N. 31 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 17 maggio 2022

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 17 maggio  2022  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri) . 
 
Energia - Impianti alimentati da  fonti  rinnovabili  -  Norme  della
  Regione Abruzzo - Sostituzione dell'art. 4 della legge regionale n.
  8  del  2021  -  Regime  abilitativo  -  Disposizioni  urgenti  per
  l'individuazione di aree inidonee all'installazione di impianti  da
  fonti rinnovabili - Riconoscimento ai Comuni della possibilita'  di
  individuare, con deliberazione da adottare entro il 31 maggio 2022,
  le zone del territorio comunale  inidonee  all'installazione  degli
  impianti  limitatamente  alle  zone  agricole   caratterizzate   da
  produzioni agro-alimentari di qualita'. 
- Legge della Regione Abruzzo 11 marzo 2022, n. 5  (Disposizioni  per
  l'attuazione del principio di  leale  collaborazione  ed  ulteriori
  disposizioni), art. 19. 
(GU n.22 del 1-6-2022 )
     Ricorso ex art. 127 costituzione per il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   ex-lege,   dall'Avvocatura
generale  dello   Stato,   (codice   fiscale 80224030587),   per   il
ricevimento     degli     atti     fax     06-96514000     e     PEC:
ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it presso i cui uffici in Roma,  alla
via dei Portoghesi  n.  12  domicilia  nei  confronti  della  Regione
Abruzzo, in persona del  Presidente  p.t.  per  la  dichiarazione  di
illegittimita' costituzionale della legge Regionale 11 marzo 2022  n.
5, avente ad oggetto «Disposizioni per l'attuazione del principio  di
leale  collaborazione  ed   ulteriori   disposizioni»   limitatamente
all'art. 19, pubblicata sul BUR n.  26  del  18  marzo  2022,  giusta
delibera consiliare del 5 maggio 2022. 
    Il Consiglio regionale della  Regione  Abruzzo  ha  approvato  ed
emanato in data 11 marzo 2022 la legge n. 5 recante «Disposizioni per
l'attuazione del  principio  di  leale  collaborazione  ed  ulteriori
disposizioni» che modifica e  integra  numerose  leggi  regionali  in
molteplici settori. 
    La suddetta legge regionale e' censurabile limitatamente all'art.
19. 
    Ed invero, la norma in questione si pone in netto  contrasto  con
l'art. 117, terzo comma della Costituzione e, nello specifico, con  i
principi fondamentali posti dallo Stato nella materia di legislazione
concorrente  «produzione,   trasporto   e   distribuzione   nazionale
dell'energia». 
    La medesima disposizione, inoltre, si pone in contrasto con norme
statali di recepimento di direttive europee in materia energetica,  e
viola anche l'art. 117, primo comma, della Costituzione. 
    Orbene, detto art. 19 e' incostituzionale per i seguenti 
 
                               Motivi 
 
I - Violazione articoli 117, III comma, Costituzione (art. 12 decreto
legislativo  n.  387  del  2003,  art.  17  decreto  ministeriale  10
settembre 2010). 
    E' da premettere che l'odierna norma qui censurata interviene  in
merito alla legge regionale n. 8 del 23 aprile  2021  riguardante  la
esternalizzazione del servizio gestione degli archivi dei Geni Civili
regionali e ulteriori disposizioni, sostituendone l'art.  4,  recante
«Disposizioni    urgenti    per    individuazione    aree    inidonee
all'installazione di impianti da fonti rinnovabili». 
    Si rappresenta che l'anzidetto art. 4  e'  gia'  stato  impugnato
innanzi alla Corte costituzionale  con  delibera  del  Consiglio  dei
ministri  del  17  giugno  2021   e   dichiarato   costituzionalmente
illegittimo con sentenza n. 77 del 2022. 
    L'art. 4, comma 2, e' stato poi modificato dall'art. 16, comma 1,
della legge regionale 11 gennaio 2022, n. 1, anch'esso impugnato  dal
Consiglio dei ministri con successiva delibera del 1° marzo 2022, per
il quale e' pendente  il  ricorso  innanzi  a  codesta  Ecc.ma  Corte
costituzionale. 
    L'originaria formulazione e' stata dichiarata  costituzionalmente
illegittima perche' contrastante con le esigenze di semplificazione e
di celerita' che contraddistinguono il procedimento per  il  rilascio
delle autorizzazioni per la costruzione e l'esercizio degli  impianti
da fonti rinnovabili. 
    Testualmente la norma cosi' disponeva: 
      «1. Nelle more dell'individuazione invia  amministrativa  delle
aree e dei siti inidonei all'installazione di specifici  impianti  da
fonti rinnovabili, cosi' come previsto dal  decreto  ministeriale  10
settembre, 2010 (linee  guida  per  l'autorizzazione  degli  impianti
alimentati da fonti rinnovabili), sono sospese le  installazioni  non
ancora autorizzate di impianti di produzione  di  energia  eolica  di
ogni tipologia, le grandi installazioni di fotovoltaico posizionato a
terra e di impianti per il trattamento dei  rifiuti,  inclusi  quelli
soggetti ad edilizia libera, nelle zone  agricole  caratterizzate  da
produzioni  agroalimentari  di   qualita'   (produzioni   biologiche,
produzioni  D.O.P.,  LG.P.,  S.T.G.,  D.O.C.,  D.O.C.G.,   produzioni
tradizionali)  e/o  di  particolare  pregio  rispetto   al   contesto
paesaggistico-culturale, al fine di non compromettere  o  interferire
negativamente con la valorizzazione delle  tradizioni  agroalimentari
locali e del paesaggio rurale. 
    La giunta regionale e' tenuta a proporre al  Consiglio  regionale
lo strumento di pianificazione di  cui  al  comma  1,  ai  sensi  del
decreto   ministeriale   10   settembre   2010   (Linee   guida   per
l'autorizzazione degli impianti  alimentati  da  fonti  rinnovabili),
entro e non oltre il 31 dicembre 2021. Qualora la Giunta non  adempia
a quanto stabilito dal comma 2, cessano  le  sospensioni  di  cui  al
comma I». 
    L'art. 16 della legge regionale n. 1 del  2022  ha  prorogato  il
termine previsto dal secondo comma dell'art.  4  spostandolo  dal  31
dicembre 2021 al 30 giugno 2022, mentre l'art. 19 della  legge  n.  5
del 2022 sostituisce l'intero articolo, la cui  attuale  formulazione
risulta quindi la seguente: 
      «1. I Comuni,  con  deliberazione  del  consiglio  comunale  da
adottare entro e non oltre il 31 maggio 2022, possono individuare  le
zone  del  territorio  comunale  inidonee   all'installazione   degli
impianti  da  fonti  rinnovabili  limitatamente  alle  zone  agricole
caratterizzate da produzioni agro-alimentari di qualita'  (produzioni
biologiche, produzioni  D.O.P.,  I.G.P.,  S.T.G.,  D.O.C.,  D.O.C.G.,
produzioni  tradizionali)  e/o  di  particolare  pregio  rispetto  al
contesto paesaggistico-culturale, al  fine  di  non  compromettere  o
interferire negativamente con la valorizzazione del paesaggio  rurale
e delle tradizioni agroalimentari 
      2. Decorso il termine previsto dal comma 1, non possono  essere
posti limiti ulteriori alla facolta' autorizzatoria della Regione  in
materia». 
    Tutto cio' premesso, l'art. 19 della  legge  regionale  11  marzo
2022, n. 5 risulta censurabile per violazione degli 117, commi 1 e 3. 
    Riguardo al comma 1 dell'art. 117 Cost. si osserva quanto segue. 
    La disposizione in esame  attiene  al  regime  abilitativo  degli
impianti di energia da fonti rinnovabili e,  pertanto,  coinvolge  la
materia   «produzione,   trasporto    e    distribuzione    nazionale
dell'energia»,  che  l'art.  117,  terzo  comma,  Cost.  affida  alla
legislazione concorrente di Stato e Regioni. 
    In tale ambito, per costante giurisprudenza di  codesta  Ecc.  ma
Corte Costituzionale, le Regioni sono tenute a rispettare i  principi
fondamentali previsti dal legislatore statale (Corte cost. n. 11  del
2022, n. 177 del 2021). 
    I suddetti principi,  che  non  tollerano  eccezioni  sull'intero
territorio nazionale (da ultimo,  Corte  costituzionale  sentenza  n.
126/2020), sono in buona parte contenuti nel decreto  legislativo  n.
387 del 2003, recante «Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa
alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti  energetiche
rinnovabili  nel  mercato  interno   dell'elettricita'»   costituente
parametro statale interposto. 
    A loro volta tali principi rientrano nell'ambito previsionale  di
cui all'art. 12 (ex-multis sentenze Corte costituzionale  n.  11  del
2022, n. 177 del 2021 e n.  106  del  2020),  norma  interposta  alla
stregua dell'insegnamento di Codesta  Ecc.  ma  Corte  costituzionale
(decisioni nn. 166/2014 e 298/2013). 
    I tratti essenziali della disciplina disposta dall'  art.  12  si
possono  sintetizzare   nell'obiettivo   di   razionalizzare   e   di
semplificare le procedure autorizzative  per  la  costruzione  e  per
l'esercizio degli impianti di produzione  di  energia  alimentati  da
fonti rinnovabili. 
    Di regola, e' previsto il rilascio di un'autorizzazione unica  da
parte della Regione o delle Province delegate da quest'ultima oppure,
nel  caso  di  impianti  di  potenza  particolarmente  elevata,   del
Ministero dello sviluppo economico. 
    Il comma 4,  in  particolare,  dispone  che  l'autorizzazione  e'
«rilasciata a seguito di un procedimento unico, al quale  partecipano
tutte  le  amministrazioni  interessate,  svolto  nel  rispetto   dei
principi di semplificazione e con le modalita' stabilite dalla  legge
7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni e integrazioni». 
    Il comma 7 precisa,  altresi',  che  gli  impianti  in  questione
possano «essere ubicati  anche  in  zone  classificate  agricole  dai
vigenti piani urbanistici» e che, in tal  caso,  «nell'ubicazione  si
dovra' tenere conto delle disposizioni in  materia  di  sostegno  nel
settore agricolo, con  particolare  riferimento  alla  valorizzazione
delle   tradizioni   agroalimentari   locali,   alla   tutela   della
biodiversita', cosi' come del patrimonio culturale  e  del  paesaggio
rurale di cui alla legge 5 marzo 2001, n. 57, articoli 7 e 8, nonche'
del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, art. 14». 
    Nel disciplinare,  difatti,  l'installazione  di  detti  impianti
attraverso un  procedimento  che  si  conclude  con  il  rilascio  di
un'autorizzazione unica (commi 3 e 4),  la  citata  norma  interposta
«reca  un  principio  fondamentale  vincolante  per  il   legislatore
regionale» (sentenze n. 224 del 2012, n. 192 del  2011,  n.  124  del
2010 e n. 282 del 2009)  essendo,  inoltre,  «ispirata  a  canoni  di
semplificazione» ed, in quanto  tale,  «finalizzata  a  rendere  piu'
rapida  la  costruzione  degli  impianti  di  produzione  di  energia
alternativa» (Corte Costituzionale sentenza n. 344 del 2010). 
    La medesima natura di «principi fondamentali» e' stata, altresi',
riconosciuta anche alle Linee guida previste dall'art. 12, comma  10,
del decreto legislativo n. 387  del  2003,  emanate  con  il  decreto
ministeriale 10 settembre 2010 al fine di disciplinare nel  dettaglio
lo   svolgimento   del   procedimento   autorizzativo   unico:   esse
costituiscono «necessaria  integrazione  delle  previsioni  contenute
nell'art. 12» del medesimo decreto legislativo (Corte Cost.  sentenza
n. 275 del 2012). L'adozione  delle  Linee  guida  «e'  informata  al
principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni» e, dunque,  al
contemperamento dei rispettivi interessi, in quanto i diversi livelli
di Governo devono cooperare fra loro,  nonostante  la  diversita'  di
funzione e struttura, considerato  che  appartengono  pur  sempre  al
medesimo ordinamento (Corte costituzionale sentenza n. 308 del 2011). 
    Il comma 10 dell'art. 12 del decreto legislativo n. 387 del 2003,
infatti, prevede  che  «in  Conferenza  unificata,  su  proposta  del
Ministro delle attivita' produttive,  di  concerto  con  il  Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del Ministro per i beni
e le  attivita'  culturali,  si  approvano  le  linee  guida  per  lo
svolgimento del procedimento». 
    Ne consegue che le  suddette  linee  guida  sono  vincolanti  nei
confronti delle Regioni, considerato che «costituiscono,  in  settori
squisitamente tecnici, il  completamento  della  normativa  primaria»
(Corte costituzionale sentenza n. 86 del 2019). 
    Indicano,  invero,  puntuali  modalita'  attuative  della   legge
statale e presentano «natura inderogabile e devono  essere  applicate
in  modo  uniforme  in  tutto   il   territorio   nazionale»   (Corte
costituzionale sentenze n. 286 e n. 86 del  2019,  n.  69  del  2018;
Corte costituzionale sentenza n. 106 del 2020,  Corte  costituzionale
sentenza n. 177 del 2021 e, in senso  analogo,  Corte  costituzionale
sentenze n. 11 del 2022 e n. 46 del 2021, come richiamate  da  ultimo
nella sentenza n. 77 del 2022). 
    In particolare, l'art. 17.1 delle linee guida stabilisce che,  al
precipuo  «fine  di  accelerare   l'iter   di   autorizzazione   alla
costruzione  e  all'esercizio  degli  impianti  alimentati  da  fonti
rinnovabili, in attuazione delle disposizioni  delle  presenti  linee
guida, le Regioni e  le  Province  autonome  possono  procedere  alla
indicazione  di  aree  e  siti  non  idonei  alla  installazione   di
specifiche di specifiche tipologie di impianti secondo  le  modalita'
di cui al presente punto e sulla base dei criteri di cui all'allegato
3».  Ed  invero,  prosegue  l'art.  17.1,  le  Regioni,   «attraverso
un'apposita istruttoria  avente  ad  oggetto  la  ricognizione  delle
disposizioni volte alla  tutela  dell'ambiente,  del  paesaggio,  del
patrimonio  storico  e  artistico,  delle  tradizioni  agroalimentari
locali, della biodiversita' e del paesaggio rurale  che  identificano
obiettivi  di  protezione  non  compatibili  con  l'insediamento,  in
determinate  aree,  di  specifiche  tipologie   e/o   dimensioni   di
impianti», individuano le aree e le zone reputate non idonee, al fine
di segnalare,  proprio  nella  prospettiva  dell'accelerazione,  «una
elevata probabilita' di esito negativo delle valutazioni, in sede  di
autorizzazione», fermo restando che in questa sede  deve  effettuarsi
la valutazione definitiva e decisiva». 
    Ne consegue che l'individuazione di aree o zone non idonee opera,
dunque, solo una  «valutazione  di  «primo  livello»»,  con  precipua
finalita'   acceleratorie,   spettando   poi   al   procedimento   di
autorizzazione il compito di verificare  «se  l'impianto  cosi'  come
effettivamente   progettato,   considerati   i   vincoli   insistenti
sull'area, possa essere  realizzabile»  (cosi'  Corte  costituzionale
sentenza n. 177 del 2021 e Corte costituzionale sentenza  n.  11  del
2022). 
    Non   solo:   l'allegato   3   (paragrafo   17)   «Criteri    per
l'individuazione di aree non idonee» al medesimo decreto ministeriale
prevede che: «L'individuazione delle aree non  idonee  dovra'  essere
effettuata dalle Regioni con propri provvedimenti tenendo  conto  dei
pertinenti strumenti di  pianificazione  ambientale,  territoriale  e
paesaggistica, secondo le modalita' indicate al paragrafo 17 e  sulla
base dei seguenti principi e criteri». 
    Cio' posto, alla luce di quanto dedotto  ed  eccepito,  la  norma
regionale che qui si censura, si ritiene  sia  inequivocabilmente  in
contrasto con  la  disciplina  dettata  dal  decreto  legislativo  n.
387/2003  ed,  in  particolare,  con  il   sopra   descritto   quadro
regolatorio rinvenibile nel citato art. 12 e nelle linee guida che ne
costituiscono attuazione. 
    E' evidente che la normativa de qua non prevede una funzione  del
Comune in tema di ubicazione  di  impianti  di  energia  rinnovabile,
anche  «delegata»  da  parte  della  Regione,  con   la   conseguente
esclusione della possibilita' per il Comune medesimo di utilizzare lo
strumento urbanistico  generale  al  fine  di  condizionare  siffatti
profili regolatori. 
    Al contrario, il quadro regolatorio di riferimento  demanda  solo
ed  esclusivamente   alla   Regione,   e   non   anche   ai   Comuni,
l'individuazione delle aree non idonee all'installazione di  impianti
da fonti rinnovabili. 
    Cio' non impedisce,  peraltro,  che  la  suddetta  individuazione
possa essere svolta sulla base di attivita' istruttorie e di proposte
formulate dai Comuni stessi. 
    Si  osserva  altresi',  che  nell'ambito  del   Piano   nazionale
integrato per l'energia  e  il  clima  (PNIEC),  e'  previsto,  nella
questione de qua, di demandare alle Regioni, sulla  base  di  criteri
previamente prestabiliti e  condivisi,  l'individuazione  delle  aree
idonee e non idonee  per  la  localizzazione  di  impianti  da  fonti
rinnovabili, in coerenza con l'impianto normativo. 
    A  tali   fini,   particolare   rilievo   e'   stato   attribuito
all'individuazione  delle  aree  adatte  alla   realizzazione   degli
impianti nonche' alla condivisione degli obiettivi nazionali  con  le
regioni, da perseguire proprio attraverso la definizione di un quadro
regolatorio nazionale. 
    Quest'ultimo, in coerenza con le esigenze di  tutela  delle  aree
agricole e forestali, del patrimonio culturale e del paesaggio, della
qualita'  dell'aria  e  dei  corpi  idrici,   individua   i   criteri
(previamente condivisi con il livello regionale) sulla  cui  base  le
Regioni stesse procedono alla definizione  delle  superfici  e  delle
aree idonee e non idonee per l'installazione  di  impianti  da  fonti
rinnovabili. 
    Peraltro, in tale contesto  si  colloca  coerentemente  anche  il
quadro previsionale recentemente varato  col  decreto  legislativo  8
novembre 2021, n.  199,  recante  «Attuazione  della  direttiva  (UE)
2018/2001 del Parlamento europeo e del  Consiglio,  dell'11  dicembre
2018,  relativo  alla  promozione  dell'uso  dell'energia  da   fonti
rinnovabili». 
    Ed  invero,  l'art.  20,  sotto  la   rubrica   «Disciplina   per
l'individuazione di superfici e aree idonee  per  l'installazione  di
impianti a fonti rinnovabili»,  dispone,  in  particolare,  che  «con
successivi decreti  del  Ministro  della  transizione  ecologica,  di
concerto con il Ministro della cultura e il Ministro delle  politiche
agricole, alimentari e forestali, previa intesa in sede di Conferenza
unificata, vengano dettati i criteri e principi per  l'individuazione
delle  aree  idonee  all'installazione   della   potenza   eolica   e
fotovoltaica indicata nel PNIEC cui  devono  conformarsi  le  Regioni
nell'attivita'  legislativa  di  individuazione  delle  aree   idonee
medesime». 
    Alla luce di quanto su esposto, l'art. 19 della  legge  regionale
Abruzzo n. 5 del 2022 si pone in evidente e aperto  contrasto  con  i
principi fondamentali della materia che, in estrema sintesi,  prevede
la celere conclusione delle procedure di autorizzazione e di  massima
diffusione degli impianti da fonti di energia rinnovabili. 
    Pertanto, con il presente motivo 'viene  dedotta,  la  violazione
del  principio  di  leale  collaborazione   tra   Stato   e   Regioni
riconducibile all'art. 117, terzo comma, Cost., in  quanto  la  norma
impugnata  costituisce   il   risultato   di   una   scelta   assunta
unilateralmente dalla Regione, al di fuori del percorso condiviso con
lo Stato. 
    Il  principio  di   leale   collaborazione,   alla   luce   della
giurisprudenza di codesta Ecc. ma Corte costituzionale, e'  volto  ad
attenuare i dualismi e ad evitare eccessivi irrigidimenti, ed  impone
alle parti che  sottoscrivono  un  accordo  ufficiale,  in  una  sede
istituzionale, di rispettare l'impegno assunto (sentenza  n.  31  del
2006). 
    Per i motivi sopra esposti si chiede che codesta  Ecc.  ma  Corte
costituzionale dichiari la illegittimita' costituzionale dell'art. 19
della legge regionale n. 5 del 2022 della Regione Abruzzo 
II - Violazione articoli 117, I comma, Costituzione (art. 6 direttiva
2001/77/CE, art. 13 della direttiva n. 2009/28/CE) 
    Si deduce altresi' il contrasto dell'art. 19  impugnato  con  gli
obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia  all'Unione  europea
ed in particolare con l'art.  6  della  direttiva  2001/77/CE  e  con
l'art. 13 della direttiva n. 2009/287CE. 
    La norma regionale risulta infatti  non  solo  in  contrasto  con
l'art. 117, terzo comma  della  Costituzione,  con  riferimento  alla
materia   «produzione,   trasporto    e    distribuzione    nazionale
dell'energia», ma viola  altresi'  l'art.  117,  primo  comma,  della
Costituzione, che impone anche alle regioni il rispetto  del  diritto
europeo  nell'esercizio   della   propria   competenza   legislativa,
considerato che  le  richiamate  disposizioni  statale  costituiscono
recepimento di direttive europee in materia energetica. 
    Invero, si censura l'art. 19 innanzitutto per  contrasto  con  la
direttiva 2001/77/CE  ed  in  particolare  con  l'art.  6,  il  quale
regolamenta le procedure amministrative. 
    I principi evidenziati nel motivo n. 1 sono, come sopra  esposto,
al contempo attuativi di direttive dell'Unione europea  e  riflettono
altresi' impegni internazionali volti a favorire  l'energia  prodotta
da fonti rinnovabili (Corte costituzionale sentenza n. 286 del 2019),
risorse  irrinunciabili  al  fine  di   contrastare   i   cambiamenti
climatici. 
    L'assenza, nel contesto dei detti  principi,  si  traduce  in  un
ingiustificato aggravio per  la  realizzazione  e  l'esercizio  degli
impianti, in contrasto con il principio di massima  diffusione  delle
fonti di energia rinnovabili. 
    Come sopra piu' volte evidenziato,  la  disciplina  sulla  celere
conclusione delle procedure di autorizzazione e di massima diffusione
degli impianti da fonti di energia rinnovabili, e' riconducibile alla
materia   «produzione,   trasporto    e    distribuzione    nazionale
dell'energia»,  i  cui  principi  fondamentali,  vincolanti  per   il
legislatore regionale, si desumono dalle linee  guida  contenute  nel
decreto  ministeriale  10  settembre  2010,  adottato  in  attuazione
dell'art. 12, comma 10, del decreto  legislativo  n.  387  del  2003,
nonche' dal decreto legislativo n. 28 del 2011. 
    Tale normativa e' senza dubbio alcuno ispirata, nel suo  insieme,
al principio  fondamentale  di  massima  diffusione  delle  fonti  di
energia  rinnovabili,  in  conformita'  proprio  con   la   normativa
dell'Unione europea. 
    Non  a  caso,  il  percorso  di  regolamentazione  settoriale   a
carattere  eurounitario   relativo   alla   promozione   dell'energia
elettrica  prodotta  da  fonti  rinnovabili   nel   mercato   interno
dell'elettricita'  e'  stato  avviato  dalla   menzionata   direttiva
2001/77/CE, cui e' stata data attuazione, come detto, con il  decreto
legislativo n. 387 del 2003, per poi essere ulteriormente  sviluppato
ed ampliato attraverso la  direttiva  2009/28/CE,  sostitutiva  della
precedente, che ha ricevuto attuazione con il decreto  legislativo  3
marzo 2011,  n.  28  (Attuazione  della  direttiva  2009/28/CE  sulla
promozione  dell'uso  dell'energia  da  fonti  rinnovabili,   recante
modifica  e  successiva  abrogazione  delle  direttive  2001/77/CE  e
2003/30/CE). 
    L'anzidetta normativa europea, cosi' come strutturata, da un lato
esige che la procedura amministrativa  sia  improntata  a  canoni  di
semplificazione e rapidita', esigenza soddisfatta dal procedimento di
autorizzazione unica e, dall'altro, richiede che, in  tale  contesto,
confluiscano, per essere  ponderati,  gli  interessi  correlati  alla
tipologia di impianto.  Tali  interessi  sono,  nella  ipotesi  degli
impianti energetici da fonte eolica, proprio  quelli,  potenzialmente
confliggenti, della tutela delle aree agricole nonche' del territorio
nella dimensione paesaggistica. 
    Occorre  aggiungere  che  il  richiamato  principio  fondamentale
sancito dall'art. 12, comma 4, del decreto  legislativo  n.  387  del
2003, attuativo dell'art. 13 della direttiva n.  2009/28/CE,  secondo
cui «[g]li Stati membri assicurano che le norme nazionali in  materia
di procedure di autorizzazione [...] applicabili agli impianti  [...]
per  la  produzione  di  elettricita'  [...]  a  partire   da   fonti
energetiche rinnovabili ... siano proporzionate e necessarie. 
    Gli Stati membri prendono in particolare  le  misure  appropriate
per assicurare  che:  [...]  c)  le  procedure  amministrative  siano
semplificate e accelerate al livello amministrativo adeguato  [...]»,
risulta attualmente ripreso e confermato dall'art. 15 della direttiva
2018/2001/UE. 
    A tenore di quest'ultima  disposizione,  gli  Stati  membri  sono
tenuti ad adottare misure appropriate al fine di assicurare che siano
previste procedure di autorizzazione semplificate e meno gravose  per
la produzione e lo stoccaggio di energia da fonti rinnovabili. 
    Ne consegue che la disposizione regionale qui  censurata  risulta
contrastare anche con detta disposizione sovranazionale  e,  per  suo
tramite, con l'art. 117, primo comma, Cost.,  il  quale  impone  alle
Regioni di esercitare la potesta' legislativa anche nel rispetto  dei
vincoli comunitari. 
    In tale contesto, si richiama la sentenza del 26 luglio 2018,  n.
177, con cui codesta  Ecc.  ma  Corte  costituzionale  ha  dichiarato
l'illegittimita' dell'art. 15, comma 3, della legge Regione  Campania
n. 6/2016. Nell'ambito della citata pronuncia codesta Corte rileva il
contrasto della norma impugnata con l'art. 117, primo  comma,  Cost.,
anche per il sostanziale contrasto con la prescrizione  dell'art.  13
della direttiva 2009/28/CE. 
    Rileva altresi', che «la normativa comunitaria promuove [...]  il
maggiore ricorso  all'energia  da  fonti  rinnovabili,  espressamente
collegandolo alla necessita'  di  ridurre  le  emissioni  di  gas  ad
effetto serra, e dunque anche al rispetto  del  protocollo  di  Kyoto
della  convenzione  quadro  delle  Nazioni  Unite   sui   cambiamenti
climatici, in una prospettiva di  modifica  radicale  della  politica
energetica dell'Unione. [..]. 
    In una diversa, non  meno  importante,  direzione,  la  normativa
comunitaria  ha  richiesto  agli  Stati  membri  di  semplificare   i
procedimenti autorizzatori» (sentenza n. 275 del 2012). 
    Infine, nel caso de quo, risulta  ictu  oculi  che,  per  effetto
della norma qui censurata, la condizione  stabilita  dal  legislatore
regionale puo' addirittura precludere in  assoluto  la  realizzazione
degli impianti, proprio perche' non e' prevista l'applicabilita'  del
regime dell'autorizzazione unica. 
    Per i motivi esposti,  limitatamente  alla  disposizione  di  cui
all'art. 19, si impugna la legge regionale  ai  sensi  dell'art.  127
della Costituzione anche in relazione all'art. 117 comma 1 Cost. e si
chiede che ne venga dichiarata la illegittimita' costituzionale. 
 
                                P.Q.M. 
 
    Per tutte le esposte ragioni  la  Presidenza  del  Consiglio  dei
ministri, come in epigrafe  rappresentata  e  difesa  chiede  che  la
Ecc.ma Corte costituzionale voglia  accogliere  il  presente  ricorso
statuendo l'incostituzionalita' dell'art. 19 della legge regionale n.
5/2022. 
    Si deposita l'attestazione del deliberato consiliare  in  data  5
maggio 2022. 
      Roma, 13 maggio 2022 
 
                   L'Avvocato dello Stato: Lumetti 
 
 
          Il Vice Avvocato generale dello Stato: Figliola