N. 127 ORDINANZA (Atto di promovimento) 9 maggio 2022

Ordinanza del 9 maggio 2022 del Tribunale di Viterbo nel procedimento
civile promosso da Aquilanti spa ed altri contro B.P. e B.L. . 
 
Usi civici - Domini collettivi  -  Disciplina  -  Beni  collettivi  -
  Previsione la quale, nel disporre che il regime giuridico  di  tali
  beni resta quello dell'inalienabilita', non esclude dalla  relativa
  applicazione i domini collettivi, di cui alla lettera d) del  comma
  1 dell'art. 3 della legge n. 168 del 2017, vale a dire le terre  di
  proprieta' di soggetti pubblici o privati, sulle quali i  residenti
  del Comune o  della  frazione  esercitano  usi  civici  non  ancora
  liquidati. 
- Legge 20  novembre  2017,  n.  168  (Norme  in  materia  di  domini
  collettivi), art. 3, comma 3. 
(GU n.45 del 9-11-2022 )
 
                        TRIBUNALE DI VITERBO 
          Ufficio esecuzioni immobiliari E.I. R.G. 172/2001 
 
    Atto di promovimento di questione di legittimita'  costituzionale
nella procedura esecutiva n. 172/2001 tra Aquilanti S.p.a. (creditore
procedente); e B. P. e B. L. (debitori esecutati). 
    Il giudice dott. Antonino Geraci, a  scioglimento  della  riserva
assunta all'udienza del 23 marzo 2022; 
    Visto l'art. 23, legge n. 87/1953; 
    Rilevato  che  il  sottoscritto  e'  giudice   della   esecuzione
immobiliare di cui in epigrafe; 
    Considerato che  l'attivita'  dell'esperto  stimatore  nonche'  i
contenuti della perizia di stima  sono  descritti  dall'art.  173-bis
disposizioni di attuazione del codice di procedura civile; 
    Considerato che l'art. 173-bis, comma 1, n. 8),  disposizioni  di
attuazione del codice di procedura civile dispone  che  la  relazione
peritale di stima contenga «la verifica che i  beni  pignorati  siano
gravati  da  censo,  livello  o  usi  civico  e  se  vi   sia   stata
affrancazione da tali pesi,  ovvero  che  il  diritto  sul  bene  del
debitore pignorato sia di proprieta' ovvero derivante da  alcuno  dei
suddetti titoli»; 
    Rilevato che dall'esame della documentazione ipocatastale nonche'
dalla relazione di stima redatta dall'esperto  stimatore,  depositata
in data 20  maggio  2003,  emerge  che  il  bene  immobile  staggito,
distinto al NCT del Comune di ... al f. ... p.lla ... e'  qualificato
come «terre private gravate  da  uso  civico  (servitu'  di  pascolo,
legnatico...)» 
    Considerato che con provvedimento del 25 aprile 2010  il  giudice
dell'esecuzione ha disposto la sospensione della procedura  esecutiva
de quo, ai sensi dell'art. 624-bis del codice  di  procedura  civile,
per ventiquattro mesi; 
    Rilevato, inoltre, che  a  seguito  dell'istanza  di  revoca  del
suddetto   provvedimento   presentata   dal   creditore   procedente,
depositata  in  cancelleria  in  data  27  giugno  2011,  il  giudice
dell'esecuzione, fissava l'udienza di comparizione delle parti per il
giorno 10 novembre 2011; 
    Rilevato che, alla predetta udienza, il giudice  dell'esecuzione,
incaricava l'esperto stimatore di redigere la perizia di stima  degli
immobili  pignorati  aggiornata,  in  considerazione  del   carattere
risalente    della    relazione    peritale    iniziale,    rinviando
contestualmente all'udienza del 26 gennaio 2012; 
    Considerato che, all'udienza del 26 gennaio  2012,  il  compendio
staggito veniva posto in vendita  nonostante  fosse  gravato  da  usi
civici,  in  ragione  della  ritenuta  alienabilita'  dei   beni   di
proprieta' privata gravati da usi civici; 
    Considerato che, dalla relazione peritale aggiornata,  depositata
in data 18 gennaio 2013, emerge che  «il  terreno  su  cui  e'  stata
edificata  l'abitazione  in  questione,  Lotto  1,  in  seguito  alla
ricognizione  esperita  dal  Comune  di ...  negli  anni ...  risulta
gravato da uso civico.  La  determinazione  della  presenza  dell'usi
civico e' successiva alla data di rilascio della concessione edilizia
per la costruzione dell'immobile in questione.»; 
    Rilevato che, a seguito di molteplici esperimenti di vendita,  in
data 2 maggio 2018, il bene immobile staggito e' stato aggiudicato; 
    Considerato che, l'aggiudicatario  ha  versato  il  saldo  prezzo
residuo  in  data ...  ovvero  nel  termine  di   centoventi   giorni
dall'aggiudicazione, secondo le disposizioni di  cui  all'offerta  di
acquisto, e tenuto debitamente conto della sospensione feriale; 
    Rilevato che, ad oggi, non e' stato ancora emesso il  decreto  di
trasferimento, per le criticita' di seguito esposte; 
    Considerato, infatti, che medio tempore e'  stata  promulgata  la
legge  20  novembre  2017,  n.  168  «Norme  in  materia  di   domini
collettivi» entrata in vigore il 31 dicembre 2017; 
    Considerato, altresi', che, dalla relazione periodica  aggiornata
redatta dal professionista delegato,  depositata  in  data  23  marzo
2022, si evince che gli usi civici gravanti sul  bene  pignorato  non
risultano ancora  liquidati  e  che  il  Comune  interessato  avrebbe
indicato il seguente iter da seguire prima dell'emissione del decreto
di trasferimento: 
        1) presentazione  di  richiesta  di  liquidazione  degli  usi
civici allegando una perizia a firma di un perito demaniale; 
        2) pubblicazione della  richiesta  (giorni  trenta)  all'albo
pretorio; 
        3) pagamento della somma liquidata dall'ufficio; 
        4) approvazione con delibera consiliare; 
        5) pubblicazione della delibera  consiliare  (giorni  trenta)
all'albo pretorio; 
        6) trascrizione presso  la  Conservatoria  dei  RR.II.  della
delibera.; 
    Rilevato, tuttavia,  che  prima  dell'emissione  del  decreto  di
trasferimento il soggetto legittimato a presentare l'istanza  sarebbe
unicamente il debitore esecutato in quanto  ancora  proprietario  del
bene; 
    Considerato che l'art. 3, comma 1, legge 20 novembre 2017, n. 168
in materia di domini collettivi, definisce beni collettivi «... a) le
terre di originaria proprieta'  collettiva  della  generalita'  degli
abitanti del territorio di un comune o di una  frazione,  imputate  o
possedute  da  comuni,  frazioni  od  associazioni  agrarie  comunque
denominate; b) le terre, con le costruzioni di pertinenza,  assegnate
in proprieta'  collettiva  agli  abitanti  di  un  comune  o  di  una
frazione, a seguito della liquidazione dei diritti di uso civico e di
qualsiasi altro diritto di promiscuo godimento esercitato su terre di
soggetti pubblici e privati; c) le terre derivanti:  da  scioglimento
delle promiscuita' di cui all'art. 8 della legge 16 giugno  1927,  n.
1766; da conciliazioni nelle materie regolate dalla predetta legge n.
1766  del  1927;  dallo   scioglimento   di   associazioni   agrarie;
dall'acquisto di terre ai sensi dell'art. 22 della medesima legge  n.
1766 del 1927 e dell'art. 9 della legge 3 dicembre 1971, n. 1102;  da
operazioni e provvedimenti di liquidazione o  da  estinzione  di  usi
civici; da permuta o da donazione;  d)  le  terre  di  proprieta'  di
soggetti pubblici o privati, sulle quali i  residenti  del  comune  o
della frazione esercitano usi civici  non  ancora  liquidati;  e)  le
terre  collettive  comunque  denominate,  appartenenti   a   famiglie
discendenti dagli antichi  originari  del  luogo,  nonche'  le  terre
collettive disciplinate dagli articoli 34 della legge 25 luglio 1952,
n. 991, 10 e 11 della legge 3 dicembre 1971, n. 1102, e 3 della legge
31 gennaio 1994, n. 97; f) i corpi idrici sui quali i  residenti  del
comune o della frazione esercitano usi civici.» 
    Ritenuto, dunque, che,  i  beni  staggiti  distinti  al  NCT  del
Comune di ... al f. ... p.lla  ...,  in  virtu'  di  quanto  precede,
costituiscono beni collettivi ai sensi della lettera d) dell'art.  3,
comma 1, legge n. 168/2017, non risultando completato il procedimento
di liquidazione degli usi civici su di essi gravanti; 
    Considerato  che  l'art.  3,  comma  2,  legge  n.  168/2017  non
ricomprende i beni di cui alla lettera d) del comma  1  del  medesimo
articolo  tra  i  domini  collettivi,  i  quali   «costituiscono   il
patrimonio antico dell'ente collettivo, detto anche patrimonio civico
o demanio»; 
    Considerato che l'art 3, comma 3, legge n. 168/2017  dispone  che
«Il regime giuridico  dei  beni  di  cui  al  comma  1  resta  quello
dell'inalienabilita', dell'indivisibilita',  dell'inusucapibilita'  e
della perpetua destinazione agro-silvo-pastorale», senza escludere da
tale regime i domini collettivi  di  proprieta'  di  privati  di  cui
all'art. 3, comma 1, lettera d); 
    Rilevato che la legge 16 giugno 1927, n. 1766, sul  riordinamento
degli usi civici distingue i beni costituenti il  demanio  civico  in
«...a)  terreni  convenientemente  utilizzabili  come  bosco  o  come
pascolo permanente; b) terreni convenientemente utilizzabili  per  la
coltura agraria» (art. 11, legge n. 1766/1927); 
    Considerato che la suddetta legge n. 1677/1927 prevede per i beni
di  cui  alla  lettera  a)  dell'art.   11   la   inalienabilita'   e
l'impossibilita'  di  mutamento  della  destinazione  se  non  previa
autorizzazione del Ministero dell'economia nazionale (art. 12,  comma
2); mentre per i beni di cui alla lettera b) dispone la  possibilita'
della ripartizione  e  dell'assegnazione  a  coltivatori  diretti,  a
titolo di enfiteusi con obbligo di migliorie (artt. 13 ss.),  nonche'
la possibilita' di affrancazione di detti fondi, previo  accertamento
delle stesse (art. 21); 
    Considerato che l'art. 21, comma 3,  legge  16  giugno  1927,  n.
1766, dispone che «prima dell'affrancazione le  unita'  suddette  non
potranno essere divise, alienate o cedute per qualsiasi titolo»; 
    Ritenuto che i divieti di alienazione, divisione  o  cessione  di
terre  gravate  da  usi  civici,  di  cui  sopra,   sono,   pertanto,
testualmente riferiti solo alle terre appartenenti alla collettivita'
o a soggetti pubblici e non anche alle terre private gravate  da  usi
civici; 
    Rilevato che, al contrario, l'inalienabilita' di cui all'art.  3,
comma 3, legge n. 168/2017 e' testualmente riferita a tutti i  domini
collettivi indicati nel medesimo  articolo,  ivi  comprese  le  terre
private gravate da uso civico; 
    Considerato, peraltro, che la legge 20 novembre 2017, n. 168  non
contiene alcuna disposizione transitoria relativa alle terre  private
gravate da usi civici per le quali alla data  di  entrata  in  vigore
della legge non sia stato concluso il procedimento di liquidazione; 
    Rilevato altresi' che il legislatore ha formulato la disposizione
di cui all'art. 3, comma 3 della predetta legge  come  una  norma  di
carattere meramente ricognitivo utilizzando la locuzione  «il  regime
giuridico   dei   beni   di   cui   al   comma   1    resta    quello
dell'inalienabilita'»; 
    Considerato pertanto  che,  pur  nell'assenza  di  una  pregressa
espressa previsione normativa che  sancisse  l'inalienabilita'  delle
terre private gravate da usi civici, il legislatore ha inteso fornire
una interpretazione del dato normativo previgente come contenente  un
generalizzato divieto di alienazione per tutti i domini collettivi, a
prescindere dalla natura pubblica o privata dei beni; 
    Rilevato che la  Corte  di  cassazione  ha  gia'  avuto  modo  di
chiarire che «Un bene aggravato da uso civico non puo' essere oggetto
di espropriazione  forzata,  per  il  particolare  regime  della  sua
titolarita' e della sua circolazione, che  lo  assimila  ad  un  bene
appartenente al demanio, nemmeno potendo per  esso  configurarsi  una
cosiddetta   sdemanializzazione   di   fatto;    l'incommerciabilita'
derivante da tale regime comporta, che, al di fuori dei  procedimenti
di  liquidazione  dell'uso  civico   e   prima   del   loro   formale
completamento, la preminenza  di  quel  pubblico  interesse,  che  ha
impresso al bene immobile il vincolo dell'uso civico stesso, ne vieti
qualunque  circolazione,  compresa  quella  derivante  dal   processo
esecutivo, quest'ultimo essendo posto  a  tutela  dell'interesse  del
singolo creditore, e dovendo percio' recedere  dinanzi  al  carattere
superindividuale   e   lato   sensu   pubblicistico    dell'interesse
legittimante l'imposizione dell'uso civico; siffatto divieto comporta
pertanto la non assoggettabilita' del bene gravato da uso  civico  ad
alcuno degli atti del processo esecutivo, a partire dal pignoramento»
(cosi' Cassazione sez. III, 28 settembre 2011, n. 19792); 
    Rilevato che tale statuizione e' stata formulata  in  riferimento
ai beni del demanio civico per  i  quali  e'  stato  escluso  sia  il
maturare  dell'usucapione  in   favore   degli   occupanti   sia   la
possibilita' che il carattere della demanialita' possa venir meno  in
assenza di provvedimenti amministrativi formali ed  in  via  di  mero
fatto; 
    Considerato che pertanto, a contrario,  deve  dedursi  che  nella
disciplina antecedente alla  legge  n.  168/2017  non  vi  fosse  una
preclusione al pignoramento delle terre private gravate da usi civici
in quanto le stesse non appartengono al demanio civico (in  argomento
anche Cassazione civile sez. II, - 22  gennaio  2018,  n.  1534,  con
riferimento al diritto del livellario); 
    Ritenuto che la disposta inalienabilita' dei  domini  collettivi,
ex combinato disposto dei comma 1, lettera d) e comma 3  dell'art.  3
della legge n. 168/2017, si applica anche alle  vendite  disposte  in
sede esecutiva stante l'assenza di una espressa deroga ed  in  virtu'
dei richiamati principi della Corte di cassazione circa il  carattere
recessivo degli interessi del ceto creditorio  rispetto  al  pubblico
interesse considerato dal complesso delle norme concernenti  gli  usi
civici; 
    Ritenuto che, nel caso di  specie,  ai  fini  dell'emissione  del
decreto di trasferimento relativamente alla procedura  esecutiva,  di
cui  in  epigrafe,  e'  necessario   preventivamente   esaminare   la
legittimita' costituzionale del regime di inalienabilita' applicabile
a tutti quei beni ascrivibili alla categoria di cui all'art. 3, comma
1, lettera d), legge 20 novembre 2017, n. 168, tra  cui  rientrano  i
terreni oggetto della procedura esecutiva in epigrafe, censiti al NCT
del Comune di ... al foglio ... particelle n. ...; 
    Solleva questione di  legittimita'  costituzionale  relativamente
agli articoli 3, 24 e 42 della Costituzione; 
 
                               Motivi 
 
1. Ricostruzione della fenomenologia degli usi civici 
    La Corte  di  cassazione  ha  avuto  modo  di  statuire  che  con
l'espressione «uso civico» si intende  «sia  il  diritto  dell'intera
collettivita' di trarre alcune utilita' primarie dalle terre  su  cui
l'uso grava, sia l'esercizio di tale diritto, che non  puo'  avvenire
se non per mezzo del singolo utente, il quale, in quanto membro della
collettivita', e' titolare, egli  stesso,  come  singulus  et  civis,
dell'uso nei confronti del proprietario  della  terra  su  cui  l'uso
grava nei confronti degli altri utenti.» (cosi' Cassazione 2 febbraio
1962, n. 210, in Foro amministrativo, 1962, II, p. 394). 
    Il dossier n. 594 elaborato dal servizio studi della  Camera  dei
deputati evidenzia che «I beni  gravati  da  uso  civico  sono  stati
sovente - soprattutto nelle impostazioni piu'  risalenti  ricostruiti
come terre in dominio collettivo, la cui negoziazione e  circolazione
presupponeva l'assenso di tutti i cives, talvolta perfino fondata sul
malagevole criterio  dell'unanimita',  nel  senso  cioe'  che  nessun
membro  della  collettivita'  civica  nel  momento  negoziale  poteva
mancare, ne' essere di contrario avviso, affinche' la popolazione non
si  privasse  dei  suoi  secolari   diritti   senza   un'apprezzabile
contropartita». 
    In   virtu'   del   carattere   di   proprieta'   collettiva   la
giurisprudenza di  legittimita'  e'  giunta  ad  assimilare  il  bene
gravato da uso civico a quello  demaniale,  (Cassazione,  12  ottobre
1948,  n.  1739;  Cassazione  12  dicembre  1953,  n.  3690)   ovvero
equiparando il relativo regime a quello proprio  dei  beni  demaniali
(Cassazione 8 novembre 1983, n. 6589; Cassazione 28  settembre  1977,
n. 4120; Cassazione 15 giugno 1974, n. 1750). 
    La  dottrina,  in  particolar  modo  quella  notarile,  ha  avuto
tuttavia modo di elaborare una prima distinzione tra  usi  civici  su
terre facenti parte del cd. «demanio  feudale  o  allodiale»,  ovvero
appartenenti a privati, dai diritti su beni di proprieta' collettiva,
facenti parte del demanio civico universale o comunale. 
    Tale distinzione e' stata fatta propria dalla legge  n.  168/2017
ed in particolare dall'art. 3, comma 2 ove e' chiarito che i beni  di
cui  al  comma  1  dell'art.  3,  lettere  a),  b),  c),  e)  e   f),
costituiscono il patrimonio antico dell'ente collettivo, detto  anche
patrimonio civico o demanio civico. 
    Non sono invece richiamati i domini collettivi di cui all'art. 3,
comma 1, lettera d) ossia le terre di proprieta' di soggetti pubblici
o privati, sulle quali  i  residenti  del  comune  o  della  frazione
esercitano usi civici non ancora liquidati. 
    Nel gia' richiamato dossier n. 594 si specifica che tale  mancata
inclusione dei beni di cui alla predetta lettera d) «sembra  derivare
dal fatto che le terre di cui  alla  lettera  d)  appartengono  "iure
privatorum" a un ente collettivo oppure a un privato che, in entrambi
i casi, sfuggono alla qualifica di bene demaniale». 
    La piu' accreditata dottrina ha definito gli  usi  civici  in  re
aliena, ossia gravanti su terre private, come utilitates a  vantaggio
di una comunita' su di un determinato territorio che puo' appartenere
sia ad un soggetto privato  sia  ad  un'altra  collettivita'.  Si  e'
peraltro osservato come l'eventuale accostamento dell'uso  civico  in
re aliena alle servitu' prediali non rende possibile  individuare  un
fondo servente e un fondo dominante. 
    Si e' quindi proposto di qualificare l'uso civico come un diritto
che ha non solo le tradizionali caratteristiche reali di inerenza  al
fondo,  ma  anche  l'assolutezza,   l'opponibilita'   a   terzi,   la
difendibilita' in giudizio. Tuttavia, esso e' atipico perche' non  e'
costruito come un limite al potere del proprietario, ma come parte di
una situazione  dominicale  complessa,  in  cui  la  titolarita'  del
diritto e la sua utilizzazione concreta convivono non come situazioni
di eccezionale scomposizione  del  contenuto  proprietario,  ma  come
situazione normale, naturalmente costruita intorno alla dissociazione
tra dominio diretto e dominio utile. 
2.  Violazione  del  principio   di   uguaglianza   (art.   3   della
Costituzione) 
    In primo luogo l'art. 3, comma 3 della legge n.  168/2017  appare
in contrasto con l'art. 3 della Carta costituzionale in quanto regola
in  modo  eguale  situazioni  giuridiche  differenti.  Invero,   tale
disposizione assoggetta al medesimo regime di inalienabilita'  sia  i
domini collettivi di cui  all'art.  3,  comma  1,  lettera  d)  della
predetta legge sia i domini collettivi costituenti il demanio  civico
ex art.  3,  comma  2  della  legge  n.  168/2017.  Invero  la  Corte
costituzionale ha chiarito che la  discrezionalita'  del  legislatore
«trova pur sempre un limite  nel  "criterio  di  ragionevolezza",  il
quale "circoscrive la discrezionalita' del legislatore e  vincola  le
sue  scelte  all'adozione  di  soluzioni  coerenti  con  i  parametri
costituzionali"» (sentenza n. 70 del 2015, punto 8 del Considerato in
diritto cosi' come richiamato dalla ordinanza n. 96/2018). 
    Il  legislatore  cosi'  omette  di  considerare  la  natura   non
demaniale delle terre di proprieta' di soggetti pubblici  o  privati,
sulle quali i residenti del comune o della  frazione  esercitano  usi
civici non ancora liquidati. 
    La normativa cosi' comprime in modo ingiustificato il diritto  di
proprieta' spettante ai  soggetti  pubblici  o  privati  sulle  terre
gravate da usi civici. 
    La disposizione non appare dettata dall'esigenza di preservare  i
diritti esercitati dalla collettivita' poiche' il  trasferimento  del
diritto di proprieta' non appare  ostativo  all'esercizio  degli  usi
civici gravanti sul bene. 
    L'alienazione  del  bene  infatti  non  provoca  di  per  se'  la
cessazione dell'uso civico gravante su di  esso  al  pari  di  quanto
l'ordinamento giuridico prevede per altri diritti reali in re aliena. 
    Il  procedimento  di  liquidazione,  ove   non   fosse   impedita
l'alienazione ex art. 3, comma 3, legge  n.  168/2017,  ben  potrebbe
infatti essere avviato anche  dall'avente  causa  dell'alienante.  La
titolarita'  del  diritto  domenicale  appare  irrilevante   per   la
comunita'  stante  l'immutato  esercizio  dell'uso  civico  sul  bene
privato. 
    Le disposizioni della legge  n.  168/2017  appaiono  pertanto  in
contraddizione tra loro in quanto da un lato il comma 2  dell'art.  3
ribadisce la differenza esistente tra domini  collettivi  costituenti
il demanio civico e le terre private, dall'altro assoggetta  entrambe
le  differenti  tipologie  di  uso  civico  al  medesimo  regime   di
inalienabilita' (art. 3, comma 3). 
    Il regime di inalienabilita' previsto per il demanio  civico,  al
contrario, appare giustificato  dall'appartenenza  della  terra  alla
comunita' stessa di guisa che le limitazioni  alla  circolazione  del
bene appaiono funzionali  a  garantire  il  rispetto  dello  speciale
procedimento previsto dalla legge  6  giugno  1927,  n.  1766  e  dal
relativo regolamento di attuazione. 
    In  tal  modo,  il  legislatore   ha   inteso   contemperare   la
possibilita' di alienare tali domini collettivi con le esigenze della
collettivita' stessa prevedendo particolari condizioni soggettive per
il trasferimento ovvero specifiche modalita' di impiego  delle  somme
da versare per l'alienazione del bene. 
    Tali esigenze non sussistono invece per l'alienazione delle terre
private gravate da uso civico. In tal caso  infatti  il  proprietario
del bene dispone del proprio diritto di  proprieta'  senza  che  cio'
arrechi nocumento alla collettivita' stante  la  permanenza  dell'uso
civico gravante sul bene. 
    Il patrimonio della  collettivita'  inoltre  appare  indifferente
all'alienazione delle terre private non subendo ne' un incremento ne'
un decremento,  al  contrario  di  quanto  si  verifica  in  caso  di
alienazione dei beni costituenti il demanio civico. 
    In  virtu'  delle  considerazioni  che  precedono,  la  normativa
derivante dal combinato disposto dell'art. 3, comma  1,  lettera  d),
comma 2 e comma 3 appare irragionevole anche  sotto  il  profilo  del
bilanciamento tra la compressione del diritto del proprietario  e  la
tutela delle prerogative spettanti alla collettivita'. 
3. Violazione dell'art. 24 della Carta costituzionale 
    La Corte costituzionale ha piu' volte precisato che la garanzia -
riconosciuta dall'art. 24, primo comma, della Costituzione - di poter
agire in giudizio per la tutela dei propri  diritti  comprende  anche
l'esecuzione forzata, che e' diretta a rendere effettiva l'attuazione
del provvedimento del giudice (Corte costituzionale sentenza  n.  522
del 2002). 
    Come  recentemente  affermato,  «La  tutela  in  sede  esecutiva,
infatti, e' componente essenziale del diritto di accesso al  giudice:
l'azione  esecutiva  rappresenta  uno  strumento  indispensabile  per
l'effettivita'  della  tutela  giurisdizionale  perche'  consente  al
creditore di soddisfare la propria pretesa in mancanza di adempimento
spontaneo da parte del debitore (ex plurimis,  sentenze  n.  225  del
2018, n. 198 del 2010, n. 335 del 2004, n. 522 del 2002 e n. 321  del
1998; ordinanza n. 331 del 2001).  La  fase  di  esecuzione  coattiva
delle decisioni di giustizia, proprio in quanto componente intrinseca
ed  essenziale  della  funzione   giurisdizionale,   deve   ritenersi
costituzionalmente necessaria (sentenza n. 419 del 1995), stante  che
"il principio di  effettivita'  della  tutela  giurisdizionale  [...]
rappresenta un  connotato  rilevante  di  ogni  modello  processuale"
(sentenze n. 225 del 2018 e n. 304 del 2011). 
    E' certo  riservata  alla  discrezionalita'  del  legislatore  la
conformazione  degli  istituti  processuali,  con  il  limite   della
manifesta  irragionevolezza  o  arbitrarieta'  della  disciplina  (ex
plurimis, sentenze n. 44 del 2016, n. 10 del 2013 e n. 221 del 2008);
ma tale limite e' valicato "ogniqualvolta emerga  un'ingiustificabile
compressione del diritto di agire" (sentenza n. 225 del  2018;  negli
stessi termini, tra le tante, sentenze n. 87 del  2021,  n.  271  del
2019, n. 44 del 2016 e n. 335 del 2004)» (Cosi' Corte  costituzionale
sentenza 128 del 2021). 
    L'inalienabilita' prevista per le terre private di  cui  all'art.
3, comma 1, lettera d) testualmente prevista  dall'art.  3,  comma  3
della legge n. 168/2017 appare in contrasto  anche  con  il  precetto
dell'art. 24 della Carta costituzionale. 
    La normativa omette di considerare che il proprietario  del  bene
gravato da uso civico (al contrario di quanto avviene per l'occupante
privo di titolo per le terre appartenenti  al  demanio  civico)  puo'
legittimamente utilizzare il fondo purche'  cio'  non  contrasti  con
l'esercizio dei diritti di uso civico spettanti alla collettivita'. 
    In tal  modo  il  creditore,  in  pendenza  del  procedimento  di
liquidazione dell'uso civico, viene privato del diritto di  procedere
ad esecuzione forzata sul bene  senza  che  sia  finanche  apprestata
tutela  alla  conservazione  del  bene  del  debitore  che  godendone
potrebbe arrecare danni allo stesso. 
    La circostanza che il debitore possa  medio  tempore  godere  del
bene, con il  solo  limite  di  garantire  alla  collettivita'  l'uso
civico, rende estremamente probabile che l'esecutato si astenga  (non
essendovi obbligato) dal concludere il procedimento  di  liquidazione
cosi' da poter godere indefinitamente del bene stante la  persistenza
dell'uso civico non ancora liquidato. 
    Al contempo anche la  collettivita'  che  esercita  l'uso  civico
appare  meno  tutelata  nell'esercizio  del   proprio   diritto.   La
circostanza che  il  proprietario  del  bene  sia  un  soggetto  gia'
inadempiente alle  obbligazioni  assunte  verso  il  ceto  creditorio
impedirebbe alla collettivita' di  poter  ottenere  dallo  stesso  il
risarcimento  del  danno  nel  caso  in  cui  lo   stesso   impedisse
l'esercizio dell'uso civico, non potendo essere recuperate neppure le
spese legali dei relativi  procedimenti.  La  deficitaria  situazione
patrimoniale  del  proprietario  inoltre  esporrebbe  i  beni  ad  un
possibile decadimento in assenza della  necessaria  manutenzione  che
come noto richiede disponibilita' economico finanziarie. 
    In tal  modo  l'inalienabilita'  del  bene,  in  assenza  di  una
normativa che ne escluda l'applicabilita' ai procedimenti  esecutivi,
concorsuali ed in genere alle  vendite  coattive,  pone  il  debitore
nella condizione di sottrarsi alla vendita  coattiva  dei  suoi  beni
senza che cio' si traduca  nella  tutela  dei  diritti  esistenti  in
favore  della  collettivita'  che  la  legge  n.   168/2017   intende
salvaguardare. 
    Non vi e' infatti alcuna previsione che consenta ai creditori  di
avviare e concludere il procedimento di liquidazione dell'uso  civico
gravante sui beni di proprieta' del debitore e cio' finanche  qualora
il debitore abbia concesso diritti reali di garanzia sul bene. 
    Parimenti al giudice  dell'esecuzione  non  e'  attribuito  alcun
potere in merito al procedimento di liquidazione  volto  a  procurare
l'estinzione del diritto di uso civico. 
    La  normativa  appare  pertanto  irragionevole  e  comporta   una
sproporzionata compressione dei diritti  del  ceto  creditorio  senza
peraltro avere riguardo alla natura del soggetto  creditore  rispetto
al debitore.  Si  pensi  all'esecuzione  forzata  intrapresa  per  il
mancato pagamento di prestazioni alimentari o di mantenimento. 
    E' noto che  l'ordinamento  italiano  prevede  altre  ipotesi  di
inalienabilita' del  bene  ovvero  di  temporanea  incommerciabilita'
dello stesso.  In  tali  ipotesi,  tuttavia,  sono  salvaguardate  le
prerogative del ceto creditorio come avviene ad esempio in materia di
violazioni urbanistiche. 
    Ad esempio, il  divieto  di  alienazione  in  presenza  di  abusi
edilizi, non debitamente sanati, non opera nelle procedure esecutive.
In   presenza   di   abusi    sanabili,    inoltre,    e'    concessa
all'aggiudicatario nei centoventi giorni successivi all'emissione del
decreto di trasferimento la facolta' di provvedere alla sanatoria. In
tale ipotesi, il legislatore si e' avveduto della circostanza che  il
debitore potrebbe difettare di interesse a  concludere  la  sanatoria
ovvero potrebbe non disporre delle somme necessarie. In tal caso,  la
previsione  che  possa  provvedervi  l'aggiudicatario   consente   di
bilanciare il diritto del ceto creditorio con gli ulteriori interessi
contemperati dalla normativa urbanistica. 
    La previsione di cui all'art. 3, comma 3 della legge n.  168/2017
invece non  consente  alcuna  regolamentazione  delle  terre  private
gravate da  usi  civici  soggette  ad  esecuzione  forzata  con  cio'
manifestando  l'irragionevolezza  della  previsione  normativa,   non
corrispondendo tale divieto  di  alienazione  ad  alcun  apprezzabile
interesse dalla collettivita' che si intende tutelare. 
    Tale previsione puo' infatti essere ritenuta ragionevole soltanto
per i domini collettivi appartenenti al demanio civico. In tal  caso,
l'inalienabilita' non pregiudica l'interesse del ceto  creditorio  in
quanto il proprio debitore non risulta ancora proprietario del  bene,
il quale appartiene invece alla collettivita'. 
    Il creditore pertanto vanta una mera aspettativa a  che  il  bene
entri nel patrimonio del debitore. 
    I diritti minori ad esso spettanti (ad  esempio  l'enfiteusi  sui
generis  prevista  dalla  normativa  speciale)  in   pendenza   delle
procedure volte ad estinguere gli usi civici  sui  beni  del  demanio
civico sono correlati a specifici obblighi gravanti su tale  soggetto
e pertanto la inalienabilita'  appare  giustificata  pur  comprimendo
l'interesse dei creditori. 
    Il bene entrera' nel patrimonio del debitore soltanto in  seguito
alla conclusione del procedimento previsto dalla legge speciale. 
    Non si pone inoltre la tematica dei diritti  di  garanzia  atteso
che tali diritti, se esistenti, sono stati costituiti  in  violazione
della normativa vigente, e pertanto le  esigenze  del  creditore  non
appaiono  meritevoli  di  tutela  (si  pensi   all'ipoteca   concessa
dall'occupante abusivo). Parimenti l'eventuale occupazione del  bene,
ovvero   edificazione   dello   stesso,   rappresentano    situazioni
patologiche che non possono certo legittimare il debitore  a  ridurre
le proprie obbligazioni  mediante  l'alienazione  coattiva  del  bene
appartenente al demanio  civico  e  l'attribuzione  del  ricavato  ai
creditori. 
    Tali considerazioni appaiono inconferenti invece con riguardo  ai
beni gravati da uso civico dei quali il debitore e' proprietario. 
4. Violazione dell'art. 42 della Carta costituzionale 
    Infine, la previsione dell'inalienabilita'  delle  terre  private
gravate da usi civici appare lesiva del regime di proprieta'  privata
sancito dall'art. 42  della  Corte  costituzionale  con  riguardo  al
diritto di proprieta' esistente sulle terre  gravate  da  usi  civici
alla data di entrata in vigore della legge n. 168/2017. 
    Come si e' gia' avuto modo di argomentare infatti  per  i  domini
collettivi non appartenenti al demanio civico non sussistono  ragioni
di tutela della collettivita' che giustifichino la  compressione  del
diritto di proprieta' impedendone la circolazione, in  assenza  della
preventiva conclusione del procedimento  di  liquidazione.  Parimenti
non vi e' ragione per paralizzare le pretese creditorie e cio' specie
per le procedure pendenti. Invero, in tale ipotesi, il  creditore  si
trova  nell'impossibilita'  di  completare  l'iter  previsto  per  la
liquidazione dell'uso civico  poiche'  riservato  all'iniziativa  del
debitore esecutato, il quale potrebbe tuttavia difettare non solo  di
interesse ma anche delle risorse materiali per provvedervi. 
    La  normativa  di  cui  all'art.  3  della  legge  n.   168/2017,
nonostante la  formulazione  apparentemente  ricognitiva  del  regime
esistente appare, come  si  e'  avuto  modo  di  esporre,  innovativa
rispetto al regime previgente di  circolazione  delle  terre  private
introducendo  un  inedito  regime  di  inalienabilita'  di  beni   di
proprieta' privata. Tale nuovo regime viene introdotto in assenza  di
una disciplina transitoria ed in assenza di indennizzo. 
    E' nota a questo giudice  l'interpretazione  dell'art.  42  della
Corte  costituzionale  che   considera   necessaria   la   previsione
dell'indennizzo soltanto per i  provvedimenti  ablatori  a  carattere
particolare. 
    Nel  caso  di  specie,  tuttavia,  l'assenza  di  un   indennizzo
impedisce al ceto creditorio di concentrare  le  proprie  pretese  su
tale indennita' al contrario di quanto invece avverrebbe in  caso  di
esproprio ai sensi del testo unico n. 327/2001. 
    La introdotta inalienabilita'  delle  terre  private  applicabile
anche ai beni oggetto di procedura esecutiva pendente, in assenza  di
indennizzo, comporta  che,  a  fronte  della  improcedibilita'  della
procedura  esecutiva,  il  creditore  sia  sfornito  di  qualsivoglia
strumento di tutela delle proprie pretese, vedendosi privato ex  post
ed ex lege della possibilita' di espropriare il  bene  di  proprieta'
del debitore. 
    La Corte costituzionale ha affermato che  «E'  intuitivo  infatti
come   non   possa   escludersi   la   violazione   di   un   diritto
costituzionalmente  garantito,  sol  perche'  essa  e'  temporalmente
limitata. La nostra Costituzione dispone che "la  proprieta'  privata
e' riconosciuta e garantita dalla legge" (art. 42, secondo comma), in
armonia peraltro con un principio generalmente  condiviso  e  sancito
anche  nell'art.  17  della  Dichiarazione  universale  dei   diritti
dell'uomo, approvata alla unanimita'  da  tutti  gli  Stati  aderenti
all'ONU, secondo  cui:  "ogni  individuo  ha  diritto  di  avere  una
proprieta' personale o in comune con  altri.  Nessun  individuo  puo'
essere  arbitrariamente  privato  della  sua  proprieta'".   Non   e'
consentito percio' al legislatore ordinario  intervenire  liberamente
su  tale  posizione  soggettiva,  che  puo'   essere   legittimamente
compressa sol quando lo esiga il  limite  della  "funzione  sociale",
considerato nello stesso precetto costituzionale poc'anzi  ricordato:
funzione sociale, la quale esprime, accanto  alla  somma  dei  poteri
attribuiti  al  proprietario  nel  suo  interesse,   il   dovere   di
partecipare alla soddisfazione di  interessi  generali,  nel  che  si
sostanzia la nozione stessa del  diritto  di  proprieta'  come  viene
modernamente  intesa  e  come  e'   stata   recepita   dalla   nostra
Costituzione» (Corte Costituzionale sentenza n. 108 del 1986). 
    Nel caso di specie la circostanza che il bene  potrebbe  divenire
nuovamente alienabile a seguito della conclusione del procedimento di
liquidazione non consente di ritenere, ad avviso di  questo  giudice,
superata la prospettata violazione dell'art.  42  della  Costituzione
 in quanto obbliga il  proprietario  del  bene  ad  estinguere  l'uso
civico al  solo  fine  di  poter  disporre  del  proprio  diritto  di
proprieta'. 
    Come si e' detto, la normativa non appare dettata dalla finalita'
di garantire la  funzione  sociale  del  diritto  di  proprieta'  dal
momento che l'alienazione non interferirebbe  con  l'esercizio  degli
usi civici gravanti sul bene da parte della collettivita'. 
    Parimenti tale normativa pretermette gli interessi dei  creditori
anche nelle ipotesi in cui il diritto di credito derivi  da  esigenze
primarie espressione di diritti costituzionali quali il diritto  alla
retribuzione o al mantenimento  (creditore  procedente  lavoratore  o
beneficiario del diritto al mantenimento). 
    «La precisazione del contenuto della proprieta' nel rapporto  con
le istanze generali non puo' essere fatta in modo  che  essa  risulti
svuotata del tutto di contenuto: in tal caso non  ne  viene  moderato
l'esercizio, ma il diritto viene soppresso e  la  concessione  di  un
indennizzo non puo' essere evitata» (Corte costituzionale sentenza n.
79 del 1971). 
    L'equiparazione del regime giuridico delle terre private  gravate
da uso civico a quello previsto per i domini  collettivi  costituenti
il demanio civico finisce per svilire il  contenuto  del  diritto  di
proprieta' limitandone l'esercizio ed equiparando (quanto  al  regime
di  inalienabilita',  dell'indivisibilita',  dell'inusucapibilita'  e
della perpetua  destinazione  agro-silvo-pastorale)  il  proprietario
alla condizione dell'occupante in attesa di legittimazione. 
    L'assenza di una  procedura  di  indennizzo,  per  i  diritti  di
proprieta' su terre private gravate da uso civico esistenti alla data
di entrata in vigore della legge n. 168/2017, appare lesiva  sia  dei
diritti del proprietario, ove lo stesso non disponesse di risorse per
completare l'iter necessario alla liquidazione, sia  in  via  mediata
lesiva del diritto di credito vantato dal ceto  creditorio  garantito
dai   beni   del    proprietario-debitore,    apparendo,    pertanto,
irragionevole  anche  sotto   tale   profilo   e   costituzionalmente
illegittima per violazione degli articoli 42 e 24 della  Costituzione
in relazione all'art. 3 della Carta Costituzionale. 
    Ritenuto: 
        che le questioni sollevate siano pregiudiziali, non potendosi
statuire in ordine all'emissione  del  decreto  di  trasferimento  in
assenza del  preventivo  scrutinio  della  Consulta  in  merito  alla
commerciabilita' degli immobili staggiti; 
        che la questione non sia manifestamente infondata, per  tutti
i motivi addotti; 
        che la  lettera  della  legge  non  consenta  interpretazioni
alternative, compatibili col dettato costituzionale,  che  consentano
al giudice di escludere dall'applicazione dell'art. 3, comma 3  della
legge n. 168/2017 i beni di cui alla lettera d)  del  comma  1  della
predetta disposizione; 
        che infatti l'art. 3, comma 3  della  legge  n.  168/2017  e'
chiaramente riferito a tutti i domini collettivi di cui  all'art.  3,
comma 1 della medesima legge di tal che' ne  risultano  espressamente
ricomprese anche «le terre  di  proprieta'  di  soggetti  pubblici  o
privati,  sulle  quali  i  residenti  del  comune  o  della  frazione
esercitano  usi  civici»  in  quanto  espressamente  definite  domini
collettivi ex art. 3, comma 1 della predetta legge n. 168/2017; 
        che peraltro il medesimo legislatore all'art. 3, comma  2  ha
inteso ricomprendere nel demanio civico i soli domini  collettivi  di
cui alle lettere a), b), c), e) e f) con l'esclusione dei  domini  di
cui alla lettera d)  mentre  la  predetta  esclusione  non  e'  stata
prevista dal successivo comma 3; 
        che dai lavori parlamentari, ed in specie dal dossier n.  594
elaborato dal servizio studi della Camera dei deputati, non  si  trae
nessuna indicazione circa l'esclusione dei beni di  cui  all'art.  3,
comma 1,  lettera  d)  dal  regime  di  inalienabilita'  previsto  al
successivo art. 3, comma 3 della legge n. 168/2017; 
        che l'art. 12 delle preleggi al codice civile  statuisce  che
«nell'applicare la legge non si puo' ad essa attribuire  altro  senso
che quello fatto palese dal significato proprio delle parole  secondo
la connessione di esse» e che pertanto  l'attivita'  ermeneutica  non
puo' produrre un risultato interpretativo in aperto contrasto con  il
significato letterale del testo normativo. 
      
 
                                P.Q.M. 
 
    Il Tribunale di Viterbo in persona del giudice  della  esecuzione
immobiliare  dott.  Antonino  Geraci,  solleva,  in  relazione   agli
articoli 3, 24 e 42 della Costituzione, questione  di  illegittimita'
costituzionale dell'art. 3, comma 3, legge n. 168/2017,  nella  parte
in cui nel prevedere che «il regime giuridico  dei  beni  di  cui  al
comma   1   resta   quello    dell'inalienabilita'»    non    esclude
dall'applicazione di tale regime i domini collettivi di cui al  primo
comma, lettera d) del medesimo art. 3. 
    Dispone la sospensione  della  procedura  esecutiva  in  corso  e
ordina  la  trasmissione  dell'ordinanza  e  degli  atti  alla  Corte
costituzionale, unitamente alla prova delle notificazioni eseguite. 
    Ordina che, a cura della cancelleria, la presente  ordinanza  sia
notificata alle parti, alla Presidenza del Consiglio dei  ministri  e
ai  presidenti  della  Camera  dei  deputati  e  del   Senato   della
Repubblica, ex art. 23, ultimo comma, legge n. 87/1953. 
    Si comunichi. 
        Viterbo, 22 aprile 2022 
 
                         Il Giudice: Geraci