N. 151 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 novembre 2022
Ordinanza del 16 novembre 2022 della Corte di assise di Cagliari nel procedimento penale a carico di R. P.. Reati e pene - Reato di omicidio - Circostanza attenuante della provocazione - Preclusione del giudizio di prevalenza rispetto alla circostanza aggravante prevista per aver commesso il fatto contro il coniuge. - Codice penale, art. 577, terzo comma.(GU n.52 del 28-12-2022 )
LA CORTE DI ASSISE DI CAGLIARI La Corte di assise, riunita in Camera di consiglio e composta dai signori: dott. Giovanni Massidda - Presidente; dott.ssa Stefania Selis - giudice a latere; sig. Sergio Ferino - giudice popolare; sig. Giovanni Sanna - giudice popolare; sig.ra Paola Atzori - giudice popolare; sig. Andrea Congiu - giudice popolare; sig. Antonio Musa - giudice popolare; sig.ra Alessandra Cocco - giudice popolare; Nel processo nei confronti di: R. P., nato a ... il ... , attualmente sottoposto alla misura cautelare della custodia in carcere, presente, - imputato delitto di cui agli articoli 575, 577, comma 1, n. 1, perche', nel corso di un lite familiare, con ripetute coltellate inferte al torace, alle braccia e al collo, cagionava la morte del coniuge S. A. Con la circostanza aggravante del fatto commesso in danno del coniuge. In ... in data ... ; Conclusioni delle parti: pubblico ministero: ritenuta provata la penale responsabilita' dell'imputato, chiede che la Corte sollevi la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 577, comma 3 c.p., nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti di cui agli articoli 62, n. 2, e 62-bis c.p., sulla concorrente circostanza aggravante di cui all'art. 577, comma 1, n. 1 c.p., per violazione degli articoli 3, comma 1, e 27, comma 3 della Costituzione, sollecitando l'applicazione delle circostanze attenuanti generiche e quella della provocazione prevalenti sull'aggravante contestata e condannando P. R. alla pena di ... anni di reclusione. In via subordinata, chiede la condanna dell'imputato alla pena minima di ... anni di reclusione; difesa dell'imputato: si associa alle richieste del pubblico ministero; All'esito dell'odierna Camera di consiglio, ha pronunciato la seguente ordinanza. La Corte, sulla base delle sollecitazioni del pubblico ministero e della difesa del R., ritiene di sollevare questione di legittimita' costituzionale dell'art. 577, comma 3 c.p., nella parte in cui prevede che la circostanza attenuante della provocazione, diversa da una di quelle previste dagli articoli 62, numero 1, 89, 98 e 114 c.p., concorrente con le circostanze aggravanti di cui al primo comma, numero 1, e al secondo comma, non possa essere ritenuta prevalente rispetto a queste, come introdotto dalla legge n. 60 del 19 luglio 2019 («Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere»), per contrasto e violazione dei principi sanciti agli articoli 3, comma 1, e 27, comma 3 della Costituzione, che individuano la ragionevolezza della sanzione penale in funzione dell'offensivita' della condotta accertata. La disposizione introduce una deroga al giudizio di bilanciamento di una circostanza aggravante ad effetto speciale con concorrenti circostanze attenuanti (salvo quelle specificamente indicate nella norma esaminata). Deroghe al bilanciamento sono possibili, e rientrano nell'ambito delle scelte del legislatore, restando sindacabili dalla Corte costituzionale quando trasmodano nella manifesta irragionevolezza o nell'arbitrio, e, in ogni caso, non possono giungere a determinare un'alterazione degli equilibri costituzionalmente imposti nella strutturazione della responsabilita' penale. Rilevanza della questione La questione e' rilevante per i seguenti motivi. P. R. e' stato chiamato a rispondere in questa sede del reato di cui all'art. 575, 577, comma 1, n. 1. c.p., per aver cagionato, in data ... , la morte del coniuge A. S. nel corso di una lite familiare, con ripetute coltellate inferte al torace, alle braccia e al collo. All'imputato, inoltre, e' stata correttamente contestata l'aggravante di cui all'art. 577, comma 1, n. 1. c.p., per aver commesso il fatto contro il coniuge. All'esito del giudizio, istruito, in presenza di R., con il suo esame (udienza del 26 ottobre 2022) e l'acquisizione, su accordo delle parti, degli atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero, e' emerso che P. R. ha certamente cagionato la morte della moglie A. S., con le modalita' indicate nel capo d'imputazione. E' stato lo stesso imputato ad ammettere la sua responsabilita' per l'omicidio della moglie sia nell'immediatezza del fatto, avendo chiamato lui i carabinieri subito dopo aver accoltellato la S., sia ribadendo la sua confessione in sede di convalida del suo arresto, in occasione dell'interrogatorio del 19 luglio 2022 e, da ultimo, all'udienza del 26 ottobre 2022. Con riferimento al fatto di reato addebitatogli, il G.I.P. con ordinanza del 13 settembre 2021, ha applicato nei confronti di P. R. la misura cautelare della custodia in carcere. Dall'esame degli atti contenuti nel fascicolo e utilizzabili ai fini della decisione (comunicazione notizia di reato redatta il ... dai carabinieri della Compagnia di ..., verbale di arresto, di perquisizione e sequestro a carico dell'arrestato in pari data, relazione di servizio inerente alla chiamata di R. ricevuta al n. 112 il 9 settembre 2021, alle ore 15,21, fascicolo dei rilievi tecnici con relativa documentazione fotografica dello stato dei luoghi e della vittima, documentazione sanitaria relativa alla S., ordinanza del G.I.P. di applicazione della misura cautelare del 13 settembre 2021, verbali di sommarie informazioni testimoniali rese il ... da ... , ... , ... , il 6 ottobre 2021 da ... , il 7 ottobre 2021 da ... e ..., 1'8 ottobre 2021 da ... , l'11 ottobre 2021 da ..., ed ..., il 13 ottobre 2021 da ... , il 14 ottobre 2021 da ... , il 15 ottobre 2021 da ... , il 20 ottobre 2021 da ... , verbale di interrogatorio reso il 19 luglio 2022 da R. davanti al pubblico ministero e la consulenza tecnica medico-legale a firma del prof. ... ), i fatti possono essere ricostruiti nei termini di seguito specificati. Il giorno ... , alle ore ... , carabinieri della Stazione di ... , dietro disposizione della Centrale operativa, si erano recati a ... , in ... , dove era stato segnalato l'omicidio di A. S. In particolare era stato l'odierno imputato a telefonare al 112, alle ore ... , riferendo di aver ucciso la moglie per difendersi in quanto la stessa, dopo aver arrecato danni all'abitazione e aver preso un coltello, voleva accoltellarlo. Giunti sul posto, i militari avevano trovato ... , fratello della vittima, che gli aveva indicato l'abitazione della sorella. Al primo piano dell'appartamento era presente P. R., che, in evidente stato di shock, aveva atteso il loro arrivo sulle scale e immediatamente aveva ammesso di essere l'autore dell'omicidio, asserendo che era stato «un raptus» al culmine di una lite familiare. Lo stesso R. aveva indicato ai militari l'ingresso della stanza in cui si trovava il corpo della moglie che, infatti, era stata rinvenuta esanime, riversa a terra in una pozza di sangue, con un coltello conficcato nella gola. I sanitari intervenuti avevano constatato il decesso della S. e P. R. era stato tratto in arresto. Come gia' osservato, dalla cnr e dalla relazione di servizio di redatta dall'appuntato scelto ... , di turno quale addetto alla Centrale operativa che aveva ricevuto la telefonata di R. il giorno dei fatti, risulta che la richiesta di intervento era stata fatta dallo stesso R., che aveva immediatamente riferito di aver ucciso la moglie, precisandone le ragioni. Nell'immediatezza era stata avviata l'attivita' investigativa per comprendere l'accaduto e, pertanto, erano stati a sentiti a sommarie informazioni il fratello della vittima ... , e un vicino di casa, ... . ... sentito lo stesso dai carabinieri della Stazione di ... , ha riferito che abitava al piano di sotto rispetto alla casa di sua sorella e del marito, con i quali viveva anche la figlia ... con i due figli minori. S. ha raccontato che quel giorno si era recato a casa della sorella, che l'aveva pregato di accompagnarla a casa del figlio ... , che abitava ad ... , ma lui, sapendo che fra i due vi erano stati dei dissapori, convinto che il nipote non avrebbe gradito la visita, si era rifiutato. Sua sorella, dopo alcuni minuti in cui sembrava si fosse calmata, aveva iniziato a inveire nei suoi confronti e lui, allora, era andato via; poco dopo, da casa sua, aveva sentito forti rumori provenire dall'abitazione di sua sorella, come di suppellettili e piatti rotti, ed era uscito fuori per capire cosa stesse succedendo. In quel momento aveva sentito suonare il campanello e si era presentata a casa sua, portando con se' i bambini, la nipote ... che, terrorizzata, gli aveva raccontato che la madre, a casa, stava sfasciando tutto. Lui le aveva detto di chiamare il 112, ma l'operatore le aveva consigliato di chiedere l'intervento del 118, dato che si trattava di un «disagio psichico»; anche la telefonata al 118 non aveva sortito l'effetto sperato, in quanto a tale utenza avevano risposto alla ... che non sarebbero potuti intervenire senza una chiamata del 113, motivo per il quale la stessa aveva chiamato subito il 113, ricevendo rassicurazioni in ordine all'invio della prima pattuglia disponibile. Appena chiusa la chiamata, pero', la ... aveva ricevuto la telefonata del padre con la quale le aveva detto di aver «ammazzato la mamma», ... , allora, si era recato a casa della sorella e R., dopo avergli aperto la porta, gli aveva confermato di aver ucciso la moglie: «Dappu motta, mi fiada lancendi de dottu. Ha pigau nu corteddu e mi boliada boccidi, deu appu cicau de mi difensi e dappu motta» (trad: «L'ho ammazzata, mi stava lanciando di tutto. Ha preso un coltello e mi voleva uccidere, ho cercato di difendermi e l'ho uccisa»). ... ha riferito che sua sorella A. soffriva di un disturbo bipolare e che da diversi anni era diventata aggressiva anche nei confronti del marito, destinatario spesso di spintoni e insulti, che quest'ultimo sopportava. In tre o quattro occasioni, la S. aveva riferito al fratello di aver denunciato il marito per presunte percosse subite, ma ... ha precisato di non averle creduto in quanto era sempre lei ad aggredirlo, obbligandolo eventualmente a difendersi dalle sue condotte violente; il giorno del fatto, inoltre, aveva manifestato una particolare aggressivita', anche nei suoi confronti; la situazione, ha aggiunto ... , si era aggravata da alcuni giorni perche' la sorella aveva cominciato anche ad assumere bevande alcoliche. ... vicino di casa, ha riferito che P. R. era una persona equilibrata e gentile, mentre la S., a causa della patologia della quale era affetta da alcuni anni, aveva delle condotte altalenanti e diverse volte era stata anche ricoverata per aver tentato il suicidio. Ha dichiarato che gli capitava di sentire forti litigi della coppia e aveva notato strani comportamenti della donna, come quello di uscire scalza per strada. Di particolare rilevanza per ricostruire la dinamica del fatto e i momenti precedenti, devono ritenersi le dichiarazioni rese dalla figlia della coppia che, sentita lo stesso ... dai carabinieri della Stazione di ... , ha cosi' raccontato: «mi sono svegliata verso le 8,15 e sono andata in salone, mia madre era giu' sveglia e si trovava li', mentre mio padre era in cucina. Io e mia madre dovevamo andare dal dentista ma lei era particolarmente nervosa e agitata e mio padre stava tentando di convincerla a venire con me. Purtroppo lei soffre di problemi di salute mentale, e' depressa, bipolare e da un mese a questa parte ha anche problemi di alcolismo, e' in cura da circa cinque anni presso il centro di salute mentale di .... Lei a tutti i costi voleva uscire da sola e diceva che con mio padre non sarebbe andata da nessuna parte, continuava affermando che sarebbe uscita di casa e sarebbe andata a fare colazione con un bell'amaro ... e poi, in pullman, sarebbe andata da sola dal dentista. Mio padre, esasperato dalla situazione, le rispondeva di fare come voleva in quanto era grande e vaccinata. A quel punto mia madre, da sola, e' uscita e tornata a casa un paio di volte e poi e' andata da sola dal dentista. Io mi sono preparata e verso le 11,00, con mio padre e i bambini, sono andata a fare le fototessere per il rinnovo della patente, poi alla posta di ... ed infine alla farmacia di ..., che si trova dopo le poste. Ricordo che mentre ci trovavamo fuori dal fotografo lei ci passava davanti e ci ignorava, non salutando. Io ho detto a mio padre di lasciarla perdere perche' tanto lo sapeva che quando era arrabbiata e non prendeva le medicine faceva cosi' e lui ha deciso di seguirla solo con lo sguardo per vedere dove andava. Alla fine noi non siamo piu' andati dal dentista perche' sapevamo che in ambulatorio ci sarebbe stata anche lei e non volevamo che facesse scenate davanti a tutti. Verso le 12,20 tornavamo a casa e io iniziavo a cucinare, nel frattempo mia madre tornava e cominciava a sbraitare dicendo di aver raccontato al dentista, dott. ... che ha lo studio in via ... , che il giorno prima mio padre l'aveva picchiata - cosa non vera perche' io ero in casa e non e' successo questo - e che l'avrebbe fatto arrestare. Poi continuava dicendo che tanto comunque non l'avrebbero arrestato perche' i carabinieri erano suoi amici. Noi non rispondevamo perche' tanto sapevamo che quando faceva cosi' era meglio stare zitti per non aumentare la tensione. Continuava dicendo che avrebbe preso le medicine e si sarebbe messa a dormire e difatti, dopo aver preso le pastiglie, si coricava sul divano che c'e' in salone. Dopo circa una decina di minuti si alzava e cominciava a frugare nei mobili del salone in cerca di alcolici che pero' insieme a mio padre avevamo buttato il giorno prima. Lei andava in escandescenza e si avvicinava a mio padre, che si trovava davanti al lavandino della cucina, pretendendo che le desse un po' di soldi perche' voleva andare al bar a bere. Mio padre le rispondeva che non le avrebbe dato niente e lei si arrabbiava e lanciava una sedia in terra. Preoccupata per la situazione e stanca del fatto che a quelle scene assistessero anche i bambini, dicevo a mia madre: "guarda, per l'amor di Dio te li do io 10,00 euro e vai dove vuoi, l'importante e' che esci da questa casa che mi stai spaventando i bambini". Mia madre prendeva i soldi ed usciva di casa. Dopo circa cinque minuti, la barista del bar "..." di ...chiamava mio padre e lo informava che nel locale c'era la moglie che voleva roba da bere e gli chiedeva cosa dovesse fare. Mio padre le rispondeva che non sapeva cosa fare e di darle quello che la moglie le chiedeva, poi chiudevano la chiamata. Poco dopo mia madre tornava e si sdraiava nel divano, poi si alzava nuovamente e scendeva al piano di sotto, dove abita zio ... al quale chiedeva se la accompagnava da ..., mio fratello, con il quale ha interrotto i rapporti da cinque anni, ma lui rispondeva che non l'avrebbe portata da nessuna parte. Mia madre saliva di nuovo in casa e diceva che a ... non avrebbe fatto piu' alcun favore, che gli aveva chiesto in ginocchio di accompagnarla dal figlio ma lui non aveva voluto. Io e mio padre cercavamo di consolarla e lui le diceva che se avesse avuto pazienza l'avrebbe accompagnata da ... verso le cinque. Mia madre ci ripensava poiche' temeva che mio fratello l'avrebbe sbattuta fuori di casa. Poi chiamava la sua amica ... che abita a ... , e le chiedeva se l'avrebbe potuta accompagnare da ... ma lei rispondeva che non avrebbe potuto in quanto doveva andare a lavorare. Le chiedevo per quale motivo avesse chiamato l'amica quando papa' si era proposto di accompagnarla e lei rispondeva, in tono molto aggressivo: "Io con lui non vado da nessuna parte, se sto cosi' e' colpa sua perche' e' un pezzo di merda. Come a te che sei una stronza e una ladra. Ora mi prendo altre medicine cosi' salgo e mi butto dal terrazzo". Dopo aver preso altre medicine si sdraiava sul divano e si rilassava per qualche minuto, nel frattempo mio padre andava a comprare le sigarette perche' io non volevo lasciare i bambini in quella situazione. Mentre lui era fuori, mia madre si alzava dal divano e andava in terrazzo, ma io non la seguivo. Nel frattempo tornava mio padre che mi chiedeva dove fosse andata, io glielo dicevo e lui, sconsolato, si sedeva sulla sua sedia. Dopo qualche minuto lei tornava giu' e si sedeva nuovamente nel divano, poi si buttava per terra, tra il tavolino ed il divano. Mio figlio giocava alla play station, davanti alla tv, mentre mia figlia guardava il tablet seduta al tavolo della cucina e mangiando patatine. La bambina mi chiedeva per quale motivo la nonna fosse coricata per terra e io, per sdrammatizzare, le rispondevo che la nonna aveva caldo nel divano e da li' e' scoppiato tutto. Mia madre si alzava improvvisamente e diceva: "Io oggi sono tremendamente nervosa". Prendeva il tavolino e lo lanciava ai piedi di mio figlio, che stava davanti alla tv. I bambini scoppiavano a piangere, terrorizzati, e a quel punto li mandavano verso le scale di casa, prendevo le scarpe del bambino e andavo via dicendole: "Io vado al parco, non posso stare qui con te cosi'"; lei rispondeva di andare via, che non mi voleva in questa casa e che se era in quella situazione era anche per colpa mia. Diceva di andarmene e di non tornare piu'. Prendevo i bambini e scendevo a casa di zio ..., il quale mi apriva la porta. A zio raccontavo che mamma era uscita nuovamente fuori di testa, quindi decidevo di chiamare prima il 113, poi il 112 ed infine il 118. Nel frattempo sentivo che di sopra c'era il finimondo, sentivo forti rumori di mobili rotti ma nessuna voce o urla. Chiamavo mio padre e gli dicevo che c'era bisogno del numero della psichiatra per farle il ricovero coatto e lui mi mandava il contatto su WhatsApp. Vedendo che non arrivava nessuno, mio zio decideva di chiamare le forze dell'ordine e alla fine rispondevano che sarebbero arrivati. Pochi istanti dopo mio padre mi chiamava al cellulare e diceva: "Ho fatto una cazzata, non salire, l'ho uccisa, stanno gia' arrivando i carabinieri"; io mi mettevo a piangere ed avvisavo mio zio. Lui saliva subito e lo sentivo gridare "No, no, no! Non doveva finire cosi'", io gli chiedevo se fosse sicuro che era morta e dicevo che magari era solo ferita ma lui rispondeva che c'era troppo sangue perche' fosse solo ferita. Dicevo a mio zio che non poteva lasciare solo papa', quindi lui saliva nuovamente su e gli diceva di scendere con lui ma papa' rispondeva di lasciarlo stare perche' stavano gia' arrivando i carabinieri. Io decidevo di salire ma mio padre diceva che non dovevo entrare, che non dovevo vedere mamma cosi' e che tanto stavano gia' arrivando i carabinieri. Decidevo di tornare giu' per stare con i bambini, che erano terrorizzati, mentre mio padre rimaneva su ad aspettare i carabinieri. Mio zio aspettava con me e nel frattempo arrivavano anche altri vicini, poi poco dopo arrivavate voi». La ... ha riferito che la convivenza con la madre, che era sempre stata di carattere difficile, era divenuta sempre piu' complicata, a partire dal ... , data in cui lei aveva tentato per la prima volta il suicidio. In quell'occasione i sanitari le avevano diagnosticato un disturbo depressivo bipolare, del tipo borderline. La S., pero', non voleva assumere la terapia farmacologica che le era stata prescritta, aveva smesso di occuparsi della casa, di curare l'igiene personale ed aveva mandato via di casa il marito, che si era trasferito a vivere dalla figlia ... , accettando la presenza soltanto del figlio ... e di sua moglie che avevano cercato di accudirla, sino a quando se l'era presa anche con loro ed era rimasta sola. Nella primavera del ... la S. si era volontariamente fatta ricoverare in psichiatria e aveva cercato di riavvicinarsi alla famiglia, ma la situazione era rimasta molto complicata; a fronte di momenti di tranquillita', ve ne erano molti altri in cui la S. era aggressiva. Vi erano stati, inoltre, numerosi interventi delle forze dell'ordine per i suoi tentativi di suicidio, l'ultimo dei quali si era verificato il ... La ... ha raccontato che la madre era spesso aggressiva nei confronti del padre, sia fisicamente sia verbalmente, e ha precisato che le uniche volte in cui aveva visto il padre sbottare erano collegate al fatto che «lei lo faceva veramente impazzire». La situazione era ulteriormente peggiorata dal ... , in quanto la S. aveva cominciato a bere alcolici; da quel momento aveva iniziato ad essere totalmente fuori controllo; beveva, vomitava, faceva i suoi bisogni per le scale e il padre la seguiva pulendo la' dove sporcava, accudendola e seguendola nei bar in modo da evitare che si mettesse nei guai, tanto che aveva dato alla titolare di un bar il suo numero di telefono chiedendole di avvisarlo se la S. si fosse presentata per acquistare alcolici. La ... ha aggiunto che, dopo essere tornata a vivere con i suoi genitori, a ... del ..., aveva tentato di tenere i figli il piu' lontano possibile dalla madre per evitare che subissero i suoi atteggiamenti aggressivi. Sentiti a sommarie informazioni, rispettivamente dai carabinieri della Stazione di ... in data ... , e da quelli della Stazione di ... , l'... , ed ... , figli dell'odierno imputato, hanno confermato che la madre era affetta da disturbo bipolare, del tipo borderline, patologia a causa della quale la stessa aveva piu' volte tentato il suicidio, subendo altrettanti ricoveri ospedalieri presso il reparto di psichiatria. Tale disturbo le comportava frequenti sbalzi d'umore, con repentini passaggi da uno stato di felicita' ad attacchi d'ira e rabbia, duranti i quali la S. aveva atteggiamenti aggressivi, distruggendo gli oggetti di casa e scoppiando in pianti improvvisi. Nonostante le difficolta' affrontate, hanno precisato entrambi i testimoni, non avevano mai visto il padre reagire in maniera violenta nei confronti della moglie, che, invece, cercava di assecondare prendendosene cura. Nell'ultimo periodo, la situazione era diventata insostenibile perche' le condizioni di salute della madre erano peggiorate moltissimo e anche in quelle circostanze il padre aveva cercato in tutti i modi di restarle vicino, nonostante lei reagisse sempre in modo violento e aggressivo. Negli ultimi quattordici giorni, poi, la madre non dormiva praticamente piu' e cosi' pure il padre in quanto era molto preoccupato che lei potesse farsi del male. Dello stesso tenore sono state le dichiarazioni rese da tutti gli altri sommari informatori, compresi i parenti della vittima. La sorella ... , in particolare, ha ribadito che A., affetta da disturbo bipolare, aveva piu' volte tentato il suicidio, subito numerosi ricoveri presso il reparto di psichiatria ed era costantemente assistita dal marito il quale «si dedicava molto a lei». Ha precisato, inoltre, che nell'ultimo periodo la situazione della sorella era diventata «ingestibile». Nel corso del suo esame, cosi' come gia' in sede di interrogatorio davanti al pubblico ministero, P. R. ha confermato le dichiarazioni rese da sua figlia ... e da suo cognato ... in ordine alle condizioni di salute della moglie negli ultimi cinque anni, ribadendo come la stessa avesse comportamenti molto aggressivi nei suoi confronti. Durante le sue improvvise crisi di collera, infatti, gli lanciava oggetti addosso o, comunque, lo aggrediva sia verbalmente sia fisicamente, giungendo in alcune occasioni a mandarlo via di casa e a tentare piu' volte il suicidio, cosi' come era avvenuto anche il .... Ripercorrendo la giornata del ... , oltre a ribadire quanto dichiarato dalla figlia, che, spaventata, era dovuta scappare di casa, per evitare che i suoi figli subissero la collera della S., quel giorno particolarmente nervosa e agitata, R. ha raccontato quello che era successo nei pochi minuti in cui lui era rimasto solo con la moglie, dal momento in cui la figlia si era allontanata per andare a trovare riparo a casa dello zio ... e quello in cui si era verificato il fatto. Sul punto R. ha cosi' dichiarato: «Con riferimento ai fatti accaduti il ... voglio premettere che sia lei che mia figlia avevano un appuntamento con il dentista ma la figlia l'ha disdetto non volendo avere problemi con la madre ... , uscendo di casa, al mattino, circa le 8,30, ha salutato i nipoti e mia figlia ... mi ha riferito che ... avrebbe detto: "Salutate nonna, oggi muore". Rientrata a casa ha manifestato ostilita' nei miei confronti, dicendo che aveva riferito al dentista che io la picchiavo. Io non ho reagito e lei ad un tratto si e' sdraiata sul divano del salotto. In quel momento eravamo tutti in salotto, io, mia moglie, mia figlia e i suoi figli. Improvvisamente si e' alzata urlando che era nervosa e voleva sfasciare tutto quindi ha lanciato un tavolino di vetro sul nipote ... e mia figlia a quel punto ha preso i bimbi, rispettivamente di dieci e sette anni, ed e' scappata via, mentre mia moglie urlava contro di lei dicendole di andare via di casa. Io ho mantenuto la calma, aspettavo che si rilassasse, ho cercato di risistemare il tavolino. Lei accortasi di questo inveiva nei miei confronti dicendomi: "Lascia stare, oggi voglio spaccare tutto", io sono tornato a sedermi al tavolo e lei ha continuato a scagliare la base del tavolino contro la porta e gli arredi del salotto, si e' poi sdraiata nel divano per poi mettersi in piedi sullo stesso ordinandomi di mettere tutta la roba di mia figlia dentro delle buste e portarla via. Io le ho detto che non ero d'accordo, allora e' andata in escandescenza si e' avvicinata verso il tavolo dove ero seduto io e inizialmente mi ha lanciato un piatto che io, stando seduto, sono riuscito a parare con le braccia, poi girandosi verso il cassetto dove sono contenute le posate, mi ha detto: "Se non vai via ti ammazzo". Non ricordo se mia moglie sia riuscita ad aprire il cassetto, ritengo di si visto quello che e' poi successo. In quel momento io mi sono alzato dalla sedia e con l'unica intenzione di evitare il peggio per me e per lei l'ho bloccata cingendola da dietro con le braccia ma lei cercava di divincolarsi. Purtroppo non ho altri ricordi di quanto accaduto, ricordo solo lei a terra con il coltello nella gola». R. ha riferito che la S., dopo che la figlia si era allontanata precipitosamente coi bambini di casa, vedendo che lui stava cercando di rimontare il tavolino, glielo aveva preso dalle mani e lo aveva tirato contro di lui, colpendolo alla gamba, per poi continuare a lanciare gli oggetti di casa. Nel frattempo, R. aveva ricevuto un messaggio telefonico dalla figlia con il quale lei gli aveva chiesto il numero di cellulare della psichiatra che aveva in cura la madre per contattarla. La S., vedendo che il marito stava scrivendo alla figlia, gli aveva detto di mettere dentro delle buste le cose di ... e dei figli perche' non li voleva piu' ospitare a casa sua e tra i due era sorta una discussione in quanto lui aveva cercato di farle cambiare idea; la S., allora, si era scagliata contro di lui e gli aveva tirato un piatto, dicendogli di andare via anche lui, altrimenti lo avrebbe ammazzato. A quel punto, si era avvicinata al cassetto delle posate, che (forse, secondo i ricordi non precisi di R. sul punto) aveva aperto, e il marito si era alzato per tentare di fermarla. Da quel momento in poi, ha precisato l'imputato, non ricordava piu' cosa fosse successo, sino al momento in cui aveva visto la moglie per terra, riversa in una pozza di sangue. Certo e' che R. aveva percepito una situazione di pericolo, cosi' come da lui stesso riferito nell'immediatezza sia alla figlia che all'app. sc. ... , addetto di turno alla Centrale operativa che aveva ricevuto la telefonata di R. il giorno dei fatti. Gli accertamenti medico-legali eseguiti sul posto hanno confermato che la morte della S. e' stata causata dalle ferite e, in particolare, dalle lesioni vascolari al collo e polmonari che avevano, queste ultime, cagionato un ulteriore sanguinamento con produzione di emitorace. A seguito dell'esame necroscopico eseguito sul cadavere della S., il consulente incaricato dal pubblico ministero ha individuato sei ferite da punta a taglio, un'escoriazione a livello della regione mentoniera e alcune piu' superficiali a livello della mano destra, nonche' un'ecchimosi a livello del braccio destro, queste ultime compatibili anche con l'impatto del corpo contro ostacoli fissi presenti nell'ambiente in cui si e' verificato il fatto. Tanto premesso, all'esito del giudizio e' emerso che P. R. ha certamente cagionato la morte della moglie A. S., con le modalita' indicate nel capo d'imputazione. Venendo al trattamento sanzionatorio, nel caso che ci occupa, sussistono senz'altro i presupposti per riconoscere a R. le circostanze attenuanti generiche, le quali costituiscono strumento di commisurazione della pena che, a seguito di giudizio di bilanciamento, impediscano l'irrogazione della pena dell'ergastolo. Devono avere il giusto peso, nel giudizio dosimetrico della pena, infatti, i seguenti fattori: le difficili condizioni di vita del R., cosi' come rappresentate da tutti i testimoni sentiti nel corso delle indagini; la confessione resa dall'imputato, intervenuta nell'immediatezza dei fatti e successivamente sempre ribadita nei medesimi termini; il buon comportamento processuale da lui tenuto che ha consentito di giungere ad una rapida definizione del giudizio; le risultanze del casellario giudiziale dell'imputato, essendo quest'ultimo incensurato. Nel bilanciamento di cui all'art. 69 c.p., la finalita' di adeguare la pena al caso concreto deve essere raggiunta mediante un giudizio di equivalenza tra le attenuanti generiche e l'aggravante del rapporto di coniugio con la vittima. Nel caso in esame, inoltre, il reato e' certamente attenuato per aver R. reagito in stato d'ira, determinato dal fatto ingiusto riconducibile alla moglie A. S., autrice, secondo le convergenti dichiarazioni testimoniali sopra sintetizzate, di una serie di atteggiamenti provocatori, caratterizzati da aggressioni verbali e anche fisiche nei confronti delle persone con lei conviventi, del marito in primo luogo, ma anche della comune figlia ... e dei suoi bambini, entrambi in tenera eta' (dieci e sette anni). Si tratta di una lunga scia di condotte che aveva innescato nel R. una tangibile esasperazione, anche per la difficolta' di gestire una situazione da tutti definita insostenibile, tanto che alcuni familiari hanno dichiarato di essersi tenuti alla larga dalla S. proprio per evitare di assistere o subire le condotte aggressive da lei tenute, e che era andata peggiorando negli anni, sfociando in numerosi tentativi di suicidio della donna, l'ultimo dei quali posto in essere poco tempo prima del fatto. La situazione, inoltre, si era ulteriormente aggravata a seguito dell'assunzione di alcolici da parte della S. e delle gravi difficolta' di dormire dalla stessa affrontate nelle ultime due settimane, difficolta' che avevano determinato la privazione del sonno anche per R., le cui energie, come riferito dai testimoni, erano tutte rivolte all'accudimento della moglie. L'apice era stato raggiunto proprio il ... , giornata in cui la S. si era mostrata sin dal primo mattino particolarmente nervosa e irrequieta («oggi voglio spaccare tutto»), tenendo un atteggiamento ostile non soltanto nei confronti del marito, che aveva ingiuriato e minacciato di morte, cercando di mandarlo via di casa ancora una volta, ma anche del fratello ... , della figlia ... e dei due nipotini, tanto da indurre la figlia a trovare riparo a casa dello zio, portando con se' i figli, e a chiedere l'intervento delle forze dell'ordine e del centro di salute mentale presso il quale la madre era in cura. Ebbene, considerata la condotta tenuta dalla S. negli ultimi anni e, in particolare, il ..., cosi' come sopra descritta, deve riconoscersi in favore di P. R. la circostanza attenuante di cui all'art. 62, n. 2 c.p. Com'e' noto, ai fini della configurabilita' dell'attenuante della provocazione occorrono congiuntamente tre condizioni: a) lo stato d'ira, costituito da un'alterazione emotiva che puo' anche protrarsi nel tempo e non essere in rapporto di immediatezza con il fatto ingiusto altrui; b) il fatto ingiusto altrui, che deve essere connotato dal carattere della ingiustizia obiettiva, intesa come effettiva contrarieta' a regole giuridiche, morali e sociali, reputate tali nell'ambito di una determinata collettivita' in un dato momento storico e non con riferimento alle convinzioni dell'imputato e alla sua sensibilita' personale (Cassazione, Sezione 5, sentenza n. 55741 del 25 settembre 2017); c) un rapporto di causalita' psicologica e non di mera occasionalita' tra l'offesa e la reazione, indipendentemente dalla proporzionalita' tra esse, sempre che sia riscontrabile una qualche adeguatezza tra l'una e l'altra condotta (Cassazione, Sezione 1, sentenza n. 52766 del 13 giugno 2017). Ebbene, per quanto attiene al requisito di cui alla lettera a), per configurare lo «stato di ira» e' necessario che l'agente abbia perduto il controllo di se' stesso per mancato funzionamento dei freni inibitori e dunque questo elemento di natura soggettiva deve concretizzarsi in un impulso emotivo incontenibile che comporta la perdita, da parte dell'agente, del controllo delle proprie azioni, determinato dal fatto ingiusto altrui, e puo' consistere anche in un'alterazione emotiva che si protrae nel tempo. Per quanto invece concerne il requisito di cui alla lettera b), per «fatto ingiusto altrui», deve intendersi cio' che riveste carattere di ingiustizia obiettiva, intesa come effettiva contrarieta' a regole giuridiche, morali e sociali, reputate tali nell'ambito di una determinata collettivita' in un dato momento storico e non valutate con riferimento alle convinzioni dell'imputato e alla sua sensibilita' personale, non corrispondenti a canoni di civile convivenza, e tenuto conto che e' comunque richiesto che tale fatto ingiusto debba essersi effettivamente verificato, a nulla rilevando l'erroneo convincimento dell'imputato. In ordine al requisito indicato alla lettera c), inoltre, occorre osservare come pur non essendo richiesta la proporzione fra l'offesa e la reazione, sia comunque necessario che la reazione sia in qualche modo adeguata all'offesa, onde lasciar desumere l'esistenza del nesso di causalita' tra le condotta ed il fatto ingiusto altrui e non di mera occasionalita'. Per verificare se tale adeguatezza sussista o meno, non si puo' limitare l'esame alla condotta ultima della persona oggetto dell'azione delittuosa, ma si deve considerare tutta l'eventuale serie di atti contrari a norme giuridiche o a regole primarie di convivenza che si siano succeduti nel tempo al fine di accertare se questi siano stati idonei, sul piano causale, a potenziare «per accumulo» la carica afflittiva di ingiusta lesione dei diritti dell'offeso e tali da assumere rilevanza nel rapporto causale offesa-reazione. Dalla ricostruzione del fatto come sopra riportata, emerge come nel caso di specie debba essere ritenuta la sussistenza di una provocazione «per accumulo», essendo la reazione iraconda del R. esplosa a distanza di tempo, in occasione di un episodio scatenante, quale conseguenza di un progressivo rancore determinato dalla reiterazione di comportamenti ingiusti. Dal racconto fatto da ... e da ... , oltre alle dichiarazioni rese dallo stesso imputato, in ordine al comportamento tenuto dalla S. il giorno ... , e' emerso che quel giorno, dopo aver tentato il suicidio il ... , trascorse due settimane di quasi privazione del sonno, associata all'abuso di sostanze alcoliche, la S. si era venuta a trovare in uno stato di particolare agitazione che l'aveva indotta a perdere totalmente il controllo, indirizzando la sua aggressivita' non piu' solo contro il marito, ma anche contro il nipote ... , giungendo a decidere di non accogliere piu' in casa la figlia e i nipoti e a minacciare anche il marito affinche' anche lui, come era gia' successo in passato, andasse via. Quel giorno, pero', R., come ha spiegato nel corso del suo esame, aveva deciso di non lasciarla sola in quello stato perche' temeva che, cosi' come aveva preannunciato ai nipotini quella mattina («Salutate nonna, oggi muore»), potesse mettere in atto un nuovo tentativo di suicidio. La situazione familiare, cosi' come sopra descritta, anche in considerazione dei fatti verificatisi il ... , consente di ritenere provate le condizioni per il riconoscimento della provocazione per accumulo, ovvero «l'esistenza di un fattore scatenante che giustifichi l'esplosione, in relazione ed in occasione di un ultimo episodio, pur apparentemente minore, della carica di dolore o sofferenza che si affermi sedimentata nel tempo» (Cassazione, Sezione 1, sentenza n. 28292 del 9 maggio 2017). Al riconoscimento dell'attenuante in questione, non e' di ostacolo che il fatto ingiusto sia riconducibile alla condotta tenuta da una persona incapace. Come piu' volte affermato dalla giurisprudenza di legittimita', infatti, il requisito dell'ingiustizia ben puo' sussistere quando l'atto provocatorio sia posto in essere da un soggetto infermo di mente, rilevando come il comportamento ingiusto debba, piuttosto, essere valutato per la sua contrarieta' ai canoni etici e sociali, senza che rilevino le condizioni psicologiche del suo autore, poiche' anche le vessazioni di un soggetto insano di mente sono in grado di produrre un grave turbamento nell'animo di chi le subisce, idoneo a giustificare l'applicazione dell'attenuante della provocazione di cui all'art. 62, n. 2 c.p.), (Cassazione, Sezione 1, sentenza n. 14270 del 16 aprile 2012; si trattava, anche nel caso giudicato dalla Corte di cassazione, di una reazione dell'agente rispetto a condotte provocatorie della convivente affetta da un disturbo psichiatrico). In sintesi, l'ingiustizia del fatto deve essere valutata alla luce di parametri oggettivi, a nulla rilevando le condizioni psicologiche di colui che provoca o vessa, poiche' cio' che deve essere considerato e' l'attitudine del comportamento a provocare lo stato d'ira. Nel caso in oggetto, a stimolare l'azione delittuosa e' stata certamente la condotta di A. S., affetta da un disturbo bipolare del tipo borderline, resasi autrice di condotte idonee a provocare l'accumulo di una carica di esasperazione che, esplosa in occasione di un fattore scatenante, individuabile nella sua condotta del ... , configura la ragione giustificatrice del riconoscimento di una minore gravita' del fatto. La particolarita' della fattispecie risiede nella circostanza che il fatto scatenante l'ira del R., da tutti i testimoni, compresi i parenti stretti della vittima, descritto come una persona mite, devota alla moglie e alla cui cura aveva interamente dedicato gli ultimi anni della sua vita, trova origine proprio nella malattia della persona offesa. Riconosciuta per le ragioni sopra esposte, oltre alle attenuanti generiche, la circostanza attenuante della provocazione, nel bilanciamento di cui all'art. 69 c.p., la finalita' di adeguare la pena al caso concreto dovrebbe, nel caso in esame, essere raggiunta mediante un giudizio di prevalenza di tale attenuante sull'aggravante del rapporto di coniugio, considerato il contesto di estrema sofferenza in cui l'imputato, che nonostante tutto aveva sempre cercato di prendersi cura della moglie, ha tenuto la condotta delittuosa a lui ascritta. Come osservato in apertura, pero', tale giudizio di prevalenza e' allo stato precluso dalla previsione di cui dell'art. 577, comma 3 c.p., norma della cui legittimita' costituzionale, per le ragioni che si esporranno di seguito, si dubita. Valutati gli elementi di cui all'art. 133 c.p., e in particolare le modalita' dell'azione, l'intensita' elevata del dolo, le condizioni di vita dell'imputato e il comportamento processuale, positivamente valutabile, si deve ritenere adeguata, infatti, la pena di ... di reclusione, pena sensibilmente inferiore a quella irrogabile in presenza della preclusione introdotta con la legge n. 60 del 19 luglio 2019, che non consente di applicare una pena inferiore ai ventuno anni di reclusione, riconoscendo l'equivalenza delle attenuanti all'aggravante oggettiva del rapporto di coniugio. Non manifesta infondatezza della questione Con la legge 19 luglio 2019, n. 69 (recante «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere») denominata «Codice Rosso» sono state apportate nel nostro ordinamento incisive disposizioni di diritto penale sostanziale, cosi' come ulteriori di natura processuale. Tra quelle sostanziali, va annoverata la norma che, attraverso una tecnica legislativa che nel tempo ha avuto sempre piu' estesa applicazione, preclude un giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti (diverse da quelle, nominativamente indicate, previste dagli articoli 62 n. 1, 89, 98 e 114 c.p.), qualora si sia in presenza delle ipotesi aggravanti dell'omicidio indicate dall'art. 577, comma 1, n. 1 c.p.) e, in particolare, per quanto qui interessa, del rapporto di coniugio tra l'autore del delitto e la vittima. Una volta puntualizzato come, nel caso di specie, l'azione omicidiaria risulti certamente attenuata dalla provocazione e come questa circostanza attenuante, in assenza della limitazione normativa al giudizio di bilanciamento, dovrebbe essere valutala prevalente rispetto all'aggravante del rapporto di coniugio, l'irragionevolezza della preclusione, e la correlata violazione dei principi tratti dagli articoli 3 e 27 della Costituzione, si trae anzi tutto dal panorama socio-culturale nel cui ambito e' stata introdotta la disposizione e quindi dalla sua ratio. L'inasprimento della sanzione e' certamente dovuto alla necessita' di offrire una risposta severa dell'ordinamento rispetto a quei fenomeni criminali caratterizzati dal collegamento tra l'azione omicidiaria e un rapporto di prevaricazione e di forza fondato sul genere, normalmente rinvenibile nell'uccisione della donna da parte del suo compagno. Il femminicidio e' stato definito, nell'ambito della delibera istitutiva della Commissione d'inchiesta specificamente costituita (1) per svolgere indagini con riguardo alle reali dimensioni del fenomeno, come la «uccisione di una donna, basata sul genere». Tutta la legislazione in materia e' finalizzata a rendere effettiva la prevenzione e la protezione nell'ambito della violenza contro le donne, nel perimetro tracciato dalla Convenzione di Istanbul, nel preambolo della quale si legge che tale violenza «e' una manifestazione dei rapporti di forza storicamente diseguali tra i sessi, che hanno portato alla dominazione sulle donne e alla discriminazione nei loro confronti da parte degli uomini e impedito la loro piena emancipazione». Tale fenomeno ha portata strutturale, in quanto e' basato sul genere: «la violenza contro le donne e' uno dei meccanismi strutturali sociali cruciali per mezzo dei quali le donne sono costrette in una posizione subordinata rispetto agli uomini» (2) . Il femminicidio costituisce l'espressione della violenza piu' grave nel mondo, rappresentando - per le donne da 16 a 44 anni - la principale causa di morte. Come giustamente rilevato nella relazione della Commissione d'inchiesta, sarebbe improprio definire il femminicidio un'emergenza sociale, essendo una vera e propria condizione strutturale. Nondimeno, e' fondamentale distinguere tra uccisioni di donne e femminicidi: non ogni omicidio di donna rientra in tale particolare, seppur ricorrente, fattispecie. I «motivi di genere» sono determinanti nell'inquadramento del femminicidio (3) . Inoltre, la Commissione di inchiesta ha rilevato come tutti i femminicidi esaminati nell'ambito delle indagini si connotano per due requisiti costitutivi: il «criminale di genere» forma la sua identita' su una relazione di dominio e controllo assoluto su una donna, unico tipo di rapporto che conosce, e la violenza nei confronti di questa gli serve e riaffermare e confermare il suo potere; la donna che decide di interrompere quella relazione viene uccisa perche', in molti casi, sottraendosi ai doveri di ruolo, non solo viola una regola sociale e culturale, ma rende l'uomo che glielo ha permesso un «perdente» agli occhi della collettivita'. Al fine di contrastare il fenomeno, nel 2019 e' per l'appunto entrato in vigore il c.d. Codice Rosso. Nella relazione di accompagnamento al disegno di legge si ricava che gli interventi sono stati finalizzati a integrare le norme dirette a prevenire e reprimere la violenza di genere, «nella considerazione della particolare vulnerabilita' delle vittime, nonche' degli specifici rischi di reiterazione e multilesivita'». Le nuove disposizioni non solo trovano fondamento nella Convenzione di Istanbul dell'11 maggio 2011, ma costituiscono inoltre uno strumento di ulteriore attuazione della direttiva 2012/29/UE, che ha offerto - tra le altre cose - un'ulteriore definizione di violenza di genere: «Per violenza di genere s'intende la violenza diretta contro una persona a causa del suo genere [...] e' una forma di discriminazione e una violazione delle liberta' fondamentali della vittima». Orbene, e' di tutta evidenza che la legge 19 luglio 2019, n. 69, sia stata concepita dal legislatore in un contesto che, se da una parte non puo' essere definito «emergenziale», in ragione della sua portata strutturale, e' stato di certo idoneo a determinare un allarme sociale di notevoli proporzioni, anche a causa dell'inadeguatezza delle misure di prevenzione e di assistenza sociale. Le misure di prevenzione alla violenza di genere hanno cosi' subito un inasprimento della risposta sanzionatoria, secondo un processo di modifica normativa piu' volte registrato nella storia dell'attivita' parlamentare e che ha riguardato diverse materie, tra le quali va ricordata, per le ripercussioni a suo tempo avute in punto di legittimita' costituzionale della novella, quella del sequestro di persona a scopo di estorsione (4) . Ebbene, e' necessario dunque chiedersi se l'art. 577, n. 3) c.p. non sia stato frutto di una risposta sanzionatoria che, come era avvenuto per l'art. 630 c.p., rischia di coinvolgere fenomeni di portata assai diversa, tanto piu' che la norma sul divieto di prevalenza delle attenuanti abbraccia rapporti estranei a quello coniugale oggetto del processo, quali l'ascendenza, la discendenza, l'adozione, l'unione civile, la stabile convivenza e addirittura la relazione affettiva, nell'ambito dei quali la condotta omicidiaria dell'agente e la sua riprolevolezza possono rispondere a una pluralita' di variabili: difatti, posto che nel caso di omicidio volontario non e' possibile distinguere le situazioni concrete a seconda del tasso di disvalore dell'evento, dato che il bene giuridico leso e' sempre la vita della vittima, e' comunque indispensabile vagliare gli episodi - e, di conseguenza, la risposta punitiva - dal punto di vista criminologico dell'agente. Poiche' i rapporti contemplati nell'aggravante in esame sono oggettivamente incontestabili e non possono formare oggetto di alcuna valutazione (fatta eccezione per il concetto di stabile convivenza e per quello di relazione affettiva) da parte dell'interprete, e' necessario accertare se, nel caso concreto, l'omicidio sia stato «manifestazione dei rapporti di forza» diseguali tra uomo e donna, per restare al nostro caso, oppure dei rapporti comunque asimmetrici, nella realta' o potenzialmente, che contraddistinguono le altre ipotesi contemplate dell'art. 577, comma 1, n. 1) c.p. Ebbene, in questo contesto, l'attenuante della provocazione, che dev'essere riconosciuta nell'azione delittuosa compiuta da R., puo' presentarsi in generale - e si presenta nella specie - slegata rispetto a quello squilibrio dei rapporti interpersonali che, come visto, il legislatore del «Codice Rosso» ha inteso tutelare, con il divieto di prevalenza, con riferimento sia ai soggetti piu' vulnerabili nell'ambito del rapporto coniugale, sia a quelli che presentano una minorata difesa nei diversi rapporti indicati dall'art. 577, comma 1, n. 1) c.p. A ben vedere, nel caso di specie si affronta una situazione diametralmente opposta rispetto a quella a cui aveva pensato il legislatore con la norma, della cui legittimita' costituzionale si dubita, che limita il pieno bilanciamento ai sensi dell'art. 69 c.p.: difatti, il soggetto che ha commesso l'omicidio nello stato d'ira determinato dal fatto ingiusto della vittima era anche quello che, nel corso della convivenza coniugale, per concordanti risultanze testimoniali, aveva subito in plurime occasioni le aggressioni e gli scatti collerici del coniuge e, nonostante cio', non lo aveva abbandonato, ma protetto sotto ogni aspetto, persino da azioni autolesionistiche, come avvenuto per l'ennesima volta anche il giorno del fatto, quando R. si era trattenuto nell'abitazione familiare, dopo l'allontanamento della figlia ... e dei suoi bambini, per impedire che la moglie potesse mettere in atto condotte nocive per la propria salute. Il caso scrutinato non ha quindi nulla a che fare con una vicenda di sopraffazione di genere, ma costituisce invece il drammatico sbocco di una storia familiare afflitta da una carica di sofferenza e frustrazione, ben descritta dai testimoni escussi e dallo stesso R. Illustrati questi argomenti, escludere la prevalenza dell'attenuante della provocazione, con il correlato profilo soggettivo, sull'aggravante del fatto omicidiario commesso contro il coniuge e quindi, con un giudizio di circostanze eterogenee al piu' di equivalenza, confinare la modulazione della pena nella forbice edittale compresa tra 21 e 24 anni di reclusione costituiscono dei passaggi di dosimetria del trattamento sanzionatorio in linea con una norma, l'art. 577, comma 3 c.p., che ad avviso della Corte di assise presenta profili di illegittimita' costituzionale in relazione al principio di uguaglianza e alla funzione di proporzionalita' e di rieducazione della pena. In primo luogo, con riferimento all'art. 3 della Costituzione, il negare, rispetto all'aggravante in questione, la prevalenza della provocazione, la cui conformazione giuridica (5) appare ben distante rispetto allo spirito e agli obbiettivi della novella del 2019, presenta elementi di ingiustificabile disarmonia rispetto all'attenuante dell'aver il colpevole agito per motivi di particolare valore morale o sociale (art. 61, comma 1, n. 1) c.p.), che, oggettivamente estranea anch'essa alla ratio dell'inasprimento introdotto dal «Codice Rosso», puo' invece essere considerata prevalente rispetto alle ipotesi di aggravante indicate dall'art. 577, comma 1, n. 1) c.p. Ed e' altresi' evidente la violazione dell'art. 27 della Costituzione, in quanto anche una pena compresa tra 21 e 24 anni di reclusione puo' presentarsi, rispetto alla complessiva valutazione del fatto, assolutamente sproporzionata, come certamente e' nel caso di specie, impedendo in tal modo al trattamento sanzionatorio di esplicare la propria funzione rieducativa. La Corte costituzionale ha dichiarato l'incostituzionalita' di una serie di norme che derogano al normale giudizio di bilanciamento previsto dall'art. 69 c.p., in relazione a plurimi divieti di prevalenza di circostanze attenuanti, anche a effetto comune, su concorrenti aggravanti (Corte costituzionale, 15 novembre 2012, n. 251; 18 aprile 2014, n. 105; 18 aprile 2014, n. 106; 7 aprile 2016, n. 74; 17 luglio 2017, n. 205; 24 aprile 2020, n. 73; 31 marzo 2021, n. 55). Se e' vero che quella della provocazione e' una circostanza attenuante a effetto comune, la sua incidenza sulla determinazione della pena da irrogare in concreto e', in ogni caso, particolarmente significativa, proprio in quanto opera su una sanzione astratta di estrema severita', qual e' quella comminata per l'omicidio volontario. Si legge, nelle decisioni della Consulta, che il principio di proporzionalita' della pena rispetto alla gravita' del reato esige in via generale che la pena sia adeguatamente calibrata non solo al concreto contenuto di offensivita' del fatto di reato per gli interessi protetti, ma anche al disvalore soggettivo espresso dal fatto medesimo (sentenza n. 222 del 2018). E, inoltre, che il quantum di disvalore soggettivo dipende in maniera determinante non solo dal contenuto della volonta' criminosa (dolosa o colposa) e dall'intensita' del dolo o dal grado della colpa, ma anche dalla eventuale presenza di fattori che hanno influito sul processo motivazionale dell'autore, rendendolo piu' o meno rimproverabile (sentenza n. 73 del 2020). In conclusione, l'art. 577, comma 3 c.p. appare in contrasto con il principio di uguaglianza e di proporzionalita' della sanzione penale e, sotto quest'ultimo aspetto, la pena che, influenzata dal divieto di prevalenza della provocazione, andrebbe irrogata a P. R. non assolverebbe ne' a una funzione rieducativa del colpevole, ne' a quella special-preventiva, dal momento che gli conferirebbe, per effetto del rapporto di coniugo, una pericolosita' sociale sproporzionata rispetto all'effettiva dinamica della condotta omicidiaria e dello stato di indicibile sofferenza in cui e' maturata. (1) Commissione d'inchiesta sul femminicidio, nonche' su ogni forma di violenza di genere, istituita con delibera del Senato della Repubblica del 16 ottobre 2018 (G.U. del 25 ottobre 2018, n. 249). (2) La radice della violenza contro le donne risiede pertanto negli stereotipi culturali. (3) Per altre definizioni, v. Cassazione pen., Sez. 1, 1° febbraio 2021, n. 2107; Cassazione pen., Sez. 1, 27 maggio 2019, n. 1396; Cassazione pen., Sez. 1, 21 luglio 2019, n. 12292. (4) In particolare, il trattamento sanzionatorio comminato nel reato di cui all'art. 630 c.p. e' stato oggetto di diversi interventi legislativi, dovuti (in questo caso il termine e' appropriato) a un'emergenza sociale: un elevatissimo numero di sequestri di persona posti in essere negli anni '70, con il fine di ottenere il riscatto per la liberazione. Le modifiche erano culminate nella novella dell'art. 630 c.p., che aveva comportato un significativo mutamento della cornice edittale del reato - da 25 a 30 anni di reclusione, inizialmente stabilita da 8 a 15 anni (il minimo della pena era stato quindi triplicato). La Consulta, investita della questione di legittimita' costituzionale della disposizione in esame, ne aveva evidenziato l'asprezza, e aveva posto in rilievo che questa risposta sanzionatoria si applica anche a condotte di assai minore gravita' rispetto a quelle che il legislatore si era prefissato di contrastare; episodi molto diversi sia dal punto di vista criminologico che da quello del tasso di disvalore. In questo contesto era stata collocata l'ipotesi del bilanciamento con l'attenuante della lieve entita' del fatto. Nella sentenza n. 68 del 2012, la Corte costituzionale aveva affermato che lo scopo della circostanza attenuante in questione era, appunto, quella di «mitigare - in rapporto ai soli profili oggettivi del fatto (caratteristiche dell'azione criminosa, entita' del danno o del periodo) - una risposta punitiva improntata a eccezionale asprezza e che, proprio per questo, rischia di rivelarsi incapace di adattamento alla varieta' di situazioni concrete riconducibili al modello legale». (5) Con riguardo alla circostanza attenuante di cui all'art. 62, n. 2) c.p., la sua configurabilita' necessita di tre elementi essenziali: lo stato d'ira (elemento soggettivo), dovuto a una situazione psicologica innescata da un impulso emotivo irrefrenabile; impulso, questo, che determina la perdita di autocontrollo dell'agente e che causa un forte turbamento caratterizzato da estrema aggressivita'; il fatto ingiusto altrui (elemento oggettivo), che e' un comportamento antigiuridico, ma puo' consistere anche nell'inosservanza di norme sociali o di costume che regolano la convivenza civile ordinaria; il fatto ingiusto altrui, pertanto, consiste in ogni comportamento oppressivo o persecutorio che si concretizza nell'offesa di un valore, di un'aspettativa, di un'opinione o di un comportamento - non si tratta necessariamente di un fatto illecito; il nesso di causalita' psicologica tra l'offesa e la reazione, indipendentemente dalla proporzionalita' tra i due elementi (v. Cassazione, 9 febbraio 2012, n. 5056; Cassazione, 26 aprile 2016, n. 17121).
P.Q.M. Visti gli articoli 134 della Costituzione, 23 ss. legge n. 87/1953, ritenuta la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 577, comma 3 c.p., sollevata dal pubblico ministero e alla quale si e' associata la difesa dell'imputato, rilevante e non manifestamente infondata con riferimento agli articoli 3 e 27 della Costituzione, nella parte in cui impedisce il giudizio di prevalenza, ai sensi dell'art. 69 c.p., della circostanza attenuante della provocazione rispetto alla circostanza aggravante prevista per il delitto di omicidio volontario, in relazione al fatto commesso contro il coniuge, dall'art. 577, comma 1, n. 1) del codice penale, dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e sospende il giudizio in corso. Manda alla cancelleria per la notificazione della presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' per la comunicazione ai presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Cagliari, 16 novembre 2022 Il Presidente: Massidda Il giudice a latere: Selis