N. 57 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 11 agosto 2022
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria l'11 agosto 2022 (del Presidente del Consiglio dei ministri). Sanita' pubblica - Servizio sanitario regionale - Norme della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia - Disposizioni urgenti per fronteggiare la carenza di medici in regime di convenzione - Trasferimenti di personale medico - Criteri di priorita' - Previsione che stabilisce che le Aziende sanitarie riconoscono la priorita' di scelta in fase di trasferimento ai medici che accettano incarichi in zone rimaste carenti per almeno due anni consecutivi e che abbiano garantito una permanenza in tali zone di minimo quattro anni. Sanita' pubblica - Servizio sanitario regionale - Norme della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia - Disposizioni urgenti in materia di organizzazione del Servizio sanitario regionale - Misure per garantire la continuita' nell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza nei servizi di emergenza-urgenza - Attribuzione alle aziende e agli enti del Servizio sanitario regionale della possibilita' di conferire, in via eccezionale fino al 31 dicembre 2023, incarichi individuali con contratti di lavoro autonomo - Individuazione dei soggetti ai quali possono essere conferiti gli incarichi, del compenso e delle condizioni per la stipula dei contratti - Previsione riguardante la possibilita' per i medici specializzandi di prestare l'attivita' al di fuori dell'orario dedicato alla formazione specialistica e fermo restando l'assolvimento degli obblighi formativi. Sanita' pubblica - Impiego pubblico - Norme della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia - Disposizioni urgenti in materia di organizzazione del Servizio sanitario regionale - Trattamento accessorio del personale - Previsione che, a determinate condizioni, ciascun ente del Servizio sanitario regionale puo' destinare i risparmi derivanti dalla mancata attuazione del piano triennale dei fabbisogni all'incremento del trattamento accessorio del personale anche in deroga al limite previsto dall'art. 23, comma 2, del decreto legislativo n. 75 del 2017. Sanita' pubblica - Servizio sanitario regionale - Norme della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia - Disposizioni urgenti in materia di organizzazione del Servizio sanitario regionale - Personale infermieristico - Possibilita' per gli infermieri dipendenti degli enti del Servizio sanitario regionale di svolgere, al di fuori dell'orario di lavoro e in deroga all'esclusivita' del rapporto di impiego, attivita' professionale presso le strutture sociosanitarie per anziani. - Legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 9 giugno 2022, n. 8 ("Disposizioni in materia di relazioni internazionali, biodiversita', caccia, pesca sportiva, agricoltura, attivita' produttive, turismo, autonomie locali, sicurezza, lingue minoritarie, corregionali all'estero, funzione pubblica, lavoro, formazione, istruzione, famiglia, patrimonio, demanio, infrastrutture, territorio, viabilita', ambiente, energia, cultura, sport, salute, politiche sociali e finanze (Legge regionale multisettoriale 2022)"), artt. 126, comma 2, e 128, commi 1, 2, 3, 4, 7 e 9.(GU n.41 del 12-10-2022 )
Ricorso per la Presidenza del Consiglio dei ministri, (c.f. 80188230587), in persona del Presidente del Consiglio pro tempore, rappresentata e difesa per mandato ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato, (c.f. 80224030587), fax: 06/96514000 - pec: ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it presso i cui uffici ha domicilio in Roma, via dei Portoghesi n. 12 ricorrente; Contro Regione Friuli-Venezia Giulia, in persona del Presidente della giunta regionale pro tempore resistente; Per la declaratoria della illegittimita' costituzionale degli articoli 126, comma 2 e 128, comma 1, 2, 3, 4, 7 e 9 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 9 giugno 2022, n. 8 pubblicata nel BUR supplemento ordinario n. 11 in data 13 giugno 2022. La legge della Regione Friuli-Venezia Giulia n. 8 del 9 giugno 2022 reca «Disposizioni in materia di relazioni internazionali, biodiversita', caccia, pesca sportiva, agricoltura, attivita' produttive, turismo, autonomie locali, sicurezza, lingue minoritarie, corregionali all'estero, funzione pubblica, lavoro, formazione, istruzione, famiglia, patrimonio, demanio, infrastrutture, territorio, viabilita', ambiente, energia, cultura, sport, salute, politiche sociali e finanze (legge regionale multisettoriale 2022». Gli articoli 126, comma 2 e 128, commi 1, 2, 3, 4, 7, 9 della predetta legge, introdotte nell'ambito del Capo X, recante «Disposizioni in materia di salute e politiche sociali», come emerge dai lavori preparatori, sembrano perseguire quale obiettivo la risoluzione dei problemi derivanti dalla carenza di personale all'interno delle aziende sanitarie della Regione Friuli-Venezia Giulia, emerso a seguito della emergenza pandemica da COVID-2019. Le suddette disposizioni, ad avviso del Governo, presentano profili di illegittimita' costituzionale in quanto introducono una disciplina in contrasto con il principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione e con l'art. 117, secondo comma, lettera l), sulla competenza esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile, nonche' con gli articoli 81 e 117, terzo comma della Costituzione, in relazione ai principi fondamentali dettati dal legislatore statale nella materia del coordinamento della finanza pubblica. Le norme pertanto (giusta deliberazione del Consiglio dei ministri assunta nella seduta del giorno 4 agosto 2022) devono essere impugnate per i seguenti: Motivi 1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 126, comma 2 della legge 9 giugno 2022, n. 8 per violazione dell'art 117, secondo comma, lettera l) della Costituzione, con riferimento all'art. 8 del decreto legislativo n. 502/1992 nonche' per violazione dello statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia, approvato con legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1. L'art. 126, secondo comma della citata legge regionale, rubricato «Soluzioni urgenti per fronteggiare la carenza di medici in regime di convenzione» stabilisce che «Per i medici che accettano incarichi in zone rimaste carenti per almeno due anni consecutivi e che abbiano garantito una permanenza in tali zone di minimo quattro anni, le aziende sanitarie riconoscono la priorita' di scelta in fase di trasferimento». Tale disposizione si discosta dall'art. 34, comma 5 dell'Accordo collettivo nazionale (ACN) del 28 aprile 2022 per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale ai sensi dell'art. 8 del decreto legislativo n. 502 del 1992 che individua coloro che possono concorrere al conferimento degli incarichi per trasferimento. L'art. 34, comma 5 dell'Accordo collettivo, rubricato «Procedure per l'assegnazione degli incarichi» prevede che «possono concorrere al conferimento degli incarichi a) per trasferimento: i) relativamente ad incarichi di ruolo unico di assistenza primaria a ciclo di scelta, i medici titolari di incarico a tempo indeterminato del ruolo unico a ciclo di scelta iscritti da almeno due anni in un elenco della regione che pubblica l'avviso e quelli iscritti in un elenco di altra regione da almeno quattro anni, che al momento di attribuzione dell'incarico non svolgano altre attivita' a qualsiasi titolo nell'ambito del SSN, eccezion fatta per l'attivita' del ruolo unico di assistenza primaria ad attivita' oraria. Ai fini del computo del suddetto requisito e' valutata la titolarita' di incarico di assistenza primaria ai sensi dell'ACN 23 marzo 2005 e successive modificazioni ed integrazioni. I trasferimenti sono possibili fino alla concorrenza di un terzo degli incarichi disponibili in ciascuna azienda e i quozienti frazionali ottenuti nel calcolo di cui sopra si approssimano alla unita' piu' vicina. Il trasferimento puo' avvenire anche in caso di disponibilita' di un solo incarico; ii) relativamente ad incarichi di ruolo unico di assistenza primaria ad attivita' oraria, i medici titolari di incarico a tempo indeterminato del ruolo unico ad attivita' oraria da almeno due anni in un'azienda della regione che pubblica l'avviso e quelli titolari in un'azienda di altra regione da almeno tre anni che al momento di attribuzione dell'incarico non svolgano altre attivita' a qualsiasi titolo nell'ambito del SSN, eccezion fatta per i medici titolari di incarico a tempo indeterminato di ruolo unico di assistenza primaria a ciclo di scelta con un carico inferiore a seicentocinquanta assistiti. Ai fini del computo del suddetto requisito e' valutata la titolarita' di incarico di continuita' assistenziale ai sensi dell'ACN 23 marzo 2005 e successive modificazioni ed integrazioni. I trasferimenti sono possibili fino alla concorrenza della meta' degli incarichi disponibili in ciascuna azienda e i quozienti frazionali ottenuti nel calcolo di cui sopra si approssimano alla unita' piu' vicina. In caso di disponibilita' di un solo posto puo' essere esercitato il diritto di trasferimento [...]». In particolare, il legislatore regionale, con la disposizione impugnata, ha esercitato una competenza non propria, atteso che, ai sensi dell'art. 8, comma 1, prima parte del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'art. 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), il rapporto tra il Servizio sanitario regionale, i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta e' disciplinato da apposite convenzioni di durata triennale conformi agli accordi nazionali collettivi stipulati ai sensi dell'art 4, comma 9, della legge 30 dicembre 1991, n. 412. La norma regionale in esame, pertanto, invade la sfera di competenza riservata dalle predette norme statali, all'Accordo nazionale collettivo. Al riguardo la giurisprudenza della Corte costituzionale ha oramai riconosciuto che la stessa contrattazione collettiva nazionale, anche in materia di personale sanitario a rapporto convenzionale, fondata sull'espresso richiamo contenuto nelle norme statali precedentemente richiamate, e' certamente parte dell'ordinamento civile di cui all'art. 117, secondo comma lettera l) della Costituzione. Essa difatti si inserisce nel peculiare sistema integrato delle fonti cui la legge statale pone un forte presidio per garantirne la necessaria uniformita' (si v. Corte costituzionale, sentenze n. 157 del 2019 e n. 186 del 2016; cfr. da ultimo altresi' Corte costituzionale n. 190/2022 punto 6.1 del Considerato in diritto). L'intervento normativo impugnato risulta chiaramente lesivo della competenza statale in materia di ordinamento civile, in quanto la disciplina di coloro che possono concorrere al conferimento degli incarichi per trasferimento e' prevista dall'art 34, comma 5 dell'Accordo collettivo nazionale del 28 aprile 2022 cui rinvia l'art. 8, comma 1 del decreto legislativo n. 502/1992. Alla luce delle suesposte considerazioni l'art. 126, comma 2, della legge impugnata, laddove introduce criteri di priorita' diversi ed ulteriori rispetto a quelli fissati dalla contrattazione collettiva in materia di trasferimenti del personale medico, viola dunque, nella forma e nei contenuti la competenza statale che fa riferimento a tutt'altra fonte, come previsto dall'art. 8 del decreto legislativo n. 502 del 1992, e si pone pertanto in contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera l) della Costituzione che attribuisce alla competenza esclusiva dello Stato l'ordinamento civile e, quindi, i rapporti di diritto privato regolabili dal codice civile (contratti collettivi). E cio' anche a voler considerare le disposizioni, pure violate, dello Statuto della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, adottato con legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1. Vero e' che l'art. 4, n. 1) dello Statuto attribuisce alla Regione Friuli-Venezia Giulia potesta' legislativa esclusiva, tra l'altro, in materia di ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla regione e dello stato giuridico ed economico del personale ad essi addetto, ma e' altrettanto vero che tale potesta' va esercitata, in armonia con la Costituzione, nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico della Repubblica, con le norme fondamentali delle riforme economico-sociali e con gli obblighi internazionali dello Stato, nonche' nel rispetto degli interessi nazionali e di quelli delle altre regioni. E' pacifico che tra queste ultime sia da annoverare l'art. 8, comma 1, prima parte del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 che attribuisce alla contrattazione collettiva sopra menzionata la regolamentazione del rapporto tra il Servizio sanitario regionale, i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta. Oltre a trattarsi di una norma statale il cui rispetto e' imposto alla regione, essa e' altresi' norma fondamentale di riforma economico sociale della Repubblica, al pari dell'art. 2, comma 3, terzo e quarto periodo del decreto legislativo n. 165/2001 che rinviano per il trattamento economico e giuridico dei dipendenti pubblici ai contratti collettivi. Infatti, il demandare alla contrattazione collettiva la determinazione della disciplina degli aspetti giuridici ed economici del pubblico impiego costituisce una scelta di fondo - come tale di carattere generale - di tutto l'attuale ordinamento, cui non puo' sovrapporsi una regola legislativa destinata ad operare solo una determinata area del territorio. Essa costituisce un tipico limite di diritto privato, fondato sull'esigenza, connessa al principio costituzionale di uguaglianza, di garantire l'uniformita' nel territorio nazionale delle regole fondamentali di diritto che disciplinano i rapporti tra privati e, come tali, si impongono anche alle regioni a statuto speciale. 2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 128, commi 1, 2, 3 e 4 della legge 9 giugno 2022, n. 8 per violazione degli articoli 117, secondo comma lettera l) e 3 della Costituzione; con riferimento agli articoli 2-bis e 2-ter, commi 1 e 5 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, all'art. 10, comma 1, del decreto-legge 24 marzo 2022, n. 24, convertito con modificazioni dalla legge 19 maggio 2022, n. 52, all'art. 40 del decreto legislativo n. 368 del 1999 e all'art. 7, commi 5-bis e 6, del decreto legislativo n. 165/2001 nonche' per violazione dello statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia, approvato con legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1. I primi quattro commi dell'art. 128 della legge regionale impugnata recano una disciplina, a livello regionale, per far fronte alla carenza di personale sanitario specializzato. La novella legislativa attribuisce alle aziende e agli enti del Servizio sanitario regionale la possibilita' di conferire incarichi individuali, con contratto di lavoro autonomo, anche di collaborazione coordinata e continuativa talora per i soli specializzandi e talaltra per i laureati in medicina e chirurgia abilitati, cosi' da garantire la continuita' nell'erogazione dei livelli essenziali dei servizi di emergenza - urgenza, con soluzione di natura temporanea. La disposizione in esame, oltre a prevedere i soggetti a cui e' possibile conferire gli incarichi individuali di lavoro (comma 1), individua il compenso spettante per tali contratti (comma 2) nonche' le condizioni per la loro stipulazione (comma 4), precisando al comma 3 che «Gli specializzandi svolgono la propria attivita' al di fuori dell'orario dedicato alla formazione specialistica e fermo restando l'assolvimento degli obblighi formativi». I primi quattro commi della disposizione regionale impugnata dal Governo si pongono in contrasto, anzitutto, con le seguenti disposizioni statali che rappresentano norme interposte, dalla cui violazione, discende il contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera l) che attribuisce allo Stato la potesta' legislativa in materia di ordinamento civile. L'art. 128, al comma 1, dispone che «Al fine di garantire la continuita' nell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza nei servizi di emergenza-urgenza, le aziende e gli enti del Servizio sanitario regionale (SSR) possono conferire, in via eccezionale fino al 31 dicembre 2023, incarichi individuali con contratto di lavoro autonomo, anche di collaborazione coordinata e continuativa, sotto la responsabilita' del titolare della struttura organizzativa aziendale di assegnazione, a: a) laureati in medicina e chirurgia abilitati; b) medici in formazione specialistica del primo e secondo anno di corso, con tutoraggio da parte del personale strutturato, per un massimo di ventiquattro ore mensili; c) personale medico in quiescenza.» In via generale, si rileva la mancata coerenza con l'art. 7, comma 5-bis del decreto legislativo n. 165/2001 il quale dispone «il divieto alle Pubbliche amministrazioni di stipulare contratti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali continuative e le cui modalita' di esecuzione siano organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro. I contratti posti in essere in violazione del presente comma sono nulli e determinano responsabilita' erariale». In aggiunta, il successivo comma 6 del medesimo articolo prevede la possibilita' per le amministrazioni Pubbliche di conferire esclusivamente incarichi individuali con contratto di lavoro autonomo in presenza di specifici presupposti di legittimita' che definiscono l'oggetto della prestazione, il preventivo accertamento dell'impossibilita' oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili, la natura temporanea e altamente qualificata della prestazione, la non ammissione del rinnovo (l'eventuale proroga dell'incarico originario e' consentita, in via eccezionale) e a condizione che i soggetti incaricati non vengano utilizzati come lavoratori subordinati e non svolgano funzioni ordinarie. Il legislatore regionale, introducendo un'autonoma disciplina in materia di conferimento degli incarichi individuali con contratti di lavoro autonomo, anche di collaborazione coordinata e continuativa, in contrasto con quella statale, ha chiaramente invaso la competenza legislativa spettante allo Stato in materia di rapporto di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione. Cio' vale anche, con riferimento al comma 2 e al comma 4 dell'art. 128 della legge regionale impugnata che recano, rispettivamente, la disciplina dei compensi spettanti per tale tipologia di incarichi e le condizioni di stipulazione del contratto. E' d'altronde pacifica la giurisprudenza costituzionale nel senso di ritenere che la disciplina del rapporto di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione, come rivisitato dal decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), rientra nella materia «ordinamento civile», riservata alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato (sentenze n. 175 e n. 160 del 2017). Piu' nello specifico, il Governo rileva il contrasto delle predette disposizioni regionali anche con le speciali disposizioni di legge statali che, a fronte delle esigenze straordinarie ed urgenti derivanti dalla diffusione del COVID-19, hanno previsto la possibilita' per le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale di reclutare, tra gli altri, medici specializzandi, iscritti all'ultimo e al penultimo anno di corso delle scuole di specializzazione, conferendo incarichi di lavoro autonomo, anche di collaborazione coordinata e continuativa, di durata non superiore a sei mesi (cosi' l'art. 2-bis del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, i cui termini sono stati prorogati fino al 31 dicembre 2022, dall'art. 10, comma 1, del decreto-legge 24 marzo 2022, n. 24, convertito con modificazioni dalla legge 19 maggio 2022, n. 52). Considerando che la vigente normativa statale, con riferimento alle misure urgenti in materia di reclutamento di personale, ne contempla diverse, tutte finalizzate a garantire l'erogazione dei livelli essenziali di assistenza, si rileva che la temporaneita' e le condizioni poste agli interventi di cui alle disposizioni regionali in esame non sembrano legittimarne la previsione. Si fa riferimento all'art. 1, comma 547 della legge n. 145/2018 che consente agli specializzandi, a partire dal terzo anno del corso di formazione specialistica, di essere ammessi alle procedure concorsuali per l'accesso alla dirigenza del ruolo sanitario nella specifica disciplina, e che il comma 548-bis della citata legge consente agli enti del SSN, di assumere con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato con orario a tempo parziale degli specializzandi utilmente collocati in apposite graduatorie di cui al comma 547, fino al 31 dicembre 2023. Anche, l'art. 1, comma 268, lettera a) della legge n. 234 del 2021 consente, previa verifica dell'impossibilita' di utilizzare personale gia' in servizio, nonche' di ricorrere agli idonei collocati in graduatorie concorsuali in vigore, agli enti del SSN di utilizzare le misure straordinarie di cui agli articoli 2-bis del dl n. 18 del 2020 limitatamente ai medici specializzandi - incarichi di lavoro autonomo, anche di collaborazione coordinata e continuativa - e 2-ter, commi 1 e 5 del medesimo decreto-legge, incarichi a tempo determinato con procedure di pubblicita' semplificata anche mediante proroga, non oltre il 31 dicembre 2022. Rispetto quindi alla legge statale, la normativa regionale in esame, invadendo la sfera riservata allo Stato, ha chiaramente esteso, da un lato, la platea dei soggetti destinatari dei contratti di lavoro e, dall'altro, il periodo di applicabilita' della misura (oltre il 31 dicembre 2022), determinando - a fronte della identita' di problematiche gia' affrontate dalla legislazione statale in via d'urgenza - una conseguente irragionevole disparita' di disciplina nell'ambito territoriale di riferimento. Appare dunque evidente la violazione dell'art. 3 della Costituzione. L'art 128, comma 3 della legge regionale impugnata prevede che «gli specializzandi svolgono la propria attivita' al di fuori dell'orario dedicato alla formazione specialistica e fermo restando l'assolvimento degli obblighi formativi». Orbene, la possibilita' per lo specializzando di prestare, grazie alla novella legislativa regionale, ulteriori attivita' in aggiunta all'attivita' formativa di medico in formazione specialistica prevista a tempo pieno, viola direttamente il principio di esclusivita' della specializzazione stabilito dall'art. 40 del decreto legislativo n. 368 del 1999, in base al quale «Per la durata della formazione a tempo pieno al medico e' inibito l'esercizio di attivita' libero professionale all'esterno delle strutture assistenziali in cui si effettua la formazione ed ogni rapporto convenzionale o precario con il servizio sanitario nazionale o enti e istituzioni pubbliche e private». Pertanto, la disposizione regionale, nell'introdurre una deroga al predetto regime delle incompatibilita' previste per il medico in formazione specialistica, presenta criticita' sotto il profilo ordinamentale, atteso che verrebbe consentito allo specializzando di poter prestare, in aggiunta all'attivita' formativa di medico in formazione specialistica prevista a tempo pieno, ogni altro rapporto di lavoro - libero-professionale, collaborazione coordinata e continuativa ecc.. - il cui impegno orario complessivo potrebbe non essere compatibile con la predetta attivita' formativa (contratto di formazione specialistica a tempo pieno - art. 37 e segg. decreto legislativo n. 368/1999), determinando anche a livello nazionale una disomogeneita' di trattamento tra gli specializzandi in formazione specialistica. Le disposizioni regionali, quindi, contrastano con la normativa statale che richiede la formazione specialistica quale requisito necessario per l'inserimento dei medici nelle strutture ospedaliere del Servizio sanitario nazionale e con la normativa statale che limita il ricorso ai contratti a termine nella pubblica amministrazione. Si vengono, dunque, conseguentemente a determinare anche delle disparita' di trattamento, avendo il legislatore regionale introdotto un canale di accesso alla professione, seppur di carattere temporaneo che, prescindendo anche dalla mera iscrizione al corso di specializzazione, introduce una deroga limitata al territorio regionale in aperta violazione del principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione. L'art. 128 della legge regionale impugnata, nei commi fin qui esaminati e censurati, eccede altresi' dalla competenza legislativa attribuita dallo Statuto della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, adottato con legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1. Sotto tale profilo, il legislatore regionale - pur avendo competenza in materia di igiene e sanita', assistenza sanitaria ed ospedaliera, deve esercitarla nel rispetto dei principi fondamentali fissati dalle norme statali, oltre che, nel rispetto dell'ordinamento civile materia sulla quale lo Stato ha potesta' esclusiva. L'art. 128, commi 1-4 legge cit. eccedono, dunque, dalla competenza legislativa attribuita alla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia in materia di igiene e sanita', assistenza sanitaria ed ospedaliera, di cui all'art. 5 dello statuto speciale adottato con legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1; si pongono in contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera l) della Costituzione, che riserva alla competenza esclusiva dello Stato l'ordinamento civile, nonche' con l'esigenza connessa al precetto costituzionale di eguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione, riguardo all'uniformita' nel territorio nazionale delle regole fondamentali di diritto che disciplinano i rapporti di cui trattasi, con riferimento all'art. 2-bis e 2-ter del decreto legislativo 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, all'art. 10, comma 1, del decreto legislativo 24 marzo 2022, n. 24, convertito con modificazioni dalla legge 19 maggio 2022, n. 52, all'art. 40 del decreto legislativo n. 368 del 1999 e all'art. 7, commi 5-bis e 6, del decreto legislativo n. 165/2001. 3) Illegittimita' costituzionale dell'art. 128, comma 7 della legge 9 giugno 2022, n. 8 per violazione degli articoli 81 e 117, secondo comma, lettera l) e terzo comma della Costituzione nonche' per violazione dello Statuto Speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia, approvato con legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 con riferimento all'art. 23, comma 2, del decreto legislativo n. 75/2017, e all'art. 11, comma 1, del decreto-legge n. 135 del 2018. L'art. 128, comma 7 della legge regionale impugnata stabilisce «che ciascun ente del SSR, sulla base degli indirizzi regionali, puo' destinare - nel rispetto del tetto di spesa fissato per il personale degli enti del Servizio sanitario regionale e ferma restando la compatibilita' finanziaria - i risparmi derivanti dalla mancata attuazione del piano triennale dei fabbisogni all'incremento delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale anche oltre il limite previsto dall'art. 23, comma 2, del decreto legislativo n. 75/2017». La predetta disposizione ha introdotto a livello regionale una disciplina in aperto contrasto con l'art. 23, comma 2 del decreto legislativo n. 75/2017 il quale stabilisce che «Nelle more di quanto previsto dal comma 1, al fine di assicurare la semplificazione amministrativa, la valorizzazione del merito, la qualita' dei servizi e garantire adeguati livelli di efficienza ed economicita' dell'azione amministrativa, assicurando al contempo l'invarianza della spesa, a decorrere dal 1° gennaio 2017, l'ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna delle amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, non puo' superare il corrispondente importo determinato per l'anno 2016.». L'art. 23, comma 2, del decreto legislativo n. 75/2017, ha dunque posto un limite all'ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, parametrato al «corrispondente importo determinato per l'anno 2016». Tale limite, ai sensi dell'art. 11, comma 1, del decreto-legge n. 135 del 2018, non opera con riferimento: a) «agli incrementi previsti, successivamente alla data di entrata in vigore del medesimo decreto n. 75 del 2017, dai contratti collettivi nazionali di lavoro, a valere sulle disponibilita' finanziarie di cui all'art. 48 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e dagli analoghi provvedimenti negoziali riguardanti il personale contrattualizzato in regime di diritto pubblico»; b) «alle risorse previste da specifiche disposizioni normative a copertura degli oneri del trattamento economico accessorio per le assunzioni effettuate, in deroga alle facolta' assunzionali vigenti, successivamente all'entrata in vigore del citato art. 23». La norma regionale in esame, quindi, presenta plurimi profili di illegittimita' costituzionale in quanto introduce a livello regionale una previsione che manifestamente deroga alla citata diposizione legislativa statale, la quale costituisce, come di recente affermato dalla Corte costituzionale, «una norma che pone un limite generale al trattamento economico del personale pubblico e principio di coordinamento della finanza pubblica, essendo tale spesa una delle piu' frequenti e rilevanti cause di disavanzo pubblico» (v. Corte costituzionale sentenza n. 190/2022 par. 10.1). Nei medesimi termini si era gia' espressa la sezione delle autonomie della Corte dei conti (cfr. del. 19/SEZAUT/2018/QMIG) la quale aveva affermato che l'art. 23, comma 2, decreto legislativo cit. rappresenta una norma di coordinamento della finanza pubblica, con l'obiettivo di una graduale armonizzazione dei trattamenti economici accessori del personale delle pubbliche amministrazioni. Cio' premesso, anticipando sul punto la prevedibile replica, la previsione regionale, derogando ai principi generali di coordinamento della finanza pubblica espressi dal citato art. 23, comma 2, del decreto legislativo n. 75/2017, non puo' considerarsi quale «margine di autonomia regionale» esercitato nel limite della spesa complessiva del personale del servizio sanitario regionale, ne' eventuali risparmi possono costituire il presupposto che legittima l'incremento, essendo la definizione dei possibili incrementi dei fondi contrattuali demandata alle norme di legge e alla contrattazione collettiva. L'art. 128, comma 2 della legge impugnata, autorizzando una spesa che supera il limite stabilito dall'indicato art. 23, comma 2, della normativa statale, si pone anzitutto in contrasto con le misure volte ad assicurare l'invarianza della spesa di personale e, di conseguenza, con gli articoli 81 e 117, terzo comma, della Costituzione, in particolare con i principi fondamentali in materia di «coordinamento della finanza pubblica.» Inoltre, sebbene dalla delibera non emerge un riferimento espresso a tale parametro costituzionale, appare evincibile dal tenore della stessa il ritenuto contrasto tra l'art 128, comma 7 della legge regionale impugnata e l'art 117, secondo comma, lettera l) che riconosce, allo Stato, la potesta' legislativa esclusiva in materia di ordinamento civile. Si legge, infatti, nella delibera della Presidenza del Consiglio testualmente quanto segue «Pertanto, il comma 7 dell'art. 128 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 9 giugno 2022, n. 8, si pone in contrasto con gli articoli 81 e 117, terzo comma, della Costituzione (ordinamento civile e determinazione dei principi fondamentali riservati alla legislazione dello Stato in materia di coordinamento della finanza pubblica) eccedendo dalla competenza legislativa attribuita alla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia dallo Statuto Speciale adottato con legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, con riferimento all'art. 23, comma 2, del decreto legislativo n. 75/2017, e all'art. 11, comma 1, del decreto-legge n. 135 del 2018.». Ferma restando tale doverosa premessa e rimettendosi alla Corte in ordine al vaglio di ammissibilita' della censura, si ritiene che l'intervento regionale vada ad incidere altresi' sulla contrattazione collettiva cui viene demandata, dalla norma statale, la regolamentazione dei trattamenti economici del personale delle amministrazioni. Il legislatore regionale, anche con tale disposizione, oltre ad introdurre una disciplina chiaramente in deroga in materia di trattamento accessorio dei dipendenti del Servizio sanitario regionale, interviene in un ambito riservato alla competenza legislativa esclusiva dello Stato. Sotto tale profilo, la disciplina del trattamento economico e giuridico, anche con riguardo al pubblico impiego regionale, riservato alla contrattazione collettiva, e' riconducibile alla materia «ordinamento civile», riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato (Corte costituzionale sentenza n. 273 del 2020, punto 5.2.1. del Considerato in diritto). E' dunque precluso alle regioni adottare una normativa che incida su un rapporto di lavoro gia' sorto e, nel regolarne il trattamento giuridico ed economico, si sostituisca alla contrattazione collettiva, fonte imprescindibile di disciplina (sentenze n. 20 del 2021, punto 3.2.1. del Considerato in diritto, e n. 199 del 2020, punto 9.2. del Considerato in diritto). L'invasione della competenza statale nella materia «ordinamento civile» si configura, come piu' volte ribadito dalla Corte costituzionale, ogni qual volta il legislatore regionale, sostituendosi al contratto collettivo, regoli direttamente un aspetto della retribuzione, poiche', nell'esercizio della propria competenza esclusiva, il legislatore nazionale ha riservato al contratto collettivo l'attribuzione del trattamento economico, fondamentale e accessorio, del personale pubblico (art. 2, comma 3, e art. 45 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante «Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche»). La necessita' di una disciplina unitaria dei rapporti di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione si e' imposta a seguito della privatizzazione del pubblico impiego e della conseguente esigenza di un trattamento uniforme di tali tipi di rapporti; in tale prospettiva questa Corte ha precisato che «i principi fissati dalla legge statale in materia costituiscono tipici limiti di diritto privato, fondati sull'esigenza, connessa al precetto costituzionale di eguaglianza, di garantire l'uniformita' nel territorio nazionale delle regole fondamentali di diritto che disciplinano i rapporti fra privati e, come tali, si impongono anche alle Regioni a statuto speciale» (sentenza n. 189 del 2007). L'art. 128, comma 2, della legge impugnata, autorizzando gli enti del Servizio sanitario regionale a destinare i risparmi derivanti dalla mancata attuazione del piano triennale dei fabbisogni all'incremento delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche oltre il limite previsto dall' art. 23, comma 2, del decreto legislativo n. 75/2017, viola altresi' la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile e, pertanto, l'art. 117, secondo comma, lettera l) con riferimento agli articoli 23, comma 2, del decreto legislativo n. 75/2017 e 11, comma 1, del decreto-legge n. 135 del 2018. L'art. 128, comma 7 della legge regionale impugnata, eccede altresi' dalla competenza legislativa attribuita dallo Statuto della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, adottato con legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1. Come gia' osservato in precedenza, il legislatore regionale, pur esercitando in forza dello Statuto (art. 4, n. 1) una competenza legislativa in materia di stato giuridico ed economico dei dipendenti, non puo' regolamentare una disciplina del trattamento accessorio in deroga ad una norma statale, essendo l'art. 23, comma 2 del decreto legislativo cit. espressione di un principio fondamentale di coordinamento in materia di finanza pubblica. La norma statale, come si e' detto, introduce un limite, operante anche per le regioni a statuto speciale, per un settore rilevante della spesa per il personale e, cioe', quello concernente una delle due grandi parti in cui si suddivide il trattamento economico del personale pubblico e, precisamente, quella relativa alle voci del trattamento accessorio. La disciplina legislativa qui censurata eccede, pertanto, dalla potesta' legislativa regionale, non potendosi ricondurre la disciplina del trattamento accessorio nell'ambito della materia dell'ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla regione e stato giuridico ed economico del personale ad essi addetto di cui all'art. 4 dello statuto. L'esercizio della competenza della Regione Friuli dovrebbe sempre avvenire nel rispetto dei principi e degli interessi generali stabiliti dalla legge dello Stato che fissa un principio di coordinamento in materia di finanza pubblica. 4) Illegittimita' costituzionale dell'art. 128, comma 9 della legge regionale Friuli-Venezia Giulia 9 giugno 2022, n. 8 per violazione degli articoli 117, secondo comma lettera l) e 3 della Costituzione, con riferimento agli articoli 4, comma 7, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e 3-quater del decreto-legge n. 127/2021 nonche' per violazione dell'art. 5, n. 16) dello statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia, approvato con legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1. L'art. 128, comma 9 della legge regionale prevede che «gli infermieri dipendenti degli enti del Servizio sanitario regionale possono effettuare, al di fuori dell'orario di lavoro e in deroga a quanto previsto in materia di esclusivita' del rapporto di impiego, attivita' professionale presso le strutture sociosanitarie per anziani, previa stipula di una convenzione tra la struttura e l'azienda sanitaria di riferimento che disciplina le modalita' di svolgimento, anche oltre il limite di quattro ore settimanali, fermi restando la garanzia dell'orario svolto alle dipendenze dell'ente pubblico e il rispetto dell'orario massimo di lavoro. Detta disposizione e' finalizzata a garantire la copertura del fabbisogno di personale infermieristico allo scopo di assicurare il rispetto dei livelli essenziali di assistenza all'interno delle strutture sociosanitarie residenziali e semi residenziali». Occorre muovere dalla ricostruzione dal vigente quadro normativo statale. L'art. 3-quater del decreto-legge n. 127/2021, rubricato «Misure urgenti in materia di personale sanitario» - fino al termine dello stato di emergenza, fissato al 31 dicembre 2022 - ha consentito agli operatori delle professioni sanitarie, di cui all'art. 1 della legge 1° febbraio 2006, n. 43 appartenenti al comparto sanita', di svolgere attivita' libero professionale al di fuori dell'orario di servizio e per un monte ore complessivo settimanale non superiore a quattro ore, senza applicazione delle incompatibilita' di cui all'art. 4, comma 7, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, e all'art. 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. La norma statale reca una disposizione di natura transitoria, in vigore sino al termine dello stato di emergenza epidemiologica da COVID - 2019, in materia di compatibilita' con altre prestazioni lavorative rese da alcuni operatori sanitari del Servizio sanitario nazionale. La norma transitoria limita, dunque, nel periodo suddetto, l'applicazione delle norme vigenti, ivi richiamate, che escludono la possibilita' di svolgimento di altre attivita' lavorative da parte del personale degli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale. La possibilita' transitoria concerne lo svolgimento, da parte di personale rientrante nelle professioni infermieristiche od ostetrica ovvero nelle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione ed appartenente al comparto contrattuale pubblico della sanita', di altre prestazioni al di fuori dell'orario di servizio e per un monte ore complessivo settimanale non superiore a quattro ore. La disposizione regionale impugnata determina chiaramente una violazione dell'art. 3 della Costituzione in quanto introduce, a livello regionale, una disciplina differenziata rispetto a quella sopra richiamata vigente a livello nazionale. Il legislatore regionale, infatti, consente agli infermieri dipendenti degli enti del Servizio sanitario regionale di svolgere la predetta attivita' libero-professionale sine die, oltre il limite delle quattro ore settimanali e in violazione del principio di esclusivita' dell'impiego. Si rileva ancora che la stessa possibilita' per il citato personale di eseguire le suddette attivita' in modalita' libero-professionale e' suscettibile di determinare l'istituzionalizzazione dell'esercizio dell'attivita' libero professionale anche intramuraria, considerato che al medesimo personale - titolare di un rapporto unico ed esclusivo con l'amministrazione di appartenenza che non determina nessuna retribuzione aggiuntiva - e' inibito lo svolgimento della libera professione. Sussiste altresi' la violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera l) che attribuisce la competenza esclusiva allo Stato in materia di ordinamento civile. Nel caso di specie il legislatore regionale invade la competenza legislativa chiaramente spettante al legislatore statale, in quanto interviene, come si e' evidenziato nella presente impugnazione, nel regolamentare la disciplina dei rapporti di lavoro del personale infermieristico del Servizio sanitario regionale. L'art. 128, comma 9 della legge regionale impugnata, eccede altresi' dalla competenza legislativa attribuita dallo Statuto della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, adottato con legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 alla stregua delle considerazioni gia' esposte con riferimento alle precedenti disposizioni impugnate. Fermo restando quanto osservato in ordine alla materia dell'ordinamento civile, si esclude in ogni caso che la Regione possa invocare la potesta' legislativa in materia di sanita', assistenza sanitaria ed ospedaliera. Sebbene lo Statuto riconosca alla Regione la competenza in questione (art. 5, n. 15), la stessa non puo' porsi in violazione di principi fondamentali fissati dalle leggi dello Stato sopra richiamate. L'art. 128, comma 9 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 9 giugno 2022, n. 8, eccedendo dalla competenza legislativa attribuita alla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia in materia di igiene e sanita', assistenza sanitaria ed ospedaliera, di cui all'art. 5 dello statuto speciale adottato con legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1; si pone in contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera l) della Costituzione, che riserva alla competenza esclusiva dello Stato l'ordinamento civile, nonche' con l'esigenza connessa al precetto costituzionale di eguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione, riguardo all'uniformita' nel territorio nazionale delle regole fondamentali di diritto che disciplinano i rapporti di cui trattasi, con riferimento all'art. 4, comma 7, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, all'art. 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e all'art. 3-quater del decreto-legge n. 127/2021.
P.Q.M. Per tutte le esposte ragioni, la Presidenza del Consiglio dei ministri, come sopra rappresentata e difesa; Conclude affinche' la Corte costituzionale voglia accogliere il presente ricorso e per l'effetto dichiarare costituzionalmente illegittime le norme regionali con esso censurata. Roma, 9 agosto 2022 Avvocato dello Stato Corsini Avvocati dello Stato Santini