N. 79 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 maggio 2022
Ordinanza del 23 maggio 2022 del Tribunale di Ravenna nel procedimento penale a carico di M. N.. Processo penale - Incompatibilita' del giudice - Incompatibilita' a partecipare al giudizio di rinvio del giudice il quale abbia concorso a pronunciare ordinanza di accoglimento o di rigetto della richiesta di riesame ai sensi dell'art. 324 cod. proc. pen. - Mancata previsione. - Codice di procedura penale, artt. 623, comma 1, lettera a), e 34.(GU n.28 del 13-7-2022 )
TRIBUNALE DI RAVENNA Sezione penale Il Tribunale, in composizione collegiale, nelle persone dei magistrati: dott.ssa Cecilia Calandra, Presidente; dott.ssa Antonella Guidomei, giudice; dott. Andrea Chibelli, giudice relatore. Letti gli atti del proc. n. 13/21 RG. ESEC. nei confronti di M. N., nato a ... in data ...; Decidendo in sede di giudizio di rinvio a seguito della pronuncia della sentenza n. 44927 del 29 settembre 2021 (dep. il 3 dicembre 2021) con cui la Quinta Sezione della Corte di cassazione ha annullato l'ordinanza emessa dal Tribunale di Ravenna in data 18 febbraio 2021; Sentite le parti; A scioglimento della riserva assunta all'udienza del 28 aprile 2022; Osserva Con provvedimento del 29 settembre 2021 la Quinta Sezione della Corte di cassazione ha annullato con rinvio l'ordinanza emessa dal Tribunale di Ravenna in data 18 febbraio 2021, con la quale questo Tribunale, in sede di riesame, confermava l'ordinanza applicativa di sequestro conservativo emessa il 7 maggio 2021 dal Giudice dell'udienza preliminare in sede nell'ambito del procedimento n. 6340/16 RGNR, nei confronti di M. G., G. S. e M. N ., rinviati a giudizio per i reati di associazione per delinquere, bancarotta fraudolenta distrattiva e falso in bilancio. Il sequestro era stato disposto su richiesta della parte civile curatela del fallimento ... S.r.l. e riguardava quote di partecipazione societaria, l'immobile sito a ... alla ..., cinque unita' immobiliari di proprieta' della societa' ... S.r.l. e una porzione della proprieta' di un altro immobile appartenente alla ... S.r.l. La Corte di cassazione ha rilevato incompletezza di motivazione, ritenendo l'ordinanza impugnata «carente quanto all'indicazione delle ragioni del periculum in mora» (donde la necessita' di lasciar «comprendere le ragioni per le quali l'obbligazione risarcitoria non possa essere fronteggiata dal ricorrente e come questo generi il periculum che giustifica l'apprensione provvisoria dei beni») e per quanto riguarda la determinazione del danno e, in via correlata, il valore dei beni da sottoporre a sequestro. E' stato dunque disposto l'annullamento con rinvio degli atti al Tribunale di Ravenna affinche' il giudice di merito «fornisca nuova ed effettiva motivazione sul periculum derivante dall'insufficienza del patrimonio di N. M. e sull'entita' del danno da risarcire, in rapporto ai beni cui si riferisce il sequestro», colmando le rilevate lacune motivazionali. Questo Collegio, investito della decisione in sede di giudizio di rinvio, in data 17 marzo 2022, ha rimesso gli atti al Presidente del Tribunale di Ravenna, evidenziando che due componenti (la dott.ssa Antonella Guidomei e il dott. Andrea Chibelli), avendo fatto parte del Collegio che aveva emesso l'ordinanza annullata dalla Corte di cassazione, ravvisavano ragioni di astensione dalla trattazione di giudizio di rinvio ai sensi dell'art. 36, lettera h) del codice di procedura penale. Con provvedimento del 23 marzo 2022 il Presidente del Tribunale ha rigettato la richiesta di astensione e ha restituito gli atti al Collegio, non ravvisando ragioni idonee a inibire la partecipazione al giudizio di rinvio dei componenti del Collegio che aveva emesso l'ordinanza annullata. Cio' con riferimento al disposto di cui all'art. 623, lettera a) del codice di procedura penale («se e' annullata un'ordinanza, la Corte di cassazione dispone che gli atti siano trasmessi al giudice che l'ha pronunciata, il quale provvede uniformandosi alla sentenza di annullamento») e al principio, piu' volte ribadito dalla Corte di legittimita', secondo cui «nell'ipotesi in cui la Corte di cassazione annulli con rinvio un'ordinanza pronunciata dal tribunale del riesame, non sussiste alcuna incompatibilita' dei magistrali che abbiano adottato la precedente decisione a comporre il collegio chiamato a deliberare in sede di rinvio, poiche' l'art. 623, lettera a) del codice di procedura penale non richiede che i componenti siano diversi» (Cass., Sez. IV, n. 16717 del 14 aprile 2021). Tanto premesso, in punto di merito si osserva quanto segue. M. N. e' imputato, unitamente ad altri soggetti, dei reati di associazione per delinquere, bancarotta fraudolenta e false comunicazioni sociali dettagliatamente descritti nell'atto di incolpazione. Nell'ambito del relativo procedimento penale e' stato attinto da decreto di sequestro conservativo emesso dal locale Giudice dell'udienza preliminare il 7 gennaio 2021. Il sequestro e' stato disposto su richiesta della parte civile, curatela del fallimento ... S.r.l., a seguito del rinvio a giudizio degli imputati per associazione a delinquere, bancarotta fraudolenta per distrazione e falso in bilancio. In sede di giudizio di impugnazione avverso il citato decreto di sequestro, il Tribunale del riesame ha confermato il fumus criminis con riguardo a tutte le condotte contestate al M. per le quali era stato disposto il vincolo reale, essendo intervenuta l'emissione del decreto di rinvio a giudizio nei confronti dell'imputato. Il Tribunale del riesame ha poi riconosciuto anche il periculum in mora, sottolineando l'insufficienza delle condizioni economiche del ricorrente al fine di soddisfare le ingenti obbligazioni risarcitorie fatte valere dalla parte civile e il pericolo di dispersione delle garanzie patrimoniali, in considerazione delle molteplici condotte fraudolente e decettive attribuite ai sodali dell'associazione a delinquere in questione, sintomatiche di slealta' patrimoniale, e del danno complessivamente cagionato dalla condotta associativa e dalle operazioni dolose ascritte a tutti gli imputati (danno il cui ammontare e' stato stimato in una cifra non inferiore alla somma determinata di «oltre dieci milioni di euro», tenuto conto dell'imponente passivo fallimentare nonche' del nutrito comitato dei creditori e dei debiti verso l'erario). Su ricorso proposto da M. N ., la Suprema Corte ha annullato con rinvio la citata ordinanza, ritenendo viziata la parte della motivazione relativa al periculum derivante dall'insufficienza del patrimonio dell'imputato e alla determinazione dell'entita' del danno da risarcire, in rapporto ai beni cui si riferisce il sequestro, chiedendo un nuovo esame sul punto. Cio' premesso, il Tribunale, consideratane la non manifesta infondatezza e la rilevanza nel caso concreto, ritiene di dover sollevare d'ufficio, ai sensi dell'art. 23, terzo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 623, comma 1, lettera a) del codice di procedura penale per violazione degli articoli 3 e 111, comma 2 della Costituzione nella parte in cui non prevede incompatibilita' a partecipare al giudizio di rinvio del giudice-persona fisica, il quale ha concorso a pronunciare l'ordinanza emessa dal Tribunale del riesame annullata dalla Corte di cassazione. Cio' con particolare riguardo al diritto ad un giudizio da svolgersi innanzi a Giudice terzo ed imparziale. La questione appare rilevante e non manifestamente infondata. Non sembrano esservi dubbi, innanzitutto, in ordine alla rilevanza della questione nel presente giudizio. Infatti, laddove la questione venisse accolta, verrebbe designato, per la decisione sull'istanza di riesame in seguito all'annullamento da parte della Corte di cassazione dell'ordinanza emessa da questo Giudice il 18 febbraio 2021, un Collegio composto da magistrati-persone fisiche diversi del Tribunale di Ravenna. Diversamente, sarebbero gli stessi giudici che avevano partecipato alla deliberazione del provvedimento annullato a dover decidere nel presente giudizio di rinvio a seguito dell'annullamento dell'ordinanza pronunciata in ordine alla medesima istanza di riesame. Il che determina la sicura rilevanza in concreto della questione. E' evidente, infatti, che questo Giudice collegiale, cosi' composto, laddove fosse chiamato a pronunciarsi nuovamente sulla questione, dovrebbe pronunciarsi su profili gia' oggetto delle valutazioni gia' esplicitate nell'ordinanza annullata (alla cui adozione hanno partecipato due dei medesimi giudici-persone fisiche), evenienza, questa, che, ad avviso del Collegio, stride con i parametri costituzionali su cui ci si soffermera' in punto di non manifesta infondatezza della questione. La Corte di cassazione ha gia' ritenuto che non ricorra incompatibilita' ex art. 34 del codice di procedura penale nelle ipotesi di rinvio al medesimo Giudice investito della decisione di provvedimenti de libertate, ritenendo in tali casi il Giudice di rinvio non decida nel merito della vicenda ed esprima cosi' quel «giudizio» che l'art. 34 del codice di procedura penale pone a fondamento dell'incompatibilita'. Nella fattispecie in esame, con norma speciale rispetto all'art. 34, comma 1 del codice di procedura penale, l'art. 623, comma 1, lettera a) del codice di procedura penale prevede poi che, in riferimento al giudizio di rinvio, «se e' annullata un'ordinanza, la Corte di cassazione dispone che gli atti siano trasmessi al giudice che l'ha pronunciata, il quale provvede uniformandosi alla sentenza di annullamento». Parimenti, lo stesso art. 623, comma 1del codice di procedura penale, alla lettera d), prevede che «se e' annullata la sentenza di un tribunale monocratico o di un giudice per le indagini preliminari, la Corte di cassazione dispone che gli atti siano trasmessi al medesimo tribunale»; ma aggiunge: «tuttavia, il giudice deve essere diverso da quello che ha pronunciato la sentenza annullata». Quest'ultima prescrizione, presente nella lettera d) e non anche nella lettera a) - quella secondo cui il giudice deve essere diverso da quello che ha pronunciato la sentenza annullata -, conferma la correttezza del presupposto interpretativo della presente ordinanza di rimessione: ove oggetto di annullamento sia un'ordinanza e non gia' una sentenza, non opera tale piu' specifica prescrizione. Del resto, e' la stessa giurisprudenza costituzionale a confermare che le norme censurate vanno interpretate nel senso che in sede di giudizio di esecuzione il giudizio di rinvio, a seguito dell'annullamento dell'ordinanza di rideterminazione della pena da parte della Corte di cassazione, non possa essere celebrato innanzi allo stesso giudice, persona fisica, che ha pronunciato l'ordinanza impugnata e che tale interpretazione e' oggettivamente conforme al dato normativo e comunque rispondente al corrente orientamento della giurisprudenza di legittimita', cosi' da poter essere assunta quale «diritto vivente» (cfr. Corte costituzionale n. 183 del 2013; n. 7 del 2022). (1) Dunque, la questione dell'incompatibilita' di questo giudice a decidere nuovamente la medesima questione gia' oggetto del precedente giudizio di riesame appare indiscutibilmente rilevante in concreto nel presente giudizio. A cio' si aggiunga che, nella specie, non e' neanche utilmente percorribile la strada alternativa dell'attivazione del rimedio dell'astensione ex art. 36, lettera h) del codice di procedura penale, essendo la relativa istanza di astensione gia' stata rigettata dal Presidente del Tribunale. Ne deriva che il presente giudizio non puo' allora essere definito in assenza della soluzione della questione di legittimita' costituzionale ne' e' possibile una interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione in esame sulla scorta del tenore letterale dell'articolato codicistico e della interpretazione data dalla Corte di legittimita'. Cio' chiarito in punto di rilevanza della questione, debbono ora illustrarsi le ragioni per le quali si dubita della legittimita' costituzionale - in relazione agli articoli 111 e 3 della Costituzione - della mancata previsione, da parte degli articoli 623, comma 1, lettera a) e 34 del codice di procedura penale, dell'incompatibilita' a partecipare al giudizio di rinvio in capo al medesimo giudice-persona fisica che ha emesso l'ordinanza annullata. Come anticipato, la Corte di legittimita' ha costantemente affermato, sul punto, che, nell'ipotesi in cui la Corte di cassazione annulli con rinvio un'ordinanza pronunciata dal tribunale del riesame non sussiste alcuna incompatibilita' dei magistrati che abbiano adottato la precedente decisione a comporre il collegio chiamato a deliberare in sede di rinvio, poiche' l'art. 623, lettera a) del codice di procedura penale non richiede che i componenti siano diversi e il procedimento incidentale de libertate non comporta, per sua natura, un accertamento sul merito della contestazione. (Sez. 6, n. 33883 del 26 marzo 2014, G., Rv. 261076; conf. Sez. 2, n. 15305 del 29 gennaio 2013, M., Rv. 255783). Segnatamente, i giudici di legittimita' (Cass., sez. I, 7 ottobre 2003, M.) hanno affermato che l'imparzialita' del giudice non puo' ritenersi intaccata da una qualsivoglia valutazione gia' compiuta nello stesso o in altri procedimenti e che nel giudizio incidentale de libertate la cognizione sarebbe «limitata all'applicazione della misura cautelare che ha natura processuale e non sostanziale»; di conseguenza, la disciplina dell'incompatibilita' andrebbe circoscritta ai casi di duplicita' del giudizio di merito sullo stesso oggetto, perche' «solo allora e' ravvisabile il ragionevole pericolo che il giudice sia condizionato dalla propria precedente decisione». Pertanto, secondo tale orientamento consolidato, il tenore letterale dell'art. 623, lettera a) del codice di procedura penale, in base al quale in caso di annullamento di un'ordinanza il giudizio deve essere rinviato al «giudice che l'ha pronunciata», correttamente esclude che i due collegi chiamati a statuire sulla liberta' personale debbano essere formati da persone fisiche diverse. Ora ritiene il Collegio che, nel caso di specie, questo Giudice, nella presente composizione, abbia gia' espresso valutazioni di merito, pronunciandosi sull'istanza di riesame originaria, sia pure nelle forme di ordinanza e non con sentenza, nell'ambito del procedimento avente ad oggetto la legittimita' del decreto di sequestro preventivo, adottando una decisione che postula non secondario esame dei presupposti applicativi del vincolo ablatorio e che pertanto non puo' che integrare gli estremi del «giudizio» che la previsione dell'art. 34 del codice di procedura penale pone come limite al giudice chiamato a decidere nuovamente. In altri termini, proprio il fatto che il Collegio debba per la seconda volta esercitare penetranti poteri di valutazione di merito, effettuando un nuovo giudizio circa la adeguatezza e la proporzionalita' della misura cautelare reale, induce a ritenere che a decidere sul giudizio di rinvio (a seguito di annullamento da parte della Corte di cassazione della precedente decisione sulla richiesta di riesame sul medesimo tema), non debba e non possa essere il medesimo giudice-persona fisica, che si e' gia' espresso, per l'appunto, con le proprie penetranti valutazioni di merito, su un aspetto fondamentale quale e' quello della proporzionalita' della misura cautelare. La mancata previsione dell'incompatibilita' del giudice competente del Tribunale del riesame, persona fisica, che abbia pronunciato l'ordinanza sulla richiesta di riesame avverso una misura cautelare reale, poi annullata con rinvio dalla Corte di cassazione, confligge invero ad avviso del Collegio, con i parametri di cui agli articoli 3, primo comma, e 111, secondo comma della Costituzione). Infatti, come affermato dalla Corte costituzionale (sentenza n. 131 del 1996), il «giusto processo» comprende l'esigenza di imparzialita' del giudice, la quale non e' che «un aspetto di quel carattere di "terzieta'" che connota nell'essenziale tanto la funzione giurisdizionale quanto la posizione del giudice, distinguendola da quella di tutti gli altri soggetti pubblici, e condiziona l'effettivita' del diritto di azione e di difesa in giudizio»; pertanto - ha sottolineato il giudice delle leggi - «[l]e norme sulla incompatibilita' del giudice sono funzionali al principio di imparzialità-terzieta' della giurisdizione e cio' ne chiarisce il rilievo costituzionale». In questa prospettiva, la disciplina sulla incompatibilita' del giudice e' volta a evitare che la decisione sul merito della causa possa essere o apparire condizionata dalla «forza della prevenzione» - ovvero dalla naturale propensione a confermare una decisione gia' presa o a mantenere un atteggiamento gia' assunto - derivante da valutazioni che il giudice abbia precedentemente svolto in ordine alla medesima res iudicanda (ex plurimis, sentenze n. 66 del 2019, n. 18 del 2017, n. 183 del 2013, n. 153 del 2012, n. 177 del 2010, n. 224 del 2001, n. 283 del 2000 e n. 241 del 1999). E, come chiarito dalla Corte costituzionale, perche' possa configurarsi una situazione di incompatibilita', nel senso della esigenza costituzionale della relativa previsione, e' necessario che sia ravvisabile una valutazione «contenutistica» sulla medesima res iudicanda e che tale valutazione si collochi in una precedente e distinta fase del procedimento, rispetto a quella della quale il giudice e' attualmente investito (sentenza n. 66 del 2019). Cio' detto, e' poi noto che la regola generale di incompatibilita' del giudice che abbia gia' compiuto atti nel procedimento e' posta dall'art. 34 del codice di procedura penale, che ne definisce termini e limiti, e che, in particolare, stabilisce al comma 1 che il giudice che ha pronunciato o ha concorso a pronunciare sentenza in un grado del procedimento non puo' partecipare al giudizio di rinvio dopo l'annullamento. Questa regola poi e' declinata piu' specificamente dall'art. 623 del codice di procedura penale che, con riferimento alla pronuncia di annullamento con rinvio a seguito del giudizio di cassazione, prevede - alle lettere b), c) e d) - i vari casi di annullamento della sentenza impugnata, indicando il giudice competente per il giudizio di rinvio. Se e' annullata una sentenza di un giudice collegiale (corte di assise di appello o corte di appello o corte di assise o tribunale in composizione collegiale) il giudizio e' rinviato rispettivamente a un'altra sezione della stessa corte o dello stesso tribunale o, in mancanza, alla corte o al tribunale piu' vicini. Se e' annullata una sentenza di un giudice monocratico (tribunale in composizione monocratica o giudice per le indagini preliminari) il giudizio e' rinviato al medesimo tribunale, ma il giudice deve essere diverso da quello che ha pronunciato la sentenza annullata. Ove invece sia annullata un'ordinanza, il medesimo art. 623, comma 1 del codice di procedura penale, alla lettera a), detta una regola diversa: prevede che la Corte di cassazione disponga che gli atti siano trasmessi al giudice che l'ha pronunciata, il quale provvede uniformandosi alla sentenza di annullamento, senza che sia prescritto - come nella successiva lettera d) con riferimento alla sentenza di un tribunale monocratico o di un giudice per le indagini preliminari - che il giudice, se monocratico, debba essere diverso da quello che ha pronunciato l'ordinanza annullata. Vi e', in particolare, che l'ordinanza e' il tipico provvedimento decisorio del giudice nel procedimento cautelare (e, in particolare, nel giudizio incidentale di riesame); il quale ha caratteristiche e peculiarita' ben distinte dal giudizio di merito. E', in generale, nell'attivita' della cognizione che il giudice del rinvio, in caso di annullamento pronunciato dalla Corte di cassazione, e' esposto alla forza della prevenzione insita nel condizionamento per aver egli adottato il provvedimento impugnato. Ma, ad avviso del Collegio, cio' accade anche quando nel procedimento incidentale il giudice del rinvio, al pari del giudice dell'ordinanza annullata, e' chiamato a una decisione non formale ma di contenuto, fondata su una valutazione in merito alla sussistenza dei presupposti applicativi del provvedimento impugnato, trattandosi di valutazione che incide su interessi sostanziali di un soggetto (la libera disponibilita' di un bene, nel caso di misura cautelare reale) e che attiene, nel caso di specie, sia alla sussistenza del fumus bonis iuris che al periculum in mora attinta dal vincolo ablatorio (nella specie, il pericolo di insufficienza delle risorse patrimoniali sulle quali soddisfare le obbligazioni nascenti dal reato e nella prognosi di una condotta di depauperamento del patrimonio): in questi casi, sembra difficile negare che il provvedimento cautelare, al di la' della qualificazione giuridica esteriore, abbia un significativo contenuto decisorio. Si ha allora che il giudice dell'impugnazione cautelare, nel giudizio di rinvio conseguente all'annullamento dell'ordinanza con cui egli stesso si e' gia' pronunciato sulla legittimita' della misura interinale reale, e' nuovamente investito della decisione circa la legittimita' della misura cautelare, dovendo a tal fine esercitare incisivi poteri di merito. Sul punto, non e' peraltro superfluo infatti rilevare che la pretesa differenza ontologica tra «giudizio» e valutazione allo stato degli atti compiuta in sede cautelare - valorizzata dal citato orientamento giurisprudenziale al fine di corroborare la tesi che esclude qualsiasi profilo di incompatibilita' - sembra ormai del tutto vacillare dopo le pronunce costituzionali e gli interventi legislativi tesi ad un'anticipazione delle regole di utilizzabilita' e valutazione probatoria proprie della sede dibattimentale anche in sede di accertamento incidentale de libertate. Invero, le Sezioni Unite (Cassazione, sez. un., 30 maggio 2006, p.m. in c.S.) hanno osservato come «il giusto processo cautelare» rappresenti «l'epilogo di un cammino che, attraverso varie tappe segnate da interventi del legislatore, di questa Suprema Corte e del Giudice delle leggi, ha visto progressivamente sfumare le tradizionali differenze evidenziate tra decisione cautelare e giudizio di merito, con riferimento alla valutazione degli elementi conoscitivi posti a disposizione del giudice, e ricercare una tendenziale omologazione dei corrispondenti parametri-guida». Insomma, oggi e' possibile affermare, senza tema di smentita, che «giudizio» e' pure quello cautelare. Si ha, allora, che l'apprezzamento demandato al giudice in sede di rinvio assume la natura di «giudizio» che, in quanto tale, integra il «secondo termine della relazione di incompatibilita' [...], espressivo della sede "pregiudicata" dall'effetto di "condizionamento" scaturente dall'avvenuta adozione di una precedente decisione sulla medesima res iudicanda» (sentenza n. 183 del 2013). A tal proposito, la Corte costituzionale ha affermato che «la locuzione "giudizio" e' di per se' tale da comprendere qualsiasi tipo di giudizio, cioe' ogni processo che in base ad un esame delle prove pervenga ad una decisione di merito» (ordinanza n. 151 del 2004). Pertanto, e' un «"giudizio" contenutisticamente inteso, [...] ogni sequenza procedimentale - anche diversa dal giudizio dibattimentale - la quale, collocandosi in una fase diversa da quella in cui si e' svolta l'attivita' "pregiudicante", implichi una valutazione sul merito dell'accusa, e non determinazioni incidenti sul semplice svolgimento del processo, ancorche' adottate sulla base di un apprezzamento delle risultanze processuali» (sentenza n. 224 del 2001). La valutazione complessiva della sussistenza dei presupposti applicativi della misura cautelare presenta, pertanto, tutte le caratteristiche del «giudizio» per come delineate dalla giurisprudenza costituzionale. Una conclusione, questa, che, ad avviso del Collegio, e' coerente con il percorso evolutivo intrapreso dalla piu' recente giurisprudenziale costituzionale, che, nell'affrontare i profili di incostituzionalita' della disciplina delle incompatibilita' del giudizio di rinvio a seguito di annullamento di ordinanze nel procedimento di esecuzione, ha attribuito rilevanza non gia' alla sede procedimentale e al nomen iuris della decisione adottata, bensi' alla natura contenutistica delle valutazioni cui il giudice e' in quel caso chiamato a fare, ravvisando la duplicita' del giudizio sullo stesso oggetto - foriera di incompatibilita' - anche in un luogo diverso dal giudizio di cognizione avente a oggetto l'accertamento sul merito della contestazione (sentenze n. 183 del 2013 e n. 7 del 2022). Ne deriva che, in sede di rinvio dopo l'annullamento da parte della Corte di cassazione, il Tribunale del riesame - per essere «terzo e imparziale» (art. 111, secondo comma della Costituzione) - deve essere composto da persone fisiche diverse dai giudici che, in precedenza, si sono gia' pronunciati con l'impugnata (e annullata) ordinanza sulla richiesta di riesame. In definitiva, se la ratio della disciplina dettata dall'art. 34 del codice di procedura penale e dalle relative sentenze additive vuole che il giudice si trovi in situazione di incompatibilita' tutte le volte in cui abbia gia' compiuto una valutazione che e' all'origine di un provvedimento che chiude e definisce l'iter logico seguito alla valutazione stessa, l'invocata declaratoria di incostituzionalita' si impone: poiche' l'art. 34 del codice di procedura penale mira ad evitare la c.d. forza della prevenzione, si puo' senz'altro ritenere che anche il giudice che abbia emesso l'ordinanza in sede di impugnazione cautelare, avendo gia' adottato una decisione di merito sullo stesso oggetto, abbia perduto quella capacita' critica che e' il presupposto di ogni retto giudizio e venga inevitabilmente a trovarsi nella situazione da quell'articolo prefigurata, inverando il pericolo che il giudice sia condizionato dalla propria precedente decisione. In sostanza, il medesimo giudice si troverebbe a rivalutare quanto da lui stesso deciso facendo venir meno non solo l'imparzialita', ma anche il sistema delle impugnazioni, da individuarsi nel controllo esterno (di un terzo), unico davvero in grado di giudicare cio' che e' stato deciso nel grado precedente, in ragione della giusta e misurata distanza mentale dalle valutazioni espresse e dalla decisione emessa. Oltretutto, dell'imparzialita' e' importante anche il fattore esteriore, l'apparenza: il giudice deve non solo essere, ma anche apparire imparziale. Non deve, infatti, potersi formare il sospetto di una parzialita' del giudice, addebitabile al solo fatto che, come fisiologicamente accade, il giudicante, chiamato a decidere sullo stesso oggetto di una sua precedente decisione, possa avere la propensione a «tenere fermo» quanto deciso in precedenza. Pertanto, qualora non si rinvenisse un'ipotesi di incompatibilita' nel caso di individuazione dell'organo giudicante di rinvio in uno, in tutto o in parte, coincidente con quello che ha pronunciato l'ordinanza annullata, verrebbero a mancare i canoni fondamentali della giurisdizione, che impongono che ogni giudizio provenga da un giudice terzo e imparziale e che tale imparzialita' debba coincidere con l'assenza di qualsiasi «pregiudizio» del giurisdicente. Del resto, la garanzia dell'imparzialita' e' connaturata dalla nozione stessa di «giudice» e deve necessariamente estendersi al giudice cautelare, non potendo evidentemente essere connaturata dal solo giudizio di merito. Per queste ragioni, il Collegio ritiene non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale degli articoli 623, comma 1, lettera a) e 34 del codice di procedura penale con riguardo all'art. 111, comma 2, della Costituzione, nella parte in cui non prevede l'incompatibilita' dei giudici che come componenti del Tribunale del riesame si siano gia' pronunciati sulla ordinanza che dispone una misura cautelare reale nei confronti dell'imputato esprimendo giudizio di merito, a decidere nuovamente sulla medesima questione a seguito di giudizio di annullamento della S.C. Ricorre ancora ingiustificata disparita' di trattamento in violazione dell'art. 3 della Costituzione con riguardo al diverso trattamento fra le fasi di cognizione e cautelare. Infatti, come anticipato, nell'ipotesi in cui il giudice abbia deciso con sentenza in sede cognizione, l'annullamento con rinvio della sua decisione comporta, ai sensi dell'art. 623, comma 1, lettera d) del codice di procedura penale, l'impossibilita' per quel giudice-persona fisica di pronunciarsi nuovamente sulla vicenda. E, correlativamente e coerentemente, l'art. 34 del codice di procedura penale, al comma 1, nel presupporre la separazione e autonomia tra iudicium rescidens e iudicium rescissorium, contempla la corrispondente incompatibilita' (art. 34, comma 1, del codice di procedura penale: «Il giudice che ha pronunciato o ha concorso a pronunciare sentenza in un grado del procedimento non puo' esercitare funzioni di giudice negli altri gradi, ne' partecipare al giudizio di rinvio dopo l'annullamento o al giudizio per revisione»). Parimenti la Corte costituzionale ha affermato che in sede di giudizio di esecuzione il giudizio di rinvio, a seguito dell'annullamento dell'ordinanza di rideterminazione della pena da parte della Corte di cassazione, non possa essere celebrato innanzi allo stesso giudice, persona fisica, che ha pronunciato l'ordinanza impugnata e che tale interpretazione e' oggettivamente conforme al dato normativo posto che la locuzione «giudizio» e' di per se' tale da comprendere qualsiasi tipo di giudizio, cioe' ogni processo che in base ad un esame delle prove pervenga ad una decisione di merito (cfr. Corte costituzionale n. 183 del 2013; n. 7 del 2022). Per contro, se l'identico giudizio e' espresso, come nella specie, in fase cautelare - e segnatamente nel procedimento incidentale di riesame avverso il provvedimento applicativo della misura cautelare reale, e dunque mediante ordinanza a mente dell'art. 324 del codice di procedura penale - l'ulteriore pronuncia del medesimo giudice sulla stessa questione, a seguito di annullamento con rinvio da parte della Corte di cassazione, non e' preclusa, anzi e' imposta visto il dato letterale del richiamato art. 623, comma 1, lettera a) del codice di procedura penale. Da qui l'irragionevole disparita' tra fase della cognizione e fase cautelare, visto che, laddove il «giudizio» contenutisticamente inteso - implicante penetranti valutazioni di merito - sia operato con sentenza poi annullata, il sistema processuale prevede espressamente l'incompatibilita' del giudice che ha pronunciato la sentenza rispetto al giudizio di rinvio a seguito di annullamento; mentre analoga incompatibilita' non e' prevista laddove quella medesima valutazione sia effettuata in sede di riesame avverso misura cautelare reale con ordinanza poi annullata. (1) La Corte costituzionale dichiara l'illegittimita' costituzionale degli articoli 34, comma 1, e 623, comma l, lettera a), del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevedono che il giudice dell'esecuzione deve essere diverso da quello che ha pronunciato l'ordinanza sulla richiesta di rideterminazione della pena, a seguito di declaratoria di illegittimita' costituzionale di una norma incidente sulla commisurazione del trattamento sanzionatorio, annullata con rinvio dalla Corte di cassazione.
P.Q.M. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata in relazione agli articoli 3 e 111, comma 2 della Costituzione la questione di legittimita' costituzionale degli articoli 623, comma 1, lettera a) e 34 del codice di procedura penale nella parte in cui non prevedono l'incompatibilita' a partecipare al giudizio di rinvio del giudice il quale abbia concorso a pronunciare ordinanza di accoglimento ovvero di rigetto della richiesta di riesame ai sensi dell'art. 324 del codice di procedura penale. Dispone la sospensione del presente procedimento e ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Ordina che, a cura della cancelleria, copia della presente ordinanza sia notificata al pubblico ministero, al ricorrente M. N. e al relativo difensore, nonche' al Presidente del Consiglio dei ministri; dispone altresi' che la presente ordinanza sia comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Cosi' deciso in Camera di consiglio, in Ravenna, 23 maggio 2022 Il Presidente: Calandra I giudici: Guidomei - Chibelli