N. 76 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 7 ottobre 2022
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 7 ottobre 2022 (della Regione Piemonte). Spettacolo - Regioni - Delega al Governo e altre disposizioni in materia di spettacolo - Previsione che nell'ambito delle competenze istituzionali e nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente, le Regioni, in applicazione dei principi di sussidiarieta', adeguatezza, prossimita' ed efficacia, concorrono all'attuazione dei principi generali di cui all'art. 1 della legge n. 175 del 2017, quali principi fondamentali ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione. Spettacolo - Regioni - Delega al Governo e altre disposizioni in materia di spettacolo - Osservatorio dello spettacolo - Previsione che la relativa composizione e le modalita' di funzionamento sono definite con uno o piu' decreti del Ministro della cultura, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentita la Conferenza Stato-Regioni. Spettacolo - Regioni - Delega al Governo e altre disposizioni in materia di spettacolo - Sistema nazionale a rete degli osservatori dello spettacolo - Definizione, con decreto del Ministro della cultura, previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, delle modalita' di coordinamento e di indirizzo dell'osservatorio dello spettacolo nell'ambito del Sistema nazionale - Previsione che con il medesimo decreto sono stabilite, peraltro, le modalita' operative di realizzazione e funzionamento del predetto Sistema. Spettacolo - Regioni - Delega al Governo e altre disposizioni in materia di spettacolo - Osservatori regionali dello spettacolo - Previsione che le Regioni, sulla base di criteri stabiliti con accordi sanciti in sede di Conferenza Stato-Regioni, promuovono l'istituzione dei medesimi osservatori e verificano, anche attraverso questi ultimi, l'efficacia dell'intervento pubblico nel territorio rispetto ai risultati conseguiti - Previsione che le Regioni promuovono e sostengono, attraverso tali osservatori, anche con la partecipazione delle Province, delle Citta' metropolitane e dei Comuni, direttamente o in concorso con lo Stato, le attivita' dello spettacolo dal vivo. - Legge 15 luglio 2022, n. 106 (Delega al Governo e altre disposizioni in materia di spettacolo), artt. 5, comma 6; 6, comma 2, lettera c); 7, comma 1, primo periodo; 7, comma 1, secondo periodo; 7, comma 1, secondo periodo, lettera c).(GU n.47 del 23-11-2022 )
Ricorso della Regione Piemonte (codice fiscale n. 80087670016), in persona del Presidente della Regione pro tempore on. Alberto Cirio, autorizzato con deliberazione della Giunta regionale del 27 settembre 2022, n. 1 - 5675 (doc. 1), rappresentata e difesa, come da procura speciale in calce al presente ricorso, congiuntamente e disgiuntamente, dall'avvocato prof. Giandomenico Falcon (codice fiscale: FLCGDM45C06L736E) del Foro di Padova, con studio in Padova, via San Gregorio Barbarigo n. 4; telefono 049/660231; telefax 049/8776503; PEC: giandomenico.falcon@ordineavvocatipadova.it e dall'avvocato Marialaura Piovano (codice fiscale: PVNMLR62D57L219F) dell'Avvocatura regionale, Torino, corso Regina Margherita n. 174, telefono 011/4323274, telefax 011/4324889, PEC: marialaura.piovano@cert.regione.piemonte.it, con domicilio eletto presso l'avv. Andrea Manzi (codice fiscale: MNZNDR64T26I804V) del Foro di Roma, con studio in Roma, via Alberico II, 33, telefono 06/3200355, telefax 06/3211370, PEC: andreamanzi@ordineavvocatiroma.org; per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale, degli articoli: 5, comma 6; 6, comma 2, lettera c); 7, comma 1, primo periodo; 7, comma 1, secondo periodo; 7, comma 1, lettera c), della legge 15 luglio 2022, n. 106 recante «Delega al Governo e altre disposizioni in materia di spettacolo», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana - Serie generale - n. 180 del 3 agosto 2022; per violazione: degli articoli 117, commi terzo, quarto e sesto, e 118, primo e secondo comma, della Costituzione; del principio di leale collaborazione (art. 120, secondo comma, della Costituzione); del principio di legalita' (art. 97, secondo comma, della Costituzione); dei principi di proporzionalita' e ragionevolezza (art. 3 della Costituzione). Fatto Nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 3 agosto 2022, n. 180, e' stata pubblicata la legge 15 luglio 2022, n. 106, recante «Delega al Governo e altre disposizioni in materia di spettacolo». Come enuncia il titolo stesso della legge, essa contiene, accanto alle norme di delega (che non formano oggetto della presente controversia), altre disposizioni, destinate a trovare applicazione immediata e in parte dirette alle Regioni, comprese quelle ad autonomia speciale. Alcune di esse risultano, ad avviso della ricorrente Regione, lesive delle proprie attribuzioni costituzionali. Si tratta, in particolare, di talune disposizioni degli articoli 5, 6 e 7 della legge. Conviene tuttavia premettere, per chiarezza in relazione all'oggetto del presente giudizio, che non si contestano in quanto tali, in questa sede, ne' l'Osservatorio nazionale dello spettacolo e i compiti ad esso attribuiti, ne' il Sistema nazionale a rete degli osservatori dello spettacolo; si contestano, invece, da un lato difetti di leale collaborazione nel delineare il ruolo delle Regioni, nel sistema cosi' istituito, dall'altro talune interferenze, ad avviso della ricorrente Regione indebite, che la legge statale prevede sulle modalita' di esercizio delle competenze legislative e amministrative della Regione. Le disposizioni oggetto del presente giudizio. Gli articoli 5 e 6 della legge n. 106 del 2022 innovano profondamente la natura dell'Osservatorio dello spettacolo, organo gia' istituito dall'art. 5 della legge 30 aprile 1985, n. 163. Questo era un organismo meramente interno, istituito nell'ambito dell'ufficio studi e programmazione dell'allora Ministero del turismo e dello spettacolo. Il nuovo Osservatorio, invece, e' istituito «al fine di promuovere le iniziative nel settore dello spettacolo» quale baricentro del Sistema nazionale a rete degli osservatori dello spettacolo istituito dall'art. 6 del quale «fanno parte» - ai sensi del primo comma - «l'Osservatorio dello spettacolo, di cui all'art. 5, e gli osservatori regionali dello spettacolo, di cui all'art. 7». Si tratta, dunque, di un sistema integrato e condiviso tra Stato e Regioni. Esso e' ora chiamato, oltre che a raccogliere i dati e gli elementi di conoscenza di cui all'art. 5, comma 2, ad «individuare le linee di tendenza dello spettacolo nel suo complesso e dei singoli settori nei mercati nazionali e internazionali», a promuovere «il coordinamento con le attivita' degli osservatori istituiti dalle regioni con finalita' analoghe, anche al fine di favorire l'integrazione di studi, ricerche e iniziative scientifiche in tema di promozione nel settore dello spettacolo» (art. 5, comma 3) e a provvedere «alla realizzazione del Sistema informativo nazionale dello spettacolo, al quale concorrono tutti i sistemi informativi esistenti». In questo quadro, ad avviso della ricorrente Regione e come meglio si dira' nella parte in diritto, la compartecipazione delle Regioni mediante il meccanismo dell'intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, come disciplinato dalla legge n. 281 del 1997, risulta costituzionalmente necessaria non solo per la definizione delle «modalita' di coordinamento e di indirizzo dell'Osservatorio dello spettacolo nell'ambito del Sistema nazionale», come previsto dall'art. 6, comma 2, bensi' - ed in primo luogo - per la definizione della «composizione e delle modalita' di funzionamento dell'Osservatorio nazionale». Invece, l'art. 5, comma 6, prevede che le Regioni siano semplicemente sentite, e dunque coinvolte soltanto mediante l'espressione di un parere espresso. Di qui la presente impugnazione. L'art. 6 della legge istituisce, come detto, il «sistema nazionale a rete degli osservatori dello spettacolo», integrato tra Stato e Regioni: al fine di "assicurare omogeneita' ed efficacia all'azione conoscitiva del settore dello spettacolo dal vivo e di supporto pubblico alle relative attivita', e' istituito il Sistema nazionale a rete degli osservatori dello spettacolo, di seguito denominato «Sistema nazionale», del quale fanno parte l'Osservatorio dello spettacolo, di cui all'art. 5, e gli osservatori regionali dello spettacolo, di cui all'art. 7". Il comma 2 affida ad un decreto del Ministro della cultura, adottato previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, la definizione delle modalita' di coordinamento e di indirizzo dell'Osservatorio dello spettacolo nell'ambito del Sistema nazionale. La presente impugnazione non solo non contesta tale meccanismo, ma al contrario ne chiede l'estensione alla stessa disciplina dell'Osservatorio nazionale. Il comma 3 prevede che lo stesso decreto regoli anche: a) le modalita' operative per lo svolgimento di attivita' a supporto degli osservatori regionali o in collaborazione con essi, nel territorio di rispettiva competenza; b) le modalita', gli strumenti e i criteri per il monitoraggio delle attivita' dello spettacolo, nonche' per la raccolta, la valutazione e l'analisi dei relativi dati, anche a supporto delle attivita' di programmazione, monitoraggio e valutazione degli interventi; c) le modalita' operative di realizzazione e funzionamento del Sistema nazionale. La presente impugnazione si riferisce alla lettera c), ed ha natura cautelativa. Infatti, l'ambito delle «modalita' operative di realizzazione e funzionamento del Sistema nazionale» risulta indeterminato, e potrebbe essere inteso nel senso di includere la stessa disciplina degli Osservatori regionali dello spettacolo. L'art. 7 e' dedicato agli Osservatori regionali dello spettacolo. Esso si apre, in realta', con una enunciazione generale concernente la materia dello spettacolo, secondo la quale «nell'ambito delle competenze istituzionali e nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente, le regioni, in applicazione dei principi di sussidiarieta', adeguatezza, prossimita' ed efficacia, concorrono all'attuazione dei principi generali di cui all'art. 1 della legge 22 novembre 2017, n. 175, quali principi fondamentali ai sensi dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione» (comma 1, primo periodo). La ricorrente Regione ritiene che tale formulazione sia in evidente contrasto con le sue competenze costituzionali. Il secondo periodo riguarda specificamente gli Osservatori regionali, disponendo che le Regioni, «sulla base di criteri stabiliti con accordi sanciti in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano: a) promuovono l'istituzione di osservatori regionali dello spettacolo per la condivisione e lo scambio di dati e di informazioni sulle attivita' dello spettacolo dal vivo; b) verificano, anche attraverso gli osservatori regionali dello spettacolo, l'efficacia dell'intervento pubblico nel territorio rispetto ai risultati conseguiti, anche attraverso attivita' di monitoraggio e valutazione, in collaborazione con l'Osservatorio dello spettacolo; c) promuovono e sostengono, attraverso gli osservatori regionali dello spettacolo, anche con la partecipazione delle province, delle citta' metropolitane e dei comuni, direttamente o in concorso con lo Stato, le attivita' dello spettacolo dal vivo». La ricorrente Regione ritiene che il vincolo della propria legislazione agli accordi sanciti in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano non sia conforme alla Costituzione. Ritiene inoltre che si a costituzionalmente illegittima, in particolare, la lettera c), nella parte in cui dispone che l 'attivita' di promozione e di sostegno regionale dello spettacolo dal vivo sia svolta «attraverso gli osservatori regionali dello spettacolo, anche con la partecipazione delle province, delle citta' metropolitane e dei comuni, direttamente o in concorso con lo Stato». Cosi' precisato l'oggetto della presente impugnazione, la Regione ritiene che le disposizioni indicate in epigrafe siano costituzionalmente illegittime per le seguenti ragioni di Diritto Le competenze regionali in materia di spettacolo (e di organizzazione amministrativa). L'intervento normativo censurato riguarda lo spettacolo, attivita' che la giurisprudenza di codesta Corte ha ricondotto alla competenza legislativa concorrente della Regione e segnatamente al titolo «valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attivita' culturali» fin dalla sentenza n. 255 del 2004 e dalla successiva sentenza n. 285 del 2005. Infatti, nella sentenza n. 255 del 2004 codesta Corte costituzionale, rilevando che l'assenza delle attivita' di sostegno degli spettacoli nel catalogo di materie di cui al nuovo art. 117 della Costituzione non implica automaticamente che tale settore sia stato affidato alla esclusiva responsabilita' delle Regioni, ha affermato che «la materia concernente la "valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attivita' culturali", affidata alla legislazione concorrente di Stato e Regioni ... ricomprende senza dubbio nella sua seconda parte, nell'ambito delle piu' ampie attivita' culturali, anche le azioni di sostegno degli spettacoli». La sentenza evidenzia che nell'art. 117, comma terzo, della Costituzione, la materia della «promozione ed organizzazione di attivita' culturali» e' attribuita alle Regioni «senza esclusione alcuna, salvi i soli limiti che possono indirettamente derivare dalle materie di competenza esclusiva dello Stato ai sensi del secondo comma dell'art. 117 della Costituzione (come, ad esempio, dalla competenza in tema di «norme generali sull'istruzione» o di tutela dei beni culturali')". Con la conseguenza che «ora le attivita' culturali di cui al terzo comma dell'art. 117 della Costituzione riguardano tutte le attivita' riconducibili alla elaborazione e diffusione della cultura, senza che vi possa essere spazio per ritagliarne singole partizioni come lo spettacolo». La sentenza citata conclude, significativamente, che «questo riparto di materie evidentemente accresce molto le responsabilita' delle Regioni, dato che incide non solo sugli importanti e differenziati settori produttivi riconducibili alla cosiddetta industria culturale, ma anche su antiche e consolidate istituzioni culturali pubbliche o private operanti nel settore (come, ad esempio e limitandosi al solo settore dello spettacolo, gli enti lirici o i teatri stabili); con la conseguenza, inoltre, di un forte impatto sugli stessi strumenti di elaborazione e diffusione della cultura (cui la Costituzione, non a caso all'interno dei "principi fondamentali", dedica un significativo riferimento all'art. 9)». L'evocazione dell'art. 9 della Costituzione, del resto, e' altamente significativa, posto che la disposizione in parola proclama che «la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica», e dunque intesta la funzione di promozione al complesso degli enti menzionati dall'art. 114, primo comma, della Costituzione: sicche' l'attribuzione alle Regioni di competenza concorrente in materia di «valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attivita' culturali», cosi' come la parallela devoluzione della materia di «ricerca scientifica e tecnologica», altro non e' che il coerente riflesso, sul piano del riparto, del principio promanante dall'art. 9, primo comma, della Costituzione La sentenza n. 285 del 2004 ha poi confermato, riprendendo la sentenza n. 255 del 2004 che "«le attivita' di sostegno degli spettacoli», tra i quali evidentemente rientrano le attivita' cinematografiche, sono sicuramente riconducibili alla materia «promozione ed organizzazione di attivita' culturali» affidata alla legislazione concorrente di Stato e Regioni" e che "[le] «attivita' culturali» di cui all'art. 117, terzo comma, della Costituzione, ... «riguardano tutte le attivita' riconducibili alla elaborazione e diffusione della cultura, senza che vi possa essere spazio per ritagliarne singole partizioni come lo spettacolo» (sentenza n. 255 del 2004)". Piu' recentemente, allo stesso titolo sono stati ascritti gli spettacoli di rievocazione storica (sentenza n. 71 del 2018). Per completezza di illustrazione si deve aggiungere che le norme impugnate riguardano anche la materia di «organizzazione amministrativa delle Regioni e degli enti pubblici regionali». Trattasi di "materia ... attribuita alla competenza residuale delle Regioni (art. 117, quarto comma, della Costituzione), da esercitare nel rispetto dei «principi fondamentali di organizzazione e funzionamento» fissati negli statuti (art. 123 della Costituzione), non soggetta, invece, ai principi fondamentali della materia, perche' «disciplina statale non e' rilevante per l'esercizio della podesta' legislativa regionale in materia residuale, ai sensi dell'art. 117, quarto comma della Costituzione» (in questi termini la sentenza n. 233 del 2006). Nell'esercizio di queste competenze diverse Regioni ordinarie si sono gia' dotate di Osservatori regionali dello spettacolo, o di organismi affini. Si richiama l'art. 38, della legge regionale Veneto 6 maggio 2019, n. 17, «Legge per la cultura», che ha istituito presso la Giunta regionale «l'Osservatorio dello spettacolo dal vivo che, ai fini dello sviluppo e evoluzione del settore, analizza l'offerta di spettacolo nel territorio in tutte le sue forme»; l'art. 8, comma 1, della legge regione Emilia-Romagna 5 luglio 1999, n. 13, «Norme in materia di spettacolo», secondo cui «la Regione provvede direttamente all'organizzazione di attivita': ... b) di osservatorio sulle realta' dello spettacolo, anche con la collaborazione di enti locali ed operatori dello spettacolo al fine di realizzare rilevazioni, analisi e ricerche, anche per valutare gli andamenti del settore e l'efficacia dell'intervento regionale»; l'art. 10 della legge regionale Basilicata 12 dicembre 2014, n. 37, «Promozione e sviluppo dello spettacolo», che istituisce, «senza oneri per la finanza regionale, l'Osservatorio regionale per lo spettacolo, incardinato nell'ufficio competente, al fine di favorire la promozione e lo sviluppo dei processi culturali regionali»; l'art. 11 della legge regionale Campania 15 giugno 2007, n. 6, recante «Disciplina degli interventi regionali di promozione dello spettacolo», ai sensi del quale «e' istituito l'osservatorio regionale sullo spettacolo, presieduto dall'assessore al ramo, e di cui fanno parte, oltre al dirigente del settore competente, tre esperti della materia designati: a) uno dalle associazioni di categoria; b) uno dall'assessore regionale competente; c) uno dalla commissione consiliare permanente competente per materia», Osservatorio cui la medesima legge regionale intitola diverse funzioni; la legge regionale Puglia 29 aprile 2004, n. 6, «Norme organiche in materia di spettacolo e norme di disciplina transitoria delle attivita' culturali», che all'art. 6 istituisce «l'Osservatorio regionale dello spettacolo composto da cinque esperti di nomina regionale, di cui tre designati rispettivamente dall'Associazione nazionale Comuni italiani (ANCI) e dall'Unione delle Province d'Italia (UPI) e dall'associazione di categoria maggiormente rappresentativa delle organizzazioni dello spettacolo» (comma 1), organismo che «rileva ed elabora dati ed elementi tecnici utili alla predisposizione del programma regionale di cui all'art. 5, in ordine agli operatori e alle attivita' di spettacolo sul territorio regionale. Fornisce, a richiesta degli enti di cui all'art. 3, pareri sulle attivita' ivi descritte» (comma 2). La Regione Piemonte ha disciplinato la materia dello spettacolo da ultimo con la legge regionale 1° agosto 2018, n. 11, «Disposizioni coordinate in materia di cultura, che riordina la legislazione della materia». Tale legge affida alla Regione le funzioni di programmazione, indirizzo e sostegno delle attivita' culturali e dello spettacolo, anche attraverso l'armonizzazione ed il coordinamento di risorse, programmi e progetti con i differenti livelli istituzionali, previa intesa o accordo, tenendo conto delle istanze emergenti dai territori e conformandosi ai principi di sussidiarieta' verticale e orizzontale e di trasparenza nell'utilizzo delle risorse (art. 4, comma 1). Con riferimento allo spettacolo dal vivo, l'art. 31, comma 2, dispone che la Regione valorizza e sostiene le attivita' di spettacolo dal vivo, anche favorendo lo sviluppo delle iniziative produttive, distributive, di promozione e ricerca, poi analiticamente descritte nelle lettere da a) a h). Ai sensi del comma 5 la Regione riconosce anche «il ruolo specifico della Fondazione Piemonte dal Vivo quale circuito regionale multidisciplinare, volto alla distribuzione e alla diffusione dello spettacolo dal vivo sul territorio regionale, alla crescita e alla formazione del pubblico, al consolidamento del sistema regionale dello spettacolo e allo sviluppo di specifici progetti di promozione, anche in collaborazione con realta' di rilievo nazionale e internazionale, fatta salva l'esclusione di attivita' diretta o indiretta di produzione». Il comma 5 dell'art. 31 prevede che «la Giunta regionale, ai sensi dell'art. 8, istituisce con propria deliberazione un tavolo tematico, quale sede di consultazione e confronto, composto dalle associazioni di categoria maggiormente rappresentative a livello regionale operanti nell'ambito dello spettacolo dal vivo». Altre disposizioni si occupano delle sovvenzioni per le sedi di attivita' culturali e di spettacolo (art. 34). Invece, ad avviso della ricorrente Regione le disposizioni impugnate della legge n. 106 del 2022 non tengono conto del quadro di competenze costituzionali sopra delineato, ma al contrario lo contraddicono nei modi e sotto i profili di seguito illustrati. I. Illegittimita' costituzionale dell'art. 7, comma 1, primo periodo, della legge n. 106 del 2022, per violazione dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione. La Regione impugna in primo luogo l'art. 7, primo comma, primo periodo, della legge n. 106 del 2022, per violazione dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione secondo il quale «nell'ambito delle competenze istituzionali e nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente, le regioni, in applicazione dei principi di sussidiarieta', adeguatezza, prossimita' ed efficacia, concorrono all'attuazione dei principi generali di cui all'art. 1 della legge 22 novembre 2017, n. 175, quali principi fondamentali ai sensi dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione». Come si e' esposto in narrativa, la disposizione rappresenta una dichiarazione programmatica con cui il legislatore della legge n. 106 del 2022 definisce riduttivamente la posizione costituzionale della Regione nella materia dello spettacolo, di competenza concorrente («promozione e organizzazione di attivita' culturali»). La ragione dell'illegittimita' consiste nel contrasto con la regola costituzionale di riparto nelle materie di competenza concorrente, nella quale «spetta alle Regioni la potesta' legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato», secondo quanto recita il secondo periodo del terzo comma dell'art. 117 della Costituzione: formulazione che, come ha osservato codesta Corte gia' a ridosso della entrata in vigore della legge della Costituzione n. 3 del 2001, «rispetto a quella previgente dell'art. 117, comma 1, esprime l'intento di una piu' netta distinzione fra la competenza regionale a legiferare in queste materie e la competenza statale, limitata alla determinazione dei principi fondamentali della disciplina» (sentenza n. 282 del 2002, piu' volte ripresa in seguito, da ultimo nelle sentenze n. 231 del 2017, punto 9.3.2 e n. 126 del 2017, punto 4.1.). Sembra evidente, infatti, da un lato che la titolarita' regionale della materia, salvo il solo limite dei principi fondamentali posti dalla legge dello Stato, non puo' essere descritta in termini di mero «concorso» all'attuazione di tali principi; dall'altro, che ove e nei limiti in cui il principio di sussidiarieta' imponesse l'attrazione di funzioni allo Stato, cio' dovrebbe avvenire nel quadro delle regole sancite sin dalla sentenza n. 303 del 2003; ancora, che, per quanto riguarda la disciplina e la distribuzione delle funzioni nel territorio della Regione, ogni valutazione di sussidiarieta', adeguatezza, prossimita' ed efficacia compete al legislatore regionale; infine, che il limite «delle risorse disponibili» puo' riferirsi soltanto alle assegnazioni sull'apposito fondo, ma non puo' incidere sull'autonomia di spesa della Regione. La norma impugnata, dunque, declassa una potesta' concorrente, caratterizzata dal concorso vincolato tra principi statali e disciplina di svolgimento di spettanza regionale, ad una minore potesta' legislativa regionale, della quale lo Stato gia' in via ordinaria (e non solo per le eventuali e derogatorie esigenze di sussidiarieta') sarebbe competente non solo a dettare i principi, ma a stabilire esso stesso la disciplina della materia, al cui completamento la Regione sarebbe chiamata soltanto a concorrere. II. Illegittimita' costituzionale dell'art. 5, comma 6, della legge n. 106 del 2022, per violazione degli articoli 117, terzo comma, 118, primo e secondo comma, della Costituzione, e del principio di leale collaborazione (art. 120, secondo comma, della Costituzione). La Regione censura anche l'art. 5, comma 6, della legge n. 106 del 2022, nella parte in cui prevede che i decreti del Ministro della cultura, di concerto con il Ministro del lavoro, diretti a regolare la composizione e le modalita' di funzionamento dell'Osservatorio sono adottati «sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome», anziche' «d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome». Precisamente, la disposizione impugnata prevede che «la composizione e le modalita' di funzionamento dell'Osservatorio sono definite con uno o piu' decreti del Ministro della cultura, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia, che si pronunciano entro quaranta giorni dalla trasmissione degli schemi di decreto, trascorsi i quali i decreti possono essere adottati anche in mancanza del parere. Con i medesimi decreti sono stabilite le modalita' di raccolta e pubblicazione delle informazioni di cui al comma 2 e di tenuta del registro di cui al comma 5, le modalita' operative di realizzazione, gestione e funzionamento del Sistema informativo nazionale dello spettacolo, nonche' la composizione e le modalita' di funzionamento, senza oneri per la finanza pubblica, della Commissione tecnica di cui al comma 5». La Regione, nel presente ricorso, non contesta la determinazione del legislatore statale di istituire, ben oltre il mero coordinamento informativo, un sistema a rete complessivamente orientato alla promozione delle iniziative nel settore dello spettacolo, ne' contesta il ruolo generale di coordinamento assegnato all'Osservatorio nazionale nel sistema a rete. Essa ritiene, tuttavia, che la condivisione debba operare anche in relazione alla struttura e composizione del baricentro del sistema comune, nel momento in cui la relativa disciplina viene affidata ad una fonte secondaria. La Regione ricorrente deve infatti evidenziare che nel momento in cui lo Stato si intitola funzioni in una materia regionale ai sensi dell'art. 117, terzo comma, eccedenti la competenza statale sul coordinamento informativo dei dati delle amministrazioni territoriali, ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera r), della Costituzione, l'incisione delle attribuzioni legislative ed amministrative regionali puo' passare soltanto per le forme costituzionalmente ammesse dopo la riforma del Titolo V della parte seconda della Costituzione, vale a dire in applicazione del principio di sussidiarieta' nella sua valenza ascendente e nel rispetto del principio di leale collaborazione, sancito dall'art. 120, secondo comma, della Costituzione. Si noti che le scelte che il decreto interministeriale e' chiamato ad operare sono di carattere politico-discrezionale, e non meramente tecnico, considerato che esso dovra' regolare anche e prima di tutto la composizione dell'organo, e che la legge non da' indicazione alcuna su questo punto. Di qui la necessita' che il principio di leale collaborazione sia declinato nella forma della intesa e non in quella minimale della mera consultazione. III. Illegittimita' costituzionale dell'art. 6, comma 2, lettera c), della legge n. 106 del 2022, per violazione dell'art. 117, terzo, quarto e sesto comma, della Costituzione, e dei principi costituzionali sui rapporti tra atti normativi statali e fonti regionali, confermati anche dall'art. 117, sesto comma, della Costituzione. Violazione del principio di legalita' (art. 97, secondo comma, della Costituzione). La Regione, in via cautelativa, impugna anche l'art. 6, comma 2, lettera c), della legge n. 106 del 2022. L'art. 6, comma 2, della legge, dopo aver previsto che «con decreto del Ministro della cultura, da adottare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono definite le modalita' di coordinamento e di indirizzo dell'Osservatorio dello spettacolo nell'ambito del Sistema nazionale», aggiunge che «con il medesimo decreto sono stabiliti: a) le modalita' operative per lo svolgimento di attivita' a supporto degli osservatori regionali o in collaborazione con essi, nel territorio di rispettiva competenza; b) le modalita', gli strumenti e i criteri per il monitoraggio delle attivita' dello spettacolo, nonche' per la raccolta, la valutazione e l'analisi dei relativi dati, anche a supporto delle attivita' di programmazione, monitoraggio e valutazione degli interventi; c) le modalita' operative di realizzazione e funzionamento del Sistema nazionale». Come si e' anticipato nella parte narrativa, la censura della Regione e' diretta contro la lettera c), per l'ipotesi che l'oggetto «modalita' operative di realizzazione e funzionamento del Sistema nazionale» - Sistema del quale, come pure si e' ricordato, fanno parte l'Osservatorio nazionale dello spettacolo, di cui all'art. 5, e gli Osservatori regionali dello spettacolo, di cui all'art. 7 - comprenda anche la disciplina degli Osservatori regionali. La ricorrente Regione non ritiene che tale ipotesi sia fondata, e che al contrario la legge statale nel suo insieme debba essere intesa nel senso che la disciplina degli osservatori regionali dello spettacolo rimane - come e' sempre stata - rimessa al legislatore regionale. Ove cosi' non fosse, la disposizione sarebbe invece illegittima in parte qua, sotto diversi profili. 3.1. Anzitutto, la norma andrebbe ad invadere la potesta' residuale in materia di organizzazione regionale, ai sensi dell'art. 117, quarto comma, della Costituzione Infatti, l'organizzazione di un ufficio regionale verrebbe regolata da una fonte statale, priva di competenza in materia di organizzazione regionale. 3.2. Sotto un secondo profilo, trattandosi di fonte statale secondaria, di carattere sostanzialmente regolamentare, l'incompetenza dell'atto e' evidenziabile anche in riferimento all'art. 117, sesto comma, della Costituzione, che riconosce alla Stato competenza regolamentare solo «nelle materie di legislazione esclusiva»: cio' che non si puo' dire, all'evidenza, per la disciplina degli Osservatori regionali dello spettacolo, peraltro in molti casi gia' istituiti e disciplinati con legge regionale, come e' avvenuto, ad esempio, nel caso della Regione Veneto, che ha istituito l'Osservatorio dello spettacolo dal vivo, con sede presso la Giunta regionale (art. 38 della legge regionale 16 maggio 2019, n. 17, «Legge per la cultura»). 3.3. Anche se si volesse prescindere da tale limitazione, la norma, ove consentisse alla fonte regolamentare di condizionare la legge regionale sulla organizzazione dell'osservatorio regionale dello spettacolo, risulterebbe illegittima per contrasto con i principi costituzionali in materia di rapporti tra fonti statali e fonti regionali, derivanti dalla natura di legge della fonte regionale, assoggettata ad uno specifico sistema di limiti di carattere legislativo (art. 117, primo, terzo e quarto comma, della Costituzione): di modo che sono in ogni caso esclusi nelle materie di competenza concorrente, limitazioni derivanti da fonti regolamentari o comunque secondarie. Si noti che, anche prima della riforma del Titolo V, l'eventuale vincolo a carico della legge regionale derivante dagli atti di indirizzo e coordinamento statali adottati in forma non legislativa era condizionato, secondo il chiaro insegnamento di codesta Corte, dal rispetto del principio di legalita' in senso sostanziale, sul presupposto che la fonte del vincolo fosse la legge stessa, tenuta dunque a conformare nel contenuto l'atto amministrativo rivolto alle regioni. La giurisprudenza costituzionale aveva altresi' detto, con altrettanta chiarezza, che «un regolamento (governativo o ministeriale) non puo' contenere norme miranti a limitare la sfera di competenza delle Regioni nelle materie loro attribuite, in quanto esse "non sono soggette, in linea di principio, alla disciplina dettata con i regolamenti governativi" (sentenze n. 507 del 2000 e n. 352 del 1998)» (sentenza n. 84 del 2001, punto 4). Anche (e a maggior ragione) nel nuovo riparto - ha precisato codesta Corte nella sentenza n. 303 del 2003, al punto 7 - «alla fonte secondaria statale e' inibita in radice la possibilita' di vincolare l'esercizio della potesta' legislativa regionale o di incidere su disposizioni regionali preesistenti (sentenza n. 22 del 2003); e neppure i principi di sussidiarieta' e adeguatezza possono conferire ai regolamenti statali una capacita' che e' estranea al loro valore, quella cioe' di modificare gli ordinamenti regionali a livello primario»: a tali principi, infatti, non puo' essere riconosciuta «l'attitudine a vanificare la collocazione sistematica delle fonti conferendo primarieta' ad atti che possiedono lo statuto giuridico di fonti secondarie e a degradare le fonti regionali a fonti subordinate ai regolamenti statali o comunque a questi condizionate». E in questo senso si e' attestata anche la giurisprudenza costituzionale successiva: si veda, da ultimo, la sentenza n. 180 del 2020, al punto 4.1, in cui si ribadisce che alle «fonti normative secondarie ..., in quanto tali, «e' inibita in radice la possibilita' di vincolare l'esercizio della potesta' legislativa regionale o di incidere su disposizioni regionali preesistenti (sentenza n. 22 del 2003); e neppure i principi di sussidiarieta' e adeguatezza possono conferire ai regolamenti statali una capacita' che e' estranea al loro valore, quella cioe' di modificare gli ordinamenti regionali a livello primario» (sentenza n. 303 del 2003)" e si aggiunge che "le norme regolamentari, infatti, non possono essere ascritte «all'area dei principi fondamentali» delle materie concorrenti, «in quanto la fonte regolamentare, anche in forza di quanto previsto dall'art. 117, sesto comma, della Costituzione, sarebbe comunque inidonea a porre detti principi» (sentenza n. 92 del 2011) e, quindi, a vincolare il legislatore regionale (sentenza n. 162 del 2004)». 3.4. Sotto un ulteriore profilo, considerato che la norma affida ad un atto sublegislativo la disciplina della organizzazione degli uffici, risulta violato anche il principio di legalita' fondato nella riserva di legge in materia di organizzazione dei pubblici uffici, sancita dall'art. 97, secondo comma, della Costituzione Se e' vero che si tratta di una riserva di legge relativa, e' anche vero che, ove vi fosse una competenza statale, almeno le regole di base dovrebbero essere dettate dal legislatore. Evidente e' anche la ridondanza del vizio sulle competenze legislative della Regione in materia di organizzazione amministrativa (art. 117, quarto comma, della Costituzione), peraltro riferite ad una materia, lo spettacolo, anch'essa di competenza regionale (art. 117, terzo comma, della Costituzione). Trattasi, come si e' gia' esposto al punto I, di competenze gia' esercitate, che l'ente dovrebbe esercitare nuovamente sulla base di un condizionamento che, alla stregua di quanto sopra considerato, non puo' essere ammesso. Per mero scrupolo di difesa si osserva che i profili di illegittimita' evidenziati nel presente punto non sono eliminati dalla previsione della intesa con la Conferenza permanente, che non e' un succedaneo ne' dell'autonomia normativa, riconosciuta a ciascun ente, ne' dei principi in materia di fonti, ne' del principio di legalita'. A conferma di cio' e' sufficiente il rilievo secondo il quale le competenze costituzionali, riguardino esse i poteri dello Stato o le attribuzioni di Stato e Regioni, non sono disponibili neppure da parte dei titolari delle stesse. IV. Illegittimita' costituzionale dell'art. 7, primo comma, secondo periodo, per violazione dell'art. 117, terzo e quarto comma, della Costituzione. Violazione dei principi costituzionali in materia dei rapporti tra atti nazionali e regionali, confermati anche dall'art. 117, sesto comma, della Costituzione, e del principio di legalita' (art. 97, secondo comma, della Costituzione). Le argomentazioni esposte al punto precedente valgono anche a dimostrare i profili di illegittimita' costituzionale dell'art. 7, comma 1, secondo periodo. Tale disposizione stabilisce che «le regioni, sulla base di criteri stabiliti con accordi sanciti in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano: a) promuovono l'istituzione di osservatori regionali dello spettacolo per la condivisione e lo scambio di dati e di informazioni sulle attivita' dello spettacolo dal vivo; b) verificano, anche attraverso gli osservatori regionali dello spettacolo, l'efficacia dell'intervento pubblico nel territorio rispetto ai risultati conseguiti, anche attraverso attivita' di monitoraggio e valutazione, in collaborazione con l'Osservatorio dello spettacolo; c) promuovono e sostengono, attraverso gli osservatori regionali dello spettacolo, anche con la partecipazione delle province, delle citta' metropolitane e dei comuni, direttamente o in concorso con lo Stato, le attivita' dello spettacolo dal vivo». Oggetto di contestazione, rispetto a tale disposizione, e' in primo luogo la previsione secondo la quale le regioni disciplinano gli oggetti indicati alle lettere a), b) e c) «sulla base di criteri stabiliti con accordi sanciti in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano». Attraverso questa prescrizione, infatti, la norma impugnata pretende di assoggettare l'esercizio della legislazione regionale ad un presupposto e un vincolo derivanti da un atto amministrativo di carattere politico, qual e' l'accordo raggiunto in Conferenza. Benche' la disposizione non lo precisi espressamente, gli accordi cui essa fa riferimento sono - sembra alla Regione si debba ritenere - gli accordi previsti dall'art. 4 del decreto legislativo n. 281 del 1997, ai sensi del quale «Governo, regioni e province autonome di Trento e di Bolzano, in attuazione del principio di leale collaborazione e nel perseguimento di obiettivi di funzionalita', economicita' ed efficacia dell'azione amministrativa, possono concludere in sede di Conferenza Stato-regioni accordi, al fine di coordinare l'esercizio delle rispettive competenze e svolgere attivita' di interesse comune», accordi che «si perfezionano con l'espressione dell'assenso del Governo e dei Presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano». Ora, interpretando tale disposizione, codesta ecc.ma Corte ha stabilito che gli accordi raggiunti ai sensi dell'art. 4 del decreto legislativo n. 281 del 1997 non sono idonei a vincolare la funzione legislativa, limitandone l'efficacia al piano politico e negandone ogni effetto di vincolo giuridico, come afferma con nettezza la sentenza n. 437 del 2001. In tale sentenza, la Corte conclude che le procedure di cooperazione o di concertazione possono rilevare ai fini dello scrutinio di legittimita' di atti legislativi, solo in quanto l'osservanza delle stesse sia imposta direttamente o indirettamente (punto 3 del diritto): concetto, questo, ripreso anche dalla giurisprudenza successiva (sentenza n. 237 del 2017, punto 9; sentenza n. 137 del 2018, punto 3.5.3), che ha altresi' ribadito che «un accordo non puo' condizionare l'esercizio della funzione legislativa (sentenze n. 160 del 2009 e n. 437 del 2001)» (sentenza n. 176 del 2016, punto 4.2.2). La norma impugnata, invece, imprime a tale accordo carattere cogente, attribuendo a tale atto una forza che esso non ha di per se' e che nemmeno la legge statale gli puo' conferire, dato che si verrebbe in questo modo da un lato ad alterare i normali rapporti tra atti non legislativi e atti legislativi, dall'altro, si inciderebbe anche sui rapporti tra organi della Regione, perche' si trasformerebbe un atto di assenso del vertice dell'esecutivo regionale in un limite alla potesta' legislativa assegnata al consiglio regionale. Non a caso, lo stesso art. 117, ottavo comma, della Costituzione, riserva alla legge regionale la «ratifica [del]le intese della Regione con altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni». D'altronde, neppure sotto altro profilo vi e' ragione e titolo giustificativo per l'assoggettamento della legislazione regionale a previ accordi con lo Stato. L'accordo, infatti, interviene nella materia della organizzazione amministrativa dell'ente, materia in cui la Regione dispone di potesta' residuale (art. 117, quarto comma, della Costituzione), sicche' la legge statale non ha titoli di intervento, trattandosi, peraltro, di organizzazione di funzioni all'interno di un settore materiale anch'esso di competenza regionale qual e' lo spettacolo, di competenza concorrente, ai sensi dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione («promozione e organizzazione di attivita' culturali».) In sintesi, la disposizione risulta illegittima sotto plurimi profili. Anzitutto, e' illegittima per contrasto con l'art. 117, quarto comma, Della Costituzione, perche' la norma interferisce con la potesta' legislativa residuale in materia di organizzazione degli uffici della Regione: interferenza che e' evidente ove si osservi che Regione sarebbe costretta ad adottare specifiche soluzioni organizzative. In secondo luogo, la norma viola, per i motivi esposti sopra, i principi costituzionali che regolano i rapporti tra atti statali e fonti regionali, impliciti nella attribuzione alla Regione di potere legislativo (art. 117, primo, terzo e quarto comma, della Costituzione) e nella regola costituzionale sul riparto della potesta' regolamentare (art. 117, sesto comma, della Costituzione). Ancora, la norma contrasta con il principio di legalita' e della riserva di legge di cui all'art. 97, secondo comma, della Costituzione, stante l'inversione del corretto rapporto tra legge e atti amministrativi, sia pure di carattere politico. Tale vizio ridonda in lesione della autonomia regionale, che e' prima di tutto una autonomia legislativa; incide, all'interno della Regione, sui rapporti tra esecutivo e legislativo, per i motivi gia' esposti sopra; consente una conformazione illegittima di un settore materiale, quello della organizzazione amministrativa e dello spettacolo, riservati alla Regione. Risulta dunque evidente che, ove lo Stato ritenesse essenziale condizionare la legislazione regionale a determinati criteri organizzativi o operativi, dovrebbe provvedervi con legge, nei limiti entro i quali anche al legislatore e' consentito, come precisato da codesta Corte, ad esempio nella sentenza n. 87 del 2018, nella quale essa ha ritenuto illegittima l'imposizione da parte del legislatore statale di un determinato modello organizzativo in relazione alla garanzia del diritto sociale allo studio. V. Illegittimita' costituzionale dell'art. 7, primo comma, secondo periodo, lettera c), per violazione degli articoli 117, terzo e quarto comma, e 118, primo e secondo comma, della Costituzione. Violazione del principio di proporzionalita' e di ragionevolezza (art. 3, primo comma, della Costituzione). La Regione, infine, impugna l'art. 7, primo comma, secondo periodo, lettera c), della legge, per violazione della sua autonomia organizzativa e della competenza ad allocare le funzioni amministrative ai diversi enti territoriali, nonche' in quanto norma irragionevole e sproporzionata. La disposizione vincola le Regioni a promuovere e sostenere, «attraverso gli osservatori regionali dello spettacolo, anche con la partecipazione delle province, delle citta' metropolitane e dei comuni, direttamente o in concorso con lo Stato, le attivita' dello spettacolo dal vivo». La ricorrente non puo' non contestare l'intromissione del legislatore statale nella propria organizzazione e nell'ordinamento della propria azione, operata mediante l'attribuzione di funzioni direttamente ad un proprio ufficio e la previsione secondo cui le funzioni di sostegno allo spettacolo al vivo debbono avvenire «anche con la partecipazione delle province, delle citta' metropolitane e dei comuni». Entrambe le norme sono, ad avviso della Regione, illegittime, per ragioni che prescindono completamente anche dalla fondatezza dei precedenti motivi di ricorso. La presente censura e' dunque autonoma dalle precedenti, ed e' diretta contro una disposizione che e' eccentrica anche rispetto alla logica delle altre disposizioni oggetto della presente impugnazione. 5.1. E' giurisprudenza costante di codesta Corte che quando lo Stato intesta funzioni alla regione deve assegnarle all'ente, e non all'organo, pena la violazione della autonomia organizzativa della Regione, garantita nell'ambito della competenza residuale (art. 117, quarto comma, della Costituzione). In questo senso si veda, tra le molte, la sentenza n. 293 del 2012, in cui la Corte segnala di aver "gia' concluso per l'illegittimita' di norme statali che provvedevano a indicare specificamente l'organo regionale titolare della funzione amministrativa, trattandosi di «normativa di dettaglio attinente all'organizzazione interna della Regione» (sentenza n. 387 del 2007; inoltre, sentenze n. 22 del 2012 e n. 95 del 2008) e nel caso di specie non si ravvisano ragioni che possano consentire al legislatore statale non solo di porre a carico della Regione un obbligo collaborativo di raccolta dati, ma anche di selezionare il soggetto regionale deputato a svolgerlo"; nello stesso senso anche la sentenza n. 387 del 2007. La legge statale, dunque, deve rispettare le scelte regionali circa l'intestazione delle funzioni ai diversi organi o uffici, con la limitata eccezione - confermativa della regola generale - della attribuzione di funzioni al Consiglio regionale, eventualita', questa, non a caso autorizzata direttamente dalla Costituzione nell'art. 121, primo comma, della Costituzione, a mente del quale «il Consiglio regionale esercita le potesta' legislative attribuite alla Regione e le altre funzioni conferitegli dalla Costituzione e dalle leggi», se per «leggi» si intendono qui (anche) le leggi statali. Nel presente caso la legge statale assegna le funzioni di promozione dello spettacolo dal vivo all'Osservatorio regionale dello spettacolo, precludendo diverse soluzioni organizzative, e addirittura contraddicendo quelle gia' stabilite dalla Regione. La norma si dimostra poi del tutto irragionevole e sproporzionata, anche ai fini dei raccordi e del coordinamento che la legge vuole costruire, considerato che la promozione ed il sostegno sono una funzione finale, interna alla Regione, mentre le norme di cui agli articoli 5 e 6 sono rivolti ad organizzare il coordinamento tra i sistemi regionali e lo Stato. La lesione di tali principi, radicati nell'art. 3 della Costituzione, ridonda in lesione della autonomia organizzativa della Regione, assoggettata ad un vincolo non giustificato, e in lesione della autonomia legislativa ed amministrativa della Regione in materia di spettacolo. 5.2. La norma che prevede come necessaria la partecipazione di province, citta' metropolitane e comuni all'esercizio delle funzioni di promozione e sostegno dello spettacolo e', ad avviso della ricorrente Regione, anch'essa illegittima, in quanto predetermina una scelta di allocazione delle funzioni che compete invece alla Regione in applicazione dell'art. 117, terzo e quarto comma, della Costituzione, e dell'art. 118, secondo comma, della Costituzione, combinati con l'art. 10 della legge costituzione n. 3 del 2001, se si considera che il potere di allocare le funzioni segue la competenza a disciplinare legislativamente la materia. Tale scelta allocativa e' stata anche esercitata dalla ricorrente Regione con la legge regionale 1° agosto 2018, n. 11, «Disposizioni coordinate in materia di cultura, che riordina la legislazione della materia».
P.Q.M. La Regione Piemonte, come sopra rappresentata e difesa, chiede che l'ecc.ma Corte costituzionale voglia dichiarare l'illegittimita' costituzionale degli articoli 5, 6 e 7 della legge n. 106 del 2022, nelle parti e per i profili indicati nel presente ricorso. Con il ricorso sara' depositata: 1. delibera della Giunta regionale 27 settembre 2022, n. 1 - 5675. Padova - Torino, 3 ottobre 2022 Gli avvocati: Falcon - Piovano