N. 31 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 17 maggio 2022
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 17 maggio 2022 (del Presidente del Consiglio dei ministri) . Energia - Impianti alimentati da fonti rinnovabili - Norme della Regione Abruzzo - Sostituzione dell'art. 4 della legge regionale n. 8 del 2021 - Regime abilitativo - Disposizioni urgenti per l'individuazione di aree inidonee all'installazione di impianti da fonti rinnovabili - Riconoscimento ai Comuni della possibilita' di individuare, con deliberazione da adottare entro il 31 maggio 2022, le zone del territorio comunale inidonee all'installazione degli impianti limitatamente alle zone agricole caratterizzate da produzioni agro-alimentari di qualita'. - Legge della Regione Abruzzo 11 marzo 2022, n. 5 (Disposizioni per l'attuazione del principio di leale collaborazione ed ulteriori disposizioni), art. 19.(GU n.22 del 1-6-2022 )
Ricorso ex art. 127 costituzione per il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso ex-lege, dall'Avvocatura generale dello Stato, (codice fiscale 80224030587), per il ricevimento degli atti fax 06-96514000 e PEC: ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it presso i cui uffici in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12 domicilia nei confronti della Regione Abruzzo, in persona del Presidente p.t. per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale della legge Regionale 11 marzo 2022 n. 5, avente ad oggetto «Disposizioni per l'attuazione del principio di leale collaborazione ed ulteriori disposizioni» limitatamente all'art. 19, pubblicata sul BUR n. 26 del 18 marzo 2022, giusta delibera consiliare del 5 maggio 2022. Il Consiglio regionale della Regione Abruzzo ha approvato ed emanato in data 11 marzo 2022 la legge n. 5 recante «Disposizioni per l'attuazione del principio di leale collaborazione ed ulteriori disposizioni» che modifica e integra numerose leggi regionali in molteplici settori. La suddetta legge regionale e' censurabile limitatamente all'art. 19. Ed invero, la norma in questione si pone in netto contrasto con l'art. 117, terzo comma della Costituzione e, nello specifico, con i principi fondamentali posti dallo Stato nella materia di legislazione concorrente «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia». La medesima disposizione, inoltre, si pone in contrasto con norme statali di recepimento di direttive europee in materia energetica, e viola anche l'art. 117, primo comma, della Costituzione. Orbene, detto art. 19 e' incostituzionale per i seguenti Motivi I - Violazione articoli 117, III comma, Costituzione (art. 12 decreto legislativo n. 387 del 2003, art. 17 decreto ministeriale 10 settembre 2010). E' da premettere che l'odierna norma qui censurata interviene in merito alla legge regionale n. 8 del 23 aprile 2021 riguardante la esternalizzazione del servizio gestione degli archivi dei Geni Civili regionali e ulteriori disposizioni, sostituendone l'art. 4, recante «Disposizioni urgenti per individuazione aree inidonee all'installazione di impianti da fonti rinnovabili». Si rappresenta che l'anzidetto art. 4 e' gia' stato impugnato innanzi alla Corte costituzionale con delibera del Consiglio dei ministri del 17 giugno 2021 e dichiarato costituzionalmente illegittimo con sentenza n. 77 del 2022. L'art. 4, comma 2, e' stato poi modificato dall'art. 16, comma 1, della legge regionale 11 gennaio 2022, n. 1, anch'esso impugnato dal Consiglio dei ministri con successiva delibera del 1° marzo 2022, per il quale e' pendente il ricorso innanzi a codesta Ecc.ma Corte costituzionale. L'originaria formulazione e' stata dichiarata costituzionalmente illegittima perche' contrastante con le esigenze di semplificazione e di celerita' che contraddistinguono il procedimento per il rilascio delle autorizzazioni per la costruzione e l'esercizio degli impianti da fonti rinnovabili. Testualmente la norma cosi' disponeva: «1. Nelle more dell'individuazione invia amministrativa delle aree e dei siti inidonei all'installazione di specifici impianti da fonti rinnovabili, cosi' come previsto dal decreto ministeriale 10 settembre, 2010 (linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili), sono sospese le installazioni non ancora autorizzate di impianti di produzione di energia eolica di ogni tipologia, le grandi installazioni di fotovoltaico posizionato a terra e di impianti per il trattamento dei rifiuti, inclusi quelli soggetti ad edilizia libera, nelle zone agricole caratterizzate da produzioni agroalimentari di qualita' (produzioni biologiche, produzioni D.O.P., LG.P., S.T.G., D.O.C., D.O.C.G., produzioni tradizionali) e/o di particolare pregio rispetto al contesto paesaggistico-culturale, al fine di non compromettere o interferire negativamente con la valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali e del paesaggio rurale. La giunta regionale e' tenuta a proporre al Consiglio regionale lo strumento di pianificazione di cui al comma 1, ai sensi del decreto ministeriale 10 settembre 2010 (Linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili), entro e non oltre il 31 dicembre 2021. Qualora la Giunta non adempia a quanto stabilito dal comma 2, cessano le sospensioni di cui al comma I». L'art. 16 della legge regionale n. 1 del 2022 ha prorogato il termine previsto dal secondo comma dell'art. 4 spostandolo dal 31 dicembre 2021 al 30 giugno 2022, mentre l'art. 19 della legge n. 5 del 2022 sostituisce l'intero articolo, la cui attuale formulazione risulta quindi la seguente: «1. I Comuni, con deliberazione del consiglio comunale da adottare entro e non oltre il 31 maggio 2022, possono individuare le zone del territorio comunale inidonee all'installazione degli impianti da fonti rinnovabili limitatamente alle zone agricole caratterizzate da produzioni agro-alimentari di qualita' (produzioni biologiche, produzioni D.O.P., I.G.P., S.T.G., D.O.C., D.O.C.G., produzioni tradizionali) e/o di particolare pregio rispetto al contesto paesaggistico-culturale, al fine di non compromettere o interferire negativamente con la valorizzazione del paesaggio rurale e delle tradizioni agroalimentari 2. Decorso il termine previsto dal comma 1, non possono essere posti limiti ulteriori alla facolta' autorizzatoria della Regione in materia». Tutto cio' premesso, l'art. 19 della legge regionale 11 marzo 2022, n. 5 risulta censurabile per violazione degli 117, commi 1 e 3. Riguardo al comma 1 dell'art. 117 Cost. si osserva quanto segue. La disposizione in esame attiene al regime abilitativo degli impianti di energia da fonti rinnovabili e, pertanto, coinvolge la materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia», che l'art. 117, terzo comma, Cost. affida alla legislazione concorrente di Stato e Regioni. In tale ambito, per costante giurisprudenza di codesta Ecc. ma Corte Costituzionale, le Regioni sono tenute a rispettare i principi fondamentali previsti dal legislatore statale (Corte cost. n. 11 del 2022, n. 177 del 2021). I suddetti principi, che non tollerano eccezioni sull'intero territorio nazionale (da ultimo, Corte costituzionale sentenza n. 126/2020), sono in buona parte contenuti nel decreto legislativo n. 387 del 2003, recante «Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricita'» costituente parametro statale interposto. A loro volta tali principi rientrano nell'ambito previsionale di cui all'art. 12 (ex-multis sentenze Corte costituzionale n. 11 del 2022, n. 177 del 2021 e n. 106 del 2020), norma interposta alla stregua dell'insegnamento di Codesta Ecc. ma Corte costituzionale (decisioni nn. 166/2014 e 298/2013). I tratti essenziali della disciplina disposta dall' art. 12 si possono sintetizzare nell'obiettivo di razionalizzare e di semplificare le procedure autorizzative per la costruzione e per l'esercizio degli impianti di produzione di energia alimentati da fonti rinnovabili. Di regola, e' previsto il rilascio di un'autorizzazione unica da parte della Regione o delle Province delegate da quest'ultima oppure, nel caso di impianti di potenza particolarmente elevata, del Ministero dello sviluppo economico. Il comma 4, in particolare, dispone che l'autorizzazione e' «rilasciata a seguito di un procedimento unico, al quale partecipano tutte le amministrazioni interessate, svolto nel rispetto dei principi di semplificazione e con le modalita' stabilite dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni e integrazioni». Il comma 7 precisa, altresi', che gli impianti in questione possano «essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici» e che, in tal caso, «nell'ubicazione si dovra' tenere conto delle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo, con particolare riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, alla tutela della biodiversita', cosi' come del patrimonio culturale e del paesaggio rurale di cui alla legge 5 marzo 2001, n. 57, articoli 7 e 8, nonche' del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, art. 14». Nel disciplinare, difatti, l'installazione di detti impianti attraverso un procedimento che si conclude con il rilascio di un'autorizzazione unica (commi 3 e 4), la citata norma interposta «reca un principio fondamentale vincolante per il legislatore regionale» (sentenze n. 224 del 2012, n. 192 del 2011, n. 124 del 2010 e n. 282 del 2009) essendo, inoltre, «ispirata a canoni di semplificazione» ed, in quanto tale, «finalizzata a rendere piu' rapida la costruzione degli impianti di produzione di energia alternativa» (Corte Costituzionale sentenza n. 344 del 2010). La medesima natura di «principi fondamentali» e' stata, altresi', riconosciuta anche alle Linee guida previste dall'art. 12, comma 10, del decreto legislativo n. 387 del 2003, emanate con il decreto ministeriale 10 settembre 2010 al fine di disciplinare nel dettaglio lo svolgimento del procedimento autorizzativo unico: esse costituiscono «necessaria integrazione delle previsioni contenute nell'art. 12» del medesimo decreto legislativo (Corte Cost. sentenza n. 275 del 2012). L'adozione delle Linee guida «e' informata al principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni» e, dunque, al contemperamento dei rispettivi interessi, in quanto i diversi livelli di Governo devono cooperare fra loro, nonostante la diversita' di funzione e struttura, considerato che appartengono pur sempre al medesimo ordinamento (Corte costituzionale sentenza n. 308 del 2011). Il comma 10 dell'art. 12 del decreto legislativo n. 387 del 2003, infatti, prevede che «in Conferenza unificata, su proposta del Ministro delle attivita' produttive, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del Ministro per i beni e le attivita' culturali, si approvano le linee guida per lo svolgimento del procedimento». Ne consegue che le suddette linee guida sono vincolanti nei confronti delle Regioni, considerato che «costituiscono, in settori squisitamente tecnici, il completamento della normativa primaria» (Corte costituzionale sentenza n. 86 del 2019). Indicano, invero, puntuali modalita' attuative della legge statale e presentano «natura inderogabile e devono essere applicate in modo uniforme in tutto il territorio nazionale» (Corte costituzionale sentenze n. 286 e n. 86 del 2019, n. 69 del 2018; Corte costituzionale sentenza n. 106 del 2020, Corte costituzionale sentenza n. 177 del 2021 e, in senso analogo, Corte costituzionale sentenze n. 11 del 2022 e n. 46 del 2021, come richiamate da ultimo nella sentenza n. 77 del 2022). In particolare, l'art. 17.1 delle linee guida stabilisce che, al precipuo «fine di accelerare l'iter di autorizzazione alla costruzione e all'esercizio degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, in attuazione delle disposizioni delle presenti linee guida, le Regioni e le Province autonome possono procedere alla indicazione di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche di specifiche tipologie di impianti secondo le modalita' di cui al presente punto e sulla base dei criteri di cui all'allegato 3». Ed invero, prosegue l'art. 17.1, le Regioni, «attraverso un'apposita istruttoria avente ad oggetto la ricognizione delle disposizioni volte alla tutela dell'ambiente, del paesaggio, del patrimonio storico e artistico, delle tradizioni agroalimentari locali, della biodiversita' e del paesaggio rurale che identificano obiettivi di protezione non compatibili con l'insediamento, in determinate aree, di specifiche tipologie e/o dimensioni di impianti», individuano le aree e le zone reputate non idonee, al fine di segnalare, proprio nella prospettiva dell'accelerazione, «una elevata probabilita' di esito negativo delle valutazioni, in sede di autorizzazione», fermo restando che in questa sede deve effettuarsi la valutazione definitiva e decisiva». Ne consegue che l'individuazione di aree o zone non idonee opera, dunque, solo una «valutazione di «primo livello»», con precipua finalita' acceleratorie, spettando poi al procedimento di autorizzazione il compito di verificare «se l'impianto cosi' come effettivamente progettato, considerati i vincoli insistenti sull'area, possa essere realizzabile» (cosi' Corte costituzionale sentenza n. 177 del 2021 e Corte costituzionale sentenza n. 11 del 2022). Non solo: l'allegato 3 (paragrafo 17) «Criteri per l'individuazione di aree non idonee» al medesimo decreto ministeriale prevede che: «L'individuazione delle aree non idonee dovra' essere effettuata dalle Regioni con propri provvedimenti tenendo conto dei pertinenti strumenti di pianificazione ambientale, territoriale e paesaggistica, secondo le modalita' indicate al paragrafo 17 e sulla base dei seguenti principi e criteri». Cio' posto, alla luce di quanto dedotto ed eccepito, la norma regionale che qui si censura, si ritiene sia inequivocabilmente in contrasto con la disciplina dettata dal decreto legislativo n. 387/2003 ed, in particolare, con il sopra descritto quadro regolatorio rinvenibile nel citato art. 12 e nelle linee guida che ne costituiscono attuazione. E' evidente che la normativa de qua non prevede una funzione del Comune in tema di ubicazione di impianti di energia rinnovabile, anche «delegata» da parte della Regione, con la conseguente esclusione della possibilita' per il Comune medesimo di utilizzare lo strumento urbanistico generale al fine di condizionare siffatti profili regolatori. Al contrario, il quadro regolatorio di riferimento demanda solo ed esclusivamente alla Regione, e non anche ai Comuni, l'individuazione delle aree non idonee all'installazione di impianti da fonti rinnovabili. Cio' non impedisce, peraltro, che la suddetta individuazione possa essere svolta sulla base di attivita' istruttorie e di proposte formulate dai Comuni stessi. Si osserva altresi', che nell'ambito del Piano nazionale integrato per l'energia e il clima (PNIEC), e' previsto, nella questione de qua, di demandare alle Regioni, sulla base di criteri previamente prestabiliti e condivisi, l'individuazione delle aree idonee e non idonee per la localizzazione di impianti da fonti rinnovabili, in coerenza con l'impianto normativo. A tali fini, particolare rilievo e' stato attribuito all'individuazione delle aree adatte alla realizzazione degli impianti nonche' alla condivisione degli obiettivi nazionali con le regioni, da perseguire proprio attraverso la definizione di un quadro regolatorio nazionale. Quest'ultimo, in coerenza con le esigenze di tutela delle aree agricole e forestali, del patrimonio culturale e del paesaggio, della qualita' dell'aria e dei corpi idrici, individua i criteri (previamente condivisi con il livello regionale) sulla cui base le Regioni stesse procedono alla definizione delle superfici e delle aree idonee e non idonee per l'installazione di impianti da fonti rinnovabili. Peraltro, in tale contesto si colloca coerentemente anche il quadro previsionale recentemente varato col decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199, recante «Attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2018, relativo alla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili». Ed invero, l'art. 20, sotto la rubrica «Disciplina per l'individuazione di superfici e aree idonee per l'installazione di impianti a fonti rinnovabili», dispone, in particolare, che «con successivi decreti del Ministro della transizione ecologica, di concerto con il Ministro della cultura e il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, previa intesa in sede di Conferenza unificata, vengano dettati i criteri e principi per l'individuazione delle aree idonee all'installazione della potenza eolica e fotovoltaica indicata nel PNIEC cui devono conformarsi le Regioni nell'attivita' legislativa di individuazione delle aree idonee medesime». Alla luce di quanto su esposto, l'art. 19 della legge regionale Abruzzo n. 5 del 2022 si pone in evidente e aperto contrasto con i principi fondamentali della materia che, in estrema sintesi, prevede la celere conclusione delle procedure di autorizzazione e di massima diffusione degli impianti da fonti di energia rinnovabili. Pertanto, con il presente motivo 'viene dedotta, la violazione del principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni riconducibile all'art. 117, terzo comma, Cost., in quanto la norma impugnata costituisce il risultato di una scelta assunta unilateralmente dalla Regione, al di fuori del percorso condiviso con lo Stato. Il principio di leale collaborazione, alla luce della giurisprudenza di codesta Ecc. ma Corte costituzionale, e' volto ad attenuare i dualismi e ad evitare eccessivi irrigidimenti, ed impone alle parti che sottoscrivono un accordo ufficiale, in una sede istituzionale, di rispettare l'impegno assunto (sentenza n. 31 del 2006). Per i motivi sopra esposti si chiede che codesta Ecc. ma Corte costituzionale dichiari la illegittimita' costituzionale dell'art. 19 della legge regionale n. 5 del 2022 della Regione Abruzzo II - Violazione articoli 117, I comma, Costituzione (art. 6 direttiva 2001/77/CE, art. 13 della direttiva n. 2009/28/CE) Si deduce altresi' il contrasto dell'art. 19 impugnato con gli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea ed in particolare con l'art. 6 della direttiva 2001/77/CE e con l'art. 13 della direttiva n. 2009/287CE. La norma regionale risulta infatti non solo in contrasto con l'art. 117, terzo comma della Costituzione, con riferimento alla materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia», ma viola altresi' l'art. 117, primo comma, della Costituzione, che impone anche alle regioni il rispetto del diritto europeo nell'esercizio della propria competenza legislativa, considerato che le richiamate disposizioni statale costituiscono recepimento di direttive europee in materia energetica. Invero, si censura l'art. 19 innanzitutto per contrasto con la direttiva 2001/77/CE ed in particolare con l'art. 6, il quale regolamenta le procedure amministrative. I principi evidenziati nel motivo n. 1 sono, come sopra esposto, al contempo attuativi di direttive dell'Unione europea e riflettono altresi' impegni internazionali volti a favorire l'energia prodotta da fonti rinnovabili (Corte costituzionale sentenza n. 286 del 2019), risorse irrinunciabili al fine di contrastare i cambiamenti climatici. L'assenza, nel contesto dei detti principi, si traduce in un ingiustificato aggravio per la realizzazione e l'esercizio degli impianti, in contrasto con il principio di massima diffusione delle fonti di energia rinnovabili. Come sopra piu' volte evidenziato, la disciplina sulla celere conclusione delle procedure di autorizzazione e di massima diffusione degli impianti da fonti di energia rinnovabili, e' riconducibile alla materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia», i cui principi fondamentali, vincolanti per il legislatore regionale, si desumono dalle linee guida contenute nel decreto ministeriale 10 settembre 2010, adottato in attuazione dell'art. 12, comma 10, del decreto legislativo n. 387 del 2003, nonche' dal decreto legislativo n. 28 del 2011. Tale normativa e' senza dubbio alcuno ispirata, nel suo insieme, al principio fondamentale di massima diffusione delle fonti di energia rinnovabili, in conformita' proprio con la normativa dell'Unione europea. Non a caso, il percorso di regolamentazione settoriale a carattere eurounitario relativo alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili nel mercato interno dell'elettricita' e' stato avviato dalla menzionata direttiva 2001/77/CE, cui e' stata data attuazione, come detto, con il decreto legislativo n. 387 del 2003, per poi essere ulteriormente sviluppato ed ampliato attraverso la direttiva 2009/28/CE, sostitutiva della precedente, che ha ricevuto attuazione con il decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28 (Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE). L'anzidetta normativa europea, cosi' come strutturata, da un lato esige che la procedura amministrativa sia improntata a canoni di semplificazione e rapidita', esigenza soddisfatta dal procedimento di autorizzazione unica e, dall'altro, richiede che, in tale contesto, confluiscano, per essere ponderati, gli interessi correlati alla tipologia di impianto. Tali interessi sono, nella ipotesi degli impianti energetici da fonte eolica, proprio quelli, potenzialmente confliggenti, della tutela delle aree agricole nonche' del territorio nella dimensione paesaggistica. Occorre aggiungere che il richiamato principio fondamentale sancito dall'art. 12, comma 4, del decreto legislativo n. 387 del 2003, attuativo dell'art. 13 della direttiva n. 2009/28/CE, secondo cui «[g]li Stati membri assicurano che le norme nazionali in materia di procedure di autorizzazione [...] applicabili agli impianti [...] per la produzione di elettricita' [...] a partire da fonti energetiche rinnovabili ... siano proporzionate e necessarie. Gli Stati membri prendono in particolare le misure appropriate per assicurare che: [...] c) le procedure amministrative siano semplificate e accelerate al livello amministrativo adeguato [...]», risulta attualmente ripreso e confermato dall'art. 15 della direttiva 2018/2001/UE. A tenore di quest'ultima disposizione, gli Stati membri sono tenuti ad adottare misure appropriate al fine di assicurare che siano previste procedure di autorizzazione semplificate e meno gravose per la produzione e lo stoccaggio di energia da fonti rinnovabili. Ne consegue che la disposizione regionale qui censurata risulta contrastare anche con detta disposizione sovranazionale e, per suo tramite, con l'art. 117, primo comma, Cost., il quale impone alle Regioni di esercitare la potesta' legislativa anche nel rispetto dei vincoli comunitari. In tale contesto, si richiama la sentenza del 26 luglio 2018, n. 177, con cui codesta Ecc. ma Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimita' dell'art. 15, comma 3, della legge Regione Campania n. 6/2016. Nell'ambito della citata pronuncia codesta Corte rileva il contrasto della norma impugnata con l'art. 117, primo comma, Cost., anche per il sostanziale contrasto con la prescrizione dell'art. 13 della direttiva 2009/28/CE. Rileva altresi', che «la normativa comunitaria promuove [...] il maggiore ricorso all'energia da fonti rinnovabili, espressamente collegandolo alla necessita' di ridurre le emissioni di gas ad effetto serra, e dunque anche al rispetto del protocollo di Kyoto della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, in una prospettiva di modifica radicale della politica energetica dell'Unione. [..]. In una diversa, non meno importante, direzione, la normativa comunitaria ha richiesto agli Stati membri di semplificare i procedimenti autorizzatori» (sentenza n. 275 del 2012). Infine, nel caso de quo, risulta ictu oculi che, per effetto della norma qui censurata, la condizione stabilita dal legislatore regionale puo' addirittura precludere in assoluto la realizzazione degli impianti, proprio perche' non e' prevista l'applicabilita' del regime dell'autorizzazione unica. Per i motivi esposti, limitatamente alla disposizione di cui all'art. 19, si impugna la legge regionale ai sensi dell'art. 127 della Costituzione anche in relazione all'art. 117 comma 1 Cost. e si chiede che ne venga dichiarata la illegittimita' costituzionale.
P.Q.M. Per tutte le esposte ragioni la Presidenza del Consiglio dei ministri, come in epigrafe rappresentata e difesa chiede che la Ecc.ma Corte costituzionale voglia accogliere il presente ricorso statuendo l'incostituzionalita' dell'art. 19 della legge regionale n. 5/2022. Si deposita l'attestazione del deliberato consiliare in data 5 maggio 2022. Roma, 13 maggio 2022 L'Avvocato dello Stato: Lumetti Il Vice Avvocato generale dello Stato: Figliola