N. 8 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 27 ottobre 2022

Ricorso  per  conflitto  di  attribuzione   tra  poteri  dello  Stato
(merito) depositato in cancelleria il 27 ottobre 2022 (dal  Consiglio
Superiore della Magistratura). 
 
Parlamento   -   Immunita'   parlamentari   -   Intercettazioni    di
  conversazioni di parlamentari  -  Deliberazione  della  Camera  dei
  deputati di diniego, ai sensi dell'art.  68,  terzo  comma,  Cost.,
  dell'autorizzazione richiesta, ex art. 6, comma 2, della  legge  n.
  140 del 2003, dalla Sezione disciplinare  del  Consiglio  superiore
  della magistratura  all'utilizzo  di  captazioni  informatiche  nei
  confronti di un magistrato in aspettativa per mandato parlamentare. 
- Deliberazione della Camera dei Deputati del 12 gennaio 2022. 
(GU n.45 del 9-11-2022 )
 
                       LA SEZIONE DISCIPLINARE 
             DEL CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA 
 
    Composta dai signori: 
        prof, avv. Filippo Donati - componente eletto dal  Parlamento
in sostituzione del Vice Presidente del CSM, Presidente relatore; 
        avv. Stefano Cavanna - componente eletto dal Parlamento; 
        dott. Carmelo Celentano - magistrato di legittimita'; 
        dott.ssa  Alessandra  Dal  Moro  -  magistrato   di   merito,
componente; 
        dott. Michele Ciambellini - magistrato di merito, componente; 
        dott. Antonino Di Matteo - magistrato di merito, componente, 
    nel, procedimento disciplinare n. 93/2019 R.G. 
    Sentito il Procuratore generale e il difensore del dott. Ferri, a
scioglimento della riserva  formulata  all'udienza  del  18  febbraio
2022, ha pronunciato la seguente ordinanza. 
Premesse in fatto. 
    1. Il Procuratore generale, con atto  prot.  17566/92/19D  del  5
luglio 2019, ha promosso il procedimento disciplinare n. 93/2019 R.G.
nei confronti del dott. Cosimo Ferri, magistrato collocato fuori  dal
ruolo  organico  della  Magistratura,  in  aspettativa  per   mandato
parlamentare perche'  deputato  della  Repubblica,  per  le  seguenti
incolpazioni: 
Capo I). 
    «dell'illecito disciplinare di cui agli articoli 1, comma l, e 2,
comma 1, lettera d), del decreto legislativo  23  febbraio  2006,  n.
109, poiche', in violazione dei doveri di correttezza ed  equilibrio,
nella qualita' di magistrato,  benche'  fuori  ruolo  organico  della
Magistratura in  quanto  parlamentare  -  unitamente  ai  membri  del
Consiglio Superiore della Magistratura, in quanto magistrati  eletti,
Cartoni Corrado, Morlini Pierluigi, Lepre Antonio, Criscuoli Paolo  e
Spina Luigi; al dott.  Luca  Palamara,  magistrato  con  funzioni  di
sostituto Procuratore della Repubblica di  Roma;  ed  al  dott.  Luca
Lotti, anch'egli parlamentare - teneva  un  comportamento  gravemente
scorretto nei confronti di altri magistrati componenti  il  Consiglio
Superiore della Magistratura. Detto  comportamento  risultava  invero
idoneo ad influenzare, in  maniera  occulta,  la  generale  attivita'
funzionale della V Commissione dell'organo di autogoverno, in ragione
della circostanza che, nel corso  di  una  riunione  notturna  tenuta
nella notte del 9 maggio 2019 in luogo diverso dalla sede consiliare,
egli - benche'  soggetto  estraneo  alla  funzione  ed  all'attivita'
consiliare ed espressione di altro  potere  dello  Stato,  in  quanto
parlamentare - forniva  un  contributo  consultivo,  organizzativo  e
decisorio sulle future nomine di direttivi di vari uffici giudiziari,
tra  cui,  specificamente,  la  proposta  inerente  la   nomina   del
Procuratore della Repubblica di Roma, di diretto interesse  personale
per almeno due di tali soggetti  estranei  alle  funzioni  consiliari
presenti, quali il dott. Palamara ed il dott. Lotti. In  particolare,
nei confronti di quest'ultimo, per il quale era gia' stato  richiesto
il rinvio a giudizio dinnanzi al  Tribunale  di  Roma,  il  nominando
Procuratore della Repubblica di  Roma  avrebbe  dovuto  sostenere  la
funzione di accusa». 
Capo II). 
    «dell'illecito disciplinare di cui agli articoli 1, commi 1, e 2,
comma 1, lettera d), del decreto legislativo  23  febbraio  2006,  n.
109, poiche', in violazione dei doveri di correttezza ed  equilibrio,
nella qualita' e nelle circostanze di tempo e di luogo  indicate  nel
precedente capo di incolpazione, teneva un  comportamento  gravemente
scorretto nei confronti dei magistrati che avevano presentato domanda
per il  conferimento  dell'ufficio  direttivo  di  Procuratore  della
Repubblica presso il Tribunale  di  Roma  (ed,  in  particolare,  dei
dottori Lo Voi, Creazzo e Viola). 
    Egli  infatti  -  benche'  soggetto  estraneo  alla  funzione  ed
all'attivita' consiliare ed espressione di altro potere dello Stato -
insieme ai citati membri del Consiglio Superiore della  Magistratura;
al dott. Luca  Palamara  (sostituto  presso  la  Procura  di  Roma  e
concorrente all'incarico semidirettivo di Procuratore aggiunto presso
il medesimo ufficio e, dunque, direttamente interessato  alla  nomina
dell'ufficio  direttivo  in  questione),  ed  al  dott.  Luca  Lotti,
precostituiva e concordava, fin nei dettagli, la strategia da seguire
ai fini di pervenire dapprima alla proposta di nomina e, quindi, alla
successiva  nomina  di  uno  dei  concorrenti  per  la  funzione   di
Procuratore della Repubblica di Roma. E cio' indipendentemente  dagli
eventuali meriti  dei  candidati  e  benche'  tale  nomina  fosse  di
immediato, diretto, interesse personale  per  due  di  tali  soggetti
estranei alla funzione consiliare ed aventi  mediato  interesse  alla
nomina: il dott. Palamara, per  la  circostanza  sopra  indicata;  il
dott. Lotti, in quanto imputato in un procedimento  pendente  proprio
dinanzi al Tribunale di Roma e su iniziativa  del  P.M  di  Roma,  di
risonanza nazionale, con la conseguenza che il designando Procuratore
della Repubblica di Roma avrebbe dovuto sostenere l'accusa  nei  suoi
confronti. 
    Inoltre,  la  condotta  era  sicuramente,  vieppiu',   gravemente
scorretta perche' con il fattivo contributo causale del dott. Lotti -
nonostante la richiamata qualita' assunta dallo stesso nel suindicato
procedimento penale - erano discusse ed approfondite, anche  al  fine
di  una  loro  enfatizzazione,  vicende  che  concernevano  uno   dei
concorrenti, il  dott.  Creazzo,  ipoteticamente  ostative  alla  sua
designazione e strumentalmente finalizzate comunque,  in  un  momento
successivo,  ad  un  allontanamento  del  predetto  magistrato  dalla
funzione ricoperta di Procuratore della Repubblica  di  Firenze;  sia
perche' veniva prefigurata una  strategia  volta  ad  enfatizzare  il
profilo professionale di uno  dei  candidati,  indipendentemente  dai
dati oggettivi risultanti dai curricula». 
Capo III). 
    «dell'illecito disciplinare di cui all'art.  3,  lettera  i)  del
decreto legislativo 23 febbraio  2006,  n.  109,  per  avere -  anche
attraverso le condotte descritte nei precedenti capi di  incolpazione
- posto in  essere  un  uso  strumentale  della  propria  qualita'  e
posizione, diretto, per le modalita' di realizzazione, a condizionare
l'esercizio  di  funzioni  costituzionalmente  previste,   quali   la
proposta e la nomina di uffici direttivi di vari uffici giudiziari da
parte del Consiglio Superiore della Magistratura». 
    2. Nel corso dell'udienza disciplinare del  29  luglio  2021,  il
dott. Ferri ha formulato alcune eccezioni preliminari  relative,  tra
l'altro, alla ammissibilita' ed utilizzabilita' nei  suoi  confronti,
nell'ambito  del  procedimento  disciplinare,   delle   conversazioni
telefoniche intercettate grazie alla inoculazione  di  un  cosiddetto
Trojan Horse sull'utenza telefonica in  uso  al  dott.  Palamara.  Il
dott. Ferri ha sostenuto che le intercettazioni  in  questione  hanno
natura «indiretta» e, pertanto, non possono essere utilizzate perche'
effettuate senza la previa autorizzazione  parlamentare  ex  art.  4,
comma 2, legge n. 140 del 2003. 
    La Sezione disciplinare, con ordinanza n. 96 del 30 luglio  2021,
ha  richiamato   i   diversi   regimi   delle   intercettazioni   del
parlamentare,   ricordando   che   e'   necessaria   l'autorizzazione
preventiva della Camera di appartenenza, ai sensi dell'art. 4,  legge
n. 140 del 2003, solo per le intercettazioni «dirette» e  per  quelle
c.d. «indirette», intese  come  captazioni  delle  conversazioni  del
membro del Parlamento  effettuate  ponendo  sotto  controllo  i  suoi
interlocutori abituali in un contesto tale da  far  ritenere  che  le
intercettazioni siano indirettamente volte a captare le conversazioni
del parlamentare. E' invece  necessaria  l'autorizzazione  successiva
della Camera di appartenenza ai sensi dell'art. 6, legge n.  140  del
2003, laddove il parlamentare sia intercettato in maniera «casuale» o
«fortuita».  La  Sezione  disciplinare  ha  poi  ricordato   che   la
disciplina delle intercettazioni «casuali»  esula  dall'ambito  della
garanzia prevista dall'art.  68,  comma  3,  della  Costituzione,  in
quanto,  per  il   carattere   imprevisto   dell'interlocuzione   del
parlamentare,   sarebbe   impossibile    chiedere    l'autorizzazione
preventiva  ex  art.  4,  e  che  cio'  che  conta,  ai  fini   della
qualificazione dell'intercettazione del parlamentare, e' la direzione
dell'atto d'indagine: se  quest'ultimo  e'  volto,  in  concreto,  ad
accedere  nella   sfera   delle   comunicazioni   del   parlamentare,
l'intercettazione non autorizzata e' illegittima, a  prescindere  dal
fatto che il procedimento riguardi terzi o che le utenze sottoposte a
controllo  appartengano  a   terzi.   Cio'   premesso,   la   Sezione
disciplinare ha esaminato le argomentazioni addotte dal dott. Ferri a
sostegno   della   propria   eccezione   di   illegittimita'    delle
intercettazioni   in    oggetto    (argomentazioni    sostanzialmente
coincidenti con  quelle  successivamente  addotte  dalla  Camera  dei
deputati a sostegno della deliberazione del 12 gennaio 2022),  ma  le
ha ritenute insufficienti a giustificare una conclusione  diversa  da
quella adottata con ordinanza n. 71 del 10  luglio  2019,  confermata
dalle sezioni unite della Corte di cassazione con sentenza n. 741 del
2020,  e  con  sentenza  9  ottobre  2020,  n.  139,  in  cui   aveva
motivatamente escluso  che  l'on.  Ferri  fosse  stato  inserito  nel
perimetro  investigativo   della   Procura   di   Perugia   e   aveva
conseguentemente accertato la natura «casuale» delle intercettazioni.
La Sezione, rilevato che il dott. Ferri non e' mai stato inserito nel
perimetro dell'indagine avviata nel procedimento  penale  n.  6652/18
R.G.N.R. a carico del dott. Palamara e che non e'  stato  oggetto  di
intercettazioni «mirate», ha  rigettato  l'eccezione  preliminare  di
ammissibilita' ed utilizzabilita'  nel  procedimento  disciplinare  a
carico del dott. Ferri delle intercettazioni in oggetto e,  ritenendo
le  stesse  necessarie  ai  fini  del  giudizio,   ha   disposto   la
trasmissione degli atti alla Camera dei deputati per l'autorizzazione
ex art. 6, legge n. 140 del 2003,  con  contestuale  sospensione  del
procedimento disciplinare. 
    3. La richiesta di autorizzazione ha ad oggetto, come precisato a
seguito di varie interlocuzioni con la Giunta per  le  autorizzazioni
della Camera dei deputati, quattro captazioni (nel proseguo  indicate
complessivamente come le «captazioni»), e precisamente quelle: 
        del 9 maggio 2019, progressivi da 7 (ore 00:07:09) a 37  (ore
01:03:38); 
        del 21 maggio 2019, progressivi da 3 (ore 00:57:29) a 10 (ore
01:18:20); 
        del 28 maggio 2019, progressivi da 88 (ore  21:54:25)  a  147
(ore 23:57:55); 
        del 29 maggio 2019, progressivi da 1 (ore 00:00:25) a 13 (ore
00:24:45). 
    La Giunta  per  le  autorizzazioni  della  Camera,  esaminata  la
documentazione trasmessa dal Consiglio Superiore della  Magistratura,
ha ritenuto che gli inquirenti, ponendo sotto controllo l'utenza  del
dott. Palamara, abbiano inteso sottoporre a intercettazione anche  il
dott.  Ferri  e  che,  non  avendo  chiesto  ed  ottenuto  la  previa
autorizzazione della  Camera  di  appartenenza,  abbiano  violato  la
guarentigia di cui all'art. 68, comma 3,  della  Costituzione.  Nella
seduta del 16 novembre  2021,  la  Giunta  ha  quindi  deliberato,  a
maggioranza, di proporre all'Assemblea il diniego dell'autorizzazione
all'utilizzazione delle captazioni. 
    L'Assemblea, con deliberazione del 12 gennaio 2022,  ha  recepito
la proposta della Giunta e ha negato l'autorizzazione richiesta dalla
Sezione disciplinare. 
    4. All'udienza del 18 febbraio 2022, la Procura  generale  presso
la  Corte  di  cassazione  ha  depositato  una  memoria,   illustrata
oralmente, con la  quale  ha  sostenuto  la  natura  «casuale»  delle
captazioni e ha evidenziato l'impatto  che  il  diniego  di  utilizzo
delle  captazioni  e'  destinato  ad  avere  sulla  prosecuzione  del
procedimento  disciplinare  e,  pertanto,  ha  chiesto  alla  Sezione
disciplinare   di   promuovere   un   conflitto   costituzionale   di
attribuzioni tra poteri dello Stato nei confronti  della  Camera  dei
deputati in relazione alla delibera  del  12  gennaio  2022,  che  ha
negato l'utilizzabilita' delle captazioni  nell'ambito  del  giudizio
disciplinare di cui si tratta. 
    Nella medesima udienza la difesa del dott. Ferri ha  chiesto  una
sentenza di immediata declaratoria  di  improcedibilita'  dell'azione
disciplinare  ex   art.   129   c.p.p.,   quale   conseguenza   della
inutilizzabilita'  delle  captazioni,  ed  ha  altresi'  chiesto   la
distruzione immediata delle stesse. 
    5. Il diniego di  autorizzazione  all'utilizzo  delle  captazioni
determina conseguenze sulla prosecuzione del  giudizio  disciplinare.
Dalle captazioni emerge infatti sia la partecipazione del dott. Ferri
all'incontro tenutosi presso l'Hotel Champagne nella notte tra l'8  e
il 9 maggio 2019, con gli allora consiglieri del Consiglio superiore,
dottori Cartoni, Criscuoli, Lepre, Morlini e Spina, il dott. Palamara
e  il  dott.  Lotti,   sia   (secondo   l'ipotesi   accusatoria)   il
comportamento assunto in detta riunione da ciascuno dei  partecipanti
per   influire   sulle   determinazioni   del   Consiglio   Superiore
relativamente  al   conferimento   degli   incarichi   direttivi   di
Procuratore  e  Procuratore  aggiunto  della  Repubblica  di  Roma  e
Procuratore della Repubblica di Perugia. 
    Se non puo' certamente dirsi  che  il  provvedimento  di  diniego
all'utilizzazione del  predetto  materiale  probatorio  impedisca  la
prosecuzione del giudizio disciplinare  a  carico  del  dott.  Ferri,
basandosi le incolpazioni a suo carico anche  su  altri  elementi  di
prova, puo' pero' senza dubbio  affermarsi  che  esso  condiziona  ab
externo lo sviluppo dell'istruttoria dibattimentale. 
    Cio' posto, la Sezione disciplinare, esaminata la relazione della
giunta per le autorizzazioni nonche' i resoconti delle  sedute  della
Camera nelle quali e' stata discussa la richiesta  di  autorizzazione
in oggetto (in particolare le sedute del 4 agosto,  8  settembre,  15
settembre, 22 settembre, 6 ottobre, 13  ottobre  2021  e  12  gennaio
2022), ritiene che la Camera dei deputati, con  la  delibera  del  12
gennaio,  abbia  esercitato  in  maniera  non  corretta  le   proprie
attribuzioni ed  abbia  illegittimamente  interferito  sull'esercizio
delle funzioni giurisdizionali di questa Sezione disciplinare. 
    Di qui la decisione di sollevare, come  richiesto  dalla  Procura
generale della Corte di cassazione,  conflitto  di  attribuzioni  tra
poteri dello  Stato  nei  confronti  della  Camera  dei  deputati  in
relazione al diniego di autorizzazione all'utilizzo delle  captazioni
nel procedimento disciplinare in oggetto. 
Il quadro costituzionale di riferimento. 
    6. L'art. 68, terzo comma, della  Costituzione,  come  modificato
dalla  legge  costituzionale  n.  3  del  1993,  prevede  che  «senza
autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun membro  del
Parlamento  puo'  essere  sottoposto  a  perquisizione  personale   o
domiciliare, ne' puo' essere arrestato  o  altrimenti  privato  della
liberta'  personale,  o  mantenuto  in  detenzione,  salvo   che   in
esecuzione di una sentenza irrevocabile di condanna,  ovvero  se  sia
colto nell'atto di commettere un delitto per  il  quale  e'  previsto
l'arresto obbligatorio in flagranza», e che  «analoga  autorizzazione
e'  richiesta   per   sottoporre   i   membri   del   Parlamento   ad
intercettazioni, in qualsiasi forma, di conversazioni o comunicazioni
e a sequestro di corrispondenza». 
    Tali principi sono stati attuati dalla  legge  n.  140  del  2003
(Disposizioni  per  l'attuazione  dell'art.  68  della   Costituzione
nonche' in materia  di  processi  penali  nei  confronti  delle  alte
cariche dello Stato). 
    La legge prevede, in  particolare,  che  l'autorita'  giudiziaria
debba essere autorizzata sia se voglia sottoporre  a  intercettazione
(diretta o indiretta) un parlamentare (art. 4), sia se  voglia  usare
processualmente   nei   confronti   del    parlamentare    una    sua
intercettazione casualmente raccolta (art. 6). Nel primo  caso  (art.
4), l'autorizzazione e' preventiva alla raccolta della  prova  e,  in
mancanza, rende il  mezzo  probatorio  ab  origine  illegittimo;  nel
secondo caso (art. 6) l'autorizzazione e'  successiva  alla  raccolta
della prova  e  rende  il  dato  probatorio  (ab  origine  legittimo)
fruibile  processualmente  nei   confronti   del   parlamentare   sul
presupposto che esso sia necessario. Per effetto  della  sentenza  n.
390 del 2007, che ha dichiarato  parzialmente  illegittimo  l'art.  6
della legge n. 140 del 2003, nel caso di diniego dell'autorizzazione,
le intercettazioni «casuali» sono inutilizzabili  nei  confronti  del
solo parlamentare, potendo invece  legittimamente  essere  utilizzate
nei confronti di soggetti terzi. 
    La richiamata sentenza n. 390 del 2007 ha individuato  i  criteri
di distinzione tra le intercettazioni «casuali» o «fortuite» e quelle
«indirette».  Con  riferimento  alle   prime,   «l'eventualita'   che
l'esecuzione  dell'atto   sia   espressione   di   un   atteggiamento
persecutorio  -  o,  comunque,  di  un  uso   distorto   del   potere
giurisdizionale nei confronti del membro  del  Parlamento,  volto  ad
interferire indebitamente sul libero esercizio delle sue  funzioni  -
resta esclusa, di regola, proprio dalla accidentalita'  dell'ingresso
del parlamentare nell'area di ascolto. Ne', d'altra  parte,  si  puo'
ritenere che il nulla osta successivo della Camera  all'utilizzazione
del  mezzo  probatorio  sia  imposto  dall'esigenza  di  evitare  una
surrettizia elusione della garanzia  dell'autorizzazione  preventiva:
elusione che si realizzerebbe allorche', attraverso la sottoposizione
ad  intercettazione  di  utenze  telefoniche  o  luoghi  appartenenti
formalmente a terzi -  ma  che  possono  presumersi  frequentati  dal
parlamentare - si intendano captare, in realta', le comunicazioni  di
quest'ultimo.  Al  riguardo,  va  infatti  osservato  che  la   norma
costituzionale  vieta  di  sottoporre   ad   intercettazione,   senza
autorizzazione,  non  le  utenze  del   parlamentare,   ma   le   sue
comunicazioni: quello  che  conta -  ai  fini  dell'operativita'  del
regime dell'autorizzazione preventiva stabilito dall'art.  68,  terzo
comma, della Costituzione - non e' la titolarita' o la disponibilita'
dell'utenza  captata,  ma  la  direzione  dell'atto  d'indagine.   Se
quest'ultimo e' volto, in concreto, ad  accedere  nella  sfera  delle
comunicazioni del parlamentare, l'intercettazione non autorizzata  e'
illegittima, a prescindere dal fatto  che  il  procedimento  riguardi
terzi o che le utenze sottoposte a controllo  appartengano  a  terzi.
(...). Dall'ambito della garanzia prevista dall'art. 68, terzo comma,
della  Costituzione   non   esulano,   dunque,   le   intercettazioni
«indirette», intese come captazioni delle  conversazioni  del  membro
del Parlamento effettuate ponendo sotto controllo le utenze dei  suoi
interlocutori abituali; ma,  piu'  propriamente,  le  intercettazioni
«casuali»  o  «fortuite»,  rispetto  alle  quali  -  proprio  per  il
carattere   imprevisto   dell'interlocuzione   del   parlamentare   -
l'autorita'  giudiziaria  non  potrebbe,  neanche  volendo,   munirsi
preventivamente del placet della Camera di appartenenza. 
    La  Corte  costituzionale  ha  ulteriormente  precisato  che   la
disciplina dell'autorizzazione preventiva ex art. 4, legge n. 140 del
2003 trova applicazione «tutte le volte in cui  il  parlamentare  sia
individuato  in  anticipo  quale   destinatario   dell'attivita'   di
captazione»:  dunque,  non  soltanto  quando  siano   sottoposti   ad
intercettazione utenze o luoghi appartenenti al soggetto  politico  o
nella sua disponibilita' (intercettazioni «dirette»), ma anche quando
lo siano utenze o luoghi di soggetti diversi,  che  possono  tuttavia
«presumersi   frequentati    dal    parlamentare»    (intercettazioni
«indirette») (sentenza n. 114 del 2010). In altre parole, solo quando
l'atto di indagine «e' volto, in concreto, ad  accedere  nella  sfera
delle   comunicazioni   del   parlamentare,   l'intercettazione   non
autorizzata  e'  illegittima,  a  prescindere  dal   fatto   che   il
procedimento riguardi terzi o che le utenze  sottoposte  a  controllo
appartengano a terzi» (sentenza n. 113 del 2020). 
    La Corte costituzionale ha poi aggiunto che, ai fini del concetto
di  «casualita'»  dell'ascolto,  deve  darsi   rilievo   anche   alla
dimensione quantitativa e temporale della captazione, poiche'  quando
«si tratta di una attivita' di captazione articolata e prolungata nel
tempo (...) la verifica dell'«occasionalita'»  delle  intercettazioni
deve farsi, di necessita', particolarmente stringente. Ove,  infatti,
nel corso dell'attivita' di intercettazione  emergano,  non  soltanto
rapporti di interlocuzione abituale tra il soggetto intercettato e il
parlamentare,  ma  anche  indizi   di   reita'   nei   confronti   di
quest'ultimo, non si puo' trascurare l'eventualita'  che  intervenga,
nell'autorita' giudiziaria, un mutamento di obbiettivi» (sentenza  n.
113 del 2020).  Tuttavia,  neppure  quando  il  parlamentare  risulti
formalmente  indagato  e'  possibile  ipotizzare   «una   presunzione
assoluta del carattere indiretto dell'intercettazione  (tale  da  far
sorgere sempre l'esigenza  dell'autorizzazione  preventiva)»,  basata
sulla «elevata probabilita' che le intercettazioni,  disposte  in  un
procedimento che riguarda (anche) il parlamentare, finiscano comunque
per  captarne  le  comunicazioni,  ove  pure   il   controllo   venga
materialmente effettuato su altri  soggetti»  (sentenza  n.  114  del
2010). 
    La Corte ha ulteriormente precisato che il nuovo art.  68,  comma
3, della Costituzione (come modificato dalla legge costituzionale  n.
3 del 1993), sostituendo all'originaria  autorizzazione  a  procedere
una autorizzazione ad acta, indica che  «che  non  gia'  e  non  piu'
l'intero procedimento, ma solo tali atti sono  considerati  idonei  a
incidere sulla liberta' e l'indipendenza della funzione parlamentare,
e che queste sono suscettibili di sacrificio nei  limiti  in  cui  il
compimento in concreto di taluno di essi  -  in  relazione  alla  sua
attitudine   tipica   -   corrisponda   alle   specifiche    esigenze
procedimentali e, in particolare, investigative».  La  Corte  ha  poi
chiarito  che  il  requisito  della  «necessita'»   degli   atti   da
autorizzare, previsto dall'art.  6  della  legge  n.  140  del  2003,
implica  una  valutazione  che  «spetta  indubbiamente  all'autorita'
giudiziaria richiedente, la quale  peraltro  deve,  essa  per  prima,
commisurare le  proprie  scelte  anche  all'esigenza  del  sacrificio
minimo indispensabile dei valori di  liberta'  e  indipendenza  della
funzione  parlamentare.  Detta  autorita'  e'   tenuta,   quindi,   a
determinare in modo specifico i connotati del provvedimento e a  dare
adeguato  conto  delle  relative   ragioni,   con   motivazione   non
implausibile, nella richiesta di autorizzazione ad  eseguirlo,  cosi'
da  porre  la  Camera  competente  in   condizione   di   apprezzarne
compiutamente  i  requisiti  di  legalita'   costituzionale»,   ferma
restando l'impossibilita' «di  limitare  l'autorizzazione  solo  alle
prove cui  sia  attribuibile  il  carattere  della  decisivita'».  Il
bilanciamento degli  interessi  in  gioco,  nella  prospettiva  della
predicata   «necessita'»,   compete   all'autorita'   procedente    e
richiedente, «la quale, tuttavia,  e'  tenuta  a  darne  conto  nella
motivazione»  (sentenza  n.  188  del  2010).   Il   criterio   della
«necessita'» processuale richiesto per  le  autorizzazioni  «casuali»
dall'art. 6 della legge n. 140 del 2003, «opera come  condizione  per
l'utilizzazione delle intercettazioni nel corso del processo  e  come
limite dell'attivita' dell'autorita' giudiziaria  nei  confronti  dei
parlamentari». Ne consegue  che  soltanto  qualora  la  richiesta  di
autorizzazione «abbia ad  oggetto  intercettazioni  fortuite  la  cui
utilizzazione non risponda al richiamato  criterio  di  "necessita'",
l'esercizio del potere giudiziario andrebbe  ritenuto  illegittimo  e
riveli l'intento persecutorio della richiesta» (sentenza  n.  74  del
2013). 
    La Corte costituzionale ha infine sottolineato che, nel  decidere
se  autorizzare   o   meno   l'utilizzazione   processuale   di   una
intercettazione  «fortuita»  o  «casuale»   nei   confronti   di   un
parlamentare, occorre tenere conto del fatto che l'art. 6 della legge
n. 140 del 2003, «al pari delle altre disposizioni sulle immunita'  e
prerogative a tutela della funzione parlamentare, deroga al principio
di parita' di trattamento davanti alla giurisdizione - principio  che
e' alle origini della formazione dello Stato  di  diritto»  (sentenza
188 del 2010, che richiama le sentenze numeri 24 del  2004,  262  del
2009 e 74 del 2013). Tale disposizione non assegna al  Parlamento  un
potere di riesame di dati processuali  gia'  valutati  dall'autorita'
giudiziaria, ma solo  quello  «di  verificare  che  la  richiesta  di
autorizzazione sia coerente con l'impianto accusatorio e che non sia,
dunque, pretestuosa. A tal fine, la Camera alla quale  appartiene  il
parlamentare le cui conversazioni siano state captate deve  accertare
che il giudice abbia indicato gli elementi su  cui  la  richiesta  si
fonda - ovvero, «da un lato, le specifiche emergenze probatorie  fino
a quel momento disponibili e, dall'altro, la loro attitudine  a  fare
sorgere la "necessita'" di quanto si chiede di autorizzare» -  e  che
la asserita necessita' dell'atto sia  «motivata  in  termini  di  non
implausibilita'» (sentenze numeri 74 del 2013 e 188 del 2010). 
La delibera del 12 gennaio 2022 di diniego dell'autorizzazione. 
    7. La Camera dei deputati ha fondato il diniego di autorizzazione
all'utilizzo  delle  captazioni  nei  confronti   del   dott.   Ferri
sull'assunto che si tratti di intercettazioni «indirette». 
    Tale conclusione e' tratta dalle seguenti considerazioni: 
        a) il nominativo del dott. Ferri compare gia' nella richiesta
della Procura di Perugia di sottoporre a intercettazioni l'utenza del
dott. Palamara e nel relativo decreto del  giudice  per  le  indagini
preliminari di Perugia del 21 e 22 febbraio 2019,  poiche'  in  detti
atti si faceva riferimento al fatto che  l'avv.  Amara,  indagato  in
altri procedimenti presso le  Autorita'  giudiziarie  di  Roma  e  di
Messina, aveva operato «riferimenti  chiari  al  Consiglio  Superiore
della Magistratura» nelle persone dei dott. Palamara e Ferri; 
        b) nel decreto di autorizzazione alle intercettazioni  veniva
dato risalto al fatto che il  dott.  Palamara  facesse  uso  del  suo
(pregresso) ruolo nel C.S.M., in particolare per quanto  concerne  il
conferimento  degli  incarichi  direttivi,  per   ottenere   utilita'
diverse; 
        c) identiche considerazioni venivano svolte nelle  successive
autorizzazioni  del  marzo  2019,  ave  erano  gia'  emersi  contatti
telefonici tra il dott. Palamara e il dott. Ferri; 
        d) l'A.G.  aveva  dunque  gia'  elementi  per  figurarsi  fin
dall'inizio dell'indagine un coinvolgimento del dott. Ferri nei fatti
oggetto del procedimento; 
        e) nella richiesta di proroga  delle  intercettazioni  del  3
aprile 2019, si faceva richiamo a  intercettazioni  di  conversazioni
del dott. Palamara, tra cui una del 12 marzo 2019 con il dott. Ferri,
da cui si trarrebbe come il dott. Palamara fosse in grado di  gestire
e orientare le nomine presso diversi uffici  giudiziari,  cosi'  come
rimarcato in un decreto del 4 aprile 2019, in  cui  ampio  spazio  e'
dato alla «pervasiva» capacita' di influenza  ab  externo  del  dott.
Palamara, nel contesto di «sfondo» di condotte illecite in seno  alle
associazioni  (correnti)   della   magistratura;   da   cio',   nella
valutazione della Camera, si ricaverebbe la direzione delle  indagini
anche verso questa attivita', che  vedeva  il  dott.  Ferri  tra  gli
interlocutori del dott. Palamara, in quanto esponente di spicco della
corrente di Magistratura indipendente; 
        f) pertanto, gia' alla data della proroga del 4 aprile  2019,
si sarebbe potuto escludere  il  carattere  casuale  e  imprevedibile
delle successive captazioni delle conversazioni involgenti  il  dott.
Ferri, anche in ragione dei contatti telefonici (indicati  in  numero
di nove) tra il terzo (Palamara) e il predetto parlamentare; 
        g) nella richiesta di proroga del 19 aprile 2019 (e  relativo
decreto del 20 successivo) laddove si  fa  riferimento  ai  «rapporti
illeciti che fanno da sostrato ai reati  per  i  quali  si  procede»,
viene dato atto della stretta frequentazione tra il dott. Palamara  e
il dott. Ferri e di  un  incontro  tra  i  due  del  12  marzo  2019,
affermando che il rapporto tra i predetti magistrati si  inseriva  in
«contesti connotati quanto meno da elementi di  opacita'»,  facendosi
menzione  di  otto  conversazioni  telefoniche  precedenti  e  di  un
incontro conviviale dell'11 aprile 2019 anche con terzi; 
        h) la richiesta di ulteriore  proroga  del  15  maggio  2019,
basata su una nota del GICO del 13 maggio, sottolinea che il rapporto
tra il dott. Ferri e il dott. Palamara non fosse solo da ricondurre a
ragioni associative ma «da estendersi ad altri  contesti  non  meglio
specificati»; vi si da' atto di rapporti con Claudio Lotito, e  della
identificazione di una  persona  indicata  come  «Luca  che  dovrebbe
incontrarsi a casa di Palamara con Ferri»; 
        i) la circostanza che la citata richiesta di proroga  del  15
maggio, benche' successiva  all'incontro  presso  l'Hotel  Champagne,
faceva riferimento anche al contenuto di intercettazioni del 17 e  18
aprile 2019, di talche' sarebbe inattendibile la  riconduzione  della
lettura delle trascrizioni in  parola  alla  data  del  10  maggio  e
l'ascolto dell'intercettazione telefonica n. 8498 dell'8 maggio 2019,
ore 19:13:17 (conversazione preparatoria dell'incontro  notturno  8-9
maggio) solo in data 9 maggio alle ore 11:00,  quale  giustificazione
della pretesa casualita' della captazione dell'incontro; 
        j) la nota di istruzioni del pubblico ministero di Perugia al
GICO del 10 maggio 2019, successiva alla  captazione  piu'  rilevante
dell'incontro  dell'8/9  maggio,  con  l'indicazione  all'ufficio  di
polizia giudiziaria di non attivare le captazioni  e  intercettazioni
laddove dalle conversazioni dovesse emergere con certezza un prossimo
incontro del dott. Palamara con un parlamentare; 
        k) la risposta a detta nota di istruzioni da parte del  GICO,
che, nel dare atto che le attivita' di ascolto avvenivano in  maniera
casuale e come esse non avessero restituito conversazioni  del  dott.
Palamara con Lotti Luca, viceversa per il dott.  Ferri  segnalava  la
registrazione di una conversazione dell'8 maggio  2019  (la  n.  8498
citata) inerente la programmazione dell'incontro registrato; 
        l) unitamente  al  dubbio  circa  l'ascolto  differito  della
conversazione preparatoria, e' sottolineata  la  esistenza  di  altre
quattro  conversazioni  indicative  della  finalita'  di  organizzare
l'incontro, cio' che - considerando la possibilita' di  riprogrammare
le captazioni - avrebbe dovuto indicare la necessita' di  evitare  la
captazione e il successivo ascolto  dilazionato,  anche  perche'  non
potrebbe ammettersi una elusione  della  garanzia  costituzionale  ex
art. 68 della Costituzione per effetto di ritardi o negligenze  degli
addetti all'ascolto; 
        m)  il  dott.  Ferri  sarebbe  entrato  nel  perimetro  delle
indagini, benche' formalmente mai indagato, gia'  da  febbraio  2019,
oppure dal 12 marzo o ancora, al piu'  tardi  e  in  via  di  massima
prudenza, da aprile 2019, secondo una logica di «stratificazione» non
casuale di elementi; 
        n) ritenuta non casuale la captazione del 9 maggio, la Camera
ha considerato a maggior ragione non casuali quelle  successive  (21,
28 e 29 maggio); 
        o) dubbi sarebbero infine emersi sulla stessa  completezza  e
attendibilita' delle registrazioni, e cio' alla  luce  di  intervalli
nei progressivi, delle modalita' con  cui  una  societa'  privata  ha
effettuato le captazioni, delle possibilita' di  accessi  esterni  in
ragione della presenza di server intermedi collocati a  Napoli  e  in
locali  della  societa'  esecutrice  delle  operazioni  e  non  della
Procura, della stessa architettura  informatica  degli  strumenti  di
captazione. 
Valutazioni della Sezione. 
    8. Come si e' osservato  sopra  (cfr.  §  6),  per  stabilire  il
carattere «indiretto» o  «casuale»  di  una  intercettazione  occorre
accertare  la  reale   «direzione   dell'atto   d'indagine»   e,   in
particolare, se questo sia o meno volto,  in  concreto,  ad  accedere
alla sfera delle comunicazioni del parlamentare. 
    Il  dott.  Ferri  non  e'  mai  stato  inserito   nel   perimetro
dell'attivita'  investigativa  svolta  nel  procedimento  penale   n.
6652/18 R.G., iscritto presso la Procura della Repubblica di  Perugia
nei confronti del dott. Luca Palamara,  nel  cui  ambito  sono  state
effettuate le captazioni. Nella pur  ampia  discussione  parlamentare
risultante dai resoconti di Giunta e di Assemblea, del resto, mai  e'
stata individuata una fattispecie penalmente rilevante o un  contesto
di illiceita' penale a carico del dott. Ferri, cui le intercettazioni
nei suoi confronti sarebbero state collegate. In particolare, mai  e'
emerso un coinvolgimento del dott. Ferri nell'ipotesi correttiva  che
sostanzia le accuse  penali  mosse  al  dott.  Palamara.  E'  questa,
tuttavia, una circostanza  di  estrema  rilevanza,  irragionevolmente
trascurata  dalla  Camera  nella  valutazione  circa   il   carattere
«indiretto» o «casuale» delle captazioni. Il fatto che mai  il  dott.
Ferri  sia  entrato  nel  perimetro  d'indagine,  infatti,  porta  ad
escludere  che  la  captazione  informatica  disposta  dall'Autorita'
giudiziaria di Perugia abbia avuto di  mira  l'intercettazione  delle
sue conversazioni. 
    9. La conclusione cui e' giunta la  Camera  all'esito  dell'esame
del materiale probatorio  inviato  da  questa  Sezione  disciplinare,
ovvero che il dott. Ferri fosse entrato ab initio  nel  mirino  delle
indagini  e  che  percio'  le  intercettazioni  del  dott.   Palamara
mirassero  «indirettamente»  a  captarne  le  comunicazioni,  risulta
smentita da  tutti  i  provvedimenti  giurisdizionali  che,  a  vario
titolo,  sono  stati  pronunciati  sui  fatti  di  cui   si   tratta,
provvedimenti di cui la Camera dei deputati non ha tenuto conto. 
    In  particolare,  il  carattere  «casuale»  delle  captazioni  in
oggetto e' stato accertato,  con  ampia  motivazione,  dalla  Sezione
disciplinare (ord. caut. n. 73 del 2019, sentenza n.  139  del  2020,
ordinanza n. 96 del 2021 e sentenza n. 134 del 2021),  dall'Autorita'
giudiziaria di Perugia (G.U.P. di  Perugia,  procedimento  penale  n.
6652/2018 RG, ordinanza 21 settembre  2020)  e  dalle  Sezioni  unite
della Corte di cassazione (sentenze numeri 741 del 2020 e  22302  del
2021). 
    Tutte queste autorita' hanno analizzato, singolarmente e nel loro
complesso,  quelle  stesse  circostanze  valutate  dalla  Camera  dei
deputati, escludendo motivatamente che le captazioni fossero volte ad
accedere  nella  sfera  delle  comunicazioni  del   dott.   Ferri   e
richiedessero, pertanto, una preventiva autorizzazione parlamentare. 
    10. Questa  Sezione  ritiene  di  non  potersi  discostare  dalle
conclusioni dei suddetti  provvedimenti.  Nessuna  delle  circostanze
prese in considerazione dalla Camera dei  deputati,  infatti,  appare
sufficiente, in se' o  in  rapporto  alle  altre,  a  dimostrare  che
l'Autorita' giudiziaria di Perugia, nel disporre  le  intercettazioni
nei confronti del dott. Palamara, mirasse indirettamente a captare le
conversazioni del dott. Ferri. 
    In particolare, nessun rilievo ai fini che qui  interessano  puo'
essere attribuito al fatto che la richiesta della Procura di  Perugia
di sopporre a  intercettazione  l'utenza  del  dott.  Palamara  e  le
successive autorizzazioni contengano riferimenti all'avv. Amara ed ai
rapporti dello stesso con  il  CSM,  oppure  ai  rapporti  del  dott.
Palamara con i  componenti  del  CSM,  non  essendo  emerso  da  tali
riferimenti alcun indizio di reita' nei  confronti  del  dott.  Ferri
(che peraltro da oltre nove anni non era piu'  consigliere  del  CSM)
ne' la necessita'  di  orientare  le  indagini  nei  confronti  dello
stesso. Neppure il richiamo, contenuto  nella  richiesta  di  proroga
delle intercettazioni del 3 aprile 2019, al ruolo del dott.  Palamara
nella  gestione  dei  rapporti  torrentizi  e  delle  nomine   appare
dirimente. Il fatto che il dott. Ferri fosse un esponente  di  spicco
della corrente Magistratura indipendente non e' infatti sufficiente a
dimostrare l'esistenza di un focus investigativo nei suoi confronti. 
    I contatti e le frequentazioni tra il dott. Palamara e  il  dott.
Ferri non sono indice idoneo  a  dimostrare  l'orientamento  «mirato»
delle indagini anche verso il secondo, tenuto conto  della  scarsita'
di contatti (sedici, tra il 12 marzo e l'8 maggio del 2019)  e  della
tipologia degli stessi, caratterizzati sempre da contenuti riferibili
solo all'attivita' associativa e mai alle vicende corruttive  oggetto
del procedimento penale. 
    Analogamente, il richiamo a «elementi di opacita'»  nei  rapporti
tra il dott. Palamara e il dott. Ferri contenuto nella nota del  GICO
del 18 aprile 2019, n. 191924 e nella richiesta  di  proroga  del  19
aprile 2019, non e' sufficiente a dimostrare che il dott. Ferri fosse
entrato nel perimetro delle  indagini,  che  avevano  ad  oggetto  il
delitto di corruzione contestato al dott. Palamara.  Questa  Sezione,
con sentenza n. 139 del 2020, ha del resto ritenuto  che  tale  nota,
«come puntualmente chiarito in sede  di  audizione  testimoniale  dei
testi  Di  Bella  e  Mastrodomenico,  aveva  riguardo  a   situazioni
(relative a rapporti che riguardavano anche altri soggetti, quali, in
particolare, Claudio Latito e il notaio Ciampini) non  immediatamente
chiare (e in tal senso, appunto, «opache»)  alla  P.G.  operante,  ma
rispetto alle quali in alcun  modo  sono  mai  stati  anche  soltanto
ipotizzati possibili oggetti di attivita' investigativa  coinvolgenti
il dott. Ferri». 
    Alla richiesta di proroga del 15  maggio  2019  non  puo'  essere
assegnata valenza retroattiva al  fine  di  dimostrare  il  carattere
«mirato»  dell'intercettazione  del  9  maggio   2019,   neppure   in
considerazione del richiamo al contenuto delle intercettazioni del 17
e 18 aprile 2019, dalla quale non e' possibile desumere alcun indizio
di reita' nei confronti del dott. Ferri. 
    Inoltre, e' risultato provato che l'ascolto  delle  conversazioni
«preparatorie» dell'incontro notturno  presso  l'Hotel  Champagne,  e
specificamente di quella c.d. «predittiva» n. 8498  delle  ore  19:05
dell'8 maggio 2019, sia avvenuto solo dopo che detto  incontro  e  la
relativa captazione erano avvenuti  (a  meta'  mattinata  del  giorno
successivo), come attestato sia dal verbale della trascrizione sia da
conformi deposizioni testimoniali (Di Bella e Del Prete) assunte  nel
corso del procedimento a carico del dott. Palamara. Lo stesso  dicasi
della conversazione ambientale tra i dottori  Palamara  e  Spina  del
precedente 7 maggio 2019, nel corso della quale si faceva riferimento
ad un incontro programmato per  la  sera  successiva  con  «Cosimo  e
Luca», che risulta ascoltata solo  alle  18:42  dell'8  maggio  2019,
interrompendosi l'ascolto pochi minuti dopo, ad opera del Maresciallo
Gorrea della G.d.F., «staccato» dal servizio alle 19:00. 
    La direttiva del 10 maggio 2019 del pubblico ministero di Perugia
- che invitava gli operatori di polizia giudiziaria a non attivare il
microfono qualora fosse emersa  con  certezza,  dal  contenuto  delle
conversazioni, la prossima interlocuzione con un parlamentare - aveva
inoltre uno scopo meramente precauzionale, stante il fatto che non vi
era stato e  non  vi  fu  alcun  ampliamento  della  direzione  delle
indagini, rimaste sempre focalizzate sulla persona del dott. Palamara
(Cassazione, S.U., sentenza n. 22302/2021).  E'  del  resto  evidente
l'impossibilita' di considerare  tale  direttiva  come  indice  della
direzione dell'indagine nei confronti di parlamentari, anche  perche'
dalla stessa direttiva si ricava che  i  microfoni  avrebbero  dovuto
rimanere accesi laddove la presenza di un parlamentare  fosse  emersa
in maniera casuale e imprevedibile e comunque  la  nota  presupponeva
che,  a  quella  data,  l'indagine  non  avesse  avuto  di  mira   un
parlamentare  perche',  altrimenti,  il  microfono  non  avrebbe  per
definizione potuto essere attivato  (Cassazione,  S.U.,  sentenza  n.
22302 del 2021). 
    Neppure la  ricorrenza  del  nome  «Cosimo»  quale  interlocutore
abituale del dott. Palamara o la circostanza che, prima del 9  maggio
2019, alcuni incontri tra il dott. Palamara e il  dott.  Ferri  siano
stati monitorati e che varie conversazioni  cui  ha  preso  parte  il
dott. Ferri siano state intercettate, sono sufficienti  a  dimostrare
che gli investigatori, attraverso il trojan  inoculato  sul  telefono
del dott. Palamara, mirassero, non  solo  ad  apprendere  circostanze
utili ai fini dell'indagine per il delitto di corruzione oggetto  del
procedimento penale n. 6652/18 R.G.N.R.,  ma  anche  alla  captazione
delle conversazioni del dott. Ferri relative  al  conferimento  degli
incarichi dei magistrati. 
    La Camera, infine, ha  considerato  aspetti  del  tutto  estranei
all'oggetto   della   valutazione   da    compiere    prendendo    in
considerazione, ad esempio,  le  metodiche  di  captazione,  la  loro
modalita'  tecnica  di  trasmissione   via   server,   l'architettura
informatica  degli  strumenti,  ovvero  elementi  involgenti  profili
giuridici e  tecnici,  peraltro  esplorati  e  definiti  nelle  sopra
richiamate  decisioni  della  Sezione  disciplinare,   dell'Autorita'
giudiziaria  di  Perugia  e  delle  Sezioni  unite  della  Corte   di
cassazione. Si tratta, all'evidenza, di aspetti sui quali alla Camera
non  compete  alcuna  valutazione,  essendo   irrilevanti   al   fine
dell'individuazione della  direzione  dell'indagine  e  quindi  della
determinazione circa  il  carattere  «indiretto»  o  «casuale»  delle
captazioni. Considerazioni del genere sembrano  volte  a  mettere  in
discussione  la  legittimita'  dell'indagine  svolta  sotto  profili,
pero', che non compete alla Camera valutare. 
Sussistenza della materia di un conflitto di attribuzioni. 
    11. La giurisprudenza costituzionale ha chiarito (cfr. §  6)  che
le  immunita'  e  le  prerogative   previste   dall'art.   68   della
Costituzione sono volte a proteggere l'attivita'  parlamentare  dalle
interferenze giudiziarie illegittime, perche' effettuate  «con  scopi
persecutori, di condizionamento, o comunque estranei  alle  effettive
esigenze della giurisdizione», identificandosi il bene protetto  «con
l'esigenza  di  assicurare   il   corretto   esercizio   del   potere
giurisdizionale nei confronti dei membri del Parlamento,  e  non  con
gli interessi sostanziali  di  questi  ultimi  (riservatezza,  onore,
liberta'  personale),  in   ipotesi   pregiudicati   dal   compimento
dell'atto» (sentenza n. 390 del 2007). 
    L'intento persecutorio sussiste quando  l'autorita'  giudiziaria,
senza la previa autorizzazione della Camera di appartenenza, disponga
un atto di indagine «volto, in  concreto,  ad  accedere  nella  sfera
delle comunicazioni del parlamentare» (sentenza  n.  390/2007),  cio'
che accade «tutte le volte in cui il parlamentare sia individuato  in
anticipo quale destinatario dell'attivita' di captazione», per essere
emersi «non soltanto  rapporti  di  interlocuzione  abituale  tra  il
soggetto intercettato e il parlamentare, ma anche  indizi  di  reita'
nei confronti di' quest'ultimo» (sentenza n. 113 del  2010),  sicche'
l'atto, benche' riferito  a  utenze  di  interlocutori  abituali  del
parlamentare, risulti in  realta'  avvenuto  «al  precipuo  scopo  di
conoscere il contenuto delle conversazioni e delle comunicazioni  del
parlamentare» (sentenza n. 38 del 2019). 
    Laddove manchi dimostrazione che l'intercettazione era diretta  a
captare  le  conversazioni  di  un  parlamentare,  la   stessa   deve
considerarsi «casuale».  In  questo  secondo  caso,  spetta  soltanto
all'autorita' giudiziaria, onerata di darne adeguata motivazione,  il
bilanciamento   tra   l'esigenza   investigativa   e   la   direttiva
costituzionale di protezione  delle  comunicazioni  dei  parlamentari
sotteso  alla  ritenuta  «necessita'»  dell'elemento  probatorio  cui
attiene la richiesta di autorizzazione. Alla Camera  spetta  soltanto
verificare se  l'autorita'  giudiziaria  abbia  motivato  in  maniera
plausibile circa la «necessita'» dell'utilizzo delle intercettazioni. 
    Ad avviso della Sezione disciplinare, la Camera dei deputati  non
ha  correttamente  applicato  tali  principi  al   caso   in   esame,
erroneamente  qualificando   le   captazioni   come   aventi   natura
«indiretta». 
    12. Nella specie,  la  Camera  non  si  e'  limitata  a  valutare
diversamente, rispetto a quanto fatto dalla  Sezione  disciplinare  e
dalle  varie  autorita'  giudiziarie  che  hanno,  a  vario   titolo,
conosciuto gli atti  del  procedimento  penale  a  carico  del  dott.
Palamara, il compendio probatorio complessivamente offerto  alla  sua
considerazione. Essa ha ritenuto che il dott. Ferri fosse entrato nel
mirino dell'indagine penale  sin  dalla  origine  di  questa  e  che,
conseguentemente,  vengano  in  rilievo  nel  caso  che   ci   occupa
intercettazioni «indirette» e non  gia'  «casuali»,  disattendendo  i
criteri  che,  secondo  la  giurisprudenza   costituzionale,   devono
improntare  la  valutazione  delle  operazioni   di   intercettazione
involgenti la figura di parlamentari. Ma, in tal modo, ha finito  per
esorbitare dall'ambito delle proprie  attribuzioni  trasformando,  di
fatto, la garanzia  posta  dall'art.  68  della  Costituzione  in  un
privilegio di status, con  evidente  eccedenza  rispetto  allo  scopo
della previsione costituzionale. 
    La  Camera  dei  deputati  ha  travalicato  il  perimetro   della
valutazione ad essa spettante, poiche' ha reinterpretato il compendio
probatorio trasmesso da questa Sezione disciplinare in contrasto  con
gli elementi di fatto emergenti dagli atti. L'impianto  argomentativo
che sorregge la decisione di diniego dell'autorizzazione della Camera
implica che l'autorita' giudiziaria di Perugia  avrebbe  violato  sia
l'obbligo di iscrizione ex art. 335, codice di procedura  penale  sia
l'art. 68 della Costituzione, ponendo strumentalmente sotto controllo
l'utenza  del  dott.  Palamara  con  l'intento  di  intercettare   le
comunicazioni del dott. Ferri. Ma  l'assunto  secondo  cui  il  dott.
Ferri sarebbe stato sin dal principio nel mirino delle  indagini  non
e'  suffragato  da  alcun  elemento  di  fatto.   Come   piu'   volte
evidenziato, nell'ambito del procedimento penale n.  662/18  R.G.N.R.
il dott. Ferri non e' mai stato  indagato,  non  essendo  mai  emersi
indizi di reita' a suo carico. 
    13. Vi e', infine, da segnalare che la Camera dei deputati sembra
aver  valutato  le  captazioni  come  se  le  stesse  fossero   state
effettuate all'interno del procedimento disciplinare  o  comunque  in
vista del promovimento di un'azione disciplinare  nei  confronti  del
dott. Ferri. Si tratta di una prospettiva non corretta. La  legge  n.
140 del 2003 esige che la valutazione circa il carattere, «casuale» o
meno, delle captazioni, debba essere svolta avendo a  riferimento  la
direzione dell'indagine penale, non di quella disciplinare,  che  non
e' la sede in cui  dette  captazioni  e  intercettazioni  sono  state
effettuate e che e' solo il  luogo  processuale  in  cui  tali  atti,
aliunde effettuati vengono recepiti. 
    In altre parole, la «lente» attraverso la quale si deve guardare,
nel singolo caso, allo svolgimento dell'indagine, per dire se vi  sia
o non vi sia fumus di aggiramento della garanzia  costituzionale,  e'
esclusivamente  quella  della  prospettiva  punitiva  penale,  dunque
quella  che  esige  che  sia  delineato  almeno  per  sommi  capi  un
fatto-reato; non certo un illecito disciplinare funzionale, posto che
di sicuro non rientra fra le attribuzione della giurisdizione  penale
accertare violazioni deontologiche e perseguirne  i  responsabili  in
vista di una sanzione incidente sul solo rapporto di servizio tra  il
magistrato e lo Stato, senza alcun effetto, neppure indiretto,  sulla
continuita' e sul libero svolgimento del mandato parlamentare. 
    Tuttavia, in nessun punto della pur ampia discussione  risultante
dai resoconti  di  Giunta  prima  e  di  Assemblea  poi  e'  dato  di
individuare a  quale  fattispecie  penalmente  rilevante  o  a  quale
contesto di illiceita' (penale) la presenza  del  dott.  Ferri  nelle
interlocuzioni con gli altri partecipanti alla riunione del 9  maggio
2019  potesse  allora  o   possa   oggi   essere   collegata.   Dalla
documentazione trasmessa alla Camera dei deputati risulta  del  resto
che, all'esito della trasmissione da parte dell'autorita' giudiziaria
di Perugia del copioso materiale relativo al  procedimento  penale  a
carico del dott. Palamara, comprendente trascrizioni di conversazioni
con vari magistrati, non vi e' stata alcuna iscrizione  nel  registro
degli indagati di tali magistrati, per i quali e' stato  invece  dato
avvio a iniziative disciplinari. La stessa situazione si e' delineata
con riguardo alla posizione del dott.  Ferri  per  la  vicenda  della
riunione dell'8/9 maggio 2019, oggetto delle incolpazioni elevate nei
suoi confronti. 
    14. In definitiva,  nessuna  delle  considerazioni  svolte  dalla
Camera dei deputati, considerata in se' o in rapporto con  le  altre,
e' sufficiente a dimostrare che le  risultanze  probatorie  in  atti,
lette  alla  luce  dei  principi   formulati   dalla   giurisprudenza
costituzionale, permettono di qualificare le captazioni  come  aventi
natura «indiretta». 
    Emerge invece dalle risultanze probatorie  in  atti,  lette  alla
luce dei criteri che il diritto vivente ha elaborato in  merito  agli
indici di accertamento della casualita' della  conversazione  captata
(tipologia dei rapporti intercorrenti tra il parlamentare e il  terzo
sottoposto a controllo;  attivita'  criminosa  oggetto  di  indagine;
numero di conversazioni intercorse tra il terzo ed  il  parlamentare;
arco di tempo della captazione; momento in cui sono  sorti  indizi  a
carico del parlamentare: cfr. Cassazione pen., sentenze  numeri  8795
del 2019 e 34552 del 2017), che le captazioni hanno natura «casuale». 
    La motivazione della delibera parlamentare si colloca  quindi  al
di fuori  dell'ambito  operativo  dell'art.  68  della  Costituzione,
attraverso un'operazione di rilettura dell'intero contesto probatorio
portato alla cognizione parlamentare, come  se  l'inchiesta,  con  le
intercettazioni e le captazioni, si fosse  sviluppata  proprio  avuto
riguardo alle questioni relative alle nomine per incarichi  direttivi
e alla configurabilita' di una qualche violazione disciplinare. 
    Sicche', l'avere impedito,  con  il  diniego  di  autorizzazione,
l'utilizzazione di quel materiale di prova penalmente neutro, lede le
attribuzioni della giurisdizione disciplinare, nella quale,  come  e'
noto, le acquisizioni raccolte nel corso del procedimento penale sono
pienamente  utilizzabili  in  considerazione  della  specialita'  del
procedimento disciplinare, che «risulta funzionale  alla  tutela  dei
valori espressi dal titolo IV  della  parte  II  della  Costituzione»
(Cassazione, S.U., sentenza n. 9391 del 2021, Sdogati). 
    Sussiste,  pertanto,  la  materia  per  il  promovimento  di   un
conflitto  costituzionale  di  attribuzione  ex  articoli  134  della
Costituzione e 37 della legge  n.  87/1953,  non  nella  forma  della
vindicatio  potestatis,  bensi'  sotto  il  profilo   del   controllo
sull'esercizio del potere in  concreto,  per  vizi  del  procedimento
oppure per omessa o erronea valutazione dei presupposti di  volta  in
volta  richiesti  per  il  valido  esercizio  dello   stesso   (Corte
castituzionale, sentenza n. 1150 del 1988). 
    Cio', non solamente alla stregua di un mero  controllo  «esterno»
sulla congruita' della motivazione addotta a supporto del diniego  di
autorizzazione, ma anche attraverso la verifica circa la sussistenza,
in concreto, dei presupposti  per  l'applicazione  della  guarentigia
(cfr. le sentenza numeri 10 e 11 del 2000). Verifica, questa, che  la
Corte costituzionale  ha  numerose  volte  effettuato  per  stabilire
l'esistenza o meno di una ragione di insindacabilita' parlamentare ex
art. 68, primo comma, della Costituzione,  ma  che  non  trova  alcun
ostacolo alla sua applicazione nel caso di specie, in cui  si  tratta
di stabilire  se  le  captazioni  abbiano  natura  «indiretta»,  come
ritenuto dalla Camera dei deputati, ovvero «casuale»,  come  ritenuto
dalle  varie  autorita'  giurisdizionali  che  hanno   esaminato   la
questione. 
La legittimazione della sezione disciplinare del Consiglio Superiore. 
    15. La sezione disciplinare del CSM e'  legittimata  a  sollevare
conflitto,  in  quanto  organo  giurisdizionale,  in   posizione   di
indipendenza costituzionalmente garantita,  competente  a  dichiarare
definitivamente la volonta' del potere cui appartiene  nell'esercizio
delle funzioni attribuitegli. 
    Come chiarito dalla Corte costituzionale nella  sentenza  n.  270
del 2002, relativa al conflitto promosso dalla  Sezione  disciplinare
avverso una delibera parlamentare di applicazione dell'art. art.  68,
comma 1, della Costituzione, «la Sezione disciplinare e' competente a
dichiarare definitivamente la volonta'» del potere cui  appartiene  -
vale a dire del Consiglio superiore - in quanto le sue determinazioni
in materia disciplinare sono insuscettibili di qualsiasi revisione  o
avocazione da parte del plenum, e costituiscono  piena  e  definitiva
espressione   della   potesta'    disciplinare    attribuita    dalla
Costituzione». 
    Parimenti,  deve  essere  riconosciuta  la  legittimazione  della
Camera dei deputati ad  essere  parte  del  conflitto,  quale  organo
competente a dichiarare in modo definitivo  la  propria  volonta'  in
ordine   all'applicazione   dell'art.   68,   terzo   comma,    della
Costituzione. 
 
                               P. Q. M. 
 
    Visti l'art. 37, legge 11 marzo 1953, n. 87 e  l'art.  26  «Norme
integrative per i giudizi davanti la Corte  costituzionale»,  propone
conflitto di attribuzione nei confronti della Camera dei deputati  in
relazione alla deliberazione presa da quest'ultima in data 12 gennaio
2022 e, conseguentemente, chiede che la Corte costituzionale - previo
riconoscimento  dell'ammissibilita'  del   conflitto -   annulli   la
delibera che ha negato l'autorizzazione all'utilizzo nell'ambito  del
giudizio  disciplinare  R.G.   n.   93/2019   delle   intercettazioni
informatiche indicate in parte motiva. 
    Dispone la trasmissione degli  atti  alla  Corte  costituzionale,
previa notificazione  del  presente  provvedimento  alla  Camera  dei
deputati, a cura della cancelleria. 
    Dispone la sospensione  del  procedimento  disciplinare  R.G.  n.
93/2019 fino alla risoluzione del conflitto. 
    Si comunichi alle parti. 
        Roma, 23 marzo 2022 
 
                   Il Presidente relatore: Donati 
 
 
                                      Il Magistrato segretario: Verde 
    L'ammissibilita' del  presente  conflitto  e'  stata  decisa  con
ordinanza n. 208/2022 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, 1ª serie
speciale, n. 41 del 12 ottobre 2022.