N. 93 ORDINANZA (Atto di promovimento) 14 giugno 2022

Ordinanza  del  14  giugno  2022  della  Corte  d'appello   di   Roma
sull'istanza proposta da P. O.. 
 
Processo penale - Revisione  -  Inammissibilita'  della  richiesta  -
  Impugnazione - Accoglimento -  Annullamento  senza  rinvio  per  la
  celebrazione di un nuovo giudizio relativo alla fase rescindente  -
  Esclusione, secondo l'interpretazione della Corte di  cassazione  a
  seguito della sentenza n. 43121 del 2019, dell'applicabilita' della
  regola di cui all'art. 634, comma 2, cod. proc. pen. 
- Codice di procedura penale, art. 634, comma 2. 
Processo penale - Giudizio di rinvio -  Obbligo  per  il  giudice  di
  rinvio di uniformarsi alla sentenza della Corte di  cassazione  per
  cio' che concerne ogni questione di diritto con essa decisa. 
- Codice di procedura penale, art. 627, comma 3. 
(GU n.37 del 14-9-2022 )
 
                       CORTE D'APPELLO DI ROMA 
                        Sezione quarta penale 
 
    La Corte, riunita in Camera di consiglio e composta  dai  signori
magistrati: 
        dott. Francesco Neri - Presidente; 
        dott.ssa Franca Amadori - Consigliere; 
        dott.ssa Gabriella Bonavolonta' - Consigliere; 
    Letti gli atti relativi al procedimento di revisione  n.  12/2021
R.G. revisioni, concernente l'istanza di revisione avanzata da P. O.,
nato a ..., il giorno ... attualmente ristretto in espiazione di pena
presso la Casa di reclusione di Milano - Opera gia' residente in ...,
alla via ... 
    Visti i seguenti atti: 
        a) la richiesta di revisione della sentenza di condanna  alla
pena dell'ergastolo emessa dal G.U.P. presso il Tribunale  di  Napoli
in data 3 aprile 2014, confermata dalla Corte d'assise  d'appello  di
Napoli con sentenza del 10 luglio 2015, irrevocabile  il  20  ottobre
2016, depositata presso quest'Ufficio nell'interesse del suddetto  P.
O. in data 9 gennaio 2020 a ministero degli avvocati Giovanni  Arico'
e Claudio Sforza, del Foro di Roma; 
        b) l'ordinanza n. 82/2020 di inammissibilita' emessa de plano
da questa Corte di merito in diversa composizione in  data  19  marzo
2020 (depositata il 23 marzo 2020); 
        c)  la  sentenza  di  Cassazione  pen.  Sez.  5ª,  Camera  di
consiglio 11 dicembre 2020, dep. 23 febbraio 2021, n. 6979 (1) con la
quale e' stato pronunciato l'annullamento senza rinvio dell'ordinanza
dl cui al punto che precede, con trasmissione degli atti nuovamente a
questa Corte territoriale; 
    Osserva quanto di seguito. 
    1. La sentenza n. 6979 del 2021 della suprema  Corte,  menzionata
sub c), si conclude al punto 6, dopo il «Considerato in diritto», con
una sintetica motivazione sulla ragione per  la  quale  nel  caso  in
esame il collegio di legittimita' ha ritenuto  di  discostarsi  dalla
chiara lettera dell'art. 634, comma 2, codice di procedura penale che
comporterebbe la trasmissione  degli  atti  ad  una  Corte  d'appello
diversa da quella emittente, individuata secondo  i  criteri  di  cui
all'art. 11 comma p. p., di talche' nel caso della Corte d'appello di
Roma condurrebbe ad individuare quale giudice  del  rinvio  la  Corte
d'appello di Perugia. 
    Infatti, la detta pronuncia ha cosi' motivato: 
        «L'ordinanza impugnata va pertanto  annullata  senza  rinvio,
con  trasmissione  degli  atti  alla  Corte  d'appello  di  Roma  per
l'espletamento ex novo del giudizio relativo  alla  fase  rescindente
alla luce dei principi sopra indicati. Invero in tema  di  revisione,
la regola di cui all'art. 634, comma 2, codice di procedura penale  -
per la quale la Corte di cassazione, se accoglie ii  ricorso  avverso
l'ordinanza di inammissibilita' della richiesta, rinvia  il  giudizio
ad una  diversa  corte  d'appello  -  non  si  applica  nel  caso  di
annullamento senza rinvio e conseguente  devoluzione  al  giudice  di
merito di un nuovo  giudizio  relativo  alla  fase  rescindente,  con
riferimento  alla  preliminare  delibazione   sulla   non   manifesta
infondatezza della richiesta in rapporto all'astratta  idoneita'  del
"novum" dedotto a  demolire  il  giudicato  (Se:.  3,  n.  43121  del
17/07/2019, Rv. 277176)». 
    1.1. Trattasi di giurisprudenza innovativa, che ha  avuto  inizio
dopo l'emissione (e la massimazione) della sentenza n. 43121 del 2019
(2)   richiamata nel passo appena trascritto. 
    In precedenza, invece, anche in caso di annullamento senza rinvio
veniva disposta - come previsto dall'art.  634  codice  di  procedura
penale sopra menzionato -  la  trasmissione  degli  atti  alla  Corte
viciniore (per un esempio in tal senso si veda Cassazione  pen.  Sez.
4§, n. 31992 del 2013, ricorrenti ..., (3)  in cui e' stato  disposto
l'annullamento  senza  rinvio  di  un'ordinanza  di  inammissibilita'
dell'istanza di revisione emessa de plano dalla  Corte  d'appello  di
Reggio Calabria, con trasmissione degli atti alla Corte d'appello  di
Catanzaro). 
    La ratio di tale disciplina e'  intuitiva:  l'annullamento  viene
disposto quando la Corte di cassazione ritenga non  condivisibile  la
delibazione ictu oculi sulla manifesta infondatezza  dell'istanza  di
revisione (o sulle altre ragioni di inammissibilita' de  plano,  come
la non ricorrenza delle ipotesi previste dagli articoli 629 e 630 del
codice di  procedura  penale,  oppure  la  mancata  osservanza  delle
disposizioni contenute negli articoli 631, 632, 633 e 641 del  codice
di procedura penale). 
    Di   conseguenza,   il   legislatore    ha    inteso    garantire
l'imparzialita' della decisione rinviando alla Corte viciniore. 
    Ed infatti l'attuale formulazione dell'art. 634, comma 2,  codice
di  procedura  penale  si  deve  all'esplicita  novella   legislativa
introdotta con la legge n. 405/1998 (c.d. «legge Sofri»), intervenuta
sull'originaria  disposizione  del  comma  2  il  cui  testo  era  il
seguente:  «In  caso  di  accoglimento  del  ricorso,  la  Corte   di
cassazione rinvia il giudizio di revisione  ad  altra  sezione  della
corte di appello che ha pronunciato l'ordinanza prevista dal comma  1
o alla corte di appello piu' vicina».  
    Appare all'evidenza, da un mero  confronto  del  dato  letterale,
come la modifica legislativa  della  precedente  formulazione  appena
trascritta avesse di mira appunto l'obiettivo di far  venir  meno  la
discrezionalita' che la previgente  norma  riconosceva  alla  suprema
Corte in fase di rinvio successivo all'accoglimento  del  ricorso,  e
cio' al fine di rendere certa e  prevedibile  da  parte  di  chiunque
l'individuazione del Giudice naturale precostituito per legge,  senza
ancorarla  all'incerto   e   scarsamente   prevedibile   dato   della
valutazione, da parte del giudice di legittimita', sull'anticipazione
o meno del giudizio nel merito da parte della Corte distrettuale. 
    Effetto che ora non e' piu' garantito dal portato del consolidato
orientamento giurisprudenziale qui criticato, che di fatto  ha  fatto
«rivivere» la norma originaria nonostante il dichiarato  intento  del
legislatore di rimodellarla e superarla appunto per l'incertezza  che
generava (e che ora e' tornata a generare). 
    Giova sottolineare, inoltre,  che  con  la  medesima  novella  il
legislatore, coerentemente, interveniva altresi' sull'art. 633 codice
di procedura penale, per cui, ancora  oggi,  l'istanza  di  revisione
deve essere presentata alla Corte d'appello individuata  ex  art.  11
codice  di  procedura  penale,  laddove   invece   nella   precedente
formulazione la domanda di revisione doveva  essere  presentata  alla
Corte d'appello nel cui distretto si trovava  il  giudice  che  aveva
pronunciato la sentenza  di  primo  grado  o  il  decreto  penale  di
condanna. 
    Non  vi  sono  dubbi,  pertanto,  sul   fatto   che   l'obiettivo
sistematico perseguito dal legislatore  fosse  quello  di  assicurare
l'imparzialita'  del  Giudice  della  revisione  tanto   nella   fase
introduttiva rescindente, quanto nella fase di rinvio  a  seguito  di
accoglimento del ricorso per cassazione. 
    Un tentativo,  dunque,  di  ristabilire  un  meccanismo  volto  a
preservare il Giudice  da  qualsivoglia  condizionamento,  differente
nella  forma,  ma  di  medesima  ratio  a  quello  in  vigore   prima
dell'adozione dei codice di procedura penale del 1998, cristallizzato
nel vecchio art. 557 che attribuiva la competenza  sulle  istanze  di
revisione  direttamente  alla  Corte  di  cassazione,   appunto   per
garantire l'imparzialita' del giudice della revisione (almeno)  nella
fase rescindente. 
    In  aggiunta,  l'intenzione  del  legislatore  emerge   in   modo
cristallino dalla lettura dei lavori preparatori alla citata legge n.
405/1998. 
    Infatti nella relazione di accompagnamento al disegno di legge AS
3168, XIII legislatura (presentato il 24 marzo 1998)  viene  chiarito
come la novella si rendesse  necessaria  proprio  per  scongiurare  i
rischi di condizionamento del giudice. 
    Esaminando gli atti relativi all'esame del menzionato disegno  di
legge in Commissione referente alla Camera  dei  deputati  (AC  5261,
Commissione giustizia, 3/5 novembre 1998), e' dato leggere  come  con
«[...]  la  proposta  in  esame  si  toglie   qualsiasi   ambito   di
discrezionalita' alla Corte [di cassazione] medesima, adeguando cosi'
il  codice  al  principio   costituzionale   del   giudice   naturale
precostituito per legge». 
    Non si dimentichi, infine, che la richiamata legge del  1998  (di
modifica dell'originaria  formulazione  del  comma  2  dell'art.  634
codice di procedura penale) interveniva in  un  particolare  contesto
nel  quale  il   contenuto   di   tale   disposizione   era   balzato
all'attenzione dell'opinione  pubblica  in  riferimento  a  fatti  di
particolare importanza sociale e mediatica, in quanto tale norma  non
appariva assicurare l'imparzialita' del giudice  della  revisione  in
coerenza con le disposizioni costituzionali (non  foss'altro  perche'
l'istanza di revisione veniva presentata nel medesimo  distretto  nei
quale erano state raccolte le prove durante le indagini preliminari e
successivamente era  stato  celebrato  il  dibattimento  in  pubblica
udienza). 
    Cio' detto, l'innovazione introdotta dalla sentenza n. 43121  del
2019, alla quale si sono uniformate le sentenze  successive,  crea  -
esattamente  come  accadeva  con  l'originaria   formulazione   della
disposizione - grave incertezza negli operatori del diritto  e  rende
di fatto imprevedibile una norma, come l'art. 634, comma 2, codice di
procedura penale, che invece - a seguito della ricordata novella  del
'98 - in se' e' munita di quei requisiti di «chiarezza, precisione  e
completezza» richiesti dall'art. 2 del Prot. n. 4 CEDU,  ed  altresi'
idonea a garantire il  rispetto  dell'art.  25,  primo  comma,  della
Costituzione secondo cui «nessuno puo' essere  distolto  dal  giudice
naturale precostituito per legge». 
    Invero, talvolta puo' accadere, in via del tutto eccezionale, che
la giurisprudenza di legittimita' finisca per  debordare  dalla  pura
opera ermeneutica che  le  e'  propria,  al  fine  di  colmare  vuoti
normativi che provocano un complessivo malfunzionamento dell'istituto
esaminato  (stalli  processuali,  prassi  contrastanti,   complessiva
incertezza sulla corretta procedura  da  seguire),  ma  trattasi  pur
sempre di uno «sconfinamento»  nella  sfera  riservata  ad  un  altro
potere dello Stato, quello legislativo, per cui dubbia resta -  anche
in tali casi - la sua liceita', pur potendosi profilare  una  qualche
sua  opportunita'  (si  ponga  mente,  a   mero   titolo   d'esempio,
all'introduzione, ad opera della sentenza di Sezioni Unite penali  n.
46898 del 2019, dell'appello  avverso  i  decreti  di  diniego  delle
istanze di controllo  giudiziario  cosiddetto  «volontario»  ex  art.
34-bis, comma 6 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, per
il quale il legislatore non ha previsto impugnazione alcuna). 
    Per contro, e' pacifico, perche' cosi' dispone  l'art.  12  delle
preleggi, che le scelte normative non  sono  manipolabili  a  livello
ermeneutico quando le stesse (condivise o meno che siano dal  supremo
consesso) sono incontrovertibili  e  non  presentino  alcun  tipo  di
difficolta' sul piano dell'applicazione pratica. 
    Nel presente caso l'interpretazione «manipolativa» non  solo  non
apporta alcun beneficio, ma addirittura - come s'e' detto -  comporta
l'impossibilita' per gli operatori del diritto e  peri  cittadini  di
conoscere in anticipo il giudice naturale precostituito per legge  in
caso di annullamento dell'ordinanza di  inammissibilita'  pronunciata
de plano. 
    1.2. Si ritiene a questo punto non inutile analizzare la  vicenda
che ha originato la pronuncia  che  ha  introdotto  l'interpretazione
innovativa qui criticata, perche' si vedra' che la stessa nasce da un
semplice errore materiale, che non si e' voluto emendare. 
    La vicenda prende le mosse da un'istanza di revisione  presentata
da tale F. G. davanti alla Corte d'appello di Catanzaro  avverso  una
sentenza di condanna emessa in un procedimento svoltosi a suo  carico
in un ufficio giudiziario del distretto di Reggio Calabria. 
    Detta Corte  territoriale,  con  ordinanza  emessa  all'esito  di
procedura  camerale  non  partecipata  in  data  7   febbraio   2018,
dichiarava  l'inammissibilita'  di   tale   istanza   per   manifesta
infondatezza. 
    L'interessato impugnava il detto provvedimento davanti alla Corte
di  cassazione  che,  con  sentenza  n.  40465  del  2018  (4)  ,  in
accoglimento  del  ricorso,  annullava   senza   rinvio   l'ordinanza
impugnata e disponeva la trasmissione degli atti alla medesima  Corte
d'appello di Catanzaro. 
    Trasmissione disposta pero' senza che fosse chiarita  la  ragione
del discostamento sia dalla chiara lettera dell'art.  634,  comma  2,
codice di procedura penale, come innovata  dalla  legge  n.  405  del
1998, sia dalla precedente pacifica giurisprudenza, sopra citata. 
    La  Corte  d'appello  di  Catanzaro  (5)   dichiarava  nuovamente
inammissibile l'istanza di revisione dei suddetto condannato e quindi
quest'ultimo, dopo aver impugnato tale provvedimento  con  un  motivo
unico  di  ricorso,  in  via  subordinata  chiedeva  alla  Corte   di
cassazione di voler provvedere, ai sensi dell'art. 625-bis codice  di
procedura  penale,  anche  d'ufficio,  alla  correzione   dell'errore
materiale contenuto nella (gia' citata) sentenza n. 40465  del  2018,
«[...] laddove ha erroneamente disposto la  trasmissione  degli  atti
alla  medesima  Corte  d'appello  di  Catanzaro,  anziche'  a  quella
individuata ai sensi dell'art. 11 codice di  procedura  penale,  come
espressamente previsto dall'art. 634, comma 2,  codice  di  procedura
penale» (nel caso di specie,  trattavasi  della  Corte  d'appello  di
Salerno). 
    Quindi, come si vede, l'interessato ha ritenuto che si  trattasse
di mero errore materiale vuoi perche', come s'e' detto, la precedente
giurisprudenza,  in  applicazione  della  chiara  e  non  controversa
formula dell'art. 634, comma 2 codice di procedura penale, non  aveva
mai   dubitato   che   all'annullamento    del    provvedimento    di
inammissibilita' emesso de plano seguisse la trasmissione degli  atti
alla Corte  d'appello  viciniore,  vuoi  perche',  si  ribadisce,  la
pronuncia di annullamento senza rinvio non aveva chiarito le  ragioni
del discostamento. 
    Del resto, anche questa  Corte  di  merito  ha  in  qualche  caso
segnalato alla suprema Corte l'errore  materiale  in  caso  di  nuova
trasmissione degli atti a quest'ufficio in casi analoghi  e,  con  la
procedura di correzione ai sensi  dell'art.  625-bis  del  codice  di
procedura penale, effettivamente gli atti sono  stati  poi  trasmessi
alla Corte d'appello  di  Perugia,  in  applicazione  della  pacifica
regola di cui al comma  2  dell'art.  634  del  codice  di  procedura
penale. 
    Invece di procedere, come richiesto  dal  F.  ,  alla  correzione
dell'errore materiale, la sentenza n. 43121 del 2019 (che ha  avviato
l'innovativo filone interpretativo qui criticato) ha  disatteso  tale
richiesta affermando che il ricorrente aveva torto nel  ritenere  che
l'art. 634, comma 2 del codice di procedura penale fosse  applicabile
a tutti i casi in cui l'annullamento aveva  colpito  un'ordinanza  di
inammissibilita' emessa de plano per manifesta infondatezza,  perche'
tra i detti casi occorreva piuttosto effettuare una  distinzione  che
non era legata al mero fatto che il provvedimento colpito fosse stato
emesso  senza  contraddittorio,  ma  al  fatto  che,  trattandosi  di
annullamento senza rinvio, l'analisi demandata  al  medesimo  Ufficio
distrettuale era riferita alla fase rescindente,  dovendosi  disporre
il rinvio alla Corte d'appello viciniore solo se questa avesse dovuto
decidere sulla fase rescissoria: 
        «3. Orbene, va anzitutto chiarito che, diversamente da quanto
opinato  dal  ricorrente,  la  Corte  territoriale,   definitivamente
cassata la precedente ordinanza, correttamente era stata investita di
una rinnovata valutazione preliminare di ammissibilita' dell'istanza,
da compiersi alla luce  delle  indicazioni  fornite  dalla  Corte  di
cassazione, ossia di esaminare nel merito le  dichiarazioni  prodotte
dall'istante per  verificare  se  esse,  "unitamente  a  quelle  gia'
valutate nel giudizio di cognizione", fossero "inidonee a smentire il
quadro probatorio su cui si fonda la sentenza di condanna". 
        Di  conseguenza,   diversamente   da   quanto   opinato   dal
ricorrente, non  e'  applicabile  l'art.  634,  comma  2,  codice  di
procedura penale , che rileva nel caso di annullamento con rinvio per
la trattazione del giudizio rescissorio, mentre, nel caso  in  esame,
invece, gli atti sono stati rimessi alla medesima Corte  territoriale
per un rinnovato giudizio relativamente alla fase rescindente, avente
ad  oggetto  la   preliminare   delibazione   sulla   non   manifesta
infondatezza della richiesta, con riferimento alla astratta capacita'
demolitoria del giudicato, rilevabile ictu oculi, da parte del  novum
dedotto» (cosi', testualmente, la sentenza n. 43121 del 2019). 
    Quindi,   in   sintesi,   mentre   prima   di   tale   innovativa
interpretazione l'interessato era in grado di sapere in anticipo che,
in caso di accoglimento del  proprio  ricorso,  il  Giudice  naturale
precostituito per legge sarebbe stato individuato  sicuramente  nella
Corte d'appello viciniore, adesso, a seguito della sentenza n.  43121
del 2019, sulla quale si sono pedissequamente appiattite le  sentenze
di legittimita' successive, l'interessato di  fatto  ignora  a  quale
Corte d'appello saranno trasmessi gli atti in caso  di  annullamento,
perche' cio' dipendera' dal non prevedibile tipo di  valutazione  che
sara' svolto, di volta in volta,  dal  Giudice  di  legittimita'  sul
provvedimento di inammissibilita' emesso de plano. 
    Si badi che l'art. 634,  comma  2,  codice  di  procedura  penale
impone alla Corte di cassazione di trasmettere gli  atti  alla  Corte
d'appello   piu'   vicina   senza   fare   alcuna   distinzione   tra
l'annullamento con rinvio e  l'annullamento  senza  rinvio,  come  si
desume dall'utilizzo del  tempo  indicativo  presente:  «In  caso  di
accoglimento del ricorso, la Corte di cassazione rinvia  il  giudizio
di revisione ad altra corte di appello individuata secondo i  criteri
di cui all'art. 11», ne' vi si trova alcuna distinzione  legata  alle
ragioni dell'accoglimento. 
    Dunque, la norma chiaramente stabilisce quale  unico  presupposto
per il rinvio ad altra Corte  di  merito  il  mero  accoglimento  del
ricorso, senza alcuna  ulteriore  distinzione,  e  cio'  proprio  per
superare la previgente formulazione che invece lasciava espressamente
un margine di discrezionalita' alla suprema Corte di  cassazione  tra
il rinvio ad altra Sezione della stessa Corte di merito ed il  rinvio
alla Corte viciniore. 
    3. Per le suddette ragioni, ritiene  questa  Corte  d'appello  di
dover sollevare d'ufficio, ai sensi  del  terzo  comma  dell'art.  23
della  legge  11  marzo  1953,  n.  87,  questione  di   legittimita'
costituzionale delle seguenti due norme: 
        a. dell'art. 634, comma 2, codice di procedura penale,  cosi'
come  risultante  dall'interpretazione  innovativa   adottata   dalla
suprema Corte di cassazione a seguito della  sentenza  n.  43121  del
2019, per contrasto: 
          1. con l'art.  25  della  Costituzione,  in  quanto  incide
sull'individuazione del giudice  naturale,  non  piu'  precostituito,
posto che - in caso di accoglimento del ricorso  avverso  l'ordinanza
di inammissibilita' emessa de plano - di fatto esso muta all'esito di
valutazioni svolte di volta in volta dal Giudice di legittimita', non
conoscibili in anticipo; 
          2. con l'art. 3 della  Costituzione,  perche',  restituendo
gli atti - e con essi la decisione  -  in  alcuni  casi  al  medesimo
Giudice che gia' ha espresso il proprio giudizio entrando nel  merito
(diversamente  non  si  potrebbe  giustificare  l'annullamento  senza
rinvio) e in altri casi ad un Giudice diverso, che non essendosi gia'
pronunciato, e' imparziale, viola  il  principio  di  uguaglianza  ed
altresi' di ragionevolezza; 
          3.  con  l'art.  111,  secondo  comma  della   Costituzione
perche', restituendo  gli  atti  al  medesimo  Giudice  che  ha  gia'
espresso valutazioni di merito, incide sulla sua imparzialita'; 
        b. dell'art. 627, comma 3 del codice di procedura penale, che
obbliga il giudice di rinvio ad uniformarsi alla sentenza della Corte
di cassazione per cio' che concerne ogni  questione  di  diritto  con
essa decisa, per contrasto con  l'art.  70  della  Costituzione,  che
attribuisce la funzione legislativa alle due Camere e non  al  potere
giudiziario, poiche' il comma 3 dell'art. 627 del codice di procedura
penale impone l'obbligo anzidetto senza distinguere tra  i  casi  nei
quali la sentenza di legittimita' si  sia  limitata  ad  un'opera  di
carattere ermeneutico e quelli in cui, in luogo  di  interpretare  la
norma, il Collegio di  legittimita'  l'abbia  riscritta  creando  una
norma nuova, con  cio'  «sconfinando»  dalla  funzione  nomofilattica
propria del Giudice di legittimita', per  pervenire  a  svolgere,  di
fatto, una funzione normativa. 
    Tale ultima notazione, infine,  comporta  altresi'  il  contrasto
dell'indicata disposizione con l'art. 101 Cost. che stabilisce che  i
giudici sono soggetti soltanto alla legge, vale a  dire  alla  regola
creata dal Parlamento ex art. 70 Cost., nella quale pertanto non sono
ricomprese le immutazioni o, ancor peggio, le innovazioni create  per
via  giurisprudenziale,  soprattutto  quando  le  stesse   siano   in
contrasto con la chiarissima contraria volonta' del legislatore. 
    3.1. Osserva  quest'Ufficio  che  la  Corte  costituzionale,  con
sentenza n. 305 del 2008 (6)  si e' gia' pronunciata sulla  questione
d'incostituzionalita' dell'art. 627, comma 3 del codice di  procedura
penale, in una vicenda in cui il Giudice a quo era la  suprema  Corte
di cassazione. 
    In tale sentenza il Giudice delle leggi ebbe  a  dichiarare  tale
questione manifestamente infondata, per  erroneita'  del  presupposto
interpretativo, perche' la Corte costituzionale  aveva  costantemente
affermato il principio  per  cui  se  in  sede  di  rinvio  la  norma
dichiarata   applicabile   dalla   Corte    di    cassazione    nella
interpretazione  da  essa   fornita   fosse   stata   sospettata   di
illegittimita' costituzionale, il Giudice del rinvio  avrebbe  potuto
chiedere il relativo scrutinio ad essa Corte costituzionale. 
    Segue che l'odierna  richiesta,  da  parte  di  questa  Corte  di
merito, di verifica  della  conformita'  ai  principi  costituzionali
dell'interpretazione dell'art. 634, comma 2 del codice  di  procedura
penale qui criticata,  rispetta  per  l'appunto  il  principio  sopra
richiamato    dal    Giudice    delle    leggi    sulla     questione
d'incostituzionalita' dell'art. 627, comma 3 del codice di  procedura
penale. 
      
Rilevanza della questione 
    1. Per quanto riguarda la rilevanza  della  questione  sollevata,
osserva questa Corte territoriale che non vi sono altre  possibilita'
per emendare l'innovativo - e, per quanto sopra detto, a giudizio  di
quest'Ufficio, incostituzionale - mutamento  giurisprudenziale  sopra
illustrata, posto che - diversamente da quanto fatto in precedenza  -
nel presente procedimento non e' piu' possibile  emendarlo  chiedendo
alla suprema Corte di voler provvedere  alla  correzione  dell'errore
materiale contenuto nella sentenza di annullamento n. 6979 del  2021,
posto che tale pronuncia, diversamente da quella che ha  generato  la
modifica  interpretativa  qui  criticata,  ha  invece   espressamente
chiarito di volersi discostare dal chiaro disposto di cui al comma  2
dell'art. 634 del codice di procedura penale, in quanto, a  suo  modo
di vedere, non applicabile alla fattispecie, per cui e' pacifico  che
si e' trattato di' una statuizione adottata non gia' per  errore,  ma
deliberatamente. 
    Nemmeno e' possibile la trasmissione, in via di fatto, degli atti
alla Corte d'appello di Perugia,  ex  art.  11  codice  di  procedura
penale,  perche'  cio'  comporterebbe  violazione  della  statuizione
contenuta nella ridetta sentenza di annullamento n.  6979  del  2021,
cui questo Collegio resta vincolato in forza dell'art. 627,  comma  3
del codice di procedura penale. 
    Discende pertanto la necessita' della richiesta  d'intervento  al
Giudice delle leggi. 

(1) Presidente dott. Gerardo Sabeone, Consigliere estensore  dott.ssa
    Rosa Pezzullo. 

(2) Presidente  dott.  Luca  Ramacci,  Consigliere  estensore   dott.
    Stefano Corbetta. 

(3) Presidente dott.ssa Luisa Bianchi,  Consigliere  estensore  dott.
    Rocco Marco Blaiotta. 

(4) Presidente dott.  Fausto  Izzo,  Consigliere  estensore  dott.ssa
    Daniela Dawan. 

(5) e non quella  di  Reggio  Calabria,  come  erroneamente  indicato
    nell'epigrafe della sentenza n. 43121 del 2019, poi emendata  con
    la procedura della correzione  dell'errore  materiale,  rimanendo
    pero' nel corpo motivazionale la corretta indicazione della Corte
    d'appello di Catanzaro. 

(6) Presidente  dott.  Franco  Bile,  Consigliere   estensore   dott.
    Francesco Amirante. 
 
                                P.Q.M. 
 
    Visti gli articoli 134 Cost. e 23 legge 11 marzo 1953, n. 87; 
    Dichiara  d'ufficio  rilevante  nel  presente  giudizio   e   non
manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 634, comma  2,  codice  di  procedura  penale,  cosi'  come
risultante dall'interpretazione  innovativa  adottata  dalla  suprema
Corte di cassazione a seguito della sentenza n. 43121 del  2019,  per
contrasto con gli articoli 3, 25 e 70 della Costituzione poiche' tale
interpretazione non consente la  previa  individuazione  del  Giudice
naturale precostituito per legge, nonche' dell'art. 627, comma 3  del
codice di procedura penale, nella parte in cui obbliga il giudice  di
rinvio ad uniformarsi alla sentenza della  Corte  di  cassazione  per
cio' che concerne ogni questione di diritto con  essa  decisa,  anche
quando tale pronuncia non e' meramente interpretativa,  ma  di  fatto
sovrascrive la norma creandone una nuova e diversa, talora  di  fatto
abrogandola, per contrasto con l'art. 70 della Costituzione,  e,  per
l'effetto, 
    Sospende il giudizio di revisione; 
    Dispone che la presente ordinanza sia  notificata  al  Presidente
del Consiglio dei ministri e  comunicata  ai  Presidenti  del  Senato
della Repubblica e della Camera dei deputati; 
    Ordina l'immediata trasmissione alla Corte  costituzionale  della
presente ordinanza e degli atti del giudizio, insieme  con  la  prova
delle comunicazioni e notificazioni di cui al precedente disposto. 
    Manda alla cancelleria per gli adempimenti di rito. 
    Cosi' deciso in Roma, nella Camera di  consiglio  del  giorno  14
giugno 2022. 
 
                         Il Presidente: Neri 
 
 
                                I consiglieri: Amadori - Bonovolonta'