N. 131 ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 giugno 2022
Ordinanza del 5 giugno 2022 del Tribunale di Roma nel procedimento civile promosso da C. A. contro R. D. ed E. H.. Procreazione medicalmente assistita (PMA) - Consenso informato - Termine per la revoca - Previsione che la revoca della volonta' dei soggetti, relativa all'accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita, e' possibile fino al momento della fecondazione dell'ovulo - Mancata previsione, successivamente alla fecondazione dell'ovulo, di un termine per la revoca del consenso. - Legge 19 febbraio 2004, n. 40 (Norme in materia di procreazione medicalmente assistita), art. 6, comma 3.(GU n.46 del 16-11-2022 )
TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA Sezione diritti della persona e immigrazione civile In persona del giudice designato dott.ssa Lilla De Nuccio ha emesso la seguente ordinanza nel procedimento n. R.G. 41091/2021 degli affari civili contenziosi, vertente tra C. A. (C.F. ), elett.te dom.ta presso lo studio dell'avv.to D'Agostini Tiziana, che la rappresenta e difende giusta procura in atti - ricorrente e R. D. (C.F. ) elett.te dom.to presso lo studio dell'avv.to Fabrizio Barberini, che lo rappresenta e difende giusta procura in atti - resistente e E. H. (C.F.: e P.I.: ), in persona del legale rappresentante pro tempore, elett.te dom.ta presso lo studio dell'avv.to Francesco Di Mauro che la rappresenta e difende giusta procura in atti - resistente. Oggetto: istituti relativi allo stato della persona ed ai diritti della personalita'. Fatto 1. Con ricorso ex art. 702-bis c.p.c. la ricorrente ha convenuto davanti al Tribunale adito i resistenti chiedendo di «ordinare all'E. H. in persona del l.r.p.t., di concludere il ciclo di trattamento di procreazione medicalmente assistita cui e' stata sottoposta la sig.ra A. C. provvedendo al decongelamento dell'embrione (Emb. 2.3 in tabella pag. 4 della relazione sul ciclo di trattamento e diagnosi genetica del - all. 6 al presente atto) ed al transfer in utero dello stesso, con esecuzione di ogni attivita' e cura inerente, prodromica, contestuale e conseguente, raccomandata dalle Linee guida 1° luglio 2015, salvo altre sopravvenute, e dalla scienza medica e biologica» nonche' «nella denegata ipotesi in cui la E. H. non desse seguito all'ordine cosi' impartito, condannare la stessa E. H. , in persona del legale rappresentante pro tempore, a consegnare, previa osservanza delle migliori cautele dettate dalle Linee guida 1° luglio 2015, salvo altre sopravvenute, e dalla scienza medica e biologica, l'embrione alla sig.ra C. presso altra struttura dalla stessa sig.ra C. indicata, autorizzata ad eseguire l'impianto e al fine dell'esecuzione dello stesso». La ricorrente, a sostegno della propria domanda, ha esposto di essersi sposata in data con il resistente sig. R. e dopo, diversi accertamenti e terapie farmacologiche per risolvere i problemi di infertilita', di essersi rivolta, a , alla E. H. S.p.a. per intraprendere il percorso di PMA. La ricorrente ha rilevato che sia lei che il coniuge sig. R. hanno acconsentito, con la sottoscrizione del consenso informato in data , alla crioconservazione dell'embrione al fine di permettere l'esecuzione della biopsia embrionale, in vista dell'impianto. La ricorrente ha, quindi, rappresentato che la procedura per il trasferimento in utero dell'embrione veniva rinviata a causa della scarsa qualita' endometriale, di essersi sottoposta nei successivi mesi di e alla terapia farmacologica, alle ulteriori analisi, allo scratch endometriale e alla terapia della preparazione a graffio prodromico all'impianto, poi non effettuato per l'allontanamento dalla casa coniugale del sig. R. nel . Ha, poi, esposto che e' stata formalizzata in data la separazione consensuale e che solo nel il sig. R. ha chiesto il divorzio. Ha evidenziato di aver chiesto e diffidato l'E. H. di procedere all'impianto dell'embrione crioconservato, stante il proprio desiderio di maternita', ma tale istanza e' rimasta senza esito. La ricorrente ha rappresentato che la domanda cautelare avanzata ante causam non e' stata accolta con l'ordinanza dell'11 novembre 2020 e in sede di reclamo con l'ordinanza del 5 marzo 2021 per assenza del requisito del periculum in mora. Ha, quindi, rilevato che il consenso prestato dal resistente sig. R. non e' revocabile essendo intervenuta la fecondazione dell'ovulo e sul punto ha richiamato l'ordinanza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere dell'11 ottobre 2020, quella in sede di reclamo del 27 gennaio 2021, e altra giurisprudenza, tra cui la sentenza della Cassazione n. 30294/2017, rilevando che l'art. 6, comma 3, e' norma di ordine pubblico e che il resistente sig. R. ha revocato il consenso solo in data . La ricorrente ha, quindi, evidenziato che al momento dell'accesso alla tecnica della fecondazione assistita sussistevano le condizioni di cui all'art. 5 della legge n. 40/2004; sul punto, ha rilevato che in base alle linee guida «La donna ha sempre il diritto ad ottenere il trasferimento degli embrioni crioconservati» e, quindi, risulta essere confermato che «la convivenza e il coniugio non siano dalla legge richiesti al momento dell'impianto». La ricorrente ha, poi, osservato che il diritto «di essere madre e' un diritto assoluto, fondamentale della persona, garantito dalla Costituzione agli artt. 2, 31, comma 2, e 32» e che il sig. R. intende solo sottrarsi all'obbligo di mantenimento; ha, quindi, richiamato anche l'art. 3 della Costituzione e l'art. 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (CEDU). 2. Si e' costituito in giudizio il resistente D. R. il quale, dopo aver contestato quanto dedotto da controparte, ha formulato le seguenti conclusioni: «in via preliminare e pregiudiziale si chiede di sottoporre a scrutinio di costituzionalita' l'art. 6, comma 3, legge n. 40/2004 per tutte le motivazioni contenute nella presente comparsa di costituzione e riposta; - sempre in via preliminare accertato che le difese svolte dal resistente richiedono un'attivita' istruttoria non sommaria, fissare, ai sensi dell'art. 702-ter, terzo comma c.p.c., con ordinanza non impugnabile, l'udienza di cui all'art. 183 c.p.c., per le ragioni di cui in narrativa. - in via principale e nel merito rigettare la domanda poiche' infondata, inammissibile e comunque non provata per tutte le motivazioni di cui alla presente comparsa di costituzione e risposta». Il resistente, a sostegno della propria domanda, ha evidenziato che l'art. 6, comma 3, della legge n. 40/2004, e' in contrasto con i principi che regolano il rapporto tra medico e paziente nella prestazione del consenso informato e che l'acquisizione del consenso si colloca in un momento iniziale del trattamento medico-sanitario. Sul punto, ha rilevato che il citato art. 6, comma 3, viola gli artt. 2, 3, 13, 31, 32 e 33, primo comma, della Costituzione e ha richiamato le ordinanze rese in sede cautelare in ordine alla non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale, segnalando che il Tribunale di Firenze aveva sollevato la medesima questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 6, comma 3, della legge n. 40/2004, dichiara inammissibile dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 84/2016 per il carattere meramente ipotetico, e non attuale, della sua rilevanza. Il resistente ha, poi, dedotto che la norma in questione viola, inoltre, il diritto all'autodeterminazione e alla bigenitorialita' anche in relazione all'art. 8 CEDU. 3. Si e' costituita in giudizio, altresi', la resistente E. H. chiedendo al giudice di «dichiarare, eventualmente previa sottoposizione a scrutinio di costituzionalita' dell'art. 6, comma 3, legge n. 40/2004, infondate in fatto e in diritto, oltre che non provate, le domande svolte dalla parte ricorrente e per l'effetto rigettarle; nell'ipotesi di accoglimento delle ragioni della ricorrente, ordinare al piu' all'E. H. di consegnare l'embrione adottando ogni cura e cautela necessaria, ad altra struttura idonea a far luogo al chiesto transfer che verra' indicata dalla parte ricorrente». 4. All'udienza del 25 marzo 2022 le parti hanno chiesto termine per note ed e' stata fissata l'udienza del 29 aprile 2022. Le parti hanno depositato le note e all'udienza del 29 aprile 2022 hanno ribadito le reciproche posizioni. In diritto 1. La ricorrente sig.ra C. ha chiesto di ordinare all'E. H. di concludere il ciclo di trattamento di procreazione medicalmente assistita, provvedendo al decongelamento dell'embrione e al transfer in utero. I resistenti E. H. e sig. R. hanno chiesto di sollevare la questione di costituzionalita' dell'art. 6, comma 3, della legge 19 febbraio 2004, n. 40. Sul punto, ai fini della questione di legittimita' costituzionale occorre verificare se sussistano i requisiti della rilevanza e della non manifesta infondatezza della questione, ai sensi dell'art. 23, comma 2, legge 11 marzo 1953, n. 87. 2. Con riferimento al requisito della rilevanza, si osserva che il suddetto art. 6, comma 3, della legge n. 40/2004, prevede l'irrevocabilita' del consenso dopo la fecondazione dell'ovulo. La norma citata, rubricata «consenso informato», cosi' dispone: «3. La volonta' di entrambi i soggetti di accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita e' espressa per iscritto congiuntamente al medico responsabile della struttura, secondo modalita' definite con decreto dei Ministri della giustizia e della salute, adottato ai sensi dell'art. 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. Tra la manifestazione della volonta' e l'applicazione della tecnica deve intercorrere un termine non inferiore a sette giorni. La volonta' puo' essere revocata da ciascuno dei soggetti indicati dal presente comma fino al momento della fecondazione dell'ovulo». Nel caso in esame, si e' gia' avverata la condizione della fecondazione dell'ovulo, in quanto la ricorrente ha chiesto alla clinica in data , dopo la separazione consensuale con il resistente sig. R. , di attivarsi per il trasferimento dell'embrione crioconservato circa tre anni prima nel , sulla base del consenso rilasciato ai sensi dell'art. 6, comma 3, legge n. 40/2004 dalla ricorrente e dal resistente sig. R. in costanza di matrimonio. Il resistente sig. R. ha revocato formalmente il consenso in data . Alla luce di quanto precede, si ritiene che il presente giudizio, attinente alla validita' ed efficacia della revoca del consenso, non possa essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 6, comma 3, legge n. 40/2004. 3. Per quanto attiene al requisito della non manifesta infondatezza della questione di costituzionalita', si osserva che, gia' in sede cautelare, il giudice della cautela ha ritenuto la questione non manifestamente infondata. In particolare, l'ordinanza dell'11 novembre 2020, resa nel procedimento cautelare ai sensi dell'art. 700 c.p.c. iscritto al n. R.G. 38157/2020, si e' cosi' espressa: «L'art. 6 della legge n. 40/2004, che prevede il divieto di revoca del consenso dopo la formazione dell'embrione da impiantare, era stato introdotto quando era ancora vigente il sostanziale divieto di congelamento degli embrioni, successivamente dichiarato illegittimo dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 151 del 2009. Sicche' il divieto di revoca del consenso una volta formatosi l'embrione svolgeva i suoi effetti in una situazione nella quale l'impianto avveniva sostanzialmente nell'immediatezza della formazione dell'embrione, non poteva considerare situazioni in cui l'impianto sarebbe potuto avvenire a distanza di anni in una situazione che poteva essere concretamente radicalmente cambiata, potendo venire meno anche i presupposti e i requisiti previsti dalla stessa legge n. 40/2004 per procedere alla PMA. Il caso esaminato dalla Corte di cassazione nella sentenza n. 30294/2017 citata dalla ricorrente per sostenere la prevalenza della tutela dell'embrione era molto diverso da quello oggetto del presente giudizio. Si trattava di un impianto avvenuto nell'immediatezza della formazione dell'embrione attraverso la fecondazione eterologa, di una revoca del consenso avvenuta quando si stava materialmente procedendo all'impianto nell'utero della donna, nell'ambito di un giudizio di disconoscimento di paternita' in un caso di fecondazione eterologa. Venivano in considerazione, in primo luogo, l'interesse prevalente del minore ad avere due genitori (quindi la tutela di un bambino e non dell'embrione), in quanto trattandosi di fecondazione eterologa era esposto al possibile accoglimento dell'azione di disconoscimento di paternita', e il diritto alla salute della donna, che aveva completato tutti i trattamenti necessari al transfer e alla riuscita dell'impianto che stava materialmente avvenendo. Nel caso di specie nel tempo trascorso dalla crioconservazione dell'embrione sono venuti meno i requisiti previsti dalla legge per procedere alla PMA in quanto non si e' piu' in presenza di una coppia convivente, inoltre viene in considerazione il diritto all'autodeterminazione in ordine alla scelta di diventare genitore, tutelato dall'art. 8 CEDU. Infatti, la nozione di «vita privata» include il diritto all'autonomia e allo sviluppo della persona, il diritto di intrecciare e coltivare relazioni con altri e il diritto al rispetto per la decisione di avere o non avere figli (v. tra le altre Corte europea dei diritti dell'uomo, 10 aprile 2007, Evans c. Regno Unito [GC], ric. n. 6339/05, § 71; E. B. c. Francia, cit., § 43, 22; 8 novembre 2011, V. C. c. Slovacchia, ric. n. 18968/07)». Le suddette argomentazioni sono condivise da questo giudice. L'art. 1, comma 1, della legge n. 40/2004, dispone: «1. Al fine di favorire la soluzione dei problemi riproduttivi derivanti dalla sterilita' o dalla infertilita' umana e' consentito il ricorso alla procreazione medicalmente assistita, alle condizioni e secondo le modalita' previste dalla presente legge, che assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito». L'impianto normativo della legge n. 40 del 2004 consente l'accesso alla PMA nel rispetto delle modalita' contenute nella legge medesima e volte alla salvaguardia di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito, al fine di favorire la soluzione di problemi riproduttivi derivanti da infertilita' sempre che non vi siano altri rimedi terapeutici efficaci e prevede una serie di limitazioni di ordine soggettivo per garantire che il nucleo familiare riproduca il modello della famiglia caratterizzata dalla presenza di una madre e di un padre stabilendo all'art. 5, che possano accedere alla PMA esclusivamente le coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in eta' potenzialmente fertile, entrambi viventi. In tal contesto, va interpretata la disposizione di cui all'art. 6, comma 3, della legge n. 40/2004, che e' stato gia' oggetto di esame da parte della Corte costituzionale, che con le sentenze n. 151/2009 e n. 84/2016 ha, pero', dichiarato inammissibile la questione di costituzionalita' per difetto del requisito della rilevanza. La norma in esame non e' stata, quindi, oggetto d'intervento ne' del legislatore ne' di pronunce nel merito della Corte costituzionale, nonostante il radicale cambiamento dell'originaria impostazione della legge n. 40/2004 in tema di ricorso alle tecniche di fecondazione assistita. Sul punto, e' sufficiente richiamare la sentenza della Corte costituzionale n. 151/2009, che ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 2, limitatamente alle parole «ad un unico e contemporaneo impianto, comunque non superiore a tre» e dell'art. 14, comma 3, della legge n. 40 del 2004 nella parte in cui non prevedeva che il trasferimento degli embrioni, da realizzare non appena possibile, come stabiliva tale norma, debba essere effettuato senza pregiudizio della salute della donna, e la sentenza n. 96/2015, che ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale degli artt. 1, commi 1 e 2, e 4, comma 1, della legge n. 40/2004, nella parte in cui non consentivano il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita alle coppie fertili portatrici di malattie genetiche trasmissibili, rispondenti ai criteri di gravita' di cui all'art. 6, comma 1, lettera b), della legge 22 maggio 1978, n. 194, accertate da apposite strutture pubbliche. Alla luce delle considerazioni che precedono, si ritiene che la formulazione dell'art. 6, comma 3, della legge n. 40/2004 possa essere in contrasto con specifiche disposizioni costituzionali, in quanto non tutela il diritto di scelta dei soggetti alla paternita' e/o maternita', ovvero all'assunzione del ruolo genitoriale, quale conseguenza del ricorso alla tecnica di procreazione assistita, in particolar modo nell'ipotesi in esame in cui venga chiesto il trasferimento dell'impianto a distanza di tempo rispetto al consenso prestato da entrambi i soggetti, peraltro in una situazione giuridica diversa, trattandosi, nel caso di specie, di persone che hanno manifestato il consenso alla procreazione assistita in costanza di matrimonio e che si sono separate consensualmente nel e non permette loro di revocare il consenso dopo la fecondazione dell'ovulo. Per completezza poi non puo' non osservarsi come sulla base di quanto rappresentato dalla ricorrente la stessa avrebbe completato il trattamento alla fine del (non essendosi piu' sottoposta ai relativi trattamenti PMA: graffio - strach) decidendo di riattivare la procedura solo nel , rendendo in tal modo palese che la non revocabilita' del consenso ha un ambito di operativita' limitato all'uomo. 4. Alla luce delle considerazioni che precedono, l'art. 6, comma 3, della legge n. 40/2004 appare in contrasto con gli artt. 2, 3, 13, comma 1, e 117, comma 1 della Costituzione con riferimento all'art. 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, quanto meno nella parte in cui non prevede, successivamente alla fecondazione dell'ovulo, un termine per la revoca del consenso. Al riguardo, si osserva che l'art. 2 tutela i diritti inviolabili dell'uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalita' - di cui il diritto al rispetto della vita privata e familiare di cui all'art. 8 CEDU e' un precipitato e l'art. 6, comma 3, della legge n. 40/2004 incide sul diritto all'autodeterminazione in ordine alla scelta di diventare genitore. Con riferimento all'art. 3 e all'art. 13, comma 1 della Costituzione, la scelta del legislatore di rendere irrevocabile il consenso dopo la fecondazione dell'ovulo sembrerebbe essere irragionevole, in quanto la donna potrebbe chiedere il trasferimento dell'embrione anche a distanza di anni dalla fecondazione dell'ovulo, nonostante il successivo dissenso dell'uomo, che sarebbe cosi' costretto a diventare genitore contro la sua volonta'. Assume, altresi', rilievo, la violazione del principio di eguaglianza, in quanto l'irrevocabilita' del consenso di cui l'art. 6, comma 3, della legge n. 40/2004, determina il sacrificio della liberta' individuale di una sola delle parti, l'uomo, che non potrebbe mai revocare il consenso dopo la fecondazione dell'ovulo anche in caso di trasferimento in utero a distanza di molti anni, con conseguenti ricadute sia sulla genitorialita' sia sul versante dei diritti successori. Potrebbe, infatti, verificarsi anche il caso di un trasferimento dell'embrione non solo dopo molti anni ma anche dopo il decesso, nonostante la manifestazione della volonta' di revoca espressa in vita dopo la fecondazione dell'ovulo. Cio' contrasta con il principio di autodeterminazione e di liberta' personale, particolarmente sensibile nell'ambito del settore della famiglia. Inoltre, la Corte costituzionale - pur riconoscendo l'esistenza di una «dignita' dell'embrione» da tutelare - non ha configurato in capo all'embrione di diritto a nascere, ovvero un diritto che preesisterebbe alla venuta ad esistenza del soggetto che ne sarebbe titolare. Sul punto, si rileva, invece, l'assoluta liberta' della donna, che pur avendo dato il consenso irrevocabile al trattamento di procreazione assistita, puo' rifiutare di essere sottoposta al trattamento terapeutico, che non puo' esserle imposto in quanto potrebbe andare ad incidere sulla sua integrita' psicofisica. Occorre, poi, rilevare che la legge n. 40/2004 prevede che il ricorso alle tecniche di procreazione assistita e' permesso solo a coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in eta' potenzialmente fertile, entrambi viventi e che, quindi, nell'ipotesi in cui venga meno il progetto di coppia prima del trasferimento dell'impianto dovrebbe ritenersi possibile la revoca del consenso. 5. L'art. 6, comma 3, della legge n. 40/2004 appare, inoltre, essere in contrasto con l'art. 32 della Costituzione, in particolare con l'art. 32, comma 2, in quanto, non permettendo di revocare il consenso dopo la fecondazione dell'ovulo, obbliga all'effettuazione del trattamento sanitario. L'accesso alla tecnica di procreazione assistita, che costituisce un trattamento medico richiede il consenso, ai sensi dell'art. 6, comma 3, della legge n. 40/2004, che - presupposto legittimante dell'intervento medico, deve essere presente prima e durante tutto il trattamento. Al riguardo la Cassazione ha chiarito che «Il consenso informato attiene al diritto fondamentale della persona all'espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico (cfr. Corte costituzionale, 23 dicembre 2008, n. 438), e quindi alla libera e consapevole autodeterminazione del paziente (v. Cassazione, 6 giugno 2014, n. 12830), atteso che nessuno puo' essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge (anche quest'ultima non potendo peraltro in ogni caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana: art. 32, comma 2 della Costituzione)». Ha, altresi', rappresentato che «Il consenso libero e informato, che e' volto a garantire la liberta' di autodeterminazione terapeutica dell'individuo (v. Corte costituzionale, 23 dicembre 2008, n. 438, e, da ultimo, Cassazione, Sez. un., 11 novembre 2019, n. 28985, ove si pone in rilievo che l'obbligo informativo e' ora legislativamente previsto agli artt. 1, commi 3-6, 3, commi 1-5, e 5, legge n. 219 del 2019, recante «Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento»), e costituisce un mezzo per il perseguimento dei suoi migliori interessi consentendogli di scegliere tra le diverse possibilita' di trattamento medico (cfr., da ultimo, Cassazione, 19 luglio 2018, n. 19199; Cassazione, 28 giugno 2018, n. 17022) o anche di rifiutare (in tutte le fasi della vita, anche in quella terminale) la terapia e di decidere consapevolmente di interromperla (v. Cassazione, 16 ottobre 2007, n. 21748), salvo che ricorra uno stato di necessita'... » (Cass. civ. sentenza n. 18283/2021). Nell'ambito della procreazione medicalmente assistita il trattamento medico si articola in una serie di fasi autonome finalizzate alla procreazione, ma la previsione dell'irrevocabilita' del consenso al momento della fecondazione dell'ovulo non permette di dare rilievo a fattori sopravvenuti, idonei a incidere sull'integrita' psicofisica delle parti, e in particolare dell'uomo, in quanto non tiene in considerazione che il consenso potrebbe essere stato prestato anni prima rispetto alla fase del trasferimento in utero dell'embrione, come nel caso di specie. 6. La chiarezza dell'art. 6, comma 3, della legge n. 40/2004 non permette di addivenire, ad avviso di questo giudice, a una interpretazione costituzionalmente orientata. Sul punto, si rileva, infatti, che in un caso analogo in sede cautelare il Tribunale di Napoli sia in composizione monocratica che collegiale ha ordinato di procedere all'inserimento in utero degli embrioni crioconservati (ordinanza del 25 novembre 2020 e ordinanza del 27 gennaio 2021, richiamando l'ordinanza n. 30294/2017, intervenuta, pero', sulla fecondazione eterologa, ove si osserva che «consentire la revoca del consenso, anche in un momento successivo alla fecondazione dell'ovulo, non apparirebbe compatibile con la tutela costituzionale degli embrioni, piu' volte affermata dalla Consulta». Al riguardo, la suddetta posizione giurisprudenziale, unitamente alla chiarezza del disposto normativo, non permette una lettura costituzionalmente orientata idonea a superare le argomentazioni prospettate a supporto della questione di legittimita' costituzionale. L'eventuale accoglimento della questione di legittimita' non comporterebbe un vuoto normativo, in quanto opererebbero le norme in materia di revocabilita' del consenso.
P.Q.M. Il Tribunale ordinario di Roma, Sezione XVIII diritti della persona e immigrazione civile, in composizione monocratica, visti gli artt. 134 della Costituzione e 23 della legge n. 87/1953, dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 6, comma 3, della legge n. 40/2004 per contrasto con gli artt. 2, 3, 13, comma 1, 32 e dell'art. 117, comma 1 della Costituzione in relazione all'art. 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (CEDU) quanto meno nella parte in cui non prevede, successivamente alla fecondazione dell'ovulo, un termine per la revoca del consenso. Sospende il presente giudizio. Manda alla cancelleria per la notificazione della presente ordinanza alle parti costituite ed al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' per la comunicazione ai Presidenti dei due rami del Parlamento. Dispone l'immediata trasmissione, a cura della cancelleria, della presente ordinanza e degli atti del giudizio alla Corte costituzionale, unitamente alla prova delle notificazioni e comunicazioni prescritte. Dispone che in caso di diffusione siano oscurate le generalita' delle parti. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di rito. Cosi' deciso in Roma, all'esito della Camera di consiglio del 29 aprile 2022. Il giudice: De Nuccio