N. 149 ORDINANZA (Atto di promovimento) 14 novembre 2022

Ordinanza del 14 novembre 2022 del Tribunale amministrativo regionale
per  le  Marche  sul  ricorso  proposto  da  A.O.  contro   Ministero
dell'interno e U.T.G. - Prefettura di Ascoli Piceno.. 
 
Straniero  -  Immigrazione  -  Emersione  di  rapporti  di  lavoro  -
  Disciplina - Adozione di un decreto interministeriale con cui  sono
  stabilite le modalita' di presentazione dell'istanza di emersione -
  Fissazione, con il medesimo decreto,  dei  limiti  di  reddito  del
  datore di lavoro richiesti  per  l'instaurazione  del  rapporto  di
  lavoro  -  Omessa  previsione  che,  laddove   il   rigetto   della
  dichiarazione di emersione sia  dovuto  esclusivamente  a  fatti  e
  condotte ascrivibili  al  datore  di  lavoro,  al  lavoratore  vada
  comunque rilasciato un permesso di soggiorno per attesa occupazione
  o un altro titolo corrispondente alla situazione lavorativa,  anche
  sopravvenuta, che l'interessato riesca a comprovare. 
- Decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (Misure urgenti in  materia  di
  salute, sostegno al lavoro e  all'economia,  nonche'  di  politiche
  sociali  connesse  all'emergenza   epidemiologica   da   COVID-19),
  convertito, con modificazioni, nella legge 17 luglio 2020,  n.  77,
  art. 103, commi 5 e 6. 
(GU n.51 del 21-12-2022 )
 
         IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LE MARCHE 
                           (Sezione Prima) 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 580  del  2021,  proposto  da...,  rappresentato  e
difeso dall'avvocato Luca Sartini, con domicilio digitale come da PEC
da Registri di Giustizia; 
    contro Ministero dell'Interno e U.T.G.  -  Prefettura  di  Ascoli
Piceno,  in  persona   dei   legali   rappresentanti   pro   tempore,
rappresentati e  difesi  dall'Avvocatura  distrettuale  dello  Stato,
domiciliataria ex lege, in Ancona, corso Mazzini n. 55; 
    per l'annullamento - previa sospensione del  provvedimento  dello
Sportello Unico per l'Immigrazione di Ascoli Piceno, prot. n...,  mai
notificato, esclusivamente comunicato via  email  in  pari  data  del
provvedimento, nel quale si dispone il  rigetto  della  dichiarazione
dal lavoro irregolare, presentata dal sig... in favore del sig... 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Visti  gli  atti  di  costituzione  in  giudizio  del   Ministero
dell'Interno e di U.T.G. - Prefettura di Ascoli Piceno; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Relatore nell'udienza pubblica del  giorno  26  ottobre  2022  il
dott. Tommaso Capitanio  e  uditi  per  le  parti  i  difensori  come
specificato nel verbale. 
    1.   Il   ricorrente,   cittadino    marocchino    irregolarmente
soggiornante  in  Italia,  impugna  il  provvedimento  con   cui   la
Prefettura di Ascoli Piceno - Sportello Unico per  l'Immigrazione  ha
rigettato la domanda di «emersione», presentata  in  suo  favore  dal
connazionale  sig...,  ai  sensi  dell'art.   103,   comma   1,   del
decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito,  con  modificazioni,
dalla legge  17  luglio  2020,  n.  77  e  in  seguito  ulteriormente
modificato (nella specie, per inciso, rileva la versione della  norma
vigente alla data di  adozione  del  provvedimento  impugnato,  ossia
il...). 
    Il rigetto della domanda di «emersione» e' fondato sulla seguente
motivazione, espressa dalla Prefettura per relationem al parere  reso
dall'Ispettorato  Territoriale  del   Lavoro:   «Dagli   accertamenti
esperiti dallo scrivente ufficio attraverso  la  consultazione  delle
banche  dati  in  uso  e  dalla  consultazione  della  documentazione
esibita, vagliati gli scritti difensivi prodotti ai  sensi  dell'art.
10-bis della legge n. 241/1990, si rappresenta  quanto  segue:  visto
che la famiglia anagrafica del datore di lavoro  risulta  formata  da
piu' componenti; considerato che i redditi dichiarati dal  datore  di
lavoro non risultano conformi alle disposizioni di cui all'art. 9 del
decreto interministeriale del 27 maggio  2020,  come  chiarito  anche
dalle circolari ministeriali,  in  particolare  dalla  circolare  del
Ministero  dell'Interno  del  30  maggio  2020;  tenuto  conto  delle
indicazioni  fornite  dalle  circolari  ministeriali  e  degli   Enti
previdenziali ed in particolare dal messaggio  INPS  n.  2327  del  4
giugno 2020, nonche' dalla circolare del Ministero dell'Interno prot.
n. 4623 del 17 novembre 2020 la quale espressamente prevede che  "nel
caso di nucleo familiare inteso come famiglia anagrafica composta  da
piu' soggetti conviventi, il reddito del datore di  lavoro  non  deve
essere inferiore a  27.000  euro  annui  anche  se  quest'ultimo  sia
l'unico  percettore  di  reddito";  vagliati  gli  scritti  difensivi
prodotti ai sensi dell'art. bis della  legge  n.  241/1990  e  tenuto
conto che non e' stato comunicato alcun  soggetto  che  integri  tali
redditi; si esprime parere negativo». 
    2. Il sig. ... censura il suddetto provvedimento per il  seguente
articolato motivo, rubricato «omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione nonche' violazione ed errata applicazione delle norme  di
diritto» e cosi' declinato: 
      - la circolare ministeriale del 30 maggio 2020,  richiamata  in
motivazione per dare fondamento al parere  negativo  dell'Ispettorato
del Lavoro, alla pag. 9 prevede  «...  per  il  lavoro  domestico  di
sostegno al bisogno familiare o all'assistenza alla persona - che  il
reddito non sia inferiore a 20.000,00 euro, se il nucleo familiare e'
composto da un solo percettore di reddito...», mentre nelle  risposte
rese dal Dicastero alle c.d. FAQ si dice che «... se invece il datore
di lavoro e' una persona  fisica,  il  reddito  imponibile  non  puo'
essere inferiore a 20.000 euro annui. Nel caso in cui  il  datore  di
lavoro non raggiunga autonomamente tale  soglia  di  reddito,  questo
potra' essere integrato dal reddito percepito da altro  soggetto  del
nucleo familiare inteso come famiglia  anagrafica  composta  da  piu'
soggetti conviventi. In tal caso la soglia  di  reddito  si  eleva  a
27.000 euro. Il coniuge ed  i  parenti  entro  il  2°  grado  possono
concorrere alla determinazione del reddito anche se  non  conviventi»
(domanda n. 10 FAQ del Ministero dell'Interno del 4 agosto 2020); 
      - alla  luce  di  tali  arresti  ministeriali  si  deve  dunque
concludere nel senso che la soglia di reddito che il datore di lavoro
doveva  possedere  per  poter  utilmente  presentare  la  domanda  di
emersione nel caso di specie era pari a €  20.000,00  (visto  che  il
sig. ... all'epoca  dei  fatti  era  l'unico  percettore  di  reddito
nell'ambito del proprio nucleo familiare); 
      - oltre a cio', rileva il fatto che nel format di  compilazione
della domanda disponibile all'epoca di presentazione dell'istanza  si
legge che «Ai fini della richiesta  il  datore  di  lavoro  dichiara:
Persona Fisica... attesta il possesso di un reddito imponibile  annuo
risultante dall'ultima dichiarazione redditi non inferiore  a  20.000
in  quanto  unico  percettore  di  reddito  nell'ambito  del   nucleo
familiare...». Dunque era lo stesso programma telematico implementato
dal Ministero dell'Interno a prevedere  che,  laddove  il  datore  di
lavoro fosse l'unico percettore di reddito  nell'ambito  del  proprio
nucleo  familiare,  la  soglia  di  reddito  minima  ai  fini   della
presentazione della domanda di  emersione  fosse  di  euro  20.000,00
annui (mentre la soglia di euro 27.000,00 veniva in rilievo  solo  se
nell'ambito del nucleo  familiare  vi  fossero  altri  percettori  di
reddito); 
      -  peraltro,  poiche'  il  termine  di  scadenza  per   l'invio
telematico della dichiarazione dei redditi  per  le  persone  fisiche
2021, relativa all'anno 2020, era fissata per il 30 novembre 2021  (e
anche  oltre,  seppure  con  il  pagamento  di  una  minima  sanzione
pecuniaria), il datore di lavoro sig... avrebbe potuto  attingere  la
soglia di reddito «richiesto» dall'I.T.L. entro il 30 novembre  2021.
Ne consegue che,  sotto  questo  punto  di  vista,  il  provvedimento
impugnato e' «prematuro», dovendo la Prefettura attendere  quantomeno
la scadenza del 30 novembre 2021 prima di definire la pratica; 
      - con una nuova circolare, ovvero la  n.  3625  dell'11  maggio
2021, il Dipartimento per le Liberta'  Civili  e  l'Immigrazione  del
Ministero dell'Interno rettificava i contenuti della precedente  nota
del 21 aprile 2021 con la quale, in modo del  tutto  illegittimo,  si
escludeva la possibilita' di rilasciare un permesso di soggiorno  per
attesa occupazione ai lavoratori e lavoratrici migranti  titolari  di
un rapporto di lavoro che si e'  concluso  durante  la  procedura  di
emersione ovvero alla riapertura della pratica attraverso  una  nuova
istruttoria,  tranne  nel  caso  di  accertato  rapporto  di   lavoro
fittizio, anche nel caso di cessazione o di rigetto, per causa  anche
non riconducibile a forza maggiore.  Questo  e'  avvenuto  a  seguito
delle pressioni esercitate da numerose associazioni e realta' sociali
che avevano segnalato i  notevoli  ritardi  nella  definizione  delle
pratiche di emersione; 
      - nella  specie,  inoltre,  il  datore  di  lavoro  ha  versato
regolarmente tutti i  contributi  previdenziali  e  fiscali  previsti
dalla legge, compresi quelli forfettari di  euro  500,00  e  di  euro
624,00. Pertanto, assodato che il rapporto di lavoro per cui e' causa
non era fittizio e rilevata l'assenza di qualsiasi colpa in  capo  al
ricorrente sig..., non appare giusto privare il lavoratore  straniero
del titolo di soggiorno per eventuali mancanze  o  inadempimenti  che
dipendono dalla condotta di altri soggetti. Nella specie, infatti, il
rigetto della domanda di emersione e' stato dovuto  esclusivamente  a
fatti ascrivibili al datore di  lavoro,  per  cui  il  lavoratore  ha
diritto in ogni caso al rilascio di  un  permesso  di  soggiorno  per
attesa occupazione o di altro tipo, se vi e' prova  certa,  come  nel
caso  odierno,  della  sussistenza  del  rapporto  di  lavoro  (fatto
peraltro mai contestato dallo Sportello Unico per  l'Immigrazione  di
Ascoli Piceno). 
    3. Per resistere al ricorso si sono  costituiti  in  giudizio  il
Ministero dell'Interno e la Prefettura di Ascoli Piceno. 
    Con ordinanza n. 383/2021  il  Tribunale,  come  e'  accaduto  in
numerose analoghe vicende, ha accolto la domanda cautelare, ordinando
all'amministrazione  di  rilasciare  in  favore  del  ricorrente   un
permesso  di  soggiorno  per  attesa  occupazione  valido  fino  alla
pubblicazione della sentenza di merito e fissando per la  trattazione
del merito del ricorso l'udienza pubblica del 26 ottobre 2022. 
    In data  2  febbraio  2022  l'amministrazione  ha  depositato  la
documentazione  comprovante  l'esecuzione  della  predetta  ordinanza
cautelare. 
    In data 25 ottobre 2022 il ricorrente ha depositato  una  memoria
difensiva   e   documentazione   comprovante   l'attuale   situazione
lavorativa. 
    All'udienza del 26 ottobre 2022 la causa e' passata in  decisione
sugli scritti delle parti. 
    4. Il Tribunale ritiene che la causa non possa essere definita se
non previa sottoposizione alla Corte costituzionale  della  questione
di legittimita' costituzionale  dell'art.  103,  commi  5  e  6,  del
decreto-legge n. 34/2020, convertito in legge n. 77/2020. 
    4.1. Conviene subito riportare  i  pertinenti  stralci  dell'art.
103, nella versione vigente alla data di adozione  del  provvedimento
impugnato (...): 
      «1. Al fine di  garantire  livelli  adeguati  di  tutela  della
salute individuale collettiva in  conseguenza  della  contingente  ed
eccezionale emergenza sanitaria  connessa  alla  calamita'  derivante
dalla diffusione del contagio da COVID-19 e favorire  l'emersione  di
rapporti  di  lavoro  irregolari,  i  datori  di  lavoro  italiani  o
cittadini di uno Stato membro dell'Unione europea, ovvero i datori di
lavoro  stranieri  in  possesso  del  titolo  di  soggiorno  previsto
dall'art. 9 del  decreto  legislativo  25  luglio  1998,  n.  286,  e
successive  modificazioni,  possono  presentare   istanza,   con   le
modalita' di cui ai commi 4, 5, 6 e 7 , per concludere  un  contratto
di lavoro subordinato con cittadini stranieri presenti sul territorio
nazionale ovvero per dichiarare la  sussistenza  di  un  rapporto  di
lavoro  irregolare,  tuttora  in  corso,  con  cittadini  italiani  o
cittadini stranieri. A tal fine, i cittadini stranieri devono  essere
stati sottoposti a rilievi fotodattiloscopici prima dell'8 marzo 2020
ovvero  devono  aver  soggiornato  in  Italia  precedentemente   alla
suddetta data, in forza della  dichiarazione  di  presenza,  resa  ai
sensi della legge 28 maggio 2007, n. 68 o di attestazioni  costituite
da documentazione di data certa proveniente da organismi pubblici; in
entrambi i casi, i cittadini stranieri non devono  aver  lasciato  il
territorio nazionale dall'8 marzo 2020. 
    2. [...] 
    3. Le disposizioni di cui al presente articolo, si  applicano  ai
seguenti settori di attivita': 
      a) agricoltura, allevamento e zootecnia, pesca e acquacoltura e
attivita' connesse; 
      b) assistenza alla persona  per  il  datore  di  lavoro  o  per
componenti della sua famiglia, ancorche' non conviventi,  affetti  da
patologie o handicap che ne limitino l'autosufficienza; 
      c) lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare. 
    4. Nell'istanza di cui al comma 1 sono  indicate  la  durata  del
contratto di lavoro e la  retribuzione  convenuta,  non  inferiore  a
quella prevista dal contratto collettivo  di  lavoro  di  riferimento
stipulato dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente
piu' rappresentative sul piano nazionale. Nei casi di cui ai commi  1
e 2, se il rapporto di lavoro cessa, anche nel caso  di  contratto  a
carattere stagionale, trovano applicazione  le  disposizioni  di  cui
all'art. 22, comma 11, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286
e successive modificazioni, al fine dello  svolgimento  di  ulteriore
attivita' lavorativa. 
    5. Le istanze di cui ai commi 1 e 2 sono presentate dal 1° giugno
2020 al 15 agosto 2020, con le modalita' stabilite  con  decreto  del
Ministro dell'interno di concerto con  il  Ministro  dell'economia  e
delle finanze, il Ministro del lavoro e delle politiche  sociali,  ed
il Ministro delle  politiche  agricole,  alimentari  e  forestali  da
adottarsi entro dieci giorni dalla data  di  entrata  in  vigore  del
presente decreto, presso: 
      a) l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS)  per  i
lavoratori italiani o per i cittadini di uno stato membro dell'Unione
europea; 
      b) lo sportello unico per l'immigrazione, di  cui  all'art.  22
del  decreto  legislativo  25  luglio  1998,  n.  286  e   successive
modificazioni per i lavoratori stranieri, di cui al comma 1; 
      c) la Questura per il rilascio dei permessi  di  soggiorno,  di
cui al comma 2. 
    6. Con il medesimo decreto  di  cui  al  comma  5  sono  altresi'
stabiliti i limiti di reddito del  datore  di  lavoro  richiesti  per
l'instaurazione del rapporto di lavoro, la  documentazione  idonea  a
comprovare l'attivita' lavorativa di  cui  al  comma  16  nonche'  le
modalita' di dettaglio di svolgimento del  procedimento.  Nelle  more
della definizione  dei  procedimenti  di  cui  ai  commi  1  e  2  la
presentazione delle istanze consente  lo  svolgimento  dell'attivita'
lavorativa; nell'ipotesi di cui al comma  1  il  cittadino  straniero
svolge l'attivita'  di  lavoro  esclusivamente  alle  dipendenze  del
datore di lavoro che ha presentato l'istanza. 
    7. Le istanze sono presentate previo pagamento, con le  modalita'
previste dal decreto interministeriale di  cui  al  comma  5,  di  un
contributo forfettario stabilito nella misura di 500 euro per ciascun
lavoratore; per la procedura di cui al comma 2, il contributo e' pari
a 130 euro, al netto dei  costi  di  cui  al  comma  16  che  restano
comunque a carico dell'interessato. E' inoltre previsto il  pagamento
di un contributo forfettario per le somme dovute dal datore di lavoro
a titolo retributivo, contributivo e fiscale, la cui determinazione e
le relative modalita' di acquisizione sono stabilite con decreto  del
Ministro del lavoro e delle politiche  sociali  di  concerto  con  il
Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro  dell'interno
ed il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. 
    8. [...]. 
    9. [...]. 
    10. [...]. 
    11. Dalla data di entrata in vigore  del  presente  decreto  fino
alla conclusione dei procedimenti di cui ai commi 1 e 2, sono sospesi
i procedimenti penali e amministrativi nei confronti  del  datore  di
lavoro e del lavoratore, rispettivamente: 
      a) per l'impiego di lavoratori per i quali e' stata  presentata
la dichiarazione di emersione, anche  se  di  carattere  finanziario,
fiscale, previdenziale o assistenziale: 
      b) per  l'ingresso  e  il  soggiorno  illegale  nel  territorio
nazionale, con esclusione degli  illeciti  di  cui  all'art.  12  del
decreto  legislativo  25  luglio   1998,   n.   286,   e   successive
modificazioni. 
    12. [...]. 
    13. La sospensione di cui al comma 11 cessa nel caso in  cui  non
venga presentata l'istanza di cui ai commi 1 e 2, ovvero  si  proceda
al rigetto o all'archiviazione  della  medesima,  anche  per  mancata
presentazione delle parti di cui al comma  15.  Si  procede  comunque
all'archiviazione dei procedimenti penali e amministrativi  a  carico
del datore di lavoro se l'esito negativo del procedimento  derivi  da
cause indipendenti dalla volonta'  o  dal  comportamento  del  datore
medesimo. 
    14. [...]. 
    15.   Lo   sportello   unico   per   l'immigrazione,   verificata
l'ammissibilita' della dichiarazione di cui al comma 1 e acquisito il
parere  della  questura   sull'insussistenza   di   motivi   ostativi
all'accesso  alle  procedure  ovvero  al  rilascio  del  permesso  di
soggiorno, nonche' il parere del competente Ispettorato  territoriale
del lavoro in ordine alla capacita' economica del datore di lavoro  e
alla congruita' delle condizioni  di  lavoro  applicate,  convoca  le
parti per la stipula del contratto di soggiorno, per la comunicazione
obbligatoria di assunzione e  la  compilazione  della  richiesta  del
permesso  di   soggiorno   per   lavoro   subordinato.   La   mancata
presentazione  delle  parti  senza   giustificato   motivo   comporta
l'archiviazione del procedimento. 
    16. L'istanza di rilascio del permesso di soggiorno temporaneo di
cui al comma 2 e' presentata dal cittadino straniero al Questore, dal
1° giugno al  15  luglio  2020,  unitamente  alla  documentazione  in
possesso, individuata dal  decreto  di  cui  al  comma  6,  idonea  a
comprovare l'attivita' lavorativa svolta nei settori di cui al  comma
3 e riscontrabile da parte dell'Ispettorato Nazionale del lavoro  cui
l'istanza e' altresi' diretta.  All'atto  della  presentazione  della
richiesta, e' consegnata un'attestazione che consente all'interessato
di soggiornare legittimamente nel  territorio  dello  Stato  fino  ad
eventuale comunicazione  dell'Autorita'  di  pubblica  sicurezza,  di
svolgere lavoro subordinato, esclusivamente nei settori di  attivita'
di cui al comma 3,  nonche'  di  presentare  l'eventuale  domanda  di
conversione del permesso  di  soggiorno  temporaneo  in  permesso  di
soggiorno per motivi di lavoro. 
    [...] 
    17. Nelle more della  definizione  dei  procedimenti  di  cui  al
presente articolo, lo straniero non puo' essere espulso,  tranne  che
nei casi previsti al comma 10.  Nei  casi  di  cui  al  comma  1,  la
sottoscrizione  del  contratto  di  soggiorno   congiuntamente   alla
comunicazione obbligatoria di assunzione di cui  al  comma  15  e  il
rilascio del permesso di  soggiorno  comportano,  per  il  datore  di
lavoro e per il lavoratore, l'estinzione dei reati e  degli  illeciti
amministrativi relativi alle violazioni di cui al comma 11. Nel  caso
di istanza di emersione riferita a lavoratori italiani o a  cittadini
di uno Stato membro dell'Unione europea, la relativa presentazione ai
sensi del comma 5, lettera a) comporta l'estinzione dei reati e degli
illeciti di cui al comma 11, lettera a). Nei casi di cui al comma  2,
l'estinzione dei reati e degli illeciti amministrativi relativi  alle
violazioni di cui al comma 11 consegue esclusivamente al rilascio del
permesso di soggiorno per motivi di lavoro. 
    18. Il contratto di soggiorno stipulato sulla base di  un'istanza
contenente dati non rispondenti al vero e' nullo ai  sensi  dell'art.
1344 del codice  civile.  In  tal  caso,  il  permesso  di  soggiorno
eventualmente rilasciato e' revocato ai sensi dell'art. 5,  comma  5,
del  decreto  legislativo  25  luglio  1998,  n.  286,  e  successive
modificazioni. 
    19. [...]. 
    20. [...]. 
    21. [...]. 
    22. Salvo che il fatto costituisca  reato  piu'  grave,  chiunque
presenta false dichiarazioni o attestazioni, ovvero concorre al fatto
nell'ambito delle procedure previste dal presente articolo, e' punito
ai sensi  dell'art.  76  del  testo  unico  di  cui  al  decreto  del
Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445. Se il fatto  e'
commesso attraverso la contraffazione o  l'alterazione  di  documenti
oppure con l'utilizzazione di uno di tali documenti,  si  applica  la
pena della reclusione da uno a sei anni. La pena e' aumentata fino ad
un terzo se il fatto e' commesso da un pubblico ufficiale. 
    23. [...]. 
    24. [...]. 
    25. [...]. 
    26. [...]». 
    4.2. Il regolamento attuativo previsto dai commi 5 e 6  dell'art.
103 e' stato emanato con il decreto ministeriale 27 maggio  2020,  il
cui art. 9 (rubricato «Requisiti reddituali del  datore  di  lavoro»)
stabilisce quanto segue: 
      «1. L'ammissione alla procedura di  emersione  e'  condizionata
all'attestazione del possesso, da parte del datore di lavoro  persona
fisica, ente o societa', di un reddito imponibile o di  un  fatturato
risultante dall'ultima dichiarazione dei redditi o  dal  bilancio  di
esercizio precedente non inferiore  a  30.000,00  euro  annui,  salvo
quanto previsto al comma 2. 
      2. Per la dichiarazione di emersione di un  lavoratore  addetto
al lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare o all'assistenza
alla persona per se stessi o per componenti della  propria  famiglia,
ancorche' non conviventi, affetti da patologie o disabilito'  che  ne
limitino l'autosufficienza,  il  reddito  imponibile  del  datore  di
lavoro non puo' essere inferiore a 20.000,00 euro annui  in  caso  di
nucleo familiare composto da un solo soggetto percettore di  reddito,
ovvero non inferiore  a  27.000,00  euro  annui  in  caso  di  nucleo
familiare inteso come famiglia anagrafica composta da  piu'  soggetti
conviventi. Il coniuge ed i parenti entro il  secondo  grado  possono
concorrere alla determinazione del reddito anche se non conviventi. 
      3. Nella valutazione della capacita' economica  del  datore  di
lavoro puo' essere presa in considerazione anche la disponibilita' di
un reddito esente da dichiarazione annuale e/o  CU  (es:  assegno  di
invalidita'). Tale reddito deve comunque essere certificato. 
      4. In  caso  di  dichiarazione  di  emersione  presentata  allo
Sportello unico dal medesimo datore di lavoro per piu' lavoratori, ai
fini della sussistenza del requisito reddituale di cui ai commi  1  e
2, la congruita' della capacita' economica del datore  di  lavoro  in
rapporto  al  numero  delle   richieste   presentate,   e'   valutata
dall'Ispettorato territoriale  del  lavoro,  ai  sensi  del  comma  8
dell'art. 30-bis del  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  31
agosto 1999, n. 394, sulla base dei contratti  collettivi  di  lavoro
indicati dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali  e  delle
tabelle del costo medio orario del lavoro emanate dal  Ministero  del
lavoro e delle politiche sociali  adottate  ai  sensi  dell'art.  23,
comma 16 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50. 
    Nel caso in cui la capacita' economica del datore di  lavoro  non
risulti congrua in relazione alla totalita' delle istanze presentate,
le stesse possono essere accolte limitatamente ai  lavoratori  per  i
quali, in base all'ordine cronologico di presentazione delle istanze,
i requisiti reddituali risultano congrui. 
    Per l'imprenditore agricolo possono  essere  valutati  anche  gli
indici di capacita' economica  di  tipo  analitico  risultanti  dalla
dichiarazione IVA, prendendo in considerazione il volume d'affari  al
netto degli acquisti, o  dalla  dichiarazione  Irap  e  i  contributi
comunitari documentati dagli organismi erogatori. 
      5. La verifica dei requisiti reddituali di cui al comma  2  non
si applica al datore di lavoro affetto da patologie o disabilita' che
ne limitano l'autosufficienza, il quale effettua la dichiarazione  di
emersione per un unico lavoratore addetto alla sua assistenza». 
      5. Cio' premesso, il Collegio, in  relazione  ad  alcune  delle
censure dedotte dal ricorrente, osserva quanto segue: 
        5.1. Seppure e' vero che in sede di prima applicazione  della
normativa sulla c.d. emersione del 2020 sono emerse incertezze dovute
anche alla discutibile ma  inveterata  prassi  delle  amministrazioni
centrali dello Stato di accompagnare qualsiasi disposizione di  legge
o regolamentare da un profluvio di circolari e altri atti similari (a
cui si aggiungono anche  le  risposte  rese  alle  c.d.  FAQ)  spesso
contraddittorie o comunque non del tutto chiare, e' altrettanto  vero
che nel corso del tempo tali incertezze, almeno per  quanto  riguarda
la questione di diritto odiernamente controversa, sono state superate
dalla giurisprudenza, la quale ha chiarito che, alla luce della ratio
legis (di cui si dira' infra), il reddito minimo del datore di lavoro
necessario per accedere alla procedura di «emersione» e' di 20.000,00
euro nel caso di nucleo  familiare  composto  solo  dal  dichiarante,
mentre e' pari a 27.000,00 euro nel caso di nuclei familiari composti
da due o piu' soggetti (ex plurimis, TAR Campania,  Napoli,  sentenze
nn. 973 e 1283 del 2022; TAR Toscana, n. 126/2022). La norma  di  cui
all'art. 9, comma 2, del decreto  ministeriale  27  maggio  2020,  in
effetti, non e' scritta in maniera irreprensibile, ma  e'  del  tutto
evidente che, se l'intento del legislatore era quello di  evitare  le
denunce di rapporti di lavoro fittizi (finalizzate, cioe', unicamente
a consentire a cittadini extracomunitari irregolarmente  soggiornanti
sul T.N. di procurarsi un titolo di soggiorno), allora il reddito del
nucleo familiare del datore di lavoro  deve  essere  sufficiente  non
solo a retribuire il lavoratore regolarizzato, ma anche  a  sostenere
le esigenze di vita dei componenti il nucleo familiare. Ed e'  dunque
assurdo ritenere che la norma possa interpretarsi nel  senso  che  un
nucleo familiare composto, in ipotesi, da cinque soggetti (di cui uno
solo percettore di un reddito annuale compreso fra 20.000,00  euro  e
27.000,00  euro),  possa  sostenere  l'assunzione  di  un  lavoratore
domestico. 
        In parte qua, dunque il ricorso e' infondato. 
        5.2. Ne' rileva  il  pur  suggestivo  argomento  secondo  cui
l'intimata Prefettura, prima  di  definire  la  pratica  dell'odierno
ricorrente, avrebbe dovuto attendere la scadenza del termine  per  la
presentazione della dichiarazione dei redditi del 2020 (ossia  il  30
novembre 2021), visto che: 
          - in primo e dirimente luogo, il sig... non ha  provato  in
corso di causa che il datore di lavoro  sig...  abbia  effettivamente
conseguito, nel 2020, un reddito pari ad almeno  27.000,00  euro  (da
solo o in concorso con altri familiari,  anche  non  conviventi).  La
censura, dunque, e' inammissibile in quanto ipotetica; 
          -  in  secondo  luogo,  in   assenza   di   una   specifica
disposizione derogatrice vale il principio generale  secondo  cui  il
requisito previsto  dalla  legge  per  l'accesso  ad  un  determinato
beneficio (nella specie la c.d.  «emersione»)  deve  sussistere  alla
data di scadenza del termine di presentazione  della  domanda.  Nella
specie,  dunque,  tenuto  conto  della  tempistica  prevista  per  la
presentazione della domanda di emersione e di quella prevista  invece
dalla legislazione fiscale  per  l'inoltro  delle  dichiarazioni  dei
redditi, il reddito da considerare era quello relativo all'anno 2019. 
        5.3. Ugualmente irrilevanti sono  le  «aperture»  manifestate
dal Ministero dell'Interno nella circolare  n.  3625  dell'11  maggio
2021, perche' essa riguarda fattispecie particolari, non  estensibili
analogicamente (anche a questo  proposito  il  Collegio  richiama  la
suddetta sentenza del TAR Napoli n. 973/2022, nella parte in  cui  si
evidenzia che «...b) la circolare del 24 luglio 2020 nel disciplinare
gli effetti della cessazione del rapporto di  lavoro  "per  causa  di
forza  maggiore"  identifica  la  forza   maggiore   con   la   morte
dell'assistito o del datore di lavoro (per i settori  dell'assistenza
ai disabili e del lavoro domestico) e con la cessazione o  fallimento
dell'azienda (per i settori indicati nella lettera  a)  del  comma  3
dell'art. 103, cioe' agricoltura, allevamento e  zootecnia,  pesca  e
acquacoltura e attivita'  connesse)  e  prevede  la  possibilita'  di
subentro  di  altro   datore,   espressamente   subordinandola   alla
condizione che " ... sussistano gli altri  requisiti  previsti  dalla
norma" (tra cui evidentemente il reddito); solo nel caso  in  cui  il
subentro non sia possibile per fatto non  dipendente  dalla  volonta'
del lavoratore, tale circolare prevede la possibilita' di  richiedere
il permesso per attesa occupazione; c) la circolare 17 novembre  2020
conferma la indefettibilita' del requisito reddituale ai  fini  anche
del rilascio  del  permesso  per  attesa  occupazione;  essa  infatti
prevede quale condizione per il  rilascio  del  permesso  per  attesa
occupazione "una valutazione da parte degli Sportelli Unici volta  ad
escludere  che  la  domanda  di   emersione   sia   stata   inoltrata
strumentalmente, proprio per far ottenere al cittadino  straniero  il
permesso di soggiorno";  il  presupposto  reddituale  si  colloca  in
questo  ordine  di  idee  avendo  il  chiaro  scopo  di  impedire  la
regolarizzazione in presenza di rapporti di  lavoro  non  sostenibili
economicamente (e quindi presuntivamente  dichiarati  strumentalmente
al fine di permettere la regolarizzazione in assenza di  effettivita'
del rapporto di lavoro); d) la circolare del 11 maggio 2021 ribadisce
che la possibilita' di rilascio del permesso per  attesa  occupazione
nel caso di mancato subentro di altro datore di lavoro e' subordinata
agli "opportuni accertamenti ai fini  di  una  valutazione  volta  ad
escludere  che  la  domanda  di   emersione   sia   stata   inoltrata
strumentalmente e che il rapporto di lavoro si sia instaurato in modo
fittizio" e prescrive che in ogni caso sia "necessario procedere alla
convocazione presso lo Sportello sia del datore di lavoro  che  aveva
avanzato  istanza  di   emersione   che   del   lavoratore   per   il
perfezionamento  della  procedura  di  sottoscrizione  del  contratto
relativo al rapporto di lavoro cessato", il che implica che il datore
di lavoro fosse in possesso dei requisiti anche reddituali  richiesti
per il buon esito della procedura»). 
        Tutto questo al netto della questione fondamentale, ossia che
una circolare amministrativa non  puo'  modificare  o  integrare  una
norma di legge o regolamentare (e nella specie l'intimata  Prefettura
di Ascoli Piceno si e' correttamente limitata ad applicare  la  norma
primaria e la norma regolamentare). 
        6. Resta dunque l'ultimo profilo sollevato dal sig...,  ossia
il fatto che, in assenza di prova circa la fittizieta'  del  rapporto
lavorativo  oggetto  di  denuncia  di  «emersione»,   il   lavoratore
straniero non dovrebbe  subire  le  conseguenze  derivanti  da  fatti
ostativi ascrivibili unicamente al datore di  lavoro  e,  oltretutto,
sottratti al potere di verifica del lavoratore. 
    E  a  questo  riguardo  emerge  la  questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 103, commi  5  e  6,  del  decreto-legge  n.
34/2020, convertito in legge  n.  77/2020,  la  cui  rilevanza  nella
specie discende dal fatto che, in  assenza  di  una  pronuncia  della
Consulta che accolga le prospettazioni che si andranno a  sviluppare,
il ricorso dovrebbe essere respinto nel merito. 
    Quanto invece alla non manifesta infondatezza della questione, il
Tribunale evidenzia i seguenti profili,  non  senza  premettere  che,
seppure la c.d.  emersione  riguarda  teoricamente  anche  lavoratori
italiani o comunitari, in pratica la gran  parte  delle  controversie
giudiziali attiene alla posizione di cittadini extracomunitari, visto
che, in disparte i profili inerenti la legislazione lavoristica (e  i
conseguenti risvolti penali), per questi ultimi l'accoglimento  della
dichiarazione di emersione implica soprattutto  l'ottenimento  di  un
titolo di soggiorno e, dunque,  la  cessazione  della  condizione  di
irregolarita'. 
        6.1. Cio' detto, in primo luogo, emerge l'assenza nel comma 6
dell'art. 103 di qualsivoglia criterio direttivo per  il  legislatore
secondario delegato, il che si pone in  contrasto  con  il  principio
desumibile dall'art. 76 della Costituzione, nonche'  con  l'art.  17,
commi 2 e 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400. 
    Al riguardo va osservato che, alla luce  del  principio  generale
espresso dall'art. 76 della Costituzione (e cioe' la necessita'  che,
laddove l'organo titolare del potere legislativo decida  di  delegare
tale  potere,  al  legislatore  delegato,  sia  esso   primario   che
secondario, devono pur sempre  essere  imposti  limiti  all'esercizio
della delega, pena la possibile arbitrarieta' delle norme  delegate),
anche nel caso di specie sarebbe  stato  necessario,  ad  avviso  del
Tribunale, che il legislatore ordinario indicasse  quantomeno  alcuni
principi direttivi in merito alle  modalita'  di  individuazione  del
reddito minimo previsto per l'accesso alla  procedura  di  emersione.
Del resto all'interno del T.U. 25 luglio 1998, n.  286  e  successive
modifiche e integrazioni. si  rinvengono  numerose  disposizioni  che
stabiliscono di volta in volta i requisiti reddituali che i cittadini
extracomunitari debbono comprovare al fine di  ottenere  il  rilascio
del titolo di soggiorno (si vedano, ad esempio, l'art.  4,  comma  3,
primo periodo, o l'art. 29, comma 3,  lettera  b),  per  cui  non  si
comprende la ragione per la quale il legislatore del 2020  non  abbia
ritenuto di dover indicare - eventualmente anche per relationem  alle
disposizioni del T.U. - i parametri a cui  il  Ministro  dell'Interno
avrebbe dovuto attenersi nell'esercizio, in parte qua, della delega. 
    Il Collegio, dunque,  dubita  della  costituzionalita'  dell'art.
103, commi 5 e 6, del decreto-legge n. 34/2020, convertito  in  legge
n. 77/2020, per contrasto con l'art.  76  della  Costituzione  e  con
l'art. 17, commi 2 e 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400. 
        6.2. In via subordinata, rilevano invece i seguenti ulteriori
profili, rispetto ai quali va operata una precisazione preliminare. 
    In effetti, e a differenza di quanto accaduto per  le  precedenti
«emersioni» (art. 1-ter del decreto-legge  1°  luglio  2009,  n.  78,
convertito in legge 3 agosto 2009, n.  102,  e  art.  5  del  decreto
legislativo 16 luglio 2012, n. 109), l'art. 103 del decreto-legge  n.
34/2020 si applica non solo ai rapporti  di  lavoro  irregolari  gia'
essere ad una certa data, ma anche a contratti di  lavoro  ancora  da
stipulare (il comma  1,  infatti,  parla  di  «  ...istanza  ...  per
concludere un contratto di lavoro subordinato con cittadini stranieri
presenti sul territorio nazionale...»). 
    In disparte la singolarita' di una disposizione che, in sostanza,
«sana in anticipo» un possibile  illecito,  la  suddetta  distinzione
appare rilevante al Collegio ai fini della  questione  oggetto  della
presente decisione. 
    In effetti, va osservato che: 
      laddove il rapporto di lavoro sia ancora da iniziare alla  data
di presentazione della domanda di emersione, e' certamente necessario
che il datore di  lavoro,  per  le  ragioni  esposte  in  precedenza,
dimostri la «sostenibilita'» dell'assunzione, mentre,  per  converso,
non  viene  logicamente  in  rilievo  la  possibile  fittizieta'  del
rapporto (se non nel caso-limite di soggetti assolutamente inabili al
lavoro, con  i  quali  non  potrebbe  dunque  essere  concluso  alcun
contratto di lavoro); 
      ma se il rapporto  di  lavoro  e'  gia'  in  essere,  in  forma
irregolare,  al  momento  della  presentazione   della   domanda   di
emersione, il  rapporto  fra  i  due  termini  si  rovescia,  essendo
preliminare l'accertamento della eventuale fittizieta' del  rapporto,
mentre, con riguardo al requisito reddituale, va solo accertato se il
datore di lavoro abbia onorato i propri impegni, tanto in termini  di
retribuzione quanto in termini di contributi previdenziali. 
    Nel caso dell'odierno ricorrente viene in rilievo questa  seconda
fattispecie, visto che, come risulta  dalla  domanda  presentata  dal
sig..., il rapporto di lavoro era in essere in forma irregolare  alla
data del ... 
        6.3. Alla luce delle  prefate  considerazioni,  il  Tribunale
dubita della costituzionalita' dell'art.  103  del  decreto-legge  n.
34/2020, convertito in legge  n.  77/2020,  nella  parte  in  cui  il
legislatore,  a  differenza  di  quanto  era  accaduto  per  la  c.d.
emersione del 2012, non ha previsto che,  laddove  il  rigetto  della
dichiarazione di  emersione  sia  dovuta  esclusivamente  a  fatti  e
condotte ascrivibili al datore di lavoro (quale e',  con  riferimento
al caso di specie,  il  mancato  possesso  del  requisito  reddituale
minimo di cui all'art. 9 del decreto ministeriale 27 maggio 2020), al
lavoratore vada comunque rilasciato  un  permesso  di  soggiorno  per
attesa occupazione o un altro titolo corrispondente  alla  situazione
lavorativa  -  anche  sopravvenuta  -  che  l'interessato  riesca   a
comprovare. 
    Al riguardo va evidenziato che: 
      nel  caso  dell'emersione  del  2012   tale   disposizione   fu
introdotta ad opera dell'art.  9,  comma  10,  del  decreto-legge  28
giugno 2013, n. 76, convertito dalla legge 9 agosto 2013, n.  99  (si
veda il comma 11-bis dell'art. 5 del decreto legislativo n. 109/2012,
il quale, per la parte di interesse, dispone che «Nei casi in cui  la
dichiarazione  di  emersione  sia  rigettata  per  cause   imputabili
esclusivamente al datore di lavoro, previa verifica  da  parte  dello
sportello unico per l'immigrazione della sussistenza del rapporto  di
lavoro, dimostrata dal pagamento delle somme di cui al comma 5, e del
requisito della presenza al 31 dicembre 2011 di cui al  comma  1,  al
lavoratore viene rilasciato  un  permesso  di  soggiorno  per  attesa
occupazione...»); 
      il  Tribunale,  in  cio'  concordando  con  la   giurisprudenza
maggioritaria (si veda sempre la citata sentenza del  TAR  Napoli  n.
973/2022), non ritiene che il giudice  possa  introdurre  ex  officio
nell'art. 103 del decreto-legge n. 34/2020 una disposizione  analoga,
sia perche', in generale, non e' ammissibile tale opera di  creazione
pretoria, sia perche' la  norma  in  questione  non  e'  «necessaria»
nell'economia della disciplina dell'emersione 2020 e  dunque  non  e'
evincibile dal contesto normativo. 
        6.4. Nel merito  della  questione,  vanno  invece  svolte  le
seguenti considerazioni. 
        6.4.1. Nelle sentenze di rigetto di ricorsi analoghi a quello
proposto dal sig... sinora intervenute si assume che: 
          - «... la tesi ... secondo cui - ove il reddito del  datore
di lavoro sia  inferiore  al  minimo  previsto  (ovvero  non  risulti
congruo in  relazione  al  numero  di  richieste  presentate)  -  non
perfezionandosi la procedura per fatto del datore di  lavoro  cui  e'
estranea la volonta' del lavoratore quest'ultimo  avrebbe  titolo  al
rilascio di un permesso per attesa occupazione non e' persuasiva.  In
particolare va anzitutto negato che alla fattispecie possa applicarsi
la normativa del comma 11-bis dell'art. 5 del decreto legislativo  n.
109 del 2012 (norma che stabilisce, con  riferimento  alla  sanatoria
degli stranieri irregolari da essa prevista, che "nei casi in cui  la
dichiarazione  di  emersione  sia  rigettata  per  cause   imputabili
esclusivamente al datore di lavoro, previa verifica  da  parte  dello
sportello unico per l'immigrazione della sussistenza del rapporto  di
lavoro, dimostrata dal pagamento delle somme di cui al comma 5, e del
requisito della presenza al 31 dicembre 2011 di cui al  comma  1,  al
lavoratore viene rilasciato  un  permesso  di  soggiorno  per  attesa
occupazione").  La  previsione  in  questione  ha  infatti  carattere
eccezionale e per regola generale le norme eccezionali - quali quelle
disciplinanti sanatorie e/o condoni - non si applicano oltre  casi  e
tempi da esse considerati...»; 
          - «...la mancanza nell'art. 103 di una previsione analoga a
quella della norma citata e la previsione nel comma 4  dell'art.  103
della possibilita' di concessione del permesso per attesa occupazione
solo nel caso di interruzione del rapporto di  lavoro  trova  la  sua
presumibile giustificazione - oltre  che  nella  circostanza  che  la
"emersione" 2020 trova applicazione  anche  nel  caso  di  datore  di
lavoro che intenda sottoscrivere  un  contratto  di  lavoro  con  uno
straniero (che potrebbe oltretutto essere regolarmente  presente  nel
territorio nazionale e titolare  di  un  permesso  di  soggiorno  che
permetta lo  svolgimento  di  attivita'  lavorativa  e  che  non  sia
convertibile in permesso di soggiorno per lavoro dipendente) -  nella
volonta' del legislatore del 2020 di  prevenire  facili  abusi  dello
strumento  in  esame;  del  resto  la  giurisprudenza  formatasi  sul
significato del comma 11-bis citato non era  univoca  dato  che  -  a
fronte di precedenti che avevano ricompreso il reddito  insufficiente
tra le "inadempienze imputabili esclusivamente al datore  di  lavoro"
in presenza delle quali sarebbe  stato  consentito  il  rilascio  del
permesso per attesa occupazione alla sola condizione che fosse  stata
interamente  pagata  ogni  somma  dovuta   a   titolo   contributivo,
retributivo e fiscale (il  pagamento  infatti  era  configurato  come
prova sufficiente della effettivita' del rapporto di lavoro; cfr.  ad
es. Consiglio di Stato, sez. III, 27  luglio  2017,  n.  3935)  -  si
ritrovano anche precedenti, invero piu' rigorosi, secondo i quali per
"cause  esclusivamente  imputabili  al  datore  di  lavoro  che   non
consentono   la   regolarizzazione   debbono   intendersi   solo    i
comportamenti del datore di lavoro,  o  le  circostanze  al  medesimo
riferibili, diversi da quelli gia' considerati dal legislatore  quale
condizione  ostativa  (...),  che  si  siano  verificati   in   epoca
posteriore alla presentazione della domanda di  regolarizzazione,  in
un momento, cioe', in  cui  il  lavoratore  aveva  virtualmente  gia'
maturato  il   diritto   alla   regolarizzazione   sussistendone   le
condizioni" (cfr. ad es. Consiglio di  Stato,  sez.  III,  28  maggio
2018, n. 3183, T.A.R. Emilia-Romagna, Parma, 15 giugno 2020, n.  116,
T.A.R. Piemonte, sez. I, 4 luglio 2018, n. 815)...»; 
          - «... dalla normativa e dalle  circolari  che  sono  state
emanate per disciplinare  la  sanatoria  del  2020  non  si  traggono
elementi a sostegno della tesi del ricorrente. Premesso infatti  che,
..., la titolarita' in capo al datore  di  lavoro  di  reddito  nella
misura indicata dall'art. 9 del decreto ministeriale 27  maggio  2020
costituisce un presupposto indefettibile per la definizione in  senso
positivo della procedura dato che la titolarita' di tali  redditi  ha
la funzione  di  dimostrare  l'effettivita'  e/o  sostenibilita'  del
rapporto di lavoro da parte di colui che si afferma datore di  lavoro
ovvero si propone come tale va rilevato che: a)  la  possibilita'  di
rilasciare  il  permesso  per  attesa   occupazione   nel   caso   di
interruzione del rapporto di lavoro prevista dal  comma  4  dell'art.
103 e dalle circolari (che e' comunque fattispecie diversa da  quella
all'esame di datore  di  lavoro  privo  di  redditi  sufficienti)  ha
comunque come presupposto una istanza di emersione presentata  da  un
datore di lavoro in possesso dei requisiti richiesti; b) la circolare
del 24 luglio 2020 nel disciplinare gli effetti della cessazione  del
rapporto di lavoro "per causa di forza maggiore" identifica la  forza
maggiore con la morte dell'assistito o del datore di  lavoro  (per  i
settori dell'assistenza ai disabili e del lavoro domestico) e con  la
cessazione o fallimento dell'azienda (per i  settori  indicati  nella
lettera a) del comma 3 dell'art. 103, cioe' agricoltura,  allevamento
e zootecnia, pesca e acquacoltura e attivita' connesse) e prevede  la
possibilita'   di   subentro   di   altro    datore,    espressamente
subordinandola  alla  condizione  che  "  ...  sussistano  gli  altri
requisiti previsti dalla norma" (tra cui evidentemente  il  reddito);
solo nel caso in cui il subentro non  sia  possibile  per  fatto  non
dipendente dalla volonta' del lavoratore, tale circolare  prevede  la
possibilita' di richiedere il permesso per attesa occupazione; c)  la
circolare 17 novembre 2020 conferma la indefettibilita' del requisito
reddituale ai  fini  anche  del  rilascio  del  permesso  per  attesa
occupazione; essa infatti prevede quale condizione  per  il  rilascio
del permesso per attesa occupazione "una valutazione da  parte  degli
Sportelli Unici volta ad escludere che la domanda  di  emersione  sia
stata  inoltrata  strumentalmente,  proprio  per  far   ottenere   al
cittadino  straniero  il  permesso  di  soggiorno";  il   presupposto
reddituale si colloca in questo ordine di idee avendo il chiaro scopo
di impedire la regolarizzazione in presenza di rapporti di lavoro non
sostenibili  economicamente  (e  quindi  presuntivamente   dichiarati
strumentalmente al fine di permettere la regolarizzazione in  assenza
di effettivita' del rapporto di  lavoro);  d)  la  circolare  del  11
maggio 2021 ribadisce che la possibilita' di  rilascio  del  permesso
per attesa occupazione nel caso di mancato subentro di  altro  datore
di lavoro e' subordinata agli "opportuni accertamenti ai fini di  una
valutazione volta ad escludere che la domanda di emersione sia  stata
inoltrata  strumentalmente  e  che  il  rapporto  di  lavoro  si  sia
instaurato in modo  fittizio"  e  prescrive  che  in  ogni  caso  sia
"necessario procedere alla convocazione presso lo Sportello  sia  del
datore di lavoro che aveva avanzato  istanza  di  emersione  che  del
lavoratore per il perfezionamento della procedura  di  sottoscrizione
del contratto relativo al rapporto di lavoro cessato", il che implica
che il datore  di  lavoro  fosse  in  possesso  dei  requisiti  anche
reddituali richiesti per il buon esito della  procedura.  ...  dunque
ne' dalla normativa di legge  ne'  dalle  circolari  si  trae  alcuna
indicazione a sostegno della tesi della possibilita' di rilascio  del
permesso per attesa occupazione nel caso di datore  di  lavoro  privo
del reddito richiesto...»; 
          - «...ove si ritenesse che in  caso  di  insufficienza  del
reddito del datore di lavoro sia possibile e doveroso il rilascio  di
permesso di lavoro per attesa  occupazione,  si  priverebbe  di  ogni
rilevanza la previsione di un reddito minimo  del  datore  di  lavoro
(previsione - si e' detto - contenuta nel comma 6 dell'art.  103  che
ha la evidente funzione  di  prevenire  elusioni  e  di  garantire  -
fissando una sorta di presunzione - la sostenibilita' del  costo  del
lavoratore da parte del datore di lavoro) e si porrebbe  quale  unica
condizione per ottenere la emersione la presentazione  della  istanza
da parte di un soggetto che asserisca di impiegare o voler  impiegare
il lavoratore straniero in uno  dei  settori  indicati  nel  comma  3
dell'art. 103 e l'assenza di precedenti penali ostativi  in  capo  al
datore e al lavoratore,  il  tutto  in  contrasto  con  il  carattere
eccezionale della norma di sanatoria; in definitiva, la  possibilita'
di rilascio nel caso in cui  la  procedura  di  emersione  non  possa
concludersi favorevolmente di  un  permesso  per  attesa  occupazione
presuppone che il mancato perfezionamento non dipenda dall'originario
difetto di presupposti previsti  dalla  legge  (tra  cui  il  reddito
minimo del datore di lavoro)  ma  da  fatti  successivi  relativi  al
datore di lavoro e totalmente da lui dipendenti quali possono  essere
la forza maggiore (cfr. circolare del 24 luglio 2020) e la cessazione
del rapporto di lavoro (cfr. circolare del 17 novembre 2020)...»; 
          - «...la giurisprudenza si va orientando  nel  senso  sopra
indicato; in particolare e' stato affermato che la  disciplina  della
emersione dettata nel 2020 - a differenza di quella di  cui  all'art.
5, comma 11-bis, decreto legislativo 16 luglio 2012 n. 109 -  "limita
l'applicazione delle disposizioni  di  cui  all'art.  22,  comma  11,
decreto legislativo n.  286/1998  al  solo  caso  di  cessazione  del
rapporto di lavoro (cfr. art. 103, comma 4, decreto-legge n. 34/2020)
e non contempla la possibilita' di rilasciare il  permesso  in  esame
nel diverso caso in cui la dichiarazione di emersione  sia  rigettata
per cause imputabili esclusivamente al datore di lavoro:  ebbene,  il
carattere eccezionale della disciplina de qua, derogatoria di  quella
ordinaria, ne impone un'applicazione restrittiva,  nel  rispetto  dei
casi e dei tempi in essa contemplati" (cfr. Consiglio di Stato,  sez.
III, 17 dicembre 2021 n. 8422, T.A.R. Toscana, sez.  II,  14  gennaio
2022, n.  15,  id,  22  dicembre  2021,  n.  1686,  T.A.R.  Calabria,
Catanzaro, 17 gennaio 2022, n. 41,  T.A.R.  Lombardia,  Milano,  sez.
III, 4 novembre 2021, n. 2424) ed e'  sintomatico  che  i  precedenti
citati si riferiscano a fattispecie del tutto analoghe  a  quella  in
esame di insufficienza del reddito del datore  di  lavoro...»  (cosi'
TAR Napoli, n. 973/2022). 
        6.4.2. Il Collegio, pur condividendo  in  parte  le  suddette
argomentazioni (come si e' detto  nei  precedenti  §  5.1.  e  5.3.),
evidenzia che il pre-requisito  essenziale  della  veridicita'  della
dichiarazione  di  emersione  non  e'  in  discussione,  il  che   e'
confermato da numerose sentenze di  questo  Tribunale  relative  alle
precedenti emersioni del 2009 e del  2012,  laddove  si  e'  ritenuto
legittimo il  rigetto  della  domanda  di  emersione  ogni  qualvolta
l'autorita'  di  P.S.  abbia  comprovato  nei  limiti  delle  proprie
possibilita' (e quindi anche in assenza di una  sentenza  penale  che
avesse accertato la falsita' della dichiarazione) la fittizieta'  del
rapporto lavorativo oggetto di  emersione  (ex  multis,  TAR  Marche,
sentenze nn. 284, 374 e 797 del 2013). 
    Il problema scaturisce invece dal fatto  che,  come  si  e'  gia'
accennato, il lavoratore non e' in grado di verificare se  il  datore
di lavoro sia in possesso o  meno  del  requisito  reddituale  minimo
previsto dal decreto ministeriale 27 maggio 2020, per cui egli  viene
a subire (oltretutto in un momento in cui ha  accettato  di  rivelare
all'autorita'  di  P.S.  la  propria  posizione  di  irregolare)   le
conseguenze sfavorevoli di una vicenda che attiene esclusivamente  al
datore di lavoro. A questo riguardo  non  rileva  la  considerazione,
emergente  dall'orientamento  giurisprudenziale,  piu'  rigoroso   ma
minoritario, richiamato anche dalla predetta sentenza del TAR  Napoli
n. 973/2022, secondo cui l'assenza del requisito relativo al  reddito
non rientrerebbe fra i fatti imputabili esclusivamente al  datore  di
lavoro, ai sensi e per gli  effetti  del  comma  11-bis  del  decreto
legislativo n. 109/2012. In effetti, in  disparte  l'opinabilita'  di
tale orientamento, resta il fatto  che  la  corretta  interpretazione
della predetta disposizione e' una questione di merito (questione che
nel  caso  dell'emersione  2020  non  puo'  nemmeno  porsi   mancando
nell'art. 103 del decreto-legge n. 34/2020 una disposizione analoga). 
    Pertanto,  ferma  restando  la   necessita'   di   accertare   la
veridicita' del rapporto di lavoro, sembra al  Tribunale  che  l'art.
103, comma 6, del  decreto-legge  n.  34/2020  sia  confliggente  con
l'art. 3 della Costituzione, nella parte  in  cui  non  contiene  una
disposizione  analoga  a  quella  del  comma   11-bis   del   decreto
legislativo n. 109/2012. 
    La questione riguarda entrambe le fattispecie di cui si e'  detto
al precedente § 6.2. o, in via  subordinata,  quantomeno  quella  che
interessa l'odierno ricorrente, visto  che  nella  specie  l'intimata
Prefettura non  ha  mai  messo  in  discussione  la  veridicita'  del
rapporto di lavoro denunciato dal sig...  (ma,  in  ogni  caso,  tale
profilo ben potrebbe essere approfondito dall'amministrazione in sede
di  riesercizio   del   potere   conseguente   all'annullamento   del
provvedimento odiernamente impugnato). 
        6.4.3. Da ultimo va osservato che un altro dato normativo  da
considerare e' la disposizione  di  cui  all'art.  9,  comma  5,  del
decreto ministeriale 27 maggio 2020, il  quale,  come  si  e'  visto,
dispone che «La verifica dei requisiti reddituali di cui al  comma  2
non si applica al datore di lavoro affetto da patologie o disabilita'
che ne limitano l'autosufficienza, il quale effettua la dichiarazione
di emersione per un unico lavoratore addetto alla sua assistenza». 
    Tale disposizione mette in discussione la ratio  legis  esaminata
supra, non essendo agevolmente comprensibile la ragione  per  cui  un
datore di lavoro affetto da patologie o disabilita'  che  lo  rendono
non autosufficiente non sia tenuto a comprovare  il  possesso  di  un
requisito reddituale minimo che renda «sostenibile»  l'assunzione  di
un lavoratore addetto all'assistenza personale. 
    Si   potrebbe   certamente   sostenere   che   i   soggetti   non
autosufficienti  di   solito   percepiscono   indennita'   (il   c.d.
accompagnamento) o trattamenti pensionistici che garantiscono loro un
«reddito» annuo adeguato oppure fruiscono di aiuti economici da parte
dei familiari  e  dei  congiunti,  ma  questo  non  e'  sempre  vero,
esistendo, come e' noto, numerosi soggetti che, pur avendo presentato
domanda di accertamento  dello  stato  di  handicap,  si  sono  visti
denegare  l'indennita'  di  accompagnamento  o  la  pensione   oppure
soggetti non autosufficienti che non hanno familiari o  congiunti  in
grado di supportarli dal punto di vista economico. Inoltre non sempre
l'importo periodico dell'indennita' o  della  pensione  consentono  a
tali soggetti di attingere  un  livello  di  reddito  pari  a  quello
previsto dall'art. 9 del decreto ministeriale 27 maggio 2020. 
    Se lo scopo delle norme qui in commento e' quello di  evitare  la
presentazione  di  dichiarazioni  di  emersione  aventi  ad   oggetto
rapporti  lavorativi  fittizi,  non   si   comprende   perche'   tale
deprecabile fenomeno non dovrebbe riguardare anche le fattispecie  di
cui al comma 5 dell'art. 9 del decreto ministeriale  27  maggio  2020
(essendo al contrario gia' accaduto  in  occasione  delle  precedenti
emersioni che fossero presentate domande di regolarizzazione relativi
a rapporti di lavoro fittizi di  c.d.  badanti,  a  volte  redatte  e
sottoscritte all'insaputa del presunto assistito). 
    Questo, ad avviso  del  Collegio,  conferma  che  prioritario  e'
sempre  l'accertamento  dell'effettiva  esistenza  del  rapporto   di
lavoro, mentre la questione del reddito non puo' andare a  detrimento
del lavoratore per  il  quale  e'  stata  presentata  la  domanda  di
emersione. 
        7.  Per  le  suesposte  ragioni  va  sollevata  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  103,  commi  5  e   6,   del
decreto-legge  n.  34/2020,  convertito  in  legge  n.  77/2020,  per
contrasto con gli articoli 3 e 76  della  Costituzione  (nonche'  con
l'art. 17, commi 2 e 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400) e  va  di
conseguenza sospeso il giudizio in attesa della  pubblicazione  della
decisione della Corte costituzionale. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Il Tribunale Amministrativo  Regionale  per  le  Marche  (Sezione
Prima): 
      dichiara rilevante e non manifestamente infondata la  questione
di legittimita' costituzionale  dell'art.  103,  commi  5  e  6,  del
decreto-legge  n.  34/2020,  convertito  in  legge  n.  77/2020,  per
contrasto con gli articoli 3 e 76  della  Costituzione  (nonche'  con
l'art. 17, commi 2 e 3, della legge n. 400/1988); 
      dispone  la  sospensione  del  presente   giudizio   e   ordina
l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; 
      riserva ogni altra decisione in rito, nel merito e sulle spese; 
      ordina che, a cura della Segreteria del Tribunale, la  presente
sentenza sia notificata alle parti  in  causa  e  al  Presidente  del
Consiglio dei ministri, nonche' comunicata ai Presidenti della Camera
dei Deputati e del Senato della Repubblica. 
    Cosi' deciso in Ancona nella Camera di consiglio  del  giorno  26
ottobre 2022 con l'intervento dei magistrati: 
      Giuseppe Daniele, Presidente; 
      Tommaso Capitanio, consigliere, estensore; 
      Giovanni Ruiu, consigliere. 
 
                       Il Presidente: Daniele 
 
 
                                              L'estensore: Capitanio