N. 3 ORDINANZA (Atto di promovimento) 22 novembre 2021

Ordinanza  del  22  novembre  2021   della   Commissione   tributaria
provinciale di Napoli sul ricorso proposto da  Manzi  Massimo  contro
Comune di Napoli. 
 
Tributi  -  Imposta  municipale  propria  (IMU)  -  Agevolazioni  per
  l'abitazione principale - Requisiti - Dimora abituale  e  residenza
  anagrafica del possessore e del suo nucleo familiare - Applicazione
  dell'esenzione  dall'imposta  per  l'abitazione  adibita  a  dimora
  principale del nucleo familiare nel caso in cui uno dei  componenti
  sia residente anagraficamente e dimori in un immobile ubicato in un
  altro Comune - Omessa previsione. 
- Decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per  la
  crescita,  l'equita'  e  il  consolidamento  dei  conti  pubblici),
  convertito, con modificazioni, nella legge  22  dicembre  2011,  n.
  214, art. 13, comma 2. 
(GU n.4 del 26-1-2022 )
 
                LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE 
                        di Napoli Sezione 32 
 
     riunita in udienza il 18 ottobre  2021  alle  ore  9,00  con  la
seguente composizione collegiale: 
        Gomez d'Ayala Giulio, Presidente; 
        Maglione Tommaso, relatore; 
        Scoppa Gian Piero, giudice; 
    in data 18 ottobre 2021 ha pronunciato la seguente ordinanza  sul
ricorso n. 5067/2021 depositato il 21 maggio 2021 proposto da Massimo
Manzi - MNZMSM69A14F839R; 
    difeso da  Massimo  Manzi  -  MNZMSM69A14F839R  ed  elettivamente
domiciliato presso massimomanzi@avvocatinapoli.legalmail.it 
    contro: 
        Comune  di  Napoli  -   80100   Napoli   (NA)   elettivamente
domiciliato presso contenzioso.economico@pec.comune.napoli.it 
    Avente ad oggetto l'impugnazione di: 
        avv. rettifica n. 703134_5306 IMU 2015; 
        avv. rettifica n. 703135_5746 IMU 2016; 
        avv. rettifica n. 703136_5628 IMU 2017; 
        avv. rettifica n. 703141_6226 IMU 2018; 
    a seguito di discussione in pubblica udienza. 
I. - La controversia 
    I.1.- Il sig. Massimo Manzi ha impugnato gli avvisi notificati il
27 novembre 2020, con i quali il  Comune  di  Napoli  ha  rettificato
l'IMU 2015/2018 della sua abitazione principale in Napoli. 
    Il contribuente, assumendo di possedere i requisiti  di  legge  e
provandoli documentalmente, ha rivendicato il  diritto  all'esenzione
dall'IMU sul presupposto che il suo  unico  immobile  costituisse  la
residenza  anagrafica  e  la  dimora  abituale   dell'intero   nucleo
familiare. 
    I.2.- Il  Comune  di  Napoli  -  premesso  che,  per  «abitazione
principale», deve intendersi l'unica unita' immobiliare  in  cui  «il
possessore  e  il  suo  nucleo  familiare  dimorano  abitualmente   e
risiedono anagraficamente» (art. 13, comma 2,  del  decreto-legge  n.
201/2011; circolare n. 3 del 2012 del  Dipartimento  delle  politiche
fiscali e, ex multis, «la recente  ordinanza  n.  20130/2020  del  24
settembre 2020») - ha negato il  diritto  all'esenzione  perche'  «il
nucleo familiare non risiede interamente in via  ...  atteso  che  la
coniuge  del  ricorrente  ...  risulta  aver  trasferito  la  propria
residenza nel Comune di Scanno (AQ) sin dal 2012 (cfr All. 02)». 
    Da tale premessa fattuale ha desunto che «cio'  solo,  determina,
ai   sensi   della   normativa   vigente   e    degli    orientamenti
giurisprudenziali   sopra   richiamati,   la    non    applicabilita'
all'immobile  oggetto  di  contestazione  (  SCA/16/293/101  )  delle
agevolazioni previste per le abitazioni». 
II. - Oggetto dello scrutinio di costituzionalita' - fonti  normative
- indirizzi giurisprudenziali 
    II.1. - La  controversia  attiene  alle  conseguenze  applicative
dell'art. 13, comma 2, del decreto-legge  6  dicembre  2011,  n.  201
(convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214)
che  -  negando  l'esenzione  IMU  per  l'abitazione  principale  del
ricorrente  a  causa  della  residenza  anagrafica  e  dimora  di  un
componente del nucleo  familiare  in  un  altro  comune  -  determina
plurime violazioni di parametri  costituzionali  [applicazione  della
regola della parita' sostanziale a parita' di  condizioni  (art.  3);
parita' dei diritti dei lavoratori costretti a lavorare  fuori  della
sede familiare (articoli 1, 3, 4 e  35);  diritto  alla  parita'  dei
contribuenti coniugati rispetto a partner di  fatto  (3,  29  e  31);
tassazione in  base  alla  capacita'  contributiva  e  progressivita'
impositiva (art. 53); famiglia quale  societa'  naturale  (art.  29);
aspettativa  rispetto  alle  provvidenze  per  la  formazione   della
famiglia e adempimento dei compiti relativi  (art.  31);  tutela  del
risparmio (art. 47)]. 
    II.2. - La denunciata norma statuisce che  «L'imposta  municipale
propria ha per presupposto il  possesso  di  immobili  ...  L'imposta
municipale  propria  non  si  applica  al  possesso   dell'abitazione
principale e delle pertinenze della stessa, ad  eccezione  di  quelle
classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, per  le  quali
continuano ad applicarsi l'aliquota di cui al comma 7 e la detrazione
di cui al comma 10. Per abitazione principale si intende  l'immobile,
iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica  unita'
immobiliare, nel quale  il  possessore  e  il  suo  nucleo  familiare
dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente. Nel caso in cui  i
componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora  abituale
e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel  territorio
comunale, le  agevolazioni  per  l'abitazione  principale  e  per  le
relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per
un solo immobile». Tale testo, in parte qua, risulta invariato  negli
anni (2015-2018) oggetto della controversia. 
    L'iniziale   interpretazione   dell'amministrazione   finanziaria
(contenuta nella circolare del Dipartimento delle finanze n. 3/F  del
2012) era nel  senso  che  l'omissione  di  una  previsione  espressa
dell'agevolazione in presenza di residenza e dimora di un  componente
in immobile ubicato in un comune diverso non ne costituisse negazione
ma, al contrario, implicita conferma, senza il limite quantitativo di
applicabilita' riferito ai soli immobili endo-comunali. 
    Alla pluriennale lettura citata si  e'  contrapposto  il  diverso
orientamento della Corte di cassazione, attualmente consolidato, che,
sulla base della lettera della norma, esclude l'esenzione per il solo
fatto che un componente della famiglia risieda in altro comune. 
    II.3. - L'interpretazione della Cassazione  (Cassazione  n.  4166
del 2020; n. 20130 del 2020 e n. 17408 del 2021) - che  correttamente
ha ritenuto la norma  speciale  di  esenzione  dall'onere  tributario
insuscettibile di applicazione (analogica o estensiva) a  fattispecie
non   espressamente    contemplate    dalla    tassativa    tipologia
specificamente prevista (art. 14 delle disposizioni  preliminari  del
codice civile)  -induce  il  sospetto  di  incostituzionalita'  della
stessa. 
    La Cassazione, nelle richiamate sentenze, consolidando il proprio
orientamento in ordine alla natura di stretta  interpretazione  delle
norme agevolative (tra le molte, in tema di  ICI,  piu'  di  recente,
cfr. Cassazione n. 23833 del 2017;  Cassazione  n.  3011  del  2017),
conforme a quello della Consulta (Corte  costituzionale  n.  242  del
2017), dopo aver rilevato le differenze tra la normativa IMU e quella
della preesistente ICI, ha statuito: 
        che il dato letterale  impone,  come  ineludibile  condizione
dell'esenzione, che l'intero  nucleo  familiare  abbia  la  residenza
principale nello stesso immobile; 
        che la norma ha lo scopo di evitare elusioni, ad  esempio  di
coniugi  non  separati  che,  avendo  nello  stesso  comune  distinte
abitazioni principali, possano fruire di una duplice esenzione; 
        che, nell'ipotesi di residenze plurime  dei  familiari  nello
stesso comune, l'aliquota e la  detrazione  debbano  essere  comunque
uniche; 
        che il caso di coniugi non separati con residenze  in  comuni
diversi, non 
    essendo stato espressamente contemplato  tra  quelli  oggetto  di
agevolazione, non puo' beneficiare dell'esenzione (Cassazione n. 1708
del 2021). 
    Sulla scorta di tali premesse la Corte ha  testualmente  chiarito
che, nell'ipotesi in cui «due coniugi non separati legalmente abbiano
la propria abitazione in due differenti immobili, il nucleo familiare
(inteso come unita' distinta  ed  automa  rispetto  ai  suoi  singoli
componenti) resta unico, ed  unica,  pertanto,  potra'  essere  anche
l'abitazione principale ad esso riferibile, con la conseguenza che il
contribuente, il quale dimori in un immobile di cui sia  proprietario
(o  titolare  di  altro  diritto  reale),  non  avra'  alcun  diritto
all'agevolazione  se  tale  immobile  non  costituisca  anche  dimora
abituale dei suoi familiari,  non  realizzandosi  in  quel  luogo  il
presupposto della "abitazione principale" del suo  nucleo  familiare.
Cio' in applicazione della lettera e della rado della norma,  che  e'
quella di impedire che la fittizia assunzione della  dimora  o  della
residenza in altro  luogo  da  parte  di  uno  dei  coniugi  crei  la
possibilita' per il medesimo nucleo familiare di godere due volte dei
benefici per l'abitazione principale». 
    Secondo tale orientamento (parzialmente  contraddittorio  con  la
dichiarata  finalita'  antielusiva  della  norma)  la  vera   ragione
ostativa al riconoscimento dell'agevolazione non risiederebbe neppure
nel rischio di una doppia esenzione, ma nella oggettiva scissione del
nucleo familiare a causa della residenza extra-comunale  di  uno  dei
suoi componenti. 
    La Corte, infatti, ha precisato che «un'unita'  immobiliare  puo'
essere riconosciuta abitazione  principale  solo  se  costituisca  la
dimora abituale non solo del ricorrente, ma anche dei suoi familiari,
non potendo sorgere il diritto alla detrazione  nell'ipotesi  in  cui
tale requisito  sia  riscontrabile  solo  nel  ricorrente  ed  invece
difetti nei familiari (Cassazione,  sez.  6-5,  21  giugno  2017,  n.
15444, Rv. 645041 -01; Cassazione, sez. 5, 15 giugno 2010, n.  14389,
Rv. 613715 - 01). In  definitiva,  l'abitazione  principale  e'  solo
quella ove il proprietario e la sua famiglia abbiano fissato:  1)  la
residenza (accertabile  tramite  i  registri  dell'anagrafe);  2)  la
dimora abituale (ossia il luogo dove la  famiglia  abita  la  maggior
parte dell'anno)». 
III. - Rilevanza della questione 
    L'applicazione  dell'art.  13,  comma  2,  del  decreto-legge  n.
201/2011, convertito nella legge 22 dicembre 2011, n. 214 in sede  di
decisione del ricorso oggetto della controversia tributaria,  implica
la rilevanza della questione in considerazione della  sussistenza  di
un effettivo e concreto rapporto di strumentalita' fra la definizione
del  giudizio  principale  e  la  risoluzione  della   questione   di
legittimita' costituzionale (Corte costituzionale n. 282 del 1998). 
    La questione proposta ha ad  oggetto  la  norma  applicabile  dal
rimettente (Corte  costituzionale  n.  10  del  1979)  e  l'eventuale
sentenza di  accoglimento  della  Corte  spiegherebbe  una  influenza
decisiva nel  processo  tributario,  provocando  un  cambiamento  del
quadro applicativo assunto dalla Commissione (Corte costituzionale n.
390 del 1996). 
    Il contribuente, infatti, 
        pur avendo pienamente dimostrato la sussistenza  di  tutti  i
presupposti  di  legge  (unicita'   dell'immobile,   classificazione,
tipologia accatastamento, residenza anagrafica e dimora abituale  del
nucleo familiare); 
        pur risultando pacifica l'inesistenza di altre esenzioni, sia
per espressa dichiarazione del ricorrente, sia per non  essere  stata
mossa al  riguardo  alcuna  eccezione  dall'Ente  impositore  che  ne
sarebbe stato processualmente onerato dall'art. 2697, secondo  comma,
del codice civile; 
        pur  avendo,  quindi,  astrattamente  diritto   all'esenzione
dall'IMU per il cespite,  sulla  base  di  una  normativa  che  fosse
rispettosa dei parametri costituzionali; 
    si e' visto irrazionalmente negare l'agevolazione  esclusivamente
per il fattore geografico (obiettivamente privo di rilevanza fiscale)
della residenza del coniuge (o di un altro componente del suo  nucleo
familiare) in un comune diverso dal proprio («cio'  solo,  determina,
ai   sensi   della   normativa   vigente   e    degli    orientamenti
giurisprudenziali   sopra   richiamati,   la    non    applicabilita'
all'immobile  oggetto   di   contestazione   (SCA/16/293/101)   delle
agevolazioni previste per le abitazioni»). 
IV.   -   Ammissibilita'   dello   scrutinio   di   costituzionalita'
(impraticabilita' di una interpretazione costituzionalmente orientata
- insussistenza di intervento sostitutivo del potere legislativo) 
    IV.1. - La Commissione e' consapevole del principio che «le leggi
non si dichiarano costituzionalmente illegittime perche' e' possibile
darne interpretazioni incostituzionali (e qualche giudice ritenga  di
darne),   ma   perche'   e'   impossibile    darne    interpretazioni
costituzionali» (ex multis, Corte  costituzionale  n.  356  del  1966
riprodotto   da   n.   319   del   2000)   ma,   nella   fattispecie,
l'interpretazione       adeguatrice,       (inutilmente       tentata
dall'amministrazione finanziaria con  la  richiamata  circolare),  e'
preclusa: 
        dall'univoco  tenore   letterale   della   disposizione   che
costituendo, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza
costituzionale (cfr. ex multis Corte costituzionale n. 78  del  2012,
n.  240  del   2014),   il   limite   insuperabile   nell'adeguamento
interpretativo, deve cedere il passo  al  sindacato  di  legittimita'
costituzionale (Corte costituzionale n.  26  del  2010;  n.  219  del
2008); 
        dalla specialita' di  ogni  norma  agevolativa  (come  quella
oggetto  della  controversia)  che  ne  esclude  l'applicabilita'   a
fattispecie non specificamente previste (Corte costituzionale n.  292
del 1987; n. 174 del 2001); 
        dalla presenza di un «diritto vivente»  espresso  dall'organo
istituzionalmente  titolare  della  funzione  nomofilattica,  che  ha
adottato, sebbene in un numero ancora ridotto di pronunce (Cassazione
n. 4166 del 2020, n. 20130 del 2020 e n. 17408 del 2021), un «univoco
indirizzo interpretativo» (Corte costituzionale n. 326 del  1994;  n.
187 del 1996) in senso ad essa contrario. 
    La   stabilita'   e   reiterazione   di   tale   interpretazione,
l'inesistenza  di   contrasti   giurisprudenziali,   la   sostanziale
identita' di contenuto delle decisioni e  la  funzione  nomofilattica
dell'organo  decidente  corroborano  la  formazione  di  un  «diritto
vivente» nel quale debba essere sussunta l'esegesi citata. Per quanto
l'ordinamento non costringa il giudice di merito a  conformarsi  agli
orientamenti della Cassazione (salvo che nel giudizio di rinvio),  la
norma risultante dal «diritto vivente» va sottoposta a  scrutinio  di
costituzionalita',  giacche'  e'  «difficilmente   ipotizzabile   una
modifica del sistema senza  l'intervento  del  legislatore»  o  della
Corte costituzionale (Corte  costituzionale  n.  350  del  1997).  La
giurisprudenza costituzionale, peraltro, ha ravvisato l'esistenza  di
un «diritto vivente» perfino al cospetto di una sola sentenza di  una
sezione semplice della Corte di cassazione, avallata dalla dottrina e
dalla giurisprudenza di  merito  (Corte  costituzionale  n.  369  del
1996). 
    Nella fattispecie,  tale  «diritto  vivente»  e'  peraltro  stato
riconosciuto  dal  legislatore,  nell'ambito  dell'interrogazione  n.
5-06286 («Esenzione dell'IMU per la  prima  casa  per  componenti  di
nuclei familiari residenti in immobili  diversi»)  svolta  durante  i
lavori della VI Commissione permanente finanze della Camera  in  data
23  maggio  2021,  e  dal  Governo,  attesa  la   risposta   a   tale
interrogazione della sottosegretaria di Stato  all'economia  ed  alle
finanze, la quale ha affermato che «Il Dipartimento delle Finanze non
puo' che prendere atto  dell'orientamento  espresso  dalla  Corte  di
cassazione, alla quale e' affidato  in  ultima  istanza,  nel  nostro
ordinamento giuridico, il compito di' fornire l'interpretazione della
legge. Tanto premesso ... gli uffici dell'amministrazione finanziaria
sono disponibili, ove sussistesse la volonta' politica, a predisporre
una norma che introduca chiarezza». 
    L'illegittimita' costituzionale della  norma,  insomma,  consegue
all'impossibilita' di interpretare, diversamente dall'esclusione  del
beneficio fiscale, la parte dell'art. 13, comma 2, del  decreto-legge
n.  201/2011  che  non  prevede  l'esenzione  IMU  per   l'abitazione
principale, anche nel caso in cui i componenti del  nucleo  familiare
siano residenti e dimorino in immobili ubicati fuori  del  territorio
comunale. 
    IV.2.  -  La  censura  di   incostituzionalita',   inoltre,   non
investendo  una  «political  question»   sostitutiva   dell'attivita'
legislativa e', ad avviso della Commissione,  ammissibile  in  quanto
volta  a  colmare  una  evidente  «regola   mancante»   del   sistema
ordinamentale,  ravvisabile   appunto   nella   lacuna/omissione   di
disciplina della specifica fattispecie. 
    L'ordinamento, con la disciplina dell'esenzione IMU,  pur  avendo
previsto il diritto all'esenzione, lo ha fatto in modo incompleto  in
quanto ha omesso di normare la situazione prospettata,  identica  nei
suoi presupposti formali  e  sostanziali  a  quella  disciplinata,  e
quindi meritevole di pari tutela agevolativa. L'illegittimo  silenzio
del legislatore potrebbe essere rimosso  attraverso  l'individuazione
della  fattispecie  cui  estendere   l'applicabilita'   della   norma
agevolativa oggetto  dello  scrutinio  di  costituzionalita',  per  i
motivi che di seguito brevemente si riassumono. 
V. - Non manifesta infondatezza 
    V.1.  -  L'incidente  di  costituzionalita'  che  la  Commissione
sottopone, d'ufficio,  al  vaglio  della  Corte  investe  la  vigente
formulazione dell'art. 13, comma 2, del  decreto-legge  n.  201/2011,
convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011  n.  214,
nella parte in cui non prevede una espressa  regola  che  estenda  la
esenzione a parita' di condizioni. 
    La norma, pur legittimando il diritto all'esenzione  IMU  per  un
solo immobile nel caso in  cui  i  componenti  del  nucleo  familiare
abbiano stabilito la dimora abituale e  la  residenza  anagrafica  in
immobili diversi situati nel territorio comunale, irrazionalmente  la
preclude,  sia  sul  piano  letterale  che  nell'interpretazione  del
«diritto  vivente»,  a  parita'  di  condizioni  sostanziali,  quando
l'identica situazione di fatto si verifichi in riferimento  a  comuni
diversi. 
    V.2. -  La  giurisprudenza  di  legittimita'  e'  pervenuta  alla
conclusione che precede  (diniego  dell'esenzione  per  entrambi  gli
immobili nell'ipotesi che uno dei  componenti  del  nucleo  familiare
abbia residenza anagrafica e  dimora  in  un  diverso  comune)  dando
rigorosa applicazione alla regola secondo cui  le  leggi  che  «fanno
eccezione a regole generali o ad altre leggi non si applicano oltre i
casi e i tempi in esse considerati» (art. 14 delle preleggi). 
    Ad avviso della Commissione, tuttavia,  fermi  i  presupposti  di
abitazione principale e della sua unicita', il diritto all'esenzione,
per conformarsi alle regole costituzionali della parita'  agevolativa
e sostanziale,  della  capacita'  contributiva,  del  sostegno  della
famiglia legittima e del lavoro, dovrebbe trovare applicazione: 
        sia nel caso in cui il nucleo familiare  occupi  (recte:  sia
dislocato in) piu' immobili nello stesso comune, fattispecie in  cui,
per espressa previsione di legge, l'agevolazione compete  per  almeno
un immobile per nucleo familiare; 
        sia nel caso  in  cui  un  componente  del  nucleo  familiare
risieda in Comune diverso, fattispecie in cui l'aporia  normativa  la
precluderebbe non  solo  per  entrambi  gli  immobili  ipoteticamente
posseduti ma anche per la sola abitazione principale,  addirittura  e
paradossalmente, perfino nel caso in  cui  il  titolo  della  diversa
residenza/dimora extra-comunale avvenisse, ad esempio, sulla base  di
una locazione, di un comodato od altro rapporto, tutti oggettivamente
estranei  al  campo  di  applicazione  IMU  e,   dunque,   nonostante
l'evidente impossibilita' di potenziali elusioni. 
    V.3. - La  norma  denunciata,  insomma,  appare  illegittima  per
violazione di una pluralita' di norme costituzionali. 
    V.3.a. - violazione dell'art. 3 della Costituzione 
    L'aporia normativa viola, prima di  tutto,  l'art.  3  in  quanto
determina  una  irragionevole  disparita'  di  trattamento   tra   il
possessore componente di un nucleo familiare residente e dimorante in
due diversi immobili dello stesso comune,  e  quello  il  cui  nucleo
familiare, invece, risieda e dimori in distinti immobili  ubicati  in
comuni diversi. 
    La  disparita'  fondata  su  un  neutro  dato  geografico,  quale
l'ubicazione territoriale di un componente del nucleo familiare in un
comune piuttosto che in un altro, e'  irragionevole,  ingiustificata,
contraddittoria ed incoerente con lo scopo agevolativo perseguito dal
legislatore. 
    E' illogico che, a  parita'  di  situazione  sostanziale  (nucleo
familiare  di  cui  uno  dei  componenti  abbia   diversa   residenza
anagrafica e dimora), l'agevolazione spetti, per espressa  previsione
di legge, nel caso in cui la diversa residenza sia  endo-comunale,  e
non competa affatto nel caso in cui essa sia extra-comunale. 
    V.3.b. - violazione dell'art. 53 della Costituzione 
    La norma viola  poi,  sotto  diversi  profili,  il  principio  di
capacita' contributiva dettato dall'art. 53, comma  l,  che  postula,
quale  coessenziale   corollario,   l'uguaglianza   sostanziale   dei
destinatari  delle  prescrizioni  tributarie,  se  e'  vero  che   «a
situazioni uguali devono corrispondere uguali  regimi  impositivi  e,
correlativamente, a  situazioni  diverse  un  trattamento  tributario
disuguale» (Corte costituzionale n. 120 del 1972). 
    Il tertium comparationis, nella fattispecie, e' costituito  dalla
parte della norma che  riconosce  l'esenzione  ad  un  solo  immobile
appartenente ad un componente del nucleo familiare  che  possieda  ed
utilizzi una pluralita' di dimore abituali nello stesso Comune. 
    Il   sindacato   della   Corte   costituzionale,   peraltro,   e'
pacificamente  applicabile  anche  alle   norme   agevolative,   alla
condizione   che   le   scelte   legislative   discrezionali    siano
irragionevoli (Corte costituzionale n. 134 del 1982) e  il  beneficio
debba essere esteso a fattispecie analoghe (Corte  costituzionale  n.
154 del 1999). 
    La norma della cui legittimita' si  dubita  ha  irragionevolmente
differenziato i soggetti esentati dal pagamento dell'IMU non gia'  in
forza di differenti capacita' contributive, bensi'  in  forza  di  un
elemento esogeno e privo  di  rilevanza  fiscale  quale  l'ubicazione
territoriale dell'immobile e di un componente del nucleo familiare. 
    Nessuna  differenza  di  capacita'  contributiva,  infatti,  puo'
essere ravvisata tra: 
        un nucleo familiare  che  -  possedendo  due  immobili  nello
stesso comune ed  in  relazione  al  quale  uno  dei  componenti  sia
residente e dimori separatamente -  puo'  godere  dell'esenzione  per
almeno uno di essi, e 
        un nucleo in  relazione  al  quale  uno  dei  componenti  sia
residente e dimori in Comune diverso  che,  per  la  sola  diversita'
comunale, debba vedersi inspiegabilmente preclusa perfino l'esenzione
dell'abitazione principale nella quale risieda e dimori  abitualmente
tutto il resto della famiglia. 
    La  norma,  stando  sempre   all'interpretazione   del   «diritto
vivente», sembra altresi' collidere con il  secondo  comma  dell'art.
53. 
    Giova premettere che l'art. 9, comma 1, del  decreto  legislativo
n. 23 del 2011, cui fa rinvio l'art. 13, comma 1,  del  decreto-legge
n. 201 del 2011, stabilisce che sono soggetti  passivi  dell'imposta,
il  proprietario  di  fabbricati,  aree  fabbricabili  e  terreni   a
qualsiasi uso destinati,  compresi  quelli  strumentali  o  alla  cui
produzione o scambio e' diretta l'attivita' dell'impresa; il titolare
del  diritto  reale  di  usufrutto,   uso,   abitazione,   enfiteusi,
superficie  sugli  stessi  e  l'ex  coniuge  affidatario  della  casa
coniugale. 
    La denunciata norma dunque, prevedendo l'esenzione per  uno  solo
degli immobili endo-comunali, e' chiaramente  diretta  ad  un  nucleo
familiare i cui componenti siano possessori di piu' di  un  immobile;
in caso contrario, non vi  sarebbe  luogo  a  possibili  duplicazioni
dell'esenzione e la disposizione normativa sarebbe priva di contenuto
precettivo. 
    Nel caso in cui, invece, il nucleo familiare risieda e dimori  in
comuni diversi (addirittura per  esigenze  di  lavoro  imposte  dalla
legge), nel silenzio della norma (e nell'applicazione adottata  dalla
Cassazione), il titolo in base al quale il familiare risiede in altra
unita' e' irrilevante ai fini  dell'esclusione  dell'esenzione.  Essa
semplicemente non competerebbe, a prescindere  dalla  circostanza  di
fatto che il componente residente al di fuori del comune ivi  risieda
a titolo di locazione, comodato, ovvero per altro titolo  irrilevante
ai fini dell'IMU. 
    Pertanto, dall'applicazione della  norma,  discende  che  ad  una
maggiore capacita' contributiva (rilevabile dalla titolarita' di piu'
immobili nel territorio comunale) viene  concessa  un'esenzione  che,
invece, si nega in caso di minore capacita' contributiva, sulla  base
della sola residenza e dimora extra-comunale di uno  dei  membri  del
nucleo familiare. 
    Cosi' come interpretata dal  «diritto  vivente»,  la  norma  pare
quindi violare, oltre al principio di capacita'  contributiva,  anche
quello di progressivita' del sistema tributario imposto dall'art. 53,
comma 2, Costituzione, che, quale principio  informatore  dell'intero
sistema tributario, pur non richiedendo che ciascun tributo  presenti
carattere di progressivita', certamente impedisce che uno di essi sia
palesemente,  o  anche   potenzialmente,   regressivo,   come   nella
fattispecie. 
    Ma la possibile irragionevolezza della norma  ed  il  novero  dei
conflitti  con  norme   costituzionali,   anche   se   mediati,   che
deriverebbero  dalla  enfatizzazione  del  dato  testuale,   non   si
esauriscono in quelli appena enunciati. 
    V.3.c - violazione degli articoli 3, 29 e 31 della Costituzione 
    La norma viola gli articoli 3,  29  e  31,  in  quanto  idonea  a
penalizzare  contribuenti  coniugati  rispetto  ai  componenti  delle
famiglie di fatto. 
    Il doveroso rigore esegetico  connesso  alla  natura  agevolativa
della norma comporta, a ben vedere, una  irrazionale  discriminazione
addirittura  a  scapito  della  famiglia  legittima,  rispetto   alla
formazione sociale di fatto (art. 2 della Costituzione), giacche'  la
residenza in comuni diversi -  mentre  legittimerebbe  l'agevolazione
senza il citato limite per i  conviventi  di  fatto,  che  potrebbero
addirittura avvalersi dell'esenzione per ciascun immobile destinato a
propria residenza/dimora principale - escluderebbe, sulla base di  un
arbitrario  dettato  normativo  che   irragionevolmente   non   abbia
contemplato la fattispecie, il diritto all'esenzione per  coloro  che
fossero legati da vincolo coniugale, per entrambi i cespiti. 
    La norma, in questa prospettiva, frappone un illegittimo ostacolo
di natura fiscale alla libera scelta delle  modalita'  con  le  quali
l'unita' familiare puo' essere realizzata. 
    V.3. d. - La norma, seppure indirettamente, viola anche 
        gli articoli 1,  3,  4  e  35  Costituzione,  atteso  che  la
variabile fiscale pregiudicherebbe, ancora una volta senza ragione, i
lavoratori che trovano lavoro lontano dalla famiglia, perche' in  tal
caso essi, trovandosi in una  dimora  lontana  da  quella  familiare,
impedirebbero a se' ed agli altri componenti del nucleo familiare  di
godere di un diritto  (quello  all'esenzione  dall'imposta)  di  cui,
invece, avrebbero potuto godere  se  avessero  avuto  la  fortuna  di
lavorare nel proprio comune; 
        l'art. 29 Costituzione, in base al  quale  il  riconoscimento
dei diritti (tra i quali quello  di  stabilimento  della  dimora  dei
componenti) della societa' naturale dovrebbe rimuovere ogni ostacolo,
anche di natura fiscale, alla libera scelta delle  modalita'  con  le
quali l'unita' familiare puo' essere realizzata; 
        l'art. 31 della Costituzione, che, prevedendo agevolazioni  e
provvidenze per la famiglia, dovrebbe  impedire  la  possibilita'  di
introdurre   nell'ordinamento    tipologie    penalizzanti    fondate
esclusivamente su neutre basi territoriali; 
        l'art. 47, comma 2, della Costituzione  che,  pur  avendo  lo
scopo di incentivare l'investimento immobiliare del  risparmio  senza
vincoli territoriali, sarebbe contraddetto dalla norma oggetto  dello
scrutinio di costituzionalita' chiaramente  idonea  a  disincentivare
investimenti in immobili ubicati  in  comuni  diversi  da  quello  di
residenza   anagrafica   del   nucleo   familiare.   Garanzie    che,
evidentemente, non  possono  essere  suscettibili  di  penalizzazioni
derivanti da norme fiscali fondate sulla mera ubicazione territoriale
del  cespite,  quali   quelle   derivanti   dall'applicazione   della
denunciata norma. 
    V.4. - La Commissione in  conclusione  -  nell'impossibilita'  di
adottare una interpretazione alternativa costituzionalmente orientata
rispetto al  consolidato,  e  tecnicamente  inconfutabile,  indirizzo
dell'organo nomofilattico - ritiene ammissibile e non  manifestamente
infondata la questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  13,
comma 2, del decreto-legge 6 dicembre 2011,  n.  201  convertito  con
modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214,  nella  parte  in
cui non ha esteso  l'esenzione,  concessa  nell'ambito  dello  stesso
comune, anche ai casi in cui  si  profili  per  comuni  diversi,  per
contrasto con gli articoli  3  e  53  della  Costituzione,  anche  in
relazione agli articoli 29, 31, 1, 4, 35 e 47 della Costituzione. 
 
                                P.Q.M. 
 
    La sezione 32 della Commissione tributaria provinciale di Napoli,
letti gli articoli 134  e  137  della  Costituzione;  1  della  legge
costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e 23 della legge 11 marzo  1953,
n. 87 
    A.  -  dichiara  rilevante  e  non  manifestamente  infondata  la
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 13, comma  2,  del
decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni,
dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, nella parte in cui non  prevede
l'esenzione dall'imposta per l'abitazione adibita a dimora principale
del nucleo familiare nel caso in cui  uno  dei  suoi  componenti  sia
residente anagraficamente e dimori in un immobile  ubicato  in  altro
comune, per violazione degli articoli  3  e  53  della  Costituzione,
anche  in  relazione  agli  articoli  1,  29,  31,  35  e  47   della
Costituzione; 
    B. - sospende  il  procedimento  e  dispone  che,  a  cura  della
segreteria   della   Commissione,   la   presente    ordinanza    sia
immediatamente trasmessa alla Corte costituzionale unitamente a tutti
gli atti di causa, notificata alle parti del presente giudizio  e  al
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  nonche'   comunicata   ai
presidenti delle due Camere del Parlamento. 
    Cosi' deciso in Napoli, nella Camera di consiglio del 18  ottobre
2021. 
 
                    Il Presidente: Gomez d'Ayala 
 
                                       Il giudice estensore: Maglione