N. 8 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 27 ottobre 2022
Ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato (merito) depositato in cancelleria il 27 ottobre 2022 (dal Consiglio Superiore della Magistratura). Parlamento - Immunita' parlamentari - Intercettazioni di conversazioni di parlamentari - Deliberazione della Camera dei deputati di diniego, ai sensi dell'art. 68, terzo comma, Cost., dell'autorizzazione richiesta, ex art. 6, comma 2, della legge n. 140 del 2003, dalla Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura all'utilizzo di captazioni informatiche nei confronti di un magistrato in aspettativa per mandato parlamentare. - Deliberazione della Camera dei Deputati del 12 gennaio 2022.(GU n.45 del 9-11-2022 )
LA SEZIONE DISCIPLINARE DEL CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA Composta dai signori: prof, avv. Filippo Donati - componente eletto dal Parlamento in sostituzione del Vice Presidente del CSM, Presidente relatore; avv. Stefano Cavanna - componente eletto dal Parlamento; dott. Carmelo Celentano - magistrato di legittimita'; dott.ssa Alessandra Dal Moro - magistrato di merito, componente; dott. Michele Ciambellini - magistrato di merito, componente; dott. Antonino Di Matteo - magistrato di merito, componente, nel, procedimento disciplinare n. 93/2019 R.G. Sentito il Procuratore generale e il difensore del dott. Ferri, a scioglimento della riserva formulata all'udienza del 18 febbraio 2022, ha pronunciato la seguente ordinanza. Premesse in fatto. 1. Il Procuratore generale, con atto prot. 17566/92/19D del 5 luglio 2019, ha promosso il procedimento disciplinare n. 93/2019 R.G. nei confronti del dott. Cosimo Ferri, magistrato collocato fuori dal ruolo organico della Magistratura, in aspettativa per mandato parlamentare perche' deputato della Repubblica, per le seguenti incolpazioni: Capo I). «dell'illecito disciplinare di cui agli articoli 1, comma l, e 2, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109, poiche', in violazione dei doveri di correttezza ed equilibrio, nella qualita' di magistrato, benche' fuori ruolo organico della Magistratura in quanto parlamentare - unitamente ai membri del Consiglio Superiore della Magistratura, in quanto magistrati eletti, Cartoni Corrado, Morlini Pierluigi, Lepre Antonio, Criscuoli Paolo e Spina Luigi; al dott. Luca Palamara, magistrato con funzioni di sostituto Procuratore della Repubblica di Roma; ed al dott. Luca Lotti, anch'egli parlamentare - teneva un comportamento gravemente scorretto nei confronti di altri magistrati componenti il Consiglio Superiore della Magistratura. Detto comportamento risultava invero idoneo ad influenzare, in maniera occulta, la generale attivita' funzionale della V Commissione dell'organo di autogoverno, in ragione della circostanza che, nel corso di una riunione notturna tenuta nella notte del 9 maggio 2019 in luogo diverso dalla sede consiliare, egli - benche' soggetto estraneo alla funzione ed all'attivita' consiliare ed espressione di altro potere dello Stato, in quanto parlamentare - forniva un contributo consultivo, organizzativo e decisorio sulle future nomine di direttivi di vari uffici giudiziari, tra cui, specificamente, la proposta inerente la nomina del Procuratore della Repubblica di Roma, di diretto interesse personale per almeno due di tali soggetti estranei alle funzioni consiliari presenti, quali il dott. Palamara ed il dott. Lotti. In particolare, nei confronti di quest'ultimo, per il quale era gia' stato richiesto il rinvio a giudizio dinnanzi al Tribunale di Roma, il nominando Procuratore della Repubblica di Roma avrebbe dovuto sostenere la funzione di accusa». Capo II). «dell'illecito disciplinare di cui agli articoli 1, commi 1, e 2, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109, poiche', in violazione dei doveri di correttezza ed equilibrio, nella qualita' e nelle circostanze di tempo e di luogo indicate nel precedente capo di incolpazione, teneva un comportamento gravemente scorretto nei confronti dei magistrati che avevano presentato domanda per il conferimento dell'ufficio direttivo di Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma (ed, in particolare, dei dottori Lo Voi, Creazzo e Viola). Egli infatti - benche' soggetto estraneo alla funzione ed all'attivita' consiliare ed espressione di altro potere dello Stato - insieme ai citati membri del Consiglio Superiore della Magistratura; al dott. Luca Palamara (sostituto presso la Procura di Roma e concorrente all'incarico semidirettivo di Procuratore aggiunto presso il medesimo ufficio e, dunque, direttamente interessato alla nomina dell'ufficio direttivo in questione), ed al dott. Luca Lotti, precostituiva e concordava, fin nei dettagli, la strategia da seguire ai fini di pervenire dapprima alla proposta di nomina e, quindi, alla successiva nomina di uno dei concorrenti per la funzione di Procuratore della Repubblica di Roma. E cio' indipendentemente dagli eventuali meriti dei candidati e benche' tale nomina fosse di immediato, diretto, interesse personale per due di tali soggetti estranei alla funzione consiliare ed aventi mediato interesse alla nomina: il dott. Palamara, per la circostanza sopra indicata; il dott. Lotti, in quanto imputato in un procedimento pendente proprio dinanzi al Tribunale di Roma e su iniziativa del P.M di Roma, di risonanza nazionale, con la conseguenza che il designando Procuratore della Repubblica di Roma avrebbe dovuto sostenere l'accusa nei suoi confronti. Inoltre, la condotta era sicuramente, vieppiu', gravemente scorretta perche' con il fattivo contributo causale del dott. Lotti - nonostante la richiamata qualita' assunta dallo stesso nel suindicato procedimento penale - erano discusse ed approfondite, anche al fine di una loro enfatizzazione, vicende che concernevano uno dei concorrenti, il dott. Creazzo, ipoteticamente ostative alla sua designazione e strumentalmente finalizzate comunque, in un momento successivo, ad un allontanamento del predetto magistrato dalla funzione ricoperta di Procuratore della Repubblica di Firenze; sia perche' veniva prefigurata una strategia volta ad enfatizzare il profilo professionale di uno dei candidati, indipendentemente dai dati oggettivi risultanti dai curricula». Capo III). «dell'illecito disciplinare di cui all'art. 3, lettera i) del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109, per avere - anche attraverso le condotte descritte nei precedenti capi di incolpazione - posto in essere un uso strumentale della propria qualita' e posizione, diretto, per le modalita' di realizzazione, a condizionare l'esercizio di funzioni costituzionalmente previste, quali la proposta e la nomina di uffici direttivi di vari uffici giudiziari da parte del Consiglio Superiore della Magistratura». 2. Nel corso dell'udienza disciplinare del 29 luglio 2021, il dott. Ferri ha formulato alcune eccezioni preliminari relative, tra l'altro, alla ammissibilita' ed utilizzabilita' nei suoi confronti, nell'ambito del procedimento disciplinare, delle conversazioni telefoniche intercettate grazie alla inoculazione di un cosiddetto Trojan Horse sull'utenza telefonica in uso al dott. Palamara. Il dott. Ferri ha sostenuto che le intercettazioni in questione hanno natura «indiretta» e, pertanto, non possono essere utilizzate perche' effettuate senza la previa autorizzazione parlamentare ex art. 4, comma 2, legge n. 140 del 2003. La Sezione disciplinare, con ordinanza n. 96 del 30 luglio 2021, ha richiamato i diversi regimi delle intercettazioni del parlamentare, ricordando che e' necessaria l'autorizzazione preventiva della Camera di appartenenza, ai sensi dell'art. 4, legge n. 140 del 2003, solo per le intercettazioni «dirette» e per quelle c.d. «indirette», intese come captazioni delle conversazioni del membro del Parlamento effettuate ponendo sotto controllo i suoi interlocutori abituali in un contesto tale da far ritenere che le intercettazioni siano indirettamente volte a captare le conversazioni del parlamentare. E' invece necessaria l'autorizzazione successiva della Camera di appartenenza ai sensi dell'art. 6, legge n. 140 del 2003, laddove il parlamentare sia intercettato in maniera «casuale» o «fortuita». La Sezione disciplinare ha poi ricordato che la disciplina delle intercettazioni «casuali» esula dall'ambito della garanzia prevista dall'art. 68, comma 3, della Costituzione, in quanto, per il carattere imprevisto dell'interlocuzione del parlamentare, sarebbe impossibile chiedere l'autorizzazione preventiva ex art. 4, e che cio' che conta, ai fini della qualificazione dell'intercettazione del parlamentare, e' la direzione dell'atto d'indagine: se quest'ultimo e' volto, in concreto, ad accedere nella sfera delle comunicazioni del parlamentare, l'intercettazione non autorizzata e' illegittima, a prescindere dal fatto che il procedimento riguardi terzi o che le utenze sottoposte a controllo appartengano a terzi. Cio' premesso, la Sezione disciplinare ha esaminato le argomentazioni addotte dal dott. Ferri a sostegno della propria eccezione di illegittimita' delle intercettazioni in oggetto (argomentazioni sostanzialmente coincidenti con quelle successivamente addotte dalla Camera dei deputati a sostegno della deliberazione del 12 gennaio 2022), ma le ha ritenute insufficienti a giustificare una conclusione diversa da quella adottata con ordinanza n. 71 del 10 luglio 2019, confermata dalle sezioni unite della Corte di cassazione con sentenza n. 741 del 2020, e con sentenza 9 ottobre 2020, n. 139, in cui aveva motivatamente escluso che l'on. Ferri fosse stato inserito nel perimetro investigativo della Procura di Perugia e aveva conseguentemente accertato la natura «casuale» delle intercettazioni. La Sezione, rilevato che il dott. Ferri non e' mai stato inserito nel perimetro dell'indagine avviata nel procedimento penale n. 6652/18 R.G.N.R. a carico del dott. Palamara e che non e' stato oggetto di intercettazioni «mirate», ha rigettato l'eccezione preliminare di ammissibilita' ed utilizzabilita' nel procedimento disciplinare a carico del dott. Ferri delle intercettazioni in oggetto e, ritenendo le stesse necessarie ai fini del giudizio, ha disposto la trasmissione degli atti alla Camera dei deputati per l'autorizzazione ex art. 6, legge n. 140 del 2003, con contestuale sospensione del procedimento disciplinare. 3. La richiesta di autorizzazione ha ad oggetto, come precisato a seguito di varie interlocuzioni con la Giunta per le autorizzazioni della Camera dei deputati, quattro captazioni (nel proseguo indicate complessivamente come le «captazioni»), e precisamente quelle: del 9 maggio 2019, progressivi da 7 (ore 00:07:09) a 37 (ore 01:03:38); del 21 maggio 2019, progressivi da 3 (ore 00:57:29) a 10 (ore 01:18:20); del 28 maggio 2019, progressivi da 88 (ore 21:54:25) a 147 (ore 23:57:55); del 29 maggio 2019, progressivi da 1 (ore 00:00:25) a 13 (ore 00:24:45). La Giunta per le autorizzazioni della Camera, esaminata la documentazione trasmessa dal Consiglio Superiore della Magistratura, ha ritenuto che gli inquirenti, ponendo sotto controllo l'utenza del dott. Palamara, abbiano inteso sottoporre a intercettazione anche il dott. Ferri e che, non avendo chiesto ed ottenuto la previa autorizzazione della Camera di appartenenza, abbiano violato la guarentigia di cui all'art. 68, comma 3, della Costituzione. Nella seduta del 16 novembre 2021, la Giunta ha quindi deliberato, a maggioranza, di proporre all'Assemblea il diniego dell'autorizzazione all'utilizzazione delle captazioni. L'Assemblea, con deliberazione del 12 gennaio 2022, ha recepito la proposta della Giunta e ha negato l'autorizzazione richiesta dalla Sezione disciplinare. 4. All'udienza del 18 febbraio 2022, la Procura generale presso la Corte di cassazione ha depositato una memoria, illustrata oralmente, con la quale ha sostenuto la natura «casuale» delle captazioni e ha evidenziato l'impatto che il diniego di utilizzo delle captazioni e' destinato ad avere sulla prosecuzione del procedimento disciplinare e, pertanto, ha chiesto alla Sezione disciplinare di promuovere un conflitto costituzionale di attribuzioni tra poteri dello Stato nei confronti della Camera dei deputati in relazione alla delibera del 12 gennaio 2022, che ha negato l'utilizzabilita' delle captazioni nell'ambito del giudizio disciplinare di cui si tratta. Nella medesima udienza la difesa del dott. Ferri ha chiesto una sentenza di immediata declaratoria di improcedibilita' dell'azione disciplinare ex art. 129 c.p.p., quale conseguenza della inutilizzabilita' delle captazioni, ed ha altresi' chiesto la distruzione immediata delle stesse. 5. Il diniego di autorizzazione all'utilizzo delle captazioni determina conseguenze sulla prosecuzione del giudizio disciplinare. Dalle captazioni emerge infatti sia la partecipazione del dott. Ferri all'incontro tenutosi presso l'Hotel Champagne nella notte tra l'8 e il 9 maggio 2019, con gli allora consiglieri del Consiglio superiore, dottori Cartoni, Criscuoli, Lepre, Morlini e Spina, il dott. Palamara e il dott. Lotti, sia (secondo l'ipotesi accusatoria) il comportamento assunto in detta riunione da ciascuno dei partecipanti per influire sulle determinazioni del Consiglio Superiore relativamente al conferimento degli incarichi direttivi di Procuratore e Procuratore aggiunto della Repubblica di Roma e Procuratore della Repubblica di Perugia. Se non puo' certamente dirsi che il provvedimento di diniego all'utilizzazione del predetto materiale probatorio impedisca la prosecuzione del giudizio disciplinare a carico del dott. Ferri, basandosi le incolpazioni a suo carico anche su altri elementi di prova, puo' pero' senza dubbio affermarsi che esso condiziona ab externo lo sviluppo dell'istruttoria dibattimentale. Cio' posto, la Sezione disciplinare, esaminata la relazione della giunta per le autorizzazioni nonche' i resoconti delle sedute della Camera nelle quali e' stata discussa la richiesta di autorizzazione in oggetto (in particolare le sedute del 4 agosto, 8 settembre, 15 settembre, 22 settembre, 6 ottobre, 13 ottobre 2021 e 12 gennaio 2022), ritiene che la Camera dei deputati, con la delibera del 12 gennaio, abbia esercitato in maniera non corretta le proprie attribuzioni ed abbia illegittimamente interferito sull'esercizio delle funzioni giurisdizionali di questa Sezione disciplinare. Di qui la decisione di sollevare, come richiesto dalla Procura generale della Corte di cassazione, conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato nei confronti della Camera dei deputati in relazione al diniego di autorizzazione all'utilizzo delle captazioni nel procedimento disciplinare in oggetto. Il quadro costituzionale di riferimento. 6. L'art. 68, terzo comma, della Costituzione, come modificato dalla legge costituzionale n. 3 del 1993, prevede che «senza autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun membro del Parlamento puo' essere sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, ne' puo' essere arrestato o altrimenti privato della liberta' personale, o mantenuto in detenzione, salvo che in esecuzione di una sentenza irrevocabile di condanna, ovvero se sia colto nell'atto di commettere un delitto per il quale e' previsto l'arresto obbligatorio in flagranza», e che «analoga autorizzazione e' richiesta per sottoporre i membri del Parlamento ad intercettazioni, in qualsiasi forma, di conversazioni o comunicazioni e a sequestro di corrispondenza». Tali principi sono stati attuati dalla legge n. 140 del 2003 (Disposizioni per l'attuazione dell'art. 68 della Costituzione nonche' in materia di processi penali nei confronti delle alte cariche dello Stato). La legge prevede, in particolare, che l'autorita' giudiziaria debba essere autorizzata sia se voglia sottoporre a intercettazione (diretta o indiretta) un parlamentare (art. 4), sia se voglia usare processualmente nei confronti del parlamentare una sua intercettazione casualmente raccolta (art. 6). Nel primo caso (art. 4), l'autorizzazione e' preventiva alla raccolta della prova e, in mancanza, rende il mezzo probatorio ab origine illegittimo; nel secondo caso (art. 6) l'autorizzazione e' successiva alla raccolta della prova e rende il dato probatorio (ab origine legittimo) fruibile processualmente nei confronti del parlamentare sul presupposto che esso sia necessario. Per effetto della sentenza n. 390 del 2007, che ha dichiarato parzialmente illegittimo l'art. 6 della legge n. 140 del 2003, nel caso di diniego dell'autorizzazione, le intercettazioni «casuali» sono inutilizzabili nei confronti del solo parlamentare, potendo invece legittimamente essere utilizzate nei confronti di soggetti terzi. La richiamata sentenza n. 390 del 2007 ha individuato i criteri di distinzione tra le intercettazioni «casuali» o «fortuite» e quelle «indirette». Con riferimento alle prime, «l'eventualita' che l'esecuzione dell'atto sia espressione di un atteggiamento persecutorio - o, comunque, di un uso distorto del potere giurisdizionale nei confronti del membro del Parlamento, volto ad interferire indebitamente sul libero esercizio delle sue funzioni - resta esclusa, di regola, proprio dalla accidentalita' dell'ingresso del parlamentare nell'area di ascolto. Ne', d'altra parte, si puo' ritenere che il nulla osta successivo della Camera all'utilizzazione del mezzo probatorio sia imposto dall'esigenza di evitare una surrettizia elusione della garanzia dell'autorizzazione preventiva: elusione che si realizzerebbe allorche', attraverso la sottoposizione ad intercettazione di utenze telefoniche o luoghi appartenenti formalmente a terzi - ma che possono presumersi frequentati dal parlamentare - si intendano captare, in realta', le comunicazioni di quest'ultimo. Al riguardo, va infatti osservato che la norma costituzionale vieta di sottoporre ad intercettazione, senza autorizzazione, non le utenze del parlamentare, ma le sue comunicazioni: quello che conta - ai fini dell'operativita' del regime dell'autorizzazione preventiva stabilito dall'art. 68, terzo comma, della Costituzione - non e' la titolarita' o la disponibilita' dell'utenza captata, ma la direzione dell'atto d'indagine. Se quest'ultimo e' volto, in concreto, ad accedere nella sfera delle comunicazioni del parlamentare, l'intercettazione non autorizzata e' illegittima, a prescindere dal fatto che il procedimento riguardi terzi o che le utenze sottoposte a controllo appartengano a terzi. (...). Dall'ambito della garanzia prevista dall'art. 68, terzo comma, della Costituzione non esulano, dunque, le intercettazioni «indirette», intese come captazioni delle conversazioni del membro del Parlamento effettuate ponendo sotto controllo le utenze dei suoi interlocutori abituali; ma, piu' propriamente, le intercettazioni «casuali» o «fortuite», rispetto alle quali - proprio per il carattere imprevisto dell'interlocuzione del parlamentare - l'autorita' giudiziaria non potrebbe, neanche volendo, munirsi preventivamente del placet della Camera di appartenenza. La Corte costituzionale ha ulteriormente precisato che la disciplina dell'autorizzazione preventiva ex art. 4, legge n. 140 del 2003 trova applicazione «tutte le volte in cui il parlamentare sia individuato in anticipo quale destinatario dell'attivita' di captazione»: dunque, non soltanto quando siano sottoposti ad intercettazione utenze o luoghi appartenenti al soggetto politico o nella sua disponibilita' (intercettazioni «dirette»), ma anche quando lo siano utenze o luoghi di soggetti diversi, che possono tuttavia «presumersi frequentati dal parlamentare» (intercettazioni «indirette») (sentenza n. 114 del 2010). In altre parole, solo quando l'atto di indagine «e' volto, in concreto, ad accedere nella sfera delle comunicazioni del parlamentare, l'intercettazione non autorizzata e' illegittima, a prescindere dal fatto che il procedimento riguardi terzi o che le utenze sottoposte a controllo appartengano a terzi» (sentenza n. 113 del 2020). La Corte costituzionale ha poi aggiunto che, ai fini del concetto di «casualita'» dell'ascolto, deve darsi rilievo anche alla dimensione quantitativa e temporale della captazione, poiche' quando «si tratta di una attivita' di captazione articolata e prolungata nel tempo (...) la verifica dell'«occasionalita'» delle intercettazioni deve farsi, di necessita', particolarmente stringente. Ove, infatti, nel corso dell'attivita' di intercettazione emergano, non soltanto rapporti di interlocuzione abituale tra il soggetto intercettato e il parlamentare, ma anche indizi di reita' nei confronti di quest'ultimo, non si puo' trascurare l'eventualita' che intervenga, nell'autorita' giudiziaria, un mutamento di obbiettivi» (sentenza n. 113 del 2020). Tuttavia, neppure quando il parlamentare risulti formalmente indagato e' possibile ipotizzare «una presunzione assoluta del carattere indiretto dell'intercettazione (tale da far sorgere sempre l'esigenza dell'autorizzazione preventiva)», basata sulla «elevata probabilita' che le intercettazioni, disposte in un procedimento che riguarda (anche) il parlamentare, finiscano comunque per captarne le comunicazioni, ove pure il controllo venga materialmente effettuato su altri soggetti» (sentenza n. 114 del 2010). La Corte ha ulteriormente precisato che il nuovo art. 68, comma 3, della Costituzione (come modificato dalla legge costituzionale n. 3 del 1993), sostituendo all'originaria autorizzazione a procedere una autorizzazione ad acta, indica che «che non gia' e non piu' l'intero procedimento, ma solo tali atti sono considerati idonei a incidere sulla liberta' e l'indipendenza della funzione parlamentare, e che queste sono suscettibili di sacrificio nei limiti in cui il compimento in concreto di taluno di essi - in relazione alla sua attitudine tipica - corrisponda alle specifiche esigenze procedimentali e, in particolare, investigative». La Corte ha poi chiarito che il requisito della «necessita'» degli atti da autorizzare, previsto dall'art. 6 della legge n. 140 del 2003, implica una valutazione che «spetta indubbiamente all'autorita' giudiziaria richiedente, la quale peraltro deve, essa per prima, commisurare le proprie scelte anche all'esigenza del sacrificio minimo indispensabile dei valori di liberta' e indipendenza della funzione parlamentare. Detta autorita' e' tenuta, quindi, a determinare in modo specifico i connotati del provvedimento e a dare adeguato conto delle relative ragioni, con motivazione non implausibile, nella richiesta di autorizzazione ad eseguirlo, cosi' da porre la Camera competente in condizione di apprezzarne compiutamente i requisiti di legalita' costituzionale», ferma restando l'impossibilita' «di limitare l'autorizzazione solo alle prove cui sia attribuibile il carattere della decisivita'». Il bilanciamento degli interessi in gioco, nella prospettiva della predicata «necessita'», compete all'autorita' procedente e richiedente, «la quale, tuttavia, e' tenuta a darne conto nella motivazione» (sentenza n. 188 del 2010). Il criterio della «necessita'» processuale richiesto per le autorizzazioni «casuali» dall'art. 6 della legge n. 140 del 2003, «opera come condizione per l'utilizzazione delle intercettazioni nel corso del processo e come limite dell'attivita' dell'autorita' giudiziaria nei confronti dei parlamentari». Ne consegue che soltanto qualora la richiesta di autorizzazione «abbia ad oggetto intercettazioni fortuite la cui utilizzazione non risponda al richiamato criterio di "necessita'", l'esercizio del potere giudiziario andrebbe ritenuto illegittimo e riveli l'intento persecutorio della richiesta» (sentenza n. 74 del 2013). La Corte costituzionale ha infine sottolineato che, nel decidere se autorizzare o meno l'utilizzazione processuale di una intercettazione «fortuita» o «casuale» nei confronti di un parlamentare, occorre tenere conto del fatto che l'art. 6 della legge n. 140 del 2003, «al pari delle altre disposizioni sulle immunita' e prerogative a tutela della funzione parlamentare, deroga al principio di parita' di trattamento davanti alla giurisdizione - principio che e' alle origini della formazione dello Stato di diritto» (sentenza 188 del 2010, che richiama le sentenze numeri 24 del 2004, 262 del 2009 e 74 del 2013). Tale disposizione non assegna al Parlamento un potere di riesame di dati processuali gia' valutati dall'autorita' giudiziaria, ma solo quello «di verificare che la richiesta di autorizzazione sia coerente con l'impianto accusatorio e che non sia, dunque, pretestuosa. A tal fine, la Camera alla quale appartiene il parlamentare le cui conversazioni siano state captate deve accertare che il giudice abbia indicato gli elementi su cui la richiesta si fonda - ovvero, «da un lato, le specifiche emergenze probatorie fino a quel momento disponibili e, dall'altro, la loro attitudine a fare sorgere la "necessita'" di quanto si chiede di autorizzare» - e che la asserita necessita' dell'atto sia «motivata in termini di non implausibilita'» (sentenze numeri 74 del 2013 e 188 del 2010). La delibera del 12 gennaio 2022 di diniego dell'autorizzazione. 7. La Camera dei deputati ha fondato il diniego di autorizzazione all'utilizzo delle captazioni nei confronti del dott. Ferri sull'assunto che si tratti di intercettazioni «indirette». Tale conclusione e' tratta dalle seguenti considerazioni: a) il nominativo del dott. Ferri compare gia' nella richiesta della Procura di Perugia di sottoporre a intercettazioni l'utenza del dott. Palamara e nel relativo decreto del giudice per le indagini preliminari di Perugia del 21 e 22 febbraio 2019, poiche' in detti atti si faceva riferimento al fatto che l'avv. Amara, indagato in altri procedimenti presso le Autorita' giudiziarie di Roma e di Messina, aveva operato «riferimenti chiari al Consiglio Superiore della Magistratura» nelle persone dei dott. Palamara e Ferri; b) nel decreto di autorizzazione alle intercettazioni veniva dato risalto al fatto che il dott. Palamara facesse uso del suo (pregresso) ruolo nel C.S.M., in particolare per quanto concerne il conferimento degli incarichi direttivi, per ottenere utilita' diverse; c) identiche considerazioni venivano svolte nelle successive autorizzazioni del marzo 2019, ave erano gia' emersi contatti telefonici tra il dott. Palamara e il dott. Ferri; d) l'A.G. aveva dunque gia' elementi per figurarsi fin dall'inizio dell'indagine un coinvolgimento del dott. Ferri nei fatti oggetto del procedimento; e) nella richiesta di proroga delle intercettazioni del 3 aprile 2019, si faceva richiamo a intercettazioni di conversazioni del dott. Palamara, tra cui una del 12 marzo 2019 con il dott. Ferri, da cui si trarrebbe come il dott. Palamara fosse in grado di gestire e orientare le nomine presso diversi uffici giudiziari, cosi' come rimarcato in un decreto del 4 aprile 2019, in cui ampio spazio e' dato alla «pervasiva» capacita' di influenza ab externo del dott. Palamara, nel contesto di «sfondo» di condotte illecite in seno alle associazioni (correnti) della magistratura; da cio', nella valutazione della Camera, si ricaverebbe la direzione delle indagini anche verso questa attivita', che vedeva il dott. Ferri tra gli interlocutori del dott. Palamara, in quanto esponente di spicco della corrente di Magistratura indipendente; f) pertanto, gia' alla data della proroga del 4 aprile 2019, si sarebbe potuto escludere il carattere casuale e imprevedibile delle successive captazioni delle conversazioni involgenti il dott. Ferri, anche in ragione dei contatti telefonici (indicati in numero di nove) tra il terzo (Palamara) e il predetto parlamentare; g) nella richiesta di proroga del 19 aprile 2019 (e relativo decreto del 20 successivo) laddove si fa riferimento ai «rapporti illeciti che fanno da sostrato ai reati per i quali si procede», viene dato atto della stretta frequentazione tra il dott. Palamara e il dott. Ferri e di un incontro tra i due del 12 marzo 2019, affermando che il rapporto tra i predetti magistrati si inseriva in «contesti connotati quanto meno da elementi di opacita'», facendosi menzione di otto conversazioni telefoniche precedenti e di un incontro conviviale dell'11 aprile 2019 anche con terzi; h) la richiesta di ulteriore proroga del 15 maggio 2019, basata su una nota del GICO del 13 maggio, sottolinea che il rapporto tra il dott. Ferri e il dott. Palamara non fosse solo da ricondurre a ragioni associative ma «da estendersi ad altri contesti non meglio specificati»; vi si da' atto di rapporti con Claudio Lotito, e della identificazione di una persona indicata come «Luca che dovrebbe incontrarsi a casa di Palamara con Ferri»; i) la circostanza che la citata richiesta di proroga del 15 maggio, benche' successiva all'incontro presso l'Hotel Champagne, faceva riferimento anche al contenuto di intercettazioni del 17 e 18 aprile 2019, di talche' sarebbe inattendibile la riconduzione della lettura delle trascrizioni in parola alla data del 10 maggio e l'ascolto dell'intercettazione telefonica n. 8498 dell'8 maggio 2019, ore 19:13:17 (conversazione preparatoria dell'incontro notturno 8-9 maggio) solo in data 9 maggio alle ore 11:00, quale giustificazione della pretesa casualita' della captazione dell'incontro; j) la nota di istruzioni del pubblico ministero di Perugia al GICO del 10 maggio 2019, successiva alla captazione piu' rilevante dell'incontro dell'8/9 maggio, con l'indicazione all'ufficio di polizia giudiziaria di non attivare le captazioni e intercettazioni laddove dalle conversazioni dovesse emergere con certezza un prossimo incontro del dott. Palamara con un parlamentare; k) la risposta a detta nota di istruzioni da parte del GICO, che, nel dare atto che le attivita' di ascolto avvenivano in maniera casuale e come esse non avessero restituito conversazioni del dott. Palamara con Lotti Luca, viceversa per il dott. Ferri segnalava la registrazione di una conversazione dell'8 maggio 2019 (la n. 8498 citata) inerente la programmazione dell'incontro registrato; l) unitamente al dubbio circa l'ascolto differito della conversazione preparatoria, e' sottolineata la esistenza di altre quattro conversazioni indicative della finalita' di organizzare l'incontro, cio' che - considerando la possibilita' di riprogrammare le captazioni - avrebbe dovuto indicare la necessita' di evitare la captazione e il successivo ascolto dilazionato, anche perche' non potrebbe ammettersi una elusione della garanzia costituzionale ex art. 68 della Costituzione per effetto di ritardi o negligenze degli addetti all'ascolto; m) il dott. Ferri sarebbe entrato nel perimetro delle indagini, benche' formalmente mai indagato, gia' da febbraio 2019, oppure dal 12 marzo o ancora, al piu' tardi e in via di massima prudenza, da aprile 2019, secondo una logica di «stratificazione» non casuale di elementi; n) ritenuta non casuale la captazione del 9 maggio, la Camera ha considerato a maggior ragione non casuali quelle successive (21, 28 e 29 maggio); o) dubbi sarebbero infine emersi sulla stessa completezza e attendibilita' delle registrazioni, e cio' alla luce di intervalli nei progressivi, delle modalita' con cui una societa' privata ha effettuato le captazioni, delle possibilita' di accessi esterni in ragione della presenza di server intermedi collocati a Napoli e in locali della societa' esecutrice delle operazioni e non della Procura, della stessa architettura informatica degli strumenti di captazione. Valutazioni della Sezione. 8. Come si e' osservato sopra (cfr. § 6), per stabilire il carattere «indiretto» o «casuale» di una intercettazione occorre accertare la reale «direzione dell'atto d'indagine» e, in particolare, se questo sia o meno volto, in concreto, ad accedere alla sfera delle comunicazioni del parlamentare. Il dott. Ferri non e' mai stato inserito nel perimetro dell'attivita' investigativa svolta nel procedimento penale n. 6652/18 R.G., iscritto presso la Procura della Repubblica di Perugia nei confronti del dott. Luca Palamara, nel cui ambito sono state effettuate le captazioni. Nella pur ampia discussione parlamentare risultante dai resoconti di Giunta e di Assemblea, del resto, mai e' stata individuata una fattispecie penalmente rilevante o un contesto di illiceita' penale a carico del dott. Ferri, cui le intercettazioni nei suoi confronti sarebbero state collegate. In particolare, mai e' emerso un coinvolgimento del dott. Ferri nell'ipotesi correttiva che sostanzia le accuse penali mosse al dott. Palamara. E' questa, tuttavia, una circostanza di estrema rilevanza, irragionevolmente trascurata dalla Camera nella valutazione circa il carattere «indiretto» o «casuale» delle captazioni. Il fatto che mai il dott. Ferri sia entrato nel perimetro d'indagine, infatti, porta ad escludere che la captazione informatica disposta dall'Autorita' giudiziaria di Perugia abbia avuto di mira l'intercettazione delle sue conversazioni. 9. La conclusione cui e' giunta la Camera all'esito dell'esame del materiale probatorio inviato da questa Sezione disciplinare, ovvero che il dott. Ferri fosse entrato ab initio nel mirino delle indagini e che percio' le intercettazioni del dott. Palamara mirassero «indirettamente» a captarne le comunicazioni, risulta smentita da tutti i provvedimenti giurisdizionali che, a vario titolo, sono stati pronunciati sui fatti di cui si tratta, provvedimenti di cui la Camera dei deputati non ha tenuto conto. In particolare, il carattere «casuale» delle captazioni in oggetto e' stato accertato, con ampia motivazione, dalla Sezione disciplinare (ord. caut. n. 73 del 2019, sentenza n. 139 del 2020, ordinanza n. 96 del 2021 e sentenza n. 134 del 2021), dall'Autorita' giudiziaria di Perugia (G.U.P. di Perugia, procedimento penale n. 6652/2018 RG, ordinanza 21 settembre 2020) e dalle Sezioni unite della Corte di cassazione (sentenze numeri 741 del 2020 e 22302 del 2021). Tutte queste autorita' hanno analizzato, singolarmente e nel loro complesso, quelle stesse circostanze valutate dalla Camera dei deputati, escludendo motivatamente che le captazioni fossero volte ad accedere nella sfera delle comunicazioni del dott. Ferri e richiedessero, pertanto, una preventiva autorizzazione parlamentare. 10. Questa Sezione ritiene di non potersi discostare dalle conclusioni dei suddetti provvedimenti. Nessuna delle circostanze prese in considerazione dalla Camera dei deputati, infatti, appare sufficiente, in se' o in rapporto alle altre, a dimostrare che l'Autorita' giudiziaria di Perugia, nel disporre le intercettazioni nei confronti del dott. Palamara, mirasse indirettamente a captare le conversazioni del dott. Ferri. In particolare, nessun rilievo ai fini che qui interessano puo' essere attribuito al fatto che la richiesta della Procura di Perugia di sopporre a intercettazione l'utenza del dott. Palamara e le successive autorizzazioni contengano riferimenti all'avv. Amara ed ai rapporti dello stesso con il CSM, oppure ai rapporti del dott. Palamara con i componenti del CSM, non essendo emerso da tali riferimenti alcun indizio di reita' nei confronti del dott. Ferri (che peraltro da oltre nove anni non era piu' consigliere del CSM) ne' la necessita' di orientare le indagini nei confronti dello stesso. Neppure il richiamo, contenuto nella richiesta di proroga delle intercettazioni del 3 aprile 2019, al ruolo del dott. Palamara nella gestione dei rapporti torrentizi e delle nomine appare dirimente. Il fatto che il dott. Ferri fosse un esponente di spicco della corrente Magistratura indipendente non e' infatti sufficiente a dimostrare l'esistenza di un focus investigativo nei suoi confronti. I contatti e le frequentazioni tra il dott. Palamara e il dott. Ferri non sono indice idoneo a dimostrare l'orientamento «mirato» delle indagini anche verso il secondo, tenuto conto della scarsita' di contatti (sedici, tra il 12 marzo e l'8 maggio del 2019) e della tipologia degli stessi, caratterizzati sempre da contenuti riferibili solo all'attivita' associativa e mai alle vicende corruttive oggetto del procedimento penale. Analogamente, il richiamo a «elementi di opacita'» nei rapporti tra il dott. Palamara e il dott. Ferri contenuto nella nota del GICO del 18 aprile 2019, n. 191924 e nella richiesta di proroga del 19 aprile 2019, non e' sufficiente a dimostrare che il dott. Ferri fosse entrato nel perimetro delle indagini, che avevano ad oggetto il delitto di corruzione contestato al dott. Palamara. Questa Sezione, con sentenza n. 139 del 2020, ha del resto ritenuto che tale nota, «come puntualmente chiarito in sede di audizione testimoniale dei testi Di Bella e Mastrodomenico, aveva riguardo a situazioni (relative a rapporti che riguardavano anche altri soggetti, quali, in particolare, Claudio Latito e il notaio Ciampini) non immediatamente chiare (e in tal senso, appunto, «opache») alla P.G. operante, ma rispetto alle quali in alcun modo sono mai stati anche soltanto ipotizzati possibili oggetti di attivita' investigativa coinvolgenti il dott. Ferri». Alla richiesta di proroga del 15 maggio 2019 non puo' essere assegnata valenza retroattiva al fine di dimostrare il carattere «mirato» dell'intercettazione del 9 maggio 2019, neppure in considerazione del richiamo al contenuto delle intercettazioni del 17 e 18 aprile 2019, dalla quale non e' possibile desumere alcun indizio di reita' nei confronti del dott. Ferri. Inoltre, e' risultato provato che l'ascolto delle conversazioni «preparatorie» dell'incontro notturno presso l'Hotel Champagne, e specificamente di quella c.d. «predittiva» n. 8498 delle ore 19:05 dell'8 maggio 2019, sia avvenuto solo dopo che detto incontro e la relativa captazione erano avvenuti (a meta' mattinata del giorno successivo), come attestato sia dal verbale della trascrizione sia da conformi deposizioni testimoniali (Di Bella e Del Prete) assunte nel corso del procedimento a carico del dott. Palamara. Lo stesso dicasi della conversazione ambientale tra i dottori Palamara e Spina del precedente 7 maggio 2019, nel corso della quale si faceva riferimento ad un incontro programmato per la sera successiva con «Cosimo e Luca», che risulta ascoltata solo alle 18:42 dell'8 maggio 2019, interrompendosi l'ascolto pochi minuti dopo, ad opera del Maresciallo Gorrea della G.d.F., «staccato» dal servizio alle 19:00. La direttiva del 10 maggio 2019 del pubblico ministero di Perugia - che invitava gli operatori di polizia giudiziaria a non attivare il microfono qualora fosse emersa con certezza, dal contenuto delle conversazioni, la prossima interlocuzione con un parlamentare - aveva inoltre uno scopo meramente precauzionale, stante il fatto che non vi era stato e non vi fu alcun ampliamento della direzione delle indagini, rimaste sempre focalizzate sulla persona del dott. Palamara (Cassazione, S.U., sentenza n. 22302/2021). E' del resto evidente l'impossibilita' di considerare tale direttiva come indice della direzione dell'indagine nei confronti di parlamentari, anche perche' dalla stessa direttiva si ricava che i microfoni avrebbero dovuto rimanere accesi laddove la presenza di un parlamentare fosse emersa in maniera casuale e imprevedibile e comunque la nota presupponeva che, a quella data, l'indagine non avesse avuto di mira un parlamentare perche', altrimenti, il microfono non avrebbe per definizione potuto essere attivato (Cassazione, S.U., sentenza n. 22302 del 2021). Neppure la ricorrenza del nome «Cosimo» quale interlocutore abituale del dott. Palamara o la circostanza che, prima del 9 maggio 2019, alcuni incontri tra il dott. Palamara e il dott. Ferri siano stati monitorati e che varie conversazioni cui ha preso parte il dott. Ferri siano state intercettate, sono sufficienti a dimostrare che gli investigatori, attraverso il trojan inoculato sul telefono del dott. Palamara, mirassero, non solo ad apprendere circostanze utili ai fini dell'indagine per il delitto di corruzione oggetto del procedimento penale n. 6652/18 R.G.N.R., ma anche alla captazione delle conversazioni del dott. Ferri relative al conferimento degli incarichi dei magistrati. La Camera, infine, ha considerato aspetti del tutto estranei all'oggetto della valutazione da compiere prendendo in considerazione, ad esempio, le metodiche di captazione, la loro modalita' tecnica di trasmissione via server, l'architettura informatica degli strumenti, ovvero elementi involgenti profili giuridici e tecnici, peraltro esplorati e definiti nelle sopra richiamate decisioni della Sezione disciplinare, dell'Autorita' giudiziaria di Perugia e delle Sezioni unite della Corte di cassazione. Si tratta, all'evidenza, di aspetti sui quali alla Camera non compete alcuna valutazione, essendo irrilevanti al fine dell'individuazione della direzione dell'indagine e quindi della determinazione circa il carattere «indiretto» o «casuale» delle captazioni. Considerazioni del genere sembrano volte a mettere in discussione la legittimita' dell'indagine svolta sotto profili, pero', che non compete alla Camera valutare. Sussistenza della materia di un conflitto di attribuzioni. 11. La giurisprudenza costituzionale ha chiarito (cfr. § 6) che le immunita' e le prerogative previste dall'art. 68 della Costituzione sono volte a proteggere l'attivita' parlamentare dalle interferenze giudiziarie illegittime, perche' effettuate «con scopi persecutori, di condizionamento, o comunque estranei alle effettive esigenze della giurisdizione», identificandosi il bene protetto «con l'esigenza di assicurare il corretto esercizio del potere giurisdizionale nei confronti dei membri del Parlamento, e non con gli interessi sostanziali di questi ultimi (riservatezza, onore, liberta' personale), in ipotesi pregiudicati dal compimento dell'atto» (sentenza n. 390 del 2007). L'intento persecutorio sussiste quando l'autorita' giudiziaria, senza la previa autorizzazione della Camera di appartenenza, disponga un atto di indagine «volto, in concreto, ad accedere nella sfera delle comunicazioni del parlamentare» (sentenza n. 390/2007), cio' che accade «tutte le volte in cui il parlamentare sia individuato in anticipo quale destinatario dell'attivita' di captazione», per essere emersi «non soltanto rapporti di interlocuzione abituale tra il soggetto intercettato e il parlamentare, ma anche indizi di reita' nei confronti di' quest'ultimo» (sentenza n. 113 del 2010), sicche' l'atto, benche' riferito a utenze di interlocutori abituali del parlamentare, risulti in realta' avvenuto «al precipuo scopo di conoscere il contenuto delle conversazioni e delle comunicazioni del parlamentare» (sentenza n. 38 del 2019). Laddove manchi dimostrazione che l'intercettazione era diretta a captare le conversazioni di un parlamentare, la stessa deve considerarsi «casuale». In questo secondo caso, spetta soltanto all'autorita' giudiziaria, onerata di darne adeguata motivazione, il bilanciamento tra l'esigenza investigativa e la direttiva costituzionale di protezione delle comunicazioni dei parlamentari sotteso alla ritenuta «necessita'» dell'elemento probatorio cui attiene la richiesta di autorizzazione. Alla Camera spetta soltanto verificare se l'autorita' giudiziaria abbia motivato in maniera plausibile circa la «necessita'» dell'utilizzo delle intercettazioni. Ad avviso della Sezione disciplinare, la Camera dei deputati non ha correttamente applicato tali principi al caso in esame, erroneamente qualificando le captazioni come aventi natura «indiretta». 12. Nella specie, la Camera non si e' limitata a valutare diversamente, rispetto a quanto fatto dalla Sezione disciplinare e dalle varie autorita' giudiziarie che hanno, a vario titolo, conosciuto gli atti del procedimento penale a carico del dott. Palamara, il compendio probatorio complessivamente offerto alla sua considerazione. Essa ha ritenuto che il dott. Ferri fosse entrato nel mirino dell'indagine penale sin dalla origine di questa e che, conseguentemente, vengano in rilievo nel caso che ci occupa intercettazioni «indirette» e non gia' «casuali», disattendendo i criteri che, secondo la giurisprudenza costituzionale, devono improntare la valutazione delle operazioni di intercettazione involgenti la figura di parlamentari. Ma, in tal modo, ha finito per esorbitare dall'ambito delle proprie attribuzioni trasformando, di fatto, la garanzia posta dall'art. 68 della Costituzione in un privilegio di status, con evidente eccedenza rispetto allo scopo della previsione costituzionale. La Camera dei deputati ha travalicato il perimetro della valutazione ad essa spettante, poiche' ha reinterpretato il compendio probatorio trasmesso da questa Sezione disciplinare in contrasto con gli elementi di fatto emergenti dagli atti. L'impianto argomentativo che sorregge la decisione di diniego dell'autorizzazione della Camera implica che l'autorita' giudiziaria di Perugia avrebbe violato sia l'obbligo di iscrizione ex art. 335, codice di procedura penale sia l'art. 68 della Costituzione, ponendo strumentalmente sotto controllo l'utenza del dott. Palamara con l'intento di intercettare le comunicazioni del dott. Ferri. Ma l'assunto secondo cui il dott. Ferri sarebbe stato sin dal principio nel mirino delle indagini non e' suffragato da alcun elemento di fatto. Come piu' volte evidenziato, nell'ambito del procedimento penale n. 662/18 R.G.N.R. il dott. Ferri non e' mai stato indagato, non essendo mai emersi indizi di reita' a suo carico. 13. Vi e', infine, da segnalare che la Camera dei deputati sembra aver valutato le captazioni come se le stesse fossero state effettuate all'interno del procedimento disciplinare o comunque in vista del promovimento di un'azione disciplinare nei confronti del dott. Ferri. Si tratta di una prospettiva non corretta. La legge n. 140 del 2003 esige che la valutazione circa il carattere, «casuale» o meno, delle captazioni, debba essere svolta avendo a riferimento la direzione dell'indagine penale, non di quella disciplinare, che non e' la sede in cui dette captazioni e intercettazioni sono state effettuate e che e' solo il luogo processuale in cui tali atti, aliunde effettuati vengono recepiti. In altre parole, la «lente» attraverso la quale si deve guardare, nel singolo caso, allo svolgimento dell'indagine, per dire se vi sia o non vi sia fumus di aggiramento della garanzia costituzionale, e' esclusivamente quella della prospettiva punitiva penale, dunque quella che esige che sia delineato almeno per sommi capi un fatto-reato; non certo un illecito disciplinare funzionale, posto che di sicuro non rientra fra le attribuzione della giurisdizione penale accertare violazioni deontologiche e perseguirne i responsabili in vista di una sanzione incidente sul solo rapporto di servizio tra il magistrato e lo Stato, senza alcun effetto, neppure indiretto, sulla continuita' e sul libero svolgimento del mandato parlamentare. Tuttavia, in nessun punto della pur ampia discussione risultante dai resoconti di Giunta prima e di Assemblea poi e' dato di individuare a quale fattispecie penalmente rilevante o a quale contesto di illiceita' (penale) la presenza del dott. Ferri nelle interlocuzioni con gli altri partecipanti alla riunione del 9 maggio 2019 potesse allora o possa oggi essere collegata. Dalla documentazione trasmessa alla Camera dei deputati risulta del resto che, all'esito della trasmissione da parte dell'autorita' giudiziaria di Perugia del copioso materiale relativo al procedimento penale a carico del dott. Palamara, comprendente trascrizioni di conversazioni con vari magistrati, non vi e' stata alcuna iscrizione nel registro degli indagati di tali magistrati, per i quali e' stato invece dato avvio a iniziative disciplinari. La stessa situazione si e' delineata con riguardo alla posizione del dott. Ferri per la vicenda della riunione dell'8/9 maggio 2019, oggetto delle incolpazioni elevate nei suoi confronti. 14. In definitiva, nessuna delle considerazioni svolte dalla Camera dei deputati, considerata in se' o in rapporto con le altre, e' sufficiente a dimostrare che le risultanze probatorie in atti, lette alla luce dei principi formulati dalla giurisprudenza costituzionale, permettono di qualificare le captazioni come aventi natura «indiretta». Emerge invece dalle risultanze probatorie in atti, lette alla luce dei criteri che il diritto vivente ha elaborato in merito agli indici di accertamento della casualita' della conversazione captata (tipologia dei rapporti intercorrenti tra il parlamentare e il terzo sottoposto a controllo; attivita' criminosa oggetto di indagine; numero di conversazioni intercorse tra il terzo ed il parlamentare; arco di tempo della captazione; momento in cui sono sorti indizi a carico del parlamentare: cfr. Cassazione pen., sentenze numeri 8795 del 2019 e 34552 del 2017), che le captazioni hanno natura «casuale». La motivazione della delibera parlamentare si colloca quindi al di fuori dell'ambito operativo dell'art. 68 della Costituzione, attraverso un'operazione di rilettura dell'intero contesto probatorio portato alla cognizione parlamentare, come se l'inchiesta, con le intercettazioni e le captazioni, si fosse sviluppata proprio avuto riguardo alle questioni relative alle nomine per incarichi direttivi e alla configurabilita' di una qualche violazione disciplinare. Sicche', l'avere impedito, con il diniego di autorizzazione, l'utilizzazione di quel materiale di prova penalmente neutro, lede le attribuzioni della giurisdizione disciplinare, nella quale, come e' noto, le acquisizioni raccolte nel corso del procedimento penale sono pienamente utilizzabili in considerazione della specialita' del procedimento disciplinare, che «risulta funzionale alla tutela dei valori espressi dal titolo IV della parte II della Costituzione» (Cassazione, S.U., sentenza n. 9391 del 2021, Sdogati). Sussiste, pertanto, la materia per il promovimento di un conflitto costituzionale di attribuzione ex articoli 134 della Costituzione e 37 della legge n. 87/1953, non nella forma della vindicatio potestatis, bensi' sotto il profilo del controllo sull'esercizio del potere in concreto, per vizi del procedimento oppure per omessa o erronea valutazione dei presupposti di volta in volta richiesti per il valido esercizio dello stesso (Corte castituzionale, sentenza n. 1150 del 1988). Cio', non solamente alla stregua di un mero controllo «esterno» sulla congruita' della motivazione addotta a supporto del diniego di autorizzazione, ma anche attraverso la verifica circa la sussistenza, in concreto, dei presupposti per l'applicazione della guarentigia (cfr. le sentenza numeri 10 e 11 del 2000). Verifica, questa, che la Corte costituzionale ha numerose volte effettuato per stabilire l'esistenza o meno di una ragione di insindacabilita' parlamentare ex art. 68, primo comma, della Costituzione, ma che non trova alcun ostacolo alla sua applicazione nel caso di specie, in cui si tratta di stabilire se le captazioni abbiano natura «indiretta», come ritenuto dalla Camera dei deputati, ovvero «casuale», come ritenuto dalle varie autorita' giurisdizionali che hanno esaminato la questione. La legittimazione della sezione disciplinare del Consiglio Superiore. 15. La sezione disciplinare del CSM e' legittimata a sollevare conflitto, in quanto organo giurisdizionale, in posizione di indipendenza costituzionalmente garantita, competente a dichiarare definitivamente la volonta' del potere cui appartiene nell'esercizio delle funzioni attribuitegli. Come chiarito dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 270 del 2002, relativa al conflitto promosso dalla Sezione disciplinare avverso una delibera parlamentare di applicazione dell'art. art. 68, comma 1, della Costituzione, «la Sezione disciplinare e' competente a dichiarare definitivamente la volonta'» del potere cui appartiene - vale a dire del Consiglio superiore - in quanto le sue determinazioni in materia disciplinare sono insuscettibili di qualsiasi revisione o avocazione da parte del plenum, e costituiscono piena e definitiva espressione della potesta' disciplinare attribuita dalla Costituzione». Parimenti, deve essere riconosciuta la legittimazione della Camera dei deputati ad essere parte del conflitto, quale organo competente a dichiarare in modo definitivo la propria volonta' in ordine all'applicazione dell'art. 68, terzo comma, della Costituzione.
P. Q. M. Visti l'art. 37, legge 11 marzo 1953, n. 87 e l'art. 26 «Norme integrative per i giudizi davanti la Corte costituzionale», propone conflitto di attribuzione nei confronti della Camera dei deputati in relazione alla deliberazione presa da quest'ultima in data 12 gennaio 2022 e, conseguentemente, chiede che la Corte costituzionale - previo riconoscimento dell'ammissibilita' del conflitto - annulli la delibera che ha negato l'autorizzazione all'utilizzo nell'ambito del giudizio disciplinare R.G. n. 93/2019 delle intercettazioni informatiche indicate in parte motiva. Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, previa notificazione del presente provvedimento alla Camera dei deputati, a cura della cancelleria. Dispone la sospensione del procedimento disciplinare R.G. n. 93/2019 fino alla risoluzione del conflitto. Si comunichi alle parti. Roma, 23 marzo 2022 Il Presidente relatore: Donati Il Magistrato segretario: Verde L'ammissibilita' del presente conflitto e' stata decisa con ordinanza n. 208/2022 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, 1ª serie speciale, n. 41 del 12 ottobre 2022.