N. 151 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 novembre 2022

Ordinanza del 16 novembre 2022 della Corte di assise di Cagliari  nel
procedimento penale a carico di R. P.. 
 
Reati e pene - Reato  di  omicidio  -  Circostanza  attenuante  della
  provocazione - Preclusione del giudizio di prevalenza rispetto alla
  circostanza aggravante prevista per aver commesso il  fatto  contro
  il coniuge. 
- Codice penale, art. 577, terzo comma. 
(GU n.52 del 28-12-2022 )
 
                   LA CORTE DI ASSISE DI CAGLIARI 
 
    La Corte di assise, riunita in Camera di consiglio e composta dai
signori: 
        dott. Giovanni Massidda - Presidente; 
        dott.ssa Stefania Selis - giudice a latere; 
        sig. Sergio Ferino - giudice popolare; 
        sig. Giovanni Sanna - giudice popolare; 
        sig.ra Paola Atzori - giudice popolare; 
        sig. Andrea Congiu - giudice popolare; 
        sig. Antonio Musa - giudice popolare; 
        sig.ra Alessandra Cocco - giudice popolare; 
    Nel processo nei confronti di: 
        R. P., nato a ...   il  ...  ,  attualmente  sottoposto  alla
misura cautelare della custodia in  carcere,   presente,  -  imputato
delitto di cui agli articoli 575, 577, comma 1, n.  1,  perche',  nel
corso di un  lite  familiare,  con  ripetute  coltellate  inferte  al
torace, alle braccia e al collo, cagionava la morte del coniuge S. A.
Con la  circostanza  aggravante  del  fatto  commesso  in  danno  del
coniuge. In ...  in data  ... ; 
    Conclusioni delle parti: 
        pubblico ministero: 
          ritenuta provata la penale  responsabilita'  dell'imputato,
chiede  che  la  Corte   sollevi   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 577,  comma  3  c.p.,  nella  parte  in  cui
prevede il divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti di  cui
agli articoli 62, n. 2, e 62-bis c.p., sulla concorrente  circostanza
aggravante di cui all'art. 577, comma 1, n. 1  c.p.,  per  violazione
degli articoli  3,  comma  1,  e  27,  comma  3  della  Costituzione,
sollecitando l'applicazione delle circostanze attenuanti generiche  e
quella della provocazione  prevalenti  sull'aggravante  contestata  e
condannando P. R. alla pena di  ... anni di reclusione. 
          In via subordinata, chiede la condanna  dell'imputato  alla
pena minima di  ... anni di reclusione; 
        difesa dell'imputato: 
          si associa alle richieste del pubblico ministero; 
    All'esito dell'odierna Camera di  consiglio,  ha  pronunciato  la
seguente ordinanza. 
    La Corte, sulla base delle sollecitazioni del pubblico  ministero
e della difesa del R., ritiene di sollevare questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 577,  comma  3  c.p.,  nella  parte  in  cui
prevede che la circostanza attenuante della provocazione, diversa  da
una di quelle previste dagli articoli 62, numero  1,  89,  98  e  114
c.p., concorrente con le  circostanze  aggravanti  di  cui  al  primo
comma, numero 1, e  al  secondo  comma,  non  possa  essere  ritenuta
prevalente rispetto a queste, come introdotto dalla legge n.  60  del
19 luglio 2019 («Modifiche al codice penale, al codice  di  procedura
penale e altre disposizioni in materia di  tutela  delle  vittime  di
violenza domestica e di genere»),  per  contrasto  e  violazione  dei
principi sanciti agli articoli 3,  comma  1,  e  27,  comma  3  della
Costituzione, che individuano la ragionevolezza della sanzione penale
in funzione dell'offensivita' della condotta accertata. 
    La disposizione introduce una deroga al giudizio di bilanciamento
di una circostanza aggravante ad  effetto  speciale  con  concorrenti
circostanze attenuanti (salvo quelle  specificamente  indicate  nella
norma  esaminata).  Deroghe  al  bilanciamento  sono   possibili,   e
rientrano  nell'ambito  delle  scelte   del   legislatore,   restando
sindacabili  dalla  Corte  costituzionale  quando  trasmodano   nella
manifesta irragionevolezza o nell'arbitrio,  e,  in  ogni  caso,  non
possono  giungere  a  determinare  un'alterazione   degli   equilibri
costituzionalmente imposti nella strutturazione della responsabilita'
penale. 
Rilevanza della questione 
    La questione e' rilevante per i seguenti motivi. 
    P. R. e' stato chiamato a rispondere in questa sede del reato  di
cui all'art. 575, 577, comma 1, n. 1. c.p., per  aver  cagionato,  in
data ...  , la morte  del  coniuge  A.  S.  nel  corso  di  una  lite
familiare, con ripetute coltellate inferte al torace, alle braccia  e
al collo. 
    All'imputato,  inoltre,   e'   stata   correttamente   contestata
l'aggravante di cui all'art. 577, comma  1,  n.  1.  c.p.,  per  aver
commesso il fatto contro il coniuge. 
    All'esito del giudizio, istruito, in presenza di R., con  il  suo
esame (udienza del 26 ottobre  2022)  e  l'acquisizione,  su  accordo
delle  parti,  degli  atti  contenuti  nel  fascicolo  del   pubblico
ministero, e' emerso che P. R. ha certamente cagionato la morte della
moglie A. S., con le modalita' indicate nel capo d'imputazione. 
    E' stato lo stesso imputato ad ammettere la  sua  responsabilita'
per l'omicidio della moglie sia nell'immediatezza del  fatto,  avendo
chiamato lui i carabinieri subito dopo aver accoltellato la  S.,  sia
ribadendo la sua confessione in sede di convalida del suo arresto, in
occasione dell'interrogatorio  del  19  luglio  2022  e,  da  ultimo,
all'udienza del 26 ottobre 2022. 
    Con riferimento al fatto di reato addebitatogli,  il  G.I.P.  con
ordinanza del 13 settembre 2021, ha applicato nei confronti di P.  R.
la misura cautelare della custodia in carcere. 
    Dall'esame degli atti contenuti nel fascicolo e  utilizzabili  ai
fini della decisione (comunicazione notizia di reato redatta  il  ...
dai carabinieri della  Compagnia  di  ...,  verbale  di  arresto,  di
perquisizione e sequestro  a  carico  dell'arrestato  in  pari  data,
relazione di servizio inerente alla chiamata di R. ricevuta al n. 112
il 9 settembre 2021, alle ore 15,21, fascicolo  dei  rilievi  tecnici
con relativa documentazione fotografica  dello  stato  dei  luoghi  e
della vittima, documentazione sanitaria relativa alla  S.,  ordinanza
del G.I.P. di applicazione della misura cautelare  del  13  settembre
2021, verbali di  sommarie  informazioni  testimoniali  rese  il  ...
da ...  , ...  , ...  , il 6 ottobre 2021 da ...  , il 7 ottobre 2021
da ...  e ..., 1'8 ottobre 2021 da ... , l'11 ottobre  2021  da  ...,
ed  ..., il 13 ottobre 2021 da ... , il 14 ottobre 2021 da ...  ,  il
15 ottobre 2021 da ... , il 20  ottobre  2021  da ...  ,  verbale  di
interrogatorio reso il 19 luglio  2022  da  R.  davanti  al  pubblico
ministero  e  la  consulenza  tecnica  medico-legale  a   firma   del
prof. ...  ), i fatti  possono  essere  ricostruiti  nei  termini  di
seguito specificati. 
    Il giorno ... , alle ore ... , carabinieri della Stazione  di ...
, dietro disposizione della Centrale operativa, si erano recati a ...
, in  ...  ,  dove  era  stato  segnalato  l'omicidio  di  A.  S.  In
particolare era stato l'odierno imputato a telefonare  al  112,  alle
ore ...  , riferendo di aver  ucciso  la  moglie  per  difendersi  in
quanto la stessa, dopo aver  arrecato  danni  all'abitazione  e  aver
preso un coltello, voleva accoltellarlo. 
    Giunti sul posto, i militari avevano trovato ... , fratello della
vittima, che gli aveva indicato l'abitazione della sorella. Al  primo
piano dell'appartamento era presente P. R., che, in evidente stato di
shock, aveva atteso il loro arrivo sulle scale e immediatamente aveva
ammesso di essere l'autore dell'omicidio, asserendo che era stato «un
raptus» al culmine di una lite familiare. Lo stesso R. aveva indicato
ai militari l'ingresso della stanza in cui si trovava il corpo  della
moglie che, infatti, era stata rinvenuta esanime, riversa a terra  in
una pozza di  sangue,  con  un  coltello  conficcato  nella  gola.  I
sanitari intervenuti avevano constatato il decesso della S. e  P.  R.
era stato tratto in arresto. 
    Come gia' osservato, dalla cnr e dalla relazione di  servizio  di
redatta dall'appuntato scelto ...  ,  di  turno  quale  addetto  alla
Centrale operativa che aveva ricevuto la telefonata di R.  il  giorno
dei fatti, risulta che la richiesta di  intervento  era  stata  fatta
dallo stesso R., che aveva immediatamente riferito di aver ucciso  la
moglie, precisandone le ragioni. 
    Nell'immediatezza era stata avviata l'attivita' investigativa per
comprendere l'accaduto e, pertanto, erano stati a sentiti a  sommarie
informazioni  il  fratello  della  vittima ...  ,  e  un  vicino   di
casa, ... .  ... sentito lo stesso  dai  carabinieri  della  Stazione
di ... , ha riferito che abitava al piano di sotto rispetto alla casa
di sua sorella e del marito, con i quali viveva anche la  figlia  ...
con i due figli minori. S. ha  raccontato  che  quel  giorno  si  era
recato a casa della sorella, che l'aveva pregato di  accompagnarla  a
casa del figlio ... , che abitava ad ... , ma lui, sapendo che fra  i
due vi erano stati dei dissapori, convinto che il nipote non  avrebbe
gradito la visita, si era rifiutato. Sua sorella, dopo alcuni  minuti
in cui sembrava si fosse calmata, aveva iniziato a inveire  nei  suoi
confronti e lui, allora, era andato via;  poco  dopo,  da  casa  sua,
aveva sentito forti rumori provenire dall'abitazione di sua  sorella,
come di suppellettili e piatti rotti, ed era uscito fuori per  capire
cosa stesse succedendo. In quel  momento  aveva  sentito  suonare  il
campanello e si era  presentata  a  casa  sua,  portando  con  se'  i
bambini, la nipote ... che, terrorizzata, gli aveva raccontato che la
madre, a casa, stava sfasciando tutto. Lui le aveva detto di chiamare
il 112, ma l'operatore le aveva consigliato di chiedere  l'intervento
del 118, dato che si trattava di  un  «disagio  psichico»;  anche  la
telefonata al 118 non aveva sortito l'effetto sperato,  in  quanto  a
tale utenza  avevano  risposto  alla ...  che  non  sarebbero  potuti
intervenire senza una chiamata del 113, motivo per il quale la stessa
aveva chiamato subito il  113,  ricevendo  rassicurazioni  in  ordine
all'invio  della  prima  pattuglia  disponibile.  Appena  chiusa   la
chiamata, pero', la ... aveva ricevuto la telefonata del padre con la
quale le aveva detto di aver «ammazzato la mamma», ...  , allora,  si
era recato a casa della sorella e R., dopo avergli aperto  la  porta,
gli aveva confermato di aver ucciso la moglie: «Dappu motta, mi fiada
lancendi de dottu. Ha pigau nu corteddu e  mi  boliada  boccidi,  deu
appu cicau de mi difensi e dappu motta» (trad:  «L'ho  ammazzata,  mi
stava lanciando di tutto. Ha preso un coltello e mi voleva  uccidere,
ho cercato di difendermi e l'ho uccisa»). 
      ... ha riferito che sua sorella  A.  soffriva  di  un  disturbo
bipolare e che da diversi anni era  diventata  aggressiva  anche  nei
confronti del marito, destinatario spesso di spintoni e insulti,  che
quest'ultimo sopportava. In tre o  quattro  occasioni,  la  S.  aveva
riferito al fratello  di  aver  denunciato  il  marito  per  presunte
percosse subite, ma  ... ha precisato di non averle creduto in quanto
era sempre lei ad aggredirlo, obbligandolo eventualmente a difendersi
dalle sue condotte violente; il  giorno  del  fatto,  inoltre,  aveva
manifestato una particolare aggressivita', anche nei suoi  confronti;
la situazione, ha aggiunto ...  , si era aggravata da  alcuni  giorni
perche'  la  sorella  aveva  cominciato  anche  ad  assumere  bevande
alcoliche. 
    ...  vicino di casa, ha  riferito  che  P.  R.  era  una  persona
equilibrata e gentile, mentre la S., a causa  della  patologia  della
quale era affetta da alcuni anni, aveva delle condotte altalenanti  e
diverse  volte  era  stata  anche  ricoverata  per  aver  tentato  il
suicidio. Ha dichiarato che gli  capitava  di  sentire  forti  litigi
della coppia e aveva notato strani comportamenti  della  donna,  come
quello di uscire scalza per strada. 
    Di particolare rilevanza per ricostruire la dinamica del fatto  e
i momenti precedenti, devono ritenersi le  dichiarazioni  rese  dalla
figlia della coppia che, sentita lo stesso ... dai carabinieri  della
Stazione di ... , ha cosi' raccontato: «mi sono  svegliata  verso  le
8,15 e sono andata in salone, mia madre era giu' sveglia e si trovava
li', mentre mio padre era in cucina. Io e mia madre  dovevamo  andare
dal dentista ma lei era particolarmente nervosa e agitata e mio padre
stava tentando di convincerla a venire con me. Purtroppo  lei  soffre
di problemi di salute mentale, e' depressa, bipolare e da un  mese  a
questa parte ha anche problemi di alcolismo,  e'  in  cura  da  circa
cinque anni presso il centro di salute mentale di .... Lei a tutti  i
costi voleva uscire da sola e diceva che con mio  padre  non  sarebbe
andata da nessuna parte, continuava affermando che sarebbe uscita  di
casa e sarebbe andata a fare colazione con un bell'amaro ...  e  poi,
in  pullman,  sarebbe  andata  da  sola  dal  dentista.  Mio   padre,
esasperato dalla situazione, le rispondeva di  fare  come  voleva  in
quanto era grande e vaccinata. A quel punto mia madre,  da  sola,  e'
uscita e tornata a casa un paio di volte e poi e' andata da sola  dal
dentista. Io mi sono preparata e verso le 11,00, con mio  padre  e  i
bambini, sono andata a fare  le  fototessere  per  il  rinnovo  della
patente, poi alla posta di  ... ed infine alla farmacia di  ...,  che
si trova dopo le poste. Ricordo che mentre  ci  trovavamo  fuori  dal
fotografo lei ci passava davanti e ci ignorava, non salutando. Io  ho
detto a mio padre di lasciarla perdere perche' tanto  lo  sapeva  che
quando era arrabbiata e non prendeva le medicine faceva cosi'  e  lui
ha deciso di seguirla solo con lo sguardo  per  vedere  dove  andava.
Alla fine noi non siamo piu' andati dal dentista perche' sapevamo che
in ambulatorio ci sarebbe stata anche lei e non volevamo che  facesse
scenate davanti a tutti.  Verso  le  12,20  tornavamo  a  casa  e  io
iniziavo a cucinare, nel frattempo mia madre tornava e  cominciava  a
sbraitare dicendo di aver raccontato al dentista, dott. ... che ha lo
studio in via ... , che il giorno prima mio padre l'aveva picchiata -
cosa non vera perche' io ero in casa e non e' successo questo - e che
l'avrebbe fatto arrestare. Poi continuava dicendo che tanto  comunque
non l'avrebbero arrestato perche' i carabinieri erano suoi amici. Noi
non rispondevamo perche' tanto sapevamo che quando faceva  cosi'  era
meglio stare zitti per non aumentare la tensione. Continuava  dicendo
che avrebbe preso le medicine e si sarebbe messa a dormire e difatti,
dopo aver preso le pastiglie, si coricava  sul  divano  che  c'e'  in
salone. Dopo circa una decina di minuti  si  alzava  e  cominciava  a
frugare nei mobili del salone in cerca di alcolici che pero'  insieme
a  mio  padre  avevamo  buttato  il  giorno  prima.  Lei  andava   in
escandescenza e si avvicinava a mio padre, che si trovava davanti  al
lavandino della cucina, pretendendo che le  desse  un  po'  di  soldi
perche' voleva andare al bar a bere. Mio padre le rispondeva che  non
le avrebbe dato niente e lei si arrabbiava e lanciava  una  sedia  in
terra. Preoccupata per la situazione e stanca del fatto che a  quelle
scene assistessero anche i bambini, dicevo a mia madre: "guarda,  per
l'amor di Dio te li do io 10,00 euro e vai dove vuoi, l'importante e'
che esci da questa casa che mi stai spaventando i bambini". Mia madre
prendeva i soldi ed usciva di casa.  Dopo  circa  cinque  minuti,  la
barista del bar "..." di  ...chiamava mio padre e  lo  informava  che
nel locale c'era la moglie che voleva roba da  bere  e  gli  chiedeva
cosa dovesse fare. Mio padre le rispondeva che non sapeva cosa fare e
di darle  quello  che  la  moglie  le  chiedeva,  poi  chiudevano  la
chiamata. Poco dopo mia madre tornava e si sdraiava nel  divano,  poi
si alzava nuovamente e scendeva al piano di sotto, dove abita zio ...
al quale chiedeva se la accompagnava da ...,  mio  fratello,  con  il
quale ha interrotto i rapporti da cinque anni, ma lui rispondeva  che
non l'avrebbe portata da nessuna parte. Mia madre saliva di nuovo  in
casa e diceva che a ... non avrebbe fatto piu' alcun favore, che  gli
aveva chiesto in ginocchio di accompagnarla dal  figlio  ma  lui  non
aveva voluto. Io e mio padre cercavamo di consolarla e lui le  diceva
che se avesse avuto pazienza l'avrebbe accompagnata da ...  verso  le
cinque. Mia madre  ci  ripensava  poiche'  temeva  che  mio  fratello
l'avrebbe sbattuta fuori di casa. Poi chiamava la sua  amica ...  che
abita a ... , e le chiedeva se l'avrebbe potuta  accompagnare  da ...
ma lei rispondeva che non avrebbe potuto in quanto  doveva  andare  a
lavorare. Le chiedevo per quale motivo avesse chiamato l'amica quando
papa' si era proposto di accompagnarla  e  lei  rispondeva,  in  tono
molto aggressivo: "Io con lui non vado da nessuna parte, se sto cosi'
e' colpa sua perche' e' un pezzo di merda. Come  a  te  che  sei  una
stronza e una ladra. Ora mi prendo altre medicine cosi'  salgo  e  mi
butto dal terrazzo". Dopo aver preso altre medicine si  sdraiava  sul
divano e si rilassava per qualche minuto,  nel  frattempo  mio  padre
andava a comprare le sigarette  perche'  io  non  volevo  lasciare  i
bambini in quella situazione. Mentre lui  era  fuori,  mia  madre  si
alzava dal divano e andava in terrazzo, ma io  non  la  seguivo.  Nel
frattempo tornava mio padre che mi chiedeva  dove  fosse  andata,  io
glielo dicevo e lui, sconsolato, si  sedeva  sulla  sua  sedia.  Dopo
qualche minuto lei tornava giu' e si sedeva  nuovamente  nel  divano,
poi si buttava per terra, tra il tavolino ed il  divano.  Mio  figlio
giocava alla  play  station,  davanti  alla  tv,  mentre  mia  figlia
guardava  il  tablet  seduta  al  tavolo  della  cucina  e  mangiando
patatine. La bambina mi chiedeva per  quale  motivo  la  nonna  fosse
coricata per terra e io, per sdrammatizzare,  le  rispondevo  che  la
nonna aveva caldo nel divano e da li' e' scoppiato tutto.  Mia  madre
si alzava improvvisamente  e  diceva:  "Io  oggi  sono  tremendamente
nervosa". Prendeva il tavolino e lo lanciava ai piedi di mio  figlio,
che  stava  davanti  alla  tv.  I  bambini  scoppiavano  a  piangere,
terrorizzati, e a quel punto li mandavano verso  le  scale  di  casa,
prendevo le scarpe del bambino e andavo via dicendole:  "Io  vado  al
parco, non posso stare qui con te cosi'"; lei  rispondeva  di  andare
via, che non mi voleva  in  questa  casa  e  che  se  era  in  quella
situazione era anche per colpa mia. Diceva  di  andarmene  e  di  non
tornare piu'. Prendevo i bambini e scendevo a  casa  di  zio ...,  il
quale mi apriva la porta. A  zio  raccontavo  che  mamma  era  uscita
nuovamente fuori di testa, quindi decidevo di chiamare prima il  113,
poi il 112 ed infine il 118. Nel frattempo sentivo che di sopra c'era
il finimondo, sentivo forti rumori di mobili rotti ma nessuna voce  o
urla. Chiamavo mio padre e gli dicevo che c'era  bisogno  del  numero
della psichiatra per farle il ricovero coatto e  lui  mi  mandava  il
contatto su WhatsApp. 
    Vedendo che non arrivava nessuno, mio zio decideva di chiamare le
forze dell'ordine e alla fine rispondevano  che  sarebbero  arrivati.
Pochi istanti dopo mio padre mi chiamava al cellulare e  diceva:  "Ho
fatto una cazzata, non salire, l'ho uccisa, stanno gia'  arrivando  i
carabinieri"; io mi mettevo a  piangere  ed  avvisavo  mio  zio.  Lui
saliva subito e lo sentivo gridare "No, no,  no!  Non  doveva  finire
cosi'", io gli chiedevo se fosse sicuro che era morta  e  dicevo  che
magari era solo ferita ma lui  rispondeva  che  c'era  troppo  sangue
perche' fosse solo ferita. Dicevo a mio zio che non  poteva  lasciare
solo papa', quindi lui saliva nuovamente su e gli diceva di  scendere
con lui ma papa' rispondeva di lasciarlo stare perche'  stavano  gia'
arrivando i carabinieri. Io decidevo di salire ma  mio  padre  diceva
che non dovevo entrare, che non dovevo vedere mamma cosi' e che tanto
stavano gia' arrivando i carabinieri. Decidevo di  tornare  giu'  per
stare con  i  bambini,  che  erano  terrorizzati,  mentre  mio  padre
rimaneva su ad aspettare i carabinieri. Mio zio aspettava  con  me  e
nel frattempo arrivavano anche altri vicini, poi poco dopo arrivavate
voi». 
    La ... ha riferito che la convivenza con la madre, che era sempre
stata di carattere difficile, era divenuta sempre piu' complicata,  a
partire dal ... , data in cui lei aveva tentato per la prima volta il
suicidio. In quell'occasione i sanitari le avevano  diagnosticato  un
disturbo depressivo bipolare, del tipo borderline. La S., pero',  non
voleva assumere la terapia farmacologica che le era stata prescritta,
aveva smesso di occuparsi della casa, di curare l'igiene personale ed
aveva mandato via di casa il marito, che si era trasferito  a  vivere
dalla figlia ... , accettando la presenza soltanto del  figlio ...  e
di sua moglie che avevano cercato di  accudirla,  sino  a  quando  se
l'era presa anche con loro  ed  era  rimasta  sola.  Nella  primavera
del ... la S. si era volontariamente fatta ricoverare in  psichiatria
e aveva cercato di riavvicinarsi alla famiglia, ma la situazione  era
rimasta molto complicata; a fronte di momenti di tranquillita', ve ne
erano molti altri in cui  la  S.  era  aggressiva.  Vi  erano  stati,
inoltre, numerosi interventi  delle  forze  dell'ordine  per  i  suoi
tentativi di suicidio, l'ultimo dei quali si era verificato il ... 
    La ...  ha raccontato che la  madre  era  spesso  aggressiva  nei
confronti del padre, sia fisicamente sia verbalmente, e ha  precisato
che le uniche volte in  cui  aveva  visto  il  padre  sbottare  erano
collegate al fatto  che  «lei  lo  faceva  veramente  impazzire».  La
situazione era ulteriormente peggiorata dal ... ,  in  quanto  la  S.
aveva cominciato a bere alcolici; da quel momento aveva  iniziato  ad
essere totalmente fuori controllo; beveva, vomitava,  faceva  i  suoi
bisogni per le scale e il padre la seguiva pulendo la' dove sporcava,
accudendola e seguendola nei bar in modo da evitare che  si  mettesse
nei guai, tanto che aveva dato alla titolare di un bar il suo  numero
di telefono chiedendole di avvisarlo se la S. si fosse presentata per
acquistare alcolici. La ... ha aggiunto che, dopo  essere  tornata  a
vivere con i suoi genitori, a  ... del  ..., aveva tentato di  tenere
i figli il  piu'  lontano  possibile  dalla  madre  per  evitare  che
subissero i suoi atteggiamenti aggressivi. 
    Sentiti a sommarie informazioni, rispettivamente dai  carabinieri
della Stazione di ... in data ... , e da quelli della Stazione di ...
, l'...   , ed ...  , figli dell'odierno imputato,  hanno  confermato
che la madre era affetta da disturbo bipolare, del  tipo  borderline,
patologia a causa della quale la stessa aveva piu' volte  tentato  il
suicidio, subendo altrettanti ricoveri ospedalieri presso il  reparto
di psichiatria. Tale disturbo le comportava frequenti sbalzi d'umore,
con repentini passaggi da uno stato di felicita' ad attacchi d'ira  e
rabbia,  duranti  i  quali  la  S.  aveva  atteggiamenti  aggressivi,
distruggendo gli oggetti di casa e scoppiando in  pianti  improvvisi.
Nonostante le difficolta'  affrontate,  hanno  precisato  entrambi  i
testimoni, non avevano mai visto il padre reagire in maniera violenta
nei confronti della  moglie,  che,  invece,  cercava  di  assecondare
prendendosene cura. Nell'ultimo periodo, la situazione era  diventata
insostenibile perche' le  condizioni  di  salute  della  madre  erano
peggiorate moltissimo e anche in quelle circostanze  il  padre  aveva
cercato in tutti i modi di restarle vicino, nonostante  lei  reagisse
sempre in  modo  violento  e  aggressivo.  Negli  ultimi  quattordici
giorni, poi, la madre non dormiva praticamente piu' e cosi'  pure  il
padre in quanto era molto preoccupato che lei potesse farsi del male. 
    Dello stesso tenore sono state le dichiarazioni rese da tutti gli
altri sommari informatori,  compresi  i  parenti  della  vittima.  La
sorella ...  ,  in  particolare,  ha  ribadito  che  A.,  affetta  da
disturbo bipolare, aveva  piu'  volte  tentato  il  suicidio,  subito
numerosi  ricoveri  presso  il  reparto   di   psichiatria   ed   era
costantemente assistita dal marito il  quale  «si  dedicava  molto  a
lei». Ha precisato, inoltre, che nell'ultimo  periodo  la  situazione
della sorella era diventata «ingestibile». 
    Nel  corso  del  suo  esame,  cosi'  come   gia'   in   sede   di
interrogatorio davanti al pubblico ministero, P. R. ha confermato  le
dichiarazioni rese da sua figlia ... e da suo cognato ...  in  ordine
alle condizioni di salute della  moglie  negli  ultimi  cinque  anni,
ribadendo come la stessa avesse comportamenti  molto  aggressivi  nei
suoi confronti. Durante le sue improvvise crisi di collera,  infatti,
gli  lanciava  oggetti  addosso  o,  comunque,   lo   aggrediva   sia
verbalmente sia fisicamente, giungendo in alcune occasioni a mandarlo
via di casa e a tentare  piu'  volte  il  suicidio,  cosi'  come  era
avvenuto anche il  .... Ripercorrendo la giornata del ... ,  oltre  a
ribadire quanto dichiarato dalla figlia, che, spaventata, era  dovuta
scappare di casa, per evitare che i suoi figli subissero  la  collera
della S., quel  giorno  particolarmente  nervosa  e  agitata,  R.  ha
raccontato quello che era successo nei pochi minuti in  cui  lui  era
rimasto solo con la moglie, dal momento  in  cui  la  figlia  si  era
allontanata per andare a trovare riparo a casa dello zio ... e quello
in cui si era verificato il fatto. Sul punto R. ha cosi'  dichiarato:
«Con riferimento ai fatti accaduti il ... voglio premettere  che  sia
lei che mia figlia avevano un appuntamento  con  il  dentista  ma  la
figlia l'ha disdetto non volendo avere problemi con  la  madre ...  ,
uscendo di casa, al mattino, circa le 8,30, ha salutato  i  nipoti  e
mia figlia ...  mi ha  riferito  che ...   avrebbe  detto:  "Salutate
nonna, oggi muore". Rientrata a casa  ha  manifestato  ostilita'  nei
miei confronti, dicendo che aveva riferito  al  dentista  che  io  la
picchiavo. Io non ho reagito e lei ad un tratto si  e'  sdraiata  sul
divano del salotto. In quel momento eravamo tutti in salotto, io, mia
moglie, mia figlia e i  suoi  figli.  Improvvisamente  si  e'  alzata
urlando che era nervosa e voleva sfasciare tutto quindi  ha  lanciato
un tavolino di vetro sul nipote ... e mia  figlia  a  quel  punto  ha
preso i bimbi, rispettivamente di dieci e sette anni, ed e'  scappata
via, mentre mia moglie urlava contro di lei dicendole di  andare  via
di casa. Io ho mantenuto la calma, aspettavo che  si  rilassasse,  ho
cercato di risistemare il tavolino. Lei accortasi di  questo  inveiva
nei miei confronti dicendomi: "Lascia  stare,  oggi  voglio  spaccare
tutto", io sono tornato a sedermi al tavolo e  lei  ha  continuato  a
scagliare la base del tavolino contro  la  porta  e  gli  arredi  del
salotto, si e' poi sdraiata nel divano  per  poi  mettersi  in  piedi
sullo stesso ordinandomi di mettere  tutta  la  roba  di  mia  figlia
dentro delle buste e portarla  via.  Io  le  ho  detto  che  non  ero
d'accordo, allora e' andata in escandescenza si e'  avvicinata  verso
il tavolo dove ero seduto io e inizialmente mi ha lanciato un  piatto
che io, stando seduto, sono riuscito a parare  con  le  braccia,  poi
girandosi verso il cassetto dove sono  contenute  le  posate,  mi  ha
detto: "Se non vai via ti ammazzo". Non ricordo  se  mia  moglie  sia
riuscita ad aprire il cassetto, ritengo di si visto quello che e' poi
successo. In quel momento io mi sono alzato dalla sedia e con l'unica
intenzione di evitare il peggio  per  me  e  per  lei  l'ho  bloccata
cingendola da dietro con le braccia ma lei cercava  di  divincolarsi.
Purtroppo non ho altri ricordi di quanto accaduto, ricordo solo lei a
terra con il coltello nella gola». 
    R. ha riferito che la S., dopo che la figlia si  era  allontanata
precipitosamente coi bambini di casa, vedendo che lui stava  cercando
di rimontare il tavolino, glielo aveva preso dalle mani  e  lo  aveva
tirato contro di lui, colpendolo alla gamba,  per  poi  continuare  a
lanciare gli oggetti di casa. Nel frattempo,  R.  aveva  ricevuto  un
messaggio telefonico dalla figlia con il quale lei gli aveva  chiesto
il numero di cellulare della psichiatra che aveva in  cura  la  madre
per contattarla. La S., vedendo che il marito  stava  scrivendo  alla
figlia, gli aveva detto di mettere dentro delle buste le cose  di ...
e dei figli perche' non li voleva piu' ospitare a casa sua  e  tra  i
due era sorta una discussione in quanto lui aveva  cercato  di  farle
cambiare idea; la S., allora, si era scagliata contro di  lui  e  gli
aveva  tirato  un  piatto,  dicendogli  di  andare  via  anche   lui,
altrimenti lo avrebbe ammazzato. A quel punto, si era  avvicinata  al
cassetto delle posate, che (forse, secondo i ricordi non  precisi  di
R. sul punto) aveva aperto, e il marito si era alzato per tentare  di
fermarla. Da quel  momento  in  poi,  ha  precisato  l'imputato,  non
ricordava piu' cosa fosse successo, sino  al  momento  in  cui  aveva
visto la moglie per terra, riversa in una pozza di sangue.  Certo  e'
che R. aveva percepito una situazione di pericolo, cosi' come da  lui
stesso  riferito  nell'immediatezza  sia  alla  figlia  che  all'app.
sc. ... , addetto di turno alla Centrale operativa che aveva ricevuto
la telefonata di R. il giorno dei fatti. 
    Gli  accertamenti  medico-legali   eseguiti   sul   posto   hanno
confermato che la morte della S. e' stata causata dalle ferite e,  in
particolare,  dalle  lesioni  vascolari  al  collo  e  polmonari  che
avevano, queste ultime,  cagionato  un  ulteriore  sanguinamento  con
produzione di emitorace. A seguito dell'esame  necroscopico  eseguito
sul  cadavere  della  S.,  il  consulente  incaricato  dal   pubblico
ministero  ha   individuato   sei   ferite   da   punta   a   taglio,
un'escoriazione a livello della  regione  mentoniera  e  alcune  piu'
superficiali a livello della  mano  destra,  nonche'  un'ecchimosi  a
livello del braccio  destro,  queste  ultime  compatibili  anche  con
l'impatto del corpo contro ostacoli fissi presenti  nell'ambiente  in
cui si e' verificato il fatto. 
    Tanto premesso, all'esito del giudizio e' emerso  che  P.  R.  ha
certamente cagionato la morte della moglie A. S.,  con  le  modalita'
indicate nel capo d'imputazione. 
    Venendo al trattamento sanzionatorio, nel  caso  che  ci  occupa,
sussistono  senz'altro  i  presupposti  per  riconoscere  a   R.   le
circostanze attenuanti generiche, le quali costituiscono strumento di
commisurazione  della  pena   che,   a   seguito   di   giudizio   di
bilanciamento, impediscano l'irrogazione della pena dell'ergastolo. 
    Devono avere il giusto peso, nel giudizio dosimetrico della pena,
infatti, i seguenti fattori: 
        le  difficili  condizioni  di  vita  del   R.,   cosi'   come
rappresentate da tutti i testimoni sentiti nel corso delle indagini; 
        la    confessione     resa     dall'imputato,     intervenuta
nell'immediatezza dei fatti e  successivamente  sempre  ribadita  nei
medesimi termini; 
        il buon  comportamento  processuale  da  lui  tenuto  che  ha
consentito di giungere ad una rapida definizione del giudizio; 
        le  risultanze  del  casellario   giudiziale   dell'imputato,
essendo quest'ultimo incensurato. 
    Nel bilanciamento di  cui  all'art.  69  c.p.,  la  finalita'  di
adeguare la pena al caso concreto deve essere raggiunta  mediante  un
giudizio di equivalenza tra le attenuanti  generiche  e  l'aggravante
del rapporto di coniugio con la vittima. 
    Nel caso in esame, inoltre, il reato e' certamente attenuato  per
aver R. reagito  in  stato  d'ira,  determinato  dal  fatto  ingiusto
riconducibile alla moglie A.  S.,  autrice,  secondo  le  convergenti
dichiarazioni  testimoniali  sopra  sintetizzate,  di  una  serie  di
atteggiamenti provocatori, caratterizzati da  aggressioni  verbali  e
anche fisiche nei confronti delle persone  con  lei  conviventi,  del
marito in primo luogo, ma anche della comune figlia ...  e  dei  suoi
bambini, entrambi in tenera eta' (dieci e sette anni). 
    Si tratta di una lunga scia di condotte che aveva  innescato  nel
R. una tangibile esasperazione, anche per la difficolta'  di  gestire
una situazione da tutti  definita  insostenibile,  tanto  che  alcuni
familiari hanno dichiarato di essersi  tenuti  alla  larga  dalla  S.
proprio per evitare di assistere o subire le condotte  aggressive  da
lei tenute, e che era andata peggiorando  negli  anni,  sfociando  in
numerosi tentativi di suicidio della donna, l'ultimo dei quali  posto
in essere poco tempo prima del fatto. La situazione, inoltre, si  era
ulteriormente aggravata a  seguito  dell'assunzione  di  alcolici  da
parte della S. e delle gravi  difficolta'  di  dormire  dalla  stessa
affrontate  nelle  ultime  due  settimane,  difficolta'  che  avevano
determinato la privazione del sonno anche per  R.,  le  cui  energie,
come riferito dai  testimoni,  erano  tutte  rivolte  all'accudimento
della moglie. 
    L'apice era stato raggiunto proprio il  ... , giornata in cui  la
S. si era mostrata sin dal primo mattino  particolarmente  nervosa  e
irrequieta («oggi voglio spaccare tutto»), tenendo  un  atteggiamento
ostile non soltanto nei confronti del marito, che aveva ingiuriato  e
minacciato di morte, cercando di mandarlo  via  di  casa  ancora  una
volta, ma anche  del  fratello ...  ,  della  figlia ...  e  dei  due
nipotini, tanto da indurre la figlia a trovare riparo  a  casa  dello
zio, portando con se' i figli, e a chiedere l'intervento delle  forze
dell'ordine e del centro di salute mentale presso il quale  la  madre
era in cura. 
    Ebbene, considerata la condotta tenuta dalla S. negli ultimi anni
e,  in  particolare,  il  ...,  cosi'  come  sopra  descritta,   deve
riconoscersi in favore di P. R.  la  circostanza  attenuante  di  cui
all'art. 62, n. 2 c.p. 
    Com'e' noto, ai fini della configurabilita' dell'attenuante della
provocazione occorrono congiuntamente tre condizioni: 
        a) lo stato d'ira, costituito da un'alterazione  emotiva  che
puo'  anche  protrarsi  nel  tempo  e  non  essere  in  rapporto   di
immediatezza con il fatto ingiusto altrui; 
        b) il fatto ingiusto altrui, che deve  essere  connotato  dal
carattere  della  ingiustizia  obiettiva,   intesa   come   effettiva
contrarieta' a regole giuridiche, morali  e  sociali,  reputate  tali
nell'ambito di una  determinata  collettivita'  in  un  dato  momento
storico e non con riferimento alle convinzioni dell'imputato  e  alla
sua sensibilita' personale (Cassazione, Sezione 5, sentenza n.  55741
del 25 settembre 2017); 
        c) un rapporto  di  causalita'  psicologica  e  non  di  mera
occasionalita' tra l'offesa e la  reazione,  indipendentemente  dalla
proporzionalita' tra esse, sempre che sia riscontrabile  una  qualche
adeguatezza tra l'una e  l'altra  condotta  (Cassazione,  Sezione  1,
sentenza n. 52766 del 13 giugno 2017). 
    Ebbene, per quanto attiene al requisito di cui alla  lettera  a),
per configurare lo «stato di ira» e' necessario  che  l'agente  abbia
perduto il controllo di se'  stesso  per  mancato  funzionamento  dei
freni inibitori e dunque questo elemento di  natura  soggettiva  deve
concretizzarsi in un impulso emotivo incontenibile  che  comporta  la
perdita, da parte dell'agente, del controllo  delle  proprie  azioni,
determinato dal fatto ingiusto altrui, e  puo'  consistere  anche  in
un'alterazione emotiva che si protrae nel tempo. 
    Per quanto invece concerne il requisito di cui alla  lettera  b),
per  «fatto  ingiusto  altrui»,  deve  intendersi  cio'  che  riveste
carattere   di   ingiustizia   obiettiva,   intesa   come   effettiva
contrarieta' a regole giuridiche, morali  e  sociali,  reputate  tali
nell'ambito di una  determinata  collettivita'  in  un  dato  momento
storico e non valutate con riferimento alle convinzioni dell'imputato
e alla sua sensibilita' personale, non  corrispondenti  a  canoni  di
civile convivenza, e tenuto conto che e' comunque richiesto che  tale
fatto ingiusto  debba  essersi  effettivamente  verificato,  a  nulla
rilevando l'erroneo convincimento dell'imputato. 
    In ordine al requisito indicato alla lettera c), inoltre, occorre
osservare come pur non essendo richiesta la proporzione fra  l'offesa
e la reazione, sia comunque necessario che la reazione sia in qualche
modo adeguata all'offesa, onde lasciar desumere l'esistenza del nesso
di causalita' tra le condotta ed il fatto ingiusto altrui  e  non  di
mera occasionalita'. Per verificare se tale  adeguatezza  sussista  o
meno, non si puo' limitare l'esame alla condotta ultima della persona
oggetto  dell'azione  delittuosa,  ma  si  deve   considerare   tutta
l'eventuale serie di atti contrari a  norme  giuridiche  o  a  regole
primarie di convivenza che si siano succeduti nel tempo  al  fine  di
accertare  se  questi  siano  stati  idonei,  sul  piano  causale,  a
potenziare «per accumulo» la carica afflittiva  di  ingiusta  lesione
dei diritti dell'offeso e tali da  assumere  rilevanza  nel  rapporto
causale offesa-reazione. 
    Dalla ricostruzione del fatto come sopra riportata,  emerge  come
nel caso di specie  debba  essere  ritenuta  la  sussistenza  di  una
provocazione «per accumulo», essendo  la  reazione  iraconda  del  R.
esplosa a distanza di tempo, in occasione di un episodio  scatenante,
quale  conseguenza  di  un  progressivo  rancore  determinato   dalla
reiterazione di comportamenti ingiusti. 
    Dal racconto fatto da  ... e da  ... , oltre  alle  dichiarazioni
rese dallo stesso imputato, in ordine al comportamento  tenuto  dalla
S. il giorno ... , e' emerso che quel giorno, dopo  aver  tentato  il
suicidio il ...  , trascorse due settimane di  quasi  privazione  del
sonno, associata all'abuso di sostanze alcoliche, la S. si era venuta
a trovare in uno stato di particolare agitazione che l'aveva  indotta
a perdere totalmente il controllo, indirizzando la sua  aggressivita'
non piu' solo contro il marito,  ma  anche  contro  il  nipote ...  ,
giungendo a decidere di non accogliere piu' in casa  la  figlia  e  i
nipoti e a minacciare anche il marito affinche' anche lui,  come  era
gia' successo in passato, andasse via. Quel giorno, pero',  R.,  come
ha spiegato nel corso del suo esame, aveva deciso  di  non  lasciarla
sola  in  quello  stato  perche'  temeva  che,   cosi'   come   aveva
preannunciato ai  nipotini  quella  mattina  («Salutate  nonna,  oggi
muore»), potesse mettere in atto un nuovo tentativo di suicidio. 
    La situazione familiare, cosi' come  sopra  descritta,  anche  in
considerazione dei fatti verificatisi il ... , consente  di  ritenere
provate le condizioni per il riconoscimento  della  provocazione  per
accumulo,  ovvero  «l'esistenza  di   un   fattore   scatenante   che
giustifichi l'esplosione, in relazione ed in occasione di  un  ultimo
episodio,  pur  apparentemente  minore,  della  carica  di  dolore  o
sofferenza che si affermi sedimentata nel tempo» (Cassazione, Sezione
1, sentenza n. 28292 del 9 maggio 2017). 
    Al  riconoscimento  dell'attenuante  in  questione,  non  e'   di
ostacolo che il fatto ingiusto sia riconducibile alla condotta tenuta
da  una  persona  incapace.   Come   piu'   volte   affermato   dalla
giurisprudenza    di    legittimita',    infatti,    il     requisito
dell'ingiustizia ben puo' sussistere quando l'atto  provocatorio  sia
posto in essere da un soggetto infermo di mente,  rilevando  come  il
comportamento ingiusto debba, piuttosto, essere valutato per  la  sua
contrarieta' ai  canoni  etici  e  sociali,  senza  che  rilevino  le
condizioni psicologiche del suo autore, poiche' anche  le  vessazioni
di un soggetto insano di mente sono in grado  di  produrre  un  grave
turbamento nell'animo  di  chi  le  subisce,  idoneo  a  giustificare
l'applicazione dell'attenuante della provocazione di cui all'art. 62,
n. 2 c.p.), (Cassazione, Sezione 1, sentenza n. 14270 del  16  aprile
2012;  si  trattava,  anche  nel  caso  giudicato  dalla   Corte   di
cassazione,  di  una  reazione  dell'agente   rispetto   a   condotte
provocatorie della convivente affetta da un disturbo psichiatrico). 
    In sintesi, l'ingiustizia del fatto  deve  essere  valutata  alla
luce  di  parametri  oggettivi,  a  nulla  rilevando  le   condizioni
psicologiche di colui che provoca o  vessa,  poiche'  cio'  che  deve
essere considerato e' l'attitudine del comportamento a  provocare  lo
stato d'ira. Nel caso in oggetto, a stimolare l'azione delittuosa  e'
stata certamente la  condotta  di  A.  S.,  affetta  da  un  disturbo
bipolare del tipo borderline, resasi autrice  di  condotte  idonee  a
provocare l'accumulo di una carica di esasperazione che,  esplosa  in
occasione di un fattore scatenante, individuabile nella sua  condotta
del ... , configura la ragione giustificatrice del riconoscimento  di
una minore gravita' del fatto. La  particolarita'  della  fattispecie
risiede nella circostanza che il fatto scatenante l'ira  del  R.,  da
tutti  i  testimoni,  compresi  i  parenti  stretti  della   vittima,
descritto come una persona mite, devota alla moglie e alla  cui  cura
aveva interamente dedicato gli ultimi  anni  della  sua  vita,  trova
origine proprio nella malattia della persona offesa. 
    Riconosciuta per le ragioni sopra esposte, oltre alle  attenuanti
generiche,  la  circostanza  attenuante   della   provocazione,   nel
bilanciamento di cui all'art. 69 c.p., la finalita'  di  adeguare  la
pena al caso concreto dovrebbe, nel caso in esame,  essere  raggiunta
mediante un giudizio di prevalenza di tale attenuante sull'aggravante
del  rapporto  di  coniugio,  considerato  il  contesto  di   estrema
sofferenza in cui  l'imputato,  che  nonostante  tutto  aveva  sempre
cercato di  prendersi  cura  della  moglie,  ha  tenuto  la  condotta
delittuosa a lui ascritta. Come osservato in  apertura,  pero',  tale
giudizio di prevalenza e' allo stato precluso dalla previsione di cui
dell'art.  577,  comma  3  c.p.,   norma   della   cui   legittimita'
costituzionale, per le ragioni  che  si  esporranno  di  seguito,  si
dubita. 
    Valutati gli elementi di cui all'art. 133 c.p., e in  particolare
le  modalita'  dell'azione,  l'intensita'  elevata   del   dolo,   le
condizioni di vita  dell'imputato  e  il  comportamento  processuale,
positivamente valutabile, si deve ritenere adeguata, infatti, la pena
di ...  di  reclusione,  pena  sensibilmente   inferiore   a   quella
irrogabile in presenza della preclusione introdotta con la  legge  n.
60 del 19 luglio  2019,  che  non  consente  di  applicare  una  pena
inferiore ai ventuno anni di reclusione,  riconoscendo  l'equivalenza
delle attenuanti all'aggravante oggettiva del rapporto di coniugio. 
Non manifesta infondatezza della questione 
    Con la legge 19 luglio 2019, n. 69 (recante «Modifiche al  codice
penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia
di  tutela  delle  vittime  di  violenza  domestica  e  di   genere»)
denominata «Codice Rosso» sono state apportate nel nostro ordinamento
incisive disposizioni  di  diritto  penale  sostanziale,  cosi'  come
ulteriori di natura processuale. 
    Tra quelle sostanziali, va annoverata la  norma  che,  attraverso
una tecnica legislativa che nel tempo ha  avuto  sempre  piu'  estesa
applicazione, preclude un giudizio di  prevalenza  delle  circostanze
attenuanti (diverse da  quelle,  nominativamente  indicate,  previste
dagli articoli 62 n. 1, 89,  98  e  114  c.p.),  qualora  si  sia  in
presenza delle ipotesi aggravanti  dell'omicidio  indicate  dall'art.
577, comma 1, n. 1 c.p.) e, in particolare, per quanto qui interessa,
del rapporto di coniugio tra l'autore del delitto e la vittima. 
    Una volta  puntualizzato  come,  nel  caso  di  specie,  l'azione
omicidiaria risulti certamente attenuata dalla  provocazione  e  come
questa circostanza attenuante, in assenza della limitazione normativa
al giudizio di bilanciamento,  dovrebbe  essere  valutala  prevalente
rispetto all'aggravante del rapporto di coniugio,  l'irragionevolezza
della preclusione, e la  correlata  violazione  dei  principi  tratti
dagli articoli 3 e 27 della Costituzione,  si  trae  anzi  tutto  dal
panorama socio-culturale  nel  cui  ambito  e'  stata  introdotta  la
disposizione e quindi dalla sua ratio. 
    L'inasprimento  della  sanzione   e'   certamente   dovuto   alla
necessita' di offrire una risposta severa dell'ordinamento rispetto a
quei fenomeni criminali caratterizzati dal collegamento tra  l'azione
omicidiaria e un rapporto di prevaricazione e di  forza  fondato  sul
genere, normalmente rinvenibile nell'uccisione della donna  da  parte
del suo compagno. 
    Il femminicidio e' stato  definito,  nell'ambito  della  delibera
istitutiva della Commissione  d'inchiesta  specificamente  costituita
(1) per svolgere indagini con  riguardo  alle  reali  dimensioni  del
fenomeno, come la «uccisione di una donna, basata sul genere». 
    Tutta  la  legislazione  in  materia  e'  finalizzata  a  rendere
effettiva la prevenzione e la protezione nell'ambito  della  violenza
contro  le  donne,  nel  perimetro  tracciato  dalla  Convenzione  di
Istanbul, nel preambolo della quale si legge che  tale  violenza  «e'
una manifestazione dei rapporti di forza storicamente diseguali tra i
sessi,  che  hanno  portato  alla  dominazione  sulle  donne  e  alla
discriminazione nei loro confronti da parte degli uomini  e  impedito
la loro piena emancipazione». Tale fenomeno ha  portata  strutturale,
in quanto e' basato sul genere: «la violenza contro le donne  e'  uno
dei meccanismi strutturali sociali cruciali per mezzo  dei  quali  le
donne sono costrette  in  una  posizione  subordinata  rispetto  agli
uomini» (2) . 
    Il femminicidio costituisce  l'espressione  della  violenza  piu'
grave nel mondo, rappresentando - per le donne da 16 a 44 anni  -  la
principale causa di morte. Come giustamente rilevato nella  relazione
della  Commissione  d'inchiesta,  sarebbe   improprio   definire   il
femminicidio  un'emergenza  sociale,  essendo  una  vera  e   propria
condizione strutturale. 
    Nondimeno, e' fondamentale distinguere tra uccisioni di  donne  e
femminicidi: non ogni omicidio di donna rientra in tale  particolare,
seppur ricorrente, fattispecie. 
    I «motivi di genere»  sono  determinanti  nell'inquadramento  del
femminicidio (3) . 
    Inoltre, la Commissione di inchiesta ha  rilevato  come  tutti  i
femminicidi esaminati nell'ambito delle indagini si connotano per due
requisiti costitutivi: 
        il «criminale di  genere»  forma  la  sua  identita'  su  una
relazione di dominio e controllo assoluto su una donna, unico tipo di
rapporto che conosce, e la violenza nei confronti di questa gli serve
e riaffermare e confermare il suo potere; 
        la donna che decide di interrompere  quella  relazione  viene
uccisa perche', in molti casi, sottraendosi ai doveri di  ruolo,  non
solo viola una regola sociale e culturale, ma rende l'uomo che glielo
ha permesso un «perdente» agli occhi della collettivita'. 
    Al fine di contrastare il fenomeno, nel  2019  e'  per  l'appunto
entrato in vigore il c.d. Codice Rosso. 
    Nella relazione di accompagnamento al disegno di legge si  ricava
che gli interventi  sono  stati  finalizzati  a  integrare  le  norme
dirette a  prevenire  e  reprimere  la  violenza  di  genere,  «nella
considerazione  della  particolare  vulnerabilita'   delle   vittime,
nonche' degli specifici rischi di reiterazione e multilesivita'». 
    Le  nuove  disposizioni  non  solo   trovano   fondamento   nella
Convenzione di Istanbul dell'11 maggio 2011, ma costituiscono inoltre
uno strumento di ulteriore attuazione della direttiva 2012/29/UE, che
ha offerto - tra le altre cose - un'ulteriore definizione di violenza
di genere: «Per violenza di  genere  s'intende  la  violenza  diretta
contro una persona a causa del suo  genere  [...]  e'  una  forma  di
discriminazione e una violazione delle  liberta'  fondamentali  della
vittima». 
    Orbene, e' di tutta evidenza che la legge 19 luglio 2019, n.  69,
sia stata concepita dal legislatore in un contesto  che,  se  da  una
parte non puo' essere definito «emergenziale», in ragione  della  sua
portata strutturale, e'  stato  di  certo  idoneo  a  determinare  un
allarme   sociale   di   notevoli   proporzioni,   anche   a    causa
dell'inadeguatezza  delle  misure  di  prevenzione  e  di  assistenza
sociale. 
    Le misure di prevenzione alla  violenza  di  genere  hanno  cosi'
subito un  inasprimento  della  risposta  sanzionatoria,  secondo  un
processo di modifica normativa piu'  volte  registrato  nella  storia
dell'attivita' parlamentare e che ha riguardato diverse materie,  tra
le quali va ricordata, per le ripercussioni  a  suo  tempo  avute  in
punto  di  legittimita'  costituzionale  della  novella,  quella  del
sequestro di persona a scopo di estorsione (4) . 
    Ebbene, e' necessario dunque chiedersi se l'art. 577, n. 3)  c.p.
non sia stato frutto di una  risposta  sanzionatoria  che,  come  era
avvenuto per l'art. 630 c.p.,  rischia  di  coinvolgere  fenomeni  di
portata assai diversa,  tanto  piu'  che  la  norma  sul  divieto  di
prevalenza delle attenuanti  abbraccia  rapporti  estranei  a  quello
coniugale oggetto del processo, quali l'ascendenza,  la  discendenza,
l'adozione, l'unione civile, la stabile convivenza e  addirittura  la
relazione affettiva, nell'ambito dei quali  la  condotta  omicidiaria
dell'agente  e  la  sua  riprolevolezza  possono  rispondere  a   una
pluralita' di variabili: difatti, posto  che  nel  caso  di  omicidio
volontario non e' possibile  distinguere  le  situazioni  concrete  a
seconda  del  tasso  di  disvalore  dell'evento,  dato  che  il  bene
giuridico  leso  e'  sempre  la  vita  della  vittima,  e'   comunque
indispensabile vagliare gli episodi - e, di conseguenza, la  risposta
punitiva - dal punto di vista criminologico dell'agente. 
    Poiche' i rapporti  contemplati  nell'aggravante  in  esame  sono
oggettivamente incontestabili e non possono formare oggetto di alcuna
valutazione (fatta eccezione per il concetto di stabile convivenza  e
per quello di  relazione  affettiva)  da  parte  dell'interprete,  e'
necessario accertare se, nel  caso  concreto,  l'omicidio  sia  stato
«manifestazione dei rapporti di forza» diseguali tra  uomo  e  donna,
per restare al nostro caso, oppure dei rapporti comunque asimmetrici,
nella realta'  o  potenzialmente,  che  contraddistinguono  le  altre
ipotesi contemplate dell'art. 577, comma 1, n. 1) c.p. 
    Ebbene, in questo contesto, l'attenuante della provocazione,  che
dev'essere riconosciuta nell'azione delittuosa compiuta da  R.,  puo'
presentarsi in generale -  e  si  presenta  nella  specie  -  slegata
rispetto a quello squilibrio dei rapporti  interpersonali  che,  come
visto, il legislatore del «Codice Rosso» ha inteso tutelare,  con  il
divieto  di  prevalenza,  con  riferimento  sia  ai   soggetti   piu'
vulnerabili nell'ambito del rapporto  coniugale,  sia  a  quelli  che
presentano  una  minorata  difesa  nei  diversi   rapporti   indicati
dall'art. 577, comma 1, n. 1) c.p. 
    A ben vedere, nel caso  di  specie  si  affronta  una  situazione
diametralmente opposta rispetto a  quella  a  cui  aveva  pensato  il
legislatore con la norma, della cui  legittimita'  costituzionale  si
dubita, che limita il pieno bilanciamento ai sensi dell'art. 69 c.p.:
difatti, il soggetto che ha commesso  l'omicidio  nello  stato  d'ira
determinato dal fatto ingiusto della vittima era  anche  quello  che,
nel corso della  convivenza  coniugale,  per  concordanti  risultanze
testimoniali, aveva subito in plurime occasioni le aggressioni e  gli
scatti collerici  del  coniuge  e,  nonostante  cio',  non  lo  aveva
abbandonato, ma  protetto  sotto  ogni  aspetto,  persino  da  azioni
autolesionistiche, come avvenuto per l'ennesima volta anche il giorno
del fatto, quando R. si  era  trattenuto  nell'abitazione  familiare,
dopo l'allontanamento  della  figlia ...  e  dei  suoi  bambini,  per
impedire che la moglie potesse mettere in atto condotte nocive per la
propria salute. 
    Il caso scrutinato non ha quindi nulla a che fare con una vicenda
di sopraffazione di  genere,  ma  costituisce  invece  il  drammatico
sbocco di una storia familiare afflitta da una carica di sofferenza e
frustrazione, ben descritta dai testimoni escussi e dallo stesso R. 
    Illustrati   questi   argomenti,    escludere    la    prevalenza
dell'attenuante  della  provocazione,  con   il   correlato   profilo
soggettivo, sull'aggravante del fatto omicidiario commesso contro  il
coniuge e quindi, con un giudizio di circostanze eterogenee  al  piu'
di equivalenza, confinare la modulazione  della  pena  nella  forbice
edittale compresa tra 21 e 24 anni di  reclusione  costituiscono  dei
passaggi di dosimetria del trattamento sanzionatorio in linea con una
norma, l'art. 577, comma 3 c.p., che ad avviso della Corte di  assise
presenta profili di illegittimita'  costituzionale  in  relazione  al
principio di uguaglianza e alla funzione  di  proporzionalita'  e  di
rieducazione della pena. 
    In primo luogo, con riferimento all'art. 3 della Costituzione, il
negare, rispetto all'aggravante in  questione,  la  prevalenza  della
provocazione, la cui conformazione giuridica  (5) appare ben distante
rispetto allo spirito e  agli  obbiettivi  della  novella  del  2019,
presenta   elementi   di   ingiustificabile    disarmonia    rispetto
all'attenuante dell'aver il colpevole agito per motivi di particolare
valore morale o  sociale  (art.  61,  comma  1,  n.  1)  c.p.),  che,
oggettivamente  estranea  anch'essa  alla   ratio   dell'inasprimento
introdotto  dal  «Codice  Rosso»,  puo'  invece  essere   considerata
prevalente rispetto alle ipotesi  di  aggravante  indicate  dall'art.
577, comma 1, n. 1) c.p. 
    Ed  e'  altresi'  evidente  la  violazione  dell'art.  27   della
Costituzione, in quanto anche una pena compresa tra 21 e 24  anni  di
reclusione puo' presentarsi, rispetto  alla  complessiva  valutazione
del fatto, assolutamente sproporzionata, come certamente e' nel  caso
di specie, impedendo in tal  modo  al  trattamento  sanzionatorio  di
esplicare la propria funzione rieducativa. 
    La Corte costituzionale ha  dichiarato  l'incostituzionalita'  di
una serie di norme che derogano al normale giudizio di  bilanciamento
previsto dall'art.  69  c.p.,  in  relazione  a  plurimi  divieti  di
prevalenza di circostanze attenuanti,  anche  a  effetto  comune,  su
concorrenti aggravanti (Corte costituzionale, 15  novembre  2012,  n.
251; 18 aprile 2014, n. 105; 18 aprile 2014, n. 106; 7  aprile  2016,
n. 74; 17 luglio 2017, n. 205; 24 aprile 2020, n. 73; 31 marzo  2021,
n. 55). 
    Se e' vero che  quella  della  provocazione  e'  una  circostanza
attenuante a effetto comune, la sua  incidenza  sulla  determinazione
della pena da irrogare in concreto e', in ogni caso,  particolarmente
significativa, proprio in quanto opera su una  sanzione  astratta  di
estrema  severita',  qual  e'   quella   comminata   per   l'omicidio
volontario. 
    Si legge, nelle decisioni della Consulta,  che  il  principio  di
proporzionalita' della pena rispetto alla gravita' del reato esige in
via generale che la pena sia  adeguatamente  calibrata  non  solo  al
concreto contenuto  di  offensivita'  del  fatto  di  reato  per  gli
interessi protetti, ma anche al  disvalore  soggettivo  espresso  dal
fatto medesimo (sentenza n. 222 del 2018). E, inoltre, che il quantum
di disvalore soggettivo dipende in maniera determinante non solo  dal
contenuto   della   volonta'   criminosa   (dolosa   o   colposa)   e
dall'intensita' del dolo o dal grado  della  colpa,  ma  anche  dalla
eventuale  presenza  di  fattori  che  hanno  influito  sul  processo
motivazionale dell'autore,  rendendolo  piu'  o  meno  rimproverabile
(sentenza n. 73 del 2020). 
    In conclusione, l'art. 577, comma 3 c.p. appare in contrasto  con
il principio di uguaglianza  e  di  proporzionalita'  della  sanzione
penale e, sotto quest'ultimo aspetto, la pena  che,  influenzata  dal
divieto di prevalenza della provocazione, andrebbe irrogata a  P.  R.
non assolverebbe ne' a una funzione rieducativa del colpevole, ne'  a
quella special-preventiva, dal  momento  che  gli  conferirebbe,  per
effetto  del  rapporto  di   coniugo,   una   pericolosita'   sociale
sproporzionata  rispetto  all'effettiva   dinamica   della   condotta
omicidiaria  e  dello  stato  di  indicibile  sofferenza  in  cui  e'
maturata. 

(1) Commissione d'inchiesta sul femminicidio, nonche' su  ogni  forma
    di violenza di genere, istituita con delibera  del  Senato  della
    Repubblica del 16 ottobre 2018 (G.U.  del  25  ottobre  2018,  n.
    249). 

(2) La radice della violenza contro le donne risiede  pertanto  negli
    stereotipi culturali. 

(3) Per altre definizioni, v. Cassazione pen., Sez.  1,  1°  febbraio
    2021, n. 2107; Cassazione pen., Sez. 1, 27 maggio 2019, n.  1396;
    Cassazione pen., Sez. 1, 21 luglio 2019, n. 12292. 

(4) In particolare, il trattamento sanzionatorio comminato nel  reato
    di cui all'art. 630 c.p. e' stato oggetto di  diversi  interventi
    legislativi, dovuti (in questo caso il termine e' appropriato)  a
    un'emergenza sociale: un  elevatissimo  numero  di  sequestri  di
    persona posti in essere negli anni '70, con il fine  di  ottenere
    il riscatto per la  liberazione.  Le  modifiche  erano  culminate
    nella  novella  dell'art.  630  c.p.,  che  aveva  comportato  un
    significativo mutamento della cornice edittale del reato - da  25
    a 30 anni di reclusione, inizialmente stabilita da 8  a  15  anni
    (il minimo della pena era stato quindi triplicato). La  Consulta,
    investita della questione di  legittimita'  costituzionale  della
    disposizione in esame, ne aveva evidenziato l'asprezza,  e  aveva
    posto in rilievo che questa  risposta  sanzionatoria  si  applica
    anche a condotte di assai minore gravita' rispetto a  quelle  che
    il legislatore si era prefissato di  contrastare;  episodi  molto
    diversi sia dal punto di vista criminologico che  da  quello  del
    tasso di  disvalore.  In  questo  contesto  era  stata  collocata
    l'ipotesi del bilanciamento con l'attenuante della lieve  entita'
    del fatto. Nella sentenza n. 68 del 2012, la Corte costituzionale
    aveva affermato che lo  scopo  della  circostanza  attenuante  in
    questione era, appunto, quella di «mitigare - in rapporto ai soli
    profili  oggettivi   del   fatto   (caratteristiche   dell'azione
    criminosa, entita'  del  danno  o  del  periodo) -  una  risposta
    punitiva improntata a eccezionale asprezza  e  che,  proprio  per
    questo,  rischia  di  rivelarsi  incapace  di  adattamento   alla
    varieta' di situazioni concrete riconducibili al modello legale». 

(5) Con riguardo alla circostanza attenuante di cui all'art.  62,  n.
    2) c.p.,  la  sua  configurabilita'  necessita  di  tre  elementi
    essenziali: lo stato d'ira (elemento soggettivo),  dovuto  a  una
    situazione  psicologica   innescata   da   un   impulso   emotivo
    irrefrenabile; impulso,  questo,  che  determina  la  perdita  di
    autocontrollo  dell'agente  e  che  causa  un  forte   turbamento
    caratterizzato da estrema aggressivita'; il fatto ingiusto altrui
    (elemento oggettivo), che e' un comportamento  antigiuridico,  ma
    puo' consistere anche nell'inosservanza di  norme  sociali  o  di
    costume che regolano la convivenza  civile  ordinaria;  il  fatto
    ingiusto  altrui,  pertanto,  consiste  in   ogni   comportamento
    oppressivo o persecutorio che si concretizza  nell'offesa  di  un
    valore, di un'aspettativa, di un'opinione o di un comportamento -
    non si tratta necessariamente di un fatto illecito; il  nesso  di
    causalita'   psicologica   tra   l'offesa    e    la    reazione,
    indipendentemente dalla proporzionalita' tra i due  elementi  (v.
    Cassazione, 9 febbraio 2012, n. 5056; Cassazione, 26 aprile 2016,
    n. 17121). 
 
                               P.Q.M. 
 
    Visti gli articoli  134  della  Costituzione,  23  ss.  legge  n.
87/1953,  ritenuta  la  questione  di   legittimita'   costituzionale
dell'art. 577, comma 3 c.p., sollevata dal pubblico ministero e  alla
quale si e'  associata  la  difesa  dell'imputato,  rilevante  e  non
manifestamente infondata con riferimento agli articoli 3 e  27  della
Costituzione, nella parte in cui impedisce il giudizio di prevalenza,
ai sensi  dell'art.  69  c.p.,  della  circostanza  attenuante  della
provocazione rispetto alla circostanza  aggravante  prevista  per  il
delitto di omicidio volontario, in relazione al fatto commesso contro
il coniuge, dall'art. 577, comma 1, n. 1) del codice penale,  dispone
l'immediata trasmissione  degli  atti  alla  Corte  costituzionale  e
sospende il giudizio in corso. 
    Manda  alla  cancelleria  per  la  notificazione  della  presente
ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri,  nonche'  per  la
comunicazione ai presidenti della Camera dei deputati  e  del  Senato
della Repubblica. 
      Cagliari, 16 novembre 2022 
 
                       Il Presidente: Massidda 
 
 
                                           Il giudice a latere: Selis