N. 74 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 maggio 2022
Ordinanza del 27 maggio 2022 della Commissione tributaria provinciale di Trieste sul ricorso proposto da Generali Italia Spa contro Agenzia delle entrate - Direzione regionale Friuli-Venezia Giulia. Tributi - Banca d'Italia - Aumento del capitale sociale - Previsione che, a partire dall'esercizio in corso alla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 133 del 2013, i partecipanti al capitale della Banca d'Italia iscrivono le quote di partecipazione, nel comparto delle attivita' finanziarie detenute per la negoziazione, ai medesimi valori, ferme restando le disposizioni che impongono, nella redazione del bilancio di esercizio, la conformita' ai principi contabili internazionali - Applicazione ai maggiori valori iscritti nel bilancio relativo all'esercizio in corso al 31 dicembre 2013, per effetto dell'art. 6, comma 6, del decreto-legge n. 133 del 2013, di un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell'imposta regionale sulle attivita' produttive e di eventuali addizionali, da versarsi in unica soluzione - Fissazione dell'imposta nella misura pari al 26 per cento del valore nominale delle quote alla suddetta data, al netto del valore fiscalmente riconosciuto - Riallineamento del valore fiscale delle quote al maggior valore iscritto in bilancio, fino a concorrenza del valore nominale, a partire dal periodo d'imposta 2014 - Previsione che, se il valore iscritto in bilancio e' minore del valore nominale, quest'ultimo rileva comunque ai fini fiscali a partire dallo stesso periodo d'imposta. - Decreto-legge 30 novembre 2013, n. 133 (Disposizioni urgenti concernenti l'IMU, l'alienazione di immobili pubblici e la Banca d'Italia), convertito, con modificazioni, nella legge 29 gennaio 2014, n. 5, art. 6, comma 6, in combinato disposto con l'art. 1, comma 148, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 ("Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilita' 2014)"), come modificato dall'art. 4, comma 12, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66 (Misure urgenti per la competitivita' e la giustizia sociale), convertito, con modificazioni, nella legge 23 giugno 2014, n. 89. Tributi - Banca d'Italia - Aumento del capitale sociale - Previsione che, a partire dall'esercizio in corso alla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 133 del 2013, i partecipanti al capitale della Banca d'Italia iscrivono le quote di partecipazione, nel comparto delle attivita' finanziarie detenute per la negoziazione, ai medesimi valori, ferme restando le disposizioni che impongono, nella redazione del bilancio di esercizio, la conformita' ai principi contabili internazionali - Applicazione, ai trasferimenti di cui all'art. 6, comma 6, del decreto-legge n. 133 del 2013, della riclassificazione delle attivita' finanziarie di cui all'art. 4 del decreto del Ministero dell'economia e delle finanze dell'8 giugno 2011, qualunque sia la categoria di provenienza - Applicazione, ai maggiori valori iscritti in bilancio in ragione della predetta norma, di un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell'imposta regionale sulle attivita' produttive e di eventuali addizionali, con aliquota pari al 12 per cento, da versarsi in tre rate di pari importo, senza pagamento di interessi. - Decreto-legge 30 novembre 2013, n. 133 (Disposizioni urgenti concernenti l'IMU, l'alienazione di immobili pubblici e la Banca d'Italia), convertito, con modificazioni, nella legge 29 gennaio 2014, n. 5, art. 6, comma 6, in combinato disposto con l'art. 1, comma 148, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 ("Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilita' 2014)"), nella versione originaria.(GU n.26 del 29-6-2022 )
LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE DI TRIESTE Sezione 02 Riunita in udienza il 10 febbraio 2022 alle ore 15,00 con la seguente composizione collegiale: Rovis Claudio, Presidente; Milillo Giorgio, relatore; Psaila Vincenzo, giudice. In data 10 febbraio 2022 ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 180/2020 depositato il 30 giugno 2020 proposto da Generali Italia S.p.a. - 00409920584; difeso da avv. Nicola Mazza - MZZNCL66P29C352F; rappresentato da Michele Ceccarelli - CCCMHL63T21G478X ed elettivamente domiciliato presso nicola.mazza@avvocaticatanzaro.legalmail.it Contro Agenzia entrate Direzione regionale Friuli-Venezia Giulia; difeso da Guglielmi Guglielmo C/o Avvocatura distrettuale dello Stato Trieste - GGLGLL65PlOG902Z ed elettivamente domiciliato presso ads.ts@mailcert.avvocaturastato.it Avente ad oggetto l'impugnazione di: diniego rimborso n. 0000 IRES-ALTRO 2013; diniego rimborso n. 0000 IRAP 2013; a seguito di discussione in pubblica udienza. Elementi in fatto e diritto (Concisa esposizione dello svolgimento del processo a cura del relatore) Generali Italia S.p.a. possedeva 19.000 quote del capitale di Banca d'Italia pervenute nel 2013 e classificate tra le immobilizzazioni finanziarie per un valore fiscale di euro 184.413.572,20 al 31 dicembre 2013. CN decreto-legge 30 novembre 2013, n. 133, alla Banca d'Italia e' stata fornita autorizzazione per l'aumento del proprio capitale, mediante utilizzo delle riserve statutarie, per un importo di euro 7.500.000.000,00 (dagli originali euro 156.000,00 corrispondenti ai vecchi 300 milioni di lire). A seguito dell'aumento, il capitale veniva ad essere rappresentato da quote nominative di partecipazione di nuova emissione, di euro 25.000,00 ciascuna. La ricorrente, pertanto, a seguito di tale operazione finanziaria, si e' ritrovata ad avere nuove quote di partecipazione in Banca d'Italia pari a un valore nominale di euro 475.000.000,00. L'art. 6, comma 6, del citato decreto-legge n. 133/2013, disciplinava il trattamento contabile di tale trasferimento di quote prevedendo che queste avrebbero dovuto essere iscritte nel comparto delle attivita' finanziarie detenute per la negoziazione ai medesimi valori (euro 25.000,00 ciascuna) a partire dall'esercizio 2013, restando comunque ferma l'applicazione dei principi contabili internazionali per cui il trasferimento delle quote dal portafoglio di provenienza al portafoglio di negoziazione comportava una rivalutazione civilistica obbligatoria in capo ai detentori di quote. In seguito la legge 27 dicembre 2013, n. 147, all'art. 1, comma 148 (Legge di stabilita' 2014), prevedeva che, affinche' la rivalutazione acquisisse anche valore fiscale, i maggiori valori iscritti in bilancio al 31 dicembre 2013 scontassero un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, dell'imposta regionale sulle attivita' produttive e di eventuali addizionali, inizialmente con aliquota del 12 per cento, (successivamente aumentata al 26 per cento, dall'art. 4, comma 12, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, che ha sostituito completamente il comma 148 predetto). La legge di stabilita' 2014 ha, in altri termini, imposto un riallineamento obbligatorio del valore fiscale al valore contabile-civilistico delle quote (o per dirla diversamente, ha permesso l'affrancamento fiscale di un valore civilistico) con pagamento di un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, dell'Irap e di eventuali addizionali, del 26 per cento, in un'unica soluzione con il saldo delle imposte 2013 (16 giugno 2014). L'imposta sostitutiva andava applicata sul valore nominale delle quote alla suddetta data (25mila euro cadauna), al netto del valore fiscalmente riconosciuto (base imponibile = nuovo valore nominale - valore fiscale della quota ante imposta sostitutiva). La ricorrente, pertanto, imputava a conto economico dell'esercizio 2013 una plusvalenza di euro 290.586.428,00 (19.000 quote possedute * euro 25.000 valore quote - euro 184.413.572,20 valore fiscale al 31 dicembre 2013) sulla quale, in data 16 giugno 2014 provvedeva ad applicare e versare l'imposta sostitutiva del 26 per cento pari a euro 75.552.471,23. Ritenendo incostituzionali le norme sopra brevemente richiamate (art. 6, comma 6, del decreto-legge n. 133/2013, e art. 1, comma 148, della legge di stabilita' 2014), Generali presentava in data 15 giugno 2018 alla resistente Direzione istanza di rimborso della suddetta imposta sostitutiva versata. Avverso il silenzio-rifiuto formatosi, la societa' contribuente proponeva ricorso innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Trieste sollevando eccezione di illegittimita' costituzionale. Si costituiva l'Agenzia delle entrate depositando controdeduzioni. L'eccezione e' rilevante a non manifestamente infondata. Rilevanza. La rilevanza viene definita all'art. 23 dalla legge n. 87 del 1953 («qualora il giudizio non possa essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimita' costituzionale»), e esprime la trasposizione in termini processuali dell'incidentalita' (e concretezza) del giudizio di legittimita' costituzionale. La norma prevede quindi che possa essere sollevata la questione di legittimita' costituzionale di un norma solo nel caso in cui la norma che si assume incostituzionale trova applicazione nel giudizio a quo e piu' specificamente detto giudizio non possa essere deciso senza l'applicazione della norma. Nel caso sottoposto al presente vaglio la ricorrente si duole espressamente degli articoli 6, comma 6, decreto-legge n. 133/2013 convertito dalla legge n. 5/2014 e l'art. 1, comma 148, legge n. 147/2013, come modificato dall'art. 4, comma 12 del decreto-legge n. 66/2014 (convertito dalla legge n. 89/2014) ed ha sollevato articolata eccezione di illegittimita' costituzionale. Il presente giudizio ha ad oggetto una richiesta di rimborso della somma di euro 75.552.471,23 versate quale imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell'imposta regionale sulle attivita' produttive e di eventuali addizionali ai sensi dell'art 1, comma 148, legge n. 147/2013, come modificato dall'art. 4, comma 12 del decreto-legge n. 66/2014 (convertito dalla legge n. 89/2014) su un valore imponibile relativo al valore della quota di partecipazione alla Banca d'Italia classificato in base all'art. 6, decreto-legge n. 133/2013 convertito dalla legge n. 5/2014 come attivita' finanziaria detenuta per la negoziazione. Il calcolo del valore imponibile poi derivava dalla moltiplicazione del valore delle quote pari ad euro 25.000 per come determinato all'art. 4 del decreto-legge n. 133/2013 come modificato in sede di conversione nella legge n. 5/2015 per il numero di quote -19000 possedute da Generali Italia S.p.a. Quindi viene in rilievo esplicito ed univo l'applicazione delle norme di cui all'art. 6, comma 6, decreto-legge n. 133/2013 convertito dalla legge n. 5/2014 ed all'art. l, comma 148, legge n. 147/2013, come modificato dall'art. 4, comma 12, del decreto-legge n. 66/2014 (convertito dalla legge n. 89/2014 senza che possa essere invocata l'applicazione di altre norme per decidere il presente giudizio. La questione se la disciplina recata dall'art. 6, comma 6, decreto-legge n. 133/2013 in combinazione con il comma 148, dell'art. 1, della legge n. 147/2013 (sia nella formulazione disposta dal decreto-legge n. 66/2014- ovverosia imposta al 26 per cento su un valore predeterminato anche se diverso da quello di bilancio, con versamento in unica immediata soluzione - che in quella originale - imposta al 12 per cento con riferimento ai valori di bilancio, da corrispondere in tre rate) contrasti con gli articoli 3, 53, 41, 42 e 77, 117, 10, 11 della Costituzione, e' direttamente rilevante ai fini del presente giudizio, non potendosi dare accoglimento alle pretese di rimborso per cui e' causa in assenza dell'estromissione dall'ordinamento, per illegittimita' costituzionale, di dette discipline. Si tratta, a ben vedere, di una «rilevanza» determinata dalla stretta pregiudizialita' della questione di illegittimita' costituzionale sollevata, rispetto alla domanda giudiziale di recupero di imposte versate. Non manifesta infondatezza. Sulla non manifesta della questione di legittimita' costituzionale devono essere svolte le seguenti considerazioni. Quadro normativo. Capitale della Banca d'Italia. La Banca d'Italia e' un ente pubblico che svolge le funzioni di Banca centrale della Repubblica italiana ed e' parte integrante del Sistema europeo di banche centrali. Originariamente l'art. 3 del suo Statuto, in attuazione dell'art. 20 del regio decreto 12 marzo 1936, n. 375, ne determinava il capitale in 156.000 euro, suddiviso in 300.000 quote di partecipazione, rappresentate da certificati nominativi di valore nominale unitario pari a 0,52 euro. Tali quote potevano essere cedute solo previo consenso della medesima Banca e, ai sensi degli articoli 39 e 40 del medesimo Statuto, attribuivano il diritto ai dividendi per un importo non superiore al 10 per cento di tale capitale, maggiorato di una quota degli eventuali frutti degli investimenti delle riserve, per un importo non superiore al 4 per cento delle riserve medesime. Inoltre, l'art. 20 del predetto regio decreto prevedeva che le quote di partecipazione potessero essere detenute solamente da casse di risparmio, istituti di credito di diritto pubblico, banche di interesse nazionale, istituti di previdenza e di assicurazione e dalle fondazioni ex-bancarie. Per favorire la circolazione delle partecipazioni della Banca d'Italia onde soddisfare i requisiti di autonomia e indipendenza prescritti dall'art. 130 del TFUE per le banche centrali nazionali, il Governo ha introdotto una serie di modifiche alloro regime civilistico. In particolare, i commi 2 e 3 dell'art. 4 del decreto-legge n. 133/2013 poi integrati in sede di conversione hanno autorizzato tale istituto «ad aumentare il proprio capitale mediante utilizzo delle riserve statutarie all'importo di euro 7.500.000.000», suddiviso in 300.000 «quote nominative di partecipazione di nuova emissione, di euro 25.000 ciascuna» e hanno riconosciuto il diritto ai dividendi per un importo non superiore al 6 per cento del nuovo capitale. Il comma 5 del predetto articolo ha fissato al 3 per cento la percentuale di partecipazione al capitale massima di ciascun partecipante ed ha escluso la spettanza dei diritti di voto e dei dividendi per la quota eccedente tale percentuale, accordando alla Banca d'Italia la facolta' di acquistare temporaneamente tali partecipazioni. Inoltre, il comma 4 dell'art. 4 del decreto-legge n. 133/2013 ha stabilito che le partecipazioni possono essere acquistate da banche, imprese di assicurazioni, enti di previdenza, con sede in Italia, fondi pensione e fondazioni (ex-)bancarie. Infine, il comma 6-bis dell'art. 6 del decreto-legge n. 133/2013 ha autorizzato la Banca d'Italia a dematerializzare le partecipazioni, che poi lo ha fatto con la delibera del 30 settembre 2015. Obbligo di riclassificazione delle partecipazioni Banca d'Italia al valore di iscrizione. Le partecipazioni al capitale della Banca d'Italia sono state poi oggetto di specifica trattazione sempre nel decreto-legge n. 133/2013. Con l'art. 6 del decreto-legge n. 133/2013, sono stati posti a carico delle societa' commerciali partecipanti a Banca d'Italia speciali obblighi di classificazione e valutazione delle partecipazioni nel suo capitale. In particolare, il comma 6 di tale articolo, nella sua formulazione originaria vigente a partire dal 30 novembre 2013, aveva posto a carico di tali societa', «a partire dall'esercizio in corso alla data della sua entrata in vigore» e quindi, in caso di esercizio coincidente con l'anno solare, dall'esercizio 2013, l'obbligo di trasferire le partecipazioni da loro possedute dal comparto in cui erano prima classificate - che per le societa' commerciali IAS adopter era di regola costituito dal comparto delle attivita' finanziarie disponibili per la vendita e, per quelli OIC adopter, dal comparto delle immobilizzazioni finanziarie - al «comparto delle attivita' finanziarie detenute per la negoziazione, ai medesimi valori di iscrizione del comparto di provenienza» e, quindi, in regime di continuita' di valori, senza tenere conto dell'aumento a 25.000 euro del loro valore nominale, mantenendo, per il resto, «ferme le disposizioni di cui all'art. 4 del decreto legislativo 28 febbraio 2005, n. 38», e cioe' le disposizioni che prevedono l'adozione dei principi contabili internazionali per la redazione del bilancio di esercizio. La relazione illustrativa del comma 6 dell'art. 6 del decreto-legge n. 133/2013 si era limitata a precisare che tale disposizione, «coerentemente con la creazione di un mercato delle partecipazioni al capitale di Banca d'Italia e al fine di favorire effettivamente glli scambi», ha previsto che «le quote di partecipazione al capitale di Banca d'Italia debbano essere collocate tra le attivita' destinate alla negoziazione, quindi nel portafoglio di trading, allo stesso valore di iscrizione che avevano nel precedente portafoglio (se diverso)» e che «salvo per quanto riguarda la classificazione delle quote di partecipazione in Banca d'Italia ... restano in vigore a regime i principi contabili internazionali anche per la redazione dei bilanci individuali». Per le societa' commerciali IAS adopter il trasferimento delle partecipazioni della Banca d'Italia avrebbe assunto rilievo fiscale in forza dell'art. 4 del decreto ministeriale 8 giugno 2011, laddove stabilisce che «nella riclassificazione di uno strumento finanziario in una delle altre categorie previste dallo IAS 39, che comporta il passaggio ad un diverso regime fiscale dello strumento stesso, il valore dello strumento finanziario iscritto nella nuova categoria, quale risultante da atto di data certa e, in ogni caso, dal bilancio d'esercizio approvato successivamente alla data di riclassificazione, assume rilievo fiscale». Ed infatti, per costoro tale trasferimento avrebbe comportato non solo la riclassificazione contabile delle partecipazioni, ma anche il passaggio ad un diverso regime fiscale, posto che, per le partecipazioni costituenti immobilizzazioni finanziarie ai sensi del comma 3-bis dell'art. 85 del T.U.I.R., in quanto classificate fra le attivita' disponibili per la vendita, i dividendi sono soggetti ad IRES nel limite del 5 per cento ai sensi del comma 2, dell'art. 89 del T.U.I.R., e le valutazioni sono fiscalmente irrilevanti ai sensi della lettera d), dell'art. 110, comma 1, del T.U.I.R., mentre, per le partecipazioni classificate fra gli strumenti finanziari detenuti per la negoziazione i dividendi sono integralmente soggetti ad IRES ai sensi del comma 2-bis dell'art. 89 del T.U.I.R. e le valutazioni sono fiscalmente rilevanti ai sensi della lettera b), del comma l-bis dell'art. 110 del T.U.I.R. D'altro canto, tale riclassificazione avrebbe comportato l'inapplicabilita' della PEX alle successive cessioni delle partecipazioni poiche' il comma 3 dell'art. 4 del decreto ministeriale 8 giugno 2011 stabilisce che la riclassificazione contabile degli strumenti finanziari che comporti il passaggio ad un diverso regime fiscale «assume rilevanza anche ai fini di cui alla lettera a) e b) dell'art. 87 del T.U.I.R. e si applicano le disposizioni di cui alla lettera c) del comma l-bis dell'art. 110» del T.U.I.R. Tuttavia tale trasferimento contabile delle partecipazioni doveva essere eseguito «allo stesso valore di iscrizione che avevano nel precedente portafoglio», senza quindi rilevare l'aumento a 25.000 euro del loro valore nominale, e cio' avrebbe comportato l'applicazione dell'IRES in forza del comma 2 dell'art. 4 del predetto decreto ministeriale, laddove stabilisce che «il differenziale tra il valore di cui al comma precedente ed il valore fiscalmente riconosciuto prima della riclassificazione dello strumento finanziario in un'altra categoria tra quelle contemplate dallo IAS 39 rileva secondo la disciplina fiscale applicabile allo strumento finanziario prima della riclassificazione» soltanto nel periodo d'imposta in cui tale differenziale sarebbe stato rilevato in bilancio per effetto della valutazione delle quote al fair value o della loro cessione a titolo oneroso. Quando il decreto-legge n. 133/2013 era in corso di conversione, il comma 148 dell'art. l della legge 27 dicembre 2013, n. 147, dopo aver confermato l'applicazione dell'art. 4 del decreto ministeriale 8 giugno 2011 al trasferimento delle partecipazioni della Banca d'Italia, «qualunque sia la categoria di provenienza», aveva istituito un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell'IRAP del 12 per cento sui «maggiori valori iscritti in bilancio per effetto del comma 6, primo periodo, dello stesso art. 6 del» decreto-legge n. 133/2013 sulle partecipazioni della Banca d'Italia per effetto dell'aumento del loro valore nominale. Pertanto, il differenziale fra il valore originario di iscrizione e il maggior valore nominale di 25.000 euro nel periodo d'imposta in cui fosse rilevato in bilancio sarebbe stato assoggettabile non piu' ad IRES, ma alla predetta imposta sostitutiva. Obbligo di riclassificazione delle partecipazioni Banca d'Italia al valore rivalutato. L'originaria formulazione del comma 6 dell'art. 6 del decreto-legge n. 133/2013, nel prevedere l'obbligo di trasferire le partecipazioni della Banca d'Italia al loro valore originario di iscrizione nel comparto delle attivita' finanziarie detenute per la negoziazione non solo nelle scritture contabili, ma anche nel bilancio di esercizio, anche in deroga agli IAS, si poneva in contrasto con le loro prescrizioni in quanto tali principi, pur non disciplinando la redazione delle scritture contabili, disciplinano le modalita' di classificazione e valutazione delle attivita' finanziarie nel bilancio di esercizio. In particolare, lo IAS 39 consentiva di iscrivere nel comparto relativo alle attivita' finanziarie detenute per la negoziazione soltanto le attivita' finanziarie acquisite principalmente al fine di venderle o riacquistarle a breve termine e quelle appartenenti ad «un portafoglio di identificati strumenti finanziari che sono gestiti insieme per i quali esiste evidenza di una recente ed effettiva strategia rivolta all'ottenimento di un profitto nel breve periodo» ed imponeva di rilevarle alloro fair value. Inoltre, il par. 50 di tale principio vietava di riclassificare le attivita' finanziarie nel comparto del bilancio di esercizio relativo alle attivita' finanziarie detenute per la negoziazione successivamente alla loro rilevazione, laddove stabiliva che «un'entita' non deve riclassificare alcuno strumento finanziario nella categoria del fair value rilevato a prospetto di conto economico complessivo dopo la rilevazione iniziale». Pertanto, le societa' commerciali IAS adopter, nel caso in cui avessero trasferito le partecipazioni della Banca d'Italia nel comparto delle attivita' detenute per la negoziazione al loro valore originario non sarebbero stati piu' IAS compliant. Ed infatti, l'IFRS 1 prevede che non si deve «descrivere il bilancio come conforme agli IFRS a meno che non sia conforme a tutte le disposizioni degli IFRS» (par. 16). D'altro canto, l'art. 5 del regolamento 1606/2002/CE ha accordato agli Stati membri la facolta' di consentire o prescrivere alle imprese l'adozione degli IAS per la redazione dei bilanci di esercizio individuali, cosi come omologati dalla Commissione europea. Inoltre, per quanto attiene alle societa' commerciali OIC adopter, il trasferimento delle partecipazioni della Banca d'Italia nel comparto delle attivita' finanziarie detenute per la negoziazione non risultava coerente con i parr. 1 e 2 dell'art. 15 della direttiva 78/660/CEE del Consiglio del 25 luglio 1978 pro tempore vigente in quanto tale disposizione prevedeva che «le immobilizzazioni comprendono gli elementi patrimoniali destinati a servire durevolmente all'attivita' dell'impresa». Pertanto, avrebbero dovuto essere classificate fra le immobilizzazioni finanziarie le partecipazioni della Banca d'Italia non detenute per la negoziazione. Senonche' l'art. l della legge 29 gennaio 2014, n. 5, in sede di conversione del decreto-legge n. 133/2013, ha riformulato il comma 6 dell'art. 6. Conviene a questo punto riportare il testo normativa. L'art. 6, comma 6, decreto-legge n. 133/2013 convertito dalla legge n. 5/2014, ha statuito che: «A partire dall'esercizio in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, i partecipanti al capitale della Banca d'Italia iscrivono le 23 quote di cui all'art. 4, comma 2, nel comparto delle attivita' finanziarie detenute per la negoziazione, ai medesimi valori. Restano in ogni caso ferme le disposizioni di cui all'art. 4 del decreto legislativo 28 febbraio 2005, n. 38». Detta norma ha quindi ha disposto la forzosa classificazione delle partecipazioni in Banca d'Italia tra le attivita' detenute per la negoziazione, esposte nel bilancio dell'esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2013. Tale norma per come modificata ha quindi previsto l'obbligo non piu' di «trasferire» le partecipazioni della Banca d'Italia in continuita' di valori dal comparto originario di iscrizione nel comparto delle attivita' finanziarie detenute per la negoziazione, anche in deroga agli IAS, bensi di «iscrivere» tali quote direttamente in quest'ultimo comparto ai «medesimi valori» e cioe' ai maggiori valori derivanti all'aumento del loro valore nominale a 25.000 euro, ma mantenendo «in ogni caso ferme le disposizioni di cui all'art. 4 del decreto legislativo 28 febbraio 2005, n. 38», e cioe' le disposizioni che prevedono l'adozione degli IAS per la redazione del bilancio di esercizio, senza pero' disporre anche la salvezza delle disposizioni del codice civile. Pertanto, l'autonomo obbligo di iscrivere le partecipazioni della Banca d'Italia nel comparto delle attivita' finanziarie detenute per la negoziazione alloro maggior valore nominale di 25.000 euro, se e' stato confermato per le societa' commerciali OIC adopter, per quelle IAS adopter e' venuto meno proprio perche' sono state integralmente mantenute ferme le prescrizioni degli IAS(7). Corrispondentemente, il comma 4 dell'art. 12 del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, ha integralmente riformulato il comma 148 dell'art. l della legge n. 147/2013, non solo per elevare al 26 per cento l'aliquota dell'imposta sostitutiva ed individuare i criteri di determinazione della relativa base imponibile, ma anche per coordinarlo con il nuovo comma 6 dell'art. 6 del decreto-legge n. 133/2013. Ed infatti, tale disposizione cosi testualmente recita: «Ai maggiori valori iscritti nel bilancio relativo all'esercizio in corso al 31 dicembre 2013, per effetto dell'art. 6, comma 6, del decreto-legge 30 novembre 2013, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 gennaio 2014, n. 5, si applica un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell'imposta regionale sulle attivita' produttive e di eventuali addizionali, da versarsi in unica soluzione entro il termine di versamento del saldo delle imposte sui redditi dovute per il periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2013. Gli importi da versare possono essere compensati ai sensi del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. L'imposta e' pari al 26 per cento del valore nominale delle quote alla suddetta data, al netto del valore fiscalmente riconosciuto. Il valore fiscale delle quote si considera riallineato al maggior valore iscritto in bilancio, fino a concorrenza del valore nominale, a partire dal periodo d'imposta in corso alla data di entrata in vigore della presente disposizione. Se il valore iscritto in bilancio e' minore del valore nominale, quest'ultimo valore rileva comunque ai fini fiscali a partire dallo stesso periodo d'imposta». Pertanto, con la nuova versione del comma 6 dell'art. 6, il legislatore ha inteso introdurre per le partecipazioni della Banca d'Italia un obbligo d'iscrizione fra le attivita' detenute per la negoziazione al loro valore rivalutato proprio per far emergere contabilmente i relativi plusvalori e poterli quindi ad assoggettare a imposta sostitutiva. Trattamento riservato dalle societa' alle partecipazioni Banca d'Italia. Le societa' commerciali hanno generalmente ritenuto che la revisione del regime delle partecipazioni sancita dal nuovo comma 6 dell'art. 6 del decreto-legge n. 133/2013 dovesse essere rappresentata contabilmente come un'operazione di assegnazione di nuove partecipazioni in contropartita dell'annullamento di quelle vecchie e che, quindi, le nuove partecipazioni dovessero essere iscritte al maggior valore unitario di 25.000 euro. Pertanto, le societa' commerciali IAS adopter hanno iscritto le nuove partecipazioni detenute a scopo di durevole investimento nel comparto delle attivita' finanziarie disponibili per la vendita, cancellando quelle vecchie, essendo incompatibile con lo IAS 39, per quanto si e' detto, la loro iscrizione nel comparto delle attivita' finanziarie detenute per la negoziazione, ma hanno eseguito tale iscrizione al maggior valore unitario rivalutato di 25.000 euro, avendo ritenuto che tale valore fosse espressivo del loro fair value, imputando a conto economico la differenza fra il maggior valore attribuito alle nuove partecipazioni ed il costo di quelle vecchie. Per contro, le societa' commerciali OIC adopter, non essendo stata espressamente fatta salva anche l'applicazione delle disposizioni del codice civile in materia di bilancio, hanno generalmente cancellato le vecchie partecipazioni della Banca d'Italia ed iscritto quelle nuove, anche se detenute a scopo di durevole investimento, nel comparto delle attivita' finanziarie detenute per la negoziazione e quindi nell'attivo circolante alloro maggior valore unitario rivalutato di 25.000 euro, imputando a loro volta a conto economico la differenza fra il maggiore valore attribuito alle nuove partecipazioni ed il costo di quelle vecchie. La revisione del regime delle partecipazioni della Banca d'Italia, pur essendo stata rappresentata in bilancio come un'operazione di assegnazione di nuove partecipazioni in contropartita dell'annullamento di quelle vecchie, agli effetti delle imposte sui redditi, non sembra aver dato luogo ad un'operazione di rimborso delle vecchie partecipazioni dietro assegnazione di nuove partecipazioni produttiva di utili ai sensi del combinato disposto del comma 2 dell'art. 89 del T.U.I.R. e del comma 7 dell'art. 47 del T.U.I.R., bensi ad un'operazione fiscalmente neutrale di aumento gratuito del capitale mediante aumento del valore nominale delle partecipazioni con rimodulazione dei diritti dei partecipanti. La modifica del predetto regime non e' stata attuata mediante l'annullamento delle vecchie partecipazioni con azzeramento del capitale sociale e l'assegnazione di quelle nuove con ricostituzione del capitale sociale fino alla nuova misura di 7,5 miliardi di euro, bensi mediante un aumento gratuito del capitale sociale eseguito tramite imputazione di riserve statutarie di utili, posto che il comma 2 dell'art. 4 del decreto-legge n. 133 ha autorizzato tale istituto «ad aumentare il proprio capitale mediante utilizzo delle riserve statutarie all'importo di euro 7.500.00.000» con l'emissione di quote nominative di partecipazione di valore nominale unitario 25.000 euro. Pertanto, la predetta operazione risulta neutrale agli effetti delle imposte sui redditi ai sensi del comma 6 dell'art. 47 del T.U.I.R., laddove stabilisce che «in caso di aumento del capitale sociale mediante passaggio di riserve o altri fondi a capitale le azioni gratuite di nuova emissione e l'aumento gratuito del valore nominale delle azioni o quote gia' emesse non costituiscono utili per i soci», essendo l'applicabilita' di tale disposizione estesa anche ai soggetti IRES dal comma 4 dell'art. 89 del T.U.I.R. Ne' vale obiettare che per le societa' commerciali IAS adopter la rappresentazione fornita nel bilancio di esercizio della revisione del regime delle partecipazioni della Banca d'Italia avrebbe assunto rilevanza fiscale per il principio sancito dal comma 1 dell'art. 83 del T.U.I.R., pro tempore vigente, secondo cui anche «i criteri di qualificazione» previsti da tali principi assumono diretta valenza fiscale. L'art. 3 del regolamento 1° (gradi) aprile 2009, n. 48 deroga espressamente tale principio per le operazioni che hanno ad oggetto titoli partecipativi, imponendo di assoggettarle ad un regime fiscale coerente con la loro natura giuridica, laddove statuisce che «il regime fiscale e' individuato sulla base della natura giuridica delle operazioni ... quando oggetto delle operazioni di cui sopra siano i titoli di cui all'art. 85, comma 1, lettere c) e d) del testo unico, anche costituenti immobilizzazioni finanziarie», ed esclude l'applicabilita' di tale deroga solo alle operazioni su azioni proprie e su strumenti rappresentativi del patrimonio proprio. Inoltre, e' da escludere che la predetta rappresentazione di bilancio poteva risultare fiscalmente realizzativa ai sensi dell'art. 4 del decreto ministeriale 8 giugno 2011, per il fatto che tale disposizione non solo non e' stata piu' richiamata dal comma 148 dell'art. 1 della legge n. 147/2013, ma risulta applicabile solo alle riclassificazioni contabili poste in essere da societa' commerciali IAS adopter che comportino un passaggio di regime fiscale. Senonche', come si e' detto, tali societa' non hanno eseguito alcuna riclassificazione contabile delle partecipazioni della Banca d'Italia detenute a scopo di investimento, essendo stata fatta salva l'applicazione degli IAS. Invero che la revisione del regime delle predette partecipazioni abbia dato luogo agli effetti delle imposte sui redditi ad un'operazione fiscalmente neutrale di aumento gratuito del capitale mediante aumento del valore nominale delle partecipazioni con rimodulazione dei diritti dei partecipanti e' confermato in via legislativa proprio dal comma 148 dell'art. l della legge n. 147/2013. Ed infatti, quest'ultima disposizione, stabilendo che «il valore fiscale delle quote si considera riallineato al maggior valore iscritto in bilancio, fino a concorrenza del valore nominale, a partire dal periodo d'imposta in corso alla data di entrata in vigore della presente disposizione» e, quindi, soltanto dal successivo periodo d'imposta 2014 e che «se il valore iscritto in bilancio e' minore del valore nominale, quest'ultimo valore rileva comunque ai fini fiscali a partire dallo stesso periodo d'imposta», dietro pagamento dell'imposta sostitutiva del 26 per cento, ha dato per acquisito che per le societa' commerciali partecipanti a Banca d'Italia la revisione del regime delle sue partecipazioni non ha dato luogo ad un'operazione di rimborso delle vecchie partecipazioni dietro assegnazione di quelle nuove produttiva di utili in quanto, attribuendo effetto al riallineamento del costo fiscale delle quote al loro valore nominale dal periodo d'imposta 2014, dietro pagamento dell'imposta sostitutiva del 26 per cento, prevede implicitamente che tali soggetti nel precedente periodo d'imposta 2013 hanno mantenuto in carico le partecipazioni al loro costo fiscale originario. Infine, a partire dall'entrata in vigore dell'IFRS 9 e quindi dagli esercizi aventi inizio dal 1° (gradi) gennaio 2018, i soggetti IAS adopter hanno generalmente riclassificato le partecipazioni nel capitale della Banca d'Italia nella categoria delle attivita' finanziarie valutate al fair value rilevato nelle altre componenti del conto economico complessivo (FVTOCI), esercitando l'opzione prevista dal par. 5.7.5. del predetto principio per gli strumenti rappresentativi di capitale non detenuti per la negoziazione. Pertanto, i soggetti cosi individuati hanno continuato a considerare tali partecipazioni come non detenute per la negoziazione, dovendo le attivita' finanziarie che presentano tali caratteristiche essere in ogni caso iscritte, secondo il predetto principio contabile, che non prevede piu' per loro un'autonoma categoria, nella categoria delle attivita' finanziarie valutate al fair value rilevato nell'utile (perdita) di esercizio (FVTPL). Tesi dell'AdE: una classificazione fiscale ex lege delle partecipazioni Banca d'Italia. Il 24 febbraio 2014, e quindi nella vigenza della versione finale del comma 6 dell'art. 6 del decreto-legge n. 133/2013 e della prima versione del comma 148 dell'art. l della legge n. 147/2013, l'Agenzia delle entrate, per illustrare queste disposizioni, ha emanato la circolare n. 4/E. Nella predetta circolare essa ha innanzitutto sostenuto che la prima di tali due disposizioni introdurrebbe una classificazione fiscale delle partecipazioni della Banca d'Italia come attivita' finanziarie detenute per la negoziazione, indipendente dalla loro classificazione contabile, laddove ha precisato che tale disposizione «prescindendo ... da valutazioni di carattere contabile ... detta una disciplina fiscale per le quote di partecipazione al capitale della Banca d'Italia inquadrandole nel comparto delle attivita' finanziarie detenute per la negoziazione (portafoglio di trading)» e che «tale inquadramento, da un punto di vista fiscale, deve essere effettuato a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 30 novembre 2013, data di entrata in vigore del decreto-legge n. 133 del 2013». Inoltre, l'Agenzia delle entrate ha riconosciuto che l'iscrizione delle quote di partecipazione della Banca d'Italia al loro maggior valore nominale di 25.000 euro nel bilancio dell'esercizio 2013 non assume rilevanza fiscale e genera quindi un disallineamento con il loro precedente valore fiscale. Ed infatti, nella circolare n. 4/E/2014, essa, dopo aver premesso che il comma 6 dell'art. 6 del decreto-legge n. 133/2013 «con l'utilizzo della locuzione "ai medesimi valori" ... ha voluto individuare un nuovo valore delle partecipazioni a seguito dell'inquadramento delle stesse nella categoria delle attivita' finanziarie detenute per la negoziazione ... pari al valore nominale delle quote di nuova emissione ... vale a dire 25.000 euro per ciascuna quota di partecipazione», ha rilevato che «l'individuazione di un valore della partecipazione, pari al valore nominale, determina un disallineamento rispetto al valore fiscale ascrivibile alle quote precedentemente iscritte in bilancio» e che «l'art. l, comma 148, della legge n. 147 del 2013 ... prende atto del disallineamento tra il valore nominale e quello fiscale delle quote di partecipazione, generato dal comma 6 dell'art. 6 del decreto-legge n. 133 del 2013 e prevede l'obbligo di riallineare i predetti valori con il versamento di un'imposta sostitutiva». Di conseguenza, a suo avviso, il regime cosi descritto «da un lato disattiva di fatto il regime di esenzione delle plusvalenze previsto dall'art. 87 del T.U.I.R. dall'altro riconosce un maggior valore fiscale con il versamento di un'imposta sostitutiva, caratterizzata da un'aliquota inferiore rispetto a quella applicabile in caso di tassazione ordinaria» in quanto «la previsione di un'imposta sostitutiva sul differenziale tra ili valore nominale e quello fiscale e', con tutta evidenza, incompatibile con il regime di esenzione delle plusvalenze previsto dall'art. 87 del T.U.I.R.». L'Agenzia delle entrate non si e' occupata anche del regime fiscale dei dividendi e plusvalenze delle partecipazioni della Banca d'Italia. Tuttavia, come si e' anticipato, per le societa' commerciali IAS adopter una pretesa riclassificazione fiscale delle partecipazioni della Banca d'Italia come attivita' finanziarie detenute per la negoziazione comporterebbe l'integrale assoggettabilita' ad IRES dei dividendi ai sensi del comma 2-bis dell'art. 89 del T.U.I.R., mentre per le societa' commerciali OIC adopter la predetta riclassificazione fiscale, pur comportando la qualificazione delle partecipazioni della Banca d'Italia come attivita' finanziarie non costituenti immobilizzazioni finanziarie, non comporterebbe la tassazione integrale dei dividendi. Per contro, una pretesa riclassificazione solo fiscale delle partecipazioni della Banca d'Italia nel comparto delle attivita' detenute per la negoziazione non comporterebbe la disapplicazione della PEX tanto per le societa' commerciali IAS adopter, quanto per quelle OIC adopter per quanto attiene alle partecipazioni acquistate prima del periodo d'imposta 2013, per il fatto che l'applicazione di tale regime ai sensi della lett. b) dell'art. 87 del T.U.I.R. risulta subordinata alla classificazione delle partecipazioni nella categoria delle immobilizzazioni finanziarie nel primo bilancio chiuso nel periodo di possesso e, quindi, nel bilancio relativo all'esercizio d'acquisto ed e' quindi irrilevante la loro ultima classificazione fiscale. Ed infatti le lettera c) e d) del comma l dell'art. 85 del T.U.I.R. lasciano intendere che possono beneficiare della PEX anche partecipazioni che, pur non essendo classificate fra le immobilizzazioni finanziarie alla data della cessione, erano classificate come tali nel bilancio relativo all'esercizio di acquisto, laddove considerano come ricavi i corrispettivi delle cessioni delle azioni e degli strumenti finanziari similari alle azioni «che non costituiscono immobilizzazioni finanziarie» soltanto se siano «diversi da quelli cui si applica l'esenzione di cui all'art. 87». Pertanto, le partecipazioni acquistate prima dell'esercizio 2013, nel caso in cui non siano state classificate nella categoria delle attivita' finanziarie detenute per la negoziazione o in quella dell'attivo circolante nel bilancio relativo all'esercizio di acquisto, soddisferebbero comunque il requisito cosi individuato. Ne' d'altro canto puo' obiettarsi che la revisione del regime civilistico delle partecipazioni della Banca d'Italia e' stata rappresentata contabilmente dai soggetti partecipanti al suo capitale come un'assegnazione di nuove partecipazioni in cambio di quelle vecchie e che, quindi, sarebbe configurabile una prima iscrizione in bilancio rilevante ai sensi della lettera b) dell'art. 87, comma l, del T.U.I.R. Come si e' visto, tale rappresentazione contabile non sembra assumere rilevanza fiscale, tanto per le societa' commerciali OIC adopter, quanto per quelli IAS adopter non solo perche' la predetta revisione ha dato luogo ad un'operazione fiscalmente neutrale di aumento gratuito del capitale e non ha legittimato, per i secondi, una riclassificazione contabile delle predette partecipazioni ai sensi dell'art. 4 del decreto ministeriale 8 giugno 2011, ma anche perche' e' lo stesso comma 148 dell'art. l della legge n. 147/2013 ad averlo dato per acquisito, riconoscendo rilevanza fiscale ai maggiori valori iscritti sulle partecipazioni della Banca d'Italia soltanto con effetto dal periodo d'imposta 2014, dietro pagamento dell'imposta sostitutiva del 26 per cento. Non sussiste una classificazione fiscale ex lege delle partecipazioni Banca d'Italia. La ricostruzione del quadro normativa ed interpretativo di riferimento induce a dissentire dalla tesi secondo cui il comma 6 dell'art. 6 del decreto-legge n. 133/2013 prevederebbe una classificazione fiscale ex lege delle partecipazioni della Banca d'Italia come attivita' finanziarie detenute per la negoziazione indipendente dalla loro classificazione contabile. La predetta disposizione sembra volta ad introdurre esclusivamente un obbligo di classificazione e valutazione delle partecipazioni della Banca d'Italia di valenza contabile non solo perche' non reca alcun richiamo alla normativa fiscale ovvero a nozioni fiscali, ma anche perche', ponendo il precetto secondo cui i «partecipanti al capitale di Banca d'Italia ... iscrivono le quote di cui all'art. 4, comma 2, nel comparto delle attivita' finanziarie detenute per la negoziazione ai medesimi valori» e cioe' ai maggiori valori derivanti dall'aumento del loro valore nominale a 25.000 euro, richiama nozioni contabili. Ed infatti, se da un lato e' esclusivamente la contabilita' che accoglie l'iscrizione dei valori delle partecipazioni, esistendo autonome scritture fiscali solo per i beni ammortizzabili e quelli di magazzino, dall'altro lato, anche la nozione di «comparto delle attivita' finanziarie detenute per la negoziazione» e' una nozione contabile in quanto il T.U.I.R. utilizza di regola le diverse nozioni di attivita' che «non costituiscono immobilizzazioni finanziarie» nel comma 1 dell'art. 85 del T.U.I.R., in contrapposizione a quelle di attivita' classificate «nella categoria delle immobilizzazioni finanziarie» utilizzata nell'art. 87 e di attivita' che «costituiscono» o «si considerano come immobilizzazioni finanziarie» utilizzata nei commi 3 e 3-bis dell'art. 85, nel comma 4 dell'art. 86, nei commi 2 e 2-bis dell'art. 101 e nei commi 1 ed l-bis dell'art. 110 del medesimo T.U.I.R. Inoltre, il secondo periodo del comma 6 dell'art. 6 del decreto-legge n. 133/2013, mantenendo »in ogni caso ferme le disposizioni di cui all'art. 4 del decreto legislativo 28 febbraio 2005, n. 38» e cioe' le disposizioni che prevedono l'obbligo o la facolta' di adottare i principi contabili internazionali per la redazione del bilancio, non solo da' per presupposto che il precedente primo periodo sancisca un obbligo di valenza contabile e non fiscale, risultando altrimenti inutiliter data, ma per i soggetti IAS adopter ha escluso anche la stessa sussistenza di un autonomo obbligo di classificazione contabile, mantenendo ferma l'applicazione degli IAS. Ne' d'altra parte puo' obiettarsi che tale clausola, proprio facendo salva l'applicazione dei principi contabili internazionali, intenderebbe riconoscere una valenza esclusivamente fiscale agli obblighi di classificazione e valutazione sanciti dal comma 6 dell'art. 6 del decreto-legge n. 133/2013 per il fatto che, se cosi fosse stato, avrebbe dovuto fare salva l'applicazione anche delle disposizioni del codice civile in materia di bilancio. Rilievi costituzionali. Alla stregua di quanto esposto e' stato chiarito il significato precettivo delle norme richiamate e quindi si puo' passare a illustrare i di profili di non manifesta infondatezza delle questioni di legittimita' costituzionale sollevati. Ad avviso di questa Commissione combinato normativa di cui: all'art. 6, comma 6, del decreto-legge n. 133/2013, convertito dalla legge n. 5/2014, secondo cui: «A partire dall'esercizio in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, i partecipanti al capitale della Banca d'Italia iscrivono le 23 quote di cui all'art. 4, comma 2, nel comparto delle attivita' finanziarie detenute per la negoziazione, ai medesimi valori. Restano in ogni caso ferme le disposizioni di cui all'art. 4 del decreto legislativo 28 febbraio 2005, n. 38», e - all'art. l, comma 148, della legge n. 147/2013, come modificato dall'art. 4, comma 12 del decreto-legge 66/2014 (convertito dalla legge n. 89/2014), secondo cui: «Ai maggiori valori iscritti nel bilancio relativo all'esercizio in corso al 31 dicembre 2013, per effetto dell'art. 6, comma 6, del decreto-legge 30 novembre 2013, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 gennaio 2014, n. 5, si applica un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell'imposta regionale sulle attivita' produttive e di eventuali addizionali, da versarsi in unica soluzione entro il termine di versamento del saldo delle imposte sui redditi dovute per il periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2013. Gli importi da versare possono essere compensati ai sensi del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. L'imposta e' pari al 26 per cento del valore nominale delle quote alla suddetta data, al netto del valore fiscalmente riconosciuto. Il valore fiscale delle quote si considera riallineato al maggior valore iscritto in bilancio, fino a concorrenza del valore nominale, a partire dal periodo d'imposta in corso alla data di entrata in vigore della presente disposizione. Se il valore iscritto in bilancio e' minore del valore nominale, quest'ultimo valore rileva comunque ai fini fiscali a partire dallo stesso periodo d'imposta» si pone in contrasto con gli articoli 53, 3, 41, 42, della Costituzione. Eguale censura si abbatte, seppur con motivazioni parzialmente diverse (come appresso illustrato), sul combinato disposto da: art. 6, comma 6, del decreto-legge n. 133/2013, convertito dalla legge n. 5/2014 (supra indicato), e - art. 1, comma 148, della legge n. 147/2013, secondo cui: «Al trasferimento previsto dal comma 6 dell'art. 6 del decreto-legge 30 novembre 2013, n. 133, si applica l'art. 4 del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 8 giugno 2011, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 135 del 13-24 giugno 2011, qualunque sia la categoria di provenienza; ai maggiori valori iscritti in bilancio per effetto del comma 6, primo periodo, dello stesso art. 6 del citato decreto-legge n. 133 del 2013 si applica un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell'imposta regionale sulle attivita' produttive e di eventuali addizionali, con l'aliquota di cui al comma 143, da versarsi nei modi e nei termini previsti dal comma 145». La disciplina, nella sostanza, si presentava come illegittima e contra Constitutionem gia' nella versione originale della legge n. 147/2013; la successiva integrale sostituzione del comma 148, dell'art. l, ad opera del decreto-legge n. 66/2014, acuisce ed incrementa i punti di contrasto ed inconciliabilita' con la fonte sovraordinata. L'esposizione che segue riguarda entrambe le composizioni normative: decreto-legge n. 133/2013 in composizione con il decreto-legge n. 66/2014 e decreto-legge n. 133/2013 in composizione con la legge n. 147/203. In effetti, la caducazione dell'art. 4, comma 12, decreto-legge n. 66/2014, verso cui il presente ricorso muove, potendo dare luogo alla riviviscenza del comma 148, dell'art. l, legge 147/2013 nel testo originale, rende necessario chiarire come anche la norma sostituita sia in contrasto con la Costituzione. Violazione dell'art. 53 della Costituzione. Un primo dubbio riguarda il rispetto e l'attuazione del principio di equa e comune partecipazione alle spese pubbliche, come stabilito dall'art. 53 della Costituzione, secondo cui «Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacita' contributiva». Sotto questo specifico profilo deve osservarsi nessuna capacita' contributiva effettiva puo' emergere in assenza del materiale apprendimento della ricchezza oggetto di incisione, inoltre si attua un prelievo rispetto a valori che debbono restare «coperti» dal regime di esenzione. Merita a tale riguardo osservare come il maggior valore nominale delle partecipazioni corrisponda al valore delle riserve (ordinaria e straordinaria) per il tramite delle quali e' stato attuato l'aumento gratuito di capitale sociale. Tali riserve, giusta art. 38 dello Statuto (allegato 14), sono costituite da utili realizzati dalla Banca. Gli utili in questione sono stati «tassati», essendo la Banca soggetto passivo sia dell'IRES che dell'IRAP. Si veda, a comprova, le risultanze del bilancio 2013 di Banca d'Italia, da cui emerge che a fronte di un utile ante imposte di euro 4.678.917.932, le imposte di competenza ammontano ad euro 1.643.602.018 (oltre il 35 per cento) (allegato 15 del ricorso, pagina 296); quanto all'utile 2012, le imposte ammontano ad euro 1.927.119.000 (e cosi via anche per gli utili dei precedenti esercizi). Il discorso non muta laddove si intenda determinare ed inquadrare il maggior valore delle partecipazioni nella misura dei dividendi attesi, come emerge da un'analisi quantitativa condotta dalla stessa Banca d'Italia (allegato 16 del ricorso) sulla base del Discounted Dividend Model (valore attuale dei dividendi attesi). Anche in tale prospettiva si tratta di utili soggetti a tassazione piena presso la Banca d'Italia. Attraverso l'imposta sostitutiva di che trattasi viene a realizzarsi doppia tassazione della medesima ricchezza: gli utili prodotti dalla Banca d'Italia sono tassati una volta presso la stessa ed una seconda volta presso i soci, cui e' richiesta un'imposta sul maggior valore nominale delle partecipazioni rappresentato proprio da quegli utili «tassati». Risulta in tal modo spezzato il rapporto di razionalita' e coerenza sistematica che deve sussistere tra imposizione (anche sostitutiva) e capacita' contributiva. Il principio della contribuzione alle spese pubbliche di «tutti» i contribuenti, ovverosia in equo concorso tra loro, e' evidentemente vulnerato: i detentori di partecipazioni alla Banca d'Italia sono chiamati a contribuire in misura di gran lunga maggiore rispetto a quanto gli altri contribuenti debbano fare per l'incremento di valore conseguito dalle partecipazioni societarie immobilizzate e munite dei requisiti P.Ex. da essi detenute. Un'inaccettabile svantaggiosa discriminazione e' perpetrata ai danni di contribuenti come l'istante; si sottrae loro una ricchezza che l'erario ha gia' inciso e che puo' assumere rilevanza presso il socio solo al realizzo e nella limitata misura del 5 per cento. Se si pone attenzione al caso della ricorrente si puo' facilmente osservare come sulla ricchezza lorda prodotta dalla Banca d'Italia, ed espressa oltre che nei conti dell'istituto centrale in quelli della ricorrente, siano gravate imposte inconsuete ed inaccettabili. Anche a voler considerare un'incisione della Banca d'Italia al 35 per cento (per IRES ed IRAP) come rilevabile dal (suo) bilancio 2013 (ma e' noto che le aliquote applicabili ai precedenti periodi d'imposta erano ben piu' elevate), emerge come su euro 290.586.428,00 (imponibile imposta sostitutiva della ricorrente) oltre i 75 milioni pagati dalla ricorrente, siano state precedentemente corrisposte imposte dalla Banca d'Italia per euro 157 milioni (35 per cento della ricchezza lorda). Violazione dell'art. 3, della Costituzione. Il combinato normativo censurato si pone poi in contrasto con il principio di eguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione. Occorre considerare come sia il comma 148 della legge n. 147/2013 statuisce che l'obbligo d'iscrizione delle partecipazioni nel comparto delle attivita' finanziarie detenute per la negoziazione ai maggiori valori derivanti dall'aumento del loro valore nominale a 25.000 euro ha una valenza contabile in quanto prevede non solo che il comma 6 dell'art. 6 del decreto-legge n. 133/2013 ha come effetto l'iscrizione di «maggiori valori» nel bilancio dell'esercizio 2013, ma anche che i maggiori valori cosi iscritti non sono rilevati fiscalmente in quanto, come si e' visto, assumono rilevanza fiscale soltanto nel periodo d'imposta 2014 fino a concorrenza del maggior valore nominale delle quote dietro pagamento dell'imposta sostitutiva del 26 per cento. Nel senso appena esposto depone anche la relazione illustrativa dell'art. 4 di tale decreto-legge, laddove lascia intendere che tale decreto-legge non ha inteso modificare il regime fiscale dei dividendi delle partecipazioni della Banca d'Italia, avendo precisato che «il meccanismo di remunerazione basato esclusivamente sull'ammontarre massimo dei dividendi, a valere sull'utile netto di esercizio, mantiene inalterato l'attuale regime fiscale». Tant'e' vero che la relazione tecnica non ha inserito fra le previsioni di gettito il maggior gettito derivante dall'integrale assoggettamento ad IRES dei dividendi. Ed ancora, il comma 6 dell'art. 6 del decreto-legge n. 133/2013 non puo' porre a carico dei soggetti IAS adopterr un obbligo di classificazione fiscale delle partecipazioni della Banca d'Italia come attivita' finanziarie detenute per la negoziazione indipendente dalla qualificazione contabile perche' l'art. 83 del T.U.I.R., sancendo il principio secondo cui i criteri di classificazione previsti dai principi contabili internazionali assumono diretta valenza fiscale, in difetto di una deroga espressa, non consente di prevedere classificazioni fiscali difformi da quelle dei predetti principi. Detta previsione di un obbligo di riclassificazione solo fiscale delle partecipazioni della Banca d'Italia fra le attivita' finanziarie detenute per la negoziazione si pone in contrasto i principi di eguaglianza e ragionevolezza sanciti dall'art. 3 della Costituzione in quanto comporterebbe l'assoggettamento dei proventi di tali partecipazioni non detenute per la negoziazione ad un regime fiscale deteriore rispetto a quello dei proventi delle altre partecipazioni non detenute per la negoziazione, senza una giustificazione razionale, sfavorendone l'acquisto e la detenzione, tanto piu' per il fatto che per le partecipazioni della Banca d'Italia eccedenti il 3 per cento non e' previsto il pagamento di dividendi. Ne' puo' obiettarsi che, in tal caso, l'assoggettamento integrale ad IRES dei dividendi e delle plusvalenze potrebbe trovare giustificazione nel precedente assoggettamento ad imposta sostitutiva con l'aliquota del 26 per cento dei maggiori valori derivanti dall'aumento del valore nominale delle partecipazioni della Banca d'Italia. L'applicazione di tale imposta sostitutiva ha comportato un aggravio e non un risparmio d'imposta a carico delle imprese che non le hanno acquistate per la negoziazione in quanto le plusvalenze di tali partecipazioni avrebbero altrimenti fruito della PEX. D'altro canto, sarebbero integralmente soggetti ad IRES anche i dividendi e le plusvalenze di partecipazioni detenute da imprese IAS adopter che, avendole acquistate dopo il periodo d'imposta 2013, non hanno corrisposto l'imposta sostitutiva. L'assoggettamento al regime d'imposizione integrale dei dividendi anche delle partecipazioni della Banca d'Italia non detenute per la negoziazione si pone in chiaro contrasto con la ratio di tale regime in quanto, essendo stato introdotto per contrastare le operazioni di acquisto e rivendita di partecipazioni che consentano di conseguire dividendi esclusi in contropartita del realizzo di minusvalenze deducibili, non ha ragione di trovare applicazione anche per le partecipazioni cosi individuate. Infine, l'integrale assoggettamento ad IRES dei dividendi delle partecipazioni della Banca d'Italia non detenute per la negoziazione sarebbe incompatibile con l'eventuale fruizione della PEX sulle plusvalenze realizzate mediante la loro cessione a titolo oneroso per il fatto che consentirebbe di considerare esenti da IRES per il 95 per cento del loro importo plusvalenze che troverebbero fonte nella capitalizzazione di dividendi integralmente soggetti a tale imposta. Inoltre con l'entrata in vigore dell'IFRS 9 le conclusioni esposte sono state confermate dall'art. 2 del decreto del MEF del 10 gennaio 2018, («Ministero dell'economia e delle finanze decreto ministeriale 10 gennaio 2018: Disposizioni di coordinamento tra il principilo contabile internazionale adottato con il regolamento 22 novembre 2016, n. 2016/2067 che modifica il regolamento (CE) n. 1126/2008 che adotta taluni principi contabili internazionali conformemente al regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda l'International Financial Reporting Standard 9, e le regole di determinazione della base imponibile dell'IRES e dell'IRAP, ai sensi dell'art. 4, comma 7-quater, del decreto legislativo 28 febbraio 2005, n. 38. Art. 2. Individuazione delle attivita' immobilizzate e circolanti. 1. Si considerano detenute per la negoziazione, ai sensi del comma 3-bis dell'art. 85 del TUIR, le attivita' finanziarie che rispettano la definizione di possedute per negoziazione di cui alle lettere a) e b) dell'appendice A dell'IFRS 9 e che sono rilevate come tali in bilancio. 2. Per i soggetti che non rappresentano come tali in bilancio le attivita' finanziarie che rispettano la definizione di possedute per negoziazione di cui alle lettere a) e b) dell'appendice A dell'IFRS 9, la classificazione delle stesse come attivita' firnanziarie detenute per la negoziazione di cui al comma 3-bis dell'art. 85 del TUIR assume rilievo fiscale se e nella misura in cui sia rilevata nei documenti contabili e risulti da atto di data certa contestuale o anteriore alla data di approvazione del bilancio.») recante «disposizioni di coordinamento» tra lo IFRS 9 «e le regole di determinazione della base imponibile dell'IRES e dell'IRAP». Tale disposizione ha infatti stabilito che, a seguito dell'adozione di tale principio contabile, «si considerano detenute per la negoziazione, ai sensi del comma 3-bis dell'art. 85 del T.U.I.R.», esclusivamente le attivita' finanziarie che integrino due distinti requisiti di natura contabile e cioe' che rispettino «la definizione di possedute per la negoziazione di cui alle lettere a) e b) dell'appendice A dell'IFRS 9» e «che sono rilevate come tali in bilancio», senza fare alcuna eccezione per le partecipazioni nel capitale della Banca d'Italia. Pertanto, come rilevato nella relazione illustrativa, tale disposizione ha statuito che le partecipazioni non detenute principalmente al fine di essere vendute o riacquistate a breve «non possono essere in alcun caso ricondotte alla classificazione di quelle detenute per la negoziazione, ai sensi del comma 3-bis dell'art. 85 del T.U.I.R.». In pratica quindi per effetto delle norme richiamate i partecipanti al capitale di Banca di Italia subiscono un trattamento svantaggioso e gravemente discriminatorio rispetto a quello riservato agli omologhi partecipanti al capitale sociale della generalita' degli enti e societa' commerciali. Detto trattamento deteriore non trova giustificazione si pone in irrimediabile contrasto con il principio di eguaglianza di cui all'art 3 della Costituzione. Nessuna effettiva e consistente ragione e' menzionata nei testi normativi che hanno disposto l'illegittimo prelievo; nessun motivo obiettivo e ragionevole sta alla base della rottura dei corretti canoni della tassazione, la cui applicazione spettava ai partecipanti alla Banca d'Italia. Violazione degli articoli 41 della Costituzione. Risulta vulnerato anche l'art. 41 Costituzione, secondo cui «L'iniziativa economica privata e' libera», risulta gravemente inciso. Per via della disciplina ivi censurata si e' sottoposta a tassazione immediata, ad aliquota appena inferiore a quella piena, una ricchezza che, secondo le regole applicabili alla generalita' dei contribuenti e necessarie al corretto funzionamento dei principi su cui poggia l'ordinamento tributario, sarebbe rilevata solo al (suo) realizzo effettivo e nella limitata misura del 5 per cento. Violazione degli articoli 53, 3, 41 della Costituzione. Lesione del principio del legittimo affidamento. La violazione della Costituzione si palesa anche per via della compromissione del legittimo affidamento sulla «certezza dell'ordinamento giuridico». Sotto tale profilo, risultano violati gli articoli 3 e 41. Conviene riportare le osservazioni di aprte ricorrene. La ricorrente lamenta:- la forzosa esclusione dal regime P.Ex. spettante sulle partecipazioni al capitale di Banca d'Italia con riferimento ad una ricchezza (incremento di valore delle partecipazioni) insorta/maturata prima del censurato intervento normativa;- l'immotivata ridefinizione sostanziale ad opera del decreto-legge n. 66/2014 dell'imposta sostitutiva- sotto i profili di grave innalzamento dell'aliquota e dell'eliminazione della rateazione triennale -con effetti spregiudicatamente retroattivi. Disattivazione P.Ex. Oltre ad essere del tutto illogico ed incongruo sottrarre allo spettante regime fiscale (i.e. rilevanza al realizzo effettivo e nella limitata misura del 5 per cento) l'incremento di valore conseguito dalle partecipazioni sino al 31 dicembre 2013, si produce un effetto lesivo del principio di eguaglianza sostanziale ed un'indebita interferenza con l'esercizio della liberta' di iniziativa economica a causa dell'inaspettata introduzione di un trattamento fiscale deleterio, del tutto inverso e irrispettoso del regime che l'ordinamento aveva razionalmente stabilito per l'incremento di valore conseguito sino al 31 dicembre 2013 dalle partecipazioni di che trattasi. Tale illegittimo effetto risulta evidente laddove si consideri che il socio di Banca d'Italia che avesse realizzato entro il 31 dicembre 2013 l'incremento di valore della partecipazioni (cessione delle partecipazioni entro tale data) avrebbe incluso nella base imponibile IRES il 5 per cento del plusvalore, con imposizione IRES pari al 1,35 per cento, nel mentre la ricorrente che ha inteso realizzare la medesima ricchezza conseguita al 31 dicembre 2013 in una data successiva e' chiamata per cio' solo, ovverosia a prescindere dall'effettivo realizzo, ad un'imposizione del 26 per cento (in aggiunta, si ribadisce, a quanto gia' versato da Banca d'Italia sugli utili da essa prodotti). A non diverse conclusioni si perviene laddove si intenda incasellare l'accaduto in una permuta realizzativa di partecipazioni; anche in tal caso, infatti, il realizzo delle partecipazioni sostituite era coperto dalla partecipation exemption e la disciplina ivi denunciata, ancora una volta, ha tradito le legittime attese, cambiando il regime applicabile ad una ricchezza gia' insorta (ed ancora una volta, gia' tassata presso la Banca d'Italia). La tutela del principio del legittimo affidamento del contribuente sull'applicazione del regime fiscale originariamente spettante sugli utili o sul maggior valore delle societa' da esso partecipate emerge chiaramente nell'ordinamento. L'art. 4, decreto ministeriale 8 giugno 2011, nel disciplinare le ipotesi di riclassificazione di strumenti finanziari (partecipazioni in primis), ad opera di soggetti adottanti i principi contabili internazionali, attua il modello (opposto a quello, come visto, applicabile alla ricorrente, non IAS adopter) di assimilazione della riclassificazione al realizzo dello strumento. Ebbene, seppur si tratta di uno strumento che per via della riclassificazione passa dal regime P.Ex., previsto per le partecipazioni immobilizzate, a quello di piena rilevanza dei differenziali di valore applicabile alle partecipazioni di trading, l'incremento di valore conseguito alla data di riclassificazione-realizzo resta assoggettato al regime fiscale spettante ante-riclassificazione, non potendosi tradire il legittimo affidamento in ordine all'assoggettamento della ricchezza gia' emersa al trattamento fiscale sin li stabilito. Sotto questo punto di vista, la Corte costituzionale, nel dirimere una questione di costituzionalita' posta in relazione ad una norma tributaria, ha affermato che non puo' essere frustrato: «l'affidamento dei soggetti nella possibilita' di operare sulla base delle condizioni normative presenti nell'ordinamento in un dato periodo storico» (Corte cost., 22 novembre 2000, n. 525)». In definitiva, nella complessiva vicenda che ci occupa la parita' di trattamento tra contribuenti omologhi e' spezzata sul semplice inammissibile presupposto del realizzo (applicazione del regime P.Ex.) o mantenimento (applicazione di una rilevante imposta sostitutiva) delle partecipazioni alla data del 31 dicembre 2013. Per altro verso, l'iniziativa economica dei soci di Banca d'Italia e' fortemente incisa dalla vicenda normativa in discussione; la programmazione delle uscite di cassa, essenziale per un equilibrata gestione dei conti aziendali e per un tempestivo approntamento delle risorse necessarie all'adempimento degli obblighi assunti, e' messa in crisi da una disciplina che improvvisamente e senza alcuna ragione sistematica richiede imposte su una ricchezza coperta dal regime di esclusione dalla base imponibile. Violazione dell'art. 42 della Costituzione. Appare fortemente compromesso anche il principio di inviolabilita' della proprieta' privata, direttamente tutelato dall'art. 42 della Costituzione, ai termini del quale: «La proprieta' privata e' riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti». L'assenza dei presupposti di una legittima tassazione mette a nudo come la disciplina denunciata realizzi un sostanziale effetto ablatorio della «proprieta' privata». Per via di una serie di norme successive si e' costruito un obbligo di contribuzione non compatibile con discipline e principi che attuano l'imposizione; risulta allora evidente che si sia proceduto ad una mera spoliazione patrimoniale. L'intento della legge, pare evidente, non e' quello di incidere una nuova ricchezza (ossia non gia' rilevata ai fini dell'imposizione) acquisita da contribuenti come la ricorrente, bensi quello di 32 apprendere a tutti i costi parte del loro patrimonio, delle loro disponibilita' finanziarie alla data del 31 dicembre 2013. Ebbene tale patrimonio e disponibilita' finanziaria sono, nel caso della ricorrente, frutto di un'attivita' economica operativa che ha gia' adeguatamente concorso al sostenimento delle spese pubbliche attraverso l'ordinaria tassazione della ricchezza prodotta dall'impresa. La disciplina censurata nulla motiva in ordine a tale spoliazione patrimorniale; nessun equo contemperamento tra le indefinite esigenze finanziarie dello Stato e la tutela del patrimonio dei contribuenti e' ravvisabile nel decreto-legge n. 66/2014. Cio' esposto deve osservarsi a questo punto che a giudizio di questa Commissione e' preclusa ogni possibilita' di ricostruzione ermeneutica adeguatrice del combinato disposto normativa richiamato. Invero il tenore testuale delle norme e' inequivoco e le norme stesse sono state redatte in maniera chiara ed inequivoca deve escludersi di per se' ogni lettura alternativa rispetto a quella illustrata.
P.Q.M. La Commissione tributaria di Trieste II Sezione. Visti gli articoli 134 e 137 cost., 1 legge costituzionale 9 febbraio 1948 n. 1, 23 legge 11 marzo 1953 n. 87: dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale del combinato normativa costituito dall'art. 6, comma 6, decreto-legge n. 133/2013 convertito dalla legge n. 5/2014, e dal comma 148 dell'art. l della legge n. 147/2013; ritenendo le suddette disposizioni in violazilone degli articoli 3 ,41, 42 e 53 della Costituzione nei termini di cui in motivazione; dispone la sospensione del presente giudizio; ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata alle parti ed al Presidente del Consiglio dei ministri; ordina, altresi, che l'ordinanza venga comunicata dal cancelliere ai Presidenti delle due Camere del Parlamento; dispone l'immediata trasmissione degli atti, comprensivi della documentazione attestante il perfezionamento delle prescritte notificazioni e comunicazioni, alla Corte costituzionale. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di rito. Trieste, 10 febbraio 2022 Il Presidente: Rovis Il giudice relatore: Milillo