N. 152 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 settembre 2022
Ordinanza del 15 settembre 2022 del Tribunale amministrativo regionale per la Liguria sul ricorso proposto da F.B. contro Ministero dell'interno e Prefettura di Genova UTG. Straniero - Immigrazione - Emersione di rapporti di lavoro - Previsione che la relativa istanza puo' essere presentata dai datori di lavoro stranieri in possesso del titolo di soggiorno previsto dall'art. 9 del decreto legislativo n. 286 del 1998, invece che dai datori di lavoro stranieri regolarmente soggiornanti in Italia. - Decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonche' di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 17 luglio 2020, n. 77, art. 103, comma 1.(GU n.52 del 28-12-2022 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LIGURIA Sezione Seconda Il Tribunale amministrativo regionale per la Liguria (Sezione Seconda) ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 468 del 2022, proposto da F B , rappresentato e difeso dall'avvocato Giorgio Rosa, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Genova, via Assarotti, n. 13-17; contro Ministero dell'interno-Prefettura di Genova UTG, per legge con il patrocinio dell'Avvocatura distrettuale dello Stato e con domicilio presso i suoi uffici in Genova, viale Brigate Partigiane, n. 2; per l'annullamento, previa sospensione dell'efficacia, del provvedimento n. della Prefettura di Genova, Sportello Unico Immigrazione, emesso in data , di rigetto dell'istanza di emersione dal lavoro irregolare presentata a favore del ricorrente dal datore di lavoro; Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Avvocatura dello Stato per il Ministero dell'interno-Prefettura di Genova UTG; Vista la domanda di sospensione dell'esecuzione del provvedimento impugnato, presentata in via incidentale dalla parte ricorrente; Visto l'art. 55 codice di procedura amministrativa; Visti tutti gli atti della causa; Ritenuta la propria giurisdizione e competenza; Relatore nella camera di consiglio del giorno 9 settembre 2022 il dott. Alessandro Enrico Basilico e sentite le conclusioni delle parti come da verbale; Premesso e considerato che: il ricorrente ha impugnato il diniego opposto all'istanza di emersione dal lavoro irregolare presentata dal proprio datore di lavoro al fine di stipulare, in conformita' all'art. 103, comma 1, del decreto-legge n. 34 del 2020 (conv. in legge n. 77 del 2020), un regolare contratto di soggiorno per lavoro subordinato; il decreto si fonda sul fatto che «il richiedente risultava non titolare di permesso di soggiorno in corso di validita' CE per soggiornanti di lungo periodo (Carta di Soggiorno di cui all'art. 9, decreto legislativo n. 286/98), condizione ostativa, ai sensi dell'art. 103, comma 1 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito in legge il 17 luglio 2020, n. 77, alla presentazione da parte del datore di lavoro extracomunitario, della istanza di emersione» e che «a tutt'oggi [ossia alla data di adozione del diniego] il predetto datore di lavoro non risulta in possesso del permesso di soggiorno di soggiornanti di lungo periodo» (dalla relazione dell'Amministrazione, doc. 5 dell'Avvocatura, risulta che il datore di lavoro istante sia titolare di un permesso di soggiorno per motivi familiari); il ricorrente ha chiesto a questo TAR l'annullamento del provvedimento, previa concessione di misure cautelari mediante sospensione della sua efficacia, deducendo un unico motivo di diritto (rubricato «carenza ed erroneita' della motivazione del provvedimento impugnato; carenza di istruttoria») con il quale ha contestato l'omesso invio del «preavviso di rigetto», sostenuto l'irragionevolezza dell'argomento posto a base del diniego (ossia il fatto che il datore di lavoro non fosse titolare di permesso di soggiorno di lungo periodo) e lamentato che l'Amministrazione non abbia valutato il rilascio di un permesso ad altro titolo; si e' costituita in giudizio l'Avvocatura dello Stato, per il Ministero dell'interno, resistendo al ricorso; alla camera di consiglio del 9 settembre 2022, il Collegio ha prospettato d'ufficio alle parti un possibile dubbio di costituzionalita' dell'art. 103, comma 1, del decreto-legge n. 34 del 2020 (conv. in legge n. 77 del 2020) per violazione dei principi di eguaglianza e ragionevolezza di cui all'art. 3, comma 1, Costituzione, invitandole alla discussione sul punto, ai sensi dell'art. 73, comma 3, codice di procedura amministrativa; all'esito della camera di consiglio, il Collegio ritiene che tale dubbio sussista e che della sua soluzione debba essere investito il Giudice delle leggi; a tal fine, in via preliminare il Collegio e' chiamato a valutare la sussistenza dei presupposti processuali e delle condizioni dell'azione, la cui verifica e' strumentale al riscontro della rilevanza della questione di costituzionalita'; a tal proposito, s'intende ribadire l'orientamento della Sezione secondo cui, benche' il legislatore abbia previsto che il procedimento amministrativo preordinato alla conclusione del contratto di soggiorno sia attivabile solo su iniziativa del datore di lavoro, «non possono disconoscersi gli effetti diretti che il provvedimento finale produce nella sfera giuridica dello straniero il quale, nel caso di esito favorevole, puo' conseguire il rilascio di un permesso di soggiorno per lavoro subordinato», con la conseguenza che, in capo a questi, e' ravvisabile «una posizione differenziata e qualificata che comporta la legittimazione ad impugnare in sede giurisdizionale le determinazioni amministrative ritenute lesive del suo interesse legittimo alla «emersione dal sommerso»» (sent. n. 701 del 2022); rispetto alla domanda cautelare avanzata dal ricorrente, strumentale rispetto a quella di annullamento del provvedimento impugnato, la questione di costituzionalita' e' rilevante; la «norma oggetto» della questione, ossia l'art. 103, comma 1, del decreto-legge n. 34 del 2020 (come convertito, con modificazioni, in legge n. 77 del 2020), per quanto d'interesse nel presente giudizio, stabilisce che: «al fine di garantire livelli adeguati di tutela della salute individuale e collettiva in conseguenza della contingente ed eccezionale emergenza sanitaria connessa alla calamita' derivante dalla diffusione del contagio da COVID-19 e favorire l'emersione di rapporti di lavoro irregolari, i datori di lavoro italiani o cittadini di uno Stato membro dell'Unione europea, ovvero i datori di lavoro stranieri in possesso del titolo di soggiorno previsto dall'articolo 9 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, possono presentare istanza, con le modalita' di cui ai commi 4, 5, 6 e 7 , per concludere un contratto di lavoro subordinato con cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale ovvero per dichiarare la sussistenza di un rapporto di lavoro irregolare, tuttora in corso, con cittadini italiani o cittadini stranieri»; la disposizione limita la presentazione dell'istanza di emersione ai datori di lavoro stranieri in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, con esclusione dei datori di lavoro stranieri in possesso di altri titoli di soggiorno; nel caso di specie, l'istanza e' stata presentata da un datore di lavoro straniero privo del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo - benche' regolarmente soggiornante in Italia, in quanto in possesso di un permesso di soggiorno per motivi familiari - e questa circostanza ha costituito l'unica ragione che l'Amministrazione ha addotto per negare il provvedimento favorevole richiesto; sebbene il ricorrente non abbia espressamente eccepito l'incostituzionalita' della norma in questione, nell'unico motivo di ricorso dedotto ha comunque specificamente contestato la ragionevolezza della previsione, affermando che: «con specifico riferimento all'argomento (unico) a base del diniego gravato, ossia il fatto che il datore di lavoro non fosse titolare di permesso di soggiorno di lungo periodo, non puo' che osservarsi quanto segue. La carenza contestata afferisce ad una dimensione del tutto personale e privata del datore di lavoro, assolutamente al di fuori del controllo del lavoratore ne' da questi modificabile in nessun modo. Il possesso e la qualita' dei documenti di soggiorno sono elementi che competono esclusivamente al titolare degli stessi (nel caso di specie al datore di lavoro) e per loro stessa natura strettamente personali e riservati, e pertanto non pare logico ne' giuridicamente accettabile che qualsivoglia irregolarita' ridondi a carico e sfavore di un soggetto estraneo alle dinamiche amministrative relative - appunto - al solo titolare dei documenti stessi» (p. 3 del ricorso); la soluzione della questione di legittimita' costituzionale, con cui si dubita della ragionevolezza dell'art. 103, comma 1, del decreto-legge n. 34 del 2020 (conv. in legge n. 77 del 2020), risulta dunque strumentale al vaglio - anche con lo scrutinio sommario proprio della fase cautelare - della fondatezza della censura svolta con l'impugnativa, con cui si contesta la ragionevolezza del diniego in quanto fondato su cio' che la norma stessa prevede, con la conseguenza che sussistono i presupposti affinche' questo Tribunale possa sollevarla d'ufficio, ai sensi dell'art. 1 della l. cost. n. 1 del 1948 e dell'art. 23, comma 3, della legge n. 87 del 1953, ma nel rispetto del principio della domanda di cui all'art. 99 cod. proc. civ., essendovi un collegamento evidente e diretto tra il dubbio di costituzionalita' e l'unico motivo di ricorso; sempre ai fini della rilevanza, e per completezza, e' opportuno precisare, con riferimento alle altre contestazioni mosse dal ricorrente, che la prima, consistente nella violazione dell'art. 10-bis della legge n. 241 del 1990 per omesso invio del «preavviso di rigetto», appare infondata, data la natura vincolata che il diniego assume, nelle circostanze del caso di specie, alla luce della norma, mentre l'ultima, relativa alla mancata concessione di un permesso ad altro titolo, risulta logicamente subordinata a quella principale, inerente le condizioni di accesso alla procedura di emersione, nonche' anch'essa infondata, dato che la disciplina in esame non prevede una simile possibilita' e, avendo natura eccezionale, e' di stretta interpretazione; sotto altro profilo, sussiste il presupposto del «periculum in mora», in quanto, se non venisse concessa la tutela cautelare, il ricorrente subirebbe un danno grave e irreparabile, rimanendo privo di un titolo di soggiorno che lo autorizzi a rimanere sul territorio nazionale; pertanto, questo giudice non puo' decidere sulla domanda cautelare di sospensione dell'efficacia dell'atto impugnato - e, in particolare, sulla sussistenza del requisito del «fumus boni iuris» - senza che sia prima risolto il dubbio di costituzionalita' della previsione su cui esso si fonda e la cui ragionevolezza e' stata contestata dal ricorrente; la questione di costituzionalita' dell'art. 103, comma 1, del decreto-legge n. 34 del 2020 (conv. in legge n. 77 del 2020), per violazione dell'art. 3, comma 1, Costituzione, e' anche non manifestamente infondata; occorre rammentare che, secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale, nell'art. 3, comma 1, Costituzione trova fondamento il principio di ragionevolezza - in quanto «il giudizio di eguaglianza [...] e' in se' un giudizio di ragionevolezza, vale a dire un apprezzamento di conformita' tra la regola introdotta e la «causa» normativa che la deve assistere» (cosi' fin dalla sent. n. 89 del 1996) - il quale e' leso quando si accerti una «contraddittorieta' intrinseca tra la complessiva finalita' perseguita dal legislatore e la disposizione espressa dalla norma censurata» (tra le piu' recenti, si v. la sent. n. 195 del 2022), cosi' come quando l'irragionevolezza intrinseca della disciplina sia foriera di un'ingiustificata disparita' di trattamento (tra le tante, si v. la sent. n. 7 del 2005 e n. 49 del 2019); anche in materie nelle quali possiede un'ampia discrezionalita', come quella dell'immigrazione, il legislatore e' chiamato a esercitare il proprio potere nel rispetto dei limiti segnati dai precetti costituzionali, dettando una disciplina che «per essere in armonia con l'art. 3 Costituzione, occorra che sia conforme a criteri di intrinseca ragionevolezza» (sent. n. 172 del 2012); per quanto d'interesse nel presente giudizio, l'art. 103, comma 1, del decreto-legge n. 34 del 2020 (conv. in legge n. 77 del 2020) ha previsto una speciale «regolarizzazione» per i lavoratori stranieri, i quali possono stipulare con il datore di lavoro un contratto di soggiorno laddove ricorrano le seguenti condizioni: che abbiano fatto ingresso in Italia prima dell'8 marzo 2020; che non abbiano lasciato il territorio nazionale da quella data; che intendano stipulare un contratto di lavoro - ovvero dichiarino la sussistenza di un rapporto in essere - nei settori dell'agricoltura, della cura della persona o del lavoro domestico (al presente giudizio non e' invece riferibile la diversa ipotesi di «regolarizzazione» di cui al comma 2 della medesima disposizione, che prevede il rilascio di un permesso di soggiorno temporaneo per consentire la ricerca di un nuovo lavoro agli stranieri con permesso di soggiorno scaduto alla data del 31 ottobre 2019 e che siano stati impiegati nei settori citati); tale «regolarizzazione» e' espressamente finalizzata a «garantire livelli adeguati di tutela della salute individuale e collettiva in conseguenza della contingente ed eccezionale emergenza sanitaria connessa alla calamita' derivante dalla diffusione del contagio da COVID-19 e favorire l'emersione di rapporti di lavoro irregolari»; e' alla luce di questa finalita' che deve essere valutata la ragionevolezza della disciplina descritta, nei termini della congruita' tra mezzo e fine, con particolare riferimento all'indicazione dei soggetti legittimati a presentare l'istanza di emersione; da questo punto di vista, occorre osservare che, secondo la disciplina generale di cui agli artt. 5-bis e 22 del decreto legislativo n. 286 del 1998, il contratto di soggiorno puo' essere stipulato dal datore di lavoro straniero «regolarmente soggiornante in Italia»; l'art. 103, comma 1, invece limita la presentazione dell'istanza ai datori di lavoro stranieri in possesso del permesso di lungo periodo - invece che regolarmente soggiornanti in Italia - e preclude cosi' l'accesso alla «regolarizzazione» di lavoratori stranieri di per se' in possesso dei requisiti «sostanziali» (permanenza in Italia da prima dell'8 marzo 2020 e impiego nei settori dell'agricoltura o dell'assistenza alla persona), rendendo meno agevole il raggiungimento dello scopo, dichiaratamente perseguito dalla norma, di «favorire» l'emersione del lavoro irregolare e la stipulazione di contratti d'impiego nei settori indicati; sotto altro profilo, ponendo l'accento su una condizione che non riguarda lo straniero, destinatario principale del beneficio, bensi' un diverso soggetto, l'art. 103, comma 1, determina anche un'ingiustificata disparita' di trattamento tra lavoratori che, a parita' di requisiti «sostanziali», risultano ammessi o esclusi dalla «regolarizzazione» in dipendenza del titolo di soggiorno del loro datore di lavoro; pare opportuno rammentare che, come messo in luce dalla giurisprudenza costituzionale, il permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo e' concesso «quando ricorra una serie di presupposti che testimoniano della relativa stabilita' della presenza sul territorio, e il suo regime si colloca nella logica di una ragionevole prospettiva di integrazione del destinatario nella comunita' ospitante» (tra le tante, si v. la sent. n. 19 del 2022); la previsione di un requisito piu' stringente rispetto alla normativa ordinaria appare quindi ingiustificata in quanto, nella disciplina di cui all'art. 103, comma 1, la «stabilita'» del datore di lavoro sul territorio nazionale e la sua «integrazione» nella comunita' italiana non presentano alcun legame con i presupposti (presenza del lavoratore straniero in Italia da prima dell'8 marzo 2020 e impiego nei settori indicati), le finalita' (agevolare l'emersione di manodopera irregolare) o gli effetti della «regolarizzazione» (rispetto ai quali si deve osservare che il soggiorno dello straniero, una volta «regolarizzato», dipende dalla durata del contratto di lavoro, che deve essere specificata nell'istanza, e, in caso di cessazione del rapporto d'impiego, dall'applicazione delle disposizioni di cui all'art. 22, comma 11, del decreto legislativo n. 286 del 1998, secondo cui il lavoratore straniero puo' essere iscritto nelle liste di collocamento per un periodo pari a quello di residua validita' del permesso di soggiorno e comunque non inferiore a un anno); di conseguenza, tale requisito risulta disarmonico rispetto al contesto normativo in cui e' inserito e si traduce in un'ingiustificata disparita' di trattamento tra lavoratori stranieri; pertanto, la questione di costituzionalita' dell'art. 103, comma 1, del decreto-legge n. 34 del 2020 (conv. in legge n. 77 del 2020) e' non manifestamente infondata in relazione all'art. 3, comma 1, Costituzione, nella parte in cui prevede che l'istanza di emersione possa essere presentata da «i datori di lavoro stranieri in possesso del titolo di soggiorno previsto dall'articolo 9 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni», invece che da «i datori di lavoro stranieri regolarmente soggiornanti in Italia»; l'adozione di una sentenza «manipolativa» - e segnatamente «sostitutiva» - appare invocabile in considerazione dell'orientamento, ormai consolidatosi nella giurisprudenza del Giudice delle leggi, secondo cui, laddove si versi in materie riservate alla discrezionalita' del legislatore, «la "ammissibilita'" delle questioni di legittimita' costituzionale risulta [...] condizionata non tanto dall'esistenza di un'unica soluzione costituzionalmente obbligata, quanto dalla presenza nell'ordinamento di una o piu' soluzioni costituzionalmente adeguate, che si inseriscano nel tessuto normativo coerentemente con la logica perseguita dal legislatore [...] In tale prospettiva, onde non sovrapporre la propria discrezionalita' a quella del Parlamento, la valutazione della Corte deve essere condotta attraverso "precisi punti di riferimento e soluzioni gia' esistenti"» (si v. la sent. n. 62 del 2022 e i precedenti ivi citati); nel caso di specie, il punto di riferimento non puo' che essere rappresentato dalla disciplina generale del contratto di soggiorno, alla cui stipulazione e' appunto ammesso il datore di lavoro straniero «regolarmente soggiornante in Italia», rispetto alla quale l'art. 103, comma 1, risulta ingiustificatamente restrittivo; infine, occorre precisare che, considerato il dato testuale della «norma oggetto», il cui tenore e' inequivoco, non e' possibile interpretarla norma in conformita' al parametro costituzionale evocato e occorre rimettere al Giudice delle leggi la soluzione del dubbio di costituzionalita'; la circostanza che, nelle more del processo di costituzionalita', il ricorrente possa subire un pregiudizio grave e irreparabile, rimanendo privo di un titolo di soggiorno che lo autorizzi a rimanere sul territorio nazionale, induce comunque a sospendere l'efficacia del provvedimento impugnato in via provvisoria e temporanea, riservando la decisione sull'istanza della parte - nonche' l'eventuale definizione della controversia con sentenza in forma semplificata ai sensi dell'art. 60 codice di procedura amministrativa - alla ripresa del giudizio cautelare dopo l'incidente di legittimita' costituzionale (sull'ammissibilita' della questione sollevata nella fase cautelare, quando la decisione definitiva sull'istanza della parte venga riservata all'esito del giudizio di costituzionalita', si v., tra le tante, le sentt. n. 10 e n. 99 del 2018);
P. Q. M. Il Tribunale amministrativo regionale per la Liguria (Sezione Seconda) interlocutoriamente pronunciando sull'istanza cautelare: dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 103, comma 1, del decreto-legge n. 34 del 2020 (conv. in legge n. 77 del 2020), in relazione all'art. 3, comma 1, della Costituzione, nella parte in cui prevede che l'istanza di emersione possa essere presentata da «i datori di lavoro stranieri in possesso del titolo di soggiorno previsto dall'articolo 9 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni», invece che da «i datori di lavoro stranieri regolarmente soggiornanti in Italia»; sospende il giudizio e ordina alla Segreteria l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; ordina che, a cura della Segreteria, la presente ordinanza sia notificata alle parti costituite e al Presidente del Consiglio dei Ministri, nonche' comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento; sospende interinalmente l'efficacia del provvedimento impugnato. La presente ordinanza sara' eseguita dall'Amministrazione ed e' depositata presso la segreteria del Tribunale che provvedera' a darne comunicazione alle parti. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignita' della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalita' del ricorrente. Cosi' deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 9 settembre 2022 con l'intervento dei magistrati: Luca Morbelli, presidente; Richard Goso, consigliere; Alessandro Enrico Basilico, referendario, estensore Il Presidente: Morbelli L'estensore: Basilico