N. 73 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 10 ottobre 2022

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 10 ottobre 2022 (della Regione Emilia-Romagna). 
 
Spettacolo - Regioni - Delega al  Governo  e  altre  disposizioni  in
  materia  di  spettacolo  -  Previsione   che,   nell'ambito   delle
  competenze istituzionali e nei limiti delle risorse  disponibili  a
  legislazione vigente, le Regioni, in applicazione dei  principi  di
  sussidiarieta', adeguatezza, prossimita' ed  efficacia,  concorrono
  all'attuazione dei principi generali di cui all'art. 1 della  legge
  n. 175 del 2017, quali principi  fondamentali  ai  sensi  dell'art.
  117, terzo comma, della Costituzione. 
Spettacolo - Regioni - Delega al  Governo  e  altre  disposizioni  in
  materia di spettacolo - Osservatorio dello spettacolo -  Previsione
  che la relativa composizione e le modalita' di  funzionamento  sono
  definite con uno o piu' decreti  del  Ministro  della  cultura,  di
  concerto con il Ministro del  lavoro  e  delle  politiche  sociali,
  sentita la Conferenza Stato-Regioni. 
Spettacolo - Regioni - Delega al  Governo  e  altre  disposizioni  in
  materia di spettacolo - Sistema nazionale a rete degli  osservatori
  dello spettacolo - Definizione,  con  decreto  del  Ministro  della
  cultura, previa intesa in sede di Conferenza  Stato-Regioni,  delle
  modalita' di coordinamento e di indirizzo  dell'osservatorio  dello
  spettacolo nell'ambito del Sistema nazionale - Previsione  che  con
  il  medesimo  decreto  sono  stabilite,  peraltro,   le   modalita'
  operative di realizzazione e funzionamento del predetto Sistema. 
Spettacolo - Regioni - Delega al  Governo  e  altre  disposizioni  in
  materia di spettacolo - Osservatori regionali  dello  spettacolo  -
  Previsione che le Regioni, sulla  base  di  criteri  stabiliti  con
  accordi sanciti in sede  di  Conferenza  Stato-Regioni,  promuovono
  l'istituzione  dei  medesimi  osservatori   e   verificano,   anche
  attraverso questi ultimi, l'efficacia dell'intervento pubblico  nel
  territorio rispetto ai risultati conseguiti  -  Previsione  che  le
  Regioni promuovono e sostengono, attraverso tali osservatori, anche
  con la partecipazione delle Province, delle Citta' metropolitane  e
  dei Comuni, direttamente o in concorso con lo Stato,  le  attivita'
  dello spettacolo dal vivo. 
- Legge  15  luglio  2022,  n.  106  (Delega  al  Governo   e   altre
  disposizioni in materia di spettacolo), artt. 5, comma 6; 6,  comma
  2, lettera c); 7, comma 1,  primo  periodo;  7,  comma  1,  secondo
  periodo; 7, comma 1, secondo periodo, lettera c). 
(GU n.46 del 16-11-2022 )
    Ricorso  della  Regione   Emilia-Romagna   (codice   fiscale   n.
80062590379), in persona del Presidente  della  regione  pro  tempore
Stefano  Bonaccini,  autorizzato  con  deliberazione   della   Giunta
regionale del 28 settembre 2022, n. 1619 (doc.  1),  rappresentata  e
difesa, come da  procura  speciale  in  calce  al  presente  ricorso,
congiuntamente e disgiuntamente, dall'avv. prof. Giandomenico  Falcon
(codice fiscale FLCGDM45C06L736E) del Foro di Padova, con  studio  in
Padova, via San Gregorio Barbarigo n. 4, telefono 049-660231, telefax
049-8776503,   Pec   giandomenico.falcon@ordineavvocatipadova.it    e
dall'avv. Andrea Manzi (codice fiscale MNZNDR64T26I804V) del Foro  di
Roma, con studio in Roma, via Alberico II n. 33, telefono 06-3200355,
telefax  06-3211370,   Pec   andreamanzi@ordineavvocatiroma.org   con
domicilio  eletto  presso  lo   studio   di   quest'ultimo   per   la
dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 5, comma  6;
dell'art. 6, comma  2,  lettera  c);  dell'art.  7,  comma  1,  primo
periodo; dell'art. 7, comma 1, secondo periodo; dell'art. 7, comma 1,
lettera c), della legge 15 luglio 2022, n.  106  recante  «Delega  al
Governo e altre disposizioni in materia  di  spettacolo»,  pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale - Serie generale n. 180 del 3  agosto  2022,
per violazione degli articoli 117, terzo, quarto  e  sesto  comma,  e
118,  primo  e  secondo  comma,  Cost.,  del   principio   di   leale
collaborazione (art. 120, secondo comma, Cost.,),  del  principio  di
legalita'  (art.  97,  secondo  comma,  Cost.,),  del  principio   di
proporzionalita' e ragionevolezza (art. 3 Cost.,). 
 
                              F a t t o 
 
    Nella Gazzetta Ufficiale del 3 agosto  2022,  n.  180,  e'  stata
pubblicata la legge 15  luglio  2022,  n.  106,  recante  «Delega  al
Governo e altre disposizioni in materia di spettacolo». 
    Come enuncia il titolo stesso della legge, essa contiene, accanto
alle  norme  di  delega  (che  non  formano  oggetto  della  presente
controversia), altre disposizioni, destinate a  trovare  applicazione
immediata e  in  parte  dirette  alle  regioni,  comprese  quelle  ad
autonomia speciale. 
    Alcune di esse risultano, ad  avviso  della  ricorrente  regione,
lesive delle  proprie  attribuzioni  costituzionali.  Si  tratta,  in
particolare, di talune disposizioni degli articoli 5,  6  e  7  della
legge. Conviene  tuttavia  premettere,  per  chiarezza  in  relazione
all'oggetto del presente giudizio, che non si  contestano  in  quanto
tali, in questa sede, ne' l'Osservatorio nazionale dello spettacolo e
i compiti ad esso attribuiti, ne' il Sistema nazionale a  rete  degli
osservatori dello spettacolo;  si  contestano,  invece,  da  un  lato
difetti di leale collaborazione nel delineare il ruolo delle regioni,
nel sistema  cosi'  istituito,  dall'altro  talune  interferenze,  ad
avviso della  ricorrente  regione  indebite,  che  la  legge  statale
prevede sulle modalita' di esercizio delle competenze  legislative  e
amministrative della regione. 
Le disposizioni oggetto del presente giudizio. 
    Gli articoli  5  e  6  della  legge  n.  106  del  2022  innovano
profondamente la natura dell'Osservatorio  dello  spettacolo,  organo
gia' istituito dall'art. 5 della legge 30 aprile 1985, n. 163. Questo
era   un   organismo   meramente   interno,   istituito   nell'ambito
dell'ufficio studi e programmazione dell'allora Ministero del turismo
e dello spettacolo. 
    Il  nuovo  Osservatorio,  invece,  e'  istituito  «al   fine   di
promuovere  le  iniziative  nel  settore  dello   spettacolo»   quale
baricentro del Sistema  nazionale  a  rete  degli  osservatori  dello
spettacolo istituito dall'art. 6 del quale «fanno parte» -  ai  sensi
del primo comma - «l'Osservatorio dello spettacolo, di  cui  all'art.
5, e gli osservatori regionali dello spettacolo, di cui all'art. 7». 
    Si tratta, dunque, di un sistema integrato e condiviso tra  Stato
e regioni. 
    Esso e' ora chiamato, oltre  che  a  raccogliere  i  dati  e  gli
elementi di conoscenza di cui all'art. 5, comma 2, ad «individuare le
linee di tendenza dello spettacolo nel suo complesso  e  dei  singoli
settori nei mercati nazionali e  internazionali»,  a  promuovere  «il
coordinamento con le  attivita'  degli  osservatori  istituiti  dalle
regioni  con  finalita'  analoghe,  anche   al   fine   di   favorire
l'integrazione di studi, ricerche e iniziative scientifiche  in  tema
di promozione nel settore dello spettacolo» (art. 5,  comma  3)  e  a
provvedere «alla  realizzazione  del  Sistema  informativo  nazionale
dello spettacolo, al quale concorrono  tutti  i  sistemi  informativi
esistenti». 
    In questo quadro, ad  avviso  della  ricorrente  regione  e  come
meglio si dira' nella parte in diritto,  la  compartecipazione  delle
regioni mediante il meccanismo  dell'intesa  in  sede  di  Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato,  le  regioni  e  le  province
autonome, come disciplinato dalla legge  n.  281  del  1997,  risulta
costituzionalmente necessaria  non  solo  per  la  definizione  delle
«modalita' di coordinamento e di  indirizzo  dell'Osservatorio  dello
spettacolo  nell'ambito  del  Sistema   nazionale»,   come   previsto
dall'art. 6, comma 2, bensi' - ed in primo luogo - per la definizione
della   «composizione   e   delle    modalita'    di    funzionamento
dell'Osservatorio nazionale». 
    Invece,  l'art.  5,  comma  6,  prevede  che  le  regioni   siano
semplicemente  sentite,  e   dunque   coinvolte   soltanto   mediante
l'espressione di un parere espresso. 
    Di qui la presente impugnazione. 
    L'art.  6  della  legge  istituisce,  come  detto,  il   «sistema
nazionale a rete degli osservatori dello spettacolo»,  integrato  tra
Stato e regioni: al fine  di  «assicurare  omogeneita'  ed  efficacia
all'azione conoscitiva del settore dello spettacolo  dal  vivo  e  di
supporto pubblico alle relative attivita', e'  istituito  il  Sistema
nazionale a rete  degli  osservatori  dello  spettacolo,  di  seguito
denominato «Sistema nazionale», del quale fanno parte  l'Osservatorio
dello spettacolo, di cui all'art.  5,  e  gli  osservatori  regionali
dello spettacolo, di cui all'art. 7». 
    Il comma 2 affida ad  un  decreto  del  Ministro  della  cultura,
adottato previa  intesa  in  sede  di  Conferenza  permanente  per  i
rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province autonome di Trento  e
di Bolzano, la definizione delle  modalita'  di  coordinamento  e  di
indirizzo dell'Osservatorio dello spettacolo nell'ambito del  Sistema
nazionale. La  presente  impugnazione  non  solo  non  contesta  tale
meccanismo, ma  al  contrario  ne  chiede  l'estensione  alla  stessa
disciplina dell'Osservatorio nazionale. 
    Il comma 3 prevede che lo stesso decreto regoli anche: 
        a) le modalita' operative per lo svolgimento di  attivita'  a
supporto degli osservatori regionali o in  collaborazione  con  essi,
nel territorio di rispettiva competenza; 
        b)  le  modalita',  gli  strumenti  e  i   criteri   per   il
monitoraggio  delle  attivita'  dello  spettacolo,  nonche'  per   la
raccolta, la valutazione e  l'analisi  dei  relativi  dati,  anche  a
supporto  delle   attivita'   di   programmazione,   monitoraggio   e
valutazione degli interventi; 
        c) le modalita' operative di  realizzazione  e  funzionamento
del Sistema nazionale. 
    La presente impugnazione si riferisce  alla  lettera  c),  ed  ha
natura cautelativa. 
    Infatti, l'ambito delle «modalita' operative di  realizzazione  e
funzionamento  del  Sistema  nazionale»  risulta   indeterminato,   e
potrebbe essere inteso nel senso di includere  la  stessa  disciplina
degli Osservatori regionali dello spettacolo. 
    L'art. 7 e' dedicato agli Osservatori regionali dello spettacolo. 
    Esso  si  apre,  in  realta',  con  una   enunciazione   generale
concernente  la  materia   dello   spettacolo,   secondo   la   quale
«nell'ambito  delle  competenze  istituzionali  e  nei  limiti  delle
risorse  disponibili  a  legislazione   vigente,   le   regioni,   in
applicazione dei principi di sussidiarieta', adeguatezza, prossimita'
ed efficacia, concorrono all'attuazione dei principi generali di  cui
all'art. 1 della legge 22  novembre  2017,  n.  175,  quali  principi
fondamentali   ai   sensi   dell'art.   117,   terzo   comma,   della
Costituzione,» (comma 1, primo periodo). 
    La ricorrente  regione  ritiene  che  tale  formulazione  sia  in
evidente contrasto con le sue competenze costituzionali. 
    Il  secondo  periodo  riguarda  specificamente  gli   Osservatori
regionali,  disponendo  che  le  regioni,  «sulla  base  di   criteri
stabiliti con accordi sanciti in sede di Conferenza permanente per  i
rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province autonome di Trento  e
di Bolzano: 
        a) promuovono l'istituzione di  osservatori  regionali  dello
spettacolo per la condivisione e lo scambio di dati e di informazioni
sulle attivita' dello spettacolo dal vivo; 
        b) verificano, anche  attraverso  gli  osservatori  regionali
dello spettacolo, l'efficacia dell'intervento pubblico nel territorio
rispetto ai  risultati  conseguiti,  anche  attraverso  attivita'  di
monitoraggio e  valutazione,  in  collaborazione  con  l'Osservatorio
dello spettacolo; 
        c)  promuovono  e  sostengono,  attraverso  gli   osservatori
regionali  dello  spettacolo,  anche  con  la  partecipazione   delle
province, delle citta' metropolitane e dei comuni, direttamente o  in
concorso con lo Stato, le attivita' dello spettacolo dal vivo». 
    La ricorrente  regione  ritiene  che  il  vincolo  della  propria
legislazione agli accordi sanciti in sede  di  Conferenza  permanente
per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e  le  province  autonome  di
Trento e di Bolzano non sia conforme alla Costituzione. 
    Ritiene  inoltre  che  sia  costituzionalmente  illegittima,   in
particolare,  la  lettera  c),  nella  parte  in  cui   dispone   che
l'attivita' di promozione e di sostegno  regionale  dello  spettacolo
dal vivo sia  svolta  «attraverso  gli  osservatori  regionali  dello
spettacolo, anche con la partecipazione delle province, delle  citta'
metropolitane e dei comuni, direttamente o in concorso con lo Stato». 
    Cosi' precisato l'oggetto della presente impugnazione, la regione
ritiene   che   le   disposizioni   indicate   in   epigrafe    siano
costituzionalmente illegittime per le seguenti ragioni di diritto. 
    Le  competenze  regionali  in  materia  di   spettacolo   (e   di
organizzazione amministrativa). 
    L'intervento  normativo   censurato   riguarda   lo   spettacolo,
attivita' che la giurisprudenza di codesta Corte ha  ricondotto  alla
competenza legislativa concorrente della regione  e  segnatamente  al
titolo «valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e
organizzazione di attivita' culturali» fin dalla sentenza n. 255  del
2004 e dalla successiva sentenza n. 285 del 2005. 
    Infatti,  nella  sentenza  n.  255   del   2004   codesta   Corte
costituzionale, rilevando che l'assenza delle attivita'  di  sostegno
degli spettacoli nel catalogo di materie di cui  al  nuovo  art.  117
Cost. non implica automaticamente che tale settore sia stato affidato
alla esclusiva responsabilita' delle regioni, ha  affermato  che  «la
materia  concernente  la  'valorizzazione  dei   beni   culturali   e
ambientali e promozione e  organizzazione  di  attivita'  culturali',
affidata  alla  legislazione  concorrente  di  Stato  e  regioni  ...
ricomprende senza dubbio nella sua seconda parte,  nell'ambito  delle
piu' ampie attivita' culturali, anche le  azioni  di  sostegno  degli
spettacoli». 
    La sentenza evidenzia che nell'art. 117, comma terzo,  Cost.,  la
materia della «promozione ed organizzazione di  attivita'  culturali»
e' attribuita alle regioni «senza esclusione  alcuna,  salvi  i  soli
limiti  che  possono  indirettamente  derivare   dalle   materie   di
competenza esclusiva dello Stato ai sensi del secondo comma dell'art.
117 Cost., (come, ad esempio, dalla  competenza  in  tema  di  "norme
generali sull'istruzione" o di tutela dei beni culturali')».  Con  la
conseguenza che «ora le attivita' culturali di  cui  al  terzo  comma
dell'art.  117  della  Costituzione  riguardano  tutte  le  attivita'
riconducibili alla elaborazione e diffusione della cultura, senza che
vi possa essere spazio per ritagliarne  singole  partizioni  come  lo
spettacolo». 
    La sentenza  citata  conclude,  significativamente,  che  «questo
riparto di materie evidentemente accresce  molto  le  responsabilita'
delle  regioni,  dato  che  incide  non  solo  sugli   importanti   e
differenziati  settori  produttivi  riconducibili   alla   cosiddetta
industria culturale, ma anche su antiche  e  consolidate  istituzioni
culturali pubbliche o private operanti nel settore (come, ad  esempio
e limitandosi al solo settore dello spettacolo, gli enti lirici  o  i
teatri stabili); con la conseguenza, inoltre,  di  un  forte  impatto
sugli stessi strumenti di elaborazione  e  diffusione  della  cultura
(cui  la  Costituzione,  non  a  caso   all'interno   dei   «principi
fondamentali», dedica un significativo riferimento all'art. 9)». 
    L'evocazione  dell'art.  9  Cost.,  del   resto,   e'   altamente
significativa, posto che la disposizione in parola proclama  che  «la
Repubblica  promuove  lo  sviluppo  della  cultura   e   la   ricerca
scientifica e tecnica», e dunque intesta la funzione di promozione al
complesso degli enti menzionati dall'art. 114,  primo  comma,  Cost.:
sicche' l'attribuzione alle  regioni  di  competenza  concorrente  in
materia  di  «valorizzazione  dei  beni  culturali  e  ambientali   e
promozione e organizzazione di attivita' culturali»,  cosi'  come  la
parallela  devoluzione  della  materia  di  «ricerca  scientifica   e
tecnologica», altro non e' che il coerente riflesso,  sul  piano  del
riparto, del principio promanante dall'art. 9, primo comma, Cost. 
    La sentenza n. 285 del 2004 ha  poi  confermato,  riprendendo  la
sentenza n. 255  del  2004  che  «"le  attivita'  di  sostegno  degli
spettacoli",  tra  i  quali  evidentemente  rientrano  le   attivita'
cinematografiche,  sono  sicuramente   riconducibili   alla   materia
"promozione ed organizzazione di attivita' culturali"  affidata  alla
legislazione concorrente di Stato e regioni» e che  «[le]  "attivita'
culturali" di cui all'art. 117, terzo comma, Cost.,  ...  «riguardano
tutte le attivita' riconducibili alla elaborazione e diffusione della
cultura, senza che vi possa essere  spazio  per  ritagliarne  singole
partizioni come lo spettacolo» (sentenza n. 255 del 2004)». 
    Piu' recentemente, allo stesso titolo  sono  stati  ascritti  gli
spettacoli di rievocazione storica (sentenza n. 71 del 2018). 
    Per completezza di illustrazione si deve aggiungere che le  norme
impugnate   riguardano   anche   la   materia   di    «organizzazione
amministrativa delle regioni e degli enti pubblici regionali». 
    Trattasi di «materia ...  attribuita  alla  competenza  residuale
delle regioni (art. 117, quarto  comma,  Cost.),  da  esercitare  nel
rispetto   dei   «principi   fondamentali   di    organizzazione    e
funzionamento» fissati negli statuti (art. 123 Cost.)», non soggetta,
invece, ai principi fondamentali della materia,  perche'  «disciplina
statale non e' rilevante per l'esercizio della  potesta'  legislativa
regionale in materia residuale, ai sensi dell'art. 117, quarto comma,
Cost.» (in questi termini la sentenza n. 233 del 2006). 
    Nell'esercizio di queste competenze diverse regioni ordinarie  si
sono gia' dotate di Osservatori  regionali  dello  spettacolo,  o  di
organismi affini. 
    Si richiama l'art. 38, della  legge  regionale  Veneto  6  maggio
2019, n. 17, «Legge per la  cultura»,  che  ha  istituito  presso  la
Giunta regionale «l'Osservatorio dello spettacolo dal  vivo  che,  ai
fini dello sviluppo e evoluzione del settore, analizza  l'offerta  di
spettacolo nel territorio in tutte le sue  forme»;  l'art.  10  della
legge regionale Basilicata 12 dicembre 2014,  n.  37,  «Promozione  e
sviluppo dello spettacolo»,  che  istituisce,  «senza  oneri  per  la
finanza  regionale,  l'Osservatorio  regionale  per  lo   spettacolo,
incardinato  nell'Ufficio  competente,  al  fine   di   favorire   la
promozione e lo sviluppo dei processi culturali regionali»; l'art. 11
della  legge  regionale  Campania  15  giugno  2007,  n.  6,  recante
«Disciplina  degli   interventi   regionali   di   promozione   dello
spettacolo»,  ai  sensi  del  quale  «e'   istituito   l'osservatorio
regionale sullo spettacolo, presieduto dall'assessore al ramo,  e  di
cui fanno parte, oltre  al  dirigente  del  settore  competente,  tre
esperti  della  materia  designati:  a)  uno  dalle  associazioni  di
categoria; b) uno dall'assessore regionale competente; c)  uno  dalla
commissione   consiliare   permanente   competente   per    materia»,
Osservatorio  cui  la  medesima  legge  regionale  intitola   diverse
funzioni; la legge regionale Puglia 29  aprile  2004,  n.  6,  «Norme
organiche in materia di spettacolo e norme di disciplina  transitoria
delle attivita' culturali», che all'art. 6 istituisce «l'Osservatorio
regionale dello spettacolo  composto  da  cinque  esperti  di  nomina
regionale, di cui  tre  designati  rispettivamente  dall'Associazione
nazionale  comuni  italiani  (ANCI)  e  dall'Unione  delle   province
d'Italia  (UPI)  e  dall'Associazione   di   categoria   maggiormente
rappresentativa delle organizzazioni  dello  spettacolo»  (comma  1),
organismo che «rileva ed elabora dati ed elementi tecnici utili  alla
predisposizione del programma regionale di cui all'art. 5, in  ordine
agli  operatori  e  alle  attivita'  di  spettacolo  sul   territorio
regionale. Fornisce, a richiesta degli enti di cui all'art. 3, pareri
sulle attivita' ivi descritte» (comma 2). 
    La  Regione  Emilia-Romagna  ha  disciplinato  la  materia  dello
spettacolo sin dalla legge regionale 5 luglio 1999, n. 13, «Norme  in
materia   di   spettacolo»,   ovviamente   oggetto   di    successivi
aggiornamenti e modifiche. 
    Quanto all'esercizio delle competenze, le  disposizioni  generali
di cui all'art. 2  sanciscono,  tra  l'altro,  che  «la  regione,  in
concorso con gli enti locali, definisce la programmazione regionale e
contribuisce alla definizione dei programmi nazionali delle attivita'
di spettacolo, favorisce il consolidamento del rapporto dei  soggetti
con il territorio e promuove nuove attivita' e la circuitazione degli
spettacoli» (comma 1) e che «la regione e gli enti locali concorrono,
nell'ambito delle proprie competenze, all'esercizio delle funzioni di
programmazione, promozione, produzione e sviluppo delle attivita'  di
spettacolo, anche in relazione a finalita' turistiche  ed  educative»
(comma 2). 
    L'art. 3 definisce puntualmente, nelle lettere da  a)  a  i),  le
numerose funzioni assegnate ai comuni o delle loro Unioni in  materia
di promozione dello spettacolo in generale  e  dello  spettacolo  dal
vivo  in  particolare,  nel  quadro  della  tipologia  di  interventi
definita dall'art. 4. 
    Secondo   l'art.   8,   «la   regione    provvede    direttamente
all'organizzazione di attivita': ... b) di osservatorio sulle realta'
dello spettacolo, anche con  la  collaborazione  di  enti  locali  ed
operatori dello spettacolo al fine di realizzare rilevazioni, analisi
e  ricerche,  anche  per  valutare  gli  andamenti  del   settore   e
l'efficacia dell'intervento regionale» (comma 1, lettera b). 
    Invece,  ad  avviso  della  ricorrente  regione  le  disposizioni
impugnate della legge n. 106 del 2022 non tengono conto del quadro di
competenze  costituzionali  sopra  delineato,  ma  al  contrario   lo
contraddicono nei modi e sotto i profili di seguito illustrati. 
I. Illegittimita' costituzionale dell'art. 7, comma 1, primo periodo,
della legge n. 106 del 2022,  per  violazione  dell'art.  117,  terzo
comma, Cost. 
    La regione impugna in primo luogo l'art. 7,  primo  comma,  primo
periodo, della legge n. 106 del 2022, per violazione  dell'art.  117,
terzo comma, Cost. secondo il  quale  «nell'ambito  delle  competenze
istituzionali e nei limiti delle risorse disponibili  a  legislazione
vigente, le regioni, in applicazione dei principi di  sussidiarieta',
adeguatezza, prossimita' ed efficacia, concorrono all'attuazione  dei
principi generali di cui all'art. 1 della legge 22 novembre 2017,  n.
175, quali principi fondamentali ai sensi dell'art. 117, terzo comma,
della Costituzione». 
    Come si e' esposto in narrativa, la disposizione rappresenta  una
dichiarazione programmatica con cui il legislatore della legge n. 106
del 2022 definisce riduttivamente la posizione  costituzionale  della
regione nella  materia  dello  spettacolo  ascritta  alla  competenza
concorrente relativa alla «promozione e organizzazione  di  attivita'
culturali». La ragione dell'illegittimita' consiste nel contrasto con
la regola costituzionale  di  riparto  nelle  materie  di  competenza
concorrente,  nella  quale   «spetta   alle   regioni   la   potesta'
legislativa,  salvo  che   per   la   determinazione   dei   principi
fondamentali,  riservata  alla  legislazione  dello  Stato»,  secondo
quanto recita il secondo periodo del terzo comma dell'art. 117 Cost.:
formulazione che, come ha osservato  codesta  Corte  gia'  a  ridosso
della entrata in vigore della legge cost. n. 3 del 2001, «rispetto  a
quella previgente dell'art. 117, comma 1, esprime  l'intento  di  una
piu' netta distinzione fra la competenza regionale  a  legiferare  in
queste materie e la competenza statale, limitata alla  determinazione
dei principi fondamentali della  disciplina»  (sentenza  n.  282  del
2002, piu' volte ripresa in seguito, da ultimo nelle sentenze n.  231
del 2017, punto 9.3.2 e n. 126 del 2017, punto 4.1.). 
    Sembra evidente, infatti, da un lato che la titolarita' regionale
della materia, salvo il solo limite dei principi  fondamentali  posti
dalla legge dello Stato, non puo' essere descritta in termini di mero
«concorso» all'attuazione di tali principi; dall'altro, che ove e nei
limiti in cui il principio di sussidiarieta'  imponesse  l'attrazione
di funzioni allo Stato,  cio'  dovrebbe  avvenire  nel  quadro  delle
regole sancite sin dalla sentenza n. 303 del 2003; ancora,  che,  per
quanto riguarda la disciplina e la distribuzione delle  funzioni  nel
territorio  della  regione,  ogni  valutazione   di   sussidiarieta',
adeguatezza,  prossimita'  ed  efficacia   compete   al   legislatore
regionale; infine, che il limite  «delle  risorse  disponibili»  puo'
riferirsi soltanto alle assegnazioni sull'apposito fondo, ma non puo'
incidere sull'autonomia di spesa della regione. 
    La norma impugnata, dunque, declassa  una  potesta'  concorrente,
caratterizzata  dal  concorso  vincolato  tra  principi   statali   e
disciplina di svolgimento  di  spettanza  regionale,  ad  una  minore
potesta' legislativa regionale, della quale  lo  Stato  gia'  in  via
ordinaria (e non solo per le  eventuali  e  derogatorie  esigenze  di
sussidiarieta') sarebbe competente non solo a dettare i principi,  ma
a  stabilire  esso  stesso  la  disciplina  della  materia,  al   cui
completamento la regione sarebbe chiamata soltanto a concorrere. 
II. Illegittimita' costituzionale dell'art. 5, comma 6,  della  legge
n. 106 del 2022, per violazione degli articoli 117, terzo comma, 118,
primo e secondo comma, Cost. e del principio di leale  collaborazione
(art. 120, secondo comma, Cost.). 
    La regione censura anche l'art. 5, comma 6, della  legge  n.  106
del 2022, nella parte in cui prevede che i decreti del Ministro della
cultura, di concerto con il Ministro del lavoro, diretti  a  regolare
la composizione e le  modalita'  di  funzionamento  dell'Osservatorio
sono adottati «sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo
Stato, le regioni e le province autonome», anziche' «d'intesa con  la
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le  regioni  e  le
province autonome». 
    Precisamente,  la  disposizione   impugnata   prevede   che   «la
composizione e le modalita' di funzionamento  dell'Osservatorio  sono
definite con uno o  piu'  decreti  del  Ministro  della  cultura,  di
concerto con il Ministro del lavoro e  delle  politiche  sociali,  da
adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore  della
presente legge, sentita la Conferenza permanente per i  rapporti  tra
lo Stato, le Regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano  e
previo parere delle commissioni parlamentari competenti per  materia,
che si pronunciano entro quaranta  giorni  dalla  trasmissione  degli
schemi di  decreto,  trascorsi  i  quali  i  decreti  possono  essere
adottati anche in mancanza del parere. Con i  medesimi  decreti  sono
stabilite le modalita' di raccolta e pubblicazione delle informazioni
di cui al comma 2 e di tenuta del registro di  cui  al  comma  5,  le
modalita' operative di realizzazione, gestione  e  funzionamento  del
Sistema  informativo   nazionale   dello   spettacolo,   nonche'   la
composizione e le modalita' di  funzionamento,  senza  oneri  per  la
finanza pubblica, della Commissione tecnica di cui al comma 5». 
    La regione, nel presente ricorso, non contesta la  determinazione
del legislatore statale di istituire, ben oltre il mero coordinamento
informativo,  un  sistema  a  rete  complessivamente  orientato  alla
promozione  delle  iniziative  nel  settore  dello  spettacolo,   ne'
contesta   il   ruolo    generale    di    coordinamento    assegnato
all'Osservatorio nazionale nel sistema a rete. 
    Essa ritiene, tuttavia, che la condivisione debba  operare  anche
in relazione alla struttura e composizione del baricentro del sistema
comune, nel momento in cui la relativa disciplina viene  affidata  ad
una fonte secondaria. 
    La regione ricorrente deve infatti evidenziare che nel momento in
cui lo Stato si intitola funzioni in una materia regionale  ai  sensi
dell'art. 117, terzo  comma,  eccedenti  la  competenza  statale  sul
coordinamento   informativo   dei    dati    delle    amministrazioni
territoriali, ai sensi dell'art.  117,  secondo  comma,  lettera  r),
Cost. l'incisione delle attribuzioni  legislative  ed  amministrative
regionali puo'  passare  soltanto  per  le  forme  costituzionalmente
ammesse  dopo  la  riforma  del  Titolo   V   della   parte   seconda
della Costituzione vale a  dire  in  applicazione  del  principio  di
sussidiarieta' nella  sua  valenza  ascendente  e  nel  rispetto  del
principio di leale collaborazione,  sancito  dall'art.  120,  secondo
comma, Cost. 
    Si noti  che  le  scelte  che  il  decreto  interministeriale  e'
chiamato ad operare sono di carattere politico-discrezionale,  e  non
meramente tecnico, considerato che esso dovra' regolare anche e prima
di tutto  la  composizione  dell'organo,  e  che  la  legge  non  da'
indicazione alcuna su questo punto. 
    Di qui la necessita' che il principio di leale collaborazione sia
declinato nella forma della intesa e non  in  quella  minimale  della
mera consultazione. 
III. Illegittimita' costituzionale dell'art. 6, comma 2, lettera  c),
della legge n. 106 del 2022, per  violazione  dell'art.  117,  terzo,
quarto e  sesto  comma,  Cost.  e  dei  principi  costituzionali  sui
rapporti tra atti normativi statali  e  fonti  regionali,  confermati
anche dall'art. 117, sesto comma, Cost. Violazione del  principio  di
legalita' (art. 97, secondo comma, Cost.). 
    La regione, in via cautelativa, impugna anche l'art. 6, comma  2,
lettera c), della legge n. 106 del 2022. 
    L'art. 6, comma 2, della  legge,  dopo  aver  previsto  che  «con
decreto del Ministro della  cultura,  da  adottare  entro  centoventi
giorni dalla data di entrata in vigore della presente  legge,  previa
intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo  Stato,
le Regioni e le province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano,  sono
definite   le   modalita'   di   coordinamento   e    di    indirizzo
dell'Osservatorio   dello   spettacolo   nell'ambito   del    Sistema
nazionale», aggiunge che «con il medesimo decreto sono stabiliti:  a)
le modalita' operative per lo svolgimento  di  attivita'  a  supporto
degli  osservatori  regionali  o  in  collaborazione  con  essi,  nel
territorio di rispettiva competenza; b) le modalita', gli strumenti e
i criteri per  il  monitoraggio  delle  attivita'  dello  spettacolo,
nonche' per la raccolta, la  valutazione  e  l'analisi  dei  relativi
dati,  anche  a   supporto   delle   attivita'   di   programmazione,
monitoraggio  e  valutazione  degli  interventi;  c)   le   modalita'
operative di realizzazione e funzionamento del Sistema nazionale». 
    Come si e' anticipato nella parte  narrativa,  la  censura  della
regione e' diretta contro la lettera c), per l'ipotesi che  l'oggetto
«modalita' operative di realizzazione  e  funzionamento  del  Sistema
nazionale» - Sistema del quale, come  pure  si  e'  ricordato,  fanno
parte l'Osservatorio nazionale dello spettacolo, di cui all'art. 5, e
gli Osservatori regionali dello  spettacolo,  di  cui  all'art.  7  -
comprenda anche la disciplina degli Osservatori regionali. 
    La ricorrente regione non ritiene che tale ipotesi sia fondata, e
che al contrario la legge statale nel suo insieme debba essere intesa
nel  senso  che  la  disciplina  degli  osservatori  regionali  dello
spettacolo rimane - come e' sempre stata  -  rimessa  al  legislatore
regionale. Ove  cosi'  non  fosse,  la  disposizione  sarebbe  invece
illegittima in parte qua, sotto diversi profili. 
    3.1.  Anzitutto,  la  norma  andrebbe  ad  invadere  la  potesta'
residuale in materia di organizzazione regionale, ai sensi  dell'art.
117, quarto comma, Cost. 
    Infatti,  l'organizzazione  di  un  ufficio  regionale   verrebbe
regolata da una fonte statale, priva  di  competenza  in  materia  di
organizzazione regionale. 
    3.2. Sotto un  secondo  profilo,  trattandosi  di  fonte  statale
secondaria,    di    carattere     sostanzialmente     regolamentare,
l'incompetenza  dell'atto  e'  evidenziabile  anche  in   riferimento
all'art. 117, sesto comma, Cost., che riconosce allo Stato competenza
regolamentare solo «nelle materie di  legislazione  esclusiva»:  cio'
che  non  si  puo'  dire,  all'evidenza,  per  la  disciplina   degli
Osservatori regionali dello spettacolo, peraltro in molti  casi  gia'
istituiti e disciplinati con legge regionale, come  e'  avvenuto,  ad
esempio,  nel  caso  della   Regione   Veneto,   che   ha   istituito
l'Osservatorio dello spettacolo dal vivo, con sede presso  la  Giunta
regionale (art. 38 della legge  regionale  16  maggio  2019,  n.  17,
«Legge per la cultura»). 
    3.3. Anche se si volesse  prescindere  da  tale  limitazione,  la
norma, ove consentisse alla fonte regolamentare  di  condizionare  la
legge  regionale  sulla  organizzazione  dell'osservatorio  regionale
dello  spettacolo,  risulterebbe  illegittima  per  contrasto  con  i
principi costituzionali in materia di rapporti tra  fonti  statali  e
fonti  regionali,  derivanti  dalla  natura  di  legge  della   fonte
regionale,  assoggettata  ad  uno  specifico  sistema  di  limiti  di
carattere legislativo (art. 117, primo, terzo e quarto comma, Cost.):
di modo che sono in ogni caso esclusi  nelle  materie  di  competenza
concorrente, limitazioni derivanti da fonti regolamentari o  comunque
secondarie. 
    Si noti che, anche prima della riforma del Titolo V,  l'eventuale
vincolo a carico  della  legge  regionale  derivante  dagli  atti  di
indirizzo e coordinamento statali adottati in forma  non  legislativa
era condizionato, secondo il chiaro insegnamento  di  codesta  Corte,
dal rispetto del principio di legalita'  in  senso  sostanziale,  sul
presupposto che la fonte del vincolo fosse la  legge  stessa,  tenuta
dunque a conformare nel contenuto l'atto amministrativo rivolto  alle
regioni. 
    La  giurisprudenza  costituzionale  aveva  altresi'  detto,   con
altrettanta   chiarezza,   che   «un   regolamento   (governativo   o
ministeriale) non puo' contenere norme miranti a limitare la sfera di
competenza delle regioni nelle materie  loro  attribuite,  in  quanto
esse 'non sono soggette,  in  linea  di  principio,  alla  disciplina
dettata con i regolamenti governativi' (sentenze n. 507 del 2000 e n.
352 del 1998)» (sentenza n. 84 del 2001, punto 4). 
    Anche (e a maggior ragione) nel  nuovo  riparto  -  ha  precisato
codesta Corte nella sentenza n. 303 del 2003,  al  punto  7  -  «alla
fonte secondaria statale e' inibita  in  radice  la  possibilita'  di
vincolare l'esercizio  della  potesta'  legislativa  regionale  o  di
incidere su disposizioni regionali preesistenti (sentenza n.  22  del
2003); e neppure i principi di sussidiarieta' e  adeguatezza  possono
conferire ai regolamenti statali una capacita'  che  e'  estranea  al
loro valore, quella cioe' di modificare gli ordinamenti  regionali  a
livello  primario»:  a  tali  principi,  infatti,  non  puo'   essere
riconosciuta «l'attitudine a vanificare la  collocazione  sistematica
delle fonti conferendo primarieta' ad atti che possiedono lo  statuto
giuridico di fonti secondarie e a  degradare  le  fonti  regionali  a
fonti  subordinate  ai  regolamenti  statali  o  comunque  a   questi
condizionate».  E  in  questo  senso  si  e'   attestata   anche   la
giurisprudenza costituzionale successiva:  si  veda,  da  ultimo,  la
sentenza n. 180 del 2020, al punto 4.1, in cui si ribadisce che  alle
«fonti normative secondarie ...,  in  quanto  tali,  «e'  inibita  in
radice  la  possibilita'  di  vincolare  l'esercizio  della  potesta'
legislativa  regionale  o  di  incidere  su  disposizioni   regionali
preesistenti (sentenza n. 22 del  2003);  e  neppure  i  principi  di
sussidiarieta' e adeguatezza possono conferire ai regolamenti statali
una capacita' che  e'  estranea  al  loro  valore,  quella  cioe'  di
modificare gli ordinamenti regionali a livello primario» (sentenza n.
303 del 2003)» e si aggiunge che «le  norme  regolamentari,  infatti,
non possono essere  ascritte  «all'area  dei  principi  fondamentali»
delle materie concorrenti, «in quanto la fonte  regolamentare,  anche
in forza di  quanto  previsto  dall'art.  117,  sesto  comma,  Cost.,
sarebbe comunque inidonea a porre detti principi» (sentenza n. 92 del
2011) e, quindi, a vincolare il legislatore  regionale  (sentenza  n.
162 del 2004)». 
    3.4. Sotto un ulteriore profilo, considerato che la norma  affida
ad un atto sublegislativo la disciplina  della  organizzazione  degli
uffici, risulta violato anche il principio di legalita' fondato nella
riserva di legge in materia di organizzazione  dei  pubblici  uffici,
sancita dall'art. 97, secondo comma, Cost. 
    Se e' vero che si tratta di una riserva  di  legge  relativa,  e'
anche vero che, ove vi fosse una competenza statale, almeno le regole
di base dovrebbero essere dettate dal legislatore. 
    Evidente e'  anche  la  ridondanza  del  vizio  sulle  competenze
legislative della regione in materia di organizzazione amministrativa
(art. 117, quarto comma, Cost.), peraltro riferite ad una materia, lo
spettacolo, anch'essa di competenza regionale (art. 117, terzo comma,
Cost.). Trattasi, come si e' gia' esposto al punto I,  di  competenze
gia' esercitate, che l'ente dovrebbe esercitare nuovamente sulla base
di un condizionamento che, alla stregua di quanto sopra  considerato,
non puo' essere ammesso. 
    Per  mero  scrupolo  di  difesa  si  osserva  che  i  profili  di
illegittimita' evidenziati nel  presente  punto  non  sono  eliminati
dalla previsione della intesa con la Conferenza permanente,  che  non
e' un succedaneo ne' dell'autonomia normativa, riconosciuta a ciascun
ente, ne' dei principi in materia di  fonti,  ne'  del  principio  di
legalita'. A conferma di cio' e' sufficiente il  rilievo  secondo  il
quale le competenze costituzionali, riguardino esse  i  poteri  dello
Stato o le attribuzioni di Stato  e  regioni,  non  sono  disponibili
neppure da parte dei titolari delle stesse. 
IV. Illegittimita' costituzionale dell'art. 7, primo  comma,  secondo
periodo, per violazione dell'art. 117, terzo e  quarto  comma,  Cost.
Violazione dei principi costituzionali in materia  dei  rapporti  tra
atti nazionali e regionali, confermati  anche  dall'art.  117,  sesto
comma, Cost. e del principio di legalita' (art.  97,  secondo  comma,
Cost.). 
    Le argomentazioni esposte al punto  precedente  valgono  anche  a
dimostrare i profili di illegittimita'  costituzionale  dell'art.  7,
comma 1, secondo periodo. 
    Tale disposizione stabilisce  che  «le  regioni,  sulla  base  di
criteri  stabiliti  con  accordi  sanciti  in  sede   di   Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato,  le  Regioni  e  le  province
autonome di Trento e  di  Bolzano:  a)  promuovono  l'istituzione  di
osservatori regionali dello  spettacolo  per  la  condivisione  e  lo
scambio di dati e di informazioni sulle  attivita'  dello  spettacolo
dal vivo; b) verificano, anche attraverso gli  osservatori  regionali
dello spettacolo, l'efficacia dell'intervento pubblico nel territorio
rispetto ai  risultati  conseguiti,  anche  attraverso  attivita'  di
monitoraggio e  valutazione,  in  collaborazione  con  l'Osservatorio
dello  spettacolo;  c)  promuovono  e  sostengono,   attraverso   gli
osservatori regionali dello spettacolo, anche con  la  partecipazione
delle province, delle citta' metropolitane e dei comuni, direttamente
o in concorso con lo Stato, le attivita' dello spettacolo dal vivo». 
    Oggetto di contestazione, rispetto a  tale  disposizione,  e'  in
primo luogo la previsione secondo la quale  le  regioni  disciplinano
gli oggetti indicati alle lettere a), b) e c) «sulla base di  criteri
stabiliti con accordi sanciti in sede di Conferenza permanente per  i
rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province autonome di Trento  e
di  Bolzano».  Attraverso  questa  prescrizione,  infatti,  la  norma
impugnata pretende di  assoggettare  l'esercizio  della  legislazione
regionale ad un  presupposto  e  un  vincolo  derivanti  da  un  atto
amministrativo di carattere politico, qual e' l'accordo raggiunto  in
Conferenza. 
    Benche' la disposizione non lo precisi espressamente, gli accordi
cui essa fa riferimento sono - sembra alla regione si debba  ritenere
- gli accordi previsti dall'art. 4 del decreto legislativo n. 281 del
1997, ai sensi del quale «Governo, Regioni  e  province  autonome  di
Trento  e  di  Bolzano,  in  attuazione  del   principio   di   leale
collaborazione e nel perseguimento  di  obiettivi  di  funzionalita',
economicita'  ed  efficacia   dell'azione   amministrativa,   possono
concludere in sede di Conferenza Stato-regioni accordi,  al  fine  di
coordinare  l'esercizio  delle  rispettive  competenze   e   svolgere
attivita' di interesse comune»,  accordi  che  «si  perfezionano  con
l'espressione dell'assenso del Governo e dei Presidenti delle Regioni
e delle province autonome di Trento e di Bolzano». 
    Ora, interpretando tale disposizione,  codesta  ecc.ma  Corte  ha
stabilito che gli accordi raggiunti ai sensi dell'art. 4 del  decreto
legislativo n. 281 del 1997 non sono idonei a vincolare  la  funzione
legislativa, limitandone l'efficacia al piano  politico  e  negandone
ogni effetto di vincolo  giuridico,  come  afferma  con  nettezza  la
sentenza n. 437 del 2001. 
    In  tale  sentenza,  la  Corte  conclude  che  le  procedure   di
cooperazione o  di  concertazione  possono  rilevare  ai  fini  dello
scrutinio  di  legittimita'  di  atti  legislativi,  solo  in  quanto
l'osservanza delle stesse sia imposta direttamente  o  indirettamente
(punto  3  del  diritto):  concetto,  questo,  ripreso  anche   dalla
giurisprudenza  successiva  (sentenza  n.  237  del  2017,  punto  9;
sentenza n. 137 del 2018, punto 3.5.3), che ha altresi' ribadito  che
«un  accordo  non  puo'  condizionare  l'esercizio   della   funzione
legislativa (sentenze n. 160 del 2009 e n. 437 del  2001)»  (sentenza
n. 176 del 2016, punto 4.2.2). 
    La norma impugnata, invece,  imprime  a  tale  accordo  carattere
cogente, attribuendo a tale atto una forza che esso non ha di per se'
e che nemmeno la legge  statale  gli  puo'  conferire,  dato  che  si
verrebbe in questo modo da un lato ad alterare i normali rapporti tra
atti non legislativi e atti legislativi, dall'altro,  si  inciderebbe
anche  sui  rapporti   tra   organi   della   regione,   perche'   si
trasformerebbe  un  atto  di  assenso  del   vertice   dell'esecutivo
regionale  in  un  limite  alla  potesta'  legislativa  assegnata  al
consiglio regionale. Non a caso, lo stesso art.  117,  ottavo  comma,
della Costituzione, riserva alla legge regionale la «ratifica [del]le
intese della regione con altre  regioni  per  il  migliore  esercizio
delle proprie funzioni». 
    D'altronde, neppure sotto altro profilo vi e'  ragione  e  titolo
giustificativo per l'assoggettamento della legislazione  regionale  a
previ accordi con lo Stato. 
    L'accordo, infatti, interviene nella materia della organizzazione
amministrativa dell'ente,  materia  in  cui  la  regione  dispone  di
potesta' residuale (art. 117, quarto comma, Cost.), sicche' la  legge
statale non  ha  titoli  di  intervento,  trattandosi,  peraltro,  di
organizzazione  di  funzioni  all'interno  di  un  settore  materiale
anch'esso  di  competenza  regionale  qual  e'  lo   spettacolo,   di
competenza concorrente, ai sensi dell'art. 117,  terzo  comma,  Cost.
(«promozione e organizzazione di attivita' culturali»). 
    In sintesi, la disposizione  risulta  illegittima  sotto  plurimi
profili. 
    Anzitutto, e' illegittima per contrasto con  l'art.  117,  quarto
comma,  Cost.,  perche'  la  norma  interferisce  con   la   potesta'
legislativa residuale in materia di organizzazione degli uffici della
regione: interferenza che e' evidente  ove  si  osservi  che  regione
sarebbe costretta ad adottare specifiche soluzioni organizzative. 
    In secondo luogo, la norma viola, per i motivi esposti  sopra,  i
principi costituzionali che regolano i rapporti tra  atti  statali  e
fonti regionali, impliciti nella attribuzione alla regione di  potere
legislativo (art. 117, primo, terzo e quarto comma,  Cost.)  e  nella
regola costituzionale sul riparto della potesta' regolamentare  (art.
117, sesto comma, Cost.). 
    Ancora, la norma contrasta con il principio di legalita' e  della
riserva di legge di cui all'art. 97,  secondo  comma,  Cost.,  stante
l'inversione del corretto rapporto tra legge e  atti  amministrativi,
sia pure di carattere politico. Tale vizio ridonda in  lesione  della
autonomia regionale, che e' prima di tutto una autonomia legislativa;
incide, all'interno della  regione,  sui  rapporti  tra  esecutivo  e
legislativo,  per  i  motivi  gia'  esposti   sopra;   consente   una
conformazione illegittima  di  un  settore  materiale,  quello  della
organizzazione amministrativa  e  dello  spettacolo,  riservati  alla
regione. 
    Risulta dunque evidente che, ove lo  Stato  ritenesse  essenziale
condizionare  la  legislazione  regionale   a   determinati   criteri
organizzativi o operativi, dovrebbe provvedervi con legge, nei limiti
entro i quali anche al legislatore e' consentito, come  precisato  da
codesta Corte, ad esempio nella sentenza n. 87 del 2018, nella  quale
essa ha ritenuto illegittima l'imposizione da parte  del  legislatore
statale di un determinato modello  organizzativo  in  relazione  alla
garanzia del diritto sociale allo studio. 
V. Illegittimita' costituzionale dell'art. 7,  primo  comma,  secondo
periodo, lettera c), per  violazione  degli  articoli  117,  terzo  e
quarto comma, e 118, primo e  secondo  comma,  Cost.  Violazione  del
principio di proporzionalita' e  di  ragionevolezza  (art.  3,  primo
comma, Cost.). 
    La regione,  infine,  impugna  l'art.  7,  primo  comma,  secondo
periodo, lettera c), della legge, per violazione della sua  autonomia
organizzativa  e   della   competenza   ad   allocare   le   funzioni
amministrative ai diversi enti territoriali, nonche' in quanto  norma
irragionevole e sproporzionata. 
    La disposizione vincola le  regioni  a  promuovere  e  sostenere,
«attraverso gli osservatori regionali dello spettacolo, anche con  la
partecipazione delle  province,  delle  citta'  metropolitane  e  dei
comuni, direttamente o in concorso con lo Stato, le  attivita'  dello
spettacolo dal vivo». 
    La  ricorrente  non  puo'  non  contestare  l'intromissione   del
legislatore statale nella propria organizzazione  e  nell'ordinamento
della propria azione, operata  mediante  l'attribuzione  di  funzioni
direttamente ad un proprio ufficio e la  previsione  secondo  cui  le
funzioni di sostegno allo spettacolo al vivo debbono avvenire  «anche
con la partecipazione delle province, delle  citta'  metropolitane  e
dei comuni». 
    Entrambe le norme sono, ad avviso della regione, illegittime, per
ragioni che prescindono  completamente  anche  dalla  fondatezza  dei
precedenti motivi di ricorso. La presente censura e' dunque  autonoma
dalle precedenti, ed  e'  diretta  contro  una  disposizione  che  e'
eccentrica  anche  rispetto  alla  logica  delle  altre  disposizioni
oggetto della presente impugnazione. 
    5.1. E' giurisprudenza costante di codesta Corte  che  quando  lo
Stato intesta funzioni alla regione deve assegnarle all'ente,  e  non
all'organo, pena la violazione della  autonomia  organizzativa  della
regione, garantita nell'ambito della competenza residuale (art.  117,
quarto comma, Cost.). 
    In questo senso si veda, tra le molte, la  sentenza  n.  293  del
2012,  in  cui  la  Corte  segnala  di  aver   «gia'   concluso   per
l'illegittimita'  di  norme  statali  che  provvedevano  a   indicare
specificamente   l'organo   regionale   titolare    della    funzione
amministrativa, trattandosi  di  «normativa  di  dettaglio  attinente
all'organizzazione interna della regione» (sentenza n. 387 del  2007;
inoltre, sentenze n. 22 del 2012 e n. 95 del  2008)  e  nel  caso  di
specie non si ravvisano ragioni che possano consentire al legislatore
statale  non  solo  di  porre  a  carico  della  regione  un  obbligo
collaborativo di raccolta dati, ma anche di selezionare  il  soggetto
regionale deputato a svolgerlo»; nello stesso senso anche la sentenza
n. 387 del 2007. 
    La legge statale, dunque, deve  rispettare  le  scelte  regionali
circa l'intestazione delle funzioni ai diversi organi o  uffici,  con
la limitata eccezione - confermativa della regola  generale  -  della
attribuzione  di  funzioni  al  Consiglio  regionale,   eventualita',
questa,  non  a  caso  autorizzata  direttamente  dalla  Costituzione
nell'art. 121, primo comma, Cost. a mente  del  quale  «il  Consiglio
regionale esercita le potesta' legislative attribuite alla regione  e
le altre funzioni conferitegli dalla Costituzione e dalle leggi»,  se
per «leggi» si intendono qui (anche) le leggi statali. 
    Nel presente  caso  la  legge  statale  assegna  le  funzioni  di
promozione dello spettacolo dal vivo all'Osservatorio regionale dello
spettacolo,   precludendo   diverse   soluzioni   organizzative,    e
addirittura contraddicendo quelle gia' stabilite dalla regione. 
    La  norma   si   dimostra   poi   del   tutto   irragionevole   e
sproporzionata, anche ai fini dei raccordi e del coordinamento che la
legge vuole costruire, considerato che la promozione ed  il  sostegno
sono una funzione finale, interna alla regione, mentre  le  norme  di
cui agli articoli 5 e 6 sono rivolti ad organizzare il  coordinamento
tra i sistemi regionali e lo Stato.  La  lesione  di  tali  principi,
radicati  nell'art.  3  Cost.  ridonda  in  lesione  della  autonomia
organizzativa  della  regione,  assoggettata  ad   un   vincolo   non
giustificato,  e  in   lesione   della   autonomia   legislativa   ed
amministrativa della regione in materia di spettacolo. 
    5.2. La norma che prevede come necessaria  la  partecipazione  di
province, citta' metropolitane e comuni all'esercizio delle  funzioni
di promozione  e  sostegno  dello  spettacolo  e',  ad  avviso  della
ricorrente regione, anch'essa illegittima, in quanto predetermina una
scelta di allocazione delle funzioni che compete invece alla  regione
in applicazione  dell'art.  117,  terzo  e  quarto  comma,  Cost.,  e
dell'art. 118, secondo comma, Cost., combinati con  l'art.  10  della
legge Cost. n. 3 del 2001, se si considera che il potere di  allocare
le funzioni segue la competenza a  disciplinare  legislativamente  la
materia. 
    Come ricordato sopra, tale scelta allocativa e'  stata  da  tempo
anche esercitata dalla ricorrente regione con  la  legge  regionale 5
luglio 1999, n. 13, «Norme in materia di spettacolo», che all'art.  3
assegna la massima parte delle funzioni di amministrazione attiva  ai
comuni, mentre ha invece trattenuto in capo alla  regione  le  citate
funzioni di osservatorio,  riservando  all'ente  regionale  anche  la
possibilita' di propri interventi  diretti  anche  avvalendosi  degli
enti o delle societa', operanti  nel  settore  dello  spettacolo,  ai
quali partecipa (art. 8). 
    Per le ragioni esposte, la  Regione  Emilia-Romagna,  come  sopra
rappresentata e difesa,  chiede  che  l'ecc.ma  Corte  costituzionale
voglia dichiarare l'illegittimita' costituzionale degli articoli 5, 6
e 7 della legge n. 106 del 2022, nelle parti e per i profili indicati
nel presente ricorso.  
 
                               P. Q. M. 
 
     Con il ricorso sara' depositata: 
        1. delibera della Giunta  regionale  28  settembre  2022,  n.
1619. 
    Padova - Roma, 3 ottobre 2022 
 
                           avvocato Falcon 
 
 
                           avvocato Manzi