N. 9 ORDINANZA (Atto di promovimento) 4 gennaio 2023

Ordinanza del 4 gennaio 2023 della  Corte  d'appello  di  Napoli  nel
procedimento  civile  promosso  da  C.   C.   contro   il   Ministero
della giustizia. 
 
Processo civile - Equa riparazione per violazione  della  ragionevole
  durata del processo - Controversie  in  materia  di  riconoscimento
  della   protezione   internazionale   -   Termine   ragionevole   -
  Individuazione del  termine  ragionevole  del  processo  nella  non
  eccedenza della durata di tre anni in primo grado, di due  anni  in
  secondo  grado,  di  un  anno  nel  giudizio  di   legittimita'   -
  Applicazione  del  termine  triennale   anche   alla   durata   dei
  procedimenti di primo grado  in  materia  di  riconoscimento  della
  protezione internazionale ex art. 35-bis del d.lgs. n. 25 del 2008. 
- Legge 24 marzo 2001, n. 89 (Previsione di equa riparazione in  caso
  di violazione del  termine  ragionevole  del  processo  e  modifica
  dell'articolo 375 del codice di procedura civile),  art.  2,  comma
  2-bis. 
(GU n.7 del 15-2-2023 )
 
                     LA CORTE D'APPELLO DI NAPOLI 
                        quinta sezione civile 
                   (gia' prima sezione civile bis) 
 
    Nella persona del Presidente designato dott. Caterina Molfino; 
    Visto il ricorso iscritto al n. 2737/ 2022 r.g. aff.  vol.  giur.
avente ad oggetto la domanda di equa riparazione ex lege  n.  89/2001
proposta da C. C.  nato in il ( codice  fiscale.  )  rappresentato  e
difeso in virtu' di procura rilasciata e trasmessa con  le  modalita'
di cui all'art. 83 comma 3° c.p.c. dall'avv.  De  Vincentis  Gianluca
DVNGLC86H08A783X e con lo stesso  elettivamente  domiciliato  in  via
Roma, n. 85 Telese Terme, ricorrente; 
    nei confronti  del  Ministero  della  giustizia  in  persona  del
Ministro pro tempore; 
    ha emesso il seguente decreto; 
    rilevato dagli atti che il ricorrente in  epigrafe  ha  richiesto
l'indennizzo maturato per l'irragionevole durata del procedimento  di
primo grado introdotto dinanzi  al  Tribunale  di  Napoli  -  Sezione
Specializzata Immigrazione - in data 8.4.2019, definito  con  decreto
di parziale accoglimento depositato il 28.11.2022; 
    che il ricorrente ha allegato che il giudizio ha avuto la  durata
complessiva di anni 3 e mesi  7,  arco  temporale  cui  ha  richiesto
sottrarsi mesi 4 di durata ragionevole  del  processo  di  protezione
internazionale in primo grado, a norma dell'art. 35-bis comma 13 D.L.
25/2008, come modificato dal D.L. n. 13/2017; 
    che, infatti, a suo dire, la normativa  speciale  in  materia  di
protezione  internazionale,  finalizzata  alla  tutela  dei   diritti
fondamentali  della  persona,  e'  connotata   da   urgenza   e,   di
conseguenza,  l'esame  delle  domande  di  protezione   deve   essere
effettuato nel termine specifico indicato dalla normativa stessa, con
conseguente deroga del termine di durata triennale  di  un  ordinario
giudizio di primo grado, dettato dall'art. 2 comma 2-bis L. 89/2001; 
    La tesi sostenuta dal ricorrente non  risulta  condivisibile.  Ed
infatti, l'art. 2, comma 2-bis ,  legge  Pinto,  stabilisce  che  «si
considera rispettato il termine ragionevole di cui al comma 1  se  il
processo non eccede la durata di tre anni  in  primo  grado,  due  in
secondo  grado  e  un  anno  nel  giudizio  di  legittimita'».   Tali
disposizioni sono state introdotte dall'art. 55, comma 1, lettera  a)
, numero 2), del decreto-legge n. 83 del 2012, al  fine  di  adottare
una disciplina legale uniforme dei termini entro cui il giudizio deve
reputarsi rispettoso  del  principio  della  ragionevole  durata  del
processo, enunciato dall'art. 111, secondo comma della Costituzione e
dall'art. 6, paragrafo 1, della CEDU. 
    Ebbene, il  superamento  del  termine  di  quattro  mesi  per  la
decisione  previsto  dalla  normativa  sopra   richiamata,   che   ha
pacificamente natura ordinatoria, non  rileva  di  per  se'  ai  fini
dell'equo indennizzo, perche' non puo' ritenersi  che  tale  termine,
avente  finalita'   meramente   acceleratoria,   possa   considerarsi
sostitutivo e derogatorio di  quello  previsto  specificamente  dalla
legge in materia di equa  riparazione.  Vi  e',  cioe',  un'obiettiva
indipendenza    dei    due    termini    rispettivamente     previsti
dall'ordinamento per la decisione del procedimento de quo  e  per  la
ragionevole durata del processo, di  guisa  che  il  superamento  del
primo di essi e' insufficiente ai fini del riconoscimento del diritto
all'equo indennizzo di cui alla legge n. 89 del 2001. 
    Un ragionamento analogo a quello appena svolto  e'  pacificamente
seguito per il termine di durata ragionevole dei  procedimenti  della
legge Pinto, fissato notoriamente in un anno, nonostante  che  l'art.
3, comma 4, preveda che il giudizio debba essere deciso entro  trenta
giorni dal deposito del ricorso e l'art. 5-ter  ,  comma  5,  che  la
definizione del giudizio di opposizione debba avvenire entro  quattro
mesi dal deposito del ricorso. 
    L'unico termine decisivo, quindi, resta  quello  stabilito  dalla
legge Pinto, non potendosi dubitare che  l'art.  2,  comma  2  -  ter
citato, si applichi anche al procedimento in  materia  di  protezione
internazionale perche' esso si estende «ad ogni  procedimento  civile
per cui  non  sia  disposto  diversamente  e  non  solo  al  giudizio
ordinario di cognizione; tanto e'  vero  che,  per  alcune  procedure
speciali, come quella esecutiva, e quella concorsuale,  la  legge  ha
previsto termini diversi e specifici» (cosi' Corte Cost. n. 36 del 19
febbraio 2016). 
    Cio'  posto,  vanno,  per  converso,   considerati:   la   natura
personalissima  dei  diritti  umani  coinvolti  (riconosciuti   dalle
convenzioni  internazionali  e  dalla  Costituzione   italiana),   la
peculiarita' del procedimento connotato dalla semplicita' delle forme
e da  esigenze  di  snellezza  e  sommarieta'  delle  indagini  (cosi
Cassazione 10 settembre 2020, n. 18787),  la  stessa  previsione  del
termine di quattro mesi per la decisione del  giudice  (peraltro  non
reclamabile), nonche' l'indicazione  contenuta  nel  comma  15  dello
stesso art. 35-bis secondo cui la «controversia e' trattata  in  ogni
grado in via di urgenza»;  rilievi  dai  quali  si  desume,  in  modo
univoco e convergente, che la tutela  in  materia  di  riconoscimento
della protezione internazionale debba essere  certamente  soddisfatta
con particolare rapidita' e celerita'. 
    Alla stregua di tali considerazioni, non  vi  e'  dubbio  che  la
speciale delicatezza e la notevole rilevanza  della  materia  oggetto
dei procedimenti in esame, inerente il  godimento  di  diritti  umani
fondamentali, esigono, nei giudici, un'accentuata  diligenza  ed  una
specifica loro efficienza anche sul piano temporale, con  conseguente
riduzione del parametro di ragionevole durata del processo. Non puo',
percio', ritenersi che,  anche  rispetto  a  tale  procedimento,  sia
adeguato  e  rispettoso  dei  principi  costituzionali   il   termine
triennale  di  durata  ragionevole  previsto  in  via  generale   con
riferimento ai procedimenti civili. 
    In definitiva, il vizio di incostituzionalita' dell'art. 2, comma
2-bis della legge n. 89/2001, che impone di  considerare  ragionevole
la durata triennale del procedimento di primo  grado  in  materia  di
protezione internazionale, si  rende  evidente  in  quanto  la  norma
finisce per equiparare e trattare  in  modo  uniforme  procedure  del
tutto  diverse  sotto  l'aspetto  della   congruita'   della   durata
ragionevole dei giudizi, posto che la individuazione di  tale  durata
ex art. 111, secondo comma della Costituzione  non  puo'  prescindere
dalle caratteristiche e dalla natura del procedimento. In tal  senso,
va altresi' ricordato che, in sede  di  interpretazione  dell'art.  6
della  Convenzione  europea  sui  diritti  dell'uomo,  la  Corte   di
Strasburgo ha sempre tenuto conto, in particolare, della complessita'
della causa e della rilevanza della «posta in gioco»  al  fine  della
determinazione  del  termine  ragionevole,  e,  tra  gli  esempi   di
categorie  di  cause  che,  per  loro  natura,  esigono   particolare
diligenza e sollecitudine sono fatte rientrare le cause in materia di
stato civile e di capacita' personale  (cfr.  Corte  europea  diritti
dell'uomo, sez. I, 5 dicembre 2019, n. 35516). 
    Ne consegue che l'art. 2, comma 2-bis citato, nella parte in  cui
si  applica  anche  ai  procedimenti   in   materia   di   protezione
internazionale, appare contrastante sia con  l'art.  3,  primo  comma
della Costituzione, sia con gli articoli 111, secondo comma,  e  117,
primo  comma,  della  Costituzione,  per  violazione  degli  obblighi
internazionali derivanti dall'art. 6 della Convenzione europea per la
salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali  che
stabilisce l'analogo principio del «termine ragionevole». 
    Ne'  l'evidente  incongruenza  puo'  essere   superata   mediante
un'interpretazione dell'art. 2, comma 2 -bis in senso  conforme  alla
Costituzione,  derogando  alla  suddetta   previsione   normativa   e
sostituendo al termine triennale un termine inferiore individuato dal
giudice, ad esempio, in via analogica, quello annuale previsto per le
procedure di legge Pinto, cosi' come deciso da diversi precedenti  di
merito citati da parte ricorrente. 
    Al riguardo, deve condividersi  l'opinione  secondo  la  quale  i
commi 2 -bis e 2 - ter dell'art. 2, nell'affermare che il termine ivi
indicato «Si considera rispettato», sono univoci e  non  possono  che
essere intesi nel senso che tale termine debba essere ritenuto sempre
ragionevole, perche' considerato  dal  legislatore  insensibile  alla
natura del procedimento ed all'eventuale accertamento della  maggiore
semplicita' dello stesso. Cio' trova conferma nel  fatto  che  questa
affermazione si inserisce  nell'ambito  di  un  intervento  normativo
diretto   a   sottrarre   alla   discrezionalita'   giudiziaria    la
determinazione della congruita' del termine, per affidarla invece  ad
una previsione legale di carattere  generale.  In  tal  senso  si  e'
correttamente  osservato  che  «di  fronte  all'esplicita  previsione
normativa, che  non  prevede  durate  diversificate  in  ragione  del
diverso grado di complessita' dei giudizi, ogni  argomento  contrario
e' recessivo» ( cfr. Cassazione 6 dicembre 2021, n. 38471). Anche nei
lavori  preparatori  al  decreto-legge  n.  83/2012,  in  particolare
all'art. 55, si legge che l'osservanza  dei  termini  di  durata  dei
singoli gradi di giudizio, introdotti dall'art. 2, comma 2-bis ,  «fa
si'  che  sia  rispettato  il  termine  ragionevole  di  durata   del
procedimento e, quindi, non permette alcuna domanda di indennizzo». 
    Significativo, del resto, e'  che  l'individuazione  del  termine
annuale di durata ragionevole del processo della cd. legge Pinto  non
e' il frutto di una  operazione  interpretativa  dell'art.  2,  comma
2-bis  ,  della  stessa  legge,  ma  e'  conseguente  al   necessario
intervento demolitorio della Corte costituzionale che,  con  sentenza
del  19  febbraio  2016,  n.  36,  ha  dichiarato  costituzionalmente
illegittimo - per violazione degli articoli 111 e 117, comma 1, della
Costituzione il citato art. 2, comma 2-bis , nella parte  in  cui  si
applica alla - durata del processo  di  primo  grado  previsto  dalla
legge n. 89 del 2001. Va, ancora, evidenziato  che,  nella  pronunzia
suindicata, la Corte, sulla base di argomentazioni identiche a quelle
sopra illustrate, ha rigettato l'eccezione sollevata  dall'Avvocatura
generale dello Stato secondo cui  sarebbe  stato  possibile  adottare
un'interpretazione  costituzionalmente  conforme  delle  disposizioni
impugnate, ed ha,  quindi,  disatteso  la  tesi  che  il  legislatore
avrebbe introdotto solo «un parametro cui il giudice  deve  attenersi
senza esserne vincolato in termini assoluti»,  potendone  prescindere
alla luce della natura del procedimento. 
    In conclusione, il carattere  vincolante  ed  inderogabile  della
previsione normativa in tema di durata ragionevole  del  procedimento
esclude    la    possibilita'    di    adottare    un'interpretazione
costituzionalmente orientata della  norma  in  esame,  obbligando  il
giudice a sollevare la relativa questione di costituzionalita'. 
    Non si ritiene, poi, compito del giudice a quo indicare quale sia
il termine piu' adeguato al caso di specie, come pure non puo' essere
di ostacolo alla denuncia di illegittimita' costituzionale il rilievo
che, una volta rimossa la norma  incostituzionale,  l'intervento  del
legislatore possa ritardare o mancare del tutto, potendo l'interprete
sopperire  a  tale  lacuna  utilizzando  i  principi  espressi  dalla
giurisprudenza della Corte europea  dei  diritti  dell'uomo  e  della
Corte  di  Cassazione  antecedente  alla   novella   introdotta   dal
decreto-legge n. 83/2012. 
    Evidente,  infine,  e'   la   rilevanza   della   questione   nel
procedimento in esame, dal momento che l'individuazione della  durata
ragionevole del processo presupposto,  contenuta  nelle  disposizioni
della cui legittimita' costituzionale si dubita,  influisce  in  modo
determinante   sulla   misura   dell'indennizzo   richiesto   e,   di
conseguenza, sulla decisione richiesta dal ricorrente. 
 
                              P. Q. M. 
 
    La Corte di appello di Napoli, quinta sezione civile; 
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; 
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 2-bis della  legge  24
marzo 2001, n. 89, nella parte in cui si applica  anche  alla  durata
dei procedimenti di primo grado in materia  di  riconoscimento  della
protezione internazionale, ex art. 35-bis ,  decreto  legislativo  n.
25/2008. 
    Dispone  l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale e sospende il giudizio in corso. 
    Ordina che, a cura della cancelleria, la presente  ordinanza  sia
notificata alle parti in causa, nonche' al Presidente  del  Consiglio
dei ministri e comunicata ai Presidente della Camera dei  deputati  e
del Senato della Repubblica. 
    Cosi' deciso in Napoli, 3 gennaio 2023 
 
                  Il Presidente designato: Molfino