N. 11 ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 gennaio 2023

Ordinanza  del  5  gennaio  2023  della  Corte  di   cassazione   nel
procedimento civile promosso dal Procuratore generale presso la Corte
d'appello di Milano contro B. M. N. ed altri. 
 
Adozione e affidamento - Adozione di minori -  Adozione  legittimante
  derivante  dall'accertamento  dello  stato  di  abbandono  e  dalla
  dichiarazione  di  adottabilita'  -  Cessazione  dei  rapporti  tra
  l'adottato e la famiglia d'origine,  estesa  ai  parenti  entro  il
  quarto grado, salvi i divieti matrimoniali - Denunciata preclusione
  della valutazione, in concreto, del preminente interesse del minore
  a non recidere tali rapporti, secondo le modalita' stabilite in via
  giudiziale. 
- Legge 4 maggio 1983, n. 184 (Diritto del minore ad  una  famiglia),
  art. 27, comma terzo. 
(GU n.7 del 15-2-2023 )
 
                     CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 
                        Prima sezione civile 
 
    Composta dagli Illustrissimi signori magistrati: 
        Maria Acierno - Presidente - rel.; 
        Marco Vannucci - Consigliere; 
        Andrea Fidanzia - Consigliere; 
        Paolo Catallozzi - Consigliere; 
        Roberto Amatore - Consigliere. 
    Ordinanza interlocutoria sul ricorso 4642-bis 2021  proposto  da:
Procura generale della Repubblica  presso  la  Corte  di  appello  di
Milano; - ricorrente - contro B. M. N., K. A., Z. H., nella  qualita'
rispettivamente di zii e prozio dei  minori  Z.  S. A  e  Z.  S.  R.,
rappresentati e difesi  dall'avvocato  Chiari  Marina,  del  Foro  di
Brescia        (elezione        di        domicilio         digitale:
marina.chiari@brescia.pecavvocati.it) controricorrente Z. S.  R.,  Z.
S. A., in persona del sindaco p. t. C. R.  del  Comune  di  ... quale
tutore provvisorio dei minori,  elettivamente  domiciliati  in  Roma,
viale Carso n. 43,  presso  lo  studio  dell'avvocato  Izzo  Adriano,
rappresentati e difesi dal predetto avvocato Di Nella  Maria  Grazia,
giusta procura in calce al controricorso; - controricorrenti - S. D.,
rappresentata e  difesa  dall'avvocato  Omazzi  Lucia  Carla,  giusta
procura in calce al controricorso, con studio  in  Roma,  piazza  del
Popolo n. 14, presso cui ha eletto domicilio - controricorrente -  Z.
S., domiciliato  in  Roma,  piazza  Cavour,  rappresentato  e  difeso
dall'avvocato Chiari Marina, giusta procura in calce al controricorso
del   Foro   di   Brescia   (elezione    di    domicilio    digitale:
marina.chiari@brescia.pecavvocati.it);    -    controricorrente     -
controricorrenti - udito il procuratore generale:  sul  ricorso  P.G.
presso   la   Corte   di   appello   il   quale   ha   concluso   per
l'inammissibilita'   per   tardivita'   notificazione   ricorso    in
Cassazione, con affermazione di un principio di diritto ex  art.  363
del codice di procedura civile In subordine  remissione  della  causa
alle SS.UU. Corte e/o Corte costituzionale; 
        udito, per i ricorrenti,  l'avvocato  Chiari  Marina  che  ha
concluso per l'inammissibilita' del ricorso P.G. Corte di appello  di
Milano; 
        udito, per i  controricorrenti,  l'avvocato  Di  Nella  Maria
Grazia che ha chiesto l'inammissibilita' del ricorso  P.G.  Corte  di
appello di Milano; 
        udito, per  la  controricorrente  Sabini,  l'avvocato  Omazzi
Lucia Carla che ha chiesto l'inammissibilita' del ricorso P.G.  Corte
di appello di Milano. 
 
                                Fatto 
 
    1. Il Tribunale per i minorenni di Milano, ha dichiarato  il  non
luogo a provvedere in ordine alla dichiarazione di adottabilita'  dei
due minori R. ed A. la cui madre era stata uccisa dal loro  padre  Z.
S.,  condannato  per  omicidio  in  primo  grado  a  sedici  anni  di
reclusione.  Il  medesimo  tribunale  ha  dichiarato  decaduto  dalla
responsabilita' genitoriale il padre ed  ha  disposto  l'interruzione
dei rapporti tra quest'ultimo ed i minori. Questi ultimi  sono  stati
affidati ai prozii paterni Z. H.  B.  e  R.  N.,  residenti  in  Gran
Bretagna,  con  previsione  di  coordinamento  tra  servizi   sociali
italiani che avevano preso in carico i minori con  quelli  britannici
al fine  di  preparare  i  minori  stessi  al  trasferimento  con  le
modalita' piu' adeguate. In particolare  era  stato  previsto  che  i
servizi sociali britannici  prendessero  in  carico  l'intero  nucleo
familiare composto dai prozii e zii paterni, di conservare periodiche
frequentazioni con la nonna materna, anche con contatti telefonici  e
video chiamate, di garantire l'apprendimento della lingua italiana. 
    2. Avverso tale pronuncia avevano proposto appello il tutore  dei
minori, con richiesta di sospensiva dell'efficacia del  provvedimento
di primo grado e  la  nonna  materna  chiedendo  entrambi  che  fosse
dichiarato lo stato di  adottabilita'  dei  minori  con  possibilita'
d'incontri con i familiari. 
    3.  La  Corte  d'appello,   in   accoglimento   dell'istanza   di
sospensiva, ha accertato che la coppia di prozii  affidatari  si  era
disgregata da molti mesi e che dal febbraio 2019 non incontrava  piu'
i bambini i quali avevano sporadici contatti  con  gli  zii  paterni,
ritenuti gia' dal Tribunale per i minorenni inadeguati  ad  occuparsi
dei minori. 
    4. In sede di decisione, la  Corte  d'appello  ha  dichiarato  lo
stato di adottabilita' dei minori. Dopo aver acquisito  relazioni  di
aggiornamento sulla situazione dei bambini e dei loro rapporti con  i
parenti paterni e materni, a sostegno della  decisione  la  Corte  ha
affermato per quel che interessa: 
        la nonna materna ha chiesto che i  minori  fossero  collocati
mediante adozione legittimante in una famiglia che potesse  occuparsi
adeguatamente di loro precisando  che  ne'  la  famiglia  del  prozio
paterno ne' gli zii avevano  relazioni  significative  con  i  minori
prima dell'omicidio commesso dal loro congiunto e che non disponevano
delle capacita' relazionali ed emotive per garantire ai  due  bambini
quel contesto familiare solido, sicuro ed attrezzato di  cui  avevano
urgente bisogno dopo anni di comunita' educativa; 
        il  prozio  paterno  ha  tenuto   una   condotta   gravemente
irresponsabile nei confronti dei minori, avendo tenuto nascosto  agli
operatori che dalla moglie, ritenuta figura idonea  e  competente  ad
occuparsi dei minori in funzione vicariante, capace di  sostenere  la
giovane moglie del fratello del padre degli stessi, aveva divorziato.
Non si e' reso conto che ai minori non serviva una famiglia qualsiasi
fondata sul legame di sangue, ma avevano  la  estrema  necessita'  di
vivere e crescere con adulti a loro  del  tutto  dediti  al  fine  di
riparare il trauma gravissimo subito, non  dovendosi  trascurare  che
proprio  dal  contesto  familiare   paterno   proveniva   il   padre,
responsabile della morte della madre,  ragione  per  cui  serviva  un
distacco definitivo ed una ferma presa di  posizione  del  nucleo  di
riferimento che la ex prozia si era dimostrata in grado di  sostenere
ma che nella nuova situazione mancava del tutto; 
        gli  zii  paterni  (il  fratello  del  padre  e  sua  moglie)
all'osservazione degli operatori sono risultati fragili e meno capaci
di differenziare i bisogni dei nipoti da quelli dei propri figli e di
elaborare un pensiero netto  e  definito  del  gravissimo  agito  del
congiunto. Il miglioramento intervenuto con l'arrivo della ex  prozia
ha subito un arresto e le criticita' principali del  prozio  e  degli
zii consistono nell'incapacita' di accogliere gli aspetti  depressivi
dei bambini e di riferirli al  trauma,  cercando  di  porre  fine  in
fretta ai momenti  di  crisi  riportando  ad  altro  le  cause  delle
predette criticita'; 
        i minori rappresentano il bisogno di figure genitoriali forti
ed un nucleo all'interno  del  quale  sperimentare  un'esperienza  di
attaccamento che possa essere anche riparativa  e  di  cura  per  gli
aspetti traumatici del loro vissuto. Per rivestire  questo  ruolo  di
cura esclusiva, gli zii  paterni,  pur  sinceramente  affezionati  ai
nipoti non hanno le risorse adeguate. Lo zio, in qualita' di  custode
dell'unita' familiare non e' in  grado  di  contenere  i  momenti  di
fatica dei minori ed e'  incapace  di  una  relazione  costruttiva  e
rassicurante; ha dimostrato scarsa empatia per il dolore  dei  nipoti
essendo impegnato a garantire l'unita' della famiglia; la moglie, pur
molto  intelligente  e  riflessiva  e'  in  difficolta'  nel  trovare
strategie di avvicinamento emotivo con i  minori,  preoccupandosi  di
aspetti concreti. Inoltre dopo la  scomparsa  dalla  scena  familiare
della prozia la moglie dello zio  paterno  non  e'  piu'  riuscita  a
vedere i nipoti, sia per la difficolta'  di  venire  in  Italia  come
cittadina  straniera,  sia  per  l'indicazione  degli  operatori  dei
servizi territoriali. Anche  il  complessivo  progetto  di  vita  dei
minori in Inghilterra in una grande casa in cui il  nucleo  familiare
allargato dovrebbe coabitare sembra inadeguato ai  minori  che  hanno
urgente  bisogno  di   accudimento   specifico,   personale   e   non
indifferenziato. 
    5. In conclusione la Corte d'appello ha ritenuto che lo strumento
piu' adeguato alla tutela dei minori  in  questione  all'interno  del
panorama normativo italiano sia l'adozione legittimante da  parte  di
famiglia scelta tra quelle adatte e selezionate dal Tribunale  per  i
minorenni di  Milano.  Tuttavia,  poiche'  i  minori  conservano  una
relazione significativa con la nonna materna ed e' nel loro interesse
conservare in futuro relazioni con i familiari  del  ramo  paterno  i
quali hanno mostrato affetto verso di loro e che  fanno  parte  della
loro storia personale, anche in funzione dell'elaborazione del trauma
subito che richiede non negazione od evitamento ma  rivisitazione  in
tempi e con strumenti opportuni, la Corte territoriale ha considerato
nel  prevalente  interesse  dei  minori  conservare  tali  relazioni,
attraverso  l'intervento  dei  servizi  territoriali   che   dovranno
stabilire tempi (anche futuri) e modalita'  d'incontri  nel  rispetto
della privacy dei genitori adottivi e con la massima  protezione  dei
bambini da interferenze esterne dannose per il loro  benessere  psico
fisico. 
    6.  Il  Collegio  ha  provveduto  alla  separazione  del  ricorso
proposto dal prozio e dagli zii paterni dei minori da quello proposto
dal Procuratore  generale  presso  la  Corte  d'appello.  Il  ricorso
proposto dal prozio e dagli zii paterni e' stato deciso con  sentenza
n. ... del ... 
 
                               Diritto 
 
7. L'inammissibilita' del ricorso 
    Il ricorso proposto dal  Procuratore  generale  presso  la  Corte
d'appello di Milano, cui e' stato dato regolare  avviso  dell'udienza
del 19 settembre 2022, e' stato tardivamente notificato. La  sentenza
della Corte d'appello di Milano e' stata comunicata via Pec in  forma
integrale, il giorno 8 gennaio 2021, ma la notificazione del  ricorso
alle controparti risulta perfezionata il giorno  9  marzo  2021,  ben
oltre il termine di trenta giorni previsto dalla norma speciale (art.
17, legge n. 184 del 1983) che stabilisce  per  questa  tipologia  di
procedimenti un percorso accelerato in  funzione  dell'urgenza  della
tutela  da  accordare  ai  minori  (Cass.  30000  del  2020;  per  la
equiparazione della comunicazione o notificazione via  Pec  a  quella
cartacea Cass. 10106 del 2018). 
8. La richiesta di formulare principio di diritto ex art. 363,  terzo
comma del codice di procedura civile. 
    8.1 La questione sottoposta all'esame del  Collegio  dal  ricorso
del Procuratore generale presso la Corte d'appello  di  Milano,  come
sottolineato anche  dal  Procuratore  generale  presso  la  Corte  di
cassazione nella sua requisitoria, ha indubbia valenza nomofilattica.
Con unico motivo di ricorso e'  stata  dedotta  la  violazione  degli
articoli 7 e ss e 44 e ss della legge n. 184 del 1983, per  avere  la
Corte d'appello di Milano, innestato  illegittimamente  sull'adozione
legittimante le caratteristiche proprie dell'adozione  mite,  con  la
previsione della conservazione dei legami con la famiglia di origine,
nonostante la espressa previsione contraria contenuta  nell'art.  27,
legge n. 184 del 1983. 
    La  censura  ha   posto,   in   concreto,   il   problema   della
compatibilita', nel  quadro  della  genitorialita'  adottiva,  ed  in
particolare nel sistema normativo relativo all'adozione legittimante,
della previsione di non recidere i legami con la famiglia di origine,
attualmente esclusa dall'art. 27, legge n. 184 del 1983. 
    8.2. Gia' nell'ordinanza  interlocutoria  n.  8450  del  2022  di
rimessione di entrambi i ricorsi alla p.u. era stato sottolineato  il
rilievo nomofilattico della questione sottoposta all'attenzione della
Corte di cassazione dal ricorso del P.G. presso  la Corte  d'appello.
Era stata evidenziata la necessita' di  approfondire  il  tema  della
configurabilita' nel nostro ordinamento di una pluralita' di  modelli
di adozione anche diversi da quello che determina la  cessazione  dei
rapporti con la famiglia di origine. 
    8.3. Il  procuratore  generale  presso  la  Corte  di  cassazione
condivide la valutazione gia' espressa nell'ordinanza  interlocutoria
ed evidenzia che la particolare importanza della questione si  coglie
non solo nella sua novita' ma  anche  nella  preminente  esigenza  di
regolare un settore nevralgico della vita  sociale  (gli  orfani  dei
femminicidi come orfani «speciali») «nel quale  vengono  in  gioco  i
diritti fondamentali della persona minore  di  eta'  che  ha  vissuto
gravi traumi emozionali». 
    Per questa ragione il P.G. ha ritenuto che l'art.  27,  legge  n.
184 del 1983 nella parte in cui recita:  «con  l'adozione  cessano  i
rapporti dell'adottato verso la famiglia di origine, salvi i  divieti
matrimoniali» meriti un'attenta riflessione nei casi in  cui  non  vi
siano, come nella specie (il ricorso principale e'  stato  rigettato)
regimi giuridici alternativi all'adozione legittimante e nello stesso
tempo sia stato accertato il pregiudizio per lo sviluppo psico fisico
dei minori conseguente alla recisione dei legami con le  famiglie  di
origine. In alcune  particolari  ipotesi  e'  stata  sottolineata  la
necessita' di scongiurare l'esclusione dall'accesso alla  storia  del
ramo familiare materno  e  paterno  «allo  scopo  di  preservarne  la
memoria e preservare l'integrazione di tale dimensione  nel  processo
necessario alla cura del trauma, posto che la memoria traumatica  non
puo' essere  ne'  negata  ne'  evitata  ma  rivisitata  con  tempi  e
strumenti opportuni»  (cosi'  la  Corte  d'appello  di  Milano  nella
sentenza impugnata). Occorre evitare, sottolinea il  P.G.  nella  sua
requisitoria, che il trauma derivato dalla  perdita  di  entrambe  le
figure genitoriali diventi ancora piu' radicato con l'aggiunta  della
definitiva recisione di legami con importanti figure  di  riferimento
che non sono dannose per lo sviluppo psicologico dei bambini  ma  non
possono assumere funzione vicariante. 
    8.4.  per  le  ragioni  sopresposte  il  P.G.  chiede,   in   via
principale, che la Corte affermi ex art. 363 del  codice  civile  che
l'assolutezza del divieto contenuta nell'art. 27, legge  n.  184  del
1983 possa fare salvo «il  superiore  interesse  del  minore»  a  non
recidere per il suo  benessere  psicologico  il  legame  con  i  rami
familiari d'origine. Cio'  ove  si  riveli  necessario  all'esito  di
accurato accertamento giudiziale. 
9. La  richiesta  subordinata  del  P.G.  di  rimessione  alla  Corte
costituzionale 
    In via subordinata viene sollecitata  la  rimessione  alla  Corte
costituzionale  ove  il  divieto  sopraevidenziato  non  si   ritenga
superabile  alla  luce  di  un'interpretazione  costituzionalmente  e
convenzionalmente orientata della norma,  al  fine  di  valutare  «la
tenuta costituzionale di una norma (l'art. 27) in un contesto sociale
profondamente mutato, quale quello attuale,  dove  la  recisione  dei
legami con i nuclei familiari originari, pur  essendo  frequentemente
necessaria, non sempre e' criterio adeguato per  fornire  una  tutela
sostitutiva ed effettiva alle situazioni dolorose generate  da  forme
di violenza familiare ed assistita». 
10. La via obbligata della rimessione alla Corte costituzionale 
    10.1 Il Collegio  ritiene  che  non  possa  essere  affermato  il
principio di diritto nell'interesse della legge cosi' come  richiesto
dalla Procura generale, pur condividendo la valutazione relativa alla
rilevanza nomofilattica della questione anche in considerazione della
sua novita' e forte attitudine a presentarsi in casi  futuri.  L'art.
27, legge n. 184 del 1983, pur essendo collocato nel Capo  IV  (della
dichiarazione di adozione) e non nel capo II (della dichiarazione  di
adottabilita') fissa al comma 3 una regola che, allo  stato,  imprime
all'adozione  legittimante  un  tratto  peculiare,   prevedendo   una
radicale soluzione di continuita' tra la famiglia  di  origine  e  la
famiglia adottiva. La ratio si colloca nell'accertamento  posto  alla
base  della  dichiarazione  di  adottabilita'  che  consegue  ad  una
valutazione di totale inadeguatezza dei genitori e dei  parenti  fino
al quarto grado (art. 10, comma 2)  che  si  propongano  come  figure
vicarianti. La  genitorialita'  adottiva  nel  modello  dell'adozione
legittimante si pone come pienamente sostitutiva di quella  biologica
in modo  da  creare  una  netta  discontinuita'  rispetto  al  quadro
familiare dal quale e' scaturita la situazione di  abbandono.  Questa
impostazione iniziale, tuttavia,  e'  stata  temperata  gia'  in  via
legislativa a partire dalla riforma introdotta con la legge  149  del
2001 che ha stabilito il diritto del figlio adottivo a  conoscere  le
proprie origini a partire dall'eta' di 25 anni formulando  un'istanza
al tribunale per i minorenni che provvede, adottando  le  cautele  di
riservatezza necessarie, (art. 28, commi 5 e 6) oltre che  un  dovere
per i genitori adottivi di  informare  il  figlio  con  le  modalita'
ritenute  piu'  opportune  del  suo  peculiare  status  filiale.   La
necessita' di non escludere o cancellare il passato nella costruzione
dell'identita' e della personalita' del minore ha, infine, dato luogo
a forme e  modelli  adottivi  che,  ispirandosi  a  quelli  tipizzati
nell'art. 44, legge n. 184 del 1983 hanno  inteso  proprio  escludere
quella soluzione di continuita' che il  legislatore  del  1983  aveva
voluto realizzare con il modello esclusivo o dominante  dell'adozione
legittimante  che,  a  parte  il   diritto   all'acquisizione   delle
informazioni sulle proprie origini una volta  raggiunta  la  maggiore
eta', e' rimasta ferma pur essendo profondamente cambiato il contesto
sociale e culturale all'interno  del  quale  la  norma  si  trova  ad
operare.  La  sua   formulazione,   tuttavia,   non   lascia   spazio
interpretativo   ad   una   applicazione   che   possa    conformarsi
all'effettivo interesse del minore. La previsione della recisione dei
legami  con  la  famiglia   di   origine   ha   carattere   assoluto,
nell'adozione legittimante in quanto  il  legislatore  ancorche'  con
valutazione predeterminata, generale ed astratta ha ritenuto che solo
la  cancellazione  della  famiglia  di  origine  possa  garantire  la
realizzazione della piena tutela e del pieno  interesse  del  minore,
senza lasciare spazio ad una valutazione in concreto. La salvezza dei
divieti matrimoniali,  una  previsione  sostanzialmente  pleonastica,
conferma la scelta del legislatore in  ordine  all'intangibilita'  in
via  interpretativa  del  divieto  (di  conservare,  nel   caso   sia
corrispondente all'interesse del minore, i legami con la famiglia  di
origine). 
    Il sistema normativo disciplinato ai capi II e IV della legge  n.
184 del 1983 si fonda su un inscindibile  nesso  causale  sussistente
tra dichiarazione di adottabilita' e dichiarazione  di  adozione  con
automatico effetto di recisione dei legami,  non  superabile  in  via
interpretativa. 
    Alla  luce  di  queste  premesse  ritiene  il  Collegio  che  sia
impossibile  un'interpretazione  costituzionale  della  norma  (Corte
costituzionale n. 356 del 1996; n. 21 del 2013). 
    10.2.  L'inderogabilita'  della  recisione  dei  legami  con   la
famiglia di origine,  intesa  come  tratto  distintivo  dell'adozione
legittimante rispetto ai  modelli  adottivi  previsti  dall'art.  44,
legge n. 184 del 1983, non costituisce sempre, per  le  ragioni  gia'
esposte, la soluzione preferibile per il minore,  anche  qualora  non
sussistano le  condizioni  per  intraprendere  un  percorso  adottivo
diverso da  quello  che  conduce  a  questa  scelta.  Ritenere,  come
previsto nell'art. 27, il modello dell'adozione legittimante (che  ha
come  presupposto  necessario  indefettibile  la   dichiarazione   di
adottabilita') incompatibile con la conservazione di  legami  con  il
nucleo familiare e parentale di origine (da definirsi nel contenuto e
nel tempo secondo il monitoraggio disposto dal giudice specializzato)
puo' non corrispondere in talune situazioni all'interesse del minore,
ponendolo cosi' nella condizione di ricevere  un  profilo  di  tutela
ingiustificatamente inferiore a quello  che  potrebbe  avere  ove  il
divieto  non  fosse   vigente   ed   ad   essere   discriminato   per
l'impossibilita' di accedere a forme di  adozione  cd.  mite  per  la
mancanza di effettive figure vicarianti o di riferimento. 
    10.3 Si ritiene, di  conseguenza,  di  condividere  la  richiesta
formulata in via subordinata dalla  Procura  generale  di  rimessione
della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 27, comma 3,
legge n. 184 del 1983, dal momento che la  recisione  definitiva  dei
legami con la famiglia di origine puo' non essere  il  modo  adeguato
per affrontare situazioni particolari di  abbandono,  una  volta  che
l'applicazione rigida  della  norma  possa  rivelarsi  alla  luce  di
indagine specifica, contrastante con l'interesse del minore. 
11. La rilevanza 
    11.1 La questione di costituzionalita' che s'intende sollevare e'
rilevante in funzione  dell'intervento  nomofilattico  che  la  Corte
intende  svolgere  ex  art.  363  del  codice  di  procedura   civili
nell'interesse    della    legge,    ricorrendone    i    presupposti
dell'inammissibilita' del  ricorso  e  della  particolare  importanza
della questione cui deve aggiungersi  l'attualita',  attestata  dalla
sempre piu' frequente emersione giurisprudenziale  di  situazioni  di
confine  nei  giudizi  volti  ad  accertare  i  presupposti  per   la
dichiarazione di adottabilita'. 
    La Corte costituzionale con  la  sentenza  n.  119  del  2015  ha
riconosciuto che puo' essere sollevato incidente di costituzionalita'
anche in sede di procedimento volto all'enunciazione del principio di
diritto nell'interesse della legge, ove la  questione,  nella  specie
consistente nella compatibilita' costituzionale della  recisione  dei
legami con la famiglia di  origine  come  conseguenza  automatica  ed
inderogabile  della   dichiarazione   di   adottabilita'   (ancorche'
formalmente  contenuta  nella  norma  relativa  agli  effetti   della
dichiarazione di adozione) costituisca «per il giudice rimettente  un
passaggio ineludibile ai fini della  formulazione  del  principio  di
diritto ai sensi dell'art. 363, terzo comma del codice  di  procedura
civile, ossia ai fini della pronuncia di quella  regola  di  giudizio
che - sebbene non influente nella concreta vicenda processuale  -  e'
destinata a valere come criterio di decisione  di  casi  futuri».  Al
riguardo, non e' un ostacolo l'astrazione del giudizio a quo rispetto
alla composizione degli interessi sostanziali fatti valere nelle  sue
precedenti fasi, conclusi, nella specie, con il rigetto  del  ricorso
principale. La nozione di concretezza  cui  e'  legata  la  rilevanza
della questione non si traduce,  infatti,  nella  necessita'  di  una
concreta  utilita'  per  le  parti  del   giudizio   di   merito   ma
nell'affermazione  del  corretto  principio  di  diritto  di  rilievo
nomofilattico nell'interesse della legge. 
    Infine non puo'  escludersi  la  legittimazione  della  Corte  di
cassazione,  in  sede  di  enunciazione  del  principio  di   diritto
nell'interesse   della   legge,   a   sollevare   la   questione   di
costituzionalita'.  Afferma  espressamente  la  Corte  costituzionale
nella sentenza n. 119 del 2015 che: «cosi' com'e' indubitabile che la
Corte  di   cassazione   sia   organicamente   inserita   nell'ordine
giudiziario, altrettanto indubitabile  e'  l'inerenza  alla  funzione
giurisdizionale dell'enunciazione del principio di diritto». 
12. La non manifesta infondatezza 
    12.1 Il dubbio di legittimita' costituzionale  relativo  all'art.
27, comma 3, legge n. 184 del 1983 nella parte in cui afferma che con
l'adozione cessano i rapporti  dell'adottato  verso  la  famiglia  di
origine,  salvo  i  divieti  matrimoniali  si  rileva,  inoltre,  non
manifestamente infondato in riferimento agli articoli 2, 3, 30 e  117
della Costituzione, quest'ultimo in relazione all'art. 8 Cedu e  agli
articoli 3 e 21 della Convenzione sui diritti del fanciullo  fatta  a
New York il 21 novembre 1989 e ratificata con legge n. 176  del  1991
ed art. 24 Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. 
    La centralita' del preminente interesse del minore  in  tutte  le
decisioni  che  lo  riguardano   assume   un'angolazione   peculiare,
all'interno del  sistema  normativo  della  genitorialita'  adottiva,
introdotta dalla legge n. 184 del 1983  e  successive  modificazioni,
perche' i modelli di genitorialita' adottiva sono  predeterminati  in
modo rigido sia in  relazione  alle  condizioni  di  accesso  che  in
relazione agli effetti del conseguimento dello status filiale. Questo
impianto normativo  non  ha,  tuttavia,  impedito  un'interpretazione
estensiva   dei   modelli   di   genitorialita'   adottiva    diversi
dall'adozione legittimante tanto da  identificare  nella  fattispecie
astratta prevista nell'art. 44, lettera  d)  una  sorta  di  clausola
residuale, (Corte costituzionale n. 388 del 1999) che  ha  consentito
l'emersione e l'attuale affermazione della  cd.  adozione  mite  fino
all'adeguamento del modello, (riprodurre testo  norma),  alle  coppie
omogenitoriali (Corte costituzionale n. 79 del 2022; Cass. 12692  del
2016; S.U. 12193 del 2019). La flessibilita'  e'  stata  imposta  dal
rilievo  crescente  della  concreta  considerazione  del   preminente
interesse del minore nell'esame  delle  singole  situazioni  e  nella
ricerca delle soluzioni  piu'  adeguate.  La  tutela  del  preminente
interesse del minore, cosi' come affermata nella Convenzione  di  New
York (art).3 e successivamente riprodotta  nella  Carta  dei  diritti
fondamentali dell'Unione europea (art. 24) ed in  numerose  norme  di
recente introduzione di diritto interno (art. 155-sexies e 337-octies
del codice civile), da ratio conformatrice del sistema legislativo di
tutela dei  minori,  interamente  inverata  attraverso  il  paradigma
normativo, in modo predeterminato ed astratto, e'  divenuto  criterio
determinante nelle decisioni relative ai minori.  Con  l'aiuto  delle
scienze psicologiche e sociali, sempre piu' attente a considerare  il
minore nella integralita' della sua vicenda umana,  il  criterio  del
preminente interesse ha acquistato concretezza ed effettivita' ed  e'
divenuto il metodo di valutazione delle scelte piu' adeguate  per  il
suo sviluppo  psico  fisico.  Questa  specifica  attitudine,  mal  si
concilia con  un  sistema  normativo  che  non  presenti  margini  di
flessibilita' quale quello relativo  al  complesso  procedimento  che
dall'accertamento   dello   stato   di   abbandono,   conduce    alla
dichiarazione di adottabilita' ed infine  con  separato  procedimento
all'adozione legittimante. L'art. 27, comma 3 della legge n. 184  del
1983 che di questo  sistema  e'  una  norma  cardine  costituisce  un
esempio  paradigmatico  di  norma  apertamente  contrastante  con  la
necessita' di  valutare  in  concreto  il  preminente  interesse  del
minore. Pur essendo in un capo diverso (Capo IV)  rispetto  a  quello
che disciplina la dichiarazione di adottabilita', influenza  in  modo
determinante  la  precedente  fase  processuale  che   conduce   alla
dichiarazione di adottabilita', dal momento che  a  partire  da  essa
cessano i rapporti con la famiglia di origine pur essendo  necessario
il successivo procedimento volto alla dichiarazione di adozione. 
13 L'orientamento della giurisprudenza di legittimita' 
    13.1  Ove  le  indagini  tecniche,  le  relazioni   dei   servizi
territoriali ed  infine  il  convincimento  sorretto  da  motivazione
adeguata del giudice del merito convergano sulla necessita',  per  il
minore, in un procedimento  volto  all'accertamento  dello  stato  di
abbandono ed alla conseguente dichiarazione di adottabilita', di  non
recidere il legame con i genitori o  il  genitore  biologico  perche'
questa determinazione arrecherebbe pregiudizio al minore  stesso,  la
giurisprudenza di legittimita' ha ritenuto che non possa  dichiararsi
l'adottabilita' del minore e che debba vagliarsi la  possibilita'  di
un  regime  di  affidamento  o  di  un  modello  adottivo  mite.   Le
fattispecie esaminate hanno riguardato situazioni in cui  vi  era  un
forte e continuativo legame del minore con uno od entrambi i genitori
biologici, nonostante  rilevate  carenze  in  campo  educativo  e  di
assistenza erano  presenti  figure  parentali  che  avevano  rapporti
significativi con il minore. 
    In queste ipotesi si rendeva necessario accertare l'esistenza  di
un'alternativa all'adozione  legittimante,  proprio  perche'  modello
rigido ed incapace di contenere la complessita' della condizione  del
minore e di non produrre,  per  questa  ragione  pregiudizio  al  suo
sviluppo psico fisico dovuto a distacchi  o  lontananze  traumatiche.
L'affermazione di questo orientamento (Cass. 3643 del  2020;  1476  e
35840 del 2021; 21024 del 2022), fondato sulla  stretta  correlazione
tra dichiarazione di adottabilita' e necessita'  di  non  recidere  i
legami con il genitore o i genitori biologici non  contrasta  con  la
diversa esigenza  posta  dalla  questione  sottoposta  al  vaglio  di
costituzionalita', dal momento che con essa non si vuole sottolineare
la necessita' di circoscrivere ulteriormente il ricorso  all'adozione
legittimante proponendo una ulteriore limitazione (la  necessita'  di
conservare  i  legami  con  i  genitori  biologici  in  funzione  del
preminente interesse del minore), ma di evidenziare che ove  non  sia
praticabile una strada diversa dall'adozione legittimante, il modello
normativo  puo'  rivelarsi,  in  determinate  situazioni,  non   piu'
coerente con il quadro costituzionale e convenzionale di  riferimento
a causa dell'inderogabile prescrizione della recisione dei legami non
solo con i genitori ma  con  l'intero  nucleo  parentale  cosi'  come
delineato dall'art. 10, comma 2, legge n. 184 del 1983. 
    13.2 Il caso di specie e' emblematico al riguardo. Si iscrive nel
catalogo delle  esperienze  piu'  traumatiche  che  un  minore  possa
vivere: la perdita immediata ed improvvisa del rapporto con  entrambi
i genitori, dovuta ad una vicenda tragica ed inemendabile. In  questa
o in altre situazioni analoghe in cui la relazione con i genitori non
abbia margini di recuperabilita' e non vi siano figure effettivamente
sostitutive nell'ambito dei parenti ex art. 10, comma 2, legge n. 184
del 1983, il  ricorso  alla  dichiarazione  di  adottabilita'  ed  al
modello adottivo di cui all'art.  27, legge  n.  184  del  1983  puo'
essere inevitabile. 
    Cio' tuttavia non esclude che debba essere  lasciata  al  giudice
minorile la possibilita' d'indagare  in  concreto  se  la  definitiva
recisione dei legami con i nuclei familiari di  origine,  all'interno
dei quali il minore abbia vissuto la relazione con i propri genitori,
sia una soluzione che corrisponda  al  suo  interesse  o  vi  arrechi
pregiudizio. 
14. I parametri costituzionali violati. 
    14.1 L'inderogabilita' dell'art.  27,  comma  3,  esclude  questa
possibilita' e consegna esclusivamente alla norma la  valutazione  in
modo predeterminato ed astratto di tutte le variabili che  compongono
il cd. preminente  interesse  del  minore.  Cosi'  facendo  la  norma
contrasta con gli articoli 2, 3 da leggersi unitamente all'art. 30  e
117 con riferimento all'art. 8 Cedu. ed agli  gli  articoli  3  e  21
della Convenzione sui diritti del fanciullo fatta a New  York  il  21
novembre 1989 e ratificata con legge n. 176 del 1991 ed art. 24 Carta
dei diritti fondamentali dell'Unione europea. 
    14.2 Con l'art. 2 perche' non consente di mettere in campo  tutte
le energie  affettive  e  relazionali  (ove  ritenute  produttive  di
benefici all'esito di rigoroso accertamento giudiziale)  che  possono
contribuire  alla  costruzione  dell'identita'   ed   allo   sviluppo
equilibrato  della  personalita'   di   minori   che   hanno   subito
deprivazioni affettive di particolare gravita' ed impatto traumatico. 
    14.3 Con l'art. 3 perche' determina un'ingiustificata  disparita'
di trattamento con gli  altri  modelli  di  genitorialita'  adottiva,
previsti dall'art. 44, legge n. 184 del 1983,  per  i  quali  non  e'
normativamente  prevista  la  recisione  dei  legami  con  i   nuclei
familiari  di  origine  pur  essendo,  anche  grazie  ad  un  recente
intervento della Corte  costituzionale  (sent.  n.  79  del  2022)  i
diritti del minore nella famiglia adottiva sostanzialmente equiparati
a  quelli  previsti  nel  modello  dell'adozione   legittimante.   La
inderogabilita' della  recisione  dei  legami  esclude  a  priori  la
valutazione del concreto interesse del minore in una situazione nella
quale massima dovrebbe essere l'attenzione a  tutti  gli  aspetti  ed
interventi che possano concorrere a non complicarne ulteriormente  il
fragile percorso di crescita. L'omissione in  via  generale  di  ogni
considerazione  relativa  alla   natura   ed   effetti   dei   legami
endofamiliari anche con figure diverse dai genitori,  determina,  per
la  sua  rigidita',  una   discriminazione   tra   minori   destinati
univocamente all'adozione legittimante  e  minori  ai  quali  non  e'
precluso il ricorso ai modelli adottivi di cui all'art. 44, legge  n.
184 del 1983, ove per entrambe le  tipologie  si  riveli  necessario,
alla luce della indagine  giudiziale  condotta  caso  per  caso,  non
recidere i legami con il contesto familiare di provenienza. 
    14.3  Con  l'art.  117  della  Costituzione  in  relazione   alla
violazione dell'art. 8 Cedu per la  costante  ed  univoca  inclusione
nell'ambito del diritto alla vita familiare del diritto del minore  a
non vedere recisi i legami con il nucleo familiare di origine  quando
cio' sia coerente con il perseguimento del suo preminente  interesse,
da  accertarsi  in  relazione  alla  natura  ed  effettivita'   delle
relazioni  instaurate  prima   della   legittima   dichiarazione   di
adottabilita' (caso Zhou c. Italia, sentenza  del  21  gennaio  2014;
caso R.V. ed altri c. Italia sentenza del 18 luglio 2019  ricorso  n.
37748 del 2013; Caso A.I. c. Italia sentenza 1° aprile 2021,  ricorso
n. 70896 del 2017; caso Omorefe c Spagna, sentenza del 23 giugno 2020
ricorso n. 69339 del 2016; caso Pedersen ed  altri  contro  Norvegia,
sentenza del 7 settembre 2020 ricorso n. 39710 del 2015; caso  Fiagbe
c. Italia, sentenza del 28 aprile 2022 ricorso n. 18549 del  2020  ed
infine Sentenza della Grande camera del 10 settembre 2019 caso Strand
Lobben contro Norvegia, ricorso n. 37283 del 2013). nonche'  del  suo
diritto alla vita privata, ove la provenienza geopolitica e culturale
del contesto familiare  originario  costituisca,  come  nel  caso  di
specie, un profilo non cancellabile  della  identita'  personale  del
minore stesso. 
    Pur nella consapevolezza che l'interpretazione dell'art. 8  Cedu,
fornita  dalla  Corte  di  Strasburgo  in  tema  di  proporzionalita'
dell'ingerenza nel diritto alla vita privata e familiare del  minore,
nelle  decisioni   giudiziali   in   tema   di   adozione,   riguarda
prevalentemente la conservazione del  legame  con  i  genitori  o  il
genitore biologici, le indicazioni provenienti dalle  pronunce  della
Corte Edu sono univocamente dirette a superare gli ostacoli normativi
(o procedimentali) che impediscano, anche a fronte  di  irreversibile
inidoneita' genitoriale (o del nucleo parentale che si  propone  come
vicariante), la concreta valutazione degli  effetti  della  recisione
dei legami  endofamiliari  cosi'  da  adattare  i  modelli  normativi
all'obiettivo del perseguimento effettivo  del  preminente  interesse
del minore. L'esigenza di verificare, caso per  caso,  la  condizione
del  minore  che  nei  procedimenti  in  esame  si  presenta   sempre
caratterizzata  da  forti  criticita',  esclude   la   compatibilita'
costituzionale con la declinazione del diritto alla  vita  privata  e
familiare cosi' come univocamente espresso nei principi  della  Corte
Edu, dell'automatismo contenuto nell'art. 27, comma 3, legge  n.  184
del 1983, in relazione all'inderogabile effetto  della  recisione  di
tutti i legami familiari pregressi (anche relativi ai parenti fino al
quarto grado di cui all'art. 10, comma 2, legge  n.  184  del  1983),
derivante dalla dichiarazione di adottabilita'. 
    Il determinismo della norma censurata contrasta con la necessita'
di  una  pluralita'  di  modelli  adottivi   flessibili   pur   nella
predeterminazione  legislativa  che  consentano  di   adeguare   alla
concretezza delle situazioni, lo statuto  protettivo  del  minore  da
adottare, tenuto conto dell'evoluzione del contesto sociale  e  degli
approdi piu' accreditati e  recenti  delle  scienze  sociali  (questi
ultimi largamente richiamati dalla Corte Edu,  in  particolare  nella
decisione della Grande camera sopra richiamata,  caso  Strand  Lobben
contro Norvegia) nonche'  del  contesto  culturale  e  geografico  di
provenienza del minore che in molte situazioni costituisce un  tratto
ineliminabile della sua identita'. 
    14.4 Con gli articoli 3 e 21 della Convenzione  sui  diritti  del
fanciullo fatta a New York il 21 novembre 1989 e ratificata con legge
n. 176 del 1991 ed art. 24 Carta dei diritti fondamentali dell'Unione
europea  per  la  centralita'  che  la  valutazione  del   preminente
interesse del minore assume nel diritto convenzionale internazionale,
con riferimento al contesto familiare ed affettivo di riferimento. In
primo luogo l'art. 3 della Convenzione ONU sui diritti del  fanciullo
(fatta a New York il 24 ottobre 1989 e ratificata) con  il  quale  e'
stata sancita la necessita' di valutare il preminente  interesse  del
minore in tutte le decisioni che  lo  riguardano.  In  secondo  luogo
l'art. 20,  comma  3,  della  medesima  Convenzione,  che  impone  di
valutare nella selezione dei modelli di sostituzione  o  di  sostegno
alla  genitorialita'  biologica,  la  continuita'  educativa   e   la
considerazione  per  l'origine   etnica,   religiosa,   culturale   e
linguistica. Di pari  rilievo  l'art.  24  della  Carta  dei  diritti
fondamentali  dell'Unione  europea  che   ribadisce   la   preminenza
dell'interesse del minore. 
15. Le lacune del quadro attuale 
    15.1 La giurisprudenza di legittimita' e di merito  ha  da  tempo
intrapreso il percorso  di  avvicinamento  delle  norme  in  tema  di
adozione, fondate su  un  sistema  sostanzialmente  monista  (con  il
microsistema  delle  adozioni  in  caso  particolare   in   posizione
marginale  rispetto  all'adozione   legittimante)   ad   un   sistema
pluralistico  che,  valorizzando  proprio   le   aperture   normative
dell'adozione in casi particolari, sia capace di adeguare  i  modelli
di genitorialita' adottiva alla molteplicita' delle nuove  situazioni
che vengono ad emersione giurisprudenziale,  sia  che  si  tratti  di
situazioni legate ad una condizione di carenza  di  cure  o  di  semi
abbandono  del  minore;  sia  che  si  tratti  di  nuovi  modelli  di
genitorialita' sociale (coppie omoaffettive) cui dare  riconoscimento
e tutela. 
    15.2 La Corte costituzionale con la sentenza n. 79  del  2022  ha
reso omogeneo lo statuto dei  diritti  del  minore  eliminando  quasi
interamente le differenze di tutela tra i vari modelli adottivi. 
    15.3 Manca tuttavia un ulteriore tassello al consolidamento di un
sistema di tutela realmente uniforme  del  minore,  in  mancanza  del
quale risultano violati i paradigmi costituzionali sopra  illustrati.
Occorre rimuovere la rigidita' e  la  assolutezza  delle  conseguenze
della dichiarazione di  adozione  (legittimante)  in  relazione  alla
cessazione dei rapporti con  la  famiglia  di  origine,  intesa,  con
riferimento  all'adozione  piena,  non  solo  in  senso  nucleare  (i
genitori od il genitore  biologico,)  ma  anche  con  riferimento  ai
parenti entro il quarto grado con il  quale  il  minore  abbia  avuto
rapporti significativi (art. 10, comma 2, legge n. 184 del 1983).  La
concreta valutazione del preminente interesse  del  minore  anche  in
condizioni di particolare criticita', da svolgersi  all'esito  di  un
esame accurato del contesto familiare puo' condurre, anche quando  si
decida per il modello piu' radicale  di  genitorialita'  adottiva,  a
dover preservare la continuita' relazionale, nei limiti imposti dalle
esigenze del caso concreto, con i parenti entro il quarto grado,  pur
se ritenuti inidonei a svolgere un'effettiva funzione vicariante  ove
la definitiva recisione di tutti i legami con tale contesto familiare
originario risulti pregiudizievole per lo sviluppo della personalita'
del minore. 
16. La questione di legittimita' costituzionale 
    16.1  In  conclusione  il  Collegio,  visto  l'art.   134   della
Costituzione; l'art. 23 della legge n. 87 del 1953, ritiene rilevante
e non manifestamente infondata, in relazione agli articoli 2,  3,  30
della Costituzione ed all'art. 117 della Costituzione con riferimento
all'art. 8 Cedu; agli articoli 3 e 21 della Convenzione Onu  fatta  a
New York il 20 novembre 1989 e ratificata con legge 20  maggio  1991,
n. 176; all'art. 24 della Carta dei diritti fondamentali  dell'Unione
europea, la questione di  costituzionalita'  riguardante  l'art.  27,
comma 3, legge n. 184 del 1983 nella parte in cui stabilisce che  con
l'adozione legittimante derivante dall'accertamento  dello  stato  di
abbandono   e   dalla   dichiarazione   di   adottabilita'    cessano
irreversibilmente i rapporti dell'adottato  (e  conseguentemente  del
minore adottabile per effetto della dichiarazione  di  adottabilita')
con la famiglia di origine estesa ai parenti entro  il  quarto  grado
(art. 10, comma 4, legge n. 184 del 1983), escludendo la  valutazione
in concreto del preminente  interesse  del  minore  a  non  reciderli
secondo modalita' stabilite in via giudiziale. 
 
                               P. Q. M. 
 
    Visti l'art. 134 della Costituzione, e la legge 11 marzo 1953, n.
87, art. 23, dichiara rilevante e non  manifestamente  infondata,  in
riferimento agli articoli  2,3,  30  e  117  della  Costituzione,  la
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 27, comma 3, legge
n. 184 del 1983 nella parte in  cui  stabilisce  che  con  l'adozione
legittimante derivante dall'accertamento dello stato di  abbandono  e
dalla dichiarazione  di  adottabilita'  cessano  irreversibilmente  i
rapporti dell'adottato (e conseguentemente del minore adottabile  per
effetto della dichiarazione di  adottabilita')  con  la  famiglia  di
origine estesa ai parenti entro il quarto grado (art.  10,  comma  4,
legge n. 184 del 1983), escludendo la  valutazione  in  concreto  del
preminente interesse del minore a non reciderli secondo le  modalita'
stabilite in via giudiziale. 
    Dispone la sospensione del presente giudizio; ordina che, a  cura
della cancelleria, la presente ordinanza sia  notificata  alle  parti
del giudizio di cassazione, al pubblico ministero presso questa Corte
ed al Presidente del Consiglio dei ministri;  ordina,  altresi',  che
l'ordinanza venga comunicata dal cancelliere ai Presidenti delle  due
Camere del Parlamento; dispone l'immediata trasmissione  degli  atti,
comprensivi della documentazione attestante il perfezionamento  delle
prescritte notificazioni e comunicazioni, alla Corte costituzionale. 
    Cosi' deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 19  settembre
2022 
 
               La Presidente estensore: Maria Acierno