armate, «compresa  l'Arma  dei  Carabinieri,  del  Corpo  della
Guardia di Finanza» da una  parte  e  al  personale  delle  Forze  di
Polizia ad ordinamento civile e del Corpo Nazionale  dei  Vigili  del
Fuoco dall'altra (art. 1); 
      2) l'art. 6 del decreto-legge n. 201 del 6 dicembre 2011  (come
convertito dalla legge n.  214  del  2011:  c.d.  legge  Fornero)  ha
espressamente escluso l'abrogazione degli istituti  dell'accertamento
della dipendenza dell'infermita' da causa di servizio,  del  rimborso
delle spese di degenza per causa di servizio, dell'equo indennizzo  e
della pensione privilegiata nei confronti del personale  appartenente
al comparto sicurezza, difesa, vigili del fuoco e soccorso pubblico; 
      3) la disposizione di cui all'art. 19 della  legge  4  novembre
2010 n. 183, recante deleghe in materia di lavoro, la  quale  prevede
ai primi due commi che: 
        «1.  Ai  fini  della  definizione  degli  ordinamenti,  delle
carriere e dei contenuti del  rapporto  di  impiego  e  della  tutela
economica,  pensionistica  e  previdenziale,   e'   riconosciuta   la
specificita' del ruolo delle Forze armate, delle Forze di  Polizia  e
del Corpo  Nazionale  dei  Vigili  del  Fuoco,  nonche'  dello  stato
giuridico del personale ad essi  appartenente,  in  dipendenza  della
peculiarita'  dei  compiti,  degli  obblighi  e   delle   limitazioni
personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela
delle istituzioni  democratiche  e  di  difesa  dell'ordine  e  della
sicurezza interna ed esterna, nonche' per i  peculiari  requisiti  di
efficienza operativa richiesti e i correlati  impieghi  in  attivita'
usuranti.» 
    4. In definitiva, reputa questo Giudice che  la  disposizione  di
cui  all'art.  23,  comma   5,   della   legge   n.   121/1981,   sia
costituzionalmente illegittima, per  contrasto  con  l'art.  3  della
Costituzione, nella parte in cui,  stante  la  sostanziale  identita'
delle funzioni e dei compiti  svolti  dalle  Forze  di  Polizia,  non
prevede che i  criteri  di  calcolo  del  trattamento  pensionistico,
riferito alla quota retributiva della pensione, previsti dai commi  1
e 2 dell'art. 54 del medesimo testo unico,  siano  estesi  in  favore
anche al personale della Polizia di Stato. 
 
                              P. Q. M. 
 
    La Sezione Giurisdizionale della Corte dei conti per  la  Regione
Puglia, in composizione monocratica, visti  gli  articoli  134  della
Costituzione e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; 
    dispone la sospensione del giudizio in corso  e  la  trasmissione
degli atti alla Corte costituzionale per la pronuncia sulla questione
di legittimita' costituzionale di cui in premessa; 
    ordina che, a cura della segreteria, la  presente  ordinanza  sia
notificata alle parti in causa e  al  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, nonche' comunicata ai Presidenti della Camera dei  Deputati
e del Senato della Repubblica. 
      Cosi' deciso, in Bari, all'esito dell'udienza cartolare del  23
novembre 2021. 
 
                         Il giudice: Perrone