N. 57 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 11 agosto 2022

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria l'11  agosto  2022  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
Sanita' pubblica - Servizio sanitario regionale - Norme della Regione
  autonoma  Friuli-Venezia  Giulia   -   Disposizioni   urgenti   per
  fronteggiare la carenza  di  medici  in  regime  di  convenzione  -
  Trasferimenti  di  personale  medico  -  Criteri  di  priorita'   -
  Previsione che stabilisce che le Aziende sanitarie  riconoscono  la
  priorita'  di  scelta  in  fase  di  trasferimento  ai  medici  che
  accettano incarichi in zone rimaste carenti  per  almeno  due  anni
  consecutivi e che abbiano garantito una permanenza in tali zone  di
  minimo quattro anni. 
Sanita' pubblica - Servizio sanitario regionale - Norme della Regione
  autonoma Friuli-Venezia Giulia - Disposizioni urgenti in materia di
  organizzazione  del  Servizio  sanitario  regionale  -  Misure  per
  garantire la continuita' nell'erogazione dei livelli essenziali  di
  assistenza nei servizi di  emergenza-urgenza  -  Attribuzione  alle
  aziende  e  agli  enti  del  Servizio  sanitario  regionale   della
  possibilita' di conferire, in via eccezionale fino al  31  dicembre
  2023, incarichi individuali con  contratti  di  lavoro  autonomo  -
  Individuazione dei soggetti ai quali possono essere  conferiti  gli
  incarichi, del compenso e  delle  condizioni  per  la  stipula  dei
  contratti - Previsione riguardante la  possibilita'  per  i  medici
  specializzandi di prestare  l'attivita'  al  di  fuori  dell'orario
  dedicato   alla   formazione   specialistica   e   fermo   restando
  l'assolvimento degli obblighi formativi. 
Sanita' pubblica - Impiego pubblico - Norme  della  Regione  autonoma
  Friuli-Venezia  Giulia  -  Disposizioni  urgenti  in   materia   di
  organizzazione  del  Servizio  sanitario  regionale  -  Trattamento
  accessorio  del  personale  -   Previsione   che,   a   determinate
  condizioni, ciascun ente  del  Servizio  sanitario  regionale  puo'
  destinare i risparmi derivanti dalla mancata attuazione  del  piano
  triennale dei fabbisogni all'incremento del trattamento  accessorio
  del personale anche in deroga  al  limite  previsto  dall'art.  23,
  comma 2, del decreto legislativo n. 75 del 2017. 
Sanita' pubblica - Servizio sanitario regionale - Norme della Regione
  autonoma Friuli-Venezia Giulia - Disposizioni urgenti in materia di
  organizzazione  del  Servizio  sanitario  regionale   -   Personale
  infermieristico - Possibilita' per gli infermieri dipendenti  degli
  enti del Servizio sanitario regionale  di  svolgere,  al  di  fuori
  dell'orario di lavoro e in deroga all'esclusivita' del rapporto  di
  impiego, attivita' professionale presso le strutture sociosanitarie
  per anziani. 
- Legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 9  giugno  2022,
  n.  8  ("Disposizioni  in  materia  di  relazioni   internazionali,
  biodiversita',  caccia,  pesca  sportiva,  agricoltura,   attivita'
  produttive,   turismo,   autonomie   locali,   sicurezza,    lingue
  minoritarie, corregionali all'estero,  funzione  pubblica,  lavoro,
  formazione,    istruzione,    famiglia,    patrimonio,     demanio,
  infrastrutture, territorio, viabilita', ambiente, energia, cultura,
  sport,  salute,  politiche  sociali  e  finanze  (Legge   regionale
  multisettoriale 2022)"), artt. 126, comma 2, e 128, commi 1, 2,  3,
  4, 7 e 9. 
(GU n.41 del 12-10-2022 )
    Ricorso per la  Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri,  (c.f.
80188230587), in persona del Presidente del  Consiglio  pro  tempore,
rappresentata e difesa per mandato ex lege  dall'Avvocatura  generale
dello  Stato,   (c.f.   80224030587),   fax:   06/96514000   -   pec:
ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it presso i cui uffici  ha  domicilio
in Roma, via dei Portoghesi n. 12 ricorrente; 
    Contro Regione Friuli-Venezia Giulia, in persona  del  Presidente
della giunta regionale pro tempore resistente; 
    Per la declaratoria  della  illegittimita'  costituzionale  degli
articoli 126, comma 2 e 128, comma 1, 2, 3, 4,  7  e  9  della  legge
della Regione Friuli-Venezia Giulia 9 giugno 2022,  n.  8  pubblicata
nel BUR supplemento ordinario n. 11 in data 13 giugno 2022. 
    La legge della Regione Friuli-Venezia Giulia n. 8  del  9  giugno
2022 reca  «Disposizioni  in  materia  di  relazioni  internazionali,
biodiversita',  caccia,  pesca   sportiva,   agricoltura,   attivita'
produttive, turismo, autonomie locali, sicurezza, lingue minoritarie,
corregionali  all'estero,  funzione  pubblica,  lavoro,   formazione,
istruzione,   famiglia,    patrimonio,    demanio,    infrastrutture,
territorio, viabilita', ambiente, energia,  cultura,  sport,  salute,
politiche sociali e finanze (legge regionale multisettoriale 2022». 
    Gli articoli 126, comma 2 e 128, commi 1, 2, 3,  4,  7,  9  della
predetta  legge,  introdotte  nell'ambito   del   Capo   X,   recante
«Disposizioni in materia di salute e politiche sociali», come  emerge
dai  lavori  preparatori,  sembrano  perseguire  quale  obiettivo  la
risoluzione  dei  problemi  derivanti  dalla  carenza  di   personale
all'interno delle  aziende  sanitarie  della  Regione  Friuli-Venezia
Giulia, emerso a seguito della emergenza pandemica da COVID-2019. 
    Le suddette  disposizioni,  ad  avviso  del  Governo,  presentano
profili di illegittimita' costituzionale in  quanto  introducono  una
disciplina in contrasto  con  il  principio  di  uguaglianza  di  cui
all'art. 3 della  Costituzione  e  con  l'art.  117,  secondo  comma,
lettera l), sulla competenza esclusiva  dello  Stato  in  materia  di
ordinamento civile, nonche' con gli articoli 81 e  117,  terzo  comma
della Costituzione, in relazione ai principi fondamentali dettati dal
legislatore statale nella materia  del  coordinamento  della  finanza
pubblica. 
    Le  norme  pertanto  (giusta  deliberazione  del  Consiglio   dei
ministri assunta nella seduta del giorno 4 agosto 2022) devono essere
impugnate per i seguenti: 
 
                               Motivi 
 
1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 126, comma 2 della legge 9
giugno 2022, n. 8 per violazione dell'art 117, secondo comma, lettera
l)  della  Costituzione,  con  riferimento  all'art.  8  del  decreto
legislativo n. 502/1992 nonche' per violazione dello statuto speciale
della   Regione   Friuli-Venezia   Giulia,   approvato   con    legge
costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1. 
    L'art. 126, secondo comma della citata legge regionale, rubricato
«Soluzioni urgenti per fronteggiare la carenza di medici in regime di
convenzione» stabilisce che «Per i medici che accettano incarichi  in
zone rimaste carenti per almeno due anni consecutivi  e  che  abbiano
garantito una permanenza in tali zone  di  minimo  quattro  anni,  le
aziende sanitarie riconoscono la  priorita'  di  scelta  in  fase  di
trasferimento». 
    Tale disposizione si discosta dall'art. 34, comma 5  dell'Accordo
collettivo nazionale (ACN) del 28 aprile 2022 per la  disciplina  dei
rapporti con i medici di medicina generale ai sensi dell'art.  8  del
decreto legislativo n. 502 del 1992 che individua coloro che  possono
concorrere al conferimento degli incarichi per trasferimento. 
    L'art. 34, comma 5 dell'Accordo collettivo, rubricato  «Procedure
per l'assegnazione degli incarichi» prevede che  «possono  concorrere
al  conferimento   degli   incarichi   a)   per   trasferimento:   i)
relativamente ad incarichi di ruolo unico di  assistenza  primaria  a
ciclo di scelta, i medici titolari di incarico a tempo  indeterminato
del ruolo unico a ciclo di scelta iscritti da almeno due anni  in  un
elenco della regione che pubblica l'avviso e quelli  iscritti  in  un
elenco di altra regione da almeno quattro anni,  che  al  momento  di
attribuzione dell'incarico non svolgano altre attivita'  a  qualsiasi
titolo nell'ambito del SSN, eccezion fatta per l'attivita' del  ruolo
unico di assistenza primaria ad attivita' oraria. Ai fini del computo
del suddetto requisito e' valutata  la  titolarita'  di  incarico  di
assistenza primaria ai sensi dell'ACN  23  marzo  2005  e  successive
modificazioni ed integrazioni. I trasferimenti  sono  possibili  fino
alla concorrenza di un terzo degli incarichi disponibili in  ciascuna
azienda e i quozienti frazionali ottenuti nel calcolo di cui sopra si
approssimano alla unita' piu' vicina. Il trasferimento puo'  avvenire
anche  in  caso  di  disponibilita'  di   un   solo   incarico;   ii)
relativamente ad incarichi di ruolo unico di assistenza  primaria  ad
attivita' oraria, i medici titolari di incarico a tempo indeterminato
del ruolo unico ad attivita' oraria da almeno due anni in  un'azienda
della regione che pubblica l'avviso e quelli titolari  in  un'azienda
di altra regione da almeno tre anni che al  momento  di  attribuzione
dell'incarico  non  svolgano  altre  attivita'  a  qualsiasi   titolo
nell'ambito del SSN, eccezion fatta per i medici titolari di incarico
a tempo indeterminato di ruolo unico di assistenza primaria  a  ciclo
di scelta con un carico inferiore a seicentocinquanta assistiti. 
    Ai fini  del  computo  del  suddetto  requisito  e'  valutata  la
titolarita'  di  incarico  di  continuita'  assistenziale  ai   sensi
dell'ACN 23 marzo 2005 e successive modificazioni ed integrazioni.  I
trasferimenti sono possibili fino alla concorrenza della meta'  degli
incarichi disponibili in ciascuna azienda e  i  quozienti  frazionali
ottenuti nel calcolo di cui sopra si approssimano  alla  unita'  piu'
vicina. 
    In caso di disponibilita' di un solo posto puo' essere esercitato
il diritto di trasferimento [...]». 
    In particolare, il legislatore  regionale,  con  la  disposizione
impugnata, ha esercitato una competenza non propria, atteso  che,  ai
sensi dell'art. 8, comma 1, prima parte del  decreto  legislativo  30
dicembre  1992,  n.  502  (Riordino  della  disciplina   in   materia
sanitaria, a norma dell'art. 1 della legge 23 ottobre 1992, n.  421),
il rapporto tra il Servizio sanitario regionale, i medici di medicina
generale e i pediatri di libera scelta e'  disciplinato  da  apposite
convenzioni di  durata  triennale  conformi  agli  accordi  nazionali
collettivi stipulati ai sensi dell'art 4, comma  9,  della  legge  30
dicembre 1991, n. 412. La norma regionale in esame, pertanto,  invade
la sfera  di  competenza  riservata  dalle  predette  norme  statali,
all'Accordo nazionale collettivo. 
    Al riguardo  la  giurisprudenza  della  Corte  costituzionale  ha
oramai  riconosciuto  che   la   stessa   contrattazione   collettiva
nazionale,  anche  in  materia  di  personale  sanitario  a  rapporto
convenzionale, fondata sull'espresso richiamo contenuto  nelle  norme
statali   precedentemente    richiamate,    e'    certamente    parte
dell'ordinamento civile di cui all'art. 117, secondo comma lettera l)
della Costituzione. Essa difatti si inserisce nel  peculiare  sistema
integrato delle fonti cui la legge statale pone un forte presidio per
garantirne la necessaria uniformita'  (si  v.  Corte  costituzionale,
sentenze n. 157 del 2019 e n. 186 del 2016; cfr. da  ultimo  altresi'
Corte  costituzionale  n.  190/2022  punto  6.1  del  Considerato  in
diritto). 
    L'intervento normativo impugnato risulta chiaramente lesivo della
competenza statale in materia di ordinamento  civile,  in  quanto  la
disciplina di coloro che possono  concorrere  al  conferimento  degli
incarichi  per  trasferimento  e'  prevista  dall'art  34,  comma   5
dell'Accordo collettivo nazionale  del  28  aprile  2022  cui  rinvia
l'art. 8, comma 1 del decreto legislativo n. 502/1992. 
    Alla luce delle suesposte considerazioni  l'art.  126,  comma  2,
della legge impugnata, laddove introduce criteri di priorita' diversi
ed  ulteriori  rispetto  a  quelli   fissati   dalla   contrattazione
collettiva in materia di trasferimenti del  personale  medico,  viola
dunque, nella forma e nei contenuti  la  competenza  statale  che  fa
riferimento a tutt'altra fonte, come previsto dall'art. 8 del decreto
legislativo n. 502 del 1992, e si  pone  pertanto  in  contrasto  con
l'art.  117,  secondo  comma,  lettera  l)  della  Costituzione   che
attribuisce  alla  competenza  esclusiva  dello  Stato  l'ordinamento
civile e, quindi, i rapporti di diritto privato regolabili dal codice
civile (contratti collettivi). 
    E cio' anche a voler considerare le disposizioni,  pure  violate,
dello Statuto della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia,  adottato
con legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1. 
    Vero e' che l'art.  4,  n.  1)  dello  Statuto  attribuisce  alla
Regione Friuli-Venezia Giulia  potesta'  legislativa  esclusiva,  tra
l'altro,  in  materia  di  ordinamento  degli  uffici  e  degli  enti
dipendenti dalla regione e dello stato  giuridico  ed  economico  del
personale ad essi addetto, ma e' altrettanto vero che  tale  potesta'
va esercitata, in armonia  con  la  Costituzione,  nel  rispetto  dei
principi generali dell'ordinamento giuridico della Repubblica, con le
norme fondamentali delle riforme economico-sociali e con gli obblighi
internazionali dello Stato,  nonche'  nel  rispetto  degli  interessi
nazionali e di quelli delle altre regioni. 
    E' pacifico che tra queste ultime sia  da  annoverare  l'art.  8,
comma 1, prima parte del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502
che attribuisce alla contrattazione collettiva  sopra  menzionata  la
regolamentazione del rapporto tra il Servizio sanitario regionale,  i
medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta. 
    Oltre a trattarsi di una norma statale il cui rispetto e' imposto
alla  regione,  essa  e'  altresi'  norma  fondamentale  di   riforma
economico sociale della Repubblica, al pari  dell'art.  2,  comma  3,
terzo e quarto  periodo  del  decreto  legislativo  n.  165/2001  che
rinviano per il trattamento  economico  e  giuridico  dei  dipendenti
pubblici ai contratti collettivi. 
    Infatti,  il  demandare   alla   contrattazione   collettiva   la
determinazione della disciplina degli aspetti giuridici ed  economici
del pubblico impiego costituisce una scelta di fondo - come  tale  di
carattere generale - di tutto l'attuale  ordinamento,  cui  non  puo'
sovrapporsi una regola legislativa  destinata  ad  operare  solo  una
determinata area del territorio. 
    Essa costituisce un tipico limite  di  diritto  privato,  fondato
sull'esigenza, connessa al principio costituzionale  di  uguaglianza,
di garantire l'uniformita'  nel  territorio  nazionale  delle  regole
fondamentali di diritto che disciplinano i rapporti  tra  privati  e,
come tali, si impongono anche alle regioni a statuto speciale. 
2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 128, commi 1,  2,  3  e  4
della legge 9 giugno 2022, n. 8 per violazione  degli  articoli  117,
secondo comma lettera l) e 3 della Costituzione; con riferimento agli
articoli 2-bis e 2-ter, commi 1 e 5 del decreto-legge 17 marzo  2020,
n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020,  n.
27, all'art. 10, comma 1, del decreto-legge 24  marzo  2022,  n.  24,
convertito con modificazioni dalla  legge  19  maggio  2022,  n.  52,
all'art. 40 del decreto legislativo n. 368 del  1999  e  all'art.  7,
commi 5-bis e 6, del decreto  legislativo  n.  165/2001  nonche'  per
violazione  dello  statuto  speciale  della  Regione   Friuli-Venezia
Giulia, approvato con legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1. 
    I  primi  quattro  commi  dell'art.  128  della  legge  regionale
impugnata recano una disciplina, a livello regionale, per far  fronte
alla  carenza  di  personale  sanitario  specializzato.  La   novella
legislativa  attribuisce  alle  aziende  e  agli  enti  del  Servizio
sanitario  regionale   la   possibilita'   di   conferire   incarichi
individuali,   con   contratto   di   lavoro   autonomo,   anche   di
collaborazione  coordinata  e  continuativa   talora   per   i   soli
specializzandi e talaltra per i  laureati  in  medicina  e  chirurgia
abilitati, cosi' da  garantire  la  continuita'  nell'erogazione  dei
livelli essenziali dei servizi di emergenza - urgenza, con  soluzione
di natura temporanea. 
    La disposizione in esame, oltre a prevedere i soggetti a  cui  e'
possibile conferire gli incarichi individuali di  lavoro  (comma  1),
individua il compenso spettante per tali contratti (comma 2)  nonche'
le condizioni per la loro stipulazione (comma 4), precisando al comma
3 che «Gli specializzandi svolgono la propria attivita' al  di  fuori
dell'orario dedicato alla formazione specialistica e  fermo  restando
l'assolvimento degli obblighi formativi». 
    I primi quattro commi della disposizione regionale impugnata  dal
Governo  si  pongono  in  contrasto,  anzitutto,  con   le   seguenti
disposizioni statali che rappresentano norme  interposte,  dalla  cui
violazione, discende il contrasto  con  l'art.  117,  secondo  comma,
lettera l) che attribuisce allo  Stato  la  potesta'  legislativa  in
materia di ordinamento civile. 
    L'art. 128, al comma 1, dispone che  «Al  fine  di  garantire  la
continuita' nell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza  nei
servizi di emergenza-urgenza, le aziende  e  gli  enti  del  Servizio
sanitario regionale (SSR) possono conferire, in via eccezionale  fino
al 31 dicembre 2023, incarichi individuali con  contratto  di  lavoro
autonomo, anche di collaborazione coordinata e continuativa, sotto la
responsabilita' del titolare della struttura organizzativa  aziendale
di assegnazione, a: a) laureati in medicina e chirurgia abilitati; b)
medici in formazione specialistica del primo e secondo anno di corso,
con tutoraggio da parte del personale strutturato, per un massimo  di
ventiquattro ore mensili; c) personale medico in quiescenza.» 
    In via generale, si rileva la  mancata  coerenza  con  l'art.  7,
comma 5-bis del decreto legislativo n. 165/2001 il quale dispone  «il
divieto alle Pubbliche  amministrazioni  di  stipulare  contratti  di
collaborazione  che  si   concretano   in   prestazioni   di   lavoro
esclusivamente  personali  continuative  e  le   cui   modalita'   di
esecuzione siano organizzate dal committente anche con riferimento ai
tempi e al luogo di lavoro. I contratti posti in essere in violazione
del  presente  comma  sono  nulli   e   determinano   responsabilita'
erariale». 
    In aggiunta, il successivo comma 6 del medesimo articolo  prevede
la  possibilita'  per  le  amministrazioni  Pubbliche  di   conferire
esclusivamente incarichi individuali con contratto di lavoro autonomo
in presenza di specifici presupposti di legittimita' che  definiscono
l'oggetto   della    prestazione,    il    preventivo    accertamento
dell'impossibilita'  oggettiva  di  utilizzare   le   risorse   umane
disponibili, la  natura  temporanea  e  altamente  qualificata  della
prestazione, la  non  ammissione  del  rinnovo  (l'eventuale  proroga
dell'incarico originario e'  consentita,  in  via  eccezionale)  e  a
condizione che i soggetti  incaricati  non  vengano  utilizzati  come
lavoratori subordinati e non svolgano funzioni ordinarie. 
    Il legislatore regionale, introducendo un'autonoma disciplina  in
materia di conferimento degli incarichi individuali con contratti  di
lavoro autonomo, anche di collaborazione coordinata  e  continuativa,
in contrasto con quella statale, ha chiaramente invaso la  competenza
legislativa spettante allo Stato in materia  di  rapporto  di  lavoro
alle dipendenze della pubblica amministrazione. 
    Cio' vale anche,  con  riferimento  al  comma  2  e  al  comma  4
dell'art.  128  della   legge   regionale   impugnata   che   recano,
rispettivamente,  la  disciplina  dei  compensi  spettanti  per  tale
tipologia di incarichi e le condizioni di stipulazione del contratto. 
    E' d'altronde pacifica la giurisprudenza costituzionale nel senso
di ritenere che la disciplina del rapporto di lavoro alle  dipendenze
della  pubblica  amministrazione,   come   rivisitato   dal   decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165  (Norme  generali  sull'ordinamento
del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche),  rientra
nella  materia  «ordinamento   civile»,   riservata   alla   potesta'
legislativa esclusiva dello Stato (sentenze  n.  175  e  n.  160  del
2017). 
    Piu' nello  specifico,  il  Governo  rileva  il  contrasto  delle
predette disposizioni regionali anche con le speciali disposizioni di
legge statali che, a fronte delle esigenze straordinarie  ed  urgenti
derivanti  dalla  diffusione  del   COVID-19,   hanno   previsto   la
possibilita' per  le  aziende  e  gli  enti  del  Servizio  sanitario
nazionale  di  reclutare,  tra  gli  altri,  medici   specializzandi,
iscritti all'ultimo e al penultimo anno  di  corso  delle  scuole  di
specializzazione, conferendo incarichi di lavoro autonomo,  anche  di
collaborazione coordinata e continuativa, di durata non  superiore  a
sei mesi (cosi' l'art. 2-bis del decreto-legge 17 marzo 2020, n.  18,
convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n.  27,  i
cui termini sono stati prorogati fino al 31 dicembre 2022,  dall'art.
10, comma 1, del decreto-legge 24 marzo 2022, n. 24,  convertito  con
modificazioni dalla legge 19 maggio 2022, n. 52). 
    Considerando che la vigente normativa  statale,  con  riferimento
alle misure urgenti in  materia  di  reclutamento  di  personale,  ne
contempla diverse, tutte finalizzate  a  garantire  l'erogazione  dei
livelli essenziali di assistenza, si rileva che la temporaneita' e le
condizioni poste agli interventi di cui alle  disposizioni  regionali
in esame non sembrano legittimarne la previsione. 
    Si fa riferimento all'art. 1, comma 547 della legge  n.  145/2018
che consente agli specializzandi, a partire dal terzo anno del  corso
di  formazione  specialistica,  di  essere  ammessi  alle   procedure
concorsuali per l'accesso alla dirigenza del  ruolo  sanitario  nella
specifica disciplina, e che  il  comma  548-bis  della  citata  legge
consente agli enti del SSN,  di  assumere  con  contratto  di  lavoro
subordinato a tempo determinato con orario  a  tempo  parziale  degli
specializzandi utilmente collocati in apposite graduatorie di cui  al
comma 547, fino al 31 dicembre 2023. 
    Anche, l'art. 1, comma 268, lettera a) della  legge  n.  234  del
2021 consente,  previa  verifica  dell'impossibilita'  di  utilizzare
personale  gia'  in  servizio,  nonche'  di  ricorrere  agli   idonei
collocati in graduatorie concorsuali in vigore, agli enti del SSN  di
utilizzare le misure straordinarie di cui agli articoli 2-bis del  dl
n. 18 del 2020 limitatamente ai medici specializzandi - incarichi  di
lavoro autonomo, anche di collaborazione coordinata e continuativa  -
e 2-ter, commi 1 e 5 del medesimo decreto-legge,  incarichi  a  tempo
determinato con procedure di pubblicita' semplificata anche  mediante
proroga, non oltre il 31 dicembre 2022. 
    Rispetto quindi alla legge statale,  la  normativa  regionale  in
esame, invadendo  la  sfera  riservata  allo  Stato,  ha  chiaramente
esteso, da un lato, la platea dei soggetti destinatari dei  contratti
di lavoro e, dall'altro, il periodo di  applicabilita'  della  misura
(oltre il 31 dicembre 2022), determinando - a fronte della  identita'
di problematiche gia' affrontate dalla legislazione  statale  in  via
d'urgenza - una conseguente irragionevole  disparita'  di  disciplina
nell'ambito territoriale di riferimento. Appare  dunque  evidente  la
violazione dell'art. 3 della Costituzione. 
    L'art 128, comma 3 della legge regionale  impugnata  prevede  che
«gli  specializzandi  svolgono  la  propria  attivita'  al  di  fuori
dell'orario dedicato alla formazione specialistica e  fermo  restando
l'assolvimento degli obblighi formativi». 
    Orbene, la possibilita' per lo specializzando di prestare, grazie
alla novella legislativa regionale, ulteriori attivita'  in  aggiunta
all'attivita'  formativa  di  medico  in   formazione   specialistica
prevista  a  tempo  pieno,  viola  direttamente   il   principio   di
esclusivita'  della  specializzazione  stabilito  dall'art.  40   del
decreto legislativo n. 368 del 1999, in base al quale «Per la  durata
della formazione a tempo pieno al medico e'  inibito  l'esercizio  di
attivita'   libero   professionale   all'esterno   delle    strutture
assistenziali in cui si  effettua  la  formazione  ed  ogni  rapporto
convenzionale o precario con il servizio sanitario nazionale o enti e
istituzioni pubbliche e private». 
    Pertanto, la disposizione regionale, nell'introdurre  una  deroga
al predetto regime delle incompatibilita' previste per il  medico  in
formazione  specialistica,  presenta  criticita'  sotto  il   profilo
ordinamentale, atteso che verrebbe consentito allo specializzando  di
poter prestare, in aggiunta  all'attivita'  formativa  di  medico  in
formazione specialistica prevista a tempo pieno, ogni altro  rapporto
di  lavoro  - libero-professionale,   collaborazione   coordinata   e
continuativa ecc.. - il cui impegno orario complessivo  potrebbe  non
essere compatibile con la predetta attivita' formativa (contratto  di
formazione specialistica a tempo pieno -  art.  37  e  segg.  decreto
legislativo n. 368/1999), determinando anche a livello nazionale  una
disomogeneita' di trattamento tra gli  specializzandi  in  formazione
specialistica. 
    Le disposizioni regionali, quindi, contrastano con  la  normativa
statale che richiede  la  formazione  specialistica  quale  requisito
necessario per l'inserimento dei medici nelle  strutture  ospedaliere
del Servizio sanitario nazionale  e  con  la  normativa  statale  che
limita  il  ricorso   ai   contratti   a   termine   nella   pubblica
amministrazione. Si vengono, dunque, conseguentemente  a  determinare
anche  delle  disparita'  di  trattamento,  avendo   il   legislatore
regionale introdotto un canale di accesso alla professione, seppur di
carattere temporaneo che, prescindendo anche dalla mera iscrizione al
corso  di  specializzazione,  introduce  una   deroga   limitata   al
territorio  regionale  in  aperta   violazione   del   principio   di
uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione. 
    L'art. 128 della legge regionale impugnata,  nei  commi  fin  qui
esaminati e censurati, eccede altresi' dalla  competenza  legislativa
attribuita  dallo  Statuto  della  Regione  autonoma   Friuli-Venezia
Giulia, adottato con legge costituzionale  31  gennaio  1963,  n.  1.
Sotto tale profilo, il legislatore regionale - pur avendo  competenza
in materia di igiene e sanita', assistenza sanitaria ed  ospedaliera,
deve esercitarla nel rispetto dei principi fondamentali fissati dalle
norme  statali,  oltre  che,  nel  rispetto  dell'ordinamento  civile
materia sulla quale lo Stato ha potesta' esclusiva. 
    L'art.  128,  commi  1-4  legge  cit.  eccedono,  dunque,   dalla
competenza   legislativa    attribuita    alla    Regione    autonoma
Friuli-Venezia Giulia in materia  di  igiene  e  sanita',  assistenza
sanitaria ed ospedaliera, di cui all'art. 5  dello  statuto  speciale
adottato con legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1;  si  pongono
in  contrasto  con  l'art.  117,  secondo  comma,  lettera  l)  della
Costituzione, che  riserva  alla  competenza  esclusiva  dello  Stato
l'ordinamento civile, nonche' con  l'esigenza  connessa  al  precetto
costituzionale di eguaglianza di cui all'art. 3  della  Costituzione,
riguardo  all'uniformita'  nel  territorio  nazionale  delle   regole
fondamentali di diritto che disciplinano i rapporti di cui  trattasi,
con riferimento all'art. 2-bis e 2-ter  del  decreto  legislativo  17
marzo 2020, n. 18, convertito,  con  modificazioni,  dalla  legge  24
aprile 2020, n. 27, all'art. 10, comma 1, del decreto legislativo  24
marzo 2022, n. 24, convertito con modificazioni dalla legge 19 maggio
2022, n. 52, all'art. 40 del decreto legislativo n. 368  del  1999  e
all'art. 7, commi 5-bis e 6, del decreto legislativo n. 165/2001. 
3) Illegittimita' costituzionale dell'art. 128, comma 7 della legge 9
giugno 2022, n. 8 per violazione degli articoli  81  e  117,  secondo
comma, lettera l)  e  terzo  comma  della  Costituzione  nonche'  per
violazione  dello  Statuto  Speciale  della  Regione   Friuli-Venezia
Giulia, approvato con legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1  con
riferimento all'art. 23, comma 2, del decreto legislativo n. 75/2017,
e all'art. 11, comma 1, del decreto-legge n. 135 del 2018. 
    L'art. 128, comma 7 della legge  regionale  impugnata  stabilisce
«che ciascun ente del SSR, sulla base degli indirizzi regionali, puo'
destinare - nel rispetto del tetto di spesa fissato per il  personale
degli enti del Servizio  sanitario  regionale  e  ferma  restando  la
compatibilita' finanziaria  -  i  risparmi  derivanti  dalla  mancata
attuazione del piano triennale dei  fabbisogni  all'incremento  delle
risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale
anche oltre il limite previsto dall'art. 23,  comma  2,  del  decreto
legislativo n. 75/2017». 
    La predetta disposizione ha introdotto a  livello  regionale  una
disciplina in aperto contrasto con l'art. 23,  comma  2  del  decreto
legislativo n. 75/2017 il quale stabilisce che «Nelle more di  quanto
previsto dal comma  1,  al  fine  di  assicurare  la  semplificazione
amministrativa, la valorizzazione del merito, la qualita' dei servizi
e  garantire  adeguati  livelli   di   efficienza   ed   economicita'
dell'azione  amministrativa,  assicurando  al  contempo  l'invarianza
della spesa, a decorrere dal 1° gennaio 2017, l'ammontare complessivo
delle risorse destinate annualmente  al  trattamento  accessorio  del
personale,  anche  di  livello  dirigenziale,   di   ciascuna   delle
amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1,  comma  2,  del  decreto
legislativo  30  marzo  2001,  n.   165,   non   puo'   superare   il
corrispondente importo determinato per l'anno 2016.». 
    L'art. 23, comma 2, del decreto legislativo n. 75/2017, ha dunque
posto un limite all'ammontare  complessivo  delle  risorse  destinate
annualmente al trattamento accessorio del personale,  parametrato  al
«corrispondente importo determinato per l'anno 2016». 
    Tale limite, ai sensi dell'art. 11, comma 1, del decreto-legge n.
135 del 2018, non opera con riferimento: 
        a) «agli incrementi previsti, successivamente  alla  data  di
entrata in vigore del medesimo decreto n. 75 del 2017, dai  contratti
collettivi  nazionali  di  lavoro,  a  valere  sulle   disponibilita'
finanziarie di cui all'art. 48 del decreto legislativo 30 marzo 2001,
n. 165, e  dagli  analoghi  provvedimenti  negoziali  riguardanti  il
personale contrattualizzato in regime di diritto pubblico»; 
        b)  «alle  risorse  previste   da   specifiche   disposizioni
normative  a  copertura  degli  oneri   del   trattamento   economico
accessorio per le assunzioni  effettuate,  in  deroga  alle  facolta'
assunzionali  vigenti,  successivamente  all'entrata  in  vigore  del
citato art. 23». 
    La norma regionale in esame, quindi, presenta plurimi profili  di
illegittimita' costituzionale in quanto introduce a livello regionale
una previsione che  manifestamente  deroga  alla  citata  diposizione
legislativa statale, la quale costituisce, come di recente  affermato
dalla Corte costituzionale, «una norma che pone un limite generale al
trattamento  economico  del  personale  pubblico   e   principio   di
coordinamento della finanza pubblica, essendo tale  spesa  una  delle
piu' frequenti e rilevanti cause di  disavanzo  pubblico»  (v.  Corte
costituzionale sentenza n. 190/2022 par. 10.1). Nei medesimi  termini
si era gia' espressa la sezione delle autonomie della Corte dei conti
(cfr. del. 19/SEZAUT/2018/QMIG) la quale aveva affermato  che  l'art.
23, comma 2,  decreto  legislativo  cit.  rappresenta  una  norma  di
coordinamento della finanza pubblica, con l'obiettivo di una graduale
armonizzazione dei  trattamenti  economici  accessori  del  personale
delle pubbliche amministrazioni. 
    Cio' premesso, anticipando sul punto la prevedibile  replica,  la
previsione regionale, derogando ai principi generali di coordinamento
della finanza pubblica espressi dal citato  art.  23,  comma  2,  del
decreto legislativo n. 75/2017, non puo' considerarsi quale  «margine
di autonomia regionale» esercitato nel limite della spesa complessiva
del  personale  del  servizio  sanitario  regionale,  ne'   eventuali
risparmi   possono   costituire   il   presupposto   che    legittima
l'incremento, essendo la definizione  dei  possibili  incrementi  dei
fondi  contrattuali  demandata   alle   norme   di   legge   e   alla
contrattazione collettiva. 
    L'art. 128, comma 2 della legge impugnata, autorizzando una spesa
che supera il limite stabilito dall'indicato art. 23, comma 2,  della
normativa statale, si pone anzitutto in contrasto con le misure volte
ad  assicurare  l'invarianza  della  spesa   di   personale   e,   di
conseguenza,  con  gli  articoli  81  e  117,  terzo   comma,   della
Costituzione, in particolare con i principi fondamentali  in  materia
di «coordinamento della finanza pubblica.» 
    Inoltre,  sebbene  dalla  delibera  non  emerge  un   riferimento
espresso a  tale  parametro  costituzionale,  appare  evincibile  dal
tenore della stessa il ritenuto contrasto  tra  l'art  128,  comma  7
della legge regionale impugnata e l'art 117, secondo  comma,  lettera
l) che riconosce, allo Stato, la potesta'  legislativa  esclusiva  in
materia di ordinamento civile.  Si  legge,  infatti,  nella  delibera
della Presidenza del Consiglio testualmente quanto  segue  «Pertanto,
il comma 7 dell'art. 128 della  legge  della  Regione  Friuli-Venezia
Giulia 9 giugno 2022, n. 8, si pone in contrasto con gli articoli  81
e  117,  terzo  comma,  della  Costituzione  (ordinamento  civile   e
determinazione dei principi fondamentali riservati alla  legislazione
dello Stato in  materia  di  coordinamento  della  finanza  pubblica)
eccedendo  dalla  competenza  legislativa  attribuita  alla   Regione
autonoma Friuli-Venezia Giulia dallo Statuto  Speciale  adottato  con
legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, con riferimento  all'art.
23, comma 2, del decreto legislativo n. 75/2017, e all'art. 11, comma
1, del decreto-legge n. 135 del 2018.». 
    Ferma restando tale doverosa premessa e rimettendosi  alla  Corte
in ordine al vaglio di ammissibilita' della censura, si  ritiene  che
l'intervento regionale vada ad incidere altresi' sulla contrattazione
collettiva   cui   viene   demandata,   dalla   norma   statale,   la
regolamentazione  dei  trattamenti  economici  del  personale   delle
amministrazioni. 
    Il legislatore regionale, anche con tale disposizione,  oltre  ad
introdurre  una  disciplina  chiaramente  in  deroga  in  materia  di
trattamento  accessorio  dei  dipendenti   del   Servizio   sanitario
regionale,  interviene  in  un  ambito  riservato   alla   competenza
legislativa esclusiva dello Stato. 
    Sotto tale profilo, la disciplina  del  trattamento  economico  e
giuridico,  anche  con  riguardo  al  pubblico   impiego   regionale,
riservato  alla  contrattazione  collettiva,  e'  riconducibile  alla
materia «ordinamento civile», riservata alla  competenza  legislativa
esclusiva dello Stato (Corte costituzionale sentenza n. 273 del 2020,
punto 5.2.1. del Considerato in diritto).  E'  dunque  precluso  alle
regioni adottare una normativa che incida su un  rapporto  di  lavoro
gia' sorto e, nel regolarne il trattamento giuridico ed economico, si
sostituisca alla contrattazione collettiva, fonte imprescindibile  di
disciplina (sentenze n. 20 del 2021, punto 3.2.1. del Considerato  in
diritto, e n. 199 del 2020, punto 9.2. del Considerato in diritto). 
    L'invasione della competenza statale nella  materia  «ordinamento
civile»  si  configura,  come  piu'  volte   ribadito   dalla   Corte
costituzionale,   ogni   qual   volta   il   legislatore   regionale,
sostituendosi al contratto collettivo, regoli direttamente un aspetto
della retribuzione, poiche', nell'esercizio della propria  competenza
esclusiva,  il  legislatore  nazionale  ha  riservato  al   contratto
collettivo l'attribuzione del trattamento economico,  fondamentale  e
accessorio, del personale pubblico (art. 2, comma 3, e  art.  45  del
decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165,  recante  «Norme  generali
sull'ordinamento del lavoro  alle  dipendenze  delle  amministrazioni
pubbliche»). 
    La necessita' di una disciplina unitaria dei rapporti  di  lavoro
alle dipendenze  della  pubblica  amministrazione  si  e'  imposta  a
seguito  della  privatizzazione  del   pubblico   impiego   e   della
conseguente esigenza di un  trattamento  uniforme  di  tali  tipi  di
rapporti; in tale  prospettiva  questa  Corte  ha  precisato  che  «i
principi fissati dalla legge statale in materia costituiscono  tipici
limiti  di  diritto  privato,  fondati  sull'esigenza,  connessa   al
precetto costituzionale di eguaglianza,  di  garantire  l'uniformita'
nel territorio nazionale delle regole  fondamentali  di  diritto  che
disciplinano i rapporti fra privati e, come tali, si impongono  anche
alle Regioni a statuto speciale» (sentenza n. 189 del 2007). 
    L'art. 128, comma 2, della legge impugnata, autorizzando gli enti
del Servizio sanitario regionale a  destinare  i  risparmi  derivanti
dalla  mancata  attuazione  del  piano   triennale   dei   fabbisogni
all'incremento delle risorse  destinate  annualmente  al  trattamento
accessorio del personale, anche oltre il limite previsto  dall'  art.
23, comma 2, del decreto legislativo n. 75/2017,  viola  altresi'  la
competenza  legislativa  esclusiva  dello   Stato   in   materia   di
ordinamento civile e, pertanto, l'art. 117, secondo comma, lettera l)
con riferimento agli articoli 23, comma 2, del decreto legislativo n.
75/2017 e 11, comma 1, del decreto-legge n. 135 del 2018. 
    L'art. 128, comma  7  della  legge  regionale  impugnata,  eccede
altresi' dalla competenza legislativa attribuita dallo Statuto  della
Regione  autonoma   Friuli-Venezia   Giulia,   adottato   con   legge
costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1. 
    Come gia' osservato in precedenza, il legislatore regionale,  pur
esercitando in forza dello Statuto (art.  4,  n.  1)  una  competenza
legislativa  in  materia  di  stato  giuridico   ed   economico   dei
dipendenti, non puo' regolamentare  una  disciplina  del  trattamento
accessorio in deroga ad una norma statale, essendo l'art. 23, comma 2
del decreto legislativo cit. espressione di un principio fondamentale
di coordinamento in materia di finanza pubblica.  La  norma  statale,
come si e' detto, introduce un limite, operante anche per le  regioni
a statuto speciale, per un  settore  rilevante  della  spesa  per  il
personale e, cioe', quello concernente una delle due grandi parti  in
cui si suddivide il trattamento economico del personale  pubblico  e,
precisamente, quella relativa alle voci del trattamento accessorio. 
    La disciplina legislativa qui censurata eccede,  pertanto,  dalla
potesta'  legislativa  regionale,   non   potendosi   ricondurre   la
disciplina  del  trattamento  accessorio  nell'ambito  della  materia
dell'ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla regione e
stato giuridico ed economico del personale ad  essi  addetto  di  cui
all'art. 4 dello statuto. L'esercizio della competenza della  Regione
Friuli dovrebbe sempre avvenire nel rispetto  dei  principi  e  degli
interessi generali stabiliti dalla legge dello  Stato  che  fissa  un
principio di coordinamento in materia di finanza pubblica. 
4) Illegittimita' costituzionale dell'art. 128, comma 9  della  legge
regionale Friuli-Venezia Giulia 9 giugno 2022, n.  8  per  violazione
degli articoli 117, secondo comma lettera l) e 3 della  Costituzione,
con riferimento agli articoli 4, comma 7,  della  legge  30  dicembre
1991, n. 412, 53 del decreto legislativo 30  marzo  2001,  n.  165  e
3-quater  del  decreto-legge  n.  127/2021  nonche'  per   violazione
dell'art.  5,  n.  16)   dello   statuto   speciale   della   Regione
Friuli-Venezia Giulia, approvato con legge costituzionale 31  gennaio
1963, n. 1. 
    L'art. 128, comma  9  della  legge  regionale  prevede  che  «gli
infermieri dipendenti degli enti  del  Servizio  sanitario  regionale
possono effettuare, al di fuori dell'orario di lavoro e in  deroga  a
quanto previsto in materia di esclusivita' del rapporto  di  impiego,
attivita'  professionale  presso  le  strutture  sociosanitarie   per
anziani, previa  stipula  di  una  convenzione  tra  la  struttura  e
l'azienda sanitaria di riferimento che  disciplina  le  modalita'  di
svolgimento, anche oltre il limite di quattro ore settimanali,  fermi
restando la garanzia dell'orario  svolto  alle  dipendenze  dell'ente
pubblico  e  il  rispetto  dell'orario  massimo  di   lavoro.   Detta
disposizione e' finalizzata a garantire la copertura  del  fabbisogno
di personale infermieristico allo scopo di assicurare il rispetto dei
livelli  essenziali  di  assistenza   all'interno   delle   strutture
sociosanitarie residenziali e semi residenziali». 
    Occorre muovere dalla ricostruzione dal vigente quadro  normativo
statale. 
    L'art. 3-quater del decreto-legge n. 127/2021, rubricato  «Misure
urgenti in materia di personale sanitario» - fino  al  termine  dello
stato di emergenza, fissato al 31 dicembre 2022 - ha consentito  agli
operatori delle professioni sanitarie, di cui all'art. 1 della  legge
1° febbraio 2006, n. 43 appartenenti al comparto sanita', di svolgere
attivita' libero professionale al di fuori dell'orario di servizio  e
per un monte ore complessivo settimanale non superiore a quattro ore,
senza applicazione delle incompatibilita' di cui all'art. 4, comma 7,
della legge 30 dicembre 1991, n.  412,  e  all'art.  53  del  decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165. 
    La norma statale reca una disposizione di natura transitoria,  in
vigore sino al termine dello stato  di  emergenza  epidemiologica  da
COVID - 2019, in materia  di  compatibilita'  con  altre  prestazioni
lavorative rese da alcuni operatori sanitari del  Servizio  sanitario
nazionale. La norma transitoria limita, dunque, nel periodo suddetto,
l'applicazione delle norme vigenti, ivi richiamate, che escludono  la
possibilita' di svolgimento di altre attivita'  lavorative  da  parte
del personale degli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale.
La possibilita' transitoria concerne  lo  svolgimento,  da  parte  di
personale rientrante nelle professioni infermieristiche od  ostetrica
ovvero nelle professioni sanitarie tecniche, della  riabilitazione  e
della prevenzione ed appartenente al comparto  contrattuale  pubblico
della sanita', di  altre  prestazioni  al  di  fuori  dell'orario  di
servizio e per un monte ore complessivo settimanale non  superiore  a
quattro ore. 
    La disposizione regionale  impugnata  determina  chiaramente  una
violazione dell'art. 3 della  Costituzione  in  quanto  introduce,  a
livello regionale, una disciplina  differenziata  rispetto  a  quella
sopra  richiamata  vigente  a  livello  nazionale.   Il   legislatore
regionale, infatti, consente agli infermieri  dipendenti  degli  enti
del Servizio sanitario regionale di svolgere  la  predetta  attivita'
libero-professionale sine die, oltre  il  limite  delle  quattro  ore
settimanali  e  in   violazione   del   principio   di   esclusivita'
dell'impiego. 
    Si rileva  ancora  che  la  stessa  possibilita'  per  il  citato
personale  di   eseguire   le   suddette   attivita'   in   modalita'
libero-professionale     e'     suscettibile      di      determinare
l'istituzionalizzazione    dell'esercizio    dell'attivita'    libero
professionale  anche  intramuraria,  considerato  che   al   medesimo
personale  -  titolare  di  un  rapporto  unico  ed   esclusivo   con
l'amministrazione  di  appartenenza   che   non   determina   nessuna
retribuzione aggiuntiva - e'  inibito  lo  svolgimento  della  libera
professione. 
    Sussiste altresi' la violazione  dell'art.  117,  secondo  comma,
lettera l) che attribuisce la  competenza  esclusiva  allo  Stato  in
materia di ordinamento civile. Nel  caso  di  specie  il  legislatore
regionale invade la competenza legislativa chiaramente  spettante  al
legislatore statale, in quanto interviene,  come  si  e'  evidenziato
nella presente impugnazione,  nel  regolamentare  la  disciplina  dei
rapporti  di  lavoro  del  personale  infermieristico  del   Servizio
sanitario regionale. 
    L'art. 128, comma  9  della  legge  regionale  impugnata,  eccede
altresi' dalla competenza legislativa attribuita dallo Statuto  della
Regione  autonoma   Friuli-Venezia   Giulia,   adottato   con   legge
costituzionale  31  gennaio   1963,   n.   1   alla   stregua   delle
considerazioni  gia'  esposte   con   riferimento   alle   precedenti
disposizioni impugnate. Fermo restando  quanto  osservato  in  ordine
alla materia dell'ordinamento civile, si esclude in ogni caso che  la
Regione possa invocare la potesta' legislativa in materia di sanita',
assistenza sanitaria ed ospedaliera. 
    Sebbene lo  Statuto  riconosca  alla  Regione  la  competenza  in
questione (art. 5, n. 15), la stessa non puo' porsi in violazione  di
principi  fondamentali  fissati  dalle  leggi   dello   Stato   sopra
richiamate. 
    L'art. 128, comma 9  della  legge  della  Regione  Friuli-Venezia
Giulia 9 giugno 2022, n. 8, eccedendo  dalla  competenza  legislativa
attribuita alla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia in materia  di
igiene  e  sanita',  assistenza  sanitaria  ed  ospedaliera,  di  cui
all'art. 5 dello statuto speciale adottato con  legge  costituzionale
31 gennaio 1963, n. 1; si pone in contrasto con l'art.  117,  secondo
comma, lettera l) della Costituzione,  che  riserva  alla  competenza
esclusiva dello Stato l'ordinamento civile,  nonche'  con  l'esigenza
connessa al precetto costituzionale di eguaglianza di cui all'art.  3
della Costituzione, riguardo all'uniformita' nel territorio nazionale
delle regole fondamentali di diritto che disciplinano i  rapporti  di
cui trattasi, con riferimento all'art. 4, comma  7,  della  legge  30
dicembre 1991, n. 412, all'art. 53 del decreto legislativo  30  marzo
2001, n. 165, e all'art. 3-quater del decreto-legge n. 127/2021. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Per tutte le esposte ragioni, la  Presidenza  del  Consiglio  dei
ministri, come sopra rappresentata e difesa; 
    Conclude affinche' la Corte costituzionale voglia  accogliere  il
presente  ricorso  e  per  l'effetto  dichiarare   costituzionalmente
illegittime le norme regionali con esso censurata. 
        Roma, 9 agosto 2022 
 
                        Avvocato dello Stato 
                               Corsini 
 
 
                        Avvocati dello Stato 
                               Santini