N. 74 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 maggio 2022

Ordinanza del 27 maggio 2022 della Commissione tributaria provinciale
di Trieste sul ricorso proposto da Generali Italia Spa contro Agenzia
delle entrate - Direzione regionale Friuli-Venezia Giulia. 
 
Tributi - Banca d'Italia - Aumento del capitale sociale -  Previsione
  che, a partire dall'esercizio in corso  alla  data  di  entrata  in
  vigore del  decreto-legge  n.  133  del  2013,  i  partecipanti  al
  capitale della Banca d'Italia iscrivono le quote di partecipazione,
  nel  comparto  delle  attivita'   finanziarie   detenute   per   la
  negoziazione, ai medesimi valori, ferme  restando  le  disposizioni
  che impongono,  nella  redazione  del  bilancio  di  esercizio,  la
  conformita' ai principi contabili internazionali - Applicazione  ai
  maggiori valori iscritti nel  bilancio  relativo  all'esercizio  in
  corso al 31 dicembre 2013, per effetto dell'art. 6,  comma  6,  del
  decreto-legge n. 133 del  2013,  di  un'imposta  sostitutiva  delle
  imposte  sui  redditi  e  dell'imposta  regionale  sulle  attivita'
  produttive  e  di  eventuali  addizionali,  da  versarsi  in  unica
  soluzione - Fissazione dell'imposta nella misura  pari  al  26  per
  cento del valore nominale delle quote alla suddetta data, al  netto
  del valore fiscalmente riconosciuto  -  Riallineamento  del  valore
  fiscale delle quote al maggior valore iscritto in bilancio, fino  a
  concorrenza del valore nominale, a partire  dal  periodo  d'imposta
  2014 - Previsione che, se il valore iscritto in bilancio e'  minore
  del valore nominale, quest'ultimo rileva comunque ai fini fiscali a
  partire dallo stesso periodo d'imposta. 
- Decreto-legge  30  novembre  2013,  n.  133  (Disposizioni  urgenti
  concernenti l'IMU, l'alienazione di immobili pubblici  e  la  Banca
  d'Italia), convertito, con modificazioni, nella  legge  29  gennaio
  2014, n. 5, art. 6, comma 6, in combinato disposto  con  l'art.  1,
  comma 148, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 ("Disposizioni  per
  la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge
  di stabilita' 2014)"), come modificato dall'art. 4, comma  12,  del
  decreto-legge  24  aprile  2014,  n.  66  (Misure  urgenti  per  la
  competitivita'   e   la   giustizia   sociale),   convertito,   con
  modificazioni, nella legge 23 giugno 2014, n. 89. 
Tributi - Banca d'Italia - Aumento del capitale sociale -  Previsione
  che, a partire dall'esercizio in corso  alla  data  di  entrata  in
  vigore del  decreto-legge  n.  133  del  2013,  i  partecipanti  al
  capitale della Banca d'Italia iscrivono le quote di partecipazione,
  nel  comparto  delle  attivita'   finanziarie   detenute   per   la
  negoziazione, ai medesimi valori, ferme  restando  le  disposizioni
  che impongono,  nella  redazione  del  bilancio  di  esercizio,  la
  conformita' ai principi contabili internazionali - Applicazione, ai
  trasferimenti di cui all'art. 6, comma 6, del decreto-legge n.  133
  del 2013, della riclassificazione delle  attivita'  finanziarie  di
  cui all'art. 4 del decreto  del  Ministero  dell'economia  e  delle
  finanze  dell'8  giugno  2011,  qualunque  sia  la   categoria   di
  provenienza - Applicazione, ai maggiori valori iscritti in bilancio
  in ragione della predetta norma, di  un'imposta  sostitutiva  delle
  imposte  sui  redditi  e  dell'imposta  regionale  sulle  attivita'
  produttive e di eventuali addizionali, con aliquota pari al 12  per
  cento, da versarsi in tre rate di pari importo, senza pagamento  di
  interessi. 
- Decreto-legge  30  novembre  2013,  n.  133  (Disposizioni  urgenti
  concernenti l'IMU, l'alienazione di immobili pubblici  e  la  Banca
  d'Italia), convertito, con modificazioni, nella  legge  29  gennaio
  2014, n. 5, art. 6, comma 6, in combinato disposto  con  l'art.  1,
  comma 148, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 ("Disposizioni  per
  la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge
  di stabilita' 2014)"), nella versione originaria. 
(GU n.26 del 29-6-2022 )
 
          LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE DI TRIESTE 
 
                             Sezione 02 
 
    Riunita in udienza il 10 febbraio 2022  alle  ore  15,00  con  la
seguente composizione collegiale: 
        Rovis Claudio, Presidente; 
        Milillo Giorgio, relatore; 
        Psaila Vincenzo, giudice. 
    In data 10 febbraio 2022 ha pronunciato la seguente ordinanza sul
ricorso n. 180/2020 depositato il 30 giugno 2020 proposto da Generali
Italia  S.p.a.  -  00409920584;  difeso  da  avv.  Nicola   Mazza   -
MZZNCL66P29C352F;   rappresentato    da    Michele    Ceccarelli    -
CCCMHL63T21G478X     ed     elettivamente     domiciliato      presso
nicola.mazza@avvocaticatanzaro.legalmail.it 
    Contro Agenzia entrate Direzione regionale Friuli-Venezia Giulia;
difeso da Guglielmi Guglielmo C/o Avvocatura distrettuale dello Stato
Trieste  -  GGLGLL65PlOG902Z  ed  elettivamente  domiciliato   presso
ads.ts@mailcert.avvocaturastato.it 
    Avente ad oggetto l'impugnazione di: 
        diniego rimborso n. 0000 IRES-ALTRO 2013; 
        diniego rimborso n. 0000 IRAP 2013; 
    a seguito di discussione in pubblica udienza. 
 
                     Elementi in fatto e diritto 
 
(Concisa esposizione  dello  svolgimento  del  processo  a  cura  del
                              relatore) 
 
    Generali Italia S.p.a. possedeva 19.000  quote  del  capitale  di
Banca  d'Italia  pervenute   nel   2013   e   classificate   tra   le
immobilizzazioni  finanziarie  per  un   valore   fiscale   di   euro
184.413.572,20 al 31 dicembre 2013. 
    CN decreto-legge 30 novembre 2013, n. 133, alla Banca d'Italia e'
stata fornita autorizzazione  per  l'aumento  del  proprio  capitale,
mediante utilizzo delle riserve statutarie, per un  importo  di  euro
7.500.000.000,00 (dagli originali euro 156.000,00  corrispondenti  ai
vecchi 300 milioni di lire). 
    A  seguito   dell'aumento,   il   capitale   veniva   ad   essere
rappresentato  da  quote  nominative  di  partecipazione   di   nuova
emissione, di euro 25.000,00 ciascuna. 
    La  ricorrente,  pertanto,   a   seguito   di   tale   operazione
finanziaria, si e' ritrovata ad avere nuove quote  di  partecipazione
in Banca d'Italia pari a un valore nominale di euro 475.000.000,00. 
    L'art.  6,  comma  6,  del  citato  decreto-legge  n.   133/2013,
disciplinava il trattamento contabile di tale trasferimento di  quote
prevedendo che queste avrebbero dovuto essere iscritte  nel  comparto
delle attivita' finanziarie detenute per la negoziazione ai  medesimi
valori (euro  25.000,00  ciascuna)  a  partire  dall'esercizio  2013,
restando  comunque  ferma  l'applicazione  dei   principi   contabili
internazionali per cui il trasferimento delle quote  dal  portafoglio
di  provenienza  al  portafoglio  di  negoziazione   comportava   una
rivalutazione civilistica obbligatoria in capo ai detentori di quote. 
    In seguito la legge 27 dicembre 2013, n. 147, all'art.  1,  comma
148  (Legge  di  stabilita'  2014),  prevedeva  che,   affinche'   la
rivalutazione acquisisse anche  valore  fiscale,  i  maggiori  valori
iscritti in bilancio  al  31  dicembre  2013  scontassero  un'imposta
sostitutiva delle imposte sui redditi, dell'imposta  regionale  sulle
attivita' produttive e di  eventuali  addizionali,  inizialmente  con
aliquota del 12 per  cento,  (successivamente  aumentata  al  26  per
cento, dall'art. 4, comma 12, del decreto-legge 24  aprile  2014,  n.
66, che ha sostituito completamente il comma 148 predetto). 
    La legge di stabilita' 2014 ha,  in  altri  termini,  imposto  un
riallineamento   obbligatorio   del   valore   fiscale   al    valore
contabile-civilistico delle  quote  (o  per  dirla  diversamente,  ha
permesso  l'affrancamento  fiscale  di  un  valore  civilistico)  con
pagamento  di  un'imposta  sostitutiva  delle  imposte  sui  redditi,
dell'Irap e di eventuali addizionali, del 26 per cento,  in  un'unica
soluzione con il saldo delle imposte 2013 (16 giugno 2014). 
    L'imposta sostitutiva andava applicata sul valore nominale  delle
quote alla suddetta data (25mila euro cadauna), al netto  del  valore
fiscalmente riconosciuto (base imponibile = nuovo valore  nominale  -
valore fiscale della quota ante imposta sostitutiva). 
    La   ricorrente,   pertanto,   imputava   a    conto    economico
dell'esercizio 2013 una plusvalenza di  euro  290.586.428,00  (19.000
quote possedute * euro 25.000  valore  quote  -  euro  184.413.572,20
valore fiscale al 31 dicembre 2013) sulla quale, in  data  16  giugno
2014 provvedeva ad applicare e versare l'imposta sostitutiva  del  26
per cento pari a euro 75.552.471,23. 
    Ritenendo incostituzionali le norme sopra  brevemente  richiamate
(art. 6, comma 6, del decreto-legge n. 133/2013, e art. 1, comma 148,
della legge di stabilita'  2014),  Generali  presentava  in  data  15
giugno 2018 alla  resistente  Direzione  istanza  di  rimborso  della
suddetta imposta sostitutiva versata. 
    Avverso il silenzio-rifiuto formatosi, la  societa'  contribuente
proponeva ricorso innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale  di
Trieste sollevando eccezione di illegittimita' costituzionale. 
    Si    costituiva    l'Agenzia    delle    entrate     depositando
controdeduzioni. 
    L'eccezione e' rilevante a non manifestamente infondata. 
Rilevanza. 
    La rilevanza viene definita all'art. 23 dalla  legge  n.  87  del
1953   («qualora   il   giudizio   non    possa    essere    definito
indipendentemente dalla risoluzione della questione  di  legittimita'
costituzionale»), e esprime la trasposizione in  termini  processuali
dell'incidentalita' (e  concretezza)  del  giudizio  di  legittimita'
costituzionale. 
    La norma prevede quindi che possa essere sollevata  la  questione
di legittimita' costituzionale di un norma solo nel caso  in  cui  la
norma che si assume incostituzionale trova applicazione nel  giudizio
a quo e piu' specificamente detto giudizio non  possa  essere  deciso
senza l'applicazione della norma. 
    Nel caso sottoposto al presente vaglio  la  ricorrente  si  duole
espressamente degli articoli 6, comma 6,  decreto-legge  n.  133/2013
convertito dalla legge n. 5/2014 e l'art.  1,  comma  148,  legge  n.
147/2013, come modificato dall'art. 4, comma 12 del decreto-legge  n.
66/2014  (convertito  dalla  legge  n.  89/2014)  ed   ha   sollevato
articolata eccezione di illegittimita' costituzionale. 
    Il presente giudizio ha ad  oggetto  una  richiesta  di  rimborso
della somma di euro 75.552.471,23 versate quale  imposta  sostitutiva
delle imposte sui redditi e dell'imposta  regionale  sulle  attivita'
produttive e di eventuali addizionali ai sensi dell'art 1, comma 148,
legge  n.  147/2013,  come  modificato  dall'art.  4,  comma  12  del
decreto-legge n. 66/2014 (convertito dalla legge n.  89/2014)  su  un
valore imponibile relativo al valore della  quota  di  partecipazione
alla Banca d'Italia classificato in base all'art. 6, decreto-legge n.
133/2013 convertito dalla legge n. 5/2014 come attivita'  finanziaria
detenuta per la negoziazione. 
    Il   calcolo   del   valore   imponibile   poi   derivava   dalla
moltiplicazione del valore delle quote pari ad euro 25.000  per  come
determinato all'art. 4 del decreto-legge n. 133/2013 come  modificato
in sede di conversione nella legge n. 5/2015 per il numero  di  quote
-19000 possedute da Generali Italia S.p.a. 
    Quindi viene in rilievo esplicito ed univo  l'applicazione  delle
norme  di  cui  all'art.  6,  comma  6,  decreto-legge  n.   133/2013
convertito dalla legge n. 5/2014 ed all'art. l, comma 148,  legge  n.
147/2013, come modificato dall'art. 4, comma 12, del decreto-legge n.
66/2014 (convertito dalla legge n. 89/2014  senza  che  possa  essere
invocata l'applicazione di  altre  norme  per  decidere  il  presente
giudizio. 
    La questione se  la  disciplina  recata  dall'art.  6,  comma  6,
decreto-legge n. 133/2013 in combinazione con il comma 148, dell'art.
1, della legge n.  147/2013  (sia  nella  formulazione  disposta  dal
decreto-legge n. 66/2014- ovverosia imposta al 26  per  cento  su  un
valore predeterminato anche se diverso da  quello  di  bilancio,  con
versamento in unica immediata soluzione - che in quella  originale  -
imposta al 12 per cento con riferimento ai  valori  di  bilancio,  da
corrispondere in tre rate) contrasti con gli articoli 3, 53, 41, 42 e
77, 117, 10, 11 della Costituzione, e' direttamente rilevante ai fini
del presente giudizio, non potendosi dare accoglimento  alle  pretese
di  rimborso  per  cui  e'  causa   in   assenza   dell'estromissione
dall'ordinamento,  per  illegittimita'   costituzionale,   di   dette
discipline. 
    Si tratta, a ben vedere, di  una  «rilevanza»  determinata  dalla
stretta   pregiudizialita'   della   questione   di    illegittimita'
costituzionale  sollevata,  rispetto  alla  domanda   giudiziale   di
recupero di imposte versate. 
Non manifesta infondatezza. 
    Sulla   non   manifesta   della   questione    di    legittimita'
costituzionale devono essere svolte le seguenti considerazioni. 
Quadro normativo. 
Capitale della Banca d'Italia. 
    La Banca d'Italia e' un ente pubblico che svolge le  funzioni  di
Banca centrale della Repubblica italiana ed e' parte  integrante  del
Sistema europeo di banche centrali. 
    Originariamente l'art. 3 del suo Statuto, in attuazione dell'art.
20 del regio decreto  12  marzo  1936,  n.  375,  ne  determinava  il
capitale  in  156.000   euro,   suddiviso   in   300.000   quote   di
partecipazione, rappresentate da  certificati  nominativi  di  valore
nominale unitario pari a 0,52 euro. 
    Tali quote potevano essere  cedute  solo  previo  consenso  della
medesima Banca e, ai sensi  degli  articoli  39  e  40  del  medesimo
Statuto, attribuivano il diritto ai  dividendi  per  un  importo  non
superiore al 10 per cento di tale capitale, maggiorato di  una  quota
degli eventuali frutti  degli  investimenti  delle  riserve,  per  un
importo non superiore al 4 per cento delle riserve medesime. Inoltre,
l'art. 20 del predetto  regio  decreto  prevedeva  che  le  quote  di
partecipazione  potessero  essere  detenute  solamente  da  casse  di
risparmio,  istituti  di  credito  di  diritto  pubblico,  banche  di
interesse nazionale, istituti di  previdenza  e  di  assicurazione  e
dalle fondazioni ex-bancarie. 
    Per favorire la circolazione  delle  partecipazioni  della  Banca
d'Italia onde soddisfare i  requisiti  di  autonomia  e  indipendenza
prescritti dall'art. 130 del TFUE per le banche  centrali  nazionali,
il Governo  ha  introdotto  una  serie  di  modifiche  alloro  regime
civilistico.  In  particolare,  i  commi  2  e  3  dell'art.  4   del
decreto-legge n. 133/2013 poi integrati in sede di conversione  hanno
autorizzato tale istituto «ad aumentare il proprio capitale  mediante
utilizzo delle riserve statutarie all'importo di euro 7.500.000.000»,
suddiviso in 300.000 «quote nominative  di  partecipazione  di  nuova
emissione, di euro 25.000 ciascuna» e hanno riconosciuto  il  diritto
ai dividendi per un importo non superiore al 6 per  cento  del  nuovo
capitale. 
    Il comma 5 del predetto articolo ha fissato al  3  per  cento  la
percentuale  di  partecipazione  al  capitale  massima   di   ciascun
partecipante ed ha escluso la spettanza dei diritti  di  voto  e  dei
dividendi per la quota eccedente tale  percentuale,  accordando  alla
Banca  d'Italia  la  facolta'  di  acquistare  temporaneamente   tali
partecipazioni. 
    Inoltre, il comma 4 dell'art. 4 del decreto-legge n. 133/2013  ha
stabilito che le partecipazioni possono essere acquistate da  banche,
imprese di assicurazioni, enti di previdenza,  con  sede  in  Italia,
fondi pensione e fondazioni (ex-)bancarie.  Infine,  il  comma  6-bis
dell'art. 6 del decreto-legge n. 133/2013  ha  autorizzato  la  Banca
d'Italia a dematerializzare le partecipazioni, che poi  lo  ha  fatto
con la delibera del 30 settembre 2015. 
Obbligo di riclassificazione delle partecipazioni Banca  d'Italia  al
valore di iscrizione. 
    Le partecipazioni al capitale della Banca d'Italia sono state poi
oggetto  di  specifica  trattazione  sempre  nel   decreto-legge   n.
133/2013. 
    Con l'art. 6 del decreto-legge n. 133/2013, sono  stati  posti  a
carico delle  societa'  commerciali  partecipanti  a  Banca  d'Italia
speciali   obblighi   di   classificazione   e   valutazione    delle
partecipazioni nel suo capitale. 
    In  particolare,  il  comma  6  di  tale  articolo,   nella   sua
formulazione originaria vigente a partire dal 30 novembre 2013, aveva
posto a carico di tali societa', «a partire dall'esercizio  in  corso
alla data della sua entrata in vigore» e quindi, in caso di esercizio
coincidente con l'anno  solare,  dall'esercizio  2013,  l'obbligo  di
trasferire le partecipazioni da loro possedute dal  comparto  in  cui
erano prima classificate  -  che  per  le  societa'  commerciali  IAS
adopter  era  di  regola  costituito  dal  comparto  delle  attivita'
finanziarie disponibili per la vendita e, per quelli OIC adopter, dal
comparto delle immobilizzazioni  finanziarie  -  al  «comparto  delle
attivita' finanziarie  detenute  per  la  negoziazione,  ai  medesimi
valori di iscrizione del  comparto  di  provenienza»  e,  quindi,  in
regime di continuita' di valori, senza tenere  conto  dell'aumento  a
25.000 euro del loro  valore  nominale,  mantenendo,  per  il  resto,
«ferme le disposizioni di cui all'art. 4 del decreto  legislativo  28
febbraio  2005,  n.  38»,  e  cioe'  le  disposizioni  che  prevedono
l'adozione dei principi contabili internazionali per la redazione del
bilancio di esercizio. 
    La  relazione  illustrativa  del  comma   6   dell'art.   6   del
decreto-legge n. 133/2013  si  era  limitata  a  precisare  che  tale
disposizione, «coerentemente con la creazione  di  un  mercato  delle
partecipazioni al capitale di Banca d'Italia e al  fine  di  favorire
effettivamente  glli  scambi»,  ha  previsto   che   «le   quote   di
partecipazione al capitale di Banca d'Italia debbano essere collocate
tra le attivita' destinate alla negoziazione, quindi nel  portafoglio
di  trading,  allo  stesso  valore  di  iscrizione  che  avevano  nel
precedente portafoglio (se diverso)» e che «salvo per quanto riguarda
la classificazione delle quote di partecipazione  in  Banca  d'Italia
... restano in vigore a regime i  principi  contabili  internazionali
anche per la redazione dei bilanci individuali». 
    Per le societa' commerciali IAS adopter  il  trasferimento  delle
partecipazioni della Banca d'Italia avrebbe assunto  rilievo  fiscale
in forza dell'art. 4 del decreto ministeriale 8 giugno 2011,  laddove
stabilisce che «nella riclassificazione di uno strumento  finanziario
in una delle altre categorie previste dallo IAS 39, che  comporta  il
passaggio ad un diverso regime fiscale  dello  strumento  stesso,  il
valore dello strumento finanziario iscritto  nella  nuova  categoria,
quale risultante da atto di data certa e, in ogni caso, dal  bilancio
d'esercizio approvato successivamente alla data di riclassificazione,
assume rilievo fiscale». 
    Ed infatti, per costoro tale trasferimento avrebbe comportato non
solo la riclassificazione contabile delle partecipazioni, ma anche il
passaggio  ad  un  diverso  regime  fiscale,  posto   che,   per   le
partecipazioni costituenti immobilizzazioni finanziarie ai sensi  del
comma 3-bis dell'art. 85 del T.U.I.R., in quanto classificate fra  le
attivita' disponibili per la vendita, i dividendi  sono  soggetti  ad
IRES nel limite del 5 per cento ai sensi del comma  2,  dell'art.  89
del T.U.I.R., e le valutazioni sono fiscalmente irrilevanti ai  sensi
della lettera d), dell'art. 110, comma 1, del T.U.I.R.,  mentre,  per
le partecipazioni classificate fra gli strumenti finanziari  detenuti
per la negoziazione i dividendi sono integralmente soggetti  ad  IRES
ai sensi del comma 2-bis dell'art. 89 del T.U.I.R. e  le  valutazioni
sono fiscalmente rilevanti ai sensi della lettera b), del comma l-bis
dell'art. 110 del T.U.I.R. 
    D'altro  canto,   tale   riclassificazione   avrebbe   comportato
l'inapplicabilita'  della  PEX   alle   successive   cessioni   delle
partecipazioni  poiche'  il  comma  3   dell'art.   4   del   decreto
ministeriale  8  giugno  2011  stabilisce  che  la  riclassificazione
contabile degli strumenti finanziari che comporti il passaggio ad  un
diverso regime fiscale «assume rilevanza anche ai fini  di  cui  alla
lettera a)  e  b)  dell'art.  87  del  T.U.I.R.  e  si  applicano  le
disposizioni di cui alla lettera c) del comma  l-bis  dell'art.  110»
del T.U.I.R. 
    Tuttavia tale trasferimento contabile delle partecipazioni doveva
essere eseguito «allo stesso valore di  iscrizione  che  avevano  nel
precedente portafoglio», senza quindi  rilevare  l'aumento  a  25.000
euro  del  loro  valore   nominale,   e   cio'   avrebbe   comportato
l'applicazione dell'IRES  in  forza  del  comma  2  dell'art.  4  del
predetto   decreto   ministeriale,   laddove   stabilisce   che   «il
differenziale tra il valore di cui al comma precedente ed  il  valore
fiscalmente  riconosciuto   prima   della   riclassificazione   dello
strumento finanziario in un'altra categoria  tra  quelle  contemplate
dallo IAS 39 rileva secondo la disciplina  fiscale  applicabile  allo
strumento finanziario prima  della  riclassificazione»  soltanto  nel
periodo d'imposta in cui tale differenziale sarebbe stato rilevato in
bilancio per effetto della valutazione delle quote al  fair  value  o
della loro cessione a titolo oneroso. 
    Quando il decreto-legge n. 133/2013 era in corso di  conversione,
il comma 148 dell'art. l della legge 27 dicembre 2013, n.  147,  dopo
aver confermato l'applicazione dell'art. 4 del decreto ministeriale 8
giugno  2011  al  trasferimento  delle  partecipazioni  della   Banca
d'Italia,  «qualunque  sia  la  categoria  di   provenienza»,   aveva
istituito  un'imposta  sostitutiva  delle  imposte  sui   redditi   e
dell'IRAP del 12 per cento sui «maggiori valori iscritti in  bilancio
per effetto del comma 6, primo periodo,  dello  stesso  art.  6  del»
decreto-legge n. 133/2013 sulle partecipazioni della  Banca  d'Italia
per effetto dell'aumento del loro valore nominale. 
    Pertanto, il differenziale fra il valore originario di iscrizione
e il maggior valore nominale di 25.000 euro nel periodo d'imposta  in
cui fosse rilevato in bilancio sarebbe stato assoggettabile non  piu'
ad IRES, ma alla predetta imposta sostitutiva. 
Obbligo di riclassificazione delle partecipazioni Banca  d'Italia  al
valore rivalutato. 
    L'originaria  formulazione  del   comma   6   dell'art.   6   del
decreto-legge n. 133/2013, nel prevedere l'obbligo di  trasferire  le
partecipazioni della Banca d'Italia  al  loro  valore  originario  di
iscrizione nel comparto delle attivita' finanziarie detenute  per  la
negoziazione  non  solo  nelle  scritture  contabili,  ma  anche  nel
bilancio di esercizio,  anche  in  deroga  agli  IAS,  si  poneva  in
contrasto con le loro prescrizioni in quanto tali principi,  pur  non
disciplinando la redazione delle scritture contabili, disciplinano le
modalita'  di   classificazione   e   valutazione   delle   attivita'
finanziarie nel bilancio di esercizio. 
    In particolare, lo IAS 39 consentiva di  iscrivere  nel  comparto
relativo alle attivita'  finanziarie  detenute  per  la  negoziazione
soltanto le attivita' finanziarie acquisite principalmente al fine di
venderle o riacquistarle a breve termine e quelle appartenenti ad «un
portafoglio di identificati strumenti  finanziari  che  sono  gestiti
insieme per i quali esiste  evidenza  di  una  recente  ed  effettiva
strategia rivolta all'ottenimento di un profitto nel  breve  periodo»
ed imponeva di rilevarle alloro fair value. Inoltre, il  par.  50  di
tale principio vietava di riclassificare le attivita' finanziarie nel
comparto  del  bilancio  di   esercizio   relativo   alle   attivita'
finanziarie detenute per la negoziazione  successivamente  alla  loro
rilevazione,   laddove   stabiliva   che   «un'entita'    non    deve
riclassificare alcuno strumento finanziario nella categoria del  fair
value rilevato a prospetto di conto  economico  complessivo  dopo  la
rilevazione iniziale». 
    Pertanto, le societa' commerciali IAS adopter, nel  caso  in  cui
avessero  trasferito  le  partecipazioni  della  Banca  d'Italia  nel
comparto delle attivita' detenute per la negoziazione al loro  valore
originario non sarebbero stati piu' IAS compliant. 
    Ed infatti, l'IFRS 1 prevede  che  non  si  deve  «descrivere  il
bilancio come conforme agli IFRS a meno che non sia conforme a  tutte
le disposizioni degli IFRS» (par. 16). D'altro canto,  l'art.  5  del
regolamento 1606/2002/CE ha accordato agli Stati membri  la  facolta'
di consentire o prescrivere alle imprese l'adozione degli IAS per  la
redazione dei bilanci di esercizio individuali, cosi  come  omologati
dalla Commissione europea. 
    Inoltre,  per  quanto  attiene  alle  societa'  commerciali   OIC
adopter, il trasferimento delle partecipazioni della  Banca  d'Italia
nel comparto delle attivita' finanziarie detenute per la negoziazione
non risultava coerente con i parr. 1 e 2 dell'art. 15 della direttiva
78/660/CEE del Consiglio del 25 luglio 1978 pro  tempore  vigente  in
quanto  tale  disposizione   prevedeva   che   «le   immobilizzazioni
comprendono   gli   elementi   patrimoniali   destinati   a   servire
durevolmente all'attivita' dell'impresa». Pertanto, avrebbero  dovuto
essere  classificate   fra   le   immobilizzazioni   finanziarie   le
partecipazioni della Banca d'Italia non detenute per la negoziazione. 
    Senonche' l'art. l della legge 29 gennaio 2014, n. 5, in sede  di
conversione del decreto-legge n. 133/2013, ha riformulato il comma  6
dell'art. 6. 
    Conviene a questo punto riportare il testo normativa. 
    L'art. 6, comma 6, decreto-legge  n.  133/2013  convertito  dalla
legge n. 5/2014, ha statuito che: «A partire dall'esercizio in  corso
alla data di entrata in vigore del presente decreto,  i  partecipanti
al capitale della  Banca  d'Italia  iscrivono  le  23  quote  di  cui
all'art.  4,  comma  2,  nel  comparto  delle  attivita'  finanziarie
detenute per la negoziazione, ai medesimi  valori.  Restano  in  ogni
caso ferme le disposizioni di cui all'art. 4 del decreto  legislativo
28 febbraio 2005, n. 38». 
    Detta norma ha quindi  ha  disposto  la  forzosa  classificazione
delle partecipazioni in Banca d'Italia tra le attivita' detenute  per
la negoziazione, esposte nel bilancio dell'esercizio  in  corso  alla
data del 31 dicembre 2013. 
    Tale norma per come modificata ha quindi previsto  l'obbligo  non
piu' di  «trasferire»  le  partecipazioni  della  Banca  d'Italia  in
continuita' di valori  dal  comparto  originario  di  iscrizione  nel
comparto delle attivita' finanziarie detenute  per  la  negoziazione,
anche  in  deroga  agli  IAS,  bensi  di   «iscrivere»   tali   quote
direttamente in quest'ultimo comparto ai «medesimi valori» e cioe' ai
maggiori valori derivanti all'aumento  del  loro  valore  nominale  a
25.000 euro, ma mantenendo «in ogni caso ferme le disposizioni di cui
all'art. 4 del decreto legislativo 28 febbraio 2005, n. 38», e  cioe'
le disposizioni che prevedono l'adozione degli IAS per  la  redazione
del bilancio di esercizio, senza pero'  disporre  anche  la  salvezza
delle disposizioni del codice civile. 
    Pertanto, l'autonomo obbligo di iscrivere le partecipazioni della
Banca d'Italia nel comparto delle attivita' finanziarie detenute  per
la negoziazione alloro maggior valore nominale di 25.000 euro, se  e'
stato confermato per le societa' commerciali OIC adopter, per  quelle
IAS adopter e' venuto meno proprio perche' sono  state  integralmente
mantenute ferme le prescrizioni degli IAS(7). 
    Corrispondentemente, il comma 4 dell'art. 12 del decreto-legge 24
aprile 2014,  n.  66,  ha  integralmente  riformulato  il  comma  148
dell'art. l della legge n. 147/2013, non solo per elevare al  26  per
cento l'aliquota dell'imposta sostitutiva ed individuare i criteri di
determinazione  della  relativa  base  imponibile,   ma   anche   per
coordinarlo con il nuovo comma 6 dell'art.  6  del  decreto-legge  n.
133/2013. 
    Ed infatti,  tale  disposizione  cosi  testualmente  recita:  «Ai
maggiori valori iscritti nel bilancio relativo all'esercizio in corso
al  31  dicembre  2013,  per  effetto  dell'art.  6,  comma  6,   del
decreto-legge   30   novembre   2013,   n.   133,   convertito,   con
modificazioni,  dalla  legge  29  gennaio  2014,  n.  5,  si  applica
un'imposta sostitutiva  delle  imposte  sui  redditi  e  dell'imposta
regionale sulle attivita' produttive e di eventuali  addizionali,  da
versarsi in unica soluzione entro il termine di versamento del  saldo
delle imposte sui redditi dovute per il periodo d'imposta in corso al
31 dicembre 2013. Gli importi da versare possono essere compensati ai
sensi del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. 
    L'imposta e' pari al 26 per cento del valore nominale delle quote
alla suddetta data, al netto del valore fiscalmente riconosciuto.  Il
valore fiscale delle quote si considera riallineato al maggior valore
iscritto in bilancio, fino  a  concorrenza  del  valore  nominale,  a
partire dal periodo d'imposta in corso alla data di entrata in vigore
della presente disposizione. Se il valore  iscritto  in  bilancio  e'
minore del valore nominale, quest'ultimo valore  rileva  comunque  ai
fini fiscali a partire dallo stesso periodo d'imposta». 
    Pertanto, con la nuova versione  del  comma  6  dell'art.  6,  il
legislatore ha inteso introdurre per le  partecipazioni  della  Banca
d'Italia un obbligo d'iscrizione fra le  attivita'  detenute  per  la
negoziazione al loro  valore  rivalutato  proprio  per  far  emergere
contabilmente i relativi plusvalori e poterli quindi ad  assoggettare
a imposta sostitutiva. 
Trattamento  riservato  dalle  societa'  alle  partecipazioni   Banca
d'Italia. 
    Le  societa'  commerciali  hanno  generalmente  ritenuto  che  la
revisione del regime delle partecipazioni sancita dal nuovo  comma  6
dell'art.  6   del   decreto-legge   n.   133/2013   dovesse   essere
rappresentata contabilmente come  un'operazione  di  assegnazione  di
nuove partecipazioni in  contropartita  dell'annullamento  di  quelle
vecchie e che,  quindi,  le  nuove  partecipazioni  dovessero  essere
iscritte al maggior valore unitario di 25.000 euro. 
    Pertanto, le societa' commerciali IAS adopter hanno  iscritto  le
nuove partecipazioni detenute a scopo di  durevole  investimento  nel
comparto delle attivita'  finanziarie  disponibili  per  la  vendita,
cancellando quelle vecchie, essendo incompatibile con lo IAS 39,  per
quanto si e' detto, la loro iscrizione nel comparto  delle  attivita'
finanziarie detenute per la  negoziazione,  ma  hanno  eseguito  tale
iscrizione al maggior valore  unitario  rivalutato  di  25.000  euro,
avendo ritenuto che tale valore fosse espressivo del loro fair value,
imputando a conto economico  la  differenza  fra  il  maggior  valore
attribuito alle nuove partecipazioni ed il costo di quelle vecchie. 
    Per contro, le societa'  commerciali  OIC  adopter,  non  essendo
stata  espressamente   fatta   salva   anche   l'applicazione   delle
disposizioni  del  codice  civile  in  materia  di  bilancio,   hanno
generalmente  cancellato  le  vecchie  partecipazioni   della   Banca
d'Italia ed iscritto quelle nuove,  anche  se  detenute  a  scopo  di
durevole  investimento,  nel  comparto  delle  attivita'  finanziarie
detenute per la negoziazione e quindi nell'attivo  circolante  alloro
maggior valore unitario rivalutato di 25.000 euro, imputando  a  loro
volta  a  conto  economico  la  differenza  fra  il  maggiore  valore
attribuito alle nuove partecipazioni ed il costo di quelle vecchie. 
    La  revisione  del  regime  delle  partecipazioni   della   Banca
d'Italia,  pur  essendo  stata   rappresentata   in   bilancio   come
un'operazione   di   assegnazione   di   nuove   partecipazioni    in
contropartita dell'annullamento di quelle vecchie, agli effetti delle
imposte sui redditi, non sembra aver dato luogo ad  un'operazione  di
rimborso delle vecchie partecipazioni dietro  assegnazione  di  nuove
partecipazioni produttiva di utili ai sensi  del  combinato  disposto
del comma 2 dell'art. 89 del T.U.I.R. e del comma 7 dell'art. 47  del
T.U.I.R., bensi ad  un'operazione  fiscalmente  neutrale  di  aumento
gratuito del capitale mediante  aumento  del  valore  nominale  delle
partecipazioni con rimodulazione dei diritti dei partecipanti. 
    La modifica del predetto regime non  e'  stata  attuata  mediante
l'annullamento  delle  vecchie  partecipazioni  con  azzeramento  del
capitale sociale e l'assegnazione di quelle nuove con  ricostituzione
del capitale sociale fino alla nuova misura di 7,5 miliardi di  euro,
bensi mediante un aumento  gratuito  del  capitale  sociale  eseguito
tramite imputazione di riserve statutarie  di  utili,  posto  che  il
comma 2 dell'art. 4 del decreto-legge  n.  133  ha  autorizzato  tale
istituto «ad aumentare il proprio capitale  mediante  utilizzo  delle
riserve statutarie all'importo di euro 7.500.00.000» con  l'emissione
di quote nominative di partecipazione  di  valore  nominale  unitario
25.000 euro. 
    Pertanto, la predetta operazione risulta  neutrale  agli  effetti
delle imposte sui redditi ai sensi  del  comma  6  dell'art.  47  del
T.U.I.R., laddove stabilisce che «in caso  di  aumento  del  capitale
sociale mediante passaggio di riserve o altri  fondi  a  capitale  le
azioni gratuite di nuova emissione e l'aumento  gratuito  del  valore
nominale delle azioni o quote gia' emesse non costituiscono utili per
i soci», essendo l'applicabilita' di tale disposizione  estesa  anche
ai soggetti IRES dal comma 4 dell'art. 89 del T.U.I.R. 
    Ne' vale obiettare che per le societa' commerciali IAS adopter la
rappresentazione fornita nel bilancio di  esercizio  della  revisione
del regime delle partecipazioni della Banca d'Italia avrebbe  assunto
rilevanza fiscale per il principio sancito dal comma 1  dell'art.  83
del T.U.I.R., pro tempore vigente, secondo cui anche  «i  criteri  di
qualificazione» previsti da tali principi  assumono  diretta  valenza
fiscale. L'art. 3 del regolamento  1°  (gradi)  aprile  2009,  n.  48
deroga espressamente tale principio per le operazioni  che  hanno  ad
oggetto titoli partecipativi, imponendo di assoggettarle ad un regime
fiscale coerente con la loro natura giuridica, laddove statuisce  che
«il regime fiscale e' individuato sulla base della  natura  giuridica
delle operazioni ... quando oggetto delle  operazioni  di  cui  sopra
siano i titoli di cui all'art. 85, comma 1, lettere c) e d) del testo
unico, anche costituenti immobilizzazioni  finanziarie»,  ed  esclude
l'applicabilita' di  tale  deroga  solo  alle  operazioni  su  azioni
proprie e su strumenti rappresentativi del patrimonio proprio. 
    Inoltre, e' da escludere  che  la  predetta  rappresentazione  di
bilancio poteva risultare fiscalmente realizzativa ai sensi dell'art.
4 del decreto ministeriale 8 giugno  2011,  per  il  fatto  che  tale
disposizione non solo non e' stata  piu'  richiamata  dal  comma  148
dell'art. 1 della legge n. 147/2013, ma risulta applicabile solo alle
riclassificazioni contabili poste in essere da  societa'  commerciali
IAS adopter che comportino un passaggio di regime fiscale. Senonche',
come  si  e'  detto,  tali  societa'  non   hanno   eseguito   alcuna
riclassificazione contabile delle partecipazioni della Banca d'Italia
detenute  a  scopo  di  investimento,  essendo  stata   fatta   salva
l'applicazione degli IAS. 
    Invero che la revisione del regime delle predette  partecipazioni
abbia  dato  luogo  agli  effetti  delle  imposte  sui   redditi   ad
un'operazione fiscalmente neutrale di aumento gratuito  del  capitale
mediante  aumento  del  valore  nominale  delle  partecipazioni   con
rimodulazione dei diritti  dei  partecipanti  e'  confermato  in  via
legislativa  proprio  dal  comma  148  dell'art.  l  della  legge  n.
147/2013. 
    Ed infatti, quest'ultima disposizione, stabilendo che «il  valore
fiscale delle  quote  si  considera  riallineato  al  maggior  valore
iscritto in bilancio, fino  a  concorrenza  del  valore  nominale,  a
partire dal periodo d'imposta in corso alla data di entrata in vigore
della presente  disposizione»  e,  quindi,  soltanto  dal  successivo
periodo d'imposta 2014 e che «se il valore iscritto  in  bilancio  e'
minore del valore nominale, quest'ultimo valore  rileva  comunque  ai
fini fiscali  a  partire  dallo  stesso  periodo  d'imposta»,  dietro
pagamento dell'imposta sostitutiva del 26  per  cento,  ha  dato  per
acquisito che  per  le  societa'  commerciali  partecipanti  a  Banca
d'Italia la revisione del regime delle sue partecipazioni non ha dato
luogo ad  un'operazione  di  rimborso  delle  vecchie  partecipazioni
dietro assegnazione di quelle nuove produttiva di  utili  in  quanto,
attribuendo effetto al riallineamento del costo fiscale  delle  quote
al loro valore nominale dal periodo d'imposta 2014, dietro  pagamento
dell'imposta sostitutiva del 26 per cento, prevede implicitamente che
tali soggetti nel precedente periodo d'imposta 2013  hanno  mantenuto
in carico le partecipazioni al loro costo fiscale originario. 
    Infine, a partire dall'entrata in vigore  dell'IFRS  9  e  quindi
dagli esercizi aventi inizio dal 1° (gradi) gennaio 2018, i  soggetti
IAS adopter hanno generalmente riclassificato le  partecipazioni  nel
capitale  della  Banca  d'Italia  nella  categoria  delle   attivita'
finanziarie valutate al fair value rilevato  nelle  altre  componenti
del  conto  economico  complessivo  (FVTOCI),  esercitando  l'opzione
prevista dal par. 5.7.5. del predetto  principio  per  gli  strumenti
rappresentativi  di  capitale  non  detenuti  per  la   negoziazione.
Pertanto, i soggetti cosi individuati hanno continuato a  considerare
tali partecipazioni come non detenute per la negoziazione, dovendo le
attivita' finanziarie che presentano tali caratteristiche  essere  in
ogni caso iscritte, secondo il predetto principio contabile, che  non
prevede piu' per loro un'autonoma categoria,  nella  categoria  delle
attivita' finanziarie valutate  al  fair  value  rilevato  nell'utile
(perdita) di esercizio (FVTPL). 
    Tesi  dell'AdE:  una  classificazione  fiscale  ex   lege   delle
partecipazioni Banca d'Italia. 
    Il 24 febbraio 2014, e quindi nella vigenza della versione finale
del comma 6 dell'art. 6 del decreto-legge n. 133/2013 e  della  prima
versione del comma 148 dell'art. l della legge n. 147/2013, l'Agenzia
delle entrate, per illustrare  queste  disposizioni,  ha  emanato  la
circolare n. 4/E. 
    Nella predetta circolare essa ha innanzitutto  sostenuto  che  la
prima di tali  due  disposizioni  introdurrebbe  una  classificazione
fiscale delle partecipazioni  della  Banca  d'Italia  come  attivita'
finanziarie detenute per la  negoziazione,  indipendente  dalla  loro
classificazione contabile, laddove ha precisato che tale disposizione
«prescindendo ... da valutazioni di carattere contabile ... detta una
disciplina fiscale per le quote di partecipazione al  capitale  della
Banca d'Italia inquadrandole nel comparto delle attivita' finanziarie
detenute per la negoziazione (portafoglio di trading)»  e  che  «tale
inquadramento, da un punto di vista fiscale, deve essere effettuato a
decorrere dal periodo d'imposta in corso al 30 novembre 2013, data di
entrata in vigore del decreto-legge n. 133 del 2013». 
    Inoltre, l'Agenzia delle entrate ha riconosciuto che l'iscrizione
delle quote di partecipazione della Banca d'Italia  al  loro  maggior
valore nominale di 25.000 euro nel bilancio dell'esercizio  2013  non
assume rilevanza fiscale e genera quindi un  disallineamento  con  il
loro precedente valore fiscale. 
    Ed infatti, nella circolare n. 4/E/2014, essa, dopo aver premesso
che il comma  6  dell'art.  6  del  decreto-legge  n.  133/2013  «con
l'utilizzo  della  locuzione  "ai  medesimi  valori"  ...  ha  voluto
individuare  un  nuovo  valore   delle   partecipazioni   a   seguito
dell'inquadramento  delle  stesse  nella  categoria  delle  attivita'
finanziarie detenute per la negoziazione ... pari al valore  nominale
delle quote di nuova emissione  ...  vale  a  dire  25.000  euro  per
ciascuna quota di partecipazione», ha rilevato che  «l'individuazione
di un valore della partecipazione, pari al valore nominale, determina
un disallineamento rispetto al valore fiscale ascrivibile alle  quote
precedentemente iscritte in bilancio» e che  «l'art.  l,  comma  148,
della legge n. 147 del 2013 ... prende atto del  disallineamento  tra
il valore nominale e quello fiscale delle  quote  di  partecipazione,
generato dal comma 6 dell'art. 6 del decreto-legge n. 133 del 2013  e
prevede l'obbligo di riallineare i predetti valori con il  versamento
di un'imposta sostitutiva». Di conseguenza, a suo avviso,  il  regime
cosi descritto «da un lato disattiva di fatto il regime di  esenzione
delle plusvalenze  previsto  dall'art.  87  del  T.U.I.R.  dall'altro
riconosce un maggior valore fiscale con il versamento  di  un'imposta
sostitutiva,  caratterizzata  da  un'aliquota  inferiore  rispetto  a
quella applicabile in caso di tassazione  ordinaria»  in  quanto  «la
previsione di un'imposta sostitutiva sul differenziale tra ili valore
nominale e quello fiscale e', con tutta evidenza,  incompatibile  con
il regime di esenzione delle plusvalenze previsto  dall'art.  87  del
T.U.I.R.». 
    L'Agenzia delle entrate non  si  e'  occupata  anche  del  regime
fiscale dei dividendi e plusvalenze delle partecipazioni della  Banca
d'Italia. 
    Tuttavia, come si e' anticipato, per le societa' commerciali  IAS
adopter una pretesa riclassificazione  fiscale  delle  partecipazioni
della Banca d'Italia  come  attivita'  finanziarie  detenute  per  la
negoziazione comporterebbe l'integrale assoggettabilita' ad IRES  dei
dividendi ai sensi del comma 2-bis dell'art. 89 del T.U.I.R.,  mentre
per le societa' commerciali OIC adopter la predetta riclassificazione
fiscale, pur comportando la qualificazione delle partecipazioni della
Banca   d'Italia   come   attivita'   finanziarie   non   costituenti
immobilizzazioni  finanziarie,  non   comporterebbe   la   tassazione
integrale dei dividendi. 
    Per contro, una  pretesa  riclassificazione  solo  fiscale  delle
partecipazioni della Banca  d'Italia  nel  comparto  delle  attivita'
detenute per la negoziazione  non  comporterebbe  la  disapplicazione
della PEX tanto per le societa' commerciali IAS adopter,  quanto  per
quelle OIC adopter per quanto attiene alle partecipazioni  acquistate
prima del periodo d'imposta 2013, per il fatto che l'applicazione  di
tale regime ai sensi della lett. b) dell'art. 87 del T.U.I.R. risulta
subordinata alla classificazione delle partecipazioni nella categoria
delle immobilizzazioni finanziarie  nel  primo  bilancio  chiuso  nel
periodo di possesso e, quindi, nel  bilancio  relativo  all'esercizio
d'acquisto ed e' quindi irrilevante la  loro  ultima  classificazione
fiscale. 
    Ed infatti le lettera c) e  d)  del  comma  l  dell'art.  85  del
T.U.I.R. lasciano intendere che possono beneficiare della  PEX  anche
partecipazioni   che,   pur   non   essendo   classificate   fra   le
immobilizzazioni  finanziarie  alla  data   della   cessione,   erano
classificate  come  tali  nel  bilancio  relativo  all'esercizio   di
acquisto, laddove  considerano  come  ricavi  i  corrispettivi  delle
cessioni delle azioni e  degli  strumenti  finanziari  similari  alle
azioni «che non costituiscono immobilizzazioni finanziarie»  soltanto
se siano «diversi  da  quelli  cui  si  applica  l'esenzione  di  cui
all'art. 87». 
    Pertanto, le partecipazioni acquistate prima dell'esercizio 2013,
nel caso in cui non siano state classificate  nella  categoria  delle
attivita' finanziarie  detenute  per  la  negoziazione  o  in  quella
dell'attivo  circolante  nel  bilancio  relativo   all'esercizio   di
acquisto, soddisferebbero comunque il requisito cosi individuato. 
    Ne' d'altro canto puo' obiettarsi che  la  revisione  del  regime
civilistico  delle  partecipazioni  della  Banca  d'Italia  e'  stata
rappresentata contabilmente dai soggetti partecipanti al suo capitale
come un'assegnazione di nuove  partecipazioni  in  cambio  di  quelle
vecchie e che, quindi, sarebbe configurabile una prima iscrizione  in
bilancio rilevante ai sensi della lettera b) dell'art. 87,  comma  l,
del T.U.I.R. Come si e' visto, tale  rappresentazione  contabile  non
sembra assumere rilevanza fiscale, tanto per le societa'  commerciali
OIC adopter, quanto per  quelli  IAS  adopter  non  solo  perche'  la
predetta  revisione  ha  dato  luogo  ad  un'operazione   fiscalmente
neutrale di aumento gratuito del capitale e non ha legittimato, per i
secondi,   una    riclassificazione    contabile    delle    predette
partecipazioni ai sensi dell'art. 4 del decreto ministeriale 8 giugno
2011, ma anche perche' e' lo stesso comma 148 dell'art. l della legge
n. 147/2013 ad averlo  dato  per  acquisito,  riconoscendo  rilevanza
fiscale ai maggiori valori iscritti sulle partecipazioni della  Banca
d'Italia soltanto con effetto  dal  periodo  d'imposta  2014,  dietro
pagamento dell'imposta sostitutiva del 26 per cento. 
    Non  sussiste  una  classificazione   fiscale   ex   lege   delle
partecipazioni Banca d'Italia. 
    La  ricostruzione  del  quadro  normativa  ed  interpretativo  di
riferimento induce a dissentire dalla tesi secondo  cui  il  comma  6
dell'art.  6  del  decreto-legge   n.   133/2013   prevederebbe   una
classificazione fiscale ex  lege  delle  partecipazioni  della  Banca
d'Italia come attivita'  finanziarie  detenute  per  la  negoziazione
indipendente dalla loro classificazione contabile. 
    La   predetta   disposizione   sembra   volta    ad    introdurre
esclusivamente un obbligo  di  classificazione  e  valutazione  delle
partecipazioni della Banca d'Italia di  valenza  contabile  non  solo
perche' non reca alcun  richiamo  alla  normativa  fiscale  ovvero  a
nozioni fiscali, ma anche perche', ponendo il precetto secondo cui  i
«partecipanti al capitale di Banca d'Italia ... iscrivono le quote di
cui all'art. 4, comma 2, nel  comparto  delle  attivita'  finanziarie
detenute per la negoziazione ai medesimi valori» e cioe' ai  maggiori
valori derivanti dall'aumento del loro valore nominale a 25.000 euro,
richiama nozioni contabili. 
    Ed infatti, se da un lato e' esclusivamente la  contabilita'  che
accoglie l'iscrizione  dei  valori  delle  partecipazioni,  esistendo
autonome scritture fiscali solo per i beni ammortizzabili e quelli di
magazzino, dall'altro lato,  anche  la  nozione  di  «comparto  delle
attivita' finanziarie detenute per la negoziazione»  e'  una  nozione
contabile in quanto il T.U.I.R. utilizza di regola le diverse nozioni
di attivita' che «non costituiscono immobilizzazioni finanziarie» nel
comma 1 dell'art. 85 del T.U.I.R., in contrapposizione  a  quelle  di
attivita'  classificate  «nella  categoria   delle   immobilizzazioni
finanziarie»   utilizzata   nell'art.   87   e   di   attivita'   che
«costituiscono» o «si considerano come immobilizzazioni  finanziarie»
utilizzata nei commi 3 e 3-bis dell'art. 85, nel  comma  4  dell'art.
86, nei commi 2 e  2-bis  dell'art.  101  e  nei  commi  1  ed  l-bis
dell'art. 110 del medesimo T.U.I.R. Inoltre, il secondo  periodo  del
comma 6 dell'art. 6 del decreto-legge  n.  133/2013,  mantenendo  »in
ogni caso ferme  le  disposizioni  di  cui  all'art.  4  del  decreto
legislativo 28 febbraio 2005, n. 38»  e  cioe'  le  disposizioni  che
prevedono l'obbligo o la facolta' di adottare  i  principi  contabili
internazionali per la  redazione  del  bilancio,  non  solo  da'  per
presupposto che il precedente primo periodo sancisca  un  obbligo  di
valenza contabile e non  fiscale,  risultando  altrimenti  inutiliter
data, ma per i soggetti  IAS  adopter  ha  escluso  anche  la  stessa
sussistenza di un  autonomo  obbligo  di  classificazione  contabile,
mantenendo ferma l'applicazione degli IAS. 
    Ne' d'altra parte puo'  obiettarsi  che  tale  clausola,  proprio
facendo salva l'applicazione dei principi  contabili  internazionali,
intenderebbe riconoscere  una  valenza  esclusivamente  fiscale  agli
obblighi  di  classificazione  e  valutazione  sanciti  dal  comma  6
dell'art. 6 del decreto-legge n. 133/2013 per il fatto che,  se  cosi
fosse stato, avrebbe dovuto fare  salva  l'applicazione  anche  delle
disposizioni del codice civile in materia di bilancio. 
Rilievi costituzionali. 
    Alla stregua di quanto esposto e' stato chiarito  il  significato
precettivo  delle  norme  richiamate  e  quindi  si  puo'  passare  a
illustrare i di profili di non manifesta infondatezza delle questioni
di legittimita' costituzionale sollevati. 
    Ad avviso di questa Commissione 
        combinato normativa di cui: 
          all'art.  6,  comma  6,  del  decreto-legge  n.   133/2013,
convertito  dalla  legge  n.  5/2014,   secondo   cui:   «A   partire
dall'esercizio in corso alla data di entrata in vigore  del  presente
decreto, i partecipanti al capitale della Banca d'Italia iscrivono le
23 quote di cui all'art. 4, comma 2,  nel  comparto  delle  attivita'
finanziarie detenute per la negoziazione, ai medesimi valori. Restano
in ogni caso ferme le disposizioni di  cui  all'art.  4  del  decreto
legislativo 28 febbraio 2005, n. 38», 
          e - all'art. l, comma 148, della legge  n.  147/2013,  come
modificato  dall'art.  4,  comma   12   del   decreto-legge   66/2014
(convertito dalla legge n. 89/2014), secondo cui: «Ai maggiori valori
iscritti nel bilancio relativo all'esercizio in corso al 31  dicembre
2013, per effetto dell'art. 6, comma 6, del decreto-legge 30 novembre
2013, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge  29  gennaio
2014, n. 5, si  applica  un'imposta  sostitutiva  delle  imposte  sui
redditi e dell'imposta regionale  sulle  attivita'  produttive  e  di
eventuali addizionali,  da  versarsi  in  unica  soluzione  entro  il
termine di versamento del saldo delle imposte sui redditi dovute  per
il periodo d'imposta in corso al 31 dicembre  2013.  Gli  importi  da
versare possono essere compensati ai sensi del decreto legislativo  9
luglio 1997, n. 241. 
    L'imposta e' pari al 26 per cento del valore nominale delle quote
alla suddetta data, al netto del valore fiscalmente riconosciuto.  Il
valore fiscale delle quote si considera riallineato al maggior valore
iscritto in bilancio, fino  a  concorrenza  del  valore  nominale,  a
partire dal periodo d'imposta in corso alla data di entrata in vigore
della presente disposizione. 
    Se il valore iscritto in bilancio e' minore del valore  nominale,
quest'ultimo valore rileva comunque ai fini fiscali a  partire  dallo
stesso periodo d'imposta» si pone in contrasto con gli  articoli  53,
3, 41, 42, della Costituzione. 
    Eguale censura si abbatte, seppur  con  motivazioni  parzialmente
diverse (come appresso illustrato), sul combinato disposto da: 
        art. 6, comma 6, del decreto-legge  n.  133/2013,  convertito
dalla legge n. 5/2014 (supra indicato), 
        e - art. 1, comma 148, della legge n. 147/2013, secondo  cui:
«Al trasferimento previsto dal comma 6 dell'art. 6 del  decreto-legge
30 novembre 2013, n.  133,  si  applica  l'art.  4  del  decreto  del
Ministro dell'economia e delle  finanze  8  giugno  2011,  pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale n. 135 del 13-24 giugno 2011, qualunque  sia
la categoria di provenienza; ai maggiori valori iscritti in  bilancio
per effetto del comma 6, primo  periodo,  dello  stesso  art.  6  del
citato  decreto-legge  n.  133  del  2013   si   applica   un'imposta
sostitutiva delle imposte sui redditi e dell'imposta regionale  sulle
attivita' produttive e di eventuali addizionali,  con  l'aliquota  di
cui al comma 143, da versarsi nei modi e  nei  termini  previsti  dal
comma 145». 
    La disciplina, nella sostanza, si presentava come  illegittima  e
contra Constitutionem gia' nella versione originale  della  legge  n.
147/2013;  la  successiva  integrale  sostituzione  del  comma   148,
dell'art. l, ad  opera  del  decreto-legge  n.  66/2014,  acuisce  ed
incrementa i punti di contrasto ed  inconciliabilita'  con  la  fonte
sovraordinata.  L'esposizione  che   segue   riguarda   entrambe   le
composizioni normative: decreto-legge n. 133/2013 in composizione con
il  decreto-legge  n.  66/2014  e  decreto-legge   n.   133/2013   in
composizione con la legge n.  147/203.  In  effetti,  la  caducazione
dell'art. 4,  comma  12,  decreto-legge  n.  66/2014,  verso  cui  il
presente ricorso muove, potendo  dare  luogo  alla  riviviscenza  del
comma 148, dell'art. l, legge 147/2013  nel  testo  originale,  rende
necessario chiarire come anche la norma sostituita sia  in  contrasto
con la Costituzione. 
Violazione dell'art. 53 della Costituzione. 
    Un primo dubbio riguarda il rispetto e l'attuazione del principio
di equa e comune partecipazione alle spese pubbliche, come  stabilito
dall'art. 53 della Costituzione, secondo cui  «Tutti  sono  tenuti  a
concorrere alle spese  pubbliche  in  ragione  della  loro  capacita'
contributiva». 
    Sotto questo specifico profilo deve osservarsi nessuna  capacita'
contributiva  effettiva  puo'  emergere  in  assenza  del   materiale
apprendimento della ricchezza oggetto di incisione, inoltre si  attua
un prelievo rispetto a  valori  che  debbono  restare  «coperti»  dal
regime di esenzione. 
    Merita a tale riguardo osservare come il maggior valore  nominale
delle partecipazioni corrisponda al valore delle riserve (ordinaria e
straordinaria) per il tramite delle quali e' stato attuato  l'aumento
gratuito di capitale sociale. 
    Tali riserve, giusta art. 38 dello Statuto  (allegato  14),  sono
costituite da utili realizzati dalla Banca. 
    Gli utili in questione sono stati  «tassati»,  essendo  la  Banca
soggetto passivo sia dell'IRES che dell'IRAP. 
    Si veda, a comprova, le risultanze del  bilancio  2013  di  Banca
d'Italia, da cui emerge che a fronte di un utile ante imposte di euro
4.678.917.932,  le  imposte   di   competenza   ammontano   ad   euro
1.643.602.018 (oltre il 35  per  cento)  (allegato  15  del  ricorso,
pagina 296); quanto all'utile 2012,  le  imposte  ammontano  ad  euro
1.927.119.000  (e  cosi  via  anche  per  gli  utili  dei  precedenti
esercizi). 
    Il discorso non muta laddove si intenda determinare ed inquadrare
il maggior valore delle partecipazioni  nella  misura  dei  dividendi
attesi, come emerge da un'analisi quantitativa condotta dalla  stessa
Banca d'Italia (allegato 16 del ricorso) sulla  base  del  Discounted
Dividend Model (valore attuale dei dividendi attesi). 
    Anche  in  tale  prospettiva  si  tratta  di  utili  soggetti   a
tassazione piena presso la Banca d'Italia. 
    Attraverso  l'imposta  sostitutiva  di  che  trattasi   viene   a
realizzarsi doppia tassazione della  medesima  ricchezza:  gli  utili
prodotti dalla Banca d'Italia sono tassati una volta presso la stessa
ed una seconda volta presso i soci, cui e' richiesta  un'imposta  sul
maggior valore nominale delle partecipazioni rappresentato proprio da
quegli utili «tassati». 
    Risulta in tal  modo  spezzato  il  rapporto  di  razionalita'  e
coerenza sistematica  che  deve  sussistere  tra  imposizione  (anche
sostitutiva)   e   capacita'   contributiva.   Il   principio   della
contribuzione  alle  spese  pubbliche  di  «tutti»  i   contribuenti,
ovverosia in equo concorso tra loro, e'  evidentemente  vulnerato:  i
detentori di partecipazioni  alla  Banca  d'Italia  sono  chiamati  a
contribuire in misura di gran lunga maggiore rispetto  a  quanto  gli
altri contribuenti debbano fare per l'incremento di valore conseguito
dalle partecipazioni societarie immobilizzate e munite dei  requisiti
P.Ex. da essi detenute. 
    Un'inaccettabile svantaggiosa discriminazione  e'  perpetrata  ai
danni di contribuenti come l'istante; si sottrae loro  una  ricchezza
che l'erario ha gia' inciso e che puo' assumere rilevanza  presso  il
socio solo al realizzo e nella limitata misura del 5 per cento. 
    Se si pone attenzione al caso della ricorrente si puo' facilmente
osservare come sulla ricchezza lorda prodotta dalla  Banca  d'Italia,
ed espressa oltre che nei  conti  dell'istituto  centrale  in  quelli
della ricorrente, siano gravate imposte inconsuete ed inaccettabili. 
    Anche a voler considerare un'incisione della Banca d'Italia al 35
per cento (per IRES ed IRAP) come rilevabile dal (suo) bilancio  2013
(ma e'  noto  che  le  aliquote  applicabili  ai  precedenti  periodi
d'imposta erano ben piu' elevate), emerge come su euro 290.586.428,00
(imponibile imposta sostitutiva della ricorrente) oltre i 75  milioni
pagati dalla  ricorrente,  siano  state  precedentemente  corrisposte
imposte dalla Banca d'Italia per euro 157 milioni (35 per cento della
ricchezza lorda). 
Violazione dell'art. 3, della Costituzione. 
    Il combinato normativo censurato si pone poi in contrasto con  il
principio di eguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione. 
    Occorre considerare come sia il comma 148 della legge n. 147/2013
statuisce  che  l'obbligo  d'iscrizione  delle   partecipazioni   nel
comparto delle attivita' finanziarie detenute per la negoziazione  ai
maggiori valori derivanti dall'aumento del  loro  valore  nominale  a
25.000 euro ha una valenza contabile in quanto prevede non  solo  che
il comma 6 dell'art. 6 del decreto-legge n. 133/2013 ha come  effetto
l'iscrizione di «maggiori valori» nel bilancio  dell'esercizio  2013,
ma anche che i  maggiori  valori  cosi  iscritti  non  sono  rilevati
fiscalmente in quanto, come si e' visto, assumono  rilevanza  fiscale
soltanto nel periodo d'imposta 2014 fino a  concorrenza  del  maggior
valore nominale delle quote dietro pagamento dell'imposta sostitutiva
del 26 per cento. 
    Nel senso appena esposto depone anche la  relazione  illustrativa
dell'art. 4 di tale decreto-legge, laddove lascia intendere che  tale
decreto-legge  non  ha  inteso  modificare  il  regime  fiscale   dei
dividendi delle partecipazioni della Banca d'Italia, avendo precisato
che   «il   meccanismo   di   remunerazione   basato   esclusivamente
sull'ammontarre massimo dei dividendi, a valere sull'utile  netto  di
esercizio, mantiene inalterato  l'attuale  regime  fiscale».  Tant'e'
vero che la relazione tecnica non ha inserito fra  le  previsioni  di
gettito il maggior gettito derivante  dall'integrale  assoggettamento
ad IRES dei dividendi. 
    Ed ancora, il comma 6 dell'art. 6 del decreto-legge  n.  133/2013
non puo' porre a carico dei  soggetti  IAS  adopterr  un  obbligo  di
classificazione fiscale delle  partecipazioni  della  Banca  d'Italia
come attivita' finanziarie detenute per la negoziazione  indipendente
dalla  qualificazione  contabile  perche'  l'art.  83  del  T.U.I.R.,
sancendo il  principio  secondo  cui  i  criteri  di  classificazione
previsti  dai  principi  contabili  internazionali  assumono  diretta
valenza fiscale, in difetto di una deroga espressa, non  consente  di
prevedere classificazioni fiscali difformi  da  quelle  dei  predetti
principi. 
    Detta previsione di un obbligo di riclassificazione solo  fiscale
delle  partecipazioni  della  Banca   d'Italia   fra   le   attivita'
finanziarie detenute per la  negoziazione  si  pone  in  contrasto  i
principi di eguaglianza e ragionevolezza sanciti  dall'art.  3  della
Costituzione in quanto comporterebbe l'assoggettamento  dei  proventi
di tali partecipazioni non detenute per la negoziazione ad un  regime
fiscale  deteriore  rispetto  a  quello  dei  proventi  delle   altre
partecipazioni  non  detenute  per   la   negoziazione,   senza   una
giustificazione razionale, sfavorendone l'acquisto e  la  detenzione,
tanto piu' per  il  fatto  che  per  le  partecipazioni  della  Banca
d'Italia eccedenti il 3 per cento non e'  previsto  il  pagamento  di
dividendi. 
    Ne' puo' obiettarsi che, in tal caso, l'assoggettamento integrale
ad  IRES  dei  dividendi  e  delle   plusvalenze   potrebbe   trovare
giustificazione nel precedente assoggettamento ad imposta sostitutiva
con l'aliquota  del  26  per  cento  dei  maggiori  valori  derivanti
dall'aumento del valore nominale  delle  partecipazioni  della  Banca
d'Italia. 
    L'applicazione di  tale  imposta  sostitutiva  ha  comportato  un
aggravio e non un risparmio d'imposta a carico delle imprese che  non
le hanno acquistate per la negoziazione in quanto le  plusvalenze  di
tali partecipazioni avrebbero altrimenti fruito della PEX. 
    D'altro canto, sarebbero integralmente soggetti ad IRES  anche  i
dividendi e le plusvalenze di partecipazioni detenute da imprese  IAS
adopter che, avendole acquistate dopo il periodo d'imposta 2013,  non
hanno corrisposto l'imposta sostitutiva. 
    L'assoggettamento al regime d'imposizione integrale dei dividendi
anche delle partecipazioni della Banca d'Italia non detenute  per  la
negoziazione si pone in chiaro contrasto con la ratio di tale  regime
in quanto, essendo stato introdotto per contrastare le operazioni  di
acquisto e rivendita di partecipazioni che consentano  di  conseguire
dividendi esclusi  in  contropartita  del  realizzo  di  minusvalenze
deducibili, non ha ragione  di  trovare  applicazione  anche  per  le
partecipazioni cosi individuate. 
    Infine, l'integrale assoggettamento ad IRES dei  dividendi  delle
partecipazioni della Banca d'Italia non detenute per la  negoziazione
sarebbe incompatibile  con  l'eventuale  fruizione  della  PEX  sulle
plusvalenze realizzate mediante la loro cessione a titolo oneroso per
il fatto che consentirebbe di considerare esenti da IRES  per  il  95
per cento del loro importo plusvalenze che troverebbero  fonte  nella
capitalizzazione di dividendi integralmente soggetti a tale imposta. 
    Inoltre con  l'entrata  in  vigore  dell'IFRS  9  le  conclusioni
esposte sono state confermate dall'art. 2 del decreto del MEF del  10
gennaio 2018,  («Ministero  dell'economia  e  delle  finanze  decreto
ministeriale 10 gennaio 2018: Disposizioni di  coordinamento  tra  il
principilo contabile internazionale adottato con  il  regolamento  22
novembre 2016, n. 2016/2067  che  modifica  il  regolamento  (CE)  n.
1126/2008  che  adotta  taluni  principi   contabili   internazionali
conformemente al regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo
e  del  Consiglio  per  quanto  riguarda  l'International   Financial
Reporting Standard 9,  e  le  regole  di  determinazione  della  base
imponibile  dell'IRES  e  dell'IRAP,  ai  sensi  dell'art.  4,  comma
7-quater, del decreto legislativo 28 febbraio 2005, n. 38. 
Art. 2. Individuazione delle attivita' immobilizzate e circolanti. 
    1. Si considerano detenute per  la  negoziazione,  ai  sensi  del
comma 3-bis dell'art. 85  del  TUIR,  le  attivita'  finanziarie  che
rispettano la definizione di possedute per negoziazione di  cui  alle
lettere a) e b) dell'appendice A dell'IFRS 9 e che sono rilevate come
tali in bilancio. 
    2. Per i soggetti che non rappresentano come tali in bilancio  le
attivita' finanziarie che rispettano la definizione di possedute  per
negoziazione di cui alle lettere a) e b) dell'appendice  A  dell'IFRS
9,  la  classificazione  delle  stesse  come  attivita'  firnanziarie
detenute per la negoziazione di cui al comma 3-bis dell'art.  85  del
TUIR assume rilievo fiscale se e nella misura in cui sia rilevata nei
documenti contabili e risulti da atto di  data  certa  contestuale  o
anteriore  alla  data  di  approvazione   del   bilancio.»)   recante
«disposizioni di coordinamento»  tra  lo  IFRS  9  «e  le  regole  di
determinazione della base imponibile dell'IRES e dell'IRAP». 
    Tale  disposizione  ha   infatti   stabilito   che,   a   seguito
dell'adozione di tale principio contabile, «si  considerano  detenute
per la negoziazione, ai  sensi  del  comma  3-bis  dell'art.  85  del
T.U.I.R.», esclusivamente le attivita' finanziarie che integrino  due
distinti requisiti di natura contabile e  cioe'  che  rispettino  «la
definizione di possedute per la negoziazione di cui alle lettere a) e
b) dell'appendice A dell'IFRS 9» e «che sono rilevate  come  tali  in
bilancio», senza fare alcuna  eccezione  per  le  partecipazioni  nel
capitale della Banca d'Italia. 
    Pertanto,  come  rilevato  nella  relazione  illustrativa,   tale
disposizione  ha  statuito  che  le   partecipazioni   non   detenute
principalmente al fine di essere vendute o riacquistate a breve  «non
possono essere in  alcun  caso  ricondotte  alla  classificazione  di
quelle detenute  per  la  negoziazione,  ai  sensi  del  comma  3-bis
dell'art. 85 del T.U.I.R.». 
    In  pratica  quindi  per  effetto  delle   norme   richiamate   i
partecipanti al capitale di Banca di Italia subiscono un  trattamento
svantaggioso e gravemente discriminatorio rispetto a quello riservato
agli omologhi partecipanti  al  capitale  sociale  della  generalita'
degli enti e societa' commerciali. 
    Detto trattamento deteriore non trova giustificazione si pone  in
irrimediabile contrasto  con  il  principio  di  eguaglianza  di  cui
all'art 3 della Costituzione. 
    Nessuna effettiva e consistente ragione e' menzionata  nei  testi
normativi che hanno disposto l'illegittimo  prelievo;  nessun  motivo
obiettivo e ragionevole sta alla  base  della  rottura  dei  corretti
canoni della tassazione, la cui applicazione spettava ai partecipanti
alla Banca d'Italia. 
Violazione degli articoli 41 della Costituzione. 
    Risulta vulnerato  anche  l'art.  41  Costituzione,  secondo  cui
«L'iniziativa  economica  privata  e'  libera»,  risulta   gravemente
inciso. Per via della disciplina ivi censurata  si  e'  sottoposta  a
tassazione immediata, ad aliquota appena inferiore  a  quella  piena,
una ricchezza che, secondo le regole applicabili alla generalita' dei
contribuenti e necessarie al corretto funzionamento dei  principi  su
cui poggia l'ordinamento tributario, sarebbe rilevata solo  al  (suo)
realizzo effettivo e nella limitata misura del 5 per cento. 
Violazione degli articoli 53, 3, 41 della Costituzione. 
Lesione del principio del legittimo affidamento. 
    La violazione della Costituzione si palesa anche  per  via  della
compromissione   del   legittimo    affidamento    sulla    «certezza
dell'ordinamento giuridico». 
    Sotto tale profilo, risultano violati gli articoli 3 e 41. 
    Conviene riportare le osservazioni di aprte ricorrene. 
    La ricorrente lamenta:- la forzosa esclusione  dal  regime  P.Ex.
spettante sulle partecipazioni al  capitale  di  Banca  d'Italia  con
riferimento  ad   una   ricchezza   (incremento   di   valore   delle
partecipazioni)  insorta/maturata  prima  del  censurato   intervento
normativa;-  l'immotivata  ridefinizione  sostanziale  ad  opera  del
decreto-legge n. 66/2014 dell'imposta sostitutiva- sotto i profili di
grave innalzamento dell'aliquota e dell'eliminazione della rateazione
triennale -con effetti spregiudicatamente retroattivi. 
    Disattivazione P.Ex. 
    Oltre ad essere del tutto illogico ed  incongruo  sottrarre  allo
spettante regime fiscale (i.e.  rilevanza  al  realizzo  effettivo  e
nella limitata  misura  del  5  per  cento)  l'incremento  di  valore
conseguito dalle partecipazioni sino al 31 dicembre 2013, si  produce
un  effetto  lesivo  del  principio  di  eguaglianza  sostanziale  ed
un'indebita interferenza con l'esercizio della liberta' di iniziativa
economica a causa dell'inaspettata  introduzione  di  un  trattamento
fiscale deleterio, del tutto inverso e irrispettoso  del  regime  che
l'ordinamento  aveva  razionalmente  stabilito  per  l'incremento  di
valore conseguito sino al 31 dicembre 2013  dalle  partecipazioni  di
che trattasi. 
    Tale illegittimo effetto risulta evidente  laddove  si  consideri
che il socio di Banca d'Italia che  avesse  realizzato  entro  il  31
dicembre 2013 l'incremento di valore della  partecipazioni  (cessione
delle partecipazioni entro tale  data)  avrebbe  incluso  nella  base
imponibile IRES il 5 per cento del plusvalore, con  imposizione  IRES
pari al 1,35 per cento,  nel  mentre  la  ricorrente  che  ha  inteso
realizzare la medesima ricchezza conseguita al 31  dicembre  2013  in
una  data  successiva  e'  chiamata  per  cio'  solo,   ovverosia   a
prescindere dall'effettivo realizzo, ad  un'imposizione  del  26  per
cento (in aggiunta, si ribadisce, a  quanto  gia'  versato  da  Banca
d'Italia sugli utili da essa prodotti). 
    A  non  diverse  conclusioni  si  perviene  laddove  si   intenda
incasellare l'accaduto in una permuta realizzativa di partecipazioni;
anche  in  tal  caso,  infatti,  il  realizzo  delle   partecipazioni
sostituite era coperto dalla partecipation exemption e la  disciplina
ivi denunciata, ancora una volta, ha  tradito  le  legittime  attese,
cambiando il regime applicabile ad una  ricchezza  gia'  insorta  (ed
ancora una volta, gia' tassata presso la Banca d'Italia). 
    La  tutela  del   principio   del   legittimo   affidamento   del
contribuente sull'applicazione  del  regime  fiscale  originariamente
spettante sugli utili o sul maggior valore  delle  societa'  da  esso
partecipate emerge chiaramente nell'ordinamento. 
    L'art. 4, decreto ministeriale 8 giugno 2011, nel disciplinare le
ipotesi di riclassificazione di strumenti finanziari  (partecipazioni
in primis), ad opera  di  soggetti  adottanti  i  principi  contabili
internazionali, attua il  modello  (opposto  a  quello,  come  visto,
applicabile alla ricorrente, non IAS adopter) di assimilazione  della
riclassificazione al realizzo dello strumento. 
    Ebbene, seppur si tratta di  uno  strumento  che  per  via  della
riclassificazione  passa  dal   regime   P.Ex.,   previsto   per   le
partecipazioni  immobilizzate,  a  quello  di  piena  rilevanza   dei
differenziali di valore applicabile alle partecipazioni  di  trading,
l'incremento    di     valore     conseguito     alla     data     di
riclassificazione-realizzo  resta  assoggettato  al  regime   fiscale
spettante ante-riclassificazione, non potendosi tradire il  legittimo
affidamento in ordine all'assoggettamento della ricchezza gia' emersa
al trattamento fiscale sin li stabilito. 
    Sotto  questo  punto  di  vista,  la  Corte  costituzionale,  nel
dirimere una questione di costituzionalita' posta in relazione ad una
norma  tributaria,  ha  affermato  che  non  puo'  essere  frustrato:
«l'affidamento dei soggetti nella possibilita' di operare sulla  base
delle condizioni  normative  presenti  nell'ordinamento  in  un  dato
periodo storico» (Corte cost., 22 novembre 2000, n. 525)». 
    In definitiva, nella complessiva vicenda che ci occupa la parita'
di trattamento tra contribuenti omologhi  e'  spezzata  sul  semplice
inammissibile  presupposto  del  realizzo  (applicazione  del  regime
P.Ex.)  o  mantenimento  (applicazione  di  una   rilevante   imposta
sostitutiva) delle partecipazioni alla data del 31 dicembre 2013. 
    Per  altro  verso,  l'iniziativa  economica  dei  soci  di  Banca
d'Italia e' fortemente incisa dalla vicenda normativa in discussione;
la  programmazione  delle  uscite  di  cassa,   essenziale   per   un
equilibrata  gestione  dei  conti  aziendali  e  per  un   tempestivo
approntamento delle risorse necessarie all'adempimento degli obblighi
assunti, e' messa in crisi da una disciplina  che  improvvisamente  e
senza alcuna ragione sistematica richiede imposte  su  una  ricchezza
coperta dal regime di esclusione dalla base imponibile. 
Violazione dell'art. 42 della Costituzione. 
    Appare   fortemente   compromesso   anche   il    principio    di
inviolabilita'  della  proprieta'  privata,   direttamente   tutelato
dall'art. 42 della Costituzione, ai termini del quale: «La proprieta'
privata e' riconosciuta e garantita dalla legge, che ne  determina  i
modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo  di  assicurarne
la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti». 
    L'assenza dei presupposti di una  legittima  tassazione  mette  a
nudo come la disciplina denunciata realizzi  un  sostanziale  effetto
ablatorio della «proprieta' privata». Per via di una serie  di  norme
successive  si  e'  costruito  un  obbligo   di   contribuzione   non
compatibile con discipline  e  principi  che  attuano  l'imposizione;
risulta allora evidente che si sia proceduto ad una mera  spoliazione
patrimoniale. L'intento della legge, pare evidente, non e' quello  di
incidere una  nuova  ricchezza  (ossia  non  gia'  rilevata  ai  fini
dell'imposizione) acquisita da contribuenti come la ricorrente, bensi
quello di 32 apprendere a tutti i costi parte  del  loro  patrimonio,
delle loro disponibilita' finanziarie alla data del 31 dicembre 2013. 
    Ebbene tale patrimonio e  disponibilita'  finanziaria  sono,  nel
caso della ricorrente, frutto di un'attivita' economica operativa che
ha gia' adeguatamente concorso al sostenimento delle spese  pubbliche
attraverso   l'ordinaria   tassazione   della   ricchezza    prodotta
dall'impresa. La disciplina censurata nulla motiva in ordine  a  tale
spoliazione  patrimorniale;  nessun  equo  contemperamento   tra   le
indefinite  esigenze  finanziarie  dello  Stato  e  la   tutela   del
patrimonio dei  contribuenti  e'  ravvisabile  nel  decreto-legge  n.
66/2014. 
    Cio' esposto deve osservarsi a questo punto  che  a  giudizio  di
questa Commissione e' preclusa  ogni  possibilita'  di  ricostruzione
ermeneutica adeguatrice del combinato disposto normativa richiamato. 
    Invero il tenore testuale delle norme e' inequivoco  e  le  norme
stesse sono state  redatte  in  maniera  chiara  ed  inequivoca  deve
escludersi di per se' ogni  lettura  alternativa  rispetto  a  quella
illustrata. 
 
                               P.Q.M. 
 
    La Commissione tributaria di Trieste II Sezione. 
    Visti gli articoli 134 e 137  cost.,  1  legge  costituzionale  9
febbraio 1948 n. 1, 23 legge 11 marzo 1953 n. 87: 
        dichiara  rilevante  e  non   manifestamente   infondata   la
questione di  legittimita'  costituzionale  del  combinato  normativa
costituito dall'art. 6, comma 6, decreto-legge n. 133/2013 convertito
dalla legge n. 5/2014, e dal comma 148 dell'art.  l  della  legge  n.
147/2013; 
        ritenendo  le  suddette  disposizioni  in  violazilone  degli
articoli 3 ,41, 42 e 53 della Costituzione  nei  termini  di  cui  in
motivazione; 
        dispone la sospensione del presente giudizio; 
        ordina che, a cura della cancelleria, la  presente  ordinanza
sia  notificata  alle  parti  ed  al  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
        ordina,  altresi,  che  l'ordinanza  venga   comunicata   dal
cancelliere ai Presidenti delle due Camere del Parlamento; 
        dispone  l'immediata  trasmissione  degli  atti,  comprensivi
della documentazione attestante il perfezionamento  delle  prescritte
notificazioni e comunicazioni, alla Corte costituzionale. 
    Manda alla cancelleria per gli adempimenti di rito. 
        Trieste, 10 febbraio 2022 
 
                        Il Presidente: Rovis 
 
                                         Il giudice relatore: Milillo