N. 227 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 novembre 2021
Ordinanza del 24 novembre 2021 della Corte dei conti - Sezione giurisdizionale per la Puglia sul ricorso proposto da Corrado Valerio contro INPS - Istituto Nazionale Previdenza Sociale. Impiego pubblico - Pensioni - Applicazione al personale dell'Amministrazione della pubblica sicurezza delle norme relative agli impiegati civili dello Stato - Criteri di calcolo del trattamento pensionistico, riferito alla quota retributiva della pensione, previsti dall'art. 54, commi primo e secondo, del T.U. n. 1092 del 1973 per i militari - Mancata previsione che, a fronte della sostanziale identita' delle funzioni e dei compiti svolti dalle Forze di Polizia, tali criteri siano estesi in favore anche del personale della Polizia di Stato. - Legge 1° aprile 1981, n. 121 (Nuovo ordinamento dell'Amministrazione della pubblica sicurezza), art. 23, comma quinto.(GU n.5 del 2-2-2022 )
LA CORTE DEI CONTI Sezione giurisdizionale per la Puglia In composizione monocratica, in persona del Referendario Andrea Costa, ha pronunciato la seguente ordinanza nel giudizio iscritto al n. 36425 del registro di segreteria, sul ricorso presentato da: Corrado Valerio, nato a Lecce il 6 marzo 1962 ed ivi residente alla via delle Poiane n. 7/b; codice fiscale: CRRVLR62C06E506L, rappresentato e difeso dall'avv. Gaetano Messuti, dall'avv. Giorgio Oliva e dall'avv. Gabriella Centonze, ed elettivamente domiciliato presso il loro studio in Lecce alla via Gabriele D'Annunzio n. 73; contro I.N.P.S., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dell'ente, presso i cui uffici e' elettivamente domiciliato in Bari alla via Putignani n. 108; Visto il Codice di Giustizia Contabile; Visto l'art. 85, comma 5, del decreto-legge n. 18 del 17 marzo 2020, come modificato e integrato dalla legge di conversione n. 27 del 24 aprile 2020 e, da ultimo, dall'art. 26-ter del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito nella legge 13 ottobre 2020, n. 126; Esaminati, all'udienza cartolare del 23 novembre 2021 con l'assistenza del Segretario dott.ssa Laura Guastamacchia, gli atti di causa; Considerato in fatto Con ricorso depositato in data 18 novembre 2020, Valerio Corrado, come sopra generalizzato, gia' dipendente della Polizia di Stato e cessato dal servizio dal 29 dicembre 2018, ha chiesto il riconoscimento del diritto alla riliquidazione del trattamento pensionistico in godimento, mediante l'applicazione dell'art. 54 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1092/1973 per il calcolo della parte retributiva del trattamento di quiescenza, con l'aliquota del 44% sulla parte retributiva prevista dalla citata norma. In particolare, il ricorrente sostiene che la predetta disposizione espressamente rivolta al personale del comparto «militare» sia applicabile anche ai dipendenti della Polizia di Stato ad ordinamento civile, in ragione della analogia tra l'ordinamento e le funzioni del predetto Corpo con quelli delle altre Forze di Polizia anche ad ordinamento militare. Sotto tale profilo, il ricorrente ritiene che tale norma, ove applicabile ai soli militari, si porrebbe in contrasto con quanto previsto dall'art. 3 della Costituzione, e con il principio di imparzialita' sancito nell'art. 97, 2° comma, della Costituzione, che impone il divieto di disparita' di trattamento di situazioni giuridiche identiche. In data 8 novembre 2021, il ricorrente ha presentato una memoria, insistendo per l'accoglimento del gravame, segnalando che negli articoli 26 e 27 della Legge di Bilancio in corso di approvazione, si e' ribadita l'esigenza di assicurare un uguale trattamento pensionistico alle Forze di Polizia sia civili che militari, dando stessa dignita' giuridica senza alcuna distinzione discriminatoria. Si e' costituito l'INPS, il quale ha evidenziato l'infondatezza della pretesa, in quanto il ricorrente, cessato dal servizio con un'anzianita' superiore ai venti anni, non figura tra i destinatari della disposizione di cui all'art. 54 del testo unico, la cui applicazione presuppone la cessazione dopo un periodo di servizio incluso nell'intervallo fra i quindici ed i venti anni. In vista dell'udienza cartolare del 23 novembre 2021, il ricorrente ha fatto pervenire brevi note scritte, contestando quanto affermato dall'INPS ed insistendo per l'accoglimento della domanda. A questo punto, in assenza di richiesta di trattazione orale, questo Giudice si e' riservato. Diritto 1. La questione in esame attiene al riconoscimento del diritto alla rideterminazione del trattamento pensionistico del ricorrente, mediante l'applicazione della disposizione di cui all'art. 54 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1092/1973, la quale stabilisce ai primi due commi che: «La pensione spettante al militare che abbia maturato almeno quindici anni e non piu' di venti anni di servizio utile e' pari al 44 per cento della base pensionabile, salvo quanto disposto nel penultimo comma del presente articolo. La percentuale di cui sopra e' aumentata di 1.80 per cento ogni anno di servizio utile oltre il ventesimo». La domanda e' stata poi meglio circoscritta da parte del ricorrente alla luce della decisione delle Sezioni Riunite di questa Corte n. 1/2021, adottata successivamente al deposito del ricorso, la quale, nel fornire un'interpretazione evolutiva del precitato art. 54 del testo unico 1092/1973, ha precisato che la quota retributiva della pensione da liquidarsi con il sistema «misto», ai sensi dell'art. 1, comma 12, della legge n. 335/1995, in favore del personale cessato dal servizio con oltre venti anni di anzianita' utile ai fini previdenziali e che al 31 dicembre 1995 vantava un'anzianita' ricompresa tra i quindici ed i diciotto anni, va calcolata tenendo conto dell'effettivo numero di anni di anzianita' maturati al 31 dicembre 1995, con applicazione del relativo coefficiente per ogni anno utile determinato nel 2,44%. Cio' premesso, questo Giudice, nel ripensare l'orientamento fino ad oggi seguito da questa Sezione, ritiene di sollevare questione di legittimita' costituzionale, per violazione dell'art. 3 della Costituzione, della disposizione di cui al quinto comma dell'art. 23 della legge n. 121/1981, nella parte in cui, nel prevedere che al personale della Polizia di Stato per quanto non previsto dalla stessa legge, si applichino, in quanto compatibili, le norme relative agli impiegati civili dello Stato, non ha esteso l'applicazione dell'art. 54, commi 1 e 2, del testo unico 1092/1973, riservata ai militari, anche al personale, quale i dipendenti della Polizia di Stato, appartenente al comparto «sicurezza» ad ordinamento civile. 2. La questione di legittimita' costituzionale si appalesa come rilevante, in quanto il presente giudizio non puo' essere definito indipendentemente dalla risoluzione della presente questione, siccome reso evidente dalla ricostruzione dei termini della res controversa. Come detto, infatti, la domanda e' volta ad estendere l'applicazione dei criteri di calcolo della parte retributiva della pensione, previsti dall'art. 54 per il solo personale del comparto militare, in luogo di quelli concretamente applicati dall'I.N.P.S. e meno favorevoli, previsti per il personale civile dal precedente art. 44 del testo unico 1092/1973. Al riguardo, va rammentato che ogni differenziazione tra personale militare e civile, e' stata definitivamente superata a seguito della riforma del sistema pensionistico di cui alla legge n. 335/1995, con il passaggio a regime dal sistema retributivo a quello contributivo di tutti i lavoratori pubblici e privati. Va tuttavia evidenziato che la legge n. 335/1995 (art. 1, comma 13) ha fatto salva, in regime transitorio, a favore dei dipendenti che avevano maturato, alla data del 31 dicembre 1995, un'anzianita' contributiva di oltre diciotto anni, la liquidazione della pensione «secondo la normativa vigente in base al sistema retributivo» (calcolata, dunque, tenuto conto della retribuzione pensionabile, dell'anzianita' contributiva e dell'aliquota di rendimento). Per i dipendenti che, alla medesima data, avevano un'anzianita' inferiore, come nel caso di specie, il trattamento pensionistico e' attribuito con il cd. Sistema misto (retributivo/contributivo), in cui le quote di pensione relative alle anzianita' acquisite anteriormente al 31 dicembre 1995 vengono calcolate secondo il sistema retributivo previgente, mentre la quota di pensione riferita alle anzianita' successivamente maturate sono computate secondo il sistema contributivo (cfr. art. 1, comma 12, legge n. 335/1995). Al riguardo, costituisce ius receptum, alla luce della decisione delle SS.RR. n. 1/2021 di questa Corte, l'applicabilita' dei criteri di calcolo, come reinterpretati, previsti dall'art. 54 del testo unico 1092/1973, ai fini del calcolo della quota retributiva della pensione, in favore del personale appartenente al comparto militare, ivi compreso quello svolgente funzioni di Polizia (Carabinieri e Guardia di Finanza). Inoltre, va evidenziato che la disposizione di cui all'art. 61 del medesimo testo unico, estende l'applicabilita' delle norme di cui al Capo II - ivi compreso quindi l'art. 54 - ad alcune categorie di personale ad ordinamento civile (Vigili del Fuoco, Corpo Forestale), con conseguente applicazione, come riconosciuto da condivisibile consolidata giurisprudenza di questa Corte, anche al predetto personale, dei criteri di calcolo previsti dall'art. 54 per la determinazione della quota di pensione calcolata secondo il criterio retributivo. Per contro, quanto al personale della Polizia di Stato, la legge n. 121/1981 nel prevedere la smilitarizzazione del relativo Corpo, ha espressamente rimandato con la disposizione di cui all'art. 23, comma 5, legge n. 121/1981 alla disciplina del personale ad ordinamento civile. Pertanto, con riferimento alla materia in esame, l'INPS, in sede di liquidazione del trattamento pensionistico del personale appartenente alla Polizia di Stato, che alla data del 31 dicembre 1995 ha maturato un'anzianita' inferiore ai diciotto anni, fa applicazione, per il calcolo della quota retributiva, ai criteri, meno favorevoli, previsti dalla disposizione di cui all'art. 44 del testo unico 1092/1973 per il personale civile. 2.1 Ne' ritiene questo Giudice che il dubbio di legittimita' costituzionale ricollegabile alla violazione dell'art. 3 della Costituzione possa essere superabile mediante interpretazione adeguatrice ovvero secundum constitutionem, che, come e' noto, rappresenta, a partire dalla sentenza n. 456 del 1989, una delle condizioni di ammissibilita' dell'incidente di costituzionalita', in quanto la normativa censurata non ha carattere polisenso, prevedendo in maniera chiara l'applicazione al personale appartenente alla Polizia di Stato delle norme di disciplina previste per il personale civile, laddove la norma di cui all'art. 54 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1092/1973, di cui si chiede l'applicazione, e' espressamente riservata ai militari, nonche', per effetto del rinvio previsto dall'art. 61 del medesimo decreto del Presidente della Repubblica, al personale appartenente al Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco e al Corpo Forestale dello Stato. Inoltre, ritiene questo Giudice che la chiarezza del quadro normativo sopra descritto, che prevede una netta separazione dei regimi legata allo status civile/militare - fatta salva l'estensione al personale ad ordinamento civile del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco e del Corpo Forestale dello Stato - non consenta all'I.N.P.S., sulla base di un giudizio di «non compatibilita'» in parte qua delle norme dell'ordinamento civile, l'applicazione estensiva al personale della Polizia di Stato della disposizione di cui all'art. 54 del testo unico 1092/1973. E' evidente dunque che l'assetto normativo in vigore presenti una ingiustificata lacuna, con una chiara discriminazione nei confronti del personale della Polizia di Stato, a fronte della specialita' delle funzioni svolte da tale personale, e di mansioni sostanzialmente identiche a quelle del personale delle altre Forze di Polizia ad ordinamento militare (Guardia di Finanza e Carabinieri), nonche', in parte, a quelle del comparto «soccorso pubblico» (Vigili del Fuoco). 3. La questione di legittimita' costituzionale, oltre che rilevante, non e' manifestamente infondata, in quanto le norme censurate si pongono in irrimediabile contrasto con l'art. 3, comma 1, della Costituzione, inteso quale canone di «ragionevolezza», in virtu' del quale devono intendersi non conformi a Costituzione le scelte legislative che comportino discriminazioni intollerabili fra situazioni similari. 3.1 In primo luogo, si ritiene opportuno ricostruire in estrema sintesi le tappe che hanno condotto all'attuale assetto normativo relativo all'ordinamento del personale appartenente all'ex Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza (oggi Polizia di Stato). In particolare, ritiene questo Giudice che, ai fini della questione di legittimita', la ricostruzione sintetica dell'evoluzione della materia in parte qua, cosi come contestualizzata nel periodo storico in cui i singoli interventi riformatori si sono manifestati, renda evidente come la disparita' di trattamento, con riferimento al calcolo del trattamento pensionistico, fondata sul mero «status», appaia oggi del tutto irragionevole, a fronte di personale svolgente le medesime mansioni. 3.1.1 Con legge del Regno di Sardegna n. 1404 del 1852 veniva istituito il Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza, poi trasformato con legge n. 7321 del 1890 in Corpo delle Guardie di Citta', cui fu poi affiancato il Corpo degli agenti di investigazione (R.D. n. 1442/1919). Si giunse quindi con R.D. n. 1790/19 alla creazione del Corpo della Guardia Regia di Pubblica Sicurezza - in cui fu inglobato il Corpo delle Guardie di Citta', il cui ordinamento e struttura assunsero una connotazione di tipo militare, pur restando il relativo personale alle dipendenze del Ministero dell'Interno. A questo punto, durante il ventennio fascista, il predetto Corpo fu soppresso, con conseguente assunzione in capo all'Arma dei Carabinieri del ruolo di unica Forza militare con funzioni di Pubblica Sicurezza (R.D. n. 1680 del 31 dicembre 1922). L'unificazione tuttavia ebbe vita breve, in quanto con R.D. n. 383 del 1925 fu creato il Corpo degli Agenti di Pubblica Sicurezza, facente parte delle Forze armate, posto alle dipendenze del Ministero dell'Interno, unitamente al ruolo specializzato dell'Arma dei Carabinieri. Tale assetto ordinamentale, poi confermato dal decreto-legge n. 687 del 1943, e' quello che il legislatore si e' trovato di fronte al momento dell'intervento riformatore di cui alla legge 121 del 1981. Dal breve excursus dell'evoluzione normativa che ha caratterizzato l'ordinamento della odierna Polizia di Stato, ritiene questo Giudice che emerga in maniera chiara come l'appartenenza alle Forze armate del personale del Corpo degli Agenti di Pubblica Sicurezza, piu' che rispondere a reali esigenze operative, risentisse del contesto storico-politico in cui tali interventi normativi sono stati posti in essere. 3.1.2 Con la legge 121 del 1° aprile 1981, si e' realizzata una profonda trasformazione dell'ordinamento della Pubblica Sicurezza, il cui tratto qualificante viene comunemente individuato nella «smilitarizzazione» mediante la soppressione del Corpo degli Agenti di Pubblica Sicurezza, e la creazione della «Polizia di Stato» ad ordinamento civile. Come possibile desumere dalla lettura dei lavori preparatori della legge sopra citata, l'intervento riformatore risulta ispirato, oltre che dall'esigenza di uniformare l'ordinamento delle Forze di Polizia italiane a quello degli altri Paesi del blocco occidentale, dalla necessita' di adeguare le strutture e gli strumenti di intervento all'accrescersi delle minacce alla sicurezza e all'ordine pubblico, registratesi soprattutto ne decennio precedente, nonche' dalla «... crescita civile e culturale della societa' italiana dopo la rinascita democratica...» (Relazione governativa al decreto-legge n. 895/1979). Oltre alla creazione di un nuovo assetto ordinamentale della Polizia di Stato, la riforma in questione si e' posta altresi' l'obiettivo di ridisegnare l'intero sistema di gestione della sicurezza e dell'ordine pubblico, rafforzando il raccordo sul piano funzionale, pur mantenendo ferma la diversita' di status ed ordinamento, di tutte le Forze di Polizia (Carabinieri, Guardia di Finanza e Polizia di Stato). Sotto tale profilo, viene valorizzato il ruolo di coordinamento del Dipartimento della Pubblica Sicurezza presso il Ministero dell'Interno, e delle sue articolazioni a livello territoriale (prefetto, questore), che espletano i propri compiti in materia di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica avvalendosi dell'Amministrazione della pubblica sicurezza (art. 2, legge n. 121/1981). In estrema sintesi, dunque, l'intervento normativo in questione, nel trasformare l'ordinamento della Polizia di Stato, ha mantenuto ferma, pur a fronte della sua smilitarizzazione, la innegabile peculiarita' del personale appartenente al predetto corpo rispetto allo stesso personale civile dipendente dal medesimo Ministero dell'Interno. Inoltre, risulta confermato il sostanziale carattere unitario delle funzioni e dei compiti espletati dalle varie forze di Polizia, anche a carattere militare, in materia di tutela di sicurezza ed ordine pubblico, cosi' come resta altresi' immutata la devoluzione all'Arma dei Carabinieri, alla Guardia di Finanza ed alla Polizia di Stato, in ragione delle rispettive specifiche professionalita' e qualificazioni, delle funzioni di polizia giudiziaria, da svolgersi alle dipendenze dell'autorita' giudiziaria (articoli 55 e 56 del codice di procedura penale). 3.2 Passando al tema relativo alla disciplina del rapporto di lavoro, e piu' specificatamente alla materia pensionistica, osserva questo Giudice che il legislatore della riforma del trattamento di quiescenza dei dipendenti dello Stato, poi realizzata con il decreto del Presidente della Repubblica n. 1092/1973, si e' trovata di fronte all'esigenza di prevedere un regime differenziato tra il personale civile e quello militare, in ragione della peculiarita' delle funzioni svolte dalle due categorie. Con riferimento al tema che ci occupa, tale differenziazione trova conferma nel diverso sistema di calcolo del trattamento pensionistico, all'epoca commisurato su una percentuale dell'ultima retribuzione percepita (la c.d. base pensionabile), ed in particolare regolato dall'art. 44 per il personale civile - che prevede l'applicazione di una percentuale del 33% della base pensionabile aumentata di 1,80 per ogni ulteriore anno di servizio utile fino a raggiungere il massimo dell'ottanta per cento - e dall'art. 54 per il personale militare - che prevede l'applicazione di una percentuale del 44% della base pensionabile, aumentata di 1,80 per ogni anno di servizio utile oltre il ventesimo. 3.2.1 Cio' premesso, ritiene questo Giudice che una lettura sistematica dell'intero impianto riformatore di cui al testo unico 1092/1973 renda evidente come il legislatore, ferma la distinzione legata allo status civile o militare, avesse tuttavia ben chiara l'esigenza di prevede un regime differenziato, in ragione delle particolari funzioni svolte, anche per altre categorie di dipendenti pubblici. E' il caso, ad esempio, del personale del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco e del Corpo forestale dello Stato, entrambi pacificamente ad ordinamento civile, nei cui confronti l'art. 61 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1092/1973 prevede espressamente, in tema di trattamento pensionistico, l'applicazione delle norme di cui al Capo II, ovvero le norme riservate al personale militare. E' evidente che analoga estensione al personale del compatto «sicurezza» non fosse all'epoca necessaria, rientrando il relativo personale (Guardia di Finanza, Carabinieri, l'allora Corpo di agenti di Pubblici Sicurezza e Corpo degli Agenti di Custodia) tutto all'interno del comparto «militare». In buona sostanza, con particolare riferimento ai criteri di calcolo della pensione, a seguito dell'entrata in vigore del testo unico 1092/1973, della smilitarizzazione della Polizia di Stato, e fino all'intervento riformatore ed armonizzatore di cui alla legge n. 335/1995, si possono individuare i seguenti regimi: 1) art. 44, per il personale civile, ivi compresa la Polizia di Stato, a seguito della smilitarizzazione; 2) art. 54, per il personale militare ivi compresi Carabinieri e Guardia di Finanza; 3) art. 61, con rimando all'art. 54, per il personale ad ordinamento civile del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco e del Corpo Forestale dello Stato. Orbene, si ritiene che questo assetto normativo si ponga in contrasto con la Costituzione, laddove, non prevedendo un trattamento differenziato, rispetto agli altri dipendenti del comparto «civile», per il personale della Polizia di Stato, mantiene per contro irrazionalmente un regime diversificato per il personale svolgente le medesime funzioni di Forza di Polizia, sul solo presupposto del relativo status militare. La norma appare inoltre vieppiu' irragionevole, laddove prevede l'applicazione di un regime piu' favorevole, in favore di personale ad ordinamento civile, quale quello del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, appartenente al comparto lato sensu «soccorso pubblico», le cui analoghe funzioni possono peraltro essere chiamati a svolgere anche gli appartenenti al comparto sicurezza, ivi compresa la Polizia di Stato (art. 16, comma 3, legge n. 121/1981). 3.3 In tale contesto, non puo' prescindersi dalla considerazione delle forti analogie, pur nel rispetto delle diverse professionalita', tra le funzioni svolte dalle varie Forze di Polizia, nell'ambito di quella che puo' definirsi «Amministrazione della Pubblica Sicurezza, come cornice istituzionale complessa delle forze di Polizia, che tutte, in quanto tali, ad essa fanno capo ed essa concorrono a costituire nelle sue varie componenti». (cfr Relazione governativa al disegno di legge n. 895/79). Sono qualificate, infatti, Forze di Polizia, ai fini della tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, fermi restando i rispettivi ordinamenti e dipendenze, oltre alla Polizia di Stato, l'Arma dei Carabinieri, il Corpo della Guardia di Finanza, nonche' il Corpo degli agenti di custodia e il Corpo forestale dello Stato (art. 16, legge n. 121/1981). In tale ottica assume rilievo la gia' menzionata funzione di coordinamento delle varie di Forze di Polizia svolta dal Ministero dell'Interno e dalle sue articolazioni periferiche. Un' ulteriore conferma viene dallo stesso assetto ordinamentale del personale degli agenti di Polizia, che pur a fronte dell'abbandono del paradigma militare, non prevede il ricorso all'istituto dei livelli funzionali, ma mantiene la categoria dei ruoli distinti, all'interno dei quali si individuano le singole qualifiche in ragione della professionalita' richiesta (art. 23, legge n. 121/1981), cosi favorendo una struttura piu' rigida, di tipo gerarchico, sostanzialmente analoga a quella propria di un ordinamento militare, piu' confacente alle funzioni ed ai compiti da svolgere, in tempo di pace, da parte di un corpo armato. A tale riguardo, va considerato che, ai fini della individuazione delle qualifiche, e' stata prevista un'apposita tabella di equiparazione tra le qualifiche della Polizia di Stato ed i gradi delle altre Forze armate con funzioni di polizia (cfr. Tabella C, allegata alla legge n. 121/1981). Inoltre, l'art. 4 della legge n. 121/1981 ha previsto che il servizio prestato per non meno di due anni nella Polizia di Stato, ivi compreso il periodo di frequenza dei corsi, sarebbe stato considerato come assolvimento della leva, all'epoca, ancora obbligatoria. 3.3.1 Va poi dato atto dell'evoluzione normativa che ha visto estendere, con particolare riferimento al tema pensionistico, al personale della Polizia di Stato principi ed istituti riservati al personale militare. Si pensi in primo luogo all'art. 6-bis del decreto-legge 21 settembre 1987, n. 387, convertito con modificazioni dalla legge 20 novembre 1987, n. 472, il cui comma 5, prevede che al personale della Polizia di Stato, ai soli fini dell'acquisizione del diritto al trattamento di pensione normale, si applichi l'art. 52 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092. Inoltre, lo stesso decreto legislativo n. 66/2010 (codice dell'ordinamento militare, COM) ha previsto l'estensione al personale delle Forze di Polizia ad ordinamento civile e al Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco di alcune disposizioni in tema di trattamento previdenziale (artt. 2177 e seguenti COM). Infine, va dato atto dell'ormai pacifica individuazione a livello legislativo di una netta separazione tra i due comparti «sicurezza» (Carabinieri, Guardia di Finanza e Polizia di Stato) da una parte e «Forze armate» (Esercito, Marina ed Aeronautica) dall'altra. Si considerino in particolare: 1) il decreto legislativo n. 165/1997, adottato ai sensi dell'art. 2, comma 23, della legge 8 agosto 1995, n. 335, e dall'art. 1, commi 97, lettera g), e 99, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, prevede l'armonizzazione del regime previdenziale generale dei trattamenti pensionistici, facendo riferimento al personale delle Forze Armate, «compresa l'Arma dei Carabinieri, del Corpo della Guardia di Finanza» da una parte e al personale delle Forze di Polizia ad ordinamento civile e del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco dall'altra (art. 1); 2) l'art. 6 del decreto-legge n. 201 del 6 dicembre 2011 (come convertito dalla legge n. 214 del 2011: c.d. legge Fornero) ha espressamente escluso l'abrogazione degli istituti dell'accertamento della dipendenza dell'infermita' da causa di servizio, del rimborso delle spese di degenza per causa di servizio, dell'equo indennizzo e della pensione privilegiata nei confronti del personale appartenente al comparto sicurezza, difesa, vigili del fuoco e soccorso pubblico; 3) la disposizione di cui all'art. 19 della legge 4 novembre 2010 n. 183, recante deleghe in materia di lavoro, la quale prevede ai primi due commi che: «1. Ai fini della definizione degli ordinamenti, delle carriere e dei contenuti del rapporto di impiego e della tutela economica, pensionistica e previdenziale, e' riconosciuta la specificita' del ruolo delle Forze armate, delle Forze di Polizia e del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, nonche' dello stato giuridico del personale ad essi appartenente, in dipendenza della peculiarita' dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell'ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonche' per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attivita' usuranti.» 4. In definitiva, reputa questo Giudice che la disposizione di cui all'art. 23, comma 5, della legge n. 121/1981, sia costituzionalmente illegittima, per contrasto con l'art. 3 della Costituzione, nella parte in cui, stante la sostanziale identita' delle funzioni e dei compiti svolti dalle Forze di Polizia, non prevede che i criteri di calcolo del trattamento pensionistico, riferito alla quota retributiva della pensione, previsti dai commi 1 e 2 dell'art. 54 del medesimo testo unico, siano estesi in favore anche al personale della Polizia di Stato.
P. Q. M. La Sezione Giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione Puglia, in composizione monocratica, visti gli articoli 134 della Costituzione e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; dispone la sospensione del giudizio in corso e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per la pronuncia sulla questione di legittimita' costituzionale di cui in premessa; ordina che, a cura della segreteria, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' comunicata ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica. Cosi' deciso, in Bari, all'esito dell'udienza cartolare del 23 novembre 2021. Il giudice: Perrone