N. 42 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 marzo 2022
Ordinanza del 30 marzo 2022 del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia sul ricorso proposto da F. C. contro Ordine degli psicologi della Lombardia. Salute (Tutela della) - Profilassi internazionale - Vaccinazioni anti SARS-CoV-2 - Previsione di obblighi vaccinali per gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario (nel caso di specie: professionista, iscritta all'Ordine degli Psicologi, esercente la professione di psicologa psicoterapeuta in forma autonoma) - Previsione che l'atto di accertamento dell'inadempimento dell'obbligo vaccinale determina l'immediata sospensione dall'esercizio delle professioni sanitarie ed e' annotato nel relativo albo professionale - Omessa limitazione della sospensione, come disposto dalla disciplina previgente, dal diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o che comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2. - Decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44 (Misure urgenti per il contenimento dell'epidemia da COVID-19, in materia di vaccinazioni anti SARS-CoV-2, di giustizia e di concorsi pubblici), convertito, con modificazioni, nella legge 28 maggio 2021, n. 76, art. 4, comma 4, come modificato dall'art. 1, comma 1, lettera b), del decreto-legge 26 novembre 2021, n. 172 (Misure urgenti per il contenimento dell'epidemia da COVID-19 e per lo svolgimento in sicurezza delle attivita' economiche e sociali), convertito, con modificazioni, nella legge 21 gennaio 2022, n. 3.(GU n.18 del 4-5-2022 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOMBARDIA Sezione Prima Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale ... del 2022, integrato da motivi aggiunti, proposto da C F, rappresentata e difesa dall'avvocato Stefano De Bosio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Contro Ordine degli psicologi della Lombardia, in persona del Presidente in carica, rappresentato e difeso dall'avvocato Andrea Ivan Bullo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Milano - corso Genova n. 14; Per l'annullamento: del provvedimento del ... , con il quale l'Ordine degli psicologi della Lombardia ha sospeso la ricorrente dall'esercizio della professione, senza limitare detta sospensione alle prestazioni od alle mansioni che implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da Sars-CoV-2; dell'annotazione della sospensione della ricorrente nell'Albo on-line degli psicologi della Lombardia fino al ... , effettuata in data ... ; di tutti gli atti presupposti, connessi e conseguenti; Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Ordine degli psicologi della Lombardia; Visti tutti gli atti della causa; Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Relatore nella Camera di consiglio del giorno 9 febbraio 2022 la dott.ssa Rosanna Perilli e uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale; 1. La ricorrente, iscritta all'Ordine degli psicologi della Lombardia, esercita la professione di psicologa psicoterapeuta in forma autonoma, dall'anno 1993. Con decreto presidenziale n. ... del ... l'Ordine degli psicologi della Lombardia, in seguito al ricevimento dell'atto di accertamento dell'inosservanza dell'obbligo vaccinale, adottato dall'Azienda per la tutela della salute della Citta' metropolitana di Milano, ha annotato nell'Albo la sospensione della ricorrente, comminata ai sensi dell'art. 4, comma 6, del decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44, convertito nella legge 28 maggio 2021, n. 76, nella formulazione vigente ratione temporis, il quale contempla la sospensione del sanitario dallo svolgimento delle prestazioni o delle mansioni «che implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2». Con nota del ... il Presidente dell'Ordine degli psicologi della Lombardia ha comunicato alla ricorrente che, in caso di mancata ricezione della documentazione di cui all'art. 4, comma 3, del decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44, convertito nella legge 28 maggio 2021, n. 76, e nelle more modificato dal decreto-legge 26 novembre 2021, n. 172, convertito nella legge 21 gennaio 2022, n. 3, sarebbe stata sospesa «senza indicazione delle ragioni sottese alla sospensione» da tutte le attivita' riconducibili all'esercizio della professione «fino alla data di comunicazione del completamento del ciclo vaccinale primario ovvero della somministrazione della dose di richiamo e comunque non oltre sei mesi decorrenti dal ... ». In assenza di un positivo riscontro alla predetta nota, l'Ordine degli psicologi della Lombardia ha annotato nell'Albo on-line la sospensione della ricorrente dall'esercizio dell'attivita' professionale. 1.1. La ricorrente ha domandato l'annullamento del provvedimento del ... , con il quale e' stata disposta la conferma della sospensione dall'esercizio dell'attivita' professionale, e della conseguente annotazione nell'Albo on-line degli psicologi della Lombardia, per i seguenti motivi: a) per l'irragionevolezza della modificazione della disciplina legislativa relativa all'obbligo vaccinale imposto agli esercenti le professioni sanitarie, introdotta dall'art. 1, comma 1, lettera b), del decreto-legge 26 novembre 2021, n. 172, convertito con modificazioni nella legge 21 gennaio 2022, n. 3, nella parte in cui, all'art. 4, comma 4, dispone che «l'atto di accertamento dell'inadempimento dell'obbligo vaccinale... determina l'immediata sospensione dall'esercizio delle professioni sanitarie ed e' annotato nel relativo Albo professionale» e dunque, a differenza della disciplina previgente contenuta nel comma 6 dell'art. 4, non limita piu' la sospensione dall'esercizio dalla professione alle attivita' che «implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2» (primo motivo di ricorso). In particolare, la ricorrente sostiene che la modificazione del testo legislativo avrebbe sostanzialmente attribuito all'atto di accertamento dell'inadempimento dell'obbligo vaccinale una natura sanzionatoria, in contrasto con la natura «non disciplinare», espressamente attribuitagli dalla medesima disposizione di legge; b) per la violazione dell'art. 4, comma 3, del decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44, convertito nella legge 28 maggio 2021, n. 76, per come modificato dal decreto-legge 26 novembre 2021, n. 172, convertito nella legge 21 gennaio 2022, n. 3, poiche' l'Ordine professionale ha omesso di comunicarle che la sospensione dall'esercizio della professione avrebbe potuto essere evitata anche con «la presentazione della richiesta di vaccinazione, da eseguirsi entro un termine non superiore a venti giorni dalla ricezione dell'invito» (secondo motivo di ricorso); c) per il contrasto della modificazione dell'art. 4, comma 4, introdotta dall'art. 1, comma 1, lettera b), del decreto-legge 26 novembre 2021, n. 172, convertito nella legge 21 gennaio 2022, n. 3, con il principio di eguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione, in quanto «tratta l'esercizio della professione senza contatto col pubblico in modo identico all'esercizio della professione con contatto con il pubblico», discriminando, in tal modo, i sanitari la cui attivita' deve svolgersi necessariamente alla presenza dei pazienti e di altro personale dai sanitari che possono «esercitare la professione da remoto» (terzo motivo di ricorso). La ricorrente ha altresi' eccepito il contrasto dell'art. 4, comma 4, con gli articoli 32, comma primo, 1, 2, 4, 33, comma primo e 41, comma primo, della Costituzione nonche' con gli articoli 6, 7 e 13 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (CEDU), in quanto: 1) l'esercizio della professione di psicologo con modalita' a distanza diminuirebbe il rischio di contagio, rispetto all'esercizio frontale della stessa da parte del professionista che abbia completato il ciclo vaccinale, e consentirebbe al contempo di preservare la continuita' dei rapporti instaurati tra lo psicologo ed i pazienti che ricorrono alle sue cure; 2) non tutta l'attivita' professionale svolta dallo psicologo, per come definita dall'art. 1 della legge 18 febbraio 1989, n. 56, «Ordinamento della professione di psicologo», puo' essere classificata come attivita' sanitaria; 3) la sospensione da tutta l'attivita' professionale sarebbe sproporzionata, ai sensi dell'art. 49, comma 3, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, rispetto al fine di tutela della salute collettiva, almeno per quei professionisti che la svolgono esclusivamente in forma di lavoro autonomo. La ricorrente ha infine eccepito il contrasto dell'art. 4, comma 4, con l'art. 77 della Costituzione, in quanto la modificazione sostanziale apportata alla disciplina emergenziale dell'obbligo vaccinale per i sanitari difetterebbe dei requisiti della straordinarieta', della necessita' e dell'urgenza, nonche' con il principio di irretroattivita' della disciplina sanzionatoria piu' sfavorevole, di cui agli articoli 25, comma secondo, della Costituzione e 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (terzo motivo di ricorso). La ricorrente ha espressamente chiesto al Collegio di adottare un'interpretazione costituzionalmente orientata della norma e, in subordine, di sollevare la questione di legittimita' costituzionale della stessa per violazione dei parametri e dei principi costituzionali sopra indicati, previa concessione della misura cautelare della sospensione dei provvedimenti impugnati. 1.2. Si e' costituito in giudizio l'Ordine degli psicologi della Lombardia, il quale ha preliminarmente eccepito: a) il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, in favore della giurisdizione della Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie, istituita presso il Ministero della salute; b) l'inammissibilita' del ricorso per carenza di interesse alla sua decisione, in quanto la ricorrente sarebbe comunque obbligata a sottoporsi alla vaccinazione, in virtu' dell'estensione dell'obbligo vaccinale agli ultra cinquantenni, disposta dall'art. 4-ter del decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44, convertito con modificazioni nella legge 28 maggio 2021, n. 76, introdotto dall'art. 1, comma 1, del decreto-legge 7 gennaio 2022, n. 1. Nel merito, l'Ordine degli psicologi della Lombardia ha resistito alle censure specificate nei motivi di ricorso, del quale ha chiesto il rigetto. 1.3. Alla Camera di consiglio del 9 febbraio 2022, fissata per la trattazione della domanda cautelare, la causa e' stata discussa e trattenuta in decisione e la domanda cautelare e' stata decisa con separata ordinanza. 2. L'art. 4 del decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44, convertito con modificazioni nella legge 28 maggio 2021, n. 76, ha introdotto, per gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario, l'obbligo di sottoporsi a vaccinazione gratuita per la prevenzione dell'infezione da Sars-CoV-2. La disposizione, nel testo vigente sino al 26 novembre 2021, ha disciplinato le varie fasi del procedimento per l'accertamento dell'inosservanza dell'obbligo vaccinale ed ha previsto, quale conseguenza dell'atto di accertamento adottato dall'azienda sanitaria locale, «la sospensione dal diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o che comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da Sars-CoV-2». 2.1. Con sentenza n. 109 del 17 gennaio 2022 questa Sezione ha fornito un'interpretazione restrittiva, compatibile con la lettera della legge e conforme ai principi costituzionali, dell'art. 4, comma 6, del decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44, convertito con modificazioni nella legge 28 maggio 2021, n. 76. Sulla scorta di tale interpretazione, gli effetti dell'atto di accertamento dell'inosservanza dell'obbligo vaccinale devono essere circoscritti alla sospensione del sanitario dallo svolgimento di quelle prestazioni e mansioni che comportano contatti interpersonali fisici o di prossimita' e di quelle che, pur non implicando tali contatti, comportano comunque un rischio di diffusione del contagio da Sars-CoV2. Questa Sezione ha ritenuto che tale interpretazione restrittiva della norma sia l'unica che consenta di contemperare, in una situazione di emergenza epidemiologica, tutti i rilevanti interessi coinvolti, quali il perseguimento dei fini primari della tutela della salute pubblica e della sicurezza nell'erogazione delle prestazioni di cura e di assistenza, l'interesse del sanitario a continuare a svolgere la propria attivita' lavorativa nonche' gli interessi dei pazienti ad ottenere un'efficace risposta alla crescente domanda di prestazioni sanitarie e ad essere adeguatamente informati dell'osservanza dell'obbligo vaccinale da parte dei professionisti ai quali si affidano. 2.2. La predetta disciplina normativa e' stata radicalmente modificata dall'art. 1, comma 1, lettera b), del decreto-legge 26 novembre 2021, n. 172, convertito con modificazioni nella legge 21 gennaio 2022, n. 3, il quale, all'art. 4, comma 4: a) ha attribuito agli Ordini professionali la competenza ad esercitare il potere di accertamento dell'inadempimento dell'obbligo vaccinale; b) ha qualificato la natura dell'atto di accertamento come «dichiarativa» e «non disciplinare»; c) ha espunto dal testo legislativo, per quanto riguarda la sospensione dall'esercizio della professione, il riferimento al divieto di svolgere solo quelle «prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o che comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SAR-CoV-2», in tal modo affermando la chiara volonta' di vietare ai professionisti non vaccinati l'esercizio di qualsiasi attivita' riconducibile alle professioni sanitarie, per le quali e' richiesta l'iscrizione nell'albo professionale. 2.3. Il Collegio dubita della legittimita' costituzionale della modificazione apportata all'art. 4, comma 4, del decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44, convertito con modificazioni nella legge 28 maggio 2021, n. 76, dall'art. 1, comma 1, lettera b), del decreto-legge 26 novembre 2021, n. 172, convertito nella legge 21 gennaio 2022, n. 3, nella parte in cui ha espunto dal testo normativo il divieto di svolgere solo quelle «prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o che comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SAR-CoV-2», per contrasto con i principi di ragionevolezza e di proporzionalita', di cui all'art. 3 della Costituzione, quest'ultimo anche con riferimento agli articoli 1, 2, 4, 32, comma primo, 35, comma primo, e 36, comma primo, della Costituzione. La sospensione del professionista dall'esercizio di tutte le prestazioni riconducibili all'esercizio dell'attivita' professionale ha determinato, a parere del Collegio, un ingiustificato peggioramento della condizione lavorativa, a fronte del quale non si registrano evidenze di maggiori garanzie di tutela della salute collettiva, ed un sacrificio irragionevole e sproporzionato dello svolgimento della professione da parte dei lavoratori autonomi rispetto agli obiettivi che la norma intende realizzare. La modificazione del testo legislativo, mediante l'espunzione della locuzione sopra indicata, si pone inoltre in contraddizione con la natura meramente dichiarativa dell'atto di accertamento dell'inadempimento dell'obbligo vaccinale, affermata all'interno della medesima disposizione, e non sembra coerente con la ratio della disciplina emergenziale epidemiologica da Sars-Cov-2, che e' quella, individuata nell'art. 4, comma 1, nel «fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell'erogazione delle prestazioni di cura e assistenza», sino alla completa attuazione del piano vaccinale. 3. Il Collegio ritiene che la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 4, del decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44, convertito nella legge 28 maggio 2021, n. 76, per come modificato dall'art. 1, comma 1, lettera b), del decreto-legge 26 novembre 2021, n. 172, convertito nella legge 21 gennaio 2022, n. 3, sia rilevante nel presente giudizio impugnatorio, in quanto dalla decisione della Corte costituzionale dipende l'esito del primo e del terzo motivo di ricorso, con i quali la ricorrente ha censurato la ragionevolezza e la compatibilita' con i principi costituzionali del potere attribuito dalla norma agli Ordini professionali. 3.1. Ai fini della rilevanza della questione di legittimita' costituzionale, deve prioritariamente procedersi alla verifica della sussistenza dei presupposti processuali e delle condizioni dell'azione proposta nel giudizio a quo (Corte costituzionale, 9 febbraio 2011, n. 41; 22 luglio 2010, n. 270). 3.2. Il Collegio ritiene sussistere il presupposto processuale della giurisdizione del giudice remittente. L'eccezione di difetto di giurisdizione, sollevata dall'Ordine degli psicologi della Lombardia nella memoria depositata in data 4 febbraio 2022, e' destituita di fondamento. Ai sensi dell'art. 3, comma 4, del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 13 settembre 1946, n. 233, contro i provvedimenti adottati dagli Ordini e dai Collegi delle professioni sanitarie in determinate materie, tra le quali sono ricomprese le sanzioni disciplinari irrogate per le violazioni deontologiche, e' ammesso il ricorso alla Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie (d'ora in avanti solo CCEPS), organo di giurisdizione speciale istituito presso il Ministero della salute. Ai sensi dell'art. 19 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 13 settembre 1946, n. 233, avverso le decisioni della CCEPS e' infatti ammesso il ricorso alle Sezioni unite della Corte di cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione, ai sensi dell'art. 362, comma primo, del codice di procedura civile, nonche' il ricorso per cassazione per violazione di legge, ai sensi dell'art. 111, comma settimo, della Costituzione. L'art. 4, comma 4, esclude espressamente la natura disciplinare dell'atto di accertamento dell'inadempimento dell'obbligo vaccinale ed attribuisce agli Ordini professionali il potere di accertamento di una violazione di un obbligo di natura non deontologica, volto a tutelare in via precauzionale la salute pubblica e la sicurezza nell'accesso alle cure sanitarie. La natura dichiarativa e non disciplinare del provvedimento impugnato esclude pertanto in radice l'attribuzione della presente fattispecie alla giurisdizione speciale della CCEPS. Il Collegio osserva che neppure il richiamo effettuato dall'art. 4, comma 4, all'art. 4, comma 4, del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 13 settembre 1946, n. 233, e' idoneo ad attribuire la giurisdizione sull'accertamento dell'inadempimento dell'obbligo vaccinale alla CCEPS, atteso che esso si riferisce alla differente fattispecie dell'inosservanza degli obblighi di comunicazione del suo mancato adempimento alle Federazioni nazionali competenti ed ai datori di lavoro, imposti agli Ordini professionali. 3.3. La natura dichiarativa, espressamente attribuita dalla disposizione all'atto di accertamento dell'inadempimento dell'obbligo vaccinale, non e' idonea ad attribuire la giurisdizione neppure al giudice ordinario. La natura dichiarativa si esaurisce infatti nella funzione di accertamento dell'inadempimento dell'obbligo vaccinale, il quale ha ad oggetto i presupposti dell'esercizio del potere vincolato attribuito agli Ordini professionali, il cui effetto e' quello dell'automatica ed immediata sospensione del professionista iscritto all'Albo dall'esercizio di tutta l'attivita' professionale. L'esercizio del potere amministrativo, a fronte del quale si staglia la situazione soggettiva dell'interesse legittimo, e' pertanto sufficiente, ai sensi dell'art. 7, commi 1 e 4, del codice del processo amministrativo, a radicare la giurisdizione del giudice amministrativo. 3.4. Il Collegio ritiene sussistere anche le condizioni dell'azione di annullamento proposta nel giudizio a quo. La ricorrente, nella qualita' di destinataria dell'atto di accertamento dell'inadempimento dell'obbligo vaccinale e dell'effetto legale ad esso conseguente, e' certamente legittimata ad impugnare il provvedimento di conferma della sospensione dall'esercizio dell'attivita' professionale e la sua annotazione nell'Albo degli psicologi on-line. In virtu' della clausola di chiusura e di salvaguardia «fermo restando quanto previsto dagli articoli 4, 4-bis e 4-ter», contenuta nell'art. 4-quater del decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44, convertito con modificazioni nella legge 28 maggio 2021, n. 76, introdotto dall'art. 1, comma 1, del decreto-legge 7 gennaio 2022, n. 1, la disciplina dell'obbligo vaccinale imposto agli esercenti le professioni sanitarie e' collocata in un rapporto di specialita' rispetto alla disciplina dell'obbligo vaccinale imposto agli altra cinquantenni. Osserva il Collegio che la ricorrente non contesta l'imposizione dell'obbligo vaccinale ne' l'accertamento del suo inadempimento ma solo gli effetti ostativi, automatici e totalizzanti, che ad esso la legge ricollega; essa vanta pertanto un interesse specifico, concreto ed attuale alla decisione del primo e del terzo motivo del ricorso, con i quali ha censurato, nella specifica qualita' di esercente una professione sanitaria, l'irragionevolezza e la sproporzione dell'ampiezza di tale effetto preclusivo. 4. Sempre in tema di rilevanza della questione di legittimita' costituzionale, l'attuale formulazione dell'art. 4, comma 4, dovrebbe indurre il Collegio a rigettare il primo ed il terzo motivo di ricorso poiche' l'Ordine degli psicologi della Lombardia, nell'esercizio del potere vincolato attribuitogli dalla norma, non potrebbe che limitarsi ad accertare l'inadempimento dell'obbligo vaccinale, al quale la legge riconnette l'effetto automatico della sospensione assoluta, sia pure temporanea, dall'esercizio dell'attivita' professionale. Ove invece la Corte costituzionale dovesse dichiarare l'illegittimita' dell'art. 4, comma 4, nella parte in cui preclude al professionista iscritto all'Albo di esercitare anche quelle attivita' che non implicano un contatto fisico o di prossimita' con i pazienti e che comunque non comportano un rischio di diffusione del contagio da Sars-CoV-2, il Collegio dovrebbe invece annullare il provvedimento impugnato per i vizi specificamente dedotti nel primo e nel terzo motivo del ricorso. 4.1. Ai fini della verifica della rilevanza della questione di legittimita' costituzionale, deve infine ritenersi che, in seguito al principio affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza 16 luglio 2014, n. 200, la contestuale pronuncia del giudice remittente sulla misura cautelare non e' idonea a configurare la non attualita' della questione, atteso che, ai sensi dell'art. 55, comma 11, del codice del processo amministrativo, la concessione della misura cautelare determina l'instaurazione della fase del merito del giudizio, senza necessita' di ulteriori adempimenti processuali. 4.2. La questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 4, del decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44, convertito nella legge 28 maggio 2021, n. 76, percome modificato dall'art. 1, comma 1, lettera b), del decreto-legge 26 novembre 2021, n. 172, convertito nella legge 21 gennaio 2022, n. 3, deve dunque ritenersi rilevante nella decisione del presente giudizio, il quale, ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, non puo' essere definito indipendentemente dalla risoluzione della stessa. 5. Il Collegio reputa di non poter percorrere, come espressamente richiesto dalla parte ricorrente, la via dell'interpretazione conforme della norma sospettata di illegittimita' costituzionale, sulla scorta delle medesime argomentazioni espresse da questa Sezione nella sentenza del 17 gennaio 2022, n. 109, in quanto le stesse si riferiscono alla disciplina della sospensione dall'attivita' professionale contenuta nella norma previgente. L'obbligo imposto al giudice remittente di vagliare, prima di sollevare la questione di legittimita' costituzionale, la percorribilita' di tutte le ipotesi ermeneutiche astrattamente possibili per attribuire alla norma un significato non incompatibile con i principi costituzionali incontra infatti il limite invalicabile apposto all'attivita' esegetica, costituito dalla formulazione letterale della disposizione. Con l'espunzione dall'articolato della locuzione «prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o che comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SAR-CoV-2», il legislatore ha esplicitato la chiara volonta' di porre la nuova disciplina in rapporto di discontinuita' con quella precedente e di estromettere percio' il sanitario inadempiente all'obbligo vaccinale dall'esercizio di tutte le attivita' oggetto della professione, le quali devono essere individuate per relationem mediante il rinvio al singolo ordinamento sezionale della professione regolamentata. Per quel che riguarda la professione di psicologo psicoterapeuta, tali attivita' sono tassativamente indicate dall'art. 1 della legge 18 febbraio 1989, n. 56, «Ordinamento della professione di psicologo», nella prevenzione, nella diagnosi, nell'abilitazione-riabilitazione e nel sostegno nonche' nella sperimentazione, nella ricerca e nella didattica che si svolgono nell'ambito psicologico. Il Collegio ritiene percio' che la sopravvenuta modificazione della disciplina legislativa gli precluda in assoluto la possibilita' di adottare interpretazioni restrittive della stessa, le quali si porrebbero in contrasto con la sua formulazione letterale. 6. La questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 4, del decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44, convertito nella legge 28 maggio 2021, n. 76, percome modificato dall'art. 1, comma 1, lettera b), del decreto-legge 26 novembre 2021, n. 172, convertito nella legge 21 gennaio 2022, n. 3, nella parte in cui non limita (piu') la sospensione dall'esercizio dell'attivita' professionale alle «prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o che comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SAR-CoV-2», non si presenta neppure come manifestamente infondata. 6.1. Il Collegio dubita della compatibilita' della disposizione con il principio di ragionevolezza, corollario del principio di eguaglianza sostanziale di cui all'art. 3, comma secondo, della Costituzione, e dunque della razionalita' dell'estensione del divieto di svolgere l'attivita' professionale a tutte le attivita' che richiedono la previa iscrizione nell'albo professionale, incluse quelle che non comportano alcun rischio di diffusione del contagio da Sars-CoV-2, in relazione ai fini primari della tutela della salute pubblica e del mantenimento di «adeguate condizioni di sicurezza nelle prestazioni di cura ed assistenza» durante la situazione epidemica da Sars-CoV-2. Cio' e' tanto piu' evidente nello specifico ambito psicologico, nel quale molte attivita' si prestano ad essere svolte senza contatto fisico con il paziente e con modalita' a distanza mediante l'utilizzo dei comuni strumenti telematici e telefonici. La modalita' di contatto a distanza non solo e' praticabile con successo - analogamente a quanto si verifica nell'ambito dell'istruzione pubblica o privata - per le attivita' di ricerca e di didattica ma rappresenta un metodo relazionale economico, sostenibile, semplice, sicuro ed efficace anche per lo svolgimento delle attivita' di prevenzione, diagnosi, abilitazione, riabilitazione e sostegno in ambito psicologico. 6.2. L'art. 4, comma 4, sembra difettare anche di una intrinseca coerenza logica. Il legislatore, nell'esercizio della sua discrezionalita', puo' aggravare gli effetti dell'accertamento della violazione di un obbligo ma deve comunque individuare degli specifici presupposti che siano idonei a giustificare detto aggravamento. Tali presupposti non risultano individuati, atteso che, rispetto alla disciplina previgente, lo scopo primario che la norma intende perseguire, ossia quello di tutelare la salute pubblica in una situazione emergenziale epidemiologica mediante la garanzia dell'accesso alle cure ed alle prestazioni sanitarie in condizioni di sicurezza, e' rimasto sostanzialmente immutato. 6.3. Il Collegio riscontra un ulteriore possibile profilo di incoerenza interna della disciplina legislativa, nella parte in cui, all'art. 4, comma 7, impone al datare di lavoro di adibire i lavoratori dipendenti, per i quali la vaccinazione sia stata omessa o differita ai sensi del comma 2, «a mansioni anche diverse, senza decurtazione della retribuzione, in modo da evitare il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2». La norma dimostra che un'organizzazione alternativa e temporanea delle modalita' di esercizio della professione sanitaria, che non comporti i paventati rischi di diffusione del contagio da Sars-CoV-2, e' sempre perseguibile in concreto e che, se essa e' utilizzabile nell'ambito del lavoro dipendente, a fortiori puo' esserlo nell'ambito del lavoro autonomo, in cui gli spazi di autonomia e di assunzione del rischio operativo riservati al professionista consentono senz'altro una maggiore flessibilita' nell'esercizio dell'attivita' professionale. Cio' di cui dubita il Collegio e' dunque la congruita' dell'effetto legale della sospensione da qualsivoglia attivita' lavorativa, senza distinzioni di sorta, rispetto alla peculiare situazione di fatto in cui si trova il professionista che, assumendosene il rischio, ha scelto di esercitare in forma autonoma una professione sanitaria. La conservazione dell'attuale formulazione dell'art. 4, comma 4, finirebbe dunque per creare un'ingiustificata ed eccessiva penalizzazione di quei professionisti che, pur senza incorrere in violazioni disciplinari o penali, subiscono la perdita temporanea di un requisito per l'esercizio della professione, introdotto in via di urgenza dalla disciplina emergenziale ed in una fase successiva alla loro ammissione nell'ordinamento sezionale professionale. 7. Il Collegio dubita altresi' della compatibilita' della disposizione dell'art. 4, comma 4, con il principio di proporzionalita' di cui all'art. 3 della Costituzione, sia sotto il profilo dell'adeguatezza della limitazione automatica e totale imposta all'esercizio della professione sanitaria, rispetto al fine di interesse pubblico ad essa sotteso, sia con riferimento all'esito della valutazione comparativa tra i costi ed i benefici dalla stessa ritraibili. 7.1. L'effetto automaticamente ed integralmente preclusivo dello svolgimento dell'attivita' professionale, previsto per i sanitari che sono iscritti nell'albo professionale, non pare giustificato dalla qualificazione della vaccinazione quale «requisito essenziale per l'esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative dei soggetti obbligati», le cui conseguenze sono sproporzionate rispetto a quelle contemplate dall'art. 4, comma 6, che qualifica la vaccinazione come «requisito ai fini dell'iscrizione» per la prima volta negli albi degli Ordini professionali territoriali. Applicare il medesimo trattamento inibitorio sia al sanitario non vaccinato al quale si nega l'immissione nell'ordinamento sezionale mediante la prima iscrizione nell'albo professionale che al sanitario non vaccinato gia' iscritto all'albo significa infatti non tenere in adeguata considerazione la differente situazione di quest'ultimo, il quale, proprio in virtu' dell'iscrizione all'albo, ha maturato il legittimo affidamento al mantenimento della stessa, ove non incorra in violazioni penali o disciplinari. L'attuale formulazione della norma rischia pertanto di creare un'irragionevole parita' di trattamento a fronte di situazioni francamente disomogenee. Il mero differimento della prima iscrizione nell'albo, per il termine di sei mesi a decorrere dal ... , e' infatti un sacrificio tollerabile rispetto ai fini pubblici da perseguire. Diversamente, la sospensione totale dall'attivita', per il medesimo termine semestrale, del libero professionista iscritto all'albo rischia di determinare effetti pregiudizievoli, potenzialmente irreversibili, sull'avviamento professionale, quali la perdita della clientela e delle relazioni professionali nonche' l'improvvisa cassazione del flusso reddituale, sul quale il professionista deve poter fare affidamento non solo per il sostentamento personale e familiare ma anche per mantenere integra l'organizzazione professionale di cui si e' dotato. A tal proposito, occorre ricordare che, ai sensi dell'art. 2231 del codice civile, il contratto stipulato con il professionista che non sia iscritto all'albo e' nullo e non gli conferisce alcuna azione per il pagamento della retribuzione, neppure quella sussidiaria di cui all'art. 2041 del codice civile. Come evidenziato dall'Ordine resistente nel provvedimento del ... , l'esercizio della professione da parte del professionista sospeso dall'albo integra poi il fatto tipico del delitto di esercizio abusivo della professione, previsto e punito dall'art. 348 del codice penale. Effetti pregiudizievoli, anche questi potenzialmente irreversibili, sono ravvisabili anche in relazione all'esigenza dei pazienti di non vanificare l'efficacia del percorso psicologico intrapreso con un determinato professionista, la quale presuppone la coltivazione costante di un rapporto fiduciario tra lo psicologo e la persona che domanda sostegno psicologico, oggetto di una prestazione sanitaria non fungibile. 7.2. Il sacrificio totale, sia pure temporaneo, imposto agli interessi antagonisti dei professionisti lavoratori autonomi e dei pazienti sembra dunque non proporzionato al fine di tutela della salute pubblica mediante l'erogazione delle prestazioni sanitarie in condizioni di sicurezza, in quanto l'esito del bilanciamento dei rilevantissimi interessi coinvolti, effettuato dal legislatore nell'esercizio dell'ampia discrezionalita' politica, conduce ad un risultato implausibile. La scelta legislativa di apporre una preclusione assoluta allo svolgimento dell'attivita' professionale svolta in forma autonoma sembra infatti essere andata di gran lunga oltre il necessario per conseguire l'obiettivo di tutela prefigurato dalla norma, il quale avrebbe potuto essere realizzato, con pari efficacia, anche con il piu' mite divieto di intrattenere contatti di prossimita' con il paziente o dai quali derivi comunque un rischio concreto di diffusione del contagio da Sars-CoV-2. 7.3. Il divieto assoluto di svolgere l'attivita' professionale, imposto ai professionisti che la esercitano in forma autonoma, non sembra pertanto costituire il mezzo piu' adeguato per garantire il contestuale parziale soddisfacimento dell'interesse del professionista a svolgere l'attivita' lavorativa ricompresa nell'ambito settoriale di riferimento, tutelato dagli articoli 1, 2, 4, 35, comma primo e 36, comma primo della Costituzione, quale mezzo di esplicazione della propria personalita' e di sostentamento personale e familiare, nonche' dell'interesse dei pazienti alla continuita' dell'erogazione delle prestazioni sanitarie in condizioni di sicurezza, tutelato dall'art. 32, comma primo, della Costituzione, i quali rappresentano valori fondamentali, di cui il legislatore avrebbe dovuto tenere adeguata considerazione, imponendone il sacrificio totale - ancorche' temporaneo - quale extrema ratio, ovvero solo ove non fosse stato possibile individuare una soluzione alternativa meno gravosa. 7.4. Il Collegio ritiene che la temporaneita' della misura interdittiva adottata dal legislatore non sia idonea, di per se', a giustificare il sacrificio totale degli interessi antagonisti, atteso che lo stesso e' potenzialmente in grado di produrre effetti gravemente pregiudizievoli, a volte irreversibili. La non prevedibilita' della durata della situazione epidemica preclude inoltre ai professionisti ed ai pazienti di calcolare con un sufficiente grado di approssimazione l'entita' del sacrificio richiesto e di predisporre le adeguate misure per ammortizzarne gli effetti pregiudizievoli. 8. In conclusione, il Collegio ritiene rilevante nel presente giudizio e non manifestamente infondata, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 4, del decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44, convertito nella legge 28 maggio 2021, n. 76, per come sostituito dall'art. 1, comma 1, lettera b), del decreto-legge 26 novembre 2021, n. 172, convertito nella legge 21 gennaio 2022, n. 3, nella parte in cui non limita (piu') la sospensione dall'esercizio dell'attivita' professionale alle «prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o che comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SAR-CoV-2», per contrasto con i principi di ragionevolezza e di proporzionalita', di cui all'art. 3 della Costituzione, anche in riferimento alla violazione degli articoli 1, 2, 4, 32, comma primo, 35, comma primo, e 36, comma primo, della Costituzione. 9. Il Collegio, in virtu' della natura «dichiarativa», attribuita dalla disposizione all'atto di accertamento dell'inadempimento dell'obbligo vaccinale, esclude che sia configurabile la violazione dell'art. 25, comma secondo, della Costituzione, per come integrato dall'art. 7 della CEDU, prospettata dalla ricorrente, il quale attiene alle garanzie applicabili al diritto sanzionatorio. Il Collegio ritiene parimenti infondata la prospettata violazione dell'art. 77 della Costituzione, atteso che non si configura l'abuso dello strumento del decreto-legge per apportare modificazioni ad una disciplina emergenziale, in ragione dell'urgenza e della straordinarieta' dell'intervento, determinate dalla temporaneita' dei suoi effetti e dalla fluidita' della situazione epidemica. 10. Ai sensi dell'art. 23, comma 2, della legge 11 marzo 1953, n. 87, deve essere pertanto disposta la immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per la decisione della questione di legittimita' costituzionale sollevata con la presente ordinanza. Deve essere altresi' disposta la sospensione del presente giudizio sino alla definizione del giudizio incidentale sulla questione di legittimita' costituzionale. Devono essere infine ordinati gli adempimenti di notificazione e di comunicazione della presente ordinanza, nei modi e nei termini indicati nel dispositivo.
P.Q.M. Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia (Sezione prima) dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 4, del decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44, convertito nella legge 28 maggio 2021, n. 76, per come modificato dall'art. 1, comma 1, lettera b), del decreto-legge 26 novembre 2021, n. 172, convertito nella legge 21 gennaio 2022, n. 3, nella parte in cui non limita, come previsto nella disciplina previgente, la sospensione dall'esercizio dell'attivita' professionale alle «prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o che comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SAR-CoV-2», per contrasto con i principi di ragionevolezza e di proporzionalita' di cui all'art. 3 della Costituzione, anche con riferimento alla violazione degli articoli 1, 2, 4, 32, comma primo, 35, comma primo, e 36, comma primo, della Costituzione, e ne rimette la decisione alla Corte costituzionale. Dispone la sospensione del presente giudizio e l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Ordina che la presente ordinanza sia notificata, a cura della Segreteria, alle parti del presente giudizio e al Presidente del Consiglio dei ministri. Manda altresi' alla Segreteria di comunicare la presente ordinanza al Presidente della Camera dei deputati e al Presidente del Senato della Repubblica. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e all'art. 9, paragrafi 1 e 4, del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 e all'art. 2-septies del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all'oscuramento delle generalita' nonche' di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute della parte ricorrente o di persone comunque ivi citate. Cosi' deciso in Milano nella Camera di consiglio del giorno 9 febbraio 2022 con l'intervento dei magistrati: Domenico Giordano, Presidente; Mauro Gatti, consigliere; Rosanna Perilli, referendario, estensore. Il Presidente: Giordano L'estensore: Perilli