N. 125 ORDINANZA (Atto di promovimento) 19 settembre 2022

Ordinanza del 19 settembre 2022 del Consiglio di  Stato  sul  ricorso
proposto da DIRER Campania contro Regione Campania. 
 
Regioni  -  Giunta  regionale  -  Norme  della  Regione  Campania   -
  Previsione che la Giunta regionale e'  autorizzata  a  disciplinare
  con regolamento il proprio ordinamento amministrativo,  sentita  la
  commissione  consiliare  permanente  competente  per  materia,   in
  attuazione  dei  principi  dell'attivita'   amministrativa   e   di
  organizzazione posti dallo Statuto regionale e  in  osservanza  dei
  criteri  generali  elencati  dall'art.  2,  comma  1,  della  legge
  regionale n. 8 del 2010. 
- Legge della Regione Campania 6 agosto  2020  (recte:  2010),  n.  8
  (Norme per garantire l'efficienza e l'efficacia dell'organizzazione
  della Giunta regionale e delle nomine di competenza  del  Consiglio
  regionale), art. 2, comma 1. 
(GU n.44 del 2-11-2022 )
 
                        IL CONSIGLIO DI STATO 
              in sede giurisdizionale (Sezione quinta) 
 
    Ha pronunciato la  presente  Ordinanza  sul  ricorso  in  appello
iscritto al numero di registro generale 4412 del  2015,  proposto  da
Direr Campania, in persona del legale rappresentante, rappresentata e
difesa dall'avvocato Carmine Medici, con domicilio eletto  presso  il
suo studio in Roma, piazzale Clodio n. 18; 
    Contro Regione Campania, in persona del Presidente della  Regione
in carica rappresentata e difesa dagli avvocati Almerina Bove,  Maria
D'Elia e Tiziana Monti, con  domicilio  eletto  presso  l'ufficio  di
rappresentanza della Regione Campania in Roma, via Poli n. 29; 
    Per  la  riforma  della  sentenza  del  Tribunale  amministrativo
regionale per la Campania (Sezione prima) n. 05407/2014, resa tra  le
parti; 
    Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; 
    Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Campania; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 giugno 2022 il  Cons.
Federico Di Matteo e uditi per le parti gli avvocati come da verbale; 
 
                              F a t t o 
 
    1. Con ricorso  al  Tribunale  amministrativo  regionale  per  la
Campania Direr Campania, associazione sindacale che  rappresenta  gli
interessi dei quadri direttivi e dei dirigenti  regionali,  impugnava
il regolamento avente ad oggetto  «Ordinamento  amministrativo  della
Giunta regionale» approvato dalla Giunta regionale con  delibera  del
29 ottobre 2011, n.  612  ed  emanato  dal  Presidente  della  Giunta
regionale con atto del 15 dicembre 2011, n. 12  (entrambi  pubblicati
nel Bollettino Ufficiale della Regione Campania del 16 dicembre 2011,
n. 77) e gli atti allo stesso presupposti (precisamente: la  delibera
della  Giunta  regionale  del  9  agosto  2011,  n.  432,  il  parere
dell'Ufficio   legislativo   del   29   ottobre   2011,   prot.    n.
14760/UDCP7GAB7UL, la nota del medesimo ufficio del 15 dicembre 2011,
prot. n. 17242/UDCP7GAB7UL, nonche' le osservazioni  formulate  dalla
commissione consiliare permanente competente per materia). 
    1.1.  Con  motivi  aggiunti  la  ricorrente  estendeva   la   sua
impugnazione alle delibere della Giunta regionale  del  10  settembre
2012, nn. 475, 478  e  479,  con  le  quali  erano,  rispettivamente,
apportate integrazioni e modifiche al regolamento  impugnato  con  il
ricorso principale, definite le strutture ordinamentali della  Giunta
regionale in attuazione delle disposizioni regolamentari, ed  infine,
approvato  il  disciplinare  per  il  conferimento  degli   incarichi
dirigenziali, poi sostituito da un nuovo disciplinare  approvato  con
delibera giuntale del 13 novembre 2012, n. 661,  anch'essa  impugnata
con motivi aggiunti. 
    1.2. Il ricorso era articolato in sei  motivi;  in  due  di  essi
erano sollevate questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 2,
comma 1, legge regionale 6 agosto 2010, n. 8,  (Norme  per  garantire
l'efficienza e l'efficacia dell'organizzazione della Giunta regionale
e delle  nomine  di   competenza   del   Consiglio   regionale),   di
autorizzazione della Giunta regionale a disciplinare con  regolamento
il proprio ordinamento amministrativo. 
    1.3. Due i  profili  di  illegittimita'  costituzionale  rilevati
dalla ricorrente. 
    Per un primo profilo, la norma era detta  in  contrasto  con  gli
articoli  121,  comma  4  e  123,  comma  1  della  Costituzione  per
violazione dell'interposto art. 56, comma 2, dello statuto regionale,
avendo previsto un procedimento per  l'approvazione  del  regolamento
divergente da quello disciplinato  in  sede  statutaria:  l'art.  56,
comma  2,  dello  statuto  regionale  imponeva   l'approvazione   dei
regolamenti da parte  dal  consiglio  regionale  e  l'emanazione  del
Presidente della Giunta, previa deliberazione di quest'ultima («1.  I
regolamenti sono  emanati  dal  Presidente  della  Giunta  regionale,
previa deliberazione della Giunta. 2. I regolamenti  sono  sottoposti
all'approvazione del Consiglio che  deve  provvedere  entro  sessanta
giorni dalla loro  trasmissione  al  Presidente  del  Consiglio.  Se,
decorso  tale  termine,  il  Consiglio  non  si  e'  pronunciato,   i
regolamenti  sono  emanati  e  pubblicati.»),  la   legge   regionale
contestata aveva previsto che fosse acquisito il parere  obbligatorio
ma non vincolante  della  commissione  consiliare  permanente,  senza
approvazione da parte del  Consiglio  («1.  La  Giunta  regionale  e'
autorizzata a disciplinare con  regolamento  il  proprio  ordinamento
amministrativo,  sentita   la   commissione   consiliare   permanente
competente per materia, in  attuazione  dei  principi  dell'attivita'
amministrativa e di organizzazione posti dal titolo IX dello  statuto
regionale e in osservanza dei seguenti criteri generali (...)»). 
    1.4.  Da  altro  punto  di   vista,   la   ricorrente   sosteneva
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 1, legge regionale
n. 8 del 2010 per contrasto con  l'art.  123  della  Costituzione  in
ragione della violazione dell'interposto  art.  56,  comma  4,  dello
statuto regionale: a fronte dell'obbligo imposto  dalla  disposizione
statutaria - in caso di adozione di legge regionale di autorizzazione
della Giunta ad emanare regolamenti in materie gia' disciplinate  con
legge, rientranti nella  competenza  esclusiva  della  regione  -  di
determinare  le  «norme  generali  regolatrici  della  materia»,  con
conseguente abrogazione delle norme legislative vigenti  a  far  data
dall'entrata in vigore  delle  norme  regolamentari,  il  legislatore
regionale s'era limitato a richiamare i principi generali dell'azione
amministrativa,  senza  dare  indicazioni  in   merito   al   modello
organizzativo prescelto cui la Giunta avrebbe dovuto dare  attuazione
con le disposizioni regolamentari. 
    1.5. Entrambi i profili di  illegittimita'  costituzionale  erano
giudicati infondati dal Tar adito nella sentenza della prima  sezione
del 22 ottobre 2014, n. 5407. 
    Quanto al primo, perche' l'art. 56 dello statuto regionale,  dopo
aver disciplinato nei primi tre commi il procedimento per  l'adozione
dei  regolamenti  regionali,  nel  quarto  comma  aveva  previsto  un
procedimento specifico per l'adozione dei  regolamenti  delegati,  da
emanarsi  da  parte   della   Giunta   regionale   senza   preventiva
approvazione del Consiglio regionale («4. Nelle materie di competenza
esclusiva della regione la legge regionale puo' autorizzare la Giunta
ad emanare regolamenti in materie gia' disciplinate con legge. In tal
caso la legge regionale di autorizzazione determina le norme generali
regolatrici  della  materia  e  dispone  l'abrogazione  delle   norme
legislative vigenti, con effetto dalla data  dell'entrata  in  vigore
delle norme regolamentari.»), giustificato dal punto di vista  logico
- sistematico  poiche'  non  avrebbe  avuto  alcun  senso  sottoporre
all'approvazione  del  Consiglio  un  testo  regolamentare  afferente
materia rispetto alla quale lo stesso Consiglio, mediante la legge di
autorizzazione,  s'era  spogliato  della   sua   potesta'   normativa
delegandola interamente alla Giunta. 
    In definitiva, la legge regionale, avendo autorizzato  la  Giunta
ad adottare il regolamento, non poteva  ritenersi  in  contrasto  con
l'art. 56 dello  statuto  regionale.  D'altra  parte,  neppure  s'era
sottratto il legislatore regionale all'obbligo imposto dalla  statuto
di indicare al  legislatore  delegato  «le  norme  regolatrici  della
materia», in quanto i riferimenti normativi  contenuti  nell'art.  2,
comma 1, letti nel complesso ed in connessione tra  loro,  non  erano
solo dei meri principi, ma norme generali sufficientemente indicative
delle direttrici cui era tenuto ad ispirarsi  nella  definizione  del
nuovo ordinamento amministrativo della Giunta. 
    1.6. Il Tar  respingeva  integralmente  il  ricorso  e  i  motivi
aggiunti poiche' riteneva infondati anche tutti gli altri  motivi  di
ricorso proposti dalla Direr Campania. 
    2. Direr Campania ha proposto  appello  avverso  la  sentenza  di
primo grado contestando nei  primi  due  motivi  la  reiezione  delle
questioni di legittimita' costituzionale sollevate nel ricorso. 
    2.1. In particolare, replica agli argomenti  utilizzati  dal  Tar
per dire infondata la violazione dell'art. 56, comma 2, dello statuto
con l'unicita' del procedimento  statutario  per  l'approvazione  dei
regolamenti regionali valido per qualsiasi tipologia di  regolamento,
compresi quelli delegati; dice non convincente l'argomento  logico  -
sistematico poiche' il legislatore regionale (id  est,  il  Consiglio
regionale)  non  poteva  affatto  spogliarsi   della   sua   potesta'
legislativa e dovendo l'esercizio  del  potere  normativo  secondario
trovare sempre la sua fonte nella legge di autorizzazione, la  quale,
pero', non puo' derogare alle disposizioni sulle norme statutarie  di
produzione dei regolamenti. 
    Da questo punto di vista,  l'appellante  rammenta  che,  come  si
legge nelle sentenze della Corte costituzionale 21 ottobre  2003,  n.
313 e 29 ottobre 2003,  n.  32,  l'art.  121  della  Costituzione  va
interpretato  nel   senso   che   spetta   alla   regione   stabilire
l'allocazione  della  potesta'  normativa  secondaria  nell'esercizio
della propria autonomia statutaria e la scelta compiuta dalla Regione
Campania  e'  stata  nel  senso  che  i  regolamenti,  di   qualunque
tipologia, siano deliberati dalla Giunta regionale e, poi,  approvati
dal Consiglio, e solo a seguito  dell'approvazione,  anche  in  forma
tacita, emanati  dal  Presidente  della  Giunta.  L'approvazione  del
Consiglio costituisce una forma di  controllo  delle  scelte  operate
dalla Giunta  nella  deliberazione  del  regolamento,  che  non  puo'
mancare specialmente nel caso di regolamento delegato. 
    2.2.  Relativamente  alla  seconda  questione   di   legittimita'
costituzionale l'appellante esprime il proprio dissenso  rispetto  al
ragionamento svolto dal giudice di primo grado in questi termini:  la
legge di autorizzazione all'emanazione di un regolamento delegato  in
materia di ordinamento amministrativo della Giunta regionale, per dar
compimento  alla  prescrizione  statutaria  di  determinazione  delle
«norme  generali  della  materia»,  avrebbe   dovuto   esprimere   la
preferenza del legislatore per  uno  dei  due  modelli  organizzativi
astrattamente possibili,  quello  di  tipo  verticale,  tipico  degli
apparati ministeriali, e quello di tipo orizzontale, costituito dalle
aree generali di coordinamento, suddivise al loro interno in  settori
e  servizi,  proprio  della  generalita'  degli  enti   territoriali;
contrariamente a quanto  ritenuto  dal  giudice  di  primo  grado,  i
principi richiamati nella norma  di  autorizzazione  non  esprimevano
affatto una scelta per l'uno o per l'altro, trattandosi  di  principi
generali dell'azione amministrativa validi in ogni caso, ne' elementi
decisivi potevano  trarsi  dal  rinvio  ai  «principi  dell'attivita'
amministrativa e di organizzazione di cui al titolo IX dello  statuto
regionale» (quali: 1) la sottoposizione dell'attivita' amministrativa
al controllo  di  gestione  ed  agli  strumenti  di  valutazione  del
rendimento  (art.  64);   2)   la   separazione   tra   politica   ed
amministrazione, con attribuzione agli organi di  direzione  politica
delle funzioni di indirizzo politico - amministrativo ed ai dirigenti
dell'attivita' gestionale e di quella provvedimentale non  rientrante
nelle suddette funzioni (art. 65); 3) l'accesso agli uffici regionali
per pubblico concorso, salvi i casi previsti dalla legge  (art.  67);
4) l'appartenenza dei dirigenti della Giunta regionale  ad  un  ruolo
unico (art. 67); 5) l'attribuzione ai dirigenti,  in  relazione  agli
incarichi affidati, di differenti competenze e responsabilita'  (art.
67)), poiche' si tratta di principi cui deve conformarsi in  generale
l'organizzazione dei pubblici uffici a prescindere da  quale  sia  il
modello organizzativo prescelto, onde il  richiamo  ad  essi  non  e'
certamente espressivo di una scelta capace di indirizzare la potesta'
regolamentare; il modello organizzativo, pertanto, si puo'  dire  sia
rimasto del tutto indefinito e sostanzialmente rimesso ad una  libera
scelta della Giunta regionale. 
    2.3. Negli altri motivi di appello e'  esposta  la  critica  alle
ragioni poste a fondamento della reiezione  degli  altri  motivi  del
ricorso introduttivo del giudizio. 
    2.4. Si e' costituita la Regione Campania che ha concluso per  la
reiezione dell'appello. 
    All'udienza  pubblica  del  9  giugno  2022  la  causa  e'  stata
trattenuta in decisione. 
 
                               Diritto 
 
    3. Il Collegio dubita della legittimita' costituzionale dell'art.
2, legge regionale Campania 6 agosto 2010, n.  8  per  contrasto  con
l'art. 123 della Costituzione per violazione dell'interposto art. 56,
comma 4, dello statuto  regionale,  nonche'  per  contrasto  con  gli
articoli 121 e 97 della Costituzione. 
I. Sull'ammissibilita' del ricorso proposto dalla Dider Campania. 
    3.1. Preliminarmente, va esaminata la legittimazione a  ricorrere
dell'odierna  appellante;  l'eccezione  era  stata  sollevata   dalla
Regione Campania in primo grado, rimasta assorbita  dal  rigetto  del
ricorso, non e'  stata  riproposta,  ma  la  questione  puo'  essere,
comunque, esaminata d'ufficio in sede d'appello  (cfr.  Cons.  Stato,
sez. II, 14 marzo 2022, n. 1791). 
    3.2. L'associazione sindacale ricorrente lamenta  la  lesione  di
prerogative tipiche della  categoria  dei  dipendenti  pubblici  suoi
iscritti, i dirigenti della  regione,  poiche'  prospetta  l'avvenuta
determinazione per via  regolamentare  di  un  assetto  ordinamentale
della  Giunta  che  riconduce   l'esercizio   di   ogni   potere   di
amministrazione attiva alle dirette dipendenze degli organi  politici
e, segnatamente, del Presidente della regione. E,  ai  fini  che  qui
interessano, deduce che cio' sia avvenuto, in primo luogo, per i vizi
di legittimita' costituzionale da cui era  affetto  l'art.  2,  legge
regionale Campania 6 agosto 2010, n. 8. 
    3.3.  Cio'  vale  a  fondare  la   legittimazione   a   ricorrere
dell'associazione sindacale, quale ente esponenziale della  categoria
dei dirigenti regionali. 
    L'associazione  agisce  in  giudizio  a   tutela   dell'interesse
collettivo del quale ha assunto la titolarita' per coincidenza tra la
tutela delle prerogative  dirigenziali  e  lo  scopo  statutario,  in
disparte ogni profilo relativo alla concreta rappresentativita' della
specifica associazione sindacale. 
    Poiche' la lesione prospettata e' avvertita contestualmente e  in
maniera omogenea dall'intera categoria dei dirigenti, senza  che  sia
possibile identificare posizioni diversificate tra gli  iscritti  che
diano  luogo  a  conflitti  interni,  sussiste  la  legittimazione  a
ricorrere  per  rimuovere  il   pregiudizio   subito   dall'interesse
collettivo (la giurisprudenza amministrativa  si  e'  pronunciata  in
piu' occasioni in questi termini:  cfr.  Cons.  Stato,  sez.  IV,  24
febbraio 2021, n. 1616; III, 25 marzo 2013, n. 1654; VI,  6  dicembre
2012, n. 6261). 
II. Sulla rilevanza e non manifesta infondatezza della  questione  di
costituzionalita'. 
    4. La questione di legittimita' costituzionale e'  rilevante  per
la decisione del  presente  giudizio;  il  suo  accoglimento  avrebbe
l'effetto di eliminare il presupposto normativo sulla base del  quale
e' stato adottato il regolamento impugnato  (cosi'  come  avvenuto  a
seguito di Corte costituzionale 23 novembre 2021, n. 218). 
    5. Di seguito le ragioni  di  non  manifesta  infondatezza  della
questione di costituzionalita' sollevata dall'appellante. 
    5.1. L'art. 56 (Potesta' regolamentare), comma 4,  dello  statuto
regionale della Campania (adottato  con  legge  regionale  28  maggio
2009, n. 6), prevede che:  «Nelle  materie  di  competenza  esclusiva
della regione la  legge  regionale  puo'  autorizzare  la  Giunta  ad
emanare regolamenti in materie gia' disciplinate con  legge.  In  tal
caso la legge regionale di autorizzazione determina le norme generali
regolatrici  della  materia  e  dispone  l'abrogazione  delle   norme
legislative vigenti, con effetto dalla  data  di  entrata  in  vigore
delle norme regolamentari». 
    E' cosi' disciplinato  in  ambito  regionale  il  fenomeno  della
delegificazione, vale a dire il trasferimento della disciplina di una
determinata  materia  dal  livello  normativo   primario   a   quello
secondario; attuato il quale una materia gia' legificata  sara',  per
il futuro e salvo ripensamento del legislatore, disciplinata da norme
regolamentari (cfr. Corte costituzionale 6 giugno 2016, n. 130). 
    5.2.  Il  meccanismo  predisposto  dallo  statuto  regionale  per
attuare il trasferimento di livello normativo e'  quello  consueto  e
che trova nell'art. 17, comma 2, legge 23  agosto  1988,  n.  400  il
corrispettivo per le materie di competenza legislativa  dello  Stato:
e' adottata  una  legge  di  autorizzazione  che  rimette  all'organo
esecutivo, nel caso di specie la Giunta regionale, l'esercizio  della
potesta' regolamentare con abrogazione delle norme  primarie  vigenti
in quella materia a far  data  dall'entrata  in  vigore  delle  norme
regolamentari. 
    5.3. Identico a quello previsto dall'art. 17, comma 2,  legge  n.
400  del  1988  e'  anche  il  contenuto  imposto   alla   legge   di
autorizzazione,  la  quale  deve  determinare  le   «norme   generali
regolatrici della materia». 
    Imporre alla legge di autorizzazione siffatto contenuto  serve  a
conciliare la delegificazione (della cui legittimita'  costituzionale
in  passato  non  si  e'  mancato  di  dubitare)   con   i   principi
costituzionali e, in special modo, con la supremazia della legge  tra
le fonti del diritto subcostituzionali, corollario  della  preminenza
del Parlamento sul Governo nell'esercizio della funzione  legislativa
(a sua volta precipitato del  principio  democratico  che  ispira  la
nostra Costituzione) e rende  possibile  attuare  la  delegificazione
(naturalmente esclusa in  materia  coperta  da  riserva  assoluta  di
legge) anche in materia coperta da riserva relativa di legge  poiche'
porta alla determinazione di una disciplina  della  materia  composta
dalla combinazione di due regolamentazioni: quella di  principio  che
si  rinviene  nella  normativa  primaria  e   quella   di   dettaglio
(procedurale  o  di  funzionamento)   che   e'   nelle   disposizioni
regolamentari (cfr. Corte costituzionale, n. 303 del 2005). 
    5.4. Per questa ragione della legittimita' costituzionale di  una
legge statale che autorizzi alla delegificazione senza determinazione
delle norme generali regolatrici della materia al cui rispetto  debba
conformarsi l'esercizio della successiva  potesta'  regolamentare  si
potrebbe  dubitare  per  contrasto  con  i  principi   costituzionali
richiamati, pur avendo rango primario la legge n. 400  del  1988  che
tale contenuto impone alla legge di autorizzazione. 
    5.5. Se, poi, e' lo statuto regionale a stabilire che la legge di
autorizzazione alla delegificazione determini le  «norme  regolatrici
della materia»,  la  legge  regionale  che  ne  sia  priva  contrasta
senz'altro con l'art. 123 della Costituzione. 
    Lo statuto regionale si colloca nel sistema  delle  fonti  ad  un
livello piu' elevato della legge regionale  e  in  una  posizione  di
preminenza (in virtu' del particolare procedimento  di  formazione  e
del suo contenuto che trovano la loro  disciplina  nel  primo  e  nel
secondo comma dell'art. 123 della Costituzione);  la  sua  violazione
comporta illegittimita' costituzionale della norma di legge regionale
per violazione dell'art. 123  della  Costituzione,  secondo  il  noto
fenomeno dell'interposizione che amplia il parametro di  legittimita'
costituzionale della norma primaria  sottoposta  al  sindacato  della
Corte costituzionale (cfr. Corte costituzionale 25  giugno  2015,  n.
118; 2011, n. 188 e 2010, n. 4). 
    5.6. L'art. 2, legge regionale Campania 6 agosto 2010, n. 8 attua
la  delegificazione  della  materia  dell'ordinamento  amministrativo
della Giunta regionale poiche' autorizza la Giunta a disciplinare  la
materia con proprio regolamento, sentita  la  commissione  consiliare
permanente competente per  materia,  e  dispone  l'abrogazione  delle
previgenti disposizioni (contenute nella  legge  regionale  4  luglio
1991, n. 11 Ordinamento amministrativo della Giunta regionale, con le
eccezioni costituite dagli articoli 13, 14, 18, 19, 20, 22, 23 e 25). 
    Il legislatore regionale ha imposto alla Giunta di esercitare  la
potesta' regolamentare «in  attuazione  dei  principi  dell'attivita'
amministrativa e di organizzazione posti dal titolo IX dello  statuto
regionale  e  in  osservanza  dei  seguenti  criteri   generali:   a)
imparzialita',  buon  andamento  dell'amministrazione   regionale   e
trasparenza   dell'azione   amministrativa;   b)    razionalizzazione
organizzativa, contenimento e controllo della spesa,  anche  mediante
accorpamento   e   soppressione   delle   strutture   esistenti;   c)
perseguimento   degli   obiettivi   di   efficienza,   efficacia   ed
economicita' nell'esercizio dei compiti e  delle  funzioni  assegnate
alle strutture organizzative individuate; d) realizzazione della piu'
ampia flessibilita' nell'organizzazione degli  uffici  regionali;  e)
rispondenza  dei  risultati  dell'attivita'  amministrativa  e  della
gestione degli indirizzi politico -  amministrativi  impartiti  dagli
organi  di  governo  mediante  l'istituzione  di  apposite  strutture
organizzative». 
    5.7. Il  legislatore  regionale  ha  rispettato  l'obbligo  della
determinazione delle «norme generali regolatrici della materia»  solo
formalmente:  si  e'  limitato  ad  indicare  dei  meri  obiettivi  o
finalita', nulla  dicendo  circa  il  modo  in  cui  conseguirli.  Il
rispetto  solo  formale  del  contenuto   imposto   alla   legge   di
autorizzazione alla delegificazione dovrebbe comportare la violazione
del dettato statutario e anche, per quanto  precedentemente  esposto,
dei principi costituzionali, al pari della  totale  assenza  di  ogni
riferimento alle norme  regolatrici  della  materia  nella  legge  di
autorizzazione. 
    Tanto piu' che gli obiettivi e le  finalita'  qui  enunciati  non
derivano da una valutazione discrezionale del legislatore all'atto di
concessione   dell'autorizzazione   all'esercizio   della    potesta'
regolamentare, ma  riproducono  principi  fondamentali  di  rilevanza
sovraordinata alla legge, cui, pertanto, anche le norme primarie  non
potrebbero derogare. 
    5.8. Quanto detto vale per i criteri generali di cui alla lettera
a) dell'art. 2, legge regionale n. 8 del 2010,  «imparzialita',  buon
andamento dell'amministrazione regionale  e  trasparenza  dell'azione
amministrativa», riproduttivo  in  buona  parte  dell'art.  97  della
Costituzione, ma anche per quelli  di  cui  alla  lettere  b)  e  c),
«razionalizzazione  organizzativa,  contenimento  e  controllo  della
spesa, anche mediante accorpamento  e  soppressione  delle  strutture
esistenti», e «perseguimento degli obiettivi di efficienza, efficacia
ed economicita' nell'esercizio dei compiti e delle funzioni assegnate
alle strutture organizzative individuate», che altro non sono se  non
una specificazione del principio  costituzionale  di  buon  andamento
dell'organizzazione degli uffici amministrativi, nonche', infine, per
quello della lettere e), «rispondenza  dei  risultati  dell'attivita'
amministrativa  e  della  gestione   degli   indirizzi   politico   -
amministrativi   impartiti   dagli   organi   di   governo   mediante
l'istituzione  di   apposite   strutture   organizzative»,   che   e'
conseguente alla posizione di organo esecutivo della Giunta regionale
e, quindi, direttamente  derivante  dall'art.  121,  comma  3,  della
Costituzione. 
    Non  diversamente  nel  titolo  IX   dello   statuto   regionale,
espressamente richiamato dall'art. 2, comma 1, legge regionale  n.  8
del 2010 non si rinvengono «norme generali regolatrici della materia»
che possano orientare l'esercizio della potesta' regolamentare.  Cio'
che rende poco convincente  il  ragionamento  che  ha  consentito  al
giudice di primo grado di superare il dubbio di costituzionalita'. 
    Il titolo IX e' articolato in  due  Capi,  il  pruno  che  ha  ad
oggetto «Principi dell'attivita' amministrativa» e' composto  di  tre
articoli: l'art. 64  che  ha  il  seguente  contenuto  «1.  Ai  sensi
dell'art. 118 della Costituzione, la  regione  esercita  le  funzioni
amministrative, nei casi in cui  ne  ritiene  necessario  l'esercizio
unitario  a  livello  regionale,  nel  rispetto   dei   principi   di
sussidiarieta',  adeguatezza  e  differenziazione.   2.   L'attivita'
amministrativa si conforma ai principi di legalita', buon andamento e
imparzialita'.  La  legge  regionale  attua  la  semplificazione  dei
procedimenti  amministrativi.  3.  L'attivita'  amministrativa  della
regione e' soggetta al controllo  di  gestione.  La  legge  regionale
determina strumenti e procedure per la valutazione del  rendimento  e
dei risultati dell'attivita' amministrativa regionale, consentendo ai
destinatari della stessa di conoscere  l'esito  delle  valutazioni.»;
l'art.  65  che  dispone:  «1.  La  legge  regionale  disciplina   il
procedimento  amministrativo  nel  rispetto  dei  principi   generali
dell'ordinamento. 2. Gli  atti  dell'amministrazione  regionale  sono
pubblici. I cittadini, singoli o associati, hanno diritto di prendere
visione e di estrarre copia degli atti amministrativi e dei documenti
della regione, secondo le modalita' previste dalla legge. 3. Gli atti
e i provvedimenti amministrativi regionali devono essere  motivati.»,
e infine l'art. 66  per  il  quale:  «1.  Agli  organi  di  direzione
politica  dell'amministrazione  regionale  spettano  le  funzioni  di
indirizzo  politico  e  amministrativo.  2.   Ai   dirigenti   spetta
l'adozione  degli  atti  e  dei  provvedimenti   amministrativi   non
rientranti    nell'esercizio    delle    funzioni    di     indirizzo
politico-amministrativo,    compresi     quelli     che     impegnano
l'amministrazione verso l'esterno.  Essi  sono  responsabili  in  via
esclusiva  dell'attivita'  amministrativa,  della  gestione   e   dei
relativi risultati.». 
    I primi due articoli si occupano  dell'azione  amministrativa,  e
non dell'organizzazione degli uffici il terzo tratta di profili della
dirigenza non  strettamente  riferibili  all'ordinamento  burocratico
degli uffici della Giunta. 
    Il secondo Capo ha si' riguardo ai «Principi di  organizzazione»,
ma anche in questo caso, l'art. 67 (Personale regionale) si limita  a
riprodurre il principio costituzionale di cui all'art. 97,  comma  4,
della Costituzione, prescrivendo che: «1. Agli uffici  della  regione
si accede per pubblico concorso, salvi i casi previsti dalla  legge.»
e solo nel secondo comma fissa una norma generale di  organizzazione,
stabilendo che: «2. I dirigenti della Giunta regionale appartengono a
un ruolo unico; ad essi sono attribuiti, in relazione agli  incarichi
affidati, differenti competenze e responsabilita'.  3.  Il  personale
del  Consiglio  regionale  e'  inquadrato  in   un   ruolo   organico
distinto.», cosi', pero',  dando  indicazioni  in  relazione  ad  una
specifico e limitato profilo, quello della  previsione  di  un  ruolo
unico per la dirigenza e di un ruolo distinto per  il  personale  del
consiglio regionale. 
    L'art. 68 contiene esclusivamente «Norme transitorie e finali». 
    Neppure si puo' dire,  infine,  che  un  quadro  di  principi  di
indirizzo del successivo esercizio del potere regolamentare si  possa
trarre, per cosi'  di  dire,  di  risulta,  dall'ordito  delle  norme
primarie (che sarebbero) rimaste in vigore in seguito all'abrogazione
delle previgenti disposizioni; gli articoli della legge  regionale  4
luglio 1991, n.  11  preservati  dall'abrogazione  hanno  ad  oggetto
specifici profili della dirigenza (art. 13, norma di rinvio; art. 14,
la mobilita'), disposizioni sull'organico (l'art. 18, che dispone sia
rideterminato con «provvedimento di Giunta» «per livelli funzionali e
dotazione   organica   delle   strutture»),   i   rapporti   con   le
organizzazioni sindacali (art.  19),  l'inquadramento  del  personale
(art. 20, da effettuare con deliberazione  della  Giunta  sentito  il
parere delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative  a
livello nazionale), il settore delle foreste (articoli 22 e  23),  la
facolta'  di  avvalersi  di  consulenza  di  esperti  da  parte   del
Presidente della regione (art. 25). Nessuno  dispone  in  materia  di
organizzazione delle strutture amministrative della Giunta. 
    5.9. In definitiva, mancano nella legge di autorizzazione  «norme
generali regolatrici  della  materia»  che  esprimano  la  scelta  di
principio del legislatore per  un  certo  modello  di  organizzazione
amministrativa cui, poi, la normativa  secondaria  di  seguito  nella
successiva regolamentare. 
    Molteplici sono  i  modelli  organizzativi  possibili;  varie  le
modalita' con le quali puo' essere strutturato l'assetto degli uffici
dirigenziali; la scelta per uno o per  l'altro  comporta  un  preciso
ordinamento delle strutture amministrative. 
    Nulla   prevedere   nella   legge    di    autorizzazione    alla
delegificazione circa il modello di organizzazione amministrativa  da
attuare significa adottare  una  delega  in  bianco  rimettendo  alla
Giunta  il  potere  di  organizzare  i  propri  uffici  senza  vicolo
predeterminato da principi legislativi. 
    In questo modo, pero', oltre, all'art. 123 della Costituzione nei
termini precedentemente esposti, e' violato anche  l'art.  121  della
Costituzione in quanto e' alterato il rapporto tra potere esecutivo e
potere legislativo a livello regionale, assegnati dalla  Costituzione
rispettivamente alla Giunta e al Consiglio regionale (che  l'istituto
della delegificazione riguardi la relazione tra consiglio regionale e
Giunta  regionale   e'   precisato   nella   sentenza   della   Corte
costituzionale 6 dicembre 2004, n. 378). 
    E' altresi'  violato  l'art.  97  della  Costituzione  il  quale,
secondo la lettura concordemente accolta dalla  giurisprudenza  anche
costituzionale, stabilisce la riserva di legge relativa in materia di
organizzazione  amministrativa,   imponendo   che   le   disposizioni
regolamentari siano attuazione a norme  di  principio  stabilite  con
legge. 
    5.10.  In  altra  occasione  la  Corte  costituzionale  ha   gia'
dichiarato l'illegittimita' costituzionale di una legge regionale  di
delegificazione  per  mancanza  della  determinazione  delle   «norme
generali regolatrici della materia» come richiesto dalle disposizioni
dello statuto regionale (cfr. Corte costituzionale 16 luglio 2019, n.
178). 
    5.11. D'altronde, omettere la determinazione  di  norme  generali
regolatrici della materia nella legge  di  autorizzazione,  in  senso
assoluto, oppure, come accaduto nel caso di  specie,  sostituendo  le
norme generali con generici obiettivi e  finalita'  della  successiva
regolamentazione, vale  a  trasformare  il  potere  regolamentare  da
attivita' discrezionale orientata dal parametro legislativo in potere
libero, e il regolamento da atto amministrativo ad atto politico, con
conseguente violazione del principio di legalita' (che  riserva  tale
connotato  esclusivamente  alla  legge  in  quanto  atto  proveniente
dall'organo legislativo). 
    6. In conclusione, alla stregua delle precedenti considerazioni e
poiche'  la  presente   controversia   non   puo'   essere   definita
indipendentemente dalla  risoluzione  della  delineata  questioni  di
legittimita' costituzionale, il giudizio va sospeso e va rimessa alla
Corte costituzionale, ai sensi dell'art. 1 della legge costituzionale
9 febbraio 1948, n. 1 e dell'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87,  la
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 1,  legge
regionale Campania 6 agosto 2020, n. 8, per contrasto con l'art.  123
della Costituzione in  riferimento  all'art.  56,  comma  4,  statuto
regionale della Campania (approvato con  legge  regionale  28  maggio
2009, n. 6),  nonche'  per  contrasto  con  gli  articoli  121  della
Costituzione e 97 della Costituzione  per  omessa  indicazione  delle
«norme generali regolatrici della materia» all'atto del  conferimento
alla Giunta regionale della potesta' di disciplinare con  regolamento
il proprio ordinamento amministrativo. 
 
                               P. Q. M. 
 
    Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale  (Sezione  quinta),
non definitivamente pronunciando sull'appello, dichiara  rilevante  e
non  manifestamente  infondata,  in  relazione  all'art.  123   della
Costituzione in riferimento all'art. 56, comma 4,  statuto  regionale
della Campania (approvato con legge regionale 28 maggio 2009, n. 6) e
in relazione agli articoli 121 e 97 della Costituzione  la  questione
di legittimita' costituzionale, nei termini di  cui  in  motivazione,
dell'art. 2, comma 1, legge regionale Campania 6 agosto 2020, n. 8. 
    Sospende il giudizio in corso e ordina  l'immediata  trasmissione
degli atti  alla  Corte  costituzionale.  Ordina  che  a  cura  della
Segreteria la presente ordinanza  sia  notificata  alle  parti  e  al
Presidente della Regione  Campania  e  al  Presidente  del  consiglio
regionale della Regione Campania. 
    Cosi' deciso in Roma nella  Camera  di  consiglio  del  giorno  9
giugno 2022 con l'intervento dei magistrati: 
        Luciano Barra Caracciolo, Presidente 
        Valerio Perotti, Consigliere 
        Federico Di Matteo, Consigliere, Estensore 
        Giovanni Grasso, Consigliere 
        Giuseppina Luciana Barreca, Consigliere 
 
                      Il Presidente: Caracciolo 
 
 
                                               L'estensore: Di Matteo